Un`Alliance da primato

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Un`Alliance da primato
MILANO FINANZA
18 Aprile 2014
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La coppia Pessina-Barra, al vertice del big europeo del pharma,
grazie all’integrazione con l’americana Walgreens diventerà il sodalizio
industriale italiano più ricco al mondo. E crescerà ancora. Ecco come
ASCESE
di Andrea Montanari
L
ei, Ornella Barra, è
partita da Chiavari
(Genova). Lui, Stefano
Pessina, da Pescara.
Hanno scalato le gerarchie del settore farmaceutico,
prima in Italia, poi in Europa
e infine negli Usa, grazie ad
Alliance Boots. Unendo le forze di Alleanza Farmaceutica e
di Di Pharma hanno fatto shopping in Francia, Spagna e Uk,
stretto partnership in Cina e da
poco più di un anno definito lo
sbarco Oltreoceano grazie all’integrazione con Walgreens, la più
grande catena di farmacie degli
Stati Uniti. L’operazione, che si
completerà nel 2015, farà del
trust di Pessina (il quarto uomo
più ricco d’Italia con un patrimonio di 10,4 miliardi di dollari) e
della Barra (21° donna più potente nel mondo degli affari
secondo Forbes) il sodalizio industriale italiano più forte al
mondo. Perché la coppia che vive
a Montecarlo e opera da Londra,
anche se la sede della società è
a Zurigo in Svizzera, avrà tra
il 18 e il 22% del nascente impero Alliance Boots-Walgreens.
Che ai correnti valori di Wall
Street, dove è quotata la società
target, si traduce in un patrimonio familiare di 12,5 miliardi di
dollari. Ben più dei 4,5-5 miliardi riferibili alle partecipazioni
degli Agnelli (Fiat, Cnh e Juve),
anch’essi pronti a sbarcare alla
borsa americana. A illustrare i
piani di sviluppo del big mondiale del pharma è la stessa Barra,
chief executive della divisione
distribuzione farmaceutica di
Alliance Boots con responsabilità
per la distribuzione e la vendita
al dettaglio e la gestione del marchio a livello internazionale.
Un’Alliance da primato
L’IMPERO DEI PESSINA-BARRA
Alliance Boots
31 mar 2013
(mln di sterline)
Walgreens*
1° sem 2013-2014
(mln di dollari)
◆ Ricavi
22.406
37.934
◆ Ebitda
1.505
2.199
◆ Ebit
1.265
2.287
◆ Utile
741
1.472
5.893
3.289
◆ Indebitamento
* Pessina è il primo azionista con il 7,65% in attesa dell’integrazione tra i due gruppi
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
Domanda. Come procede
l’integrazione?
Risposta. Con la fusione, prevista nel 2015 al momento della
firma dell’intesa, diventeremo
la prima azienda del settore
healthcare al mondo con un
fatturato consolidato pro-forma attuale di 110 miliardi di
dollari, 365 mila dipendenti,
370 centri di distribuzione e 11
mila farmacie di proprietà.
D. In questo modo Alliance
Boots tornerà in borsa?
R. Sì, certo. Grazie all’integrazione che stiamo definendo verrà
quotata sul listino di New York
in quanto parte del nuovo gruppo. Ma dobbiamo stabilire ancora
tutte le modalità, i tempi e gli
aspetti tecnici dell’operazione.
D. Come ribattezzerete l’agglomerato?
R. Il nome è top secret. Ma le posso
assicurare che il concetto di alleanza che ci contraddistingue da
quando siamo partiti in Liguria
resterà ben impresso nel marchio.
Per noi è fondamentale confermare ancora una volta il tema della
collaborazione. E
così è stato anche Ornella
Barra
quando siamo entrati in Francia,
Spagna e Uk.
D. Il tricolore
svetterà a
Wall Street?
R. Confermo
che l’italianità
del nuovo polo,
che diventerà
un brand mondiale, resterà
una costante nell’azionariato.
Al termine dell’aggregazione,
il trust che fa riferimento a
Stefano Pessina e a me avrà una
partecipazione intorno al 20%
di Alliance Boots-Walgreens.
Saremo così il primo socio e siamo fieri che tutto sia partito
dall’Italia 30 anni fa.
D. Quali sono le priorità
una volta completata
l’integrazione?
R. La sfida è portare il brand
Boots negli Usa e in Asia. Il primo passo per una vera diffusione
globale del marchio inglese sarà lo sbarco a New York, che
avverrà in estate grazie proprio all’intesa con Walgreens.
Porteremo i prodotti nella catena di farmacie Duane Reade a
Manhattan, più gli 8 mila punti vendita non solo nella Grande
Mela ma a Phoenix e nel resto
degli States. Per me l’approdo a
New York è un grande traguardo
e una nuova sfida da vincere
D. A quali altri
Paesi guardate?
R. Una volta
completato il radicamento negli
Usa guarderemo
certamente al
Centro-Sudamerica:
i primi mercati
che analizzeremo
saranno Brasile e
Messico. Per quel
che riguarda il
Far East la priorità resta la crescita in Cina oltre
al miglioramento del posizionamento in Thailandia e Hong
Kong. In una seconda fase espansiva, un mercato potenzialmente
interessante è la Malaysia.
D. L’Africa non rientra nei
vostri piani?
IL PUNTO di MAURO MASI*
Qualcosa si muove contro il bullismo sui social network
U
n altro suicidio di una quattordicenne.
Lunedì scorso a Venaria, alla periferia di Torino, una giovanissima si è
lanciata da un palazzo; gli inquirenti indagano nel sospetto che dietro questa
tragedia ci sia l’ennesimo episodio
di cyber-bullismo. La ragazza infatti era assidua di uno dei social
network più pericolosi su questo
piano, Ask.fm, un social che viene
dalla Lituania dove si può dire tutto a tutti restando anonimi senza
dover fare neppure il piccolo sforzo
di creare un nickname. È da tempo
che su questa rubrica si sottolinea
quanto sia pericoloso – soprattutto
per i giovanissimi e in particolare per le teen
ager – l’uso «a-sociale» dei social network. E
soprattutto che effetto devastante può avere il fatto che si possa dire qualunque cosa
e postare qualunque foto o filmato 24 ore su
24 con la sostanziale garanzia di restare anonimi e impuniti. È uno stimolo incredibile
alla beceraggine, al bullismo, alla più disgustosa viltà. Tutti sappiamo che i sistemi che
garantiscono l’anonimato su Internet (Tor
e similari) sono anche serviti a garantire la
difesa degli attivisti dei diritti umani e della democrazia nei Paesi totalitari. Ma qui il
tema è molto diverso. L’anonimato non può
divenire il sipario che protegge il lato oscuro
del web. Secondo molti addetti ai lavori la Rete è solo
«un canale, neutro in sé, che
serve a veicolare messaggi
e informazioni». Non è vero:
la Rete non è solo l’infrastruttura tecnica che la
rende possibile (che già non
è neutra neanche giuridicamente, nonostante quanto
sostengono tanti Internet
Service Provider). La Rete
«è» la community che riesce a connettere. E
una community non è mai neutra: può essere molto positiva o molto negativa, dipende
dalle regole o non-regole che si dà. Come ben
noto, la Rete (che pure è l’indiscusso motore
della modernità) non ha regole specifiche. È
un tema ampio e difficile che viene da lontano e che questa rubrica segue da anni.
Ciononostante non è detto che bisogna arrendersi alla barbarie: c’è spazio perché le
forze più consapevoli che agiscono per e sulla
Rete possano autodeterminarsi per far sì che
l’anonimato scompaia o comunque sia molto
più difficile da ottenere. Qualcosa si muove
negli Usa, in Gran Bretagna, in Germania
e in altri Paesi dove Isp e istituzioni stanno
elaborando codici di autoregolamentazione.
Da noi, qualche mese fa, si è iniziato un percorso simile coordinato dal ministero dello
Sviluppo Economico. Un segnale senz’altro
positivo, che si aggiunge ad altri segnali confortanti arrivati da alcuni Tribunali come
quello di Roma. Che qualche settimana fa
ha condannato a una multa e al risarcimento dei danni alla vittima due giovanissimi
che avevano caricato anonimamente su You
Tube un video offensivo e deridente nei confronti di una compagna di classe al liceo. In
quest’ottica, è anche molto significativa la
recentissima pronuncia della Cassazione
che ha annullato l’assoluzione in secondo
grado di giudizio di un maresciallo della
Guardia di Finanza che aveva diffamato
in forma anonima (ma risultata poi riconoscibile) un collega su Facebook.
*delegato italiano alla Proprietà
Intellettuale
([email protected])
R. Nel continente siamo presenti in Egitto, dove siamo
la prima azienda per distribuzione, e in Algeria. Mentre
abbiamo abbandonato il
Marocco perché la normativa
locale non ci permetteva di crescere. Il Sud dell’Africa non è
una priorità, seppure si tratti
di Paesi con un bacino d’utenza
interessante. Per ora non sonderemo queste mete.
D. Nel Vecchio Continente?
R. Non abbandoneremo mai
l’Europa. Da qua siamo partiti,
qua vogliamo restare e se possibile consolidarci. Anche se non è
facile per questioni di antitrust
visto che, per farle degli esempi
concreti, siamo leader per distribuzione in Inghilterra e Norvegia
e secondi in Francia, Germania,
Italia e Spagna. Mentre fuori dalla Ue siamo primi in Turchia.
D. In quali mercati potreste
ancora espandervi?
R. Ritengo che si possa puntare a un’ulteriore crescita in
Francia, in Spagna e anche
in Italia, anche grazie alla rimozione di vincoli burocratici
e di finanziamento. Alliance
Boots non disdegna acquisizioni, destinando circa 1 miliardo
l’anno al m&a. Perché l’obiettivo è quello di definire sempre
nuove modalità di ammodernare e migliorare il business. A
questo mi dedico, viaggiando in
tutti i Paesi nei quali operiamo.
È per questo che manco da due
mesi dalla sede di Londra.
D. Come si è chiuso l’ultimo
bilancio?
R. I conti chiusi poche settimane fa avranno tutti segno
più rispetto all’esercizio 20122013, chiuso con un fatturato
di 22,4 miliardi di sterline e un
utile pre tasse di 805 milioni.
Non posso anticiparle i dati, in
via di approvazione, ma posso
confermarle che nonostante le
condizioni dei mercati a livello
globale i nostri numeri saranno
in crescita, su tutta la linea.
D. In Italia avete fatto un
importante riassetto: è
figlio della crisi?
R. L’Italia resta uno dei nostri
mercati di riferimento. E anche
se il business è una parte minima del consolidato (1,2 miliardi
di euro) continuiamo a sviluppare, studiare, fare ricerca, anche
perché più di mille famiglie lavorano per noi. Per questo abbiamo
razionalizzato la struttura distributiva in modo da adeguarci
alle condizioni di mercato e alle
richieste della clientela. (riproduzione riservata)