Cappella Palatina - Gianmaria Miciluzzo
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Cappella Palatina - Gianmaria Miciluzzo
CAPPELLA PALATINA La Cappella Palatina è una basilica a tre navate dedicata ai santi Pietro e Paolo. Fu fatta costruire per volere di Ruggero Nella Cappella Palatina, dedicata a S. Pietro, confluisce l'esperienza architettonica fatimita delle maestranze operanti a Palermo alla corte di Ruggero, la sontuosità decorativa dei mosaici bizantini, la fede nel Cristianesimo dei sovrani normanni, la suggestione della cultura islamica ancora operante Fondata da Ruggero nell'anno della sua incoronazione (1130), assume dignità parrocchiale due anni dopo, come si legge in una iscrizione sotto la cupola, e viene consacrata nel 1140. Nel 1143 fu completato l'apparato musivo. Nella Cappella Palatina, confluisce l'esperienza architettonica fatimita delle maestranze operanti a Palermo alla corte di Ruggero, la sontuosità decorativa dei mosaici bizantini, la fede nel Cristianesimo dei sovrani normanni, la suggestione della cultura islamica ancora operante a Palermo. Fondata da Ruggero nell'anno della sua incoronazione (1130), assume dignità parrocchiale due anni dopo, come si legge in una iscrizione sotto la cupola, e viene consacrata nel 1140. Nel 1143 fu completato l'apparato musivo. La Cappella Palatina è ubicata al primo piano del Palazzo dei Normanni e fu dedicata, per volere di Ruggero II come si evince da uno scritto del 1132, a San Pietro Apostolo già prima del documento ufficiale del 1140. Reca l’anno 1143 l’iscrizione sulla base della cupola, che pone una datazione coeva ai mosaici del presbiterio e lasciando, come viene comprovato d Essa è l’esempio più elevato dal punto di vista storico-artistico, della convivenza tra culture, religioni e modi di pensare apparentemente inconciliabili, poiché furono coinvolte dalla sapiente gestione del potere di Ruggiero II, maestranze bizantine, musulmane e latine. La Cappella sorse per sintetizzare le necessità liturgiche del rito latino e di quello greco, ne è d'altronde prova la pianta basilicale (latina) a tre navate ed il presbiterio (bizantino), sormontato da una cupola. . Il 29 giugno 1143, l'arcivescovo di Taormina, Filagato da Cerami, nel corso della cerimonia di inaugurazione della Cappella Palatina, pronunciò una famosa omelia: << [...] Il tetto non si può certo saziare di guardarlo, e desta meraviglia a vederlo e sentirne parlare, essendo adornato di certi finissimi intagli variamente lavorati a forma di piccoli canestri, e rifulgendo d'oro da tutte le parti imita il cielo quando nell'aria serena risplende per il coro delle stelle [...]>> <<<<< La Storia della Parrocchia si identifica con quella della Cappella Palatina, intendendo la Chiesa inferiore di S. Maria di Hierusalem e la Cappella superiore propriamente detta. Nel 1132 il Re Ruggero fondò la Cappella Palatina e nel giorno della Dedicazione della Chiesa, il 30 Aprile 1140, spedì un Diploma ( vedi ) con il quale, come Sovrano di Sicilia riservò a sé ed ai suoi successori il pieno e libero diritto collativo dei Benefici e Canonicati della Collegiata Cappella di San Pietro nel Regal Palazzo e la cura delle anime fu affidata al Collegio dei Canonici Palatini, per cui non c'è mai vacanza per l'istituzione canonica. Ottenne dall'Arcivescovo di Palermo Pietro ( 1123-1132 ) nello stesso anno la cura delle anime per la stessa con il consenso del suo Capitolo come ricompensa dei privilegi ottenuti dal Re per la Chiesa Palermitana. La Parrocchia ebbe come confini quelli del Palazzo Reale, destinata a tutti coloro che vi abitassero. La Dedicazione della Chiesa deve riferirsi all'antica sede parrocchiale, posta nella Chiesa inferiore di S. Maria di Hierusalem, poichè nel 1143 furono compiuti i mosaici del tiburio della Cappella superiore, che non era ancora definita nel 1154, anno della morte di Ruggero. Come scrive Rocco Pirro intervennero alla Consacrazione ( di cui sono ancora presenti le Croci rosse sulle pareti ) molti prelati e Sacerdoti greci e latini del Regno; non si conosce il nome del Vescovo consacrante, ma è molto probabile fosse stato Ruggero Fresera o Fesca Arcivescovo di Palermo ( 1141- 1147 ) alla presenza di Gualtiero, Vescovo di Agrigento e Stefano, Vescovo di Malta. Nel Privilegio di concessione della dignità di Parrocchia alla Cappella Palatina, si cita la Chiesa di S. Andreadel Giardino, posta di fronte a San Giovanni Ermete ( err. degli Eremiti ) con il Cimitero destinato ad accogliere tutti gli abitanti del Palazzo, compresi i Canonici. Nel 1140 il Re dota la Cappella del Cimitero di San Giorgio la Kemonia. Nel 1187 l'Arcivescovo Gualtiero dichiara il diritto collativo del Re sulle Regie Cappelle ed in quella di S. Maria Maddalena. Per molti secoli sia il Cantore che i Canonici al momento dell'elezione ricevevano l'Istituzione, cioè la Missione dall'Arcivescovo. Fu erroneamente creduto dall'Arcivescovo Papiniano Cusani ( 1754-1762 ) che il diritto parrocchiale fosse legato alla figura del Ciantro ( Cantore ) ma un documento del 1518 ( a firma dell'Arcivescovo Francesco Remolino ( 1511-1518 ) ribadisce che la cura delle anime è inerente al Capitolo dei Canonici e non al Cantore, che ha il compito, secondo la Liturgia Gallicana instaurata nella Cappella, di presiedere al Coro, anche se nel 1495 c'era l'usanza di far esercitare al Ciantro l'Ufficio di Parroco, che delegava ad un Cappellano Sacramentale l'amministrazione dei Sacramenti. Dal 1518 in poi il Collegio dei Canonici volle designare quale Cappellano Sacramentale il Canonico D'Anastasio. Alla morte di ogni Ciantro avvenivano delle liti tra l'Arcivescovo di Palermo e i Canonici della Cappella Palatina. Durante i secoli il culto divenne rilasciato: nell'anno 1552 il Visitatore Jacopo Arnedo trovò la Cappella spoglia, desolata, abbandonata con i Canonici che intervenivano nel solo giorno di San Pietro; nel 1582 il Regio Visitatore Francesco Del Pozzo vi trovò soltanto quattro Canonici che intervenivano quattro volte all'anno nelle feste della Cattedra di San Pietro, nell'Ascensione del Signore ( per la Processione ), per i Ss.Pietro e Paolo e per S. Pietro in vincoli. Nel 1634 il Cardinale Giannettino Doria ( 1608-1642 ) in una sua Bolla confermava il Privilegio dell'Arcivescovo Pietro che dichiarava la Cappella Palatina nullius Dioecesis, libera ed esente dall'Ordinario Diocesano, ma subordinata al Cappellano Maggiore del Re, che vi esercitava le funzioni pontificali, presiedeva al Capitolo, ne avocava le cause, dirimeva le liti o riformava gli abusi. Come Cappella di nessuna Diocesi gli Olii Santi venivano prelevati nel Giovedì Santo dalla Chiesa Cattedrale come fanno le Cattedrali di Cefalù e Monreale in sede vacante. Le prebende divennero esigue e i Re Filippo VI ( nel 1638 e 1641) Carlo Emanuele II ( 1648 ) e Vittorio Amedeo II ( 1716 ) le accrebbero. Fino al 1793 venivano presentati al sovrano tre nominativi per la elezione del Ciantro, dei Canonici e del Cappellano Sacramentale. Nel 1794 il Re Ferdinando IV di Borbone mise fine a tutte le controversie essendo cessato l'ufficio di Cappellano Maggiore del Re: la giurisdizione episcopale della Cappella è riservata al Re che conferisce gli uffici di Ciantro, di Canonico e gli altri benefici; il Ciantro presieda e diriga il Coro; il Capitolo affidi a chi ritenga il migliore l'esercizio della Cura Parrocchiale. La Cappella fu oggetto di privilegi da parte dei sovrani normanni, svevi e aragonesi. Conobbe un periodo di decadenza durante il dominio degli Austriaci fino che Filippo II di Spagna provvide a riorganizzare il clero, regolamentandone il numero, le promozioni e le rendite. Lo stesso costituì, a favore della Cappella, una rendita di 3500 scudi, successivamente accresciuta, che originariamente veniva versata dall'Economato Generale dei Benefici Vacanti, più tardi dall'Azienda Gesuitica, quindi dalla Tesoreria Generale, infine dalla Tesoreria Provinciale. Secondo il Concordato dell'11/02/1929 nelle Domeniche e Feste di precetto il Celebrante cantava una preghiera per la prosperità del Re d'Italia e dello Stato ( Art.12 Concordato ); all'art 21 viene stabilito che la provvista dei benefici ecclesiastici appartiene all'autorità ecclesiastica; è abolito l’exequatur, il regio placet, nonché ogni nomina cesarea o regia in materia di provvista di benefìci od uffici ecclesiastici in tutta Italia ( Art.24 ). L'usanza di presentare una terna di nomi per la nomina del Ciantro, unica dignità ( e per consuetudine Parroco )è durata sino all'avvento della Repubblica Italiana ( 18 Giugno 1946 ) con la nomina di Mons. Filippo Pottino nel 1950.>>>>> Descrizione All'interno del Palazzo Reale la Cappella Palatina ha una funzione baricentrica, oggi difficilmente leggibile dopo che unificante facciata ha collegato il complesso di edifici turriformi della reggia normanna. In origine la cupoletta emisferica della Cappella doveva spiccare nel blocco stereometrico dell'edificio le cui calde superfici murarie erano decorate da archeggiature cieche. Oggi l'ingresso della Cappella (leggermente più in basso rispetto al primo livello del Cortile Maqueda) è preceduto da una loggia con arcate a sesto acuto, decorata da mosaici ottocenteschi raffiguranti La ribellione di Assalonne al padre David, opera dell'aretino Santi Cardini, che sostituirono gli originali del XVI secolo. Il pronao originale si può individuare nella sala rettangolare con volte a crociera antistante la chiesa, restaurata dal Valenti nei primi del ‘900. La Cappella ha le proporzioni di una cattedrale in miniatura (32 m di lunghezza x 12,40 di altezza, 18 con la cupola). Divisa in tre navate da colonne di riporto, è spazialmente dominata dall'organismo del santuario, separato da un grande arco trionfale, da alcuni gradini e da transenne marmoree, dalle navate. Composto da una struttura cubica cupolata, il presbiterio ha un valore simbolico legato alle figure geometriche fondamentali del quadrato e del cerchio, presenti tanto nella religione islamica che in quella bizantina. La sacralità di tale spazio è accentuata anche da particolari attributi decorativi come le colonnine in porfido negli spigoli delle tre absidi. Tutta la superficie muraria dell'interno della chiesa è arricchita da un manto musivo sfolgorante che si snoda sopra i candidi lambris di marmo: un nastro ornato con palme stilizzate fa da cesura e da collegamento al percorso verso l'alto. La particolare concezione teocratica del potere dei monarchi normanni, che chiamarono maestranze bizantine direttamente dall'oriente, viene espressa all'ingresso della chiesa, nel lato opposto al santuario: il trono normanno viene rappresentato significativamente sotto il mosaico della Consegna della Legge. Anche questo spazio, come il presbiterio, è sopraelevato da alcuni gradini. I mosaici più antichi sono quelli della navata centrale e della cupola (1143). L’immagine di maggiore impatto è il Pantocratore benedicente, presente nella cupola, esattamente realizzato secondo i più classici canoni bizantini. Cristo è rappresentato a metà figura con un lieve scarto della testa e delle spalle verso sinistra; indossa una tunica rosso scuro ed un himation blu solcato da una fitta rete di crisografie. La mano destra poggiata sul petto è in posizione benedicente mentre la sinistra mostra un libro con un passo del vangelo di Giovanni . Interessante è la ripetizione di tale elemento nel catino dell’abside centrale, dove ha un effetto comunicativo e misericordioso nei confronti di chi accede all’interno della chiesa. Tra i mosaici più antichi, nel Diaconicon, spicca il battesimo di Cristo, opera realizzata con una stupefacente stilizzazione delle onde. Immagini di Santi e Padri della Chiesa sono presenti nei pilastri e negli intradossi degli archi. alle analisi stilistiche, contemporanei al elle navate laterali, decorate sotto Guglielmo I, sono narrati episodi della vita di San Pietro e di San Paolo ed in quella centrale gli eventi dell’Antico Testamento. Il candelabro in marmo per il cero pasquale, addossato all’ambone, è un’elegante scultura da attribuire probabilmente ad artisti legati alla cultura del nord Italia. Le maestranze arabe eseguirono il soffitto a muqarnas che sovrasta la navata centrale, pregevole ed unico esempio al mondo di decorazioni pittoriche islamiche con rappresentazioni di figure umane all’interno di un luogo di culto. Tale opera, è una struttura modulare in legno, finemente lavorata e composta da elementi stalattitici ed alveolari, che ricordano una grotta. Un ’iscrizione in latino, greco e arabo del 1142, a ricordo dell’orologio idraulico fatto costruire da Ruggero II, testimonia l’intrecciarsi di molteplici culture nella Palermo normanna (si trova nel secondo loggiato del Cortile Maqueda del Palazzo Reale di Palermo, poco prima del vestibolo della Cappella Palatina, in direzione della scala che conduce al Cortile della Fontana ed è così tradotta nella sua versione bizantina “O meraviglia nuova! Il forte Signore Ruggiero avendo avuto lo scettro da Dio, frena il corso della fluida sostanza, la cognizione distribuendo scevra di errori delle ore del tempo. Nel mese di marzo indizione quinta e di nostra salute l’anno 1142, e del suo felice regno l’anno XIII”). I mosaici del vestibolo furono opera all’inizio del XIX secolo di Santi Cardini e Pietro Casamassima . Questi raffigurano le storie di Assalone, figlio ribelle di re David, ciclo realizzato su committenza di Ferdinando III di Borbone (presente insieme alla moglie Maria Carolina nel medaglione del mosaico col Genio di Palermo incoronato). Nelle navate laterali sono rappresentate le Storie dei SS. Pietro e Paolo (mosaici eseguiti durante il regno dei Guglielmi). Sulla sinistra del presbiterio si trovava un balcone (al posto dell'odierna finestra), collegato tramite un percorso agli appartamenti reali, dal quale il re poteva assistere alla funzione religiosa. Vicino vi è il mosaico con la Madonna Odigitria. Eccezionale è poi il soffitto della Cappella Palatina, il più grande repertorio pittorico islamico che ci è pervenuto. Nelle alveolature delle muqarnas lignee si snodano raffigurazioni profane attinenti alla vita di corte: bevitori, danzatrici, musici, giocatori di scacchi, cammelli convivono con i contenuti della storia sacra dei mosaici sottostanti .. Posteriore e molto restaurato è il soffitto a spiovente delle navatelle. Lo splendido pavimento (1143-49) con motivi geometrici si ispira all'arte tessile. Tra gli arredi della chiesa, da notare: l'ambone (XII sec.) quadrangolare in marmo e porfido arricchito da nastri musivi e sorretto da colonne decorate da un motivo a zigzag; i leggii sono sorretti dai simboli degli Evangelisti; il candelabro per il cero pasquale (alto 4 m), dove tra motivi vegetali e animali si evidenzia la figura di Cristo che benedice un uomo in vesti vescovili, forse lo stesso Ruggero. Alla base è la raffigurazione di quattro leoni che azzannano uomini; l'acquasantiera con un motivo a zigzag e leoni alla base Anche per i capitelli, l'arte arabo-normanna si rifà a quella bizantina, introducendo un pulvino tra il capitello e l'impoista dell'arco (visibile nel Duomo di Monreale). L'assenza di rappresentazione della figura umana nella scultura bizantina può essere spiegata per tre ragioni: innanzitutto l'antipatia dei cristiani nei confronti dell'arte statuaria pagana, in secondo luogo il movimento iconoclasta (che bandisce le immagini sacre) e infine, l'influenza araba. Si dà quindi alle rappresentazioni scultoree un aspetto più che altro geometrico. In quanto alla tecnica, la pietra non viene più modellata in superficie bensì lavorata in profondità, con l'ausilio di un trapano frequentemente usato per eseguire piccoli fori. Ne risultano a volte sculture talmente traforate da sembrare vere e propri ricami di pietra. La pietra profondamente scavata permette di evidenziare maggiormente le figure in rilievo, scavandone profondamente i contorni (poi anneriti con il mastice). La più ricca ed evidente espressione dell'arte bizantina è tuttavia il mosaico che, utilizzato per ricoprire immense superfici con personaggi e vari motivi decorativi, diviene ben presto un'arte monumentale. A parte il caso della Martorana che rispetta pienamente i canoni bizantini, la disposizione del programma iconografico (teologico e liturgico) nelle chiese siciliane è modificata per facilitarne la visione dal trono reale (a Monreale e nella Cappella Palatina a Palermo). Così, sia a Cefalù che a Monreale, il Cristo Pantocratore è raffigurato in cima all'abside, mentre nelle chiese greco-bizantine si trova al centro della cupola. Infine, i re normanni si fanno rappresentare nelle sezioni tradizionalmente riservate ai santi, con i simboli dei basilei (imperatori bizantini) al fine di affermare il proprio potere Presso l'ambone vi è l'accesso alla cosiddetta cripta, forse la prima cappella del Palazzo Reale, composta da due vani, uno quadrato absidato con due colonne, e un'altra sala, collegata alla prima da ambulacri, che fu anche camera sepolcrale di Guglielmo I prima del trasferimento nella Cattedrale di Monreale. Questi locali ipogeici erano collegati al Palazzo Reale. Al suo interno si conserva un Crocifisso ligneo del XVI secolo. Al Tesoro della Cappella Palatina si accede dal pronao d'ingresso: vi si trova il Tabulario con più di trecento pergamene, alcune trilingue (arabo, greco, latino); quindici cofanetti realizzati tra X e XV secolo, di cui alcuni fatimiti in avorio con magnifiche decorazioni e iscrizioni islamiche; un sigillo mesopotamico forse portato in Sicilia dai Crociati; il Pastorale di S. Cataldo di raffinata fattura bizantina; un'urna d'argento del 1644 ideata da Pietro Novelli; reliquiari, paramenti e oggetti sacri. Danneggiata dal terremoto del settembre 2002 fu sottoposta a restauri, Ottobre 2002 Gianmaria.Miciluzzo Cefalù Il progetto dei restauri redatto dall'architetto Guido Meli dirigente del centro regionale per il restauro della Regione Siciliana venne finanziato dal mecenate tedesco Reinold Wurth per oltre tre milioni di euro è stato completato entro il 2008 I lavori vennero eseguiti sotto la direzione dell'architetto Mario Li Castri da un gruppo di restauratori di opere d'arte romani tra cui Carla Tomasi, Marina Furci, Michela Gottardo e Paolo Pastorello.
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