di Valentina Gentile Cary Grant esce a grandi, furiosi passi

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di Valentina Gentile Cary Grant esce a grandi, furiosi passi
di Valentina Gentile
Cary Grant esce a grandi, furiosi passi, sbattendo la porta d’ingresso di una villa lussuosissima. Ha
in mano due valige, che butta nella decappottabile parcheggiata nel viale d’ ingresso. Poco dopo
Katherine Hepburn, in vestaglia e con aria altezzosa, apre la porta e segue quello che sta per
diventare il suo ex-marito fino alla macchina. Tiene in mano la borsa con le mazze da golf. Con aria
di sfida ne estrae una, gettando il resto contro un attonito Grant. I due si guardano: lui con uno
sguardo che cerca di intimorirla e dissuaderla da quello che, lui ha ormai capito, sta per fare. Lei
con freddo, puerile sarcasmo prosegue e, guardandolo dall’alto in basso ( anche letteralmente, dato
che è rimasta in piedi sul più alto dei gradini, mentre lui è più giù, accanto alla macchina), spezza in
due la mazza da golf, lanciandone in aria con visibile soddisfazione, le reliquie. Mentre lui continua
per qualche secondo a guardarla, lei gli risponde con un sorriso altero che suona come un ulteriore
insulto al già notevole sfregio. Poi si volta all’ improvviso e rientra sicura a casa sua. Lui è furioso
e, accompagnato da un sottofondo di tamburi in crescendo la segue fino all’ ingresso, la minaccia
con un pugno chiuso. Ma non la colpisce e invece con la stessa mano aperta sul volto di lei, la
spinge giù fino al pavimento.
Il prologo di “The Philadelphia Story” è un puro, perfetto esempio di “screwball comedy”.
Assolutamente privo di dialoghi, con pochi, raffinati movimenti di macchina e con inquadrature
lunghe che permettono ai due attori di essere protagonisti assoluti delle immagini, riesce a
descrivere da subito e a delineare in modo chiaro le personalità e i rapporti tra i due personaggi
principali.
“Due anni dopo”; una dissolvenza sfuma su un articolo del “Philadelphia Chronicle” che annuncia
il matrimonio di Tracy Lord Haven ( Katherine Hepburn) , ex-moglie di C.K. Dexter Lord Haven
(Cary Grant) , e George Kittredge (John Howard). L’ annuncio precisa che il matrimonio avrà
luogo nella casa dei signori Lord, genitori della sposa. La scena successiva, con la voce di Dinah,
sorella minore di Tracy, che la chiama insistentemente attraversando le enormi stanze
dell’elegantissima villa, è l’inizio della storia vera e propria, il giorno precedente al matrimonio, nel
pieno dei preparativi.
Pur conservando il tono irriverente tipico delle “screwball comedy”, “The Philadelphia Story”
supera i limiti del genere. Quinto film di Cukor con la Hepburn come protagonista, è un affresco
classico ed elegante, una commedia romantica sofisticata, sull’ amore e sul matrimonio, che gioca
astutamente a mescolare e a far vacillare le differenze di genere e di classe, per poi consolidarle con
un abile finale ristabilizzatore.
Katherine Hepburn è Tracy Lord, una ricca ereditiera di Philadelphia. Dalla volontà ferrea e poco
incline a tollerare le debolezze altrui, Tracy è alla vigilia del suo secondo matrimonio, dopo il
burrascoso divorzio da C.K. Dexter Haven-Cary Grant, suo amico d’infanzia, nonché brillante,
scanzonato ed edonista ormai ex-marito. Il nuovo sposo, il tycoon milionario George KittredgeJohn Howard è, com’ è tipico nelle commedie romantiche, l’opposto di Dexter. Self-made man con
poco umorismo e molta ambizione che viene fuori in una delle primissime scene che lo vedono
protagonista, quando dimostra entusiasmo all’ idea di apparire sui giornali per il suo matrimonio,
rivelando così una delle prime discrepanze con Tracy, George rappresenta per Tracy un porto
sicuro, l’ anti-Dexter, l’ uomo privo di vizi ed eccessi che la sua mania di perfezionismo e di
umanità ( come le faranno notare in due momenti diversi prima Dexter e poi suo padre ) non è
riuscita, almeno fino ad ora, ad accettare.
Alla vigilia del matrimonio, l’apparentemente irresponsabile Dexter irrompe nella villa di famiglia,
dove, con grande giubilo della piccola Dinah che gli è rimasta sempre affezionata ( “Ho fatto tutto
io…è tutto merito mio” dirà in una delle inquadrature finali, davanti alla riconciliazione tra lui e sua
sorella), malcelata contentezza da parte della quieta e formale madre, e stizza da parte di Tracy,
annuncia l’ arrivo di due nuovi ospiti, amici di Junius, fratello della sposa e diplomatico in Sud
America. I due “amici” di Junius, Macaulay Connor- James Stewart ed Elizabeth Imbrie- Ruth
Hussey, sono rispettivamente un sarcastico e astioso scrittore costretto a scrivere sul giornale
scandalistico “Spy” ( lo stesso sfogliato ed anelato da George ) per mantenersi, e la sua ironica e
paziente compagna, pittrice e, anche lei per motivi prettamente economici, fotografa per “Spy”.
I due sono stati mandati dall’ambizioso direttore del giornale al matrimonio di Tracy Lord, di solito
inavvicinabile per qualsiasi fotografo o giornalista. L’ occasione è importante; la famiglia di Tracy
è una delle più antiche e ricche famiglie della Pennsylvania e stavolta sembra che proprio Dexter,
che ai tempi del suo matrimonio don Tracy aveva più volte cacciato i giornalisti che li
perseguitavano, debba essere il tramite attraverso cui “Spy” può ottenere un servizio esclusivo e
dettagliato dell’ evento. E’ infatti lui che introduce i due inviati a casa dei Lord, spacciandoli come
amici di Junius.
Ma davanti alle insistenze di “Red”, così Dexter continua a chiamare Tracy, che lo conosce troppo
bene per non capire quando mente, Dexter confessa di essersi prestato al “gioco” per salvare la
famiglia Lord da un ricatto. Il direttore di Spy è infatti in possesso di foto e documenti
compromettenti su Seth Lord, il padre di Tracy, e della sua relazione con una ballerina.
A questo punto Tracy, consapevole del gioco e ancora più astiosa verso suo padre, che insieme a
Dexter rappresenta ai suoi occhi un certo prototipo di uomo, si presenta, insieme a Dinah ai due
ospiti; le due sorelle si rendono volutamente caricaturali e grottesche nell’ esasperare in modo
teatrale gli atteggiamenti e il modo di parlare tipici dell’ upper-class, in modo da stordire a
destabilizzare i due, quantomeno il cinico Connor.
Il film procede dunque con i preparativi per l’imminente matrimonio, in un susseguirsi di
smascheramenti e rivelazioni più o meno inaspettate.
Ben presto tra Macaulay “Mike” Connor e Tracy si crea una complicità che disintegra tutti i
preconcetti e le diffidenze di Mike verso i membri della famiglia Lord e verso i ricchi. Mike si
invaghisce di Tracy e la struttura della commedia ruota intorno a tre possibili finali romantici:
Gorge, Dexter e Mike. Lo spettatore è consapevole quasi da subito che davanti alla “sfida” sottile e
implacabile tra Dexter e Mike, l’ ottuso, piatto nouveau riche George è destinato a soccombere a
sparire, ma il gioco narrativo vuole che si trascini la sua presenza fino alla fine, fino al giorno del
matrimonio.
La scelta e la trama del film ruota intorno a Tracy. Dal punto di vista dell’evoluzione del
personaggio il film sembra essere tripartito, proprio come la situazione in cui la protagonista, alle
prese con tre uomini diversi, si trova.
Abbiamo un inizio in cui, anche grazie all’ eccezionale prologo muto, viene introdotta Tracy come
il tipico esemplare, per citare le parole di Mike al suo primo ingresso in casa Lord, della “giovane,
ricca, rapace femmina Americana…in nessuna altra parte del mondo si può trovare una donna del
genere”. Questo rappresenta Tracy agli occhi del frustrato scrittore, che la descrive ancor prima di
averla conosciuta e addirittura incontrata, dimostrando a sua volta le sue debolezze, i suoi complessi
d’ inferiorità, mascherati da quel feroce snobismo intellettualoide che la stessa Tracy stigmatizzerà
in lui quando i due diventeranno più intimi.
Tracy è “Sua Maestà”, come la apostrofa Dexter al suo arrivo in casa Lord, una giovane donna che
non ammette errori e debolezze, soprattutto negli uomini. I vizi di Dexter, e soprattutto la sua
abitudine di bere, sono state la causa della fine del suo matrimonio.
“…per caso sei passato dai liquori alle droghe, Dexter?” rinfaccia con aspro sarcasmo all’ex-marito
quando le comincia a parlare dei due “amici” di Junius.
Tracy è l’ implacabile divinità che non perdona: “Un tempo avevo paura di quell’espressione. Lo
sguardo devastante della Dea.”
Non perdona al padre la sua presunta relazione extra-coniugale, e per questo non lo vorrebbe al suo
matrimonio. “Ancora la Giustizia con la sua spada scintillante, vero?” le ribatte toccato il padre
quando lei lo accoglie con freddezza e fingendo ( altra messinscena studiata per i due “ospiti”) che
si tratti dello zio Willie.
E’ lei la donna che “…trova l’umana imperfezione imperdonabile”, e nelle dure parole che Dexter
le rivolge mentre è in piscina con Mike la loro relazione si era rivelata “…non come un rapporto d’
amore o d’ amicizia, ma come quello tra una sorta di alto Sacerdote e la sua Dea Vergine”.
Sebbene già nella scena della biblioteca, dove Mike la sorprende mentre legge il suo libro, Tracy
avesse iniziato a mostrare una capacità di comprensione e di umanità, nei confronti di Mike, con le
domande sulla sua vita e sulla sua professione, è narrativamente qualche ora più tardi, poco prima
della festa che precede il matrimonio, che succede qualcosa di importante.
Nel giardino di casa Lord, poco prima di uscire per andare al ricevimento organizzato per lei e per il
suo fidanzato George, Tracy ha un duro battibecco con suo padre, il quale le rimprovera la sua
durezza e la sua assoluta mancanza di umanità, definendola una snob, una persona troppo
autocompiaciuta e destinata a rimanere, nonostante i matrimoni, un’ irrimediabile zitella.
Tracy è profondamente scossa da queste parole e, contrariamente alle sue abitudini, comincia a bere
alcolici. La festa rappresenta lo spartiacque tra la prima, immortale Tracy e la seconda Tracy,
fragile, in preda all’alcol e assolutamente vulnerabile. Mentre danza con George, cerca di liberare
se stessa da quello che ormai teme essere una sorta di “complesso della dea”, così, sporgendosi
verso di lui sperando di essere baciata, racconta a George di un poeta cinese che scivolò in un
fiume e annegò per aver cercato di baciare la luna da ubriaco, ma il suo futuro sposo le ribatte
freddamente che è tardi e che lui ha intenzione di tornare a casa dopo quel ballo.
Tracy, completamente ubriaca, balla con Mike, anche lui visibilmente sotto l’effetto dell’alcol e
notevolmente disinibito.
Una delle scene più memorabili del film comincia con la macchina da presa che inquadra una
bottiglia di champagne con due bicchieri e una radio ai bordi di una piscina, poi lentamente si alza
per inquadrare Tracy e Mike che ballano piano sullo sfondo, e li segue con leggeri movimenti di
panoramica da destra verso sinistra, e con un carrello quasi impercettibile, seguendo il ritmo della
musica. Durante la notte i due hanno modo di parlare delle loro vite, delle rispettive idee sulla
differenza di classe e sull’amore. Si scontrano quasi, Tracy accusa Mike di essere preda di
pregiudizi e intellettualemente snob, ma in una scena che rispecchia in pieno i canoni classici
hollywoodiani, Mike bacia Tracy con passione, dopo averle fatto il complimento più bello che
Tracy potesse desiderare da una giornata piena di asprezze verso di lei. Davanti alla sua domanda,
alla sua paura di essere anche per lui una dea di bronzo, una statua da venerare, lui le risponde con
slancio che non è così, che lei è fatta “di carne e sangue”. Tracy, quasi commossa davanti a queste
parole, trascina Mike oltre le siepi, per fare una nuotata nella piscina dei Lord.
Al loro ritorno, ancora completamente ubriachi, Mike cantando “Somewhere Over the Rainbow” e
portando Tracy in braccio, e Tracy quasi priva di coscienza, troveranno ad aspettarli un incredulo e
furioso George, Elizabeth dignitosamente addolorata e Dexter, scetticamente in attesa di qualcosa
che possa cambiare il corso degli eventi.
Cosa alquanto comune nei film di Cukor, “The Philadelphia Story” ha per protagonisti degli adulti
con ego infantilmente smisurati, facili agli eccessi e inclini soprattutto a quelli alcolici, che ne
modificano il carattere o meglio, come nel caso di Tracy, ne fanno emergere la loro estrema, quasi
drammatica vulnerabilità. Lo stesso Dexter è un ex-alcolista, così come lo zio Willie, sorta di
doppio in chiave grottesca del padre di Tracy. E d’ altra parte Dexter, ha già raccontato, in presenza
di Mike e della stessa Tracy, che sembra ancora decisa a tenere tutto nel rimosso, di una volta in
cui, durante il loro matrimonio, lei si ubriacò perdendo completamente il controllo.
Dunque l’ umanità, l’ intima dolcezza di Tracy ha bisogno di qualche drink in più per venir fuori da
quella che, sempre secondo gli uomini che la circondano, sembra essere una corazza di perfezione
inespugnabile. E Cukor gioca amabilmente e in modo raffinatissimo con il tema dell’ alcol e con le
sue molteplici conseguenze sulle sfaccettature dell’ animo umano.
Ma c’è un terzo blocco narrativo e, in un certo senso, una terza Tracy.
E’ quello, ed è quella del risveglio, del mattino dopo. Il mattino del fatidico matrimonio. Tracy non
ricorda più nulla. Ma l’ alcol, quello che è successo, ha lasciato qualcosa dentro di lei, una sorta di
consapevolezza subliminale. La piccola Dinah, che la notte prima ha assistito a gran parte dei fatti,
e che soprattutto è assolutamente ostile a George e affezionatissima a Dexter, insinua in Tracy il
dubbio che tra lei e Mike sia successo qualcosa. Non è così, per ammissione dello stesso Mike,
davanti all’ipocritamente indignato Gorge, il quale dapprima vuole far pesare a Tracy la gravità e l’
immoralità del suo comportamento, per poi dimenticare di colpo tutto alla notizia che le foto del
loro matrimonio saranno pubblicate su “Spy”.
In una scena che li vede tutti in qualche modo protagonisti, Mike ed Elizabeth e Tracy e George si
cnfrontano con quanto è o si suppone che sia successo la notte prima, con Dexter che gestisce
abilmente la situazione, mettendo in evidenza ironicamente quanto la differenza sociale che separa
il suo mondo, che è quello di Tracy, da quello di George, si traduca anche in una differente visione
della vita e della libertà individuale. “Voi e le vostre idee “sofisticate”. Per Dexter quello che è
successo la notte prima non è “necessariamente”, come rimarca con ironia a George, una cosa
deplorevole. E davanti alla richiesta di George di promettere di non avere mai più un
comportamento simile, Tracy ribatte che non è sicura di volerlo fare perché “c’ è qualcosa in quella
ragazza, in quella Miss Pommery 1926” che a lei piace molto. E quello che un marito dovrebbe
davvero chiedere a sua moglie è di comportarsi in modo naturale, frase che viene ripetuta da Dexter
con aria sorniona mentre assiste al confronto finale tra i due. Tracy si trova nella stessa situazione di
suo padre: tutti gli “indizi”, come li chiama il suo prossimo aspirante marito, porterebbero a credere
che qualcosa è successo, ma nonostante tutto niente è successo.
Il raggiungimento della consapevolezza non poteva non terminare con un ricongiungimento tra
quelli che sono, come è evidente ormai da tempo, i due personaggi romantici per eccellenza, Dexter
e Tracy. La classica ricostruzione finale del disequilibrio iniziale, tipica delle commedie romantiche
e di quelle classiche in generale, avviene per mano di Dexter, vero e proprio protagonista e quasi
macchinatore fortunato di tutto l’evolversi della storia. Quando Tracy annuncia l’ annullamento
delle sue nozze con George affacciandosi da una porta laterale nella sala dove tutti gli ospiti la
aspettano, non sa più che cosa dire, e chiede aiuto a Dexter, che le suggerisce le parole, nascosto
dietro la porta. Quando le suggerisce di annunciare il loro matrimonio, lei si gira dapprima
incredula e poi raggiante verso di lui. L’ ordine o meglio il sano disordine iniziale perso nel
prologo del film è stato recuperato, e la coppia “perfetta” è di nuovo unita, dopo una serie di
malcelati ed estenuanti corteggiamenti e dopo l’inevitabile catarsi, grazie anche ad una buona dose
di alcol.
“The Philadelphia Story” è un film del 1940, ed è un brillante adattamento cinematografico dell’
omonima commedia teatrale di Philip Barry, che era andata avanti a Broadway per più di un anno,
dal 1939 al 1940, con enorme successo. Barry si era ispirato, per la sua protagonista femminile ad
una vera ereditiera WASP di Philadelphia, Hope Montgomery Scott. Aveva successivamente scritto
la sceneggiatura e la parte su misura per Katherine Hepburn, che infatti la interpretò a teatro.
La Hepburn ebbe un ruolo fondamentale nella produzione del film, ed è interessante notare come
tutto derivò da una serie di precedenti fallimenti commerciali al cinema e dalla sua voglia e
necessità di riscatto. Bollata addirittura come “box office poison” nel 1938 da Photoplay Magazine,
la Hepburn comprò i diritti cinematografici della commedia e li portò alla MGM, dove insieme al
produttore Mankiewicz riuscì a coinvolgere due star come James Stewart e Cary Grant e un regista
come George Cukor. Cukor e la Hepburn avevano già lavorato insieme in quattro film, “A Bill of
Divorcement” (1932), “Little Women” (1933), “Sylvia Scarlett “ (1936), “Holiday” (1938)
Inoltre Cukor aveva diretto la coppia Hepburn-Grant in “Sylvia Scarlett” e “Holiday”, e i due
avevano recitato ancora insieme in “Bringing up, baby” (1938) di Howard Hawks.
L’ abilità e la lungimiranza della Hepburn fu probabilmente nell’ aver intuito che in un momento
così delicato per la sua carriera cinematografica, il ruolo brillante di una ricca e viziata ereditiera,
come probabilmente il pubblico di allora vedeva la stessa Hepburn, che alla fine barcolla e cede
all’ amore , sarebbe stata potenzialmente un’ottima chance di giocare con il suo personaggio,
rendendolo, attraverso il gioco cinematografico, più umano. La strategia funzionò e il film fu un
enorme successo. I cartelloni pubblicitari insistevano furbamente su questo aspetto della”resa” della
dea, e promettevano: "Broadway's Howling Year-Long Comedy Hit of the Snooty Society
Beauty Who Slipped and Fell - IN LOVE.