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Ambasciata d’Italia a Mosca Rassegna della stampa russa - Traduzioni 01 aprile 2014 Gazeta.ru http://www.gazeta.ru/ Credito di sfiducia Georgij Bovt: dove porteranno la Russia le sanzioni occidentali Una settimana fa un illustre economista mi ha tranquillizzato: le sanzioni americane non riguarderanno i pagamenti da carta, per di più della gente comune. Ed ecco: premendo i due bottoni con scritto Visa e Mastercard, i titolari di circa mezzo milione di carte hanno percepito le conseguenze della guerra economica che l’Occidente sta avviando contro la Russia. Sottolineo: che sta avviando. Sarebbe stato un errore rapportarsi a queste sanzioni dicendo “per noi è uguale, non abbiamo conti in banca, non abbiamo piani di andare in America o in Europa, ce ne infischiamo”. Le conseguenze indirette, da nessuna parte dichiarate, per molte persone e per tutta l’economia russa potrebbero rivelarsi molto più pesanti di quanto non si possa immaginare ora. Qualcosa è comparso, non immediatamente e in modo inaspettato. Qualcosa sembra del tutto impossibile. Come alla stragrande maggioranza sembrava impossibile la Prima Guerra Mondiale persino allora, quando Gavril aveva già incontrato Ferdinand. E non è tanto un modo per spaventare qualcuno: il rullo sta scivolando dalla montagna, e a noi non resta altro che assistere alla sua corsa distruttiva, come il segnale di allacciare le cinture di sicurezza. Ci sarà una turbolenza. Le sanzioni economiche sono un’invenzione della seconda metà del XX secolo. Operano secondo un’unica regola: la loro introduzione non ha mai fermato colui contro il quale sono dirette. Ed emerge sempre che è come se si picchiasse il “tiranno e la sua cerchia” ma a cadere è il popolo, mentre al “il tiranno e la sua cerchia” cresce l’indice di gradimento. Per quanto strano, sarebbe di gran lunga più efficace e produttivo annullare le sanzioni. Ma per annullarne bisogna introdurle. Alla loro abolizione siamo lontani. E non solo perchè il Presidente Putin non farà marcia indietro (ed è così), ma anche per altre due ragioni. In primo luogo: l’Ucraina. Lì non ci sono segnali di stabilizzazione. Se va avanti così fino alle elezioni presidenziali (secondo quali regole e in base a quale Costituzione?), alla fine di maggio, potrebbe anche non arrivare, ma potrebbe giungere al collasso dei resti dell’economia, allo sfacelo, alla ripresa delle proteste, anche armate, ad un completo “Free Territory”, fino a questioni da poco conto come il garantire la sicurezza delle infrastrutture e degli oggetti nucleari. Chi garantirà che cosa? La comunità internazionale pare non si sia ancora abituata all’idea che al centro dell’Europa sta maturando una “Somalia 2.0”. In questa crisi tutti ritardano a capire gli eventi e agiscono più velocemente di quanto pensino. La seconda ragione rigurarda personalmente Putin. Non solo i “Big Eight” sono morti. L’Occidente non li riabiliterà mai, come non riabiliterà mai sè stesso. I rapporti con la Russia non saranno mai più quelli di prima. Il fattore Crimea, anche se verrà digerito, non verrà dimenticato e non verrà perdonato. A meno che, chiaramente, non accadano un po’ di cose: 1) Invasione degli extraterresti, tutti gli abitanti della Terra condivideranno quindi una minaccia comune. 2) In seguito a qualche intrigo interno all’elite dirigenziale russa (alla maniera del tandem 2008-2012) si scommetterà su una divisione fra due “inquirenti”, i buoni e i cattivi. Fino ad allora sarà come prima di Alfa Centauri. La seconda ipotesi ad oggi ha la stessa probabilità della prima. 3) Gli avvenimenti in Ucraina acquisteranno un carattere così catastrofico, da minaccia di varie Chernobyl, che l’idea di imporre un’amministrazione esterna di salvataggio concilierà tutti. La cosa peggiore accadrebbe se gli avvenimenti catastrofici dell’Ucraina non mettessero d’accordo, come ora, Mosca e Occidente. E allora l’immissione di truppe in territorio ucraino, mossa che sembrerà a Putin dovuta per le circostanze straordinarie, verrà concepita come un’escalation dell’aggressione a cui si deve rispondere con contromisure eccezionali. A mio avviso la reazione dell’Occidente in forma di sanzioni viene erroneamente valutata in forma di calcoli di benefici e svantaggi. Ci sono, soprattutto per gli europei. Tuttavia anche là, senza parlare dell’America, cresce sempre di più il famigerato “fattore altruistico”, secondo il quale non contano più le perdite prodotte dalle azioni, quanto la disponibilità a pagare un prezzo sempre più alto per l’obiettivo politico prefissato. Che in questo caso consiste nell’opposizione alla Russia di Putin. Chi, diciamo, considera i costi quando tutto il mondo una volta civilizzato, sotto i lamenti degli intellettuali “oh no, questo non si può”, sta rotolando verso la Prima Guerra Mondiale? Così è oggi. Quando dicono che i due principali sistemi di pagamento non rischierebbero di perdere il mercato russo, con un volume potenziale di 100 milioni di persone, c’è un’osservazione da fare: è un piccolo prezzo per lo scopo sopra riportato. E perciò, in particolare, i promotori del disegno di legge per la fondazione di un sistema di pagamento nazionale (fino a ottobre) che ponga condizioni rigide a Visa e Mastercard, potrebbero non vedere il sistema in questi mesi, mentre la risposta all’ultimatum di chiudere i conti interni in Russia potrebbe rivelarsi negativa già da ora. Noi a questa guerra, come a molte altre nella nostra storia, non siamo pronti. Ci scusa solo il fatto che non siamo pronti. Esattamente come l’Europa non è pronta ad una riduzione drastica (o alla rinuncia totale) di petrolio e gas russi. Da un punto di vista pratico è un capriccio molto costoso. Dal punto di vista dell’idealismo politico è il prezzo da pagare per raggiungere lo scopo prefissato. Raggiungibile, con molta volontà, in tre anni, o anche più velocemente. Il costo complessivo delle operazioni in Afghanistan e in Iraq per il bilancio degli Stati Uniti lo scorso anno è stato di circa 1.500 miliardi dollari. Diversi miliardi di dollari al giorno. Il costo totale per tutti gli anni, secondo stime diverse, va dai 6.000 miliardi dollari ai 20 trilioni di dollari. E un gettito di spese così alto non ha creato particolari problemi all'economia degli Stati Uniti (se non si conta la crescita del debito pubblico, per il quale non sarà questa generazione a pagare). Nella guerra economica con la Russia di Putin, nel caso in cui Washington si sia davvero posto l’obiettivo di infliggerle danni irreparabili, anche una somma del genere non va bene. La nostra economia è criticamente legata al mondo esterno. In modo di gran lunga maggiore rispetto a quanto non lo fosse l’URSS, che avrebbe potuto reggere ogni tipo di sanzione al momento dell’invasione dell’Afghanistan nel 1979, ma non ha comunque retto al crollo dei prezzi del petrolio, protrattosi per diversi anni, che si può prevedere anche per la nostra epoca, nel caso in cui l’Iran entri nel mercato. E a Teheran si stanno proprio preparando con urgenza all’abolizione delle sanzioni, già ad inizio aprile. Il fatto che per ora Putin stia facendo a meno di misure di risposta nei confronti dell’America, è una mossa saggia. Un’escalation dell’opposizione economica, in condizioni di una tale imparità, è per noi deleteria. Oggi il valore della Russia, persino sui mercati in via di sviluppo, è di gran lunga inferiore a quanto non si credesse ancora un paio di anni fa. I BRICS stessi sono del tutto sbiaditi negli ultimi due anni: un miracolo svanito. Si possono riportare le cifre che dimostrano la nostra dipendenza tecnica dall’Occidente. Come nelle forniture di macchinari e impianti, che non hanno sostituti cinesi. O pensiamo a quanto sarebbe difficile riorientare verso la Cina la nostra esportazione di petrolio e gas, il che determinerebbe una perdita delle entrate di vari punti. Oppure ancora, pensiamo a come sia critica la dipendenza dalle componenti e tecnologie occidentali, ad esempio in vari campi della sanità, cosa già qui vicina alle persone in sè di quanto non lo sia semplici impianti e macchinari. Alle sorprese della banche potranno essere aggiunti altri attacchi per la sconfitta, anche di tutto il sistema finanziario. È bene che abbiano fatto in tempo a lanciare il GLONASS. Le azioni di risposta delle autorità russe saranno volte alla creazione di un rigido sistema economico, alla contrazione dei programmi sociali, all’inasprimento del controllo sulla valuta, fino al congelamento dei depositi, nel peggiore dei casi, quando le riserve in valuta estera saranno esaurite (fino a sei anni). Oltre alle conseguenze dirette (distruzione dei legami esistenti, destabilizzazione del mercato interno per quanto riguarda molti settori), ce ne possono essere anche di indirette e per ora imprevedibili. Per molte questioni le compagnie e i cittadini russi saranno costretti a percepire il peggioramento dei rapporti, formalmente non prescritto da nessuna parte. Cessazione dei negoziati, inadempimento dei contratti, rinuncia a nuovi progetti di settori che non sono coinvolti da nessuna sanzione, compresi umanitari, riduzione dei viaggi ecc. In questo elenco, il fallimento del Forum Economico di San Pietroburgo di maggio rappresenta uno dei disagi minori. Il ruolo di uno stato emarginato è cosa poco invidiabile per i suoi leader. Ma lo è ancora di più per i suoi cittadini. Voglio ripetere ciò che ho scritto nel scorso articolo. Il sistema d’amministrazione statale e di gestione economica creatosi in Russia non è in grado di rispondere in modo adeguato ad una sfida di simile portata. Ha bisogno di drastici cambiamenti improrogabili, la cui alternativa è la catastrofe economica. Ci serve di nuovo la perestrojka, tenendo conto degli errori di Gorbachev. Il modello di mobilitazione va bene soltanto per una guerra. Non va bene per una normale vita pacifica. Vogliamo davvero la guerra? Le conseguenze per la società, date dalla mobilitazione, sarebbero numerose. Marginalizzazione di ogni opposizione, persino la critica alla corruzione verrebbe equiparata ad un tradimento alla Patria. Un ulteriore restrizione, fino alla creazione di uno spazio internet rigidamente immune, mi pare cosa scontata. Le sanzioni occidentali saranno cioè controproducenti anche nel senso che peseranno gravemente sugli strati più avanzati, fino ai meno vulnerabili per ogni sanzione, perchè inaccessibili ai benefici della civiltà. Queste persone vivono senza carte di credito, gadget, e senza viaggiare per il mondo. A condizione di un’economia primitiva da orto. Secondo molti indicatori del mercato dei consumi, siamo tornati indietro di molti anni. E l'esito sarà che l'Occidente otterrà una Russia con cui avere a che fare sarà ancora più difficile di adesso. Si può certamente fissare l'obiettivo per far sì che la Russia non ci sia e basta. Ma nel percorso verso questo obiettivo, per qualcuno luminoso, c'è un'inevitabile fase intermedia, quando un paese con circa 1500 testate nucleari, altri impianti nucleari, e infrastrutture pericolose se usate nel modo sbagliato, sprofonda nel caos. In Occidente, fin dai primi giorni successivi al crollo dell'Unione Sovietica, assicuravano di non volere che la Russia scivolasse nel caos e in uno sfacelo che poteva essere foriero di inconvenienti per il mondo intero. E molti, va detto, ci hanno creduto. Traduzione: Elena Di Bisceglie ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Nezavisimaya Gazeta http://www.ng.ru/ Pagina 1/3 – La marcia crimeana di Dmitry Medvedev Sommario: La creazione di un Ministero ad hoc dovra’ accelerare l’integrazione della penisola nella Russia. L’annessione della Crimea ha originato molti problemi : e’ necessaria la ricostruzione del sistema giuridico della Crimea compresa la sua Costituzione. Ieri il primo ministro Dmitrij Medvedev ha riunito in Crimea il Gabinetto dei Ministri. Nel frattempo il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce il Ministero della Crimea. Gli esperti osservano che l'incorporazione della Crimea ha generato molti problemi: è necessaria una riorganizzazione del sistema giuridico della Crimea, Costituzione compresa. Ieri è stato annunciato che lo Statuto fondamentale sarà adottato entro il 10 aprile, senza la consueta “discussione popolare”. Nella delegazione di ieri rientrano il vice premier, i ministri e capi dei dipartimenti competenti. Vladimir Putin, attraverso il suo addetto stampa Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che nel prossimo futuro non ha in programma di recarsi in Crimea. Allo stesso tempo ha sottolineato che è cominciato un periodo di trasformazioni pacifiche, di cui si dovrà occupare esclusivamente il governo. Putin, tuttavia, non è rimasto in disparte nel processo di adeguamento della Crimea: da Mosca ha firmato un decreto per l'istituzione del Ministero della federazione per gli affari della Crimea. Questo organo è chiamato a "migliorare l'efficacia dell’azione degli organi federali del potere esecutivo per l'integrazione della Repubblica di Crimea e di Sebastopoli nella sistema economico, finanziario, creditizio e giuridico della Federazione russa", si dice nel decreto. Il governo Medvedev deve approvare la Delibera sul ministero, fissando il numero limite di collaboratori dell’apparato centrale del Ministero e dei suoi organi territoriali. Con un altro decreto del Capo di Stato Oleg Savel’ev è stato nominato Ministro della Federazione per gli affari della Crimea. È noto che il programma federale per lo sviluppo delle nuove regioni, con l'indicazione dettagliata degli investimenti, deve essere presentato al governo entro la fine del primo semestre del 2014. E secondo il vice premier Dmitrij Kozak, che supervisiona la Crimea per conto del governo, il progetto in questione deve essere predisposto prima del 15 aprile. A Medvedev sono rimaste appena due settimane. Ovviamente della questione se ne occuperà il ministero competente. Stando alle informazioni arrivate a "NG", le prime a portare a termine la creazione delle proprie strutture in Crimea, e in largo anticipo, sono state le forze dell'ordine: il Ministero della Difesa, il Servizio federale di sicurezza, il Ministero degli Interni, il Comitato investigativo, etc. Inoltre, secondo la fonte di "NG", la gestione di queste strutture, in particolare attraverso il Servizio di Sicurezza Federale, sarà effettuata dai rappresentanti degli organi federali. I quadri locali saranno ammessi fra i dirigenti solo dopo aver dimostrato la loro fedeltà e capacità. La rotazione sarà graduale. La creazione in Crimea di dipartimenti degli organi di giustizia russi, in anticipo sulla tabella di marcia, è certamente un fatto notevole. È incoraggiante che almeno i nostri militari sono in grado di agire in fretta, a differenza dei loro omologhi civili. Questi ultimi, nella penisola, sono comparsi appena adesso, e nelle loro aree di competenza la confusione è molto più grande che per le forze di sicurezza. Questo non è sorprendente, dal momento che fino al primo gennaio 2015 ci sarà un periodo di transizione, e insieme alle leggi russe avranno validità anche gli atti crimeani, e perfino quelli ucraini, purché non contraddicano le prime. Fare chiarezza nelle attuali circostanze è di fatto impossibile per i funzionari in servizio, e per le forze dell'ordine è del tutto inaccettabile. Non è possibile applicare il codice di procedura penale della Federazione per certi reati, e il relativo codice ucraino per altri. È per questo motivo, naturalmente, che nessuno in Crimea si impegna né si adopera per far osservare realmente tutte e tre le legislazioni. E così, per il prossimo futuro de facto vige l'illegalità, sullo fondo della situazione giuridica attuale troppo variegata. Le autorità russe stanno cercando di risolvere questo problema con l'adozione urgente di leggi federali, appositamente progettate per la Crimea. Qui, per altro, nascono i problemi. Ad esempio, la Duma di Stato ha lavorato per garantire a livello legislativo i depositi crimeani nelle banche ucraine che si trovano nella penisola. In breve, è stato necessario riscrivere due o tre volte, in maniera sostanziale, alcuni documenti indispensabili per ottenere questo risultato. In fase di lavoro è emersa la necessità di adottare ulteriori leggi. Gli atti legislativi "crimeani" compaiono a ritmo velocissimo. Soprattutto nel campo del benessere sociale della popolazione locale: aumento dei salari per gli impiegati pubblici, delle pensioni e dei sussidi. Ieri sono stati firmati dal presidente Vladimir Putin due decreti in materia. Quest'anno, in sostegno a circa 677 mila pensionati crimeani, è in programma uno stanziamento di circa 36 miliardi di rubli. Al riguardo è stato annunciato ieri un aumento delle pensioni anche per i russi, per una media di circa 1500 rubli in base alle diverse categorie. Il problema è che l’ingresso della Crimea in Russia ha imposto alle autorità di agire in maniera estremamente rapida, cosa per cui non erano pronti. Diciamo che si sono precipitati a risolvere le questioni più importanti dal punto di vista propagandistico, quelli sociali, dimenticando che la Costituzione è la base del diritto. In questo caso, quella di Crimea. Promettono di adottarla entro il 10 aprile, anche se un paio di settimane fa di questo nessuno si ricordava. È emblematico che se alla "grande" Ucraina la Russia ha prescritto la ricetta di una assennata riforma costituzionale, con una discussione in Parlamento e un referendum, al suo boccone strappato all’Ucraina la Costituzione intende semplicemente imporla. Perché, ovviamente, è difficile credere che i compagni di Crimea, in due settimane, possano scrivere loro stessi uno Statuto Fondamentale conforme all’intera legislazione della Federazione Russa. Questo, naturalmente, si farà a Mosca, che approfittando del momento già prescrive le elezioni indirette del capo della regione, e attraverso il Parlamento, con la scusa che, dicono, è una tradizione locale. Sarà interessante vedere quali procedure elettorali appariranno nello Statuto della città di importanza federale di Sebastopoli, il cui progetto potrebbe uscire già questa settimana. Oltre tutto, secondo le statistiche di ieri del Servizio federale di migrazione, di due milioni di persone che vivono nella penisola hanno fatto richiesta di passaporto russo solo 60 mila persone. In 15 mila hanno ricevuto il documento stando in piedi in coda. Ma forse non sono solo le code ad obbligare i Crimeani ad attendere. Forse la gente esita. Ed ecco che ieri il capo della divisione per l’organizzazione dei lavori per i passaporti del Servizio federale di migrazione, Fedor Karpovec, ha riferito che gli abitanti della Crimea che ricevono il passaporto della Federazione possono non rinunciare alla cittadinanza ucraina. E il capo del dipartimento di Crimea del Servizio federale di migrazione, Aleksander Aksjonov, ha sottolineato che i cittadini che non desiderano ricevere un passaporto russo hanno tempo fino al 18 aprile per presentare la domanda relativa all'ufficio passaporti o ad altri organi di registrazione. Autore: Aleksandra Samarina, Ivan Rodin Taglio: alto Traduzione: Pablo Gortan ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Rossiyskaya Gazeta http://www.rg.ru/ Pagina 4 – Per Evgeny Yasin è tutto chiaro – La crisi economica che ci affligge oggi ha avuto inizio 40 anni fa. Oggi apre la XV Conferenza Scientifica Internazionale “Modernizzazione dell’economia e della società”, organizzata dalla Scuola Superiore di Economia con la partecipazione della Banca Centrale e del Fondo Monetario Internazionale. Molta attenzione sarà rivolta alla nostra economia. Intervista al Professore Evgeny Yasin, Direttore dell’Università di Ricerca Nazionale “Scuola Superiore di Economia” ed ex Ministro dell’Economia La colpa di tutto è del barile. È stato il barile 40 anni fa a crescere del triplo nel prezzo e a dare origine a quest’ondata di crisi di cui ancora oggi subiamo i colpi. Uscire dalle “sabbiemobili” si può, ma come? Evgeny Grigorevich, quando si è preparato il programma per la Conferenza di aprile non c’era il “fattore Crimea”. Avete dovuto introdurre delle modifiche per questo? Evgeny Yasin: Non abbiamo cambiato niente per ragioni di principio. La politica attuale non ha alcun rapporto con la scienza, e noi cerchiamo di starne alla larga. Ma, rimanendo sulle posizioni accademiche, non ci sottraiamo alla definizione di questioni importanti per lo Stato. Al contrario, il programma della conferenza ha un legame diretto con lo sviluppo a lungo termine della nostra economia e società. E così sarà anche in futuro. Alla fine il ruolo delle università non consiste nell’organizzare dimostrazioni ma nel forgiare un personale in grado di proporre delle risoluzioni che si basino sulle migliori conquiste scientifiche. La brusca posizione adottata dall’Occidente nei confronti della Russia non ostacolerà i partecipanti stranieri a venire alla conferenza? Ci sono state rinunce? Evgeny Yasin: No, nessuno ha rifiutato di partecipare. La scienza è una cosa, la politica tutt’altro, e non mi pare influenzi la collaborazione scientifica. A giudicare dal programma della conferenza, gli studiosi stranieri prendono ampliamente parte alle discussioni sui nostri problemi. In che cosa è diverso lo sguardo esterno sull’economia russa? Evgeny Yasin: Si attengono senza dubbio ai principi democratici, ritengono che siano assolutamente necessari per lo sviluppo di un’economia di mercato. Io condivido questo punto di vista. Ma anche gli studiosi esteri hanno, ovviamente, punti di vista diversi sulle questioni economiche. [...] E queste differenze sono definite da criteri scientifici, non di cittadinanza. Quindi non c’è nessun fraintendimento di principio fra noi e “loro”. In una delle tavole rotonde della Conferenza di aprile si discuterà degli scenari di sviluppo più probabili dell’economia russa per quest’anno. Potreste esprimere già ora le vostre previsioni? Evgeny Yasin: Io ritengo che vi siano due vie di sviluppo fondamentali. Una ad esempio risponde alla politica attuale. Si potrebbe denominare come lo scenario della “modernizzazione dall’alto”. In altre parole, i cambiamenti vengono condotti in conformità a idee concepite “in alto” e che scendono “giù”. Con un atteggiamento molto pericoloso verso le contro iniziative. E questo avrebbe i suoi difetti perchè le possibilità di questa politica, nelle nostre condizioni, sono esaurite. Bisogna passare all’altro scenario. Questo prevede “l’emancipazione” della società, il fatto che decisioni fondamentali vengano prese “dal basso”, fra elettori e imprenditori. Questo indica il primato del diritto, la democratizzazione del sistema politico, la liberalizzazione della vita economica. Allora è possibile un’accellerata decisiva. Senza questo, sperare nel decollo della nostra economia in un momento in cui in tutto il mondo continuerà ad esserci la crisi, è piuttosto difficile. Il passaggio a questo scenario non è comunque scontato. E cosa ne sarà della crisi economica? Bisogna prepararsi ad una nuova ondata? Evgeny Yasin: Io sono profondamente convinto che oggi sia in crisi tutta l’economia internazionale. Quelli che dicono che America ed Europa stanno uscendo dalla crisi, mentre noi ci siamo solo entrando, hanno un’idea limitata del carattere della nostra crisi. È cominciata nel 1973, quando i prezzi del petrolio sono aumentati del doppio. Si sta protraendo proprio da allora il passaggio dall’era industriale a quella dell’innovazione. La scienza, l’innovazione, stanno aumentando in modo determinante la propria funzione nello sviluppo economico, mentre il valore delle materie prime sta calando. E questo processo in Occidente non è giunto al termine, tanto più che gli avvenimenti del 2008 hanno fatto sì che uscire dalla crisi sia più difficile. L’Europa ha le sue difficoltà, in gran parte legate al fatto che i membri dell’UE hanno adottato delle regole comuni di politica creditizia, mentre la politica di bilancio è determinata fondamentalmente su base nazionale. Ed è stato unito un numero piuttosto alto di paesi con istituti e tradizioni diverse. La Russia ha una condizione relativamente positiva perchè nel nostro paese le trasformazioni legate al passaggio da un’economia pianificata ad un’economia di mercato hanno avuto inizio relativamente di recente e sono ben lungi dall’essere concluse. E questa “incompiutezza” nasconde opportunità piuttosto significative. Ma queste sono legate al processo attraverso cui sta andando il nostro governo da circa 10 anni. Cioè la crescita del ruolo dello Stato e il rafforzamento dei settori statali dell’economia. [...] Ripeto: abbiamo grandi possibilità, ed entriamo nella crisi per la nostra strada. Il fatto che da noi i tempi di crescita dell’economia siano più bassi rispetto all’America, ci deve spronare verso il secondo scenario di cui ho parlato. Ma per ora non sta accandendo. [...] La Conferenza di aprile è giunta già alla 15esima edizione. Da che parte tende, verso maggiore concretezza o maggiore accademismo? Evgeny Yasin: la nostra università è stata fondata soltanto nel 1992. [...] Nel corso di questo tempo abbiamo posto l’accento su proposte pratiche, piuttosto che sul lavoro scientifico. Ma negli ultimi anni abbiamo iniziato un processo volto ad innalzare il livello accademico. Dobbiamo dare ai nostri studenti un livello di preparazione conforme ai migliori modelli internazionali. E cerchiamo di fare in modo che tutti i ricercatori abbiano un lavoro nelle migliori testate estere, di modo da avere popolarità internazionale. Grazie all’aiuto del governo abbiamo la possibilità di invitare i più grandi studiosi stranieri a lavorare da noi, insegnare e fare ricerche riguardanti la Russia. A questa conferenza, ad esempio, un’assemblea plenaria sarà presieduta da Ronald Inglehart, Professore dell’Università del Michigan e direttore del Laboratorio di Ricerca Sociale Comparata della Scuola di Economia, sociologo di fama mondiale. [...] Autore: Igor Zubkov Taglio: alto Traduzione: Elena Di Bisceglie ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Vedomosti http://www.vedomosti.ru/ Pagina 11 – La Crimea riceverà il gas russo Sommario: Gazprom è pronto a costruire un gasdotto in Crimea. Il costo del progetto andrà dai 200 o 300 milioni al miliardo di dollari. Ne parla con “Vedomosti” il portavoce del Ministero dell’Energia. La prima opzione prevede la realizzazione di una condotta di 400 km da Krasnodar a Sebastopoli. La sua capacità può raggiungere i 10 miliardi di metri cubi all'anno. E il costo arriva al miliardo di dollari, ha detto il portavoce del ministero dell'Energia. Ma c'è un'opzione meno cara, farla partire da Anapa (punto iniziale della sezione offshore del gasdotto “South Stream”). In questo caso, la lunghezza della tubatura non supererebbe i 100 km, e il costo si aggirerebbe sui 200-300 milioni di dollari. Questa diramazione può essere costruita partendo dalla stazione di compressione "Russkaja" (la costruisce la "SGM group" di Arkadij Rotenberg) o dalla stazione "Kazač’ja" (questo progetto lo realizza la “Strojtransgaz" di Gennadij Timčenko). “La decisione definitiva sull’edificazione verrà presa quando ci sarà il progetto”, dice un alto funzionario federale. “Ora gli istituti elaborano proposte secondo lo schema ottimale, e noi esaminiamo le diverse opzioni". "Il tubo si farà", conferma una persona vicina a “Gazprom”. Secondo lui, al governo si stanno già occupando di elaborare la questione. “Senza gas in Crimea la vita non è possibile, perciò la probabilità che si costruisca è maggiore del 90%”, aggiunge un funzionario federale. “Il sostegno politico al progetto ci sarà, quindi non sorgeranno problemi”. “Sono possibili due opzioni: o “Gazprom” annuncerà una gara di appalto, o il governo sceglierà un impresario, emettendo un decreto governativo”, dice una persona vicina a una delle società appaltatrici di “Gazprom”. La seconda opzione non è in discussione, dice un funzionario federale: “Gazprom” dovrà effettuare un concorso. “Non escludo che stia preparando alcune proposte”. Ma il progetto non verrà attuato rapidamente, avverte Michail Korčemkin, direttore della East European Gas Analysis. Sono necessari almeno due anni, prevede un esperto. “E anche questa scadenza, comunque, richiederà di lavorare in gran fretta, se si guarda alle precedenti esperienze di “Gazprom”, tra cui il gasdotto di Soči”, dice Korčemkin. È necessario espletare numerose procedure: elaborare il progetto, tracciare il percorso, condurre analisi ambientali e ancora molto altro, chiarisce Korčemkin. La questione principale per i ricercatori è ora quello di determinare il potenziale dei giacimenti petroliferi della Crimea, dice un collaboratore di uno degli istituti interessati al progetto. “Interfax” riporta le parole del Ministro delle Risorse Naturali Sergei Donskoj: “Anzitutto prendiamo in esame la piattaforma marina della Crimea e le estrazioni su questa piattaforma, per garantire l'approvvigionamento locale, il fabbisogno energetico locale, tenendo conto delle scorte e delle opportunità esistenti”. Finora, ha detto, raccogliamo informazioni. Secondo Donskoj, alla valorizzazione dei giacimenti sulla piattaforma della Crimea è interessata principalmente “Gazprom”. Rimangono alcune questioni, secondo lui, relative ai progetti esistenti sull’estrazione di idrocarburi, in quanto esse operano in regime di PSA e non si è ancora avuta una decisione finale al riguardo. “La questione dell'approvvigionamento di gas alla Crimea richiede una soluzione rapida, e da qui, molto probabilmente, parte il progetto di costruzione della conduttura", dice l'analista di “Sberbank CIB” Valerij Nesterov. Per altro si dice scoraggiato dal fatto che la Crimea, contrariamente alle precedenti dichiarazioni, non può provvedere autonomamente ai rifornimenti di gas. È stata presa la decisione di rifornire la penisola tramite forniture esterne, ovvero a carico della Russia. “Dare un giudizio sul progetto è difficile. Ma è ovvio che ora a prevalere è la convenienza politica, la creazione delle condizioni per un normale funzionamento dell'economia della penisola”, dice Nesterov. Un rifornimento autonomo di gas, a quanto pare, rimane per la Crimea una prospettiva remota, ha detto. I rappresentanti di “Gazprom” e dell'altra società di estrazione del gas, “Novatek” ieri non hanno risposto alle domande di “Vedomosti”. Autore: Elena Chodjakova Taglio: basso Traduzione: Pablo Gortan