La fine di un mito. Mao Tse tung

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La fine di un mito. Mao Tse tung
Mao-Tse-Tung: la fine di un mito
Nel 2006 è stato pubblicato un libro dal titolo “Mao la storia sconosciuta”, che non ha avuto l’eco
che meritava nella stampa, nella televisione, nel mondo politico, soprattutto qui in Italia.
L’autrice è una scrittrice cinese, Jung Chang con la quale ha strettamente collaborato un giornalista
inglese Jon Halliday.
Riportiamo qualche stralcio di recensioni da parte della stampa internazionale. Il Corriere della sera:
“l’opera che distrugge un mito”. The new York Times: “ un lavoro magistrale. La brutalità di Mao
era già emersa nel corso degli anni, ma questa biografia fornisce nuove e sostanziose informazioni,
presentandole con uno stile che la renderà un successo in tutto il mondo.” The Times: “Ci si
aspettava che Jung Chang riscrivesse la storia della Cina del secolo scorso e la lunga attesa è stata
giustificata. Questo è un libro sconvolgente.” The Observer: “In una biografia ordinaria, una
condanna senza appello come questa sarebbe sospetta e noiosa allo stesso tempo. Ma nel caso di
Mao, le ricostruzioni precise e la documentazione minuziosa del libro provocano tutt’altra
reazione….. una lettura fondamentale.”
Daily Mail:” la biografia politica più poderosa, convincente e rivelatrice dei nostri tempi.”
Con stile asciutto e scarno all’insegna della semplicità ed immediatezza il racconto della vita di
Mao intrecciata per mezzo secolo con le vicende storiche del continente cinese si dipana sotto
l’attenzione del lettore catturato dalla lettura di eventi straordinari e sconvolgenti tutti
accuratamente documentati e testimoniati.
Le voci bibliografiche del libro superano le duecento pagine e sono fatte di testimonianze dirette di
innumerevoli protagonisti degli avvenimenti, di documenti originali, quali scritti di Mao, del partito
comunista cinese, del partito comunista russo, del Comintern, dei partiti comunisti di molti paesi, di
stampa quotidiana dell’epoca, servizi diplomatici, servizi segreti. Una mole imponente di prove
certe che inchiodano Mao Tse Tung alle terribili responsabilità di fronte al suo Paese.
Eppure c’è gente che plaude ancora al “grande timoniere”.
La morte di Mao avvenne il 9 settembre 1976. Jung Chang così la descrive nelle ultime due righe
del libro:”la sua mente rimase lucida fino alla fine, e un solo pensiero lo assillava: lui ed il suo
potere”.
Sono trascorsi 32 anni ma il ritratto di Mao ancora campeggia nelle piazze delle città e nei villaggi
della Cina.
Non starò a riassumere le vicende politiche ed umane della lunga vita di Mao. E’ sufficiente per
capire il personaggio tratteggiare alcuni punti salienti del suo operato. La sua filosofia di vita si può
racchiudere in una frase che scriveva ed amava ripetere:”Esistono gli uomini e le cose, ma gli
uomini e le cose esistono solo perché io possa servirmene”. Un egocentrismo sconfinato dal quale
discendeva il culto della personalità fino alla fine dei suoi giorni. Anche l’ideologia marxista
leninista fu sempre al servizio del suo potere personale.
Mao Tse Tung nacque nel 1893 a Shaoshan nella provincia dello Hunan, Cina centrale. In gioventù
aveva aderito al partito nazionalista che lasciò dopo uno-due anni per passare al partito comunista
cinese. Per un anno nella cosiddetta terra dei banditi imperversò con razzie, spoliazioni, sangue. Nel
periodo 1933 -1935 realizzava la lunga marcia alla testa di alcune migliaia di uomini sotto la
sciocca e tacita acquiescenza di Chiang Kai Shek, a quell’epoca ancora padrone assoluto della Cina,
che si scavava la fossa da solo. Gli stenti e le sofferenze degli uomini sotto il comando di Mao
neanche lo sfiorarono perché lui viaggiava comodamente in portantina sostenuta da una trentina di
soldati.
Nel Gennaio 1941 la Nuova quarta armata (N4A) comunista, forte di diecimila uomini, guidata da
XiangYing, compagno e rivale allo stesso tempo di Mao, ricevette l’ordine di trasferirsi a nord ma
doveva attraversare territori controllati dall’esercito nazionalista.. Chiang Kai Shek diede il suo
consenso per un percorso settentrionale ma vietò tassativamente una via orientale. Mao telegrafò a
Xiang Ying l’ordine di percorrere la via orientale, che i nazionalisti avevano proibito, con il
proposito deliberato di portare la Nuova quarta Armata al totale annientamento insieme al suo
comandante.
E così accadde. Dal 6 al 12 Gennaio1941 la Nuova quarta Armata, procedendo verso Est
inconsapevole del divieto imposto da Chang Kai Shek, si trovò accerchiata dall’esercito
nazionalista e fu portata all’annientamento. Mao Tse Tung non rispose mai ai disperati appelli di
aiuto inviati da Xiang Ying. Un esercito di diecimila soldati uccisi per volontà del loro capo.
Nella guerra contro il Giappone (41-45) che aveva invaso il territorio cinese, pur sollecitato da
Stalin, Mao non volle mai partecipare con il suo esercito alle operazioni di guerra in difesa della sua
patria, lasciando con freddo cinismo tutto il peso dei combattimenti sulle spalle dei nazionalisti.
Nel 1941 Mao con la sua armata se ne stava rintanato a Yenan dove preparava la macchina da
guerra da lanciare contro i nazionalisti. A migliaia accorrevano i giovani per servire l’idea
rivoluzionaria. Oltre 40000 giovani, attratti dagli ideali comunisti di eguaglianza e di riscatto, erano
arrivati a Yenan da tutte le regioni.
Con la tecnica raffinata “dell’esame del pensiero” che obbligava tutti a confessare e scrivere i propri
pensieri non ortodossi, in qualche modo revisionisti, con l’obbligo della delazione reciproca ( l’uno
spiava l’altro)
con le accuse di trozkismo e revisionismo, con i processi in piazza instaurò un regime di terrore che
condusse in prigioni spaventose (grotte e oscuri sotterranei) migliaia di giovani. Molti impazzirono,
molti si suicidarono, molti furono giustiziati. I superstiti resi automi comandati, incapaci di pensare
liberamente, erano totalmente asserviti alla causa maoista del potere tirannico. Si realizzava la
manipolazione e l’annientamento delle coscienze personali che si rivide su più larga scala durante
la Rivoluzione Culturale. Nel 1949 veniva proclamata la Repubblica Popolare Cinese e Chang Kai
Shek, definitivamente sconfitto, si rifugiava nell’isola di Taiwan.
Nove anni dopo la nascita della Repubblica popolare cinese, nel 1958, Mao .-proclamò il Grande
Balzo nel tentativo di accelerare lo sviluppo economico e industriale del Paese e ordinò il sequestro
di tutti i raccolti dei contadini, campo per campo,provincia per provincia, regione per regione,
lasciando nelle loro mani misere razioni insufficienti per sfamare le famiglie. In ogni cortile doveva
sorgere una fornace per la fusione dei metalli. Il risultato fu la più grande carestia a memoria
d’uomo.
Si calcola che per lo meno 38 milioni di persone morirono per fame e per lavoro forzato nel
periodo1958-1962.
Non fu di portata inferiore il disastro economico inflitto al Paese.
Lin Biao fu sempre fedele collaboratore e sostenitore di Mao. Egli salvò dalla disfatta Mao alla
conferenza del partito comunista cinese del 1962, detta conferenza dei settemila perché questo era il
numero eccezionale dei commissari del popolo presenti. Durante lo svolgimento dei lavori Liu Shao
Ci vice- presidente del partito inchiodò Mao alle sue terribili responsabilità. Lin Biao contrattaccò
accusando Liu Shao Ci di trozkismo e revisionismo traditore. La fine di Liu era tragicamente
segnata. Liu Shao Ci qualche anno dopo, pur essendo presidente della repubblica popolare cinese fu
sottoposto a campagne di denigrazione, carcere duro, torture, processi in piazza con violenze
inaudite inflitte a lui ed alla moglie da folle scatenate di giovani guardie rosse. Fino alla morte
conseguenza inevitabile dei patimenti subiti.
Ma miglior sorte non toccò a Lin Biao. Nel 1971, caduto in disgrazia con il grande capo, nella
precipitazione di sfuggire alla collera distruttice di Mao si imbarcò insieme alla moglie ed il figlio
sul suo aereo e decollò senza completare il rifornimento di carburante. Dopo 2ore di volo l’aereo,
esaurito il carburante, si schiantò nelle praterie della Mongolia. Nove furono le vittime.
Triste ed amaro fu anche il destino di Chou En Lai, per molti anni primo ministro e più stretto
collaboratore di Mao. Quando i medici gli trovarono un tumore alla vescica ricevettero l’ordine da
Mao di non informare Chou En Lai del male che aveva. Così per due anni Chou En Lai ignaro della
malattia che si portava dentro non fu in grado di curarsi. Quando Mao diede via libera per
informarlo era troppo tardi. Chou En Lai moriva nel Gennaio 76.
Quando voleva eliminare un esponente del partito che riteneva non perfettamente allineato metteva
in moto il meccanismo delle accuse di trozkismo ed AB ( antibolscevismo) ed il personaggio
scompariva dalla circolazione (carcere e/o eliminazione fisica) .
Non meno spietato fu con le numerose mogli e numerosi figli tutti regolarmente ripudiati ed
abbandonati al loro destino.
La Rivoluzione culturale, è più giusto chiamarla la Grande Purga, fu lanciata nel 1965-66 “per
punire il nostro partito” e tutti i revisionisti che in esso si annidavano. Furono mobilitate masse
sterminate di giovani (le guardie rosse) prima per colpire gli insegnanti ed i presidi delle scuole, gli
scrittori, gli artisti , gli attori, tutte le espressioni della cultura. In una seconda fase furono colpiti
quasi tutti i quadri del partito, alcuni milioni di funzionari con le accuse più infamanti, spesso anche
più ridicole: capitalisti e nazionalisti. Dall’inizio della rivoluzione culturale fino al 1976 si calcola
che almeno 3 milioni di persone morirono di morte violenta per mano del Regime. Almeno 100
milioni di persone, un decimo della popolazione cinese, furono costrette a subire violenza.
La morte di Mao consegnò a Deng Xiao Ping un Paese martoriato, immerso nell’oscurantismo,
sull’orlo della bancarotta economica ed industriale.
Jung Chang e Jon Halliday stimano, per difetto, le perdite umane causate da Mao Tse Tung in
oltre 70 milioni di persone, tre volte e mezzo i morti della seconda guerra mondiale.
Tuttavia ancora oggi nel mondo ci sono tante persone che si inchinano dinanzi alla sua memoria.