GABRIELE D‟ANNUNZIO PREMESSA Il d

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GABRIELE D‟ANNUNZIO PREMESSA Il d
GABRIELE D‟ANNUNZIO
PREMESSA
Il d‟Annunzio fu l‟interprete più prestigioso della offensiva antipositivistica, antitradizionalistica,
antidemocratica di fine secolo XIX. Temperamento sensuale, irrazionale, egoistico, attese alla
celebrazione orgogliosa del proprio “io”, come centro di innumerevoli sensazioni, e della propria
vita vissuta al di là di ogni normale legge umana. Nell‟amore fisico, nell‟istinto sensuale,
nell‟ebbrezza erotica ritrovò lo stimolo per fondersi con la misteriosa anima della natura, per
attingere il segreto della vita, intesa come perenne rinnovarsi di forme di bellezza e di forza, come
festa di suoni e di colori.
Il d‟Annunzio rifiuta la religione come strumento di conoscenza e di fondazione di valori spirituali
e si abbandona alle suggestioni dell‟istinto e del senso; considera la sensualità l‟unico mezzo per
attingere la vita segreta e profonda dell‟”io” e per attuare la comunicazione immediata del proprio
essere con le forze primigenie della natura (PANISMO:dissolvenza dell‟uomo nell‟universo e
dell‟universo nell‟uomo; riduzione della coscienza in pure essere istintivo).
La poesia è scoperta,adeguamento e trascrizione del continuo ritmo, cangiante e molteplice, con cui
la natura da vita alle sue innumerevoli forme; la parola, ridotta a pure musica evocativa, quasi
completa l‟opera della natura; è creatrice di una nuova realtà. Il poeta è “un mistero musicale con in
bocca il sapore del mondo”; “il verso è tutto e può tutto”; “la parola è una cosa profonda,in cui per
l‟uomo di intelletto sono nascoste inesauribili ricchezze” (D‟Annunzio).
Alla classe media del suo tempo il D‟Annunzio apparve il realizzatore di tutti i sogni proibiti:
coraggio indomito, aspirazione alla potenza, desiderio di gloria, esperienze erotiche eccezionali,
eleganza raffinata, eloquenza sonora, disprezzo per la plebe; da qui la sua fortuna immensa e il
fascino che la sua vita straordinaria e la sua arte prestigiosa esercitarono su un numero grandissimo
di persone. Oggi, naturalmente, il giudizio sulla abbondantissima produzione dannunziana è molto
diverso e cioè fortemente limitativo; la critica, pur tra incertezze e oscillazioni sul valore dell‟opera
dannunziana in generale e di qualche composizione in particolare, ha fissato già qualche punto
fermo: ha indicato l‟acme della poesia dannunziana nel III libro della “Laudi” (“Alcyone”); ha
riconosciuto nella “figlia di Iorio” il capolavoro teatrale; ha visto nella narrativa autobiografica
diretta dell‟ultimo periodo( e in particolare in “Notturno”) la prova più convincente di D‟Annunzio
narratore.
SENSUALISMO DANNUNZIANO
Elemento prevalente e caratterizzante del D‟Annunzio uomo e poeta è la sua SENSUALITA‟ nel
significato più ampio del termine; cioè non solo come lussuria (anche se tale aspetto è frequente),
ma come SENSITIVITA‟, come acutezza straordinaria dei sensi, come facoltà di comprendere la
realtà e di entrare in contatto con esse attraverso tutti i sensi: udito, tatto, vista, gusto, olfatto, con
l‟esclusione delle altre facoltà umane intellettuali e spirituali.
Di conseguenza caratterizzano l‟opera e la vita dannunziane l‟amoralità, la disumanità, l‟orgia di
parole-suoni.
Il sensualismo dannunziano dà luogo a composizioni equivoche e fallite dal punto di vista artistico
(e umano) quando si impantana nella lussuria, quando si sofferma con crudele compiacenza su
aspetti ripugnanti e animaleschi e quando si raffina e si sublima nell‟estetismo di creature
d‟eccezione; raggiunge invece esiti poetici apprezzabili quando il poetasi abbandona ai brividi più
tenui e impalpabili della natura immedesimandosi con le stesse, il mare, i fiumi (panismo) e quando,
per una più o meno oscura coscienza del proprio fallimento, infonde alle sue pagine note di sincera
malinconia.
Il D‟Annunzio rimase sempre un eclettico, aperto a varie e diverse esperienze e influenze (Carducci,
Parnassiani, Simbolisti, Naturalismo, Verga, narratori russi, Nietzsche); rimase sempre un
meraviglioso “dilettante di sensazioni” (Croce); la sua arte cioè nono ebbe uno svolgimento vero e
proprio; sostanza di fondo e immutabile resta il SENSUALISMO, che in superficie si colora
diversamente:
a) Barbarico e primitivo(novelle della Pescara – la figlia di Iorio , anche se in questa tragedia,
ambientata in Abruzzo, il paesaggio , l‟ambiente e i personaggi sono remoti e favolosi);
b) Raffinato ed estetizzante( Andrea Sparelli, protagonista de “il piacere”);
c) Esausto e malinconico (poema paradisiaco);
d) Erico (Laudi e teatro)
e) Intimo e raccolto (narrativa autobiografica diretta dell‟ultimo periodo).
Neppure la dottrina del Superuomo, alla quale D‟Annunzio ricorse per formarsi un senso della
vita che sentiva venirgli meno , riuscì ad imprimere una svolta decisiva alla vita e alla
produzione dannunziane, ad arricchirle di nuovi elementi di autentica umanità. Il D‟Annunzio
restò un istintivo senza centro di pensiero e senza coscienza; il superomismo, dopo il periodo di
sensualismo stremato espresso nel Poema paradisiaco, valse solamente a ricondurre il poeta alla
libertà orgogliosa del suo canto; nel mito del superuomo il D‟Annunzio trovò la giustificazione
e l‟esaltazione del suo mondo sensuale, del suo individualismo amorale.
Né debbono essere sopravvalutati il tono sommesso e l‟espressione più sobria e misurata degli
ultimi libri, derivanti più da un affinamento dei modi consueti, da una maggiore perizia tecnica
che da una nuova poetica e da un nuovo sentimento della vita.
QESTIONI PARTICOLARI
1) Verismo, o meglio, naturalismo dannunziano – Del Verga, che pure imitò , il D‟Annunzio
non comprese e non riprese le ragioni sociali, la pietà , la sostanza umana profonda; nel
D‟Annunzio non v‟è traccia di interesse umano e morale, ma morbosa e crudele curiosità
per ciò che è turpe, animalesco, orrido , ripugnante ; c‟è la descrizione compiaciuta di ferite
mostruose , della materia, lurida del vizio , delle follie ella superstizione religiosa. La sa
fantasia barbarica, assetata di sensazioni acri e lascive , indifferente e spietata , ci dà racconti
cupi in cui prevalgono un interesse soltanto sensuale , fisico , visivo , per le figure umane ,
la figure umane , la persistenza ossessiva di atmosfere grevi , lo sfoggio di situazioni crudeli
, di spettacoli turpi , di passioni violente e primitive , bestiali.
2) Teatro dannunziano . Fu un‟esperienza di natura anche polemica : opposizione cioè al teatro
di ispirazione verista e borghese ,grigio , mediocre , quotidiano , e proposto di un teatro
aristocratico , che rappresentasse le esperienze umane ( o disumane ) eccezionali di pochi
superuomini privilegiati e di spiriti raffinati e che fossero strumento di diffusione e di
esaltazione delle nuove idee nazionalistiche. Il D‟Annunzio , egoista , e sensuale , on poteva
creare “ vere” figure umane e non poteva rappresentare “ veri “ conflitti spirituali ; il suo
teatro fu pretesto di predicazioni superumane o , è il caso della Figlia di Iorio , di coloritura
di costumi regionali.
3) Le Laudi. Vorrebbero essere un vasto poema annunziante una nuova religione naturalistica,
quella del dio Pa ( divinità greca dei boschi e dei monti ) e l‟esortazione a ritornare alla vita
istintiva sia verso le bellezze naturali, sia verso l‟entusiasmo eroico.
Nel 3° libro delle Laudi – ALCYONE - il D‟Annunzio canta la gloria di un‟estate tirrenica
trascorsa da lui tra la foce del Serchio a quella dell‟ Arno ; la sensualità e superomismo si
purificano nelle visioni paesistiche e nella musicalità che le esprime.
Il libro , che consta i 80 liriche , canta l‟estate al suo primo apparire ( vedi “ Lungo l
„Affrico” – “ La sera fiesolana “ ) , al colmo del suo trionfo ( vedi “La pioggia nel pineto “ –
Meriggio” – “Nella belletta”), fino al suo malinconico spegnersi nell‟imminente autunno (
vedi “ I pastori “ - “Novilundio i settembre “ ) . – La storia dell‟estate si sviluppa con
spontaneità in una sicura unità del tono musicale, pur nella grande varietà delle movenze e
dei temi . Il tema superumano è – sia pure indirettamente presente : o come frenetica
esaltazione dell‟ Estate e dei suoi frutti ( vedi Ditirambo III ) ; o come acre ferocia bestiale ,
che è modo anch‟esso di andare oltre l‟umano ordinario ( vedi “ La morte del cervo “ ) ; o
come panica dissoluzione del poeta in momenti e aspetti della natura ( vedi “ Meriggio “).
Talora il tema superumano è sotteso all‟idillio , che ne riceve una vibrazione più intima :
nella ebbrezza della voluttà il poeta sente di essere squisitamente in preda a sensazioni
straordinarie al di fuori e al di sopra dell‟esperienza comune. (vedi “La sera fiesolana “). –
In questo panico godimento dell‟estate ,c‟è accanto al poeta ,silenziosa e quasi impalpabile,
una figura di donna del nome di favola : Ermione ; talvolta il poeta parla dinanzi a lei , ma
non per lei , tutto teso com‟è ad auscultare e a tradurre in musica di parole le infinite
vibrazioni che il paesaggio contemplato comunica ai suoi senzi.
4) Notturno (composto nel 1916, ma pubblicato nel 1921).
Nel 1916, in seguito ad un incidente di volo, il D‟Annunzio riportò una ferita all‟occhio
destro (che poi avrebbe perduto) e fu costretto dai medici al buio e all‟immobilità per circa
otto masi. In queste condizioni egli scrisse il Notturno, servendosi di migliaia di sottile
strisce di carta (o cartigli). Anche per questo motivo nacque una prosa nuova e suggestiva,
rapida e franta, alla quale il D‟Annunzio affido ricordi, fantasie, allucinazioni, sensazioni,
confessioni in un rapido trascorrere di visione in visione, in un impressionismo lirico e
visivo. Notevole è pure l‟uso costante del PRESENTE: nel libero fluire della coscienza,
ricordi e impressioni rievocati si dispongono come esperienza contemporanea, quasi vissuta
in quel preciso momento di scrittura ( si vedano l‟episodio relativo a Giuseppe Miraglia e
quello relativo alla visita, a Pescara, alla madre vecchia e ormai disfatta dagli anni a dal
male).
5) La figlia di Iorio (trama).
In questa tragedia, ritenuta il capolavoro del teatro dannunziano, il mondo d‟Abruzzo ,
primitivo e violento, rivive in un atmosfera di sogno e di mito.
Il pastore Aligi sta per sposarsi con Vienda di Giave; nella casa di Aligi mentre si svolgono i
preparativi della nozze, si rifugia forse una maliarda, prostituta, Mila di Codra, filgia di
Iorio, inseguita da un gruppo di contadini imbestialiti, tra i quali c‟è Lazaro di Roio, padre di
Aligi. Aligi, acceso d‟improvviso amore, difende Mila e va a vivere con lei, redenta, sui
monti, rinunziando alle nozze con Vienda. Un giorno Lazaro di Roio, che vuole a tutti i costi
possedere Mila, raggiunge i due giovani e Aligi lo uccide. Mila per salvare Aligi(che, come
parricida sarebbe condannato ad una morte atroce) di accusa lei dell‟omicidio e viene
condannata al rogo. (“la fiamma è bella!” sono le ultime sue parole).
GABRIELE D‟ANNUNZIO
1) L‟EROE (dalle “novelle della Pescara-1902)
A Mascalico, un paese d‟Abruzzo, nel giorno della festa del patrono, san Gonselvo, otto
uomini stanno intorno alla pesante statua del santo, che dovrà essere sollevata dall‟altare e
portata a spalla in processione. Per un errore di manovra, uno di essi, l‟Ummalido, resta con
la mano destra schiacciata sotto la statua; ciò non ostante, resta al suo posto, ma, durante la
processione, sviene per l‟atroce dolere ed è prontamente sostituito. Viene trasportato in una
casa, ove lo visita la fattucchiera del paese, che, come altri esperti contadini, ammette che il
danno alla è irreparabile. L‟Ummalido viene infine lasciato solo con accanto un secchio
d‟acqua, dove immerge di tanto in tanto la mano stritolata e insanguinata, mentre i
compaesani sono tutti in chiese ad onorare il santo. Ad un certo punto l‟Ummalido prende
una risoluzione “eroica”: si munisce di coltello, va in chiesa, si fa largo tra la folle, giunge
all‟altare; e da lì con il suo coltello “lavora” fino a staccare dal polso la mano, che cade nel
bacino di rame destinato a raccogliere le offerte in denaro al Santo, mentre l‟eroe esclama “
Sante Gunzelve, a te le offre!”
2) IL PIACERE (romanzo-1889)
Andrea Sperelli, aristocratico raffinato, è giunto ad una completa aridità morale, pur nella
lucida mi impotente coscienza del proprio stato. Abbandonato della sua amante, Elena Muti,
nobildonna sensuale, cerca di dimenticarla, ma inutilmente, in frivole avventure nel culto
dell‟arte. Viene infine attirato da una ltra donna, Maria Ferres , creatura di nobile
spiritualità, che, dopo aver resistito, cede diventando così la nuova amante di Andrea, che
però in Maria continua ad amare Elena di una passione tutta sensuale. La relazione finisce
miseramente, allorquando in un incontro d‟amore ad Andrea sfugge il nome di Elena
(mentre avrebbe dovuto pronunciare quello di Maria).
3) L‟INNOCENTE (romanzo-1892)
Tullio Hermil, sensuale ed egoista, dopo aver abbandonato la buoa e fedele moglie Giuliana
per correre molte e disoneste avventure, torna finalmente a lei con l‟amore di un tempo. Ma
la moglie, che una sola volta, in un momentaneo cedimento dei sensi, gli è stata infedele,
porta ormai in grembo il frutto della sua colpa. Tullio, pur deciso a comprendere e a
perdonare (bontà sua!), non può sopportare senza odio il ambio che ,asce, sentenolo come
un intruso, così che lofa morire esponendolo al freddo di una notte invernale.
4) GIOVANNI EPISCOPO (romanzo-1892)
Il protagonista ( che parla di sé in prima persona) ambisce ad essere un personaggio alla
Dostojeskij: è “umiliato e offeso” per il fatto che la moglie Ginevra se la intende con
Wanzer, un uomo prepotente e sanguigno. Giovanni, anche sollecitato dalla silenziosa e
consapevole sofferenza del filgio Ciro ( che il padre amo come l‟uico suo bene), finalmente
si ribella alla tresca e uccide Wanzer.
5) IL TRIONFO DELLA MORTE (romanzo-1894)
Giorgio Aurispa, cinico sensuale ed egoista, disperatamente consapevole della sua
insufficienza morale ( vedi Andrea Sperelli e Tullio Hermil), sente che la passione che lo
tiene avvinto a Ippolita Sanzio lo tormente, lo paralizza, lo distrugge. Perciò, per liberarsene
, si rifugia in un torrido misticismo religioso ( tra la folla superstiziosa di Casalbordino )e
nell‟Arte ( Nietzsche e Wagner ). Risultati inutili questi rimedi,Giorgio Aurispa ricorre alla
…Morte : si uccide e uccide l‟amante trascinandola con sé in un precipizio.
6) IL FUOCO (romanzo-1900)
Stelio Effrena , poeta e musicista glorioso , incarnazione del Superuomo che ignora limiti e
catene , soggiorna a Venezia , sentita come città lussuriosa autunnale e regale, capace di
esaltare i pensieri di voluttà e i gloria . Stelio ha una relazione sentimentale con la Foscarina,
celebre attrice drammatica ( = Eleonora Duse ) ; la donna giunge a tal punto di dedizione da
sacrificare il proprio amore per il sospetto che esso possa diventare un peso per l‟uomo che
ama.
7) LA CITTA‟ MORTA ( tragedia -1899)
Nell‟Argolide , presso le rovine dell‟antica Micene del senso di perdizione e di morte che
emana dalle tombe , il poeta Alessandro, Anna sua moglie ( cieca ), Leonardo amico di
Alessandro , e Bianca Maria sorella di Leonardo. Alessandro , pur provando una tenera pietà
per la moglie ( che nella sua cecità tutto intuisce ), è innamorato di Bianca Maria che
ricambia il sentimento. Ma il fratello Leonardo accecato da una passione incestuosa per la
sorella , la uccide più che per gelosia per liberarla e liberarsi dalla mostruosa passione . La
tragedia si conclude con una sorta di miracolo : ad Anna è restituita la vista on si capisce se
materiale o se sublimazione di quella veggenza spirituale caratteristica della donna per tutta
la tragedia.
8)LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO ( tragedia – 1905 = “il moggio”è un recipiente per
misurare il grano)
Gigliola , la figlia di Tibaldo , cova la venedtta ( = la fiaccola sotto il moggio) nei confronti
di una mala femmina che le ha ucciso la madre per sposare il padre. Ma quando Gigliola sta
per attuare la vendetta ed ha provveduto ad avvelenarsi , a mo‟ di anticipata espiazione, il
padre Tibaldo le toglie questa bella soddisfazione uccidendo lui la donna sospettata di
ifedeltà.
G.
D‟ANUNZIO
LA SERA FIESOLANA
( si veda , preliminarmente , quanto è stato detto, alle pagine 2-3 degli appunti sul D‟Annunzio,
sulle Laudi e su Alcyone).
Tema della lirica è il lento, dolce svanire della sera nella notte , sullo sfondo più vasto del traslocare
della primavera morente nel presentimento dell‟estate . A ognuna delle tre strofe ( che sono come i
tre tempi di un unico spartito musicale) è affidato lo sviluppo di un tema particolare, che nel tema
generale è un aspetto o momento : 1 )Presentimento della Luna ; 2) la pioggia di giugno ; 3) il
mistero del fiume e delle colline .
Non è possibile indicare – perché non esiste –un vero e proprio centro narrativo , una vicenda
naturale o sentimentale , colta e rappresentata nel suo logico svolgimento ; la lirica è , infatti , una
catena musica ledi suggestioni ; è lo sviluppo musicale di uno stato d‟animo particolare , fatto di
arcana , intima voluttà , quale reazione alla dolcezza della sera. Il significato delle parole non è
riducibile in esatti termini di logica ; si alleggerisce e svanisce in valori fonico – evocativi che
sembrano sull‟orlo di svelare un prodigio. Le immagini stesse, caratterizzate da una estrema levità
figurativa , si risolvono in paura successione di suoi ; prevalgono le tonalità cromatiche tenui ,
smorzate ( viso di perla , l‟incerto colore del grano e del fieno , il pallore degli ulivi ) e anche
l‟unico colore netto , quello della scala che s‟annera , sembra perdere , nel contesto il suo spessore .
Dominano nella lirica una tenue luminosità diffusa e un silenzio raccolto , in cui si consuma la
trepida attesa selle cose e degli uomini ; uniche voci sommesse sono il fruscio delle foglie , il bruire
della pioggia , il remoto mormorio delle fonti , con cui sembrano confondersi e fare una cosa sola le
parole che il poeta sussurra a se stesso più che per la donna che gli sta accanto. ( comunque , nella
seconda strofa è più fitto l‟intreccio tra elementi sonori ed elementi visivi , per gli effetti sonori
diversi che la pioggia produce cadendo su varie cose. Motivo , questo , che sarà ripreso e reso più
esplicito ne “La pioggia nel pineto “ ai vv . 46-51 ).
Protagonista della lirica è dunque la Sera , con le dolci , misteriose sensazioni che essa suscita
nell‟animo di un contemplatore sensibile ; quell‟ora sospesa tra il lento morire del crepuscolo e
l‟apparire in cielo delle prime stelle. Le presenza umane ( il coglitore sulla scala , la donna , il poeta
stesso ) sembrano pure parvenze : immerse nella soavità della sera , si dissolvono nel paesaggio ;
questa misteriosa corrispondenza, questa mistica comunione tra uomo e natura si accentua
nell‟ultima strofa ( La sera che “ muore “ è metafora dell‟animo del poeta che sta per dissolversi
sulle soglie dell‟inesprimibile ). Contemporaneamente, il paesaggio si umanizza : la Sera è
personificata : illuminata dalla diafana luce lunare , si intravede una lieve figura femminile , dal
volto di perla a dai grandi umidi occhi. Lo stesso processo di antropomorfizzazione investe anche
altri elementi della natura: i germogli dei punti sono “ rosei diti “, il fieno “patì “ la falce, le colline
si incurvano “come labbra”,ulivi, che col “ Laudata sii “ degli intermezzi è spia di una sorta di
francescanesimo estetizzante e , più in generale, del gusto tipicamente dannunziano delle
contraffazioni religiose).
Così ,in questa lirica come altrove , il D‟Annunzio realizza quello che , riecheggiando un‟intuizione
di Baudelaire , teorizza in una intervista : “Le cose non sono se non i simboli dei nostri sentimenti ,
e ci aiutano a scoprire il mistero che ciascuno di noi chiude in sé “.
E‟ da notare , però che l‟oscillazione tra umanizzazione degli elementi della natura e riduzione ad
elemento naturale dell‟uomo ( mentre ne “ La pioggia nel pineto “ e, ancor più , in
“Meriggio”prevarrà definitivamente la seconda risoluzione – 1)- ) , ci dice che questa lirica non
realizza tanto il panismo completo, ma ne esprime piuttosto la vigilia , l‟attesa; così come non canta
la piena solarità dell‟estate , ma il suo presentimento.