Max - Collettivo Soleluna Blog
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Da Max – Marzo 2005 n. 3 Alla soglia dei 40 anni e dopo due di silenzio, Lorenzo ci riprova. A Max racconta del nuovo disco. E con Max apre l’album di famiglia. Eccolo nelle immagini di una fotografa che lo conosce bene. Molto bene. Bentornato Jovanotti di Massimo Poggini foto di Francesca Valiani Sono un po’ in anticipo, cosi’ mentre aspetto ho il tempo di fare qualche considerazione. Una e’ che solo pochi anni fa non mi avrebbe mai chiesto di fare un’intervista alle 10 e mezzo del mattino. Avere una bimba di sei anni ti cambia la vita. Poi c’e’ il nome: a 38 anni, Jovanotti e’ ancora appropriato ? Il fatto che mi abbia dato appuntamento in un bar che si chiama De’ Cherubini e’ casuale o e’ un messaggio cifrato ? E mentre lo vedo arrivare in bicicletta, l’occhio mi cade su una vignetta di Bucchi. Dice l’omino: “Sarebbe meglio vietare il futuro ai minori”. Lui, ciarliero come sempre, non si tira indietro quando gli chiedo di commentare questa battuta: “Il problema del futuro e’ nostro, non dei minori. Per i bambini esiste il presente, difficilmente si pongono domande sul domani. Siamo noi che dobbiamo occuparci del loro futuro, fare in modo che sia vivibile”. Riguardo al nome, dice che dietro la scelta del bar non c’e’ alcun codice cifrato: “Semplicemente e’ un bel bar, inoltre e’ vicino allo studio dove sto ultimando il nuovo album… E chiamami come ti pare. In questo periodo sono Lorenzo Jovanotti Cherubini: ho tre nomi, e tutti e tre in qualche modo mi rappresentano”. Sono un po’ in anticipo, cosi’ mentre aspetto ho il tempo di fare qualche considerazione. Una e’ che solo pochi anni fa non mi avrebbe mai chiesto di fare un’intervista alle 10 e mezzo del mattino. Avere una bimba di sei anni ti cambia la vita. Poi c’e’ il nome: a 38 anni, Jovanotti e’ ancora appropriato ? Il fatto che mi abbia dato appuntamento in un bar che si chiama De’ Cherubini e’ casuale o e’ un messaggio cifrato ? E mentre lo vedo arrivare in bicicletta, l’occhio mi cade su una vignetta di Bucchi. Dice l’omino: “Sarebbe meglio vietare il futuro ai minori”. Lui, ciarliero come sempre, non si tira indietro quando gli chiedo di commentare questa battuta: “Il problema del futuro e’ nostro, non dei minori. Per i bambini esiste il presente, difficilmente si pongono domande sul domani. Siamo noi che dobbiamo occuparci del loro futuro, fare in modo che sia vivibile”. Riguardo al nome, dice che dietro la scelta del bar non c’e’ alcun codice cifrato: “Semplicemente e’ un bel bar, inoltre e’ vicino allo studio dove sto ultimando il nuovo album… E chiamami come ti pare. In questo periodo sono Lorenzo Jovanotti Cherubini: ho tre nomi, e tutti e tre in qualche modo mi rappresentano”. Che cos’e’ successo in questi ultimi due anni ? Ho vissuto. Tutto sommato non mi lamento, anche se c’e’ stato qualche guaio. Ma i miei sono guai piccoli rispetto a quelli con i quali molta gente deve fare i conti. La famiglia e’ una realta’ complessa e quando si decide di costruirne una bisogna mettere in bilancio anche qualche contrattempo. Ma poi le incomprensioni si superano. I miei, i nostri sono stati soprattutto giorni belli. C’e’ una famiglia che cresce, che diventa sempre piu’ unita. E c’e’ una bimba che cresce. Un lavoro che si rimette in moto. Voglia di realizzare grandi progetti e visioni non ben definite. Cose della vita, insomma. Il tuo nuovo album tempo fa sembrava finito, poi ci hai rimesso mano. Come mai ? Perche’ voglio fare un bel disco. Dopo che lo avevo quasi ultimato, ho scoperto che c’erano margini di miglioramento. Questo per me e’ un disco importante: sono alla ricerca della mia identita’ musicale e credo di essere a buon punto. E’ piu’ facile iniziare o ricominciare ? A fare il primo disco non c’e’ alcuna difficolta’. Se uno ha problemi a 18 anni e’ meglio che smetta, subito. Andando avanti, invece… Quando pensi ai tuoi esordi, come ti vedi ? Benissimo, perfino con una certa ammirazione. Ero un ragazzino che voleva l’indipendenza economica, cercavo il successo, la fama, le donne, il piacere fisico. Le cose che facevo allora non avevano un ampio respiro, ma questo m’importava poco. Proprio l’altro ieri ho riascoltato il mio primo album, era dall’89 che non sentivo piu’ per intero Jovanotti for president. Devo dire che mi ha fatto un’impressione strepitosa. Era ingenuo, allegro, grezzo, ma anche un buon disco di pop italiano, molto vitale. Se oggi un ragazzo di 18 anni rifa’ un disco con quell’energia ripete il successo che ho avuto io. Pero’ all’epoca ti consideravano lo scemo del villaggio. Michele Serra ti auguro’ di “morire di morte lenta e dolorosa”. Con il tempo la situazione si e’ ribaltata, quelli che allora mi detestavano sono diventati i miei sostenitori piu’ convinti. Comunque ai tempi queste cose non mi ferivano. Anzi, la cosa un po’ mi inorgogliva, perche’ consideravo quella precedente alla mia una generazione da affossare. Tua figlia ha visto le foto del periodo di E’ qui la festa? Lei e’ contenta del suo babbo cantante. E’ l’unica che non ha alcuna riserva. Se potessi tornare indietro, c’e’ un errore che vorresti evitare ? Il problema e’ che se mi rimetto a pensare agli errori da evitare, poi divento rigido, mi si blocca il collo. Forse dovrei dire che si’, ho fatto un sacco di errori. Ad esempio non dovrei parlare di politica, perche’ poi ti strumentalizzano. Ma come si fa a non partecipare al dibattito, come si fa a stare zitti di fronte a scelte come la guerra? A volte c’e’ la tentazione della fuga, ma sarebbe una scelta troppo narcisistica. Ecco perche’ e’ importante fare errori. Non a caso errare vuol dire sia sbagliare, sia andare in giro. Quindi se decidi di errare, decidi anche di sbagliare. A te errare, nel senso di andare in giro, e’ sempre piaciuto. Quella parte di mondo che hai visto e’ sana o malata ? Qualche giorno fa parlavo con Folco Terzani, il figlio di Tiziano. A un certo punto ci siamo trovati d’accordo nel dire che il mondo e’ un grande cuore malato d’amore, quindi e’ una malattia che ha anche aspetti belli. Certo, e’ un mondo difficile, complesso, ma comunque vitale, con aspetti che a volte sono strabilianti. Basta volerlo e ci si sente subito simili agli altri. Guarda cosa e’ successo dopo lo tsunami: la reazione della gente, la sua generosita’ e’ stata fantastica. Ho letto che grazie a Don Milani avresti ritrovato la fede. Questa cosa non l’ho mai detta. Avrei meno vergogna a far vedere il pisello che non a parlare del mio rapporto con la religione e la spiritualita’. Ritengo che questa sia in assolutola cosa piu’ privata nella sfera di un individuo. Trovo spudorato che le star si raccontino sotto questo aspetto, perche’ non c’e’ niente di piu’ vacillante della fede: anche i grandi uomini di fede ogni giorno rimettono tutto in discussione. Quindi, siccome la mia risposta potrebbe cambiare tra cinque minuti, preferisco non darla. Parliamo di musica. Ami ricordare che sei stato il primo cantante italiano a fare in cd rom, il primo ad avere un sito Internet tutto suo. E adesso anche il primo a vendere un album soltanto su iTunes: mi riferisco al doppio dal vivo Jova live 2002… Le nuove tecnologie non mi spaventano, lo scambio di file lo trovo eccezionale: per me piu’ le cose girano, meglio e’. La pirateria in qualche modo e’ endemica a qualsiasi sistema. Pena al periodo coloniale: c’erano i pirati che si approfittavano del fatto che circolassero le merci per appropriarsene di una parte. Nella musica e’ la stessa cosa. Penso che la repressione della pirateria non abbia senso, invece ha senso allargare il mercato il piu’ possibile. Sfido qualunque collega a imbattersi in un ragazzo che vende cd falsi e a non essere curioso di vedere se c’e’ anche il suo. Se il mio non c’e’, ci rimango male. Pero’ su quel disco non guadagni niente… Noi prima di tutto dobbiamo gioire del fatto che una canzone entra nel tessuto sociale, entra nei cuori: questo e’ il motivo principale per cui si fa questo lavoro. I soldi arrivano dopo, e arriveranno comunque: se fai una canzone di successo, guadagnare e’ l’ultimo problema. Il problema e’ fare pezzi buoni che vengano piratati il piu’ possibile… Lo dice uno che i dischi li compra: l’ho sempre fatto, anche quando non avevo un soldo, e continuero’ a farlo. La tecnologia ha cambiato il modo di ascoltare la musica. Il vecchio Lp e’ un oggetto estinto, i ragazzi non sanno nemmeno che cos’e’. La tecnologia ha cambiato la musica anche dal punto di vista creativo, i nuovi produttori lavorano in un modo completamente diverso. Io appartengo alla generazione analogica, per quella digitale tutto e’ manipolabile. E’ come il passaggio dal teatro al cinema: in teatro si facevano 10 mesi di prove, per un film si fanno due settimane di riprese e cinque mesi di post produzione. Oggi andiamo in studio e registriamo dei suoni, poi magari passiamo otto mesi a tagliare, scegliere, manipolare. Nessuno sa piu’ riconoscere il suono vero da quello finto. Anche questa e’ arte? Perche’ no? Il problema e’ che e’ sempre piu’ difficile riconoscere quella vera. Oggi incidere un disco costa meno, quindi se ne fanno molti di piu’.E c’e’ meno attenzione all’ascolto: le canzoni si giocano tutto nei primi 30 secondi, questo e’ un problema enorme soprattutto per chi non ha ancora un nome. Ma se si ha voglia di crescere, le cose buone non mancano. Il mio nome e’… Da “I giovanotti” a Joe Vanotti: la vera storia di Jovanotti Il nome Jovanotti e’ nato nell’autunno dell’86. All’epoca Lorenzo cominciava ad essere famoso come dj e inizio’ a pensare all’ipotesi di incidere un disco. Ma non voleva allungare la lista dei dj che cantano: “io volevo fare un gruppo. Stavo iniziando ad ascoltare le band degli anni Sessanta e Settanta e mi piacevano da matti i nomi: i Ribelli, i Camaleonti, i Cugini di Campagna, gli Alunni del Sole”. Si era messo in testa di formarne uno che si chiamasse “I Giovanotti” e che facesse rap. Aveva messo da parte un milione e 200 mila lire e le investi’ per incidere una canzone insieme ad un amico. La fece ascoltare ad un discografico, che gli disse di essere disposto a stampare il disco, pero’ voleva solo lui. “Io dissi:”d’accordo, ma questo nome mi piace troppo”. Lui invece non era convinto”. Cosi’ pensarono a delle alternative e venne fuori Joe Vanotti: stampo’ anche due manifesti con quel nome. Ma quando tutto era pronto, ci ripenso’: “Mi ricordava troppo nomi a quei tempi molto in voga come Den Harrow o Jo Yellow. Cosi’ bloccai tutta l’operazione e tornai all’idea originale, trasformando solo la “G” in “J”: ma pronuncia e significato non cambiarono”.