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Un numero di intramezzo.
Infatti tutto il mondo di appassionati sta aspettando l’ottava
versione del nostro gioco favorito.
Devo dire la verità,: non ho mai visto tanti giocatori smettere
completamente di giocare prima di una nuova edizione ( io la seguo
dalla 5° in inglese), ma questa volta la “bonaccia” è dovuta da una
lenta delusione che ha preso maggiormente l’ambito torneistico,
soprattutto con l’uscita di non equilibrati libri di eserciti.
Si aspetta con tanta ansia di avere il libro delle regole nelle mani
che se dovesse rivelarsi una delusione o con lacune ancora grandi,
molti dei miei colleghi di armate, sospetto che lasceranno e
Warhammer per dedicarsi ad altri giochi meno impegnativi e
evocativi ma sicuramente più equilibrati.
Quindi speriamo che chi ha fatto le regole si sia meritato Il suo
lavoro, o questa volta neanche i volontari e appassionati come la
FiGW potranno fare ben poco per riequilibrare il tutto.
Comunque vada, noi appassionati o semplicemente troppo nerd per
smettere di giocare, saremo sempre con voi a aggiornarvi e
allietarvi con i classici articoli mensili!
Alla prossima!
Alan
La copertina di oggi è
ancora una volta di Mauro
Perini in arte Mastropero,
per altri suoi lavori potete
andare al suo sito ufficiale:
http://www.mastropero.com/
In questo numero vedremo scontrarsi
i Mercenari: brutali, sporchi, senza una fede che li guidi se non il vile denaro contro
i Bretonniani: fieri, spronati da una fede ferrea, ligi al dovere. Chi riuscirà a prevalere?
Vi ricordo che per questo scontro i due partecipanti hanno deciso di non usare la magia
e di scendere in battaglia con i canonici 2000 punti senza personaggi speciali.
Bretonnia
Mercenari
-5 regno con gruppo di comando con
Eroe con elmo di gromril e treccia di
isolde
-6 venatori di voland con generale (spada
della forza una onorificenza che dava
+2ac +1 fe e scudo incantato)
-generale su ippo con lancia del wyrm
virtu che ritenta i tiri per colpire falliti in
carica e scodo del graal
-18 picchieri con campione e alfiere e
tesoriere a cavallo (con carogna e non
ricordo che altro)
-6 erranti con campione
-6 regno con gruppo di comando
-12 arcieri
-6 erranti con campione
-12 arcieri schermagliatori
-4 pegasi
-5 cerca con campione e stendardo da
guerra con BSB spada forza e simbolo
della cerca
-6 erranti
-6 graal con alfiere
-trabucco
-19 picchieri con campione e alfiere ed
Eroe (non mi ricordo che aveva)
-9 duellisti con bravo
-19 picchieri di ricco lo straccione con
eroe con spada ammazzadraghi (+1fo no
TA e meraviglia splendenti)
-10 balestrieri
-colubrina
-20 picchieri con campione e alfiere
-10 halfing
-20 picchieri con campione e alfiere
-9 duellisti
-5 cavalieri pesanti bardati
SCHIERAMENTO
PRIMO TURNO
MERCENARI
MOVIMENTO
dunque il mio avversario si muove con tutto in avanti cercando di mantenersi il più possibile compatto e
"spinoso"
l'unica cosa da notare sono i duellisti sulla sinistra che passano davanti ai cavalieri pesanti
TIRO
con il tiro fa ben poco:
-tenta un tiro con le balestre sul graal ma fallisce
-tira col cannone sul graal ma va troppo fuori con l'allungo dopo una stima precisa (fa 10 con il dado)
BRRETONNIA
MOVIMENTO
dunque anche io non sono da meno e avanzo cominciano a prepararmi con le cariche adatte
-avanzo con la coppia erranti regno per caricare bene in combinata
-stessa cosa per erranti e graal
-i pegasi invece, mantenendosi a distanza di carica da tutto si posizionano sul fianco della torre in fila
indiana
-il generale si piazza dietro alla foresta pronto al grande balzo
-gli arcieri schermagliatori si muovono dentro la foresta
-il trittico di cerca erranti e regno della destra si muove compatto
TIRO
-qualcuno oggi ha detto che il trabucco non mi dava soddisfazioni, ebbene si e' dato da fare!
stimo preciso sulla capoccia del tesoriere e faccio colpito! lui pero non fallisce l'attento signore e gli
faccio fuori 8 pezzi di fanteria!
-gli arceri sparano sui duellisti facendone fuori solo 1...qui ho sbagliato perche puta caso i duellisti
scappavano lasciavano libera la strada alla carica dei cavalieri pesanti suoi!
gli erranti e il regno li avevo posizionati cosi perche lui si era auto coperto con i duellisti!!
per fortuna va!
SECONDO TURNO 2
MERCENARI
DICHIARAZIONE CARICHE
-il mio avversario decide di dichiarare carica dei duellisti sulla destra sui pegasi
-carica anche degli altri duellisti di sinistra sul regno che prenderanno anche gli erranti perche troppo
ravvicinati(li avevo posizionata appositamente cosi)
MOVIMENTO
in pratica si avanza con tutto e riposiziona meglio i cavalieri col generale, avanza con i duellisti centrali
e si avvicina alla foresta pericolosamente
TIRO
-cannonata sul graal ottima stima e l'allungo e' favorevole, mi prende 2 graal e li atomizza (ho messo il
graal centrale con il trabucco perche cosi almeno sarebbe stato indeciso se tirare sul graal o trabucco)
-balestrate e freccette sul graal ma rimbalza tutto...vai super lattinati!!
CAC
-la carica di sinistra si risolve con la perdita di numerosi duellanti e di un mio cavaliere errante, lui deve
testare al doppio uno e scappa
io inseguo perche comunque al turno successivo avrei caricato la fanteria del tesoriere, gli erranti
raggiungono il regno no!
-il pegasi atomizzano i duellanti prendendo pero una ferita, i duellanti scappano sulla destra dei cavalieri
con generale e i pegasi non inseguono.....guardano la collinetta farcita e fanno l'occhiolino
BRETONNIA
DICHIARAZIONE CARICHE
-regno di sinistra a dar man forte agli erranti sull'unita del tesoriere
-graal e erranti sull'unita di ricco
-pegasi fanno il balzo e vanno sugli halfing
MOVIMENTO
-gli arceri in foresta si muovono a 2 pollici dal bordo della foresta per vedere (e farsi vedere) dai
duellisti, mi tengo a 4 pollici da loro cosi se caricano ho il resisti e tira
-gruppone dei tre sulla destra preparano la trappolona: avanzo con gli erranti per invogliare la carica
dell'unita del generale, mentre regno e cerca si tengono a 15 pollici dall'unita avversaria in modo da non
poter esser caricati ma caricare a sua volta
-il generale si fionda nella mischia a causare terrore tra le truppe avversarie, lo rivolgo nel verso adatto
alla mia tattica...poi vedrete
lo posiziono in modo che mi vedano solo 2 balestrieri
TIRO
-il trabucco non tira perche c'e troppa mischia e potrei prendere i miei
-gli arcieri vicino al trabucco e gli arcieri in foresta tirano sui duellisti davanti alla foresta facendo solo 2
morti
-il generale preme il pulsantino con sopra scritto fuoco e accende l'unita di picchieri vicina a lui facendo
4 morti peccato per uno non testa, vabbe tanto c'era il generale vicino!
CAC
-dunque l'unita di erranti e regno sulla sinistra prendono gli attacchi di impatto dei picchieri ma persono
solo 2 pezzi di erranti rimasti in 3 ora e smaciullano un pò di fanteria (tipo 5-6 morti), il mio avversario
testa al -3 fallisce il primo ma ritenta perche c'e il tesoriere e rimane
-graal su i picchieri di ricco....qui ho fatto un erroraccio madornale, non ho valutano per niente la
situazione e non ho calcolato che li c'erano 2 eroi: ricco e l'eroe suo che non sapevo cosa portasse
in pratica tanto per cominciare l'eroe mi tira una meraviglia di leonardo che fa la pizza piccola a fo3(chi
sta sotto al buco no ta) e se fa pure solo una ferita tutta l'unita ha AC 1, naturalmente spara sul graal e
per fortuna non fa danni!!!!
In tutti i casi il graal viene atomizzato dagli attachi di risposta dei picchieri e dell'eroe che ha un arma
magica che nega i ta...addio graal!
questa l'ho giocata male e mea culpa che non mi sono informato bene su quell'unita! avrei potuto
prenderla a trabbuccate prima di caricarla infondo non mi correva dietro nessuno!
gli erranti rimangono in 3 e fuggono ma non vengono raggiunti
-i pegasi atomizzano gli halfing lasciandoli in 2 e impattano contro il cannone
TURNO 3
MERCENARI
TEST DI TERRORE
tutte le unita superano il test di terrore del mio generale tranne una di picchieri che scappando impatta
sugli arceri in foresta, distrutta
DICHIARAZIONI
-unita dei 5 cavalieri pesanti sulla sinistra sul cac di erranti e regno
-unita del generale sugli erranti che faccio fuggire e il generale si ritrova in mezzo a 3 cariche
-duellisti sugli arceri al centro
MOVIMENTI
-ruota i picchieri di ricco e l'altra unita di picchieri verso il mio generale (in foto non l'ho rigirati mi sono
scordato) e ricco rimane un po indietro perche non può marciare, e' troppo vicino ai miei regno
TIRO
-balestrate sul generale ma non fa niente mi sono posizionato bene!
-cannone non spara sta in cac con i pegasi
CAC
-i pegasi atomizzano i serventi e fanno testare e scappare anche i balestrieri, decido di non sfondare
-i cavalieri pesanti sugli erranti non fanno niente (dato il contatto minimo fanno solo 3 attacchi e 2
cavalli)
i picchieri fanno una ferita e se ne beccano 4, vinco di 4 punti
i cavalieri rimangono ma l'unita del tesoriere fugge, inseguo con il regno ma non li raggiungo
-duellisti sugli arceri si beccano il resisti e tira facendo solo un morto e subiscono 1 ferita facendone 2
vincono di 1 ma i duellisti restano
BRETONNIA
CHIAMATE A RACCOLTA
richiamo a raccolta gli erranti al centro e gli erranti usati per fare la trappola
DICHIARAZIONI
trappolone scattato il generale guarda il generale mercenario e fa il gesto
-generale sul fianco della cavalleria causa terrore ma non scappano
-regno con eroe e cerca con bsb sul fronte della cavalleria
-regno sulla sinistra carica l'unita in fuga del tesoriere che scappa ancora ma non abbastanza e vengono
raggiunti anzi il regno esce fuori dal bordo.
l'esercito mercenario testa il panico e tutti lo superano odiando ora la mia unita'!
-pegasi sul fianco dei picchieri
TIRO
-arcieri centrali su ricco facendo 1 ferita
-trabucco sull'unita di ricco, lo becco bello centrato ma faccio mal funzionamento , peccato!
in tutti i casi se fosse riuscito il tiro il mio avversario avrebbe dovuto fare attento signore, solo che
c'erano 2 eroi nell'unita': ricco e l'eroe normale!
poteva fare 2 attento signore??
CAC
-sulla sinistra erranti e cavalieri si stringono la mano e si bevono una birra nessuno fa ferite a nessuno io
testo al -1 ma rimango
-i generale con ippogrifo, grazie alla virtù della giostra fa ben 4 morti l'unita della cerca con il bsb e il
regno falcidino il restante lasciando solo il generale che fa 1 ferita ai miei
giusto per giocare un po sfido con il mio eroe del regno e lui accetta con voland ma niente di che
l'unita del generale (in pratica generale e voland) testa al doppio uno e fugge verso il dietro
inseguo con cerca e regno che li raggiungono
- i pegasi fanno 6 ferite ai picchieri che testano al doppio uno e fuggono impattando sul mio generale
che ha FU 5 e vengono distrutti
dunque la partita finisce qui, vinco di massacro!
devo dire che i mercenari fatti dalla FIGW sono veramente un bell'esercito!
faccio i complimenti a chi l'ha fatti e anche al mio avversario perche ha fatto proprio un bell'esercito
l'unica cosa che non mi tornava e' stato l'uso dei duellisti!
dato che l'esercito era fatto all'uopo per giocare contro di me avrei visto meglio la cavalleria leggera
piuttosto che i duellisti che comunque non hanno fatto gran che!
l'unica cosa buona e' che riempiono gli spazi non permettendomi di arrivare con i volanti dove mi pare
in mezzo agli schierameti
rifaccio ammenda per la carica erratissima che ho fatto con il graal e gli erranti su ricco che sono
veramente forti come unita e faccio i complimenti al mio avversario per la combo dell'unita con
quell'eroe e quella meraviglia di leonardo mooolto pericolosa(magari contro la fanteria ancora di più)
piccola nota: il mio avversario e' andato in tachicardia quando ha distrutto il graal, ha corso per casa per
tipo 5 minuti gridando e esultando "so 12 anni che aspetto sto momento, non e' mai successo ho distrutto
il graaaaaaaal"
Golden Demon Spagnolo 2009
Figw space
Salve a tutti, cari lettori dell'Orco Nero!
Questo mese intendo addentrarmi nel nostro editoriale in qualcosa di meno
"impersonale" e più soggettivo.
L'altro giorno pensavo, tra un rumors e l'altro della nuova edizione, da quanti anni è
che sto giocando a Warhammer. Facendo mente locale, non sono nemmeno riuscito a
stabilire con certezza se i miei primi pezzi gli ho acquistati nel 1998 o nel 1999.
La verità probabilmente sta nel mezzo; dovrei avere acquistato la mia prima scatolina
nel 1998 (ma si trattava di un acquisto senza conoscere minimamente il gioco, una
scatola da 10 sauri in plastica, quei bellissimi formati di vendita vintage che ora non ci
sono più..) e i miei primi pezzi "seri" per iniziare un esercito (ovviamente i Nonmorti)
nel 1999.
Dodici anni di gioco sono veramente tanti..
Ho iniziato con la 5° e ora mi sto ritrovando l'8° edizione quasi tra le mani. Trovo molte similitudini nel
regolamento, per quello che si sente in giro, ma da buon vecchio nostalgico credo che nonostante tutto "quei
tempi" non torneranno più (e lo dico con la classica lacrimuccia all'occhio!).
Ai tempi dei miei primi tornei (2000?) c'era una varietà di eserciti incredibile, e uno standard pittorico delizioso
(ve lo dice uno che non sa nemmeno come si impugna un pennello).
Eserciti come "la Bretonnia di Ruffini" sono stati la pietra di paragone della pittura per diversi anni, e lo sarebbero
ancora se queste persone calcassero ancora i tavoli da gioco.
Anche le limitazioni erano molto diverse: niente demoni maggiori e un solo oggetto magico a personaggio, per
dirne solamente due.
Nonostante questo, mi ricordo benissimo come la Viverna di Pirazzini (un doveroso caloroso saluto anche a lui adesso fa il Wrestler, non fatelo arrabbiare!-) scelse di giocarsi la partita e non di nascondersi dietro qualche
elemento scenico per paura della mia linea di tiro nanica! (mmm.. era l'unico esercito dipinto a mia disposizione)
Un coraggio d'altri tempi, uno spirito d'altri tempi.. come l'armata monokhorne da 30 pezzi in croce (di tutto
rispetto, però), quando i demoni non potevano mischiarsi così facilmente!
Quanta nostalgia! Se ho iniziato a a fare tornei (e a conoscere centinaia di persone in tutta Italia, con molte delle
quali adesso ho splendidi rapporti di amicizia) è merito del fascino che questo gioco e dell'atmosfera da "pioneri"
che ti lasciavano i tornei dell'epoca.
Pensate che già allora esistevano i fratelli D'Amico (pare siano immortali).
Purtroppo... o per fortuna, non di soli ricordi si vive, e bisogna essere sempre pronti a rinnovarsi; pertanto, nel
ringraziare i miei primi "maestri" come i fratelli Casali o Stefano Frattini, vi auguro una buona Ottava edizione a
tutti! (sperando che dal prossimo numero di Orco Nero si possa spoilerare di brutto!)
Daniele Gorini
Founder FIGW
Un saluto,
Daniele Gorini
Consiglio Direttivo FIGW
[email protected]
Intervista a De Cesaris
1)Nome e cognome
Dario de cesaris
2)Quando hai iniziato a giocare a Warhammer?
nel 97. cercavo un negozio di modellismo a napoli, sapevo che ce
ne stava uno li in zona e chiedo ad una vecchietta che passava di li
se sapesse dove si trovava il negozio di preciso e lei mi fà
"juvinò i nò ssac se chill è nu negozio modellismo ma alla dind
escn e guajun che pupazziell mman.
entrai e li la commessa mi fà "no qui non vendiamo soldatini x il
modellismo ma x un gioco di guerra e li se vuoi dare un'occhiata
stanno facendo una partita"
mi avvicinai al tavolo x cortesia, diedi uno sguardo al tavolo poi ai
giocatori poi di nuovo al tavolo e di nuovo ai giocatori e mi chiesi
"ma questi a 40 anni suonati giocano ancora con i soldatini ??"
tempo una decina di secondi e mi dissi "aspè ma se questi a 40
anni giocano ancora con i soldatini un motivo ci deve essere"...e x
me fu l'inizio......
3)Hai provato altri sistemi di gioco oltre al Fantasy?
oltre al 40k, sda, confrontacion, e tanti tanti altri classici in scatola ? tipo risiko ?? no ne ho provati solo
una quarantina di diversi nulla di più
4)Quali eserciti (parliamo di Warhammer Fantasy) usi attualmente?
skaven,orchi,lizard,caos,bretonnia,khemry,nani,demoni,dark elf,impero,vampiri.....si credo siano tutti
quelli che uso a seconda delle regole,dei formati e di quello che mi dice l'unico neurone presente in
mezzo le mie orecchie
5)Che cosa ti ha portato nel depravato mondo dei pupazzetti? Chi ti ha insegnato a giocare per
primo?
beh credo di aver risposto con la seconda risposta. insegnato si può dire nessuno, a napoli non ci si fa
insegnare, ci si mette con il regolamento in mano e si gioca, e ogni qual volta ti fregano hai imparato
quelcosa di nuovo
6)Raccontaci un aneddoto in particolare relativo a qualche partita.
era il 2001 quandi divenni campione nazionale. quinta partita al tavolo 2, contro un vampiro. gli metto il
mio generale di slaanesch davanti la sua mega cavalleria, tanto ero irriducibile, colpivo sempre x primo
etc etc...
io sbaglo tutto e lui con il suo campione spettro mi fà 6 x ferire. morto il mio generale, lui comincia ad
urlare di gioia x tutto il palazzo delle stelline, e i giocatori interrompono le loro partite x chiedergli come
ha fatto.
poi ritorna a giocare convinto della sua vittoria, ma io non mi ero perso d'animo. faccio caricare la mia
unità di barbari a piedi senza flagello, la sua unità con il generale che aveva già 2 ferite fatte
precedentemente da una mia unità di 3 ogre. beh 6 x colpire, 6 x ferire.......è morto il suo generale !!!
e alla fine vinco io. quando poi alzerò la spada, stò ragazzo mi viene incontro mi abbraccia e mi fa i
complimenti con tale fervore che la mia ragazza era convinta che a momenti (lui) mi baciava davanti a
tutti x la gioia. !!
7)Sei famoso in tutta Italia per le tue convesioni folli. Ma come ti vengono certe idee?
Io non ho mai capito se quei teschietti (parlo degli Skaven) erano veri o no..
si i teschi erano veri teschi (lo posso scrivere x la protezione animali ??) la cugina di mia moglie è
veterinaria e lavora in una università.
la voglia delle conversioni nacque da uno sfotto che mi fecero la mia ragazza e un amico, mi
dissero....hahahah e si mò allora un giorno lo vediamo con i cavalieri con gli occhi che si accendono....
beh ecco un'idea........ !!!
le idee mi vengono grazie ad una mente insana poco equilibrata, che prende un pezzo, prende la scatola
degli avanzi e vede cosa mettere insieme x creare quello che mi serve in quel momento, il tutto con una
sola regola base, stupire e creare ciò che nessuno ha mai creato, ciò a cui nessuno mai penserebbe, e da
qui i carri dei cadaveri che si muovevano da soli (x simulare la danza macabra) e tante altre piccole ma
divertenti creazioni.
comunque il mio stimolo iniziale fu dato da un giocatore attualmente ancora in....azione, il grande bonini
con il suo esercito di goblin, se lo ha fatto lui io dovevo fare di meglio !!
8)Hai qualche conversione particolare in programma per il futuro, al momento? Oppure una
conversione che non hai mai fatto ma ti piacerebbe fare?
perchè mio figlio non è modificato bene ?? gli scienziati si danno da fare con la geneticia, soldi
spesi...vedete io con un pò di materia verde cosa ho creato ??
se decido di fare una conversione la faccio, nulla mi ferma nel senso che se ho un progetto lo metto
subito in pratica, non lascio...desideri nel cassetto. in programma ci sono lizard, poi vedremo con l'8
edizione che esercito inizierò a giocare e di conseguenza cosa dovrò modificarmi
9)Hai altri hobby oltre al Warhammer?
si anche i giochi di ruolo fantasy tipo warhammer, poi modificare soldatini x giocare a warhammer, fare
liste x warhammer,fare tornei x fare punti figw.......
seriamente diciamo che trà lavoro,pupo e moglie non ho molto tempo visto che con loro (pupo e moglie)
posso passare solo 2 giorni a settimana causa distanza dal lavoro (palermo catania ci vogliono 5 ore con
i mezzi locali)quindi quando sono a casa sono tutto x loro e non esiste niente altro.
10)Tra un pò inizierai a fare i tornei in coppia con tuo figlio, come faeva Lecci?
beh non sò se cristiano (mio figlio) vorra giocare insieme ad uno scarso come me, già ora che ha 3 anni
mi rimprovera non poco quando metto i soldatini in modo differente da come dice lui.
seriamente x me sarebbe un sogno realizzato se gli piacerà giocare a warhammer, e vorrà fare tornei. e
se questo si realizzerà e avrà voglia di fare coppia con me ben venga ne sarò felicissimo, ma di solito si
preferiscono i coetanei...
un chiarimento lecci ha fatto giocare il figlio pur di mettere il cognome LECCI sulla
spada/martello/scudo.....io il nome l'ho gia messo due volte, non vorrei essere ripetitivo......
x concludere un sentito grazie a Voi della figw, perchè è grazie a Voi se si gioca ancora a warhammer
con questo impegno, con questa voglia. se non fosse stato per Voi, warhammer a quest'ora sarebbe
molto molto morto......e nemmeno io avrei potuto modificarlo meglio di quanto avete fatto voi
Di seguito un altro articolo di Dario riguardante le sue fantastiche armate!
Orchi e Goblin GT
Dunque stavolta lo spasso è stato creare un esercito di orchi e
goblin, e a dirla tutta, è forse grazie a questo esercito che iniziai a
voler modificare anche le cose….piccole. Non ricordo che anno
fosse, ricordo che era un GT al palazzo delle stelline. Mentre
metto i pezzi da parte a partita finita il mio sguardo cade su un
tavolo li vicino. Un….qualcosa si alza dal tavolo x circa 40
cm……..
“e che è ????” mi chiedo. Ovviamente mollo tutto e mi
avvicino…..era un esercito di orchi e goblin, anzi di soli goblin,
del sempre grande Bonini (grande sia come uomo che come
giocatore).
Cominciai a guardare tutto il suo esercito….era una cosa
stupefacente (x me che adoro le modifiche). Lui appassionato
come me cominciò a spiegarmi il tutto……….
Beh da allora sta cosa dentro mi è rimasta e
…..si vede del resto no ???
Passiamo dunque alla creazione.
Come sempre prima cosa le idee: innanzitutto nulla di ripetitivo ne con il mio dei topi ne con il suo…..
Dopo alcuni secondi mi rendo conto che l’esercito dei goblin è basato su una caratteristica che potrei sfruttare come idea:
l’animosità e la competizione x il più forte.
Bene e cosa c’è di meglio che lo sport con le sue tifoserie ???
Le modifiche sono state approntate come le altre volte, tagliando gli arti alle giunture e con una pallina di materia verde
cambiare le posizioni, sfruttando sempre braccia e mani aperte di altri eserciti tipo i goul.
Ho ideato gli stadi a gradinate cosi che si possano vedere tutti i goblin con le sciarpe,le bandiere, gli striscioni appesi alle
balaustre, come nei normali stadi, e come nei normali stadi, purtroppo, anche gli scontri tra tifosi e polizia. Alcuni orchi nella
loro curva hanno acceso i lacrimogeni (ovatta spruzzata di rosso e passata con lo spray per i capelli per farla indurire).
Per gli sport ho pensato a qualche sport che come i miei goblin
avesse le…..reti, ed ecco appunto il calcio, la pallavolo e la
pallanuoto (ho potuto rispettare solo gli ultimi 2 come numero di giocatori realmente presenti). Ovviamente in tutte e 3 le
“partite” è la mia squadra che gioca (e vince sempre com’è ovvio e come si vede dai tabelloni) ossia la cerchia interna, che
gioca a calcio contro il manamanà (Napoli è sempre nel cuore), a pallanuoto e a pallavolo contro il covo delle vipere e il
penic love (per rispetto alla bravura di queste due squadre e ai loro componenti).
Le “reti” sono fatte di normalissima garza medica, mentre l’acqua è fatta con della cera sciolta a bagnomaria e poi versata
all’interno della “vasca”, ovviamente ornata da tutti i striscioni di ringraziamento a Gw, FIGW, e forum gw tilea.
Poi ho creato un sano contro fisico, ossia una partita di football americano, tra orchi selvaggi.
Per le macchine da guerra sono voluto andare invece su dei pezzi grossi. La presenza dell’orco bullo mi ha fatto venire
un’idea e cosi ho preso le strutture essenziali delle macchine (l’arco delle baliste, il palo con la pietra sopra per la gettapietre,
la struttura del folle fiondato) e le ho fatte “tirare” da dei…..orchi un tantino modificati, per la precisione un dragonogre, un
ingordo e cosi via….mentre per la seconda gettapietre ho usato il re degli ogre che legato al palo, è lui stesso a scagliare la
pietra, spinto dal potentissimo SG (super goblin) che vedete in foto dietro di lui mentre con una sola mano lo….scaglia.
Storia simile per i carri ma stavolta le parti sono un po’….invertite. un carro è stato fatto con una moto degli orchi, guidata da
un goblin e con il lupo che fa da passeggero, mentre il secondo carro viene direttamente lanciato da un grande……ma molto
grande troll.
Dulcis in fundo il gigante che ottenuto da un busto dello strazia
anime, decide di saltare sopra un goblin il quale prova a
ripararsi…..sotto il suo ombrellino………(nelle cose basta crederci).
In molti vedendo le mie unità si chiederanno come faccio a levare
i….cadaveri.
Beh la foto dovrebbe chiarirvelo, comunque prima di incollare le
minia, divido le basette cosi:
Primo rango da 10 cioè ritaglio le sottobasette GW (quelle grigie per
fare appunto le sottobasette,quelle divise in quadrati per capirci) dello
spessore di 2 ranghi da 5 modelli .
Per il secondo rango faccio lo stesso ma con larghezza per soli 5
modelli, per gli ultimi 5 li divido in uno da 3 modelli e 2 da 1
modello. Cosi divisi potrete sempre togliere qualsiasi numero di morti
vi facciano (rimettendo i singoli e levando quelli da 5 quando
superano i 3/5 feriti).
Spero anche stavolta di avervi …stupito e al solito se avete domande
o richieste….non esitate a farle.
Articolo realizzato da
Dario De Cesaris
L’ALTRA REALTA’
ROCOCÒ
“Chi è nato per obbedire obbedirebbe anche sul trono”
Luc de Clapiers de Vauvenargues
Lunedì
Imbragata mi sollevano robusti giovanotti. Sarei bagnata del loro amaro sudore non fosse che
calzano guanti di camoscio. Io non so quanto io pesi e quanto ingombri, ma i loro visi si infocano, i
bicipiti si gonfiano, si azzurrano le vene delle braccia e del collo. E avverto che si spostano goffi e
che procedono di traverso non senza difficoltà. E che adesso che affrontiamo una rampa è un
rosario d’empietà per ogni singolo gradino. Devo essere una soma eccezionale. E devo essere
preziosa: perché piuttosto che legarmi e issarmi con un paranco, o farmi sbattere e urtare alle
pareti e gli angoli, rischiare di graffiarmi, piuttosto che strisciarmi sul pavimento o piuttosto che
spingermi o trainarmi colle corde, all’accorato aspetta aspetta non così fai piano, che si scambiano
fra loro o che qualcuno tutt’attorno raccomanda, i ragazzi preferiscono appoggiarmi, fermarsi,
sgranchire le braccia, far scrocchiare le nocche e sollevarmi di nuovo.
Avverto che attorno a questi cauti, solerti, nerboruti garzoni saltellano altri due di un po’ d’anni
più vecchi, quasi allo stesso modo accaldati e vestiti di camici e grembiuli da fatica. L’uno con a
tracolla un astuccio d’attrezzi: aghi, lancette, bulini, taglierini, una pialla e un martello e un
cartoccio di chiodi. L’altro con un cesto che tracima di scampoli e gomitoli e rocchetti di filo, un
centimetro che gli si srotola dalle tasche e al collo lunghe forbici assicurate a una catenella.
Costoro mi accarezzano ciascuno a proprio modo: o la ruvida attenzione di una cartavetrata o la
morbida voluttà di una pelle di daino. Soprattutto stanno addosso ai ragazzi e moltiplicano i
rimproveri e gli insulti e gli ordini e quelli schiacciano bestemmie fra i molari. Indovino dai toni,
che non sono quelli usuali del mestiere, che siamo in un luogo e sono tali le circostanze che non si
addicono agli sbotti e alle grida di bottega. Zitti caproni e lavorate!
Saliamo per una scala affrescata: i corrimani, le balaustre di travertino e arazzi oblunghi che
precipitano dall’alto per tutta la profondità della tromba. Poi c’è una soglia verniciata di bianco.
Percorriamo una navata luminosa. Sotto volte orgogliose di araldiche è raccolta una folla
bisbigliante, che spia con alterigia, disprezzo, trepidazione la fatica di questi che mi sorreggono.
Ma è evidente soprattutto che guardano me, io sono al centro dell’attenzione. Al mio lento
faticoso passaggio, sotto il riverbero di cristalli e candele, ciascuno di questi sguardi innumerevoli
si accende di una luce rivelatrice e diversa: c’è la fiamma rapinatrice dell’ambizione, c’è il lumino
piccolino dell’invidia, c’è un candido lucore d’ironia, c’è un incendio di sdegno e un crepitio di
polemica. C’è il consumo di stoppino di chi guarda micragnoso e c’è, agli estremi di uno spettro, il
lampo d’intelligenza e il tuono di dabbenaggine. C’è soprattutto nelle facce che si affastellano,
nelle teste sui colli che si allungano per sbirciare e poi ritornano a incassarsi nelle spalle, nei
manti, nei collari, nelle schiene che arretrano a ingobbirsi nell’ombra, nelle nuche che prudono
sotto cuffie e parrucche, il fioco e tremulo e indistinto riflesso di una piatta e muta e sottomessa
ignavia.
In ultimo e più lontano ci sono zazzere e crani, e capelli con i pidocchi, sguardi paurosi, rancorosi
e chini su cappelli di lanaccia stropicciati da dita nere.
Altri visi però mi stanno addosso più a lungo: mi fissano e vedono me sola anche quando questi
uomini mi abbracciano più stretta, quando quasi l’imballaggio mi ravvolge per intero. La loro è
un’attenzione così lubrica che quasi sento già le loro grinfie avvinghiarmisi, sprofondarmi nel
cuscino, percorrermi le cuciture, le loro natiche mi premono già addosso. Le volte ripetute che i
garzoni mi posano, per riprendere fiato e asciugarsi la fronte, fisso su quei visi i miei umboni
dorati. Vi si specchiano ridicoli e distorti.
Riuscissi ancora a esprimermi nella lingua di un tempo - ovvero forse di una vita precedente,
allora che anch’io vestivo carne e ossa umane e usavo fonemi musicali e complessi; quella che
insomma dev’essere la loro lingua - allora persino li apostroferei, dibatterei, chiederei loro ragione
di tale e tanto scortese curiosità. Ma per leggi che trascendono l’umana comprensione, se mai
s’intende sono stata umana, ora mi esprimo in un idioma di scricchiolii, di strusci, di sbuffi e tonfi
sordi di pouf e di schegge e scrostature e strappi.
Sono solo una poltrona. Tutto il resto lo ignoro, non raccapezzo granché.
Mentre passo mi guarda la Ragazza Discinta, serrata in un busto d’improbabili trasparenze da
cui scoppiano capezzoli e natiche oliate. Ed è come se rapportasse le sue curve alle mie. Mi guarda
il Funzionario Con La Cartella Di Cuoio, paludato in un pastrano immemorabile e grigio le cui
pieghe scompaiono nelle pieghe dell’ombra. E piuttosto che le mie soffici e prestigiose comodità
indovino che preferirebbe eclissarsi dietro me. Mi guardano gli Sbirri, con i guantacci che prudono
sull’asta delle armi. In caso occorresse mi farebbero a pezzi. Mi guarda l’Imbellettato, mi
guardano gli Arcadici, che mi aggiungono a un taccuino di rime preconfezionate. Mi guardano,
con lo stomaco che si torce di fame, quei Cenciosi relegati negli angoli.
Ecco che gli uomini che mi accompagnano, con un ultimo oh issa, con un rantolo di sollievo, mi
alzano poi mi posano poi mi centrano su una predella di mogano e oro; qui mi sciolgono dai nodi e
gli stracci. Qui mi attende fregandosi le mani - la cappa di velluto ed ermellino, i tacchi di vernice,
una fascia annodata sul ventre rotondo, i mustacchi impomatati, un olezzo di arrosto, la cipria che
nasconde i settant’anni suonati - l’ultimo il cui sguardo è il più porcino di tutti. Dice sono sua,
dell’Alto Dignitario.
Saggia il mio legno, mi scorre i polpastrelli sullo smalto ancora fresco. Mi annusa, la fragranza
d’ebano!, prova le mie tonde e ricamate morbidezze. Quindi, all’inchino dell’uomo con la sacca
d’attrezzi, all’ossequio dell’uomo colle forbici e coi panni, che lo invitano al tuffo, quello di culo mi
si getta addosso. Ha un orgasmo, è magnifica! Bravi! Soddisfatto!
La navata scroscia di applausi e di evviva!
Martedì
Stamane non mi ha tolto le chiappe di dosso. Però, col medio e coll’indice inanellati, mi fa per
tutto il tempo il solletico fra le volute dei braccioli scolpiti. A volte si rilascia con un greve sospiro,
ed io l’abbraccio lo accolgo generosa nel mio vasto schienale ogivale. La sua testa, con indosso
quell’espressione di partecipe severità, in realtà non ha alcun peso, la rotola fra i guanciali. Lui
ciondola, sonnecchia il Dignitario; mi abbandona in grembo tutto il peso del ventre e, di sotto le
braghe e il mantello e la zuava, mi confida l’imbarazzo di un peto maleolente. Povero, povero e
inutile uomo! A volte si agita, a volte si raddrizza, mi percuote con i pugni, mi rassetta i cuscini.
Sbraita, pontifica, tiene lunghe prolusioni. Fa trascorre il mattino e il pomeriggio a quel modo. A
pranzo mi unge di ossicini di piccione, poi mi gocciola di caffè e di digestivo. Non ha altri pensieri.
Dio, da parte mia, che giornata pesante!
Per ore, in piedi sotto lo zoccolo della predella, Cenciosi filtrati, introdotti, raccomandati,
avvertiti, assistiti, suggeriti, indicati dal Funzionario Con La Cartella Di Cuoio, trascinati e spinti
e malmenati dalle alabarde, o in ginocchio o con i polsi ammanettati si succedono con noiose e
lamentose ragioni e qualcuno persino mi si prostra, disperato mi afferra i piedini leonini dice no
non me ne andrò se non vorrete ascoltarmi. Mi si aggrappa, mi scuce, mi graffia. Lo allontanano.
Gli lascio sotto le unghie una piuma d’imbottitura. Mi macchia il velluto di saliva e di lacrime ma
piagnucola piagnucola non sa dirmi che vuole. A quelli più sfrontati che mi abbrancano tutta il
Dignitario o li calcia via o si appella alle armi. Poi per un istante mi si aggomitola pallido. Senile
com’è.
Il vecchione al vespro si solleva con un gemito, avverte che è esausto. Ed io allora, madida
d’umori, d’improvviso sento il freddo della sera nella sala che s’inombra e che ormai s’è svuotata.
*
Stanotte ritorna il Dignitario in mutande. Saltella a piedi nudi sul tappeto d’onore e sulle lastre
di carrara ghiacciato. Accompagna la Discinta per mano: ovvero le aggranfia con ferocia le
natiche e con i denti la trascina azzannata alle mammelle. Lei protesta qualche inutile no no. Qui
no. Ti comprometti. Qui a palazzo non si può. Lui cerca argento in un tiretto, ne prende una
manciata sconsiderata, glielo versa nel bustino gliene tracima gli slip. Grufola qui si, qui si, qui si!
Che tanto è tutto mio! Decido tutto io! Lei fa la ritrosa con ipocrita davvero?! Lui la abbranca
all’avambraccio sottile, glielo ingioiella, le mette un cappio di brillanti e platino. Forse troppo forti
attenzioni: la Discinta manda un gemito vero. Allora il Dignitario con inflessione patetica confessa
che poi, soprattutto, solo così mi si rizza. La Discinta ne ha pietà e si arrende. Sul trono allora sì.
E con un crac di colla, d’incastri e di chiodi me la butta nuda addosso e lui le monta sopra. Io
cigolo, il vecchio turpiloquia. La ragazza ripete distaccati sì, dài. Li sopporto per un paio di
minuti, quindi ansimanti se la squagliano.
Io puzzo di sperma tutto il giorno successivo. Ora sono una poltrona compromessa.
Mercoledì
Stamane è un appuntamento per gli intimi, credo.
Su un palco sospeso a metà della navata si accalcano gazzettieri e fotografi in un alacre correre
di penne, in un continuo allampanare e fumare di salnitro. Però nella sala si radunano in pochi,
informali di fronte a me ma tremanti di aspettative. C’è anche chi mi squadra di sottecchi,
obliquo, con cattivi sentimenti. Lo stesso Dignitario non mi si appoggia sopra, ma – con un flute
fra le dita allucciolate di gemme – moltiplica brindisi e scherzi e complimenti. Sul cuscino mi
hanno messo diplomi: arrotolati con bei nastri azzurri e siglati e firmati e ceralaccati e timbrati.
Spio dentro il rotolo concessioni inaudite. Cifre scandalose.
Il vecchio uno a uno chiama a sé i presenti, si toccano i flute, si stringono la mano; qualcuno lo
abbraccia, lo bacia sulle guance tre volte. Si china su di me, gli cedo un diploma, il vecchio lo passa
all’altro, di nuovo i bicchieri, i baci, gli abbracci, la sala festeggia ad applausi e gridolini.
Ma al di sotto del lieto e del frivolo vocio ricorre sottovoce e a digrignar di denti la protesta
l’indignazione non è possibile! Lui ministro?! Quel vizioso, quel mentecatto, quel pusillanime,
l’incompetente?!
Ricevono diplomi l’Imbellettato e gli Arcadici, ricevono diplomi gli Sbirri. Anche la Discinta
mette in tasca il suo rotolo. A un Cencioso conferiscono un cartiglio da niente, quello comunque se
ne va tutto contento. I flash abbagliano a ogni diploma e i gazzettieri cronacano di ogni
ricompensa.
Quell’altre facce contrariate e gialle si nascondono all’attenzione dei dagherrotipi. Sento che
inacidiscono e deglutiscono e masticano.
*
Che pace!
Sono immersa nella luce lunare che irrora dal terrazzo questa sala delle udienze. La luna
m’incorona di un’inumana maestà: fredda, iperuranea, m’insignisce di un’algida notturna
signoria. Qui il mio oro riverbera di bianco, i miei velluti sono blu cupo profondo. Sono soffice di
spume e sciabordii di maree. Che incantevole notte! Solo ombre, mobilia, silenzio. E s’intende che
le teste mediocri del palazzo invece la trascorrono nei letti a dormire.
O no?
L’uscio miagola, tradisce un intruso. Che sia la serva col secchio e lo scopone? Che sia
l’ennesima fornicazione del vecchio? Spero oppure, in quest’ora ispirata, di non dovermi
sopportare un su e giù di sospiri di quell’infiocchettato del Poeta Di Corte. Che percorre la navata
a gran sofferte falcate snocciolando oniriche notturne assurdità.
Eccolo il qualcuno, va affiorando dall’ombra. La figura è gracile e meschina: oddio, che sia
davvero il poetastro?
E invece?!
L’ultimo dei rompiscatole che potevo aspettarmi: il Funzionario Con La Cartella Di Cuoio!
Ovvero: lo riconosco dal sentore d’inchiostro. Ora non ha La Cartella Di Cuoio. Che cosa fa qui?
E’ di quelli – glielo indovini ogni mattino dalla faccia incolore, dalle gote rasate e lenite di
dopobarba – che a quest’ora buia e lirica della notte posano l’essere su composti materassi, fra
lenzuola stirate, timbrano a ronfi il cartellino del sonno. Ora perché mi sonnambula attorno?
Perché si avvicina?
Che imbarazzo: mi accarezza. Che ribrezzo: mi si struscia. Che schifo: mi bacia! Mi lecca! Poi
non sa più trattenersi e lo fa, lo fa cristoddio! Lo fa!
Mi si siede addosso!
Lo sapesse il Dignitario suo signore e padrone! Io disapprovo con un gemito di molle.
Monologa. Sproloquia. Riflette fra sé.
La brama di potere non si fonda sulla forza, bensì sulla debolezza. E' l'espressione dell'incapacità
dell'io di reggersi da solo, di vivere. E' il disperato tentativo di acquisire una forza là dove manca la
forza genuina.
Giustappunto, tu che ti aggiri nottetempo in incognito! Vigliacco! Vattene!
E dunque ci sorprenderemo se l’azione politica - intrapresa in troppi casi non per il pubblico bene,
ma solo o principalmente per gratificare tale brama, di uno o di pochi - si dimostra tanto spesso uno
strumento di degrado personale, oppure un’opera semplicemente disastrosa? “Lo Stato sono io!” dice
il tiranno: e questo è vero non solo dell’autocrate, bensì di tutti i membri di un’elite attraverso cui egli
governa. E che sono, in effetti, i veri reggitori dell’intera nazione. Inoltre, finché ha successo, la
politica che compiace alla brama di potere del tiranno e della classe dirigente si considera fortunata.
E, finché il prezzo del successo non è troppo alto, anche le masse dei governati sentiranno in qualche
modo che “lo Stato sono loro”: una vasta, mirabolante proiezione dell’ego in realtà insignificante del
singolo individuo.
Alzati! Scendi! Non m’ingombrare la mia bella predella!
Il piccolo uomo può soddisfare la sua sete di potere per interposta persona attraverso le attività dello
Stato, proprio come il grand’uomo: la differenza tra loro, fra lui e me, è di grado, non è di genere.
Non è mai stato trovato un metodo infallibile per controllare le manifestazioni della brama di potere.
Poiché il potere, per sua stessa essenza, tende a espandersi indefinitamente, esso non può essere
frenato se non dallo scontro con un altro potere. Inoltre, poiché la fame del potere è puramente
mentale e pertanto insaziabile e inattaccabile dalla malattia o dalla vecchiaia, nessuna comunità che
apprezzi la libertà può permettersi il lusso di accordare lunghi periodi di permanenza in carica ai suoi
governanti.
Tu deliri, non sai quello che dici. Ché il mio legno era già vecchio e stagionato quando tu
scapricciavi ancora in fasce. Io permarrò colle mie linee eleganti, i nodi odorosi, il fascino
d’antichità quando tu cadrai decrepito a pezzi e puzzerai di decomposto e di verme. Sbaverai
balbetterai idiozie di rimbambito. Io sarò capo d’opera di mobilio, tu una carcassa annerita in un
ossario. Io ti rovino se ti piombo addosso, ce n’è voluti di muscoli per issarmi quassù. Tu
mingherlino dammi un pugno, calciami, ché ti spezzi le mani e ti fratturi i malleoli. Che ne sai tu
del potere?! Sono io il potere!
E’ senz’altro così!
Mi si afferra con furore ai braccioli, mi si abbandona sullo schienale trae profondi respiri.
E’ senz’altro così!
Sono mio malgrado una poltrona sovversiva.
Giovedì
Di fuori c’è un vivace abbaiare di cani, lo squillo festoso di trombette e fischietti. Energici nitriti,
risate gagliarde. Schiamazzano promesse di pernici e cinghiali, qualcuno fa lo spaccone a
proposito di cervi. Non ho idea di che cosa succeda. Fino a quando questo chiasso si allontana al
galoppo laggiù nell’aperta campagna.
So che oggi il Dignitario mi ha marcato visita e ad ansiosi, sospetti, concitati intervalli in troppi si
alternano si accasciano su di me. Più spesso il Funzionario Con La Cartella Di Cuoio – oggi ha una
cartella addirittura più gonfia – ma con lui molti altri. Deretani che non conosco. Equivoci. Tutti
sudano o puzzano di paura.
La caccia lo impegnerà tutto il giorno – dice uno sottovoce e maligno – abbiamo tutto il tempo di
discuterne con calma. Signori, decidiamoci. Definiamo i dettagli.
Si risollevano, si riseggono, saltano su, in soggezione di me. Litigano, anche. Si stringono la mano.
Cosa vogliono, chi sono, quanti diavolo sono?!
*
Ogni angolo, ogni cecità, ogni oscurità di colonna nasconde un assassino ravvolto in una cappa.
Si appiattiscono ai pilastri, si acquattano ai piedistalli, si addossano di schiena agli obelischi tortili
oppure si raggomitolano nelle finestre strombate. Giocano di stiletti, maneggiano i pugnali.
Scambiano nel buio silenziose intese.
Eccolo. Quatto sale dalle cucine l’Alto Dignitario in pantofole e vestaglia. Rimescola con un
tintinnio zuccherino una tazza di camomilla odorosa e bollente, ha rubato dalla dispensa anche un
pacco di biscotti, lo regge sottobraccio, un trofeo da clochard. Sbadigliando e bofonchiando
alcunché sulla vecchiaia si trascina verso me. Gli leggo sul sorriso rilassato di piacere che adesso,
finalmente, dopo i salti e le corse e i grattacapi del giorno, non vuole che le mie curve che il mio
appoggio che la bevanda; mettermi le gambe penzoloni dai braccioli e lì abbandonarsi sorbendo e
ronfando. Non lo accogliessi, coccolassi, non lo facessi mettere comodo, sarebbe un uomo derelitto,
distrutto. Eccolo, sale, mi si abbandona con un sospiro.
Qui dai nascondigli lo assaltano i congiurati. Le punte e le lame e le bocche d’automatica gli
baluginano attorno come un nugolo di lucciole, scintillano fredde mortifere blu nei fasci di lume
che balenano da fuori. Tutti zitti, fan parlare l’acciaio.
Il vecchio trasale, schiamazza al tradimento! Lo avvertono che è inutile, che nel palazzo sono tutti
d’accordo. Che nessuno, né fra i servi né fra le guardie né fra i clienti né i favoriti, verrà a
soccorrerlo né muoverà un dito né griderà né deporrà per salvarlo. Anzi che avidi non aspettano
altro che la loro ricompensa e una fetta di torta. Camomilla e biscotti. E che addirittura, se non
sono lì stasera, tutti partecipi e colpevoli all’attentato, è perché non avevano a portata di mano o
un coltello o una garrotta o una pistola o l’arsenico. Il tuo tempo tiranno è finito. Ullallà che
romanzo.
Con i coltelli poveraccio me lo inchiodano addosso. Sono sfregiata d’omicidio e sono lorda di
sangue.
Venerdì
L’alba è lacerata da un grido: hanno ammazzato il governatore! Hanno preso il governo! Questa
notizia disperata e feroce avvampa dal cortile fin su sulle scale, sento che appicca in ogni aula del
palazzo, sfonda la soglia della sala delle udienze. La ripetono nei chiostri in una folla di accenti.
Poi le voci sono travolte da schiocchi, riconosco i clamori di aste di legno, l’affollarsi di bastoni da
agricoltura, le squadre di forconi, l’ululare di rebbi. Riconosco che una massa di corpi, il pugno
potente di tronchi, di travi, di panche, un uragano di ciottoli, si abbatte con sonoro accanimento
contro grate e catenacci di ferro. Echeggia lo schiaffo di un cancello sul piancito, quindi il rotolio
di piedi che sommergono il patio. Viepiù sale minacciosa alla finestra la tempesta agitata di
vanghe, di zappe, di roncole, di falci. La tosse di schioppi caricati con i chiodi. Vendetta! Giustizia!
Riprendiamoci tutto!
C’è lo strozzo e il gorgoglio che fan le gole recise.
Le stanze di sotto, di sopra, limitrofe alla mia si affollano di sbirri e di tamburi e di ordini. C’è
l’odore della polvere da sparo, gli archibugi tolti in ordine dalle casse e le picche sganciate dalle
rastrelliere; gli elmetti calzati, il mulinare di manganelli, i lacrimogeni e gli scudi antisommossa.
Giù nella corte, ai marosi di folla, risponde una marcia ordinata e marziale di stivali chiodati e di
usberghi percossi. La precisa detonazione di una squadra di tiratori, un comando collaudato, in
ordine! Ricaricate!, un istante di agghiacciato silenzio.
Poi un urrah! che è più assassino ancora e l’onda di stracci e di attrezzi che rimonta. Addosso,
addosso! I rumori inquadrati che venivano dai soldati scompaiono in tonfi, in fratture schifose,
sanno di ossa frantumate sulla pietra e di viscere schiacciate e spappolate a martellate.
La sala all’improvviso è un folle via vai. Accorrono da porte, scale e porticine individui
scomposti e furiosi e terrorizzati, scamiciati, senza ammanco le braghe; con un morione o un
pettorale allacciati sul pigiama o gli stivali calzati sulle gambe nude. Tutti si aggrappano disperati
a un’arma: chi brandisce il pugnale, chi carica una pistola, oppure sacramenta che non ha
munizioni. Chi si provvede di strisce o partigiane tolte dalle araldiche e dagli emblemi al muro.
Corrono la sala a gradi passi, si gridano contro, si accusano o si infamano, si rincuorano a
vicenda. Si affacciano al terrazzo, a spiare dabbasso, tornano con una smorfia di raccapriccio e di
panico. Torce e pietre catapultano, scavalcano la balaustra, rovinano e rimbalzano e si smorzano
sul pavimento. E cocci e schegge e ghiaia dappertutto. O pregano. O ripetono accalorati, col pianto
nella voce, di essere traditi sopraffatti finiti.
Ohibò, guarda un po’, riconosco qualcuno. Quella, avvolta in una coperta trapuntata, scalza, gli
occhi gonfi, la faccia pallidissima, il collo ravvolto di file di perle, in un giorno sciupata di
vent’anni, se non m’inganno è la Ragazza Discinta. La percuote coll’elsa di una spada spuntata il
Funzionario Con La Cartella Di Cuoio: che ora affida la sua borsa a un altro il quale è lesto a
vuotarla nel camino, fa cenere con scrupolo di ogni carta che conteneva ma alcune, non veduto, se
le infila in saccoccia. Gli altri sono anonimi damerini le cui gote incipriate si rigano di lacrime, col
mascara che cola nero dagli occhi e rintronano la volta di strepiti e singhiozzi. Non avranno pietà.
Mi scavalcano, mi si nascondono, mi urtano, mi si appoggiano. Nessuno però che mi si accomodi
sopra. Di tanto in tanto il Funzionario, con una smorfia amara, dimentico per un istante
dell’inferno che lo attornia, resta a fissarmi mi considera dall’alto in basso e gli brilla nelle pupille
un ultimo appetito. Chissà cosa gli frulla in quel cervello d’amido.
La porta - a malapena sbarrata, a malapena irrobustita di un comò e una fioriera - ora è presa a
martellate. La testa di un’accetta fracassa nel legno bianco, altre scuri s’insinuano in quello
squarcio e sverzano e scheggiano gli squisiti intarsi. Le lame mordono la debole serratura.
Tagliano i catenacci. Poi la folla che si rovescia dentro calpesta e scaraventa e scavalca le barriere.
Le forche trafiggono, le roncole tranciano, le mazze si abbattono su schiene e su crani. Traditori!
Traditori! Accoppateli tutti! E’ un’orda di Cenciosi. Che in un attimo gremisce la navata e la irrora
di sangue e la cosparge di cadaveri.
La Discinta la abbrancano in un angolo più in ombra e la sento soffrire per ancora minuti. Le
fanno coro ansimi suini.
L’ultimo cui tocca è il Funzionario Con La Cartella Di Cuoio. Lui per istinto o abitudine si fa
scudo colla borsa voluminosa: gliela strappano, la fanno volare dalla finestra. In dieci poi lo
tengono per le braccia, gli serrano le gambe, lo braccano in vita; un altro si fa avanti deciso, gli
straccia la magnifica gorgiera e gli annoda uno scorsoio attorno al collo tacchinaceo.
Quello intanto continua a guardarmi, con lacrime d’amante agli occhi lucidi e un’erotica elegia
sulle labbra.
Lo trascinano al terrazzo. Assicurano al davanzale l’altro capo del nodo. Lo gettano. C’è un croc
e un’esplosione di giubilo.
Ora tutti quanti lì fuori a esultare e lanciare il cappello.
E io?!
*
Mi hanno lasciata così.
Stasera è tutto spifferi, cigolare di imposte, vento che fischia da una stanza all’altra, piccioni che
si intrufolano, grugano, tubano. E sento il trotto e il latrato nelle sale di randagi che hanno trovato
un pertugio e che salgono e frugano e che lappano quel che resta. Cani che defecano sui tappeti
persiani, cani che orinano nei vasi cinesi. Cani che si grattano che spandono gli odori sui ceselli sui
marmi sui volumi in biblioteca. Poi che guaiscono in una fuga terrorizzata.
Fracassa dentro qualcun altro. Risa.
Depredando si aggirano per il palazzo cricche di Cenciosi e di Sbirri ubriachi, le tasche che
eruttano gioielli e banconote. Qui sarebbe tutto da ricostruire, riassettare, riordinare.
Ridistribuire con giudizio ed equamente. E questi invece, strafatti ed ebbri, dove possono
rapinano e sgraffignano, lavorano col cacciavite e con il piede di porco. Setacciano le cantine fino
all’ultima bottiglia, cercano gli spiccioli sul fondo dei forzieri. Involano persino la biancheria
dismessa e gli abiti dagli armadi e gli zoccoli dalle scarpiere. Sciolgono gli orologi dai polsi dei
cadaveri, tolgono i denti dalla bocca dei morti.
Trovano cose o ingombranti o murate che, per quanto tentino, non riescono a portare via. E
allora, del medesimo del botolo ringhioso e pulcioso, o ci pisciano sopra o le sbranano a mazzate,
colle fiaccole, con i picconi, le sfregiano a badilate. Calpestano le aiuole, cancellano gli affreschi,
aprono buchi nel pavimento d’alabastro e disfanno e sgretolano i legni e i mosaici. Rompere e
gridare e ficcarsi in saccoccia.
Arrivano sin qui, sciamano per la navata. Brilli inciampano sulla mia piattaforma. Hanno asce e
segacce, e immagino che tocchi a me. Oppure, se sarò fortunata, potrei finire nel tepore puzzolente
di qualche pollaio o capanno da pecore. A servire da cesto ai coccodè di galline e ad annerirmi di
guano e becchime. Potrei essere l’alcova di foie di montoni, far da culla agli inermi agnellini.
Magari, uno di questi atroci predoni mi vincerà al serramanico ai cazzotti ai compagni, intatta mi
si legherà alla schiena e, con un’ingrata camminata, mi porterà alla stamberga in cui vive e mi
darà all’anziana madre o al padre ammalato. Sopporterò fino alla tomba un’artrosi o due natiche
piagate e secche, diverrò quella poltrona dov’è morto il nonno. Fino all’ultimo di tre nipoti che se
ne fregano e che per due soldi mi darà a un rigattiere. Amen.
Se sarò fortunata. Ma questi hanno le facce spicce di volerle adoperare, quelle accette e quelle
seghe.
Capita però che come sobri all’improvviso mi si mettono sull’attenti davanti, mi studiano in
lungo e timorato silenzio. Ognuno per i propri segretissimi fatti, stavolta non spartiscono a lazzi.
Non insinuano volgarità e cattiverie su di me. Indovino nei loro occhi sentimenti contrari: chi mi
ammira d’innocente cupidigia per la buona qualità dell’ebano e la seta, chi mi misura con un
occhio artigiano: per quello sono roba ben fatta. Grazie caro. Chi stupisce della mia foggia, della
mia mole esagerata: non credeva che come me ce ne fossero così grandi e si chiede a chi abbisogni
un sì largo sedile. Ma c’è anche il perfido che vorrebbe provarci, c’è il subdolo viscido voglioso e
lascivo che su di me ci si vedrebbe proprio bene. E perché non io? Ti piacerebbe, maiale.
Infine si scambiano una smorfia. Perplessi. Dicono non vale niente; con questa che ci facciamo?
Non serve. Lascia stare. C’è di meglio. Sta qui.
E raccolgono i loro attrezzi e le iute di refurtiva e mi abbandonano nello squallore di quell’aula
spogliata.
Ehi, come sarebbe?!
Sabato, Domenica e Chissà
Oggi non c’è stato nessuno. Ieri non c’è stato nessuno. Domani sospetto non vedrò nessuno.
Ehilà?!
Dovrei ormai fare il callo ai decenni, rassegnarmi al concetto di secoli. Nel silenzio sempre
eguale, nella polvere che si posa inesorabile; arrendermi al trascorrere di una lentezza che non ha
nulla a che fare colle noie e i calendari umani. Ho perso il conto e la cognizione dei giorni. Per me
non ci sono che le tarme e i tarli: che a millimetro a millimetro mi scavano nell’ebano, mi
rosicchiano, mi foracchiano, mi usurano la seta.
Intemperie e bestiole.
C’è il sole, che entra centuplicato e cocente dai vetri molati delle grandi finestre. Proietta alla
parete disegni insensati. E a sferzate o tiepide o roventi mi conforta mi cuoce mi abbruna mi
scolora. O c’è il vento che mi ghiaccia e mi graffia, o c’è la pioggia che m’inzuppa e mi chiazza.
C’è il sibilo o c’è il soffio, o il muggito o il mormorio, c’è il silenzio per ore persistente e immobile.
C’è il tempo che passa, ci sono le giornate che ruscellano via. E però tramonti e albe che non
declinano, che non si accendono, mattine e pomeriggi e serate sbiadite e stagioni che si ripetono e
non si alternano non si succedono.
Mi avvolgono le ragnatele. Mi stramazzano le mosche e i moscerini addosso, i ragni alla lunga
non se ne cibano più.
Ci sono bruchi, scarafaggi e ratti, rare incursioni di bastardini e di gatti, traversamenti veloci di
merli e pettirossi e spiate di lucertole, ramarri e cavallette. Code che spazzano, che frustano le
mattonelle, battiti di ali, rosicchiar di denti. Strofinio di zampette, bucherellare di becchi.
Io che mi schiodo, che mi scollo, che scricchiolo, che marcisco. La predella che si disfa in trucioli
e poltiglia. Io che finisco per pendere da un lato.
E muffe e radici e lunghe dita d’edera che rampicandosi ricoprono, che avvinghiano i rilievi, che
spaccano, che crepano le pareti e polverizzano gli stucchi. Grattano, scavano la calce e gli intonaci
e i dipinti. Ci sono semi che attecchiscono. Ho i funghi. E toh, guarda: metto gemme. Perbacco che
selvatichezza, mi si manca di rispetto!
Non sapete chi sono io?!
Alessandro Forlani (21 Febbraio 2010)
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