The time is out of joint (Il tempo sconnesso di Lost) “When are we

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The time is out of joint (Il tempo sconnesso di Lost) “When are we
The time is out of joint
(Il tempo sconnesso di Lost)
“When are we now?” (V.1), chiede Sawyer a
Faraday. “Quando siamo ora?”. È questa la
domanda simbolo della quinta stagione di Lost.
Stagione in cui iniziano quelli che sono stati
chiamati “viaggi nel tempo” (benché già nella
quarta avessimo visto la mente di Desmond
spostarsi nel tempo) e che, in verità, sono qualcosa
di più e di diverso: una destabilizzazione
dell’ordine temporale dell’Isola.
When are we now?
Quando siamo ora? In che tempo siamo ora?
In quale ora siamo ora? In che punto ci troviamo
sulla linea del tempo? Dove siamo ora nel tempo?
(Faraday afferma che deve calcolare: “Where are
we now... in time”, V.2). Domanda insolita – quale
che sia il modo in cui viene formulata o tradotta.
Domanda
spaesata
e
spaesante.
Che
immediatamente segnala come un ulteriore
elemento di complessità si sia aggiunto alla
narrazione di Lost e alla situazione stessa di coloro
che sono rimasti sull’Isola o nelle sue vicinanze .
Non solo il “dove” ma anche il “quando”
diventa enigmatico sull’Isola, ora.
Ora, nell’ora in cui ci si comincia a chiedere
when are we now?, orientarsi è più difficile che
mai, e il rischio di perdersi altissimo. Perché è il
tempo stesso ad aver perso la sua direzione e il suo
orientamento, producendo effetti sull’intero
sistema-Lost. La difficoltà di orientarsi vale ora per
tutti i soggetti che partecipano al sistema ad alta
complessità chiamato Lost. Vale per quelli che
sono sull’Isola. Vale per chi segue Lost provando a
non perdere i fili del racconto. Ma vale anche per
chi mette in scena il racconto, per chi deve
governare questo sistema e rischia sempre di
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perdersi in esso come un ragno nella sua tela. Non
a caso sul set della quinta stagione è presente una
persona, Greg Nations, che si occupa
esplicitamente di “tenere in ordine le linee del
tempo”: flashback, flashforward e salti temporali.
Ha ragione Jorge Garcia, l’attore che
interpreta Hurley, a dire: “Questa stagione è
iniziata in un modo folle”. Con la quinta stagione
siamo arrivati al limite.
Ma al limite di cosa? Con quale limite sta
giocando Lost? Con quale limite giochiamo, noi,
giocando con Lost? Se i sistemi complessi – e Lost
è un sistema ad alta complessità, non lineare, i cui
molteplici elementi subiscono continue modifiche e
del quale è impossibile prevedere lo stato futuro –
si collocano tra l’ordine e il caos, con la quinta
stagione la storia di Lost e il suo racconto (il
sistema-Lost) si allontanano sempre più dall’ordine
per spingersi al limite del caos. Senza tuttavia
sconfinare in esso e nella sua anarchia.
Ilya Prigogine, chimico e fisico russo che ha
dedicato studi importanti ai sistemi complessi e al
problema del tempo, ha affermato che il tempo è il
presupposto del senso dell’universo in quanto ne
orienta la caoticità. Quando parlo di ordine non mi
riferisco dunque a un ordine generico. Parlo di
qualcosa di ben preciso: parlo del tempo. Di
quest’ordine invisibile che chiamiamo tempo.
Ma in che senso il tempo sarebbe ordine?
In una lettera a Samuel Clarke (filosofo
inglese vissuto tra Seicento e Settecento e figura di
spicco del circolo newtoniano) il filosofo tedesco
Leibniz scrive poco prima di morire: “Per me, ho
osservato più di una volta che considero lo spazio
come qualcosa di puramente relativo, così come il
tempo: è un ordine delle coesistenze, al pari del
tempo, che è un ordine delle successioni”.
When are we now? è la domanda che sorge
quando il tempo come ordine delle successioni
salta, si disarticola, si dissesta o esce dal suo asse.
When are we now? La sola risposta certa è
“Siamo in un ‘ora’ fuoriuscito dall’ordine delle
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successioni, un’ora che dunque non sappiamo più
quando sia”. Daniel Faraday spiega così quello che
è accaduto:
FARADAY: L’isola immaginatela come un disco
che sta girando su un piatto, solo che ora quel
disco sta saltando [is skipping]. Qualunque cosa
Ben abbia fatto alla stazione Orchidea, io credo
che possa averci sganciati [dislodged us].
MILES: Sganciati da cosa?
FARADAY: Dal tempo (V.1)
Ascoltiamo questa analogia musicale che
rimanda all’immagine del disco con cui si apre
l’episodio. Quando un disco “salta”, o anche
quando la puntina comincia a saltare su un disco,
chi ascolta perde l’ordine della successione delle
parole, delle note, delle frasi e dei brani. Il disco
non smette di girare. E noi non cessiamo, con ciò,
di ascoltare. Ma l’ordine-tempo dell’ascolto è
scombinato, perché l’ascolto è sganciato
dall’ordine delle successioni.
Passiamo ora dal disco all’Isola. Che Ben
abbia sganciato dal tempo quelli che si trovavano
sull’Isola o nelle sue vicinanze nel momento in cui
l’Isola veniva spostata non significa che coloro che
sono “sganciati” non siano più nel tempo, che siano
fuori dal tempo e che il tempo, per loro, abbia
smesso di scorrere. Significa, piuttosto, che il
tempo dell’Isola ha perso il suo ordine, cosicché i
soggetti che si trovano sull’Isola non esperiscono
più il suo passare, il suo scorrere come un avanzare
progressivo su una linea (“da quando Ben ha girato
quella ruota il tempo ha smesso di essere una linea
retta per noi”, V.11, spiega Miles a Hurley) ma
come una serie di salti avanti e indietro su questa
linea (o su linee differenti).
Per questo tempo dis-ordinato, dissestato,
dis-connesso, vale la formula di Amleto The time is
out of joint: il tempo è fuori di sesto, fuori squadra,
sconnesso. Il tempo dell’Isola infatti è andato fuori
di sesto, out of joint quando Ben ha girato la ruota
dell’Isola mandandola fuori dal suo asse. Come
dice Christian Schephard, il padre di Jack, a John
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Locke “la ruota è finita fuori dal suo asse [slipped
off its axis]” (V.5).
Josh Holloway, che interpreta Sawyer, ha
dichiarato in un’intervista, non senza ironia: “Ora
che ci siamo abituati i flashback e ai flashforward,
abbiamo aggiunto i viaggi nel tempo per
movimentare un po’ le cose”. All’inizio della
quinta stagione, le cose sono più movimentate che
mai: prese in un vortice in cui qualsiasi fattore di
ordine e stabilità sembra venire meno.
Non solo abbiamo, ora, flashback e
flashforward che decostruiscono l’ordine temporale
del racconto e ci sbalzano avanti e indietro (chi non
si è chiesto, almeno una volta, disorientato di fronte
all’ennesimo flashforward: Quando siamo?). Ma il
contenuto stesso del racconto, ciò che viene narrato
(la storia), non procede più secondo l’ordine
cronologico: gli stessi protagonisti si trovano, ora, a
essere sbalzati avanti e indietro nel tempo.
Ma non è tutto. C’è un ulteriore elemento di
complessità nel sistema-Lost della quinta stagione:
gli sbalzi temporali del racconto si intrecciano con
gli sbalzi temporali della storia senza distinzione
alcuna. Pensa al sesto episodio della quinta
stagione intitolato 316: è un caso emblematico di
questo intreccio. Qui un flashforward (un salto in
avanti del racconto) coincide con un salto
all’indietro nel tempo della storia.
Tutto inizia con l’occhio di Jack Schephard
che si apre. Abbiamo l’illusione di essere tornati
all’inizio del racconto: il primo episodio della serie
si apriva proprio così. Ma in realtà, come
scopriamo poco dopo, non siamo davvero tornati
all’inizio: siamo di nuovo sull’Isola, ma negli anni
Settanta. Lo stesso si può dire per la scena del
primo episodio della quinta stagione in cui
incontriamo, in un flashforward, Faraday sbalzato
nel 1977 alla stazione Orchidea. Damon Lindelof
commenta così la scena: “Per il pubblico… ora
stanno guardando una scena futura un flashforward,
perché Faraday non ci è ancora arrivato, il Faraday
che conoscerete all’inizio della quinta stagione e
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che arriva nel gommone non ha ancora fatto le
esperienze che stiamo vedendo ora, non è ancora
stato nel 1977, quindi è sia un flashback che un
flashforward perché è avvenuta nel ’77 ma non per
Faraday. È la natura complessa di tutto questo”.
C’è un elemento interessante in questo gioco
complesso tra tempo del racconto e tempo della
storia: il salto temporale all’indietro della storia è,
dal punto di vista del tempo del racconto, un
flashforward, un salto in avanti.
When are we now?
Siamo nel futuro e al contempo nel passato.
A fare le spese di questo intreccio di flashforward e
salto nel passato è proprio l’ora, l’adesso, il now.
Perché il salto nel passato è, al contempo, un salto
nel futuro. Il tempo non cessa di scorrere, ma
scorre in due direzioni opposte – come se il tempo
avanzasse e retrocedesse, al contempo. Come se
l’ora, il now non fosse semplicemente e solamente
presente, ma già lacerato tra il futuro e il passato.
Impossibile? Conosci sicuramente la formula
di Eraclito panta rei, “tutto scorre”. È una formula
essenzialmente legata al tempo, visto che senza
movimento e mutazione non ci sarebbe tempo (per
Aristotele il tempo è “il numero del movimento
secondo il prima e il poi”). Ora, Platone nel
Cratilo, (402a) riportando le parole di Eraclito, ne
fornisce una versione leggermente diversa: panta
chorei. Che si può tradurre con: tutto avanza-eretrocede.
When are we now?
In un’ora, un presente, che non è
semplicemente presente. Perché è già, al contempo,
passato e futuro. Sintesi all’apparenza impossibile
di passato a futuro. Pura fanta-filosofia? No,
piuttosto filosofia all’opera in Lost che decostruisce
l’idea di tempo come susseguirsi di “ora”
semplicemente presenti. Pensiamo all’immagine
con cui si aprono la serie e l’episodio 316 prima
evocato: l’apertura dell’occhio di Jack che sbatte la
palpebra. È un batter d’occhio, è un attimo. Ma
quest’attimo, questo “ora” che fugge in un battito
d’occhio è già al contempo passato e futuro. O in
termini più filosofici: è già abitato dal passato e dal
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futuro. È quanto dimostra Derrida nel capitolo
quinto de La voce e il fenomeno, che si intitola “Il
segno e il batter d’occhio”. E che Geoffrey
Bennington riassume alla perfezione in questa
formula che è forse il miglior commento al
concetto di tempo in Lost: “Il batter d’occhio
dell’istante presente (l’Augenblick) è così subito
abitato da un passato e da un futuro”.
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