L5_Romanticismo - Benvenuti nel sito dell`IC 8

Transcript

L5_Romanticismo - Benvenuti nel sito dell`IC 8
Epoca classica
-476
Alto, medio e basso Medioevo
476-800
800-1000
Umanesimo e Rinascimento
1000-1492
1492-1595 ('500)
Barocco
Illuminismo (in arte Neoclassicismo)
Romanticismo
1595-1690 ('600)
'700 circa
'800 circa
Il Romanticismo
Aspetti
generali
•
•
•
•
•
Movimento artistico, culturale e letterario sviluppatosi in Germania (Romantik) e in
Inghilterra (Romanticism) negli ultimi decenni del ‘700 e i primi decenni del ‘800.
Deriva dall'inglese Romantic (da Romance, “romanzesco”, “non reale” => connotazione
negativa). Nella metà del ‘600 indicava quei generi letterari, come i romanzi cavallereschi,
che rappresentavano vicende fantastiche all'interno di un'ambientazione storica più o meno
accurata.
In Italia si svilupperà dopo il 1815, alla fine del periodo napoleonico, per la forte matrice
culturale classica del nostro paese.
In Italia coincide con il periodo della Restaurazione e con il Risorgimento.
Il Romanticismo si contrappone al precedente pensiero (Illuminismo) e alla precedente
corrente artistica (Neoclassicismo) in molti modi:
Differenze Neoclassicismo
• Alla razionalità
illuminista non in
grado di spiegare
ogni cosa con la
ragione
• Al culto della
bellezza classica
neoclassica
•
Al bello ed il
buono, l'armonico,
l'equilibrato
Romanticismo
•
•
•
•
•
•
Negazione della ragione Illuminista => l'irrazionale, le
emozioni, la spiritualità, la fantasia e soprattutto la tensione
all'infinito non misurabile razionalmente.
Ritorno alla religiosità ed alla spiritualità: oltrepassando i
limiti della ragione stabiliti dagli illuministi, l’uomo romantico
cerca stabili supporti nella fede e nella conseguente tensione
verso l’infinito
il Medioevo ed il senso di mistero (castelli, manieri;
poema epico cavalleresco…) = lontano nel tempo
Esotismo: interesse verso mete esotiche lontane
Sturm und Drang (TEMPESTA ED IMPETO), ovvero la
passione per la natura anche in certi casi violenta
(temporali, tempeste, bufere di neve, uragani).
Si cerca quindi il rapporto con la natura (rapporto
io/natura). Il sentimento, l'emozione di fronte allo
smisurato, a ciò che è forte, che commuove l’animo (anche
ciò che è doloroso) si chiama sublime1.
•
Scelta della parola
poetica
•
Immediatezza, libertà d’espressione,
della parola nel descrivere l’infinito
•
Al cosmopolitismo
(uomo come
cittadino del
mondo)
•
Il nazionalismo come amore per le tradizioni e la storia
del proprio paese. (Nasce il folklore: scienza che studia le
tradizioni gli usi e i costumi del proprio paese). L'uomo di
fronte agli altri uomini e solo;
INDIVIDUALISMO: i due atteggiamenti sono:
• TITANISMO 2: genio che rifiuta concezioni morali per
affermare la propria identità
• VITTIMISMO: l’eroe è incompreso, vittima della
società e del destino (visione tragica del mondo) che lo
spinge a partire e a riscattarsi con le sue forze (idea di
vendetta)
• Vedi anche in Musica l’Inno di Mameli e Verdi.
•
inadeguatezza
1 Senso di terrore e impotenza generati dall’infinito e dell'assoluto si traducono in qualcosa di bello.
2 I
Titani: coloro che perseverano nel tentativo di liberarsi dalla prigione imposta loro da Zeus.
L'INFINITO
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
IL PASSERO SOLITARIO
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
IL SABATO DEL VILLAGGIO
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell'erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole,
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
Su la scala a filar la vecchierella,
Incontro là dove si perde il giorno;
E novellando vien del suo buon tempo,
Quando ai dì della festa ella si ornava,
Ed ancor sana e snella
Solea danzar la sera intra di quei
Ch'ebbe compagni dell'età più bella.
Già tutta l'aria imbruna,
Torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
Giù da' colli e da' tetti,
Al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
[celeste confine]
[un infinito]
[Il mio pensiero
si annega]
[BNN CL XIII 22]
Che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore:
E intanto riede alla sua parca mensa,
Fischiando, il zappatore,
E seco pensa al dì del suo riposo.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
E tutto l'altro tace,
Odi il martel picchiare, odi la sega
Del legnaiuol, che veglia
Nella chiusa bottega alla lucerna,
E s'affretta, e s'adopra
Di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
Pien di speme e di gioia:
Diman tristezza e noia
Recheran l'ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
Cotesta età fiorita
E' come un giorno d'allegrezza pieno,
Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
Ch'anco tardi a venir non ti sia grave.
A SILVIA
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

Documenti analoghi

il sabato del villaggio

il sabato del villaggio e qua e là saltando, fanno un lieto romore: e intanto riede alla sua parca mensa fischiando, il zappatore, e seco pensa al dì del suo riposo. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l’...

Dettagli

LEOPARDI E LO STILNOVO Zibaldone (4310

LEOPARDI E LO STILNOVO Zibaldone (4310 A Silvia Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le qui...

Dettagli