Cultura e mentalita` degli zingari

Transcript

Cultura e mentalita` degli zingari
CULTURA E MENTALITA DEGLI ZINGARI
( storie, fiabe e leggende)
di Bruna Tamburrini
Una regina zingara
Premessa
La cultura zingara giunge a noi da fonti orali, da racconti fiabeschi, leggendari, da canzoni, è ancor oggi una continua ricerca e si scopre sempre qualche nuovo e interessante risvolto di questo
mondo così variegato. Ecco perché sono particolarmente importanti le “fiabe”, le storie raccontate in tutto il mondo da gitani o da personaggi che sono entrati nella cultura zingara e ne hanno in
qualche modo estrapolato le caratteristiche fondamentali. Prima di prendere in esame alcune storie
che personalmente ritengo significative per capire meglio la mentalità di questo popolo, vorrei fare
un breve excursus sulla storia degli zingari, una storia che molti non conoscono o non hanno mai
approfondito. Bisogna innanzitutto precisare che il termine “zingaro”, usato comunemente, non è
assolutamente amato dal popolo gitano in quanto ha in sé un velo dispregiativo e nei secoli una matrice razzista.
Origini
Gli zingari provengono dall’India nord occidentale e la loro lingua è simile al sanscrito. Molti
pensano, erroneamente, che il loro luogo d’origine sia l’Egitto e forse questa considerazione nasce
dal fatto che ci sono due leggende. La prima spiega che essi discendono da Noè, in quanto si narra
che un giorno, essendosi Noè ubriacato, venne deriso da uno dei suoi figli, CAAMO (Cham), lui lo
maledisse condannandolo alla schiavitù ed è per questo che i popoli si divisero in due parti: una
verso le Indie e l’altra nella direzione opposta. L’altra leggenda è quella che ne attribuisce la discendenza alla 12° tribù di Israele scomparsa nella traversata del deserto dopo la fuga dall’Egitto,
durante l’esodo biblico.
Il loro vero nome è ROM. Secondo la tradizione, si distinguono in: SINTI, zingari nomadi del
centro Europa ed Italia settentrionale (giostrai, allevatori di cavalli, cestai, che si dedicano anche allo spettacolo) e ROM abitanti principalmente nel Sud. Sono suddivisi in sottogruppi, a seconda delle zone nelle quali migrano prevalentemente: Piemontesi, Estrekaria (Alto Adige), Havati (Croazia),
Krassaria (Carso) ecc.
Il primo esodo dall’India si ebbe tra il 1000 e il 1027 e furono i SINTI a costituire il primo flusso
migratorio, mentre i ROM scapparono in massa dalle Indie per l’arrivo dei Mongoli capeggiati da
Gengis Khan, si stabilirono in Iran, Armenia, Grecia e Turchia e arrivarono in Jugoslavia
nell’ultimo flusso migratorio del 1362. Nel Sud Italia troviamo da circa 30 anni i Rom Yugoslavi. I
Rom, termine che nella loro lingua significa "Uomo”, o meno comunemente “Marito” sono suddivisi in Rom Kalderasha (calderai e doratori), Rom Laudari (musicisti dell'Ungheria), Rom Khorakhané (musulmani- lettori del Corano), Xoraxané di Roma, Rom Kovacs (fabbri dell'Ungheria), Rom
Rudari (intagliatori di legno originari dalla Romania, Rom sedentarizzati designati secondo i luoghi
di residenza. Gli zingari svizzeri si chiamano Jennisch.
Attualmente non conosciamo a quanto ammonti la popolazione, ma sappiamo che ci sono diversi
gruppi di zingari e quelli più numerosi in Europa e in America sono i Vlach, i Romanichal, I SintiManouche e i Calé (Diane Tong, Storie e fiabe degli zingari).
Ora gli zingari abitano diverse regioni e Stati dell’Europa orientale, occidentale, del Medio Oriente,
del Nord Africa, dell’Unione Sovietica e così via. Nei primi tempi gli zingari in Europa occidentale
erano dediti alla lavorazione del ferro, alla musica, alla lavorazione dei canestri di vimini, alla falegnameria, ora le loro attività si sono un po’ diversificate.
Qualche notizia sui sinti
Tradizionalmente i Sinti hanno esercitato l'attività del giostraio e del circense, tra i più famosi circensi italiani di origine sinti c'è Moira Orfei con la sua famiglia. Anche la seconda famiglia circense
più famosa d'Italia, i Togni, è di origine sinti. Secondo alcune fonti (smentite però dall'interessato)
anche Andrea Pirlo avrebbe origini sinti. I sinti parlano la lingua romaní e utilizzano nei diversi
gruppi alcuni dialetti.
I "Cinti" (Sinti) in Francia sono nella maggior parte della comunità degli Evangelici, vivono/lavorano e si spostano con le Caravanes (Roulotte) sulle principali colture agricole: dai prestigiosi vigneti bordolesi e non (dove curano la vigna tutto l'anno), alla raccolta della frutta e verdura.
Un cenno alle persecuzioni
Le comunità zingare non sono state accettate nella storia e nei vari paesi. In Spagna, per esempio,
ci sono stati casi di “non zingari” che hanno bruciato gli accampamenti e hanno preso a sassate i
bambini zingari. In verità i Rom si sono anche organizzati politicamente per lottare contro il razzismo. Nell’America del Nord, ad esempio, nel 1977 è stata fondata una lega antidiffamazione con
sede a Montreal, Los Angeles, Minneapolis e Austin nel Texas per protestare contro il razzismo dei
mezzi di comunicazione. Pare anche che tra gli zingari ci sia un movimento linguistico, atto ad organizzare e normalizzare la lingua Rom. Comunque, la situazione più grave gli zingari l’hanno dovuta subire con il nazismo e con i campi di concentramento e nei racconti o nelle canzoni c’è ancora
il ricordo di quel periodo. Per ritornare indietro coi tempi, nel “Bollettario dell’Inquisizione francese” troviamo addirittura che l’uso della tortura contro gli zingari, all’interno dei tribunali, fu organizzato dai papi Alessandro IV, Clemente IV ed Innocenzo IV. A proposito di questo accanimento
ha origine la leggenda che racconta che furono gli zingari, ignari dell’uso a cui erano destinati, a
forgiare i chiodi con i quali fu crocifisso Gesù Cristo.
Al contrario è il caso di ricordare un avvenimento importante dei nostri tempi: il 4 maggio del
1997, Papa Wojtyla ha beatificato Ceferino Yumenez Malla, detto “El Pelé”. Era uno zingaro fucilato dai comunisti per la sua fede religiosa nel 1936 durante la guerra civile in Spagna. E’ questo il
primo santo del popolo ROM!
Storie, fiabe e leggende
Ma torniamo al tema centrale dei racconti e pare che in Grecia la cultura zingara possieda una vasta gamma di storie, che vengono raccontate dappertutto: in treno, in autobus, durante le serate con
gli amici. A volte le veglie durano diversi giorni e si passa il tempo narrando “fiabe”. Questo naturalmente nella tradizione, mentre al giorno d’oggi le serate vengono anche trascorse in modo diverso. Ora forse sono andate perdute anche le attività degli zingari, come quella di lavorare il rame. In
certi casi essi non sono neanche più nomadi. Infatti, secondo alcuni studi, oggi gli zingari non vanno più considerati come nomadi. Sono sedentari o semisedentari. Pare che in Spagna la sedentarizzazione sia del 100%, in Francia del 50%, mentre per l’Italia non esistono percentuali definite. Forse nella società come la nostra, dove tutte le cose cambiano molto rapidamente ci sarebbe bisogno
di una legislazione più idonea e anche ferrea al fine di evitare situazioni di rifiuto, o di violenza, di
razzismo e di intolleranza. Ma ora non interessa prendere in esame questo aspetto, ciò che conta è
capire la mentalità di questo popolo e la molteplicità di culture.
Cercheremo di ripercorrere la mentalità zingara attraverso le fiabe e per questo bisogna analizzare
i personaggi che, di volta in volta, si ripetono e i temi che vengono evidenziati nelle varie storie raccontate.
Un personaggio che ritroviamo spesso è il maniscalco, c’è questa figura nel racconto “Il maniscalco zingaro”. E’ questa una fiaba raccontata in Inghilterra e narra di un re che volle costruire un
palazzo con l’aiuto di tutti e, a conclusione dei lavori, si festeggiò. Alla fine del pasto tutti fecero a
gara su chi fosse il migliore di tutti, il muratore, il falegname, il vetraio. Per ultimo si fece avanti un
uomo e disse di essere stato lui il più importante perché senza il suo operato non sarebbe stato possibile fare niente e questo era il maniscalco, il petulengro. Il re riconobbe l’opera del maniscalco per
aver costruito gli strumenti utili al lavoro degli altri e così lo fece sedere alla sua destra e divenne
l’uomo più importante di tutti. Altri personaggi sono i furbi, coloro che riescono ad aggirare e a
barcamenarsi per farla franca. Addirittura nella storia Come lo zingaro andò in paradiso, un maniscalco zingaro riesce ad aggirare perfino il diavolo e Dio per andare in Paradiso! Infatti, dopo tante
prove con un “trucchetto” riesce ad entrare in Paradiso, mentre era stato rifiutato persino dal diavolo! C’è spesso il re, ci sono personaggi comuni che debbono lottare contro i non zingari ed evidenziano solidarietà interna al gruppo.
Per quanto riguarda i temi maggiormente trattati nelle fiabe e nei racconti essi possono essere sintetizzati così: c’è il disprezzo di cui gli zingari sono oggetto da parte del resto del mondo. Per
esempio nel racconto Il rom nel pianoforte viene messa in evidenza l’umiliazione dello zingaro
quando nessuno dei ricchi gli dà una sigaretta, mentre lui aveva dato precedentemente ospitalità ad
un mendicante che, in cambio, gli aveva regalato un violino magico e al suono del violino un falegname gli costruì un pianoforte e lui entrò con il suo violino nel pianoforte che fu comperato da una
principessa. La storia si conclude con un accordo tra i rom e il re e con l’intenzione di non fare più
guerra. Ne La zingara e la caverna viene evidenziata la difficoltà che incontra uno zingaro nel trovare alloggio.
A volte nelle fiabe ci sono anche fantasie di rivalsa contro il mondo, es. La vendetta del rospo o
Come si sta nel paradiso degli zingari. Nel primo racconto si narra di un rospo che all’origine della
vita era allontanato da tutti gli esseri della natura, anche dalle piante e dai fiori. Tutti dicevano che
era repellente, allora il rospo decise di vendicarsi, si gonfiò tanto che imbrattò tutti con il suo veleno. I pesci andarono a rifugiarsi nell’acqua, gli uccelli si dispersero tra i rami degli alberi e tutti si
divisero. La fiaba si conclude così: “ E qualcosa di simile a quanto vi ho raccontato accadrà quando
gli zingari si vendicheranno delle umiliazioni inflitte loro dai gagè”. Nella seconda fiaba raccontata
in Jugoslavia si narra delle bellezze del paradiso zingaro, un luogo dove c’è ogni tipo di leccornia e
dove gli zingari stanno benissimo, contrariamente ai non zingari.
Un altro tema è l’orgoglio di essere zingari e non manca nei racconti e nelle fiabe il tema della
musica. Spesso le fiabe stesse vengono recitate con la musica di sottofondo, ma altre volte è presente uno strumento musicale per simboleggiarne l’importanza. Non dobbiamo dimenticare la famosa
danza del flamenco e neanche ci possiamo scordare del violino degli zingari. Una cosa certa nei
racconti è il vagabondaggio zingaro e si nota anche una repulsione verso il lavoro in quanto tale.
Già il titolo di un racconto spagnolo è significativo Mangerete e non lavorerete. Il senso della libertà è superiore a tutto.
Altro aspetto importante è l’antimilitarismo, infatti sempre nel racconto cecoslovacco Il rom nel
pianoforte uno zingaro propone al re il modo semplice per evitare la guerra e ristabilire la pace.
In ricordo del primo congresso mondiale dei Rom
Per quanto riguarda i personaggi femminili, bisogna dire che essi non sono ben delineati. La dote
in denaro pare si dia al maschio, infatti nel racconto Alifi e Dalifi lo zingaro senza figli spera di
avere una figlia femmina, perché non potrebbe pagare la dote al maschio.
Un altro punto importante è il rispetto che hanno gli zingari per la morte. In Voso Zachari racconta la sua fiaba c’è un’espressione che è bene trascrivere: “…Era un uomo di una quarantina d’anni,
vestito da contadino. Sembrava addormentato. Le sue mani, riunite sul petto, tenevano una croce.
Doveva essere morto quel giorno stesso, ma era strano che non ci fosse nessuno a vegliarlo. Possibile che non avesse parenti. E, anche in questo caso, era possibile lasciar solo un morto?” (Storie e
fiabe degli zingari, p.27). Vengono anche descritte alcune tradizioni funerarie degli zingari: “Al
corpo viene data religiosa sepoltura, ma le cose che appartenevano a uno zingaro morto vengono di
solito distrutte e i suoi vestiti bruciati”. (Op.cit. 27). Per approfondire un po’ questo tipo di mentalità dobbiamo aggiungere che nel periodo del lutto, che inizia subito dopo il funerale, è vietato radersi
e lavarsi, né possono essere mangiate le pietanze preferite dal morto, né si può bere vino e questa
usanza dura per circa un anno. Non si canta, non si suona e non si deve mai pronunciare il nome del
defunto. Una cosa interessante da sapere è che i ROM, sia musulmani che cristiani, credono ai
vampiri ed hanno paura che il morto ritorni sotto forma di vampiro. Per questo motivo, per nove
giorni, si tiene accesa una candela e si pone un bicchiere d’acqua sul giaciglio del morto. Di solito i
banchetti in memoria del defunto si ripetono fino a sei mesi. “Si sceglie un uomo più o meno della
stessa età del morto; la sua vita deve essere irreprensibile, perché il giorno della POMANA (un anno dalla morte) deve sostituire il defunto. In quell’occasione viene lavato dalle donne, viene rivestito con abiti nuovi e gli vengono consegnati gli oggetti più cari del morto” (Rom, op.cit. p. 92). Naturalmente questo modo di agire varia da un popolo all’altro, tra una religione e l’altra. Una cosa
rimane ed è fondamentale: il peggiore oltraggio per uno zingaro è l’insulto verso i propri morti.
Ritornando alle storie, dobbiamo dire che esse sono in grado di collegare nei costumi e nelle abitudini il passato al presente. Per concludere con i temi, ma se ne potrebbero trovare degli altri ancora, uno importante è quello dell’ospitalità e dell’importanza che viene data ad essa.
Ora sarebbe interessante leggere qualche fiaba direttamente. Non c’è molto spazio per raccontare
le fiabe più lunghe, ma ce ne sono alcune corte e significative, come per esempio la storia che narra
perché gli zingari sono dappertutto. La fiaba si intitola appunto Perché gli zingari sono sparpagliati
sulla terra. Fa parte di una raccolta russa di fiabe zingare pubblicate in Scozia nel 1986. Vale la pena trascriverla:
“Questo fatto accadde molto tempo fa. Uno zingaro era in viaggio con la sua famiglia. Il suo cavallo era magro e malfermo sulle gambe, e più la famiglia dello zingaro cresceva, più al cavallo riusciva difficile tirare avanti il suo pesantissimo carro. Ben presto, d’altronde, il carro fu talmente
pieno di ragazzetti che saltavano l’uno sull’altro che il povero cavallo poteva a malapena trascinarsi
lungo la pista sconnessa. Mentre il carro procedeva faticosamente, inclinandosi prima a sinistra poi
piegandosi a destra, pentole e padelle finivano per rotolare fuori e, di tanto in tanto, anche qualche
bambino veniva scagliato a capofitto sulla strada. Certo, non era poi così terribile di giorno, quando
potevi sempre fermarti a raccogliere da terra pentolame e marmocchi, ma di notte poteva cadere
qualsiasi cosa e neppure te ne saresti accorto. E in ogni caso, chi mai sarebbe riuscito a tenere il
conto di una tribù simile? E intanto il ronzino continuava per la sua strada.
Lo zingaro continuò a viaggiare per il mondo e, dovunque andasse, si lasciava dietro un figlio e
un altro, e un altro ancora. E così, vedete, accadde che gli zingari si sparpagliarono in tutto il mondo. (Storie e fiabe degli zingari, p.57 )
Un’altra “fiaba” significativa è Il Violino Tzigano raccontata in Svezia. E’ una storia che spiega
l’origine dei violinisti zingari la cui musica serve ad allontanare la tristezza. Si narra di una ragazza
che viveva nel tempo in cui gli zingari non avevano violini per suonare. Questa ragazza era anche
un po’ strega e sciocca ed era solita fare delle pazzie. Era molto bella, ma per il suo modo di fare
nessun ragazzo si avvicinava. Ad un certo punto si innamorò di un giovane, il figlio di un uomo che
viveva vicino. Ma il ragazzo non la cercava e non si curava di lei. Un giorno, mentre camminava in
un bosco, si accorse che accanto a sé c’era un uomo. La ragazza rimase sbalordita. L’uomo era vestito di verde e con gli occhi neri e fiammeggianti. Sulla testa aveva due cornette, mentre ai suoi
piedi aveva uno zoccolo di capro. Egli sapeva che la ragazza era innamorata del vicino, ma non era
corrisposta, quindi le consigliò di fare qualcosa per lui, così avrebbe avuto l’amore del giovane. La
ragazza acconsentì alla richiesta dell’uomo che voleva in dono la madre, il padre e i quattro fratelli
ed in cambio egli avrebbe donato a lei uno strumento per suonare. Lo strumento avrebbe fatto innamorare il giovane. La giovane acconsentì. L’uomo tramutò il padre della ragazza in un violino,
la madre in un archetto e i quattro fratelli nelle quattro corde del violino. In seguito le insegnò a
suonare lo strumento. La ragazza imparò velocemente e tutti stavano ad ascoltarla tanto era soave
la musica che suonava! Anche il giovane la sentì e si innamorò perdutamente di lei. Tutti erano felici con quella musica. Un giorno i due andarono nel bosco in cerca di bacche e lasciarono il violino in un angolo, ma quando tornarono non trovarono più lo strumento. Lo cercarono invano, ma il
vecchio lo aveva nascosto, poi, quando decisero di tornare a casa senza il violino, venne il diavolo
che se li portò con sé e nessuno li rivide più. Intanto il violino rimase lì per tanto tempo, era nascosto tra il fogliame, fino a quando un ragazzo zingaro un giorno decise di accamparsi in quella zona e
uscì per fare un po’ di legna. Fu così che trovò il violino, iniziò a suonarlo ed uscì una musica soa-
ve. Il ragazzo portò il violino con sé nella sua tribù. Avvenne che gli altri zingari impararono a suonare il violino, oggi quasi tutti gli zingari lo sanno suonare ed è lo strumento che amano di più.
Sempre a proposito del violino c’è una canzone molto bella scritta da Rasim Sejdic nel 1978:
Hanno calpestato il violino zigano
Hanno calpestato il violino zigano
Ne è rimasta della cenere zigana
Il fuoco il fumo
Si innalzano al cielo
Hanno portato via gli zigani
Hanno separato i bambini dalla madri
Le donne dagli uomini
Hanno portato via gli zigani
Jasenovac è piena di zigani
Legati da pilastri di cemento
Da pesanti catene ai piedi e alle mani
Nel fango fino alle ginocchia
A Jasenovac è rimasto
il loro ossame per raccontare, eventi disumani
L’alba serena si è alzata
Il sole ha riscaldato degli zigani.
C’è una “fiaba” molto corta che proviene dalla Grecia e si intitola Perché gli zingari mangiano i
porcospini. Questo racconto è stato narrato a Salonicco nel 1982 e spiega perché i porcospini sono
così importanti nell’alimentazione degli zingari. La storia inizia così: “C’era una volta un re che ordinò che tutti si presentassero al palazzo portando con sé le loro carni migliori. E ognuno portò i
suoi animali cosicché il re poté vedere qual era l’animale che aveva la carne migliore. Insomma, tutti erano venuti portando animali diversi; solo lo zingaro arrivò portandosi dietro un porcospino. Lo
cucinarono e il re l’assaggiò: la sua carne era davvero la più dolce e saporita di tutte. Tutti gli altri
cercarono di uccidere lo zingaro perché ora non avrebbero più potuto vendere i loro animali. E infatti lo uccisero, ed ecco perché da allora solo noi zingari mangiamo il porcospino”. ( Storie e fiabe
degli zingari, p. 224)
Sulla fine della letteratura ROM esiste una leggenda raccontata nella Bosnia-Erzegovina.
Eccola:
”Tempo fa viveva un re dei Rom che era sapiente e possedeva tanti libri di letteratura rom: questo
re teneva in casa anche un asino legato, perché non potesse scappare. Infatti il re voleva che l’asino
imparasse tante cose quante ne aveva imparate lui. Un giorno cominciò a piovere, dal cielo cadde
un’enormità di acqua. I fiumi strariparono e tutta la terra venne sommersa. L’acqua arrivò fino alle
case dei ROM. La regina si spaventò molto, andò dalla finestra per vedere cosa fosse successo. Salì
sul davanzale, ma non si resse bene, perse l’equilibrio e cadde giù. L’acqua la raggiunse e la trascinò via con forza. Stava per annegare quando il re, vedendo cosa era successo a sua moglie, saltò
dalla finestra per salvarla dalle onde. Ma per sua sfortuna, anche lui venne trascinato dalla corrente
selvaggia. Così il re sapiente e sua moglie, in pochi minuti, annegarono nelle onde dell’acqua scura.
Passò un giorno e passò una notte. All’asino venne tanta fame e non aveva niente da mangiare. Così
si mise a masticare i libri del Re sapiente, tutta la bellissima letteratura Rom che il Re gli aveva dato
da leggere e da imparare. Uno dopo l’altro, se li masticava con calma; ogni giorno un po’, finché
non mangiò tutto. Poi, quando ormai aveva mangiato tutti i libri e non gli era rimasto altro, morì di
fame. Così morì il Re rom sapiente, morì l’asino, morì tutta la letteratura Rom. E’ per questo che
noi Rom non abbiamo libri dai quali si possa imparare la nostra lingua e la nostra scienza”. (Rom.
Una cultura negata, pp.42-43).
Per ritornare alla mentalità zingara forse è il caso di ricordare quanto afferma Daniell Soustre de
Condat nel libro citato e curato dal comune di Palermo. In questo bellissimo libro, ormai introvabile, si afferma che l’accattonaggio si è esteso tra gli zingari con la fine dei lavori artigianali cui erano
un tempo dediti. In qualche tribù c’era anche prima l’usanza di elemosinare. Il fatto da sottolineare
è quello che a volte i Rom non sono consapevoli di essere accattoni. Molti di loro non percepiscono
il loro comportamento come deviante nella società (es. furti, appropriazione indebita ecc).
Il matrimonio
Ora riprendiamo il discorso sui matrimoni zingari, proprio perché nella tradizione di questo popolo il matrimonio assume un’importanza preponderante, anche dal punto di vista cerimonioso, ma
soprattutto come costume.
Pare che nella tradizione i matrimoni avvengano tra zingari, ma ci può essere il caso in cui un
gagio (non zingaro) sposi una zingara, ma è più facile il contrario e cioè che uno zingaro sposi una
donna gagia. Naturalmente quando avviene questo, la donna deve adattarsi alla mentalità loro. I
matrimoni possono essere suddivisi in: matrimoni per acquisto tra i Rom, mentre tra i Sinti c’è il
matrimonio per fuga e a volte questo matrimonio può avvenire anche senza compimento dell’atto
sessuale. Pare che ci siano anche matrimoni tra cugini di secondo e terzo grado. Pochi paesi(?)
dell’Unione Europea riconoscono il matrimonio gitano che, comunque, come già affermato, pare
sia un rito molto importante nella tribù, ma non c’è un rito civile, quindi a tutti gli effetti non c’è il
riconoscimento giuridico. Il matrimonio per acquisto viene concordato dai genitori con una somma
da pagare al padre della sposa. C’è una sorta di contrattazione che a volte dura più giorni. L’accordo
avviene quando la ragazza accetta di bere la bevanda portata in dono dal padre del ragazzo.
Il matrimonio per fuga era in uso maggiormente nei popoli primitivi. Di solito esso avveniva con
il compimento dell’atto sessuale e a quel punto si doveva accettare l’unione. Però la ragazza poteva
essere ripudiata se non era vergine. Il matrimonio per fuga dei giorni nostri senza il compimento
dell’atto sessuale si ha quando i due ragazzi si rifugiano da parenti che fungono in questo caso da
intermediari. Il matrimonio è indissolubile, mentre negli zingari musulmani vige la poligamia. Un
valore fondamentale in questa cultura è la verginità, e la donna diventa veramente indipendente dopo la nascita del primo figlio maschio. Fino a quel giorno deve riverire la madre del marito.
Il tema del matrimonio è trattato in diverse “fiabe”, è un tema importante e la scrittrice antropologa Carol Miller commenta: “Tra i Rom d’America, un matrimonio è una festa vivace e rumorosa
con musiche, danze, torte, whisky e tavolate di roba da mangiare (…) la sposa arriva con un elegante abito tutto rosso e viene rivestita dalla suocera e dalle cognate, questa volta in bianco e in oro a
ventiquattro carati (…) è motivo d’orgoglio per la famiglia dello sposo coprirle il petto di monete
d’oro, collane, gioielli”. (Storie e fiabe degli zingari, op.cit) (…) Così abbigliata, viene fatta danzare
prima dai suoi parenti uomini e in seguito dalle sue parenti donne, mentre il “bastone nuziale” batte
il tempo, un tempo insistente che poco ha a che fare con la musica. Tradizionalmente la festa nuziale dura tre giorni, si divide in tre grandi feste e ogni cerimonia vede al centro della celebrazione
proprio la sposa. La fiaba La sposa e il tuorlo d’uovo racconta di una ragazza che il giorno delle
nozze era molto nervosa e non aveva mangiato nulla. Quella notte pensò di mangiare un uovo sodo,
ma ne mangiò solo il bianco e si mise il tuorlo in bocca. Essendo molto nervosa, si dimenticò di
masticarlo, così si strozzò e invece del matrimonio ci fu un funerale. La notte seguente due gagé
vennero per derubarla. Aprirono la bara ed uno di essi mise il piede sul petto per strapparle le collane d’oro, così il tuorlo dell’uovo le uscì fuori dalla bocca. La sposa a questo punto riprese a respirare e si accorse di stare in un posto sbagliato. I due scapparono e lei tornò dalla sua gente per dire che
non era morta e per festeggiare. Visse così per quaranta anni. C’è un’altra storia intitolata Il marito geloso. Il tema della gelosia d’altronde è un tema familiare anche nella letteratura vera e propria,
ricordiamo Shakespeare, Boccaccio ed altri.
Questa fiaba racconta di un mercante ricco e della sua bellissima moglie che era tenuta spesso segregata in casa. Una volta il mercante, insieme ad un suo compagno, partì sul Danubio per acquistare della merce. Al ritorno i due tirarono a secco le barche per trascorrere la notte. In
quell’occasione il compagno insinuò nella mente del mercante che la moglie avrebbe potuto avere
un amante. Il compagno aggiunse anche che sarebbe stato capace di diventare un amante della moglie e il mercante rispose che ci avrebbe creduto solo se gli avesse riferito alcuni particolari del
corpo e fosse riuscito a prendere l’anello che la moglie teneva sempre al dito. Fu così che il primo
mercante si avviò a casa dell’amico e lì trovò una vecchia alla quale chiese come avrebbe potuto
fare per prendere l’anello della donna. In cambio avrebbe dato alla vecchia la somma di cento fiorini. Decisero di mettere una cassa nell’ingresso e lui vi entrò dentro. Quella notte la signora fece il
bagno, così il mercante poté vedere un neo sotto il seno destro, poi la donna si tolse l’anello e se lo
dimenticò sul tavolo. Il mercante lo prese e quando rivide l’amico gli disse di essere riuscito ad andare con la moglie e fece vedere l’anello. L’uomo, frastornato, mise la moglie su di un battello e la
lasciò sul Danubio, mentre al mercante diede tutti i suoi averi e lui divenne povero portando l’acqua
con gli ebrei.
La moglie vagò sul Danubio per un anno intero, fino a quando un vecchio non la tirò a riva, la
salvò e la portò a casa sua. Vissero insieme per tre anni, lei si comprò degli abiti maschili, si tagliò i
capelli e partì alla volta della città di suo marito. Ora, l’imperatore di quella città era cieco. Mentre
viaggiava la moglie del mercante si riposò sotto un cedro e capì che dell’acqua magica proveniva da
quell’albero dove si trovava un buco. Avrebbe potuto salvare l’imperatore dalla cecità. La donna
versò un po’ di quell’acqua in una fiaschetta e se la mise in tasca. Poi si fece ricevere
dall’imperatore il quale avrebbe lasciato il suo regno a chi fosse stato in grado di restituirgli la vista.
La donna andò davanti all’imperatore travestita da uomo. Prese l’acqua nella vaschetta, gli bagnò
gli occhi e gli ridiede la vista e chiese di poter stare al suo fianco. In quel momento la donna vide il
suo uomo che portava l’acqua tra i poveri, lo riconobbe e lui gli raccontò la storia di aver avuto una
moglie infedele. Saputo il fatto, la donna fece chiamare l’altro mercante e così scoprì la scommessa
e il mercante suo marito si rese conto della trappola. Chiese a suo marito perché non le avesse chiesto spiegazioni ed egli rispose: “Perché ero infuriato”. Lei condannò il primo a farlo a pezzi e il marito a ricevere venticinque legnate per insegnargli la saggezza. Infine si tolse gli abiti regali maschili
che gli aveva dato l’imperatore dicendo che sarebbe stato un altro imperatore e disse: “Tu sarai
l’imperatore e io l’imperatrice”.
N.B. Le storie e le “fiabe” raccontate in tutte le parti del mondo sono moltissime e sono tutte tramandate. Esistono soltanto poche raccolte scritte. Permangono, comunque, leggende, usanze,
anch’esse tramandate oralmente che solo alcuni studiosi hanno “tentato” di mettere insieme per dar
loro una consistenza ed anche una linearità, ma con molte difficoltà, perché le usanze zingare variano da luogo a luogo e gli zingari cambiano le loro abitudini a contatto con culture diverse.
Cercheremo, comunque, di sintetizzare le più importanti curiosità, usanze comuni, così come ci sono state raccontate e che appartengono alla tradizionale “cultura” zingara.
Curiosita’ su costumi e usanze dei rom per lo piu’ musulmani
Alla nascita di un bambino la mamma gli regala un amuleto rosso e gli lega al polso un filo di lana sempre di colore rosso perché questo colore porta fortuna al contrario del giallo.
La mamma lo allatta subito con il seno destro perché la destra simboleggia la verità, la fortuna e il
bene. Ci sono tante usanze a seconda delle origini e dei luoghi, per esempio all’interno dei gruppi
musulmani certe madri contro il malocchio praticano un rito che consiste nell’unire briciole di pane
e sale con un’erba che cresce sui muri della casa o della baracca. Queste briciole vengono messe in
un fazzoletto e il tutto viene posto sul corpo del neonato quando presenta disturbi di stomaco. Insomma avrebbe la forza di togliere eventuali “fatture”. Altre mamme tagliano un pezzo del cordone
ombelicale il quale, una volta essiccato, sarà cucito in un sacchetto e portato al collo come portafortuna.
Nel libro “Rom una cultura negata” si afferma: “ Per proteggerlo dagli spiriti maligni il bambino
non deve mai essere lasciato solo fino al giorno del battesimo che consiste, all’interno di certe tribù
musulmane, nel taglio di una chioma di capelli e nella circoncisione, considerati entrambi riti di purificazione. Egli stesso e anche la madre sono considerati impuri fino al 40° giorno dalla nascita e
non vengono avvicinati da nessun uomo”.
La circoncisione
Viene praticata presso le tribù Rom musulmane KHORAKHANE addette ad una setta di DERWISH yugoslavi. In pratica ciò che avviene è stato narrato dalla scrittrice nel libro sopra citato nel
periodo trascorso insieme ai Rom nella Sicilia orientale e quindi ha potuto assistere a vari riti di tal
genere. Lei ci dice che la prima cosa che predispongono i ROM musulmani è quella di fissare la data da scegliere. In seguito bisogna chiamare il barbiere (berberi) che è un mestiere ufficiale, in pratica sarebbe una sorta di medico abilitato alla circoncisione. Innanzitutto bisogna riunire più ragazzi
da circoncidere per spendere meno e per mettersi d’accordo sul prezzo da pagare. Di solito il barbiere abita nel Kosovo e non può andare in Sicilia per un solo bambino. Al tempo delle lire una circoncisione veniva a costare 500.000 lire a persona, ma solo se i ragazzi erano parecchi, altrimenti
con un solo ragazzo giungeva ad un milione di lire. Ora con l’euro non siamo a conoscenza del
prezzo, considerata la svalutazione! A questo prezzo vanno aggiunte le spese di viaggio.
Di solito la circoncisione viene praticata da due anni in su. Appena arrivato all’accampamento il
barbiere si reca nella baracca e qui inizia la festa della circoncisione, poi girerà in tutte le altre baracche. Di solito si compra cibo da consumare in abbondanza, poiché la festa dura per diversi giorni. Si mangiano agnelli arrostiti, gulash, sarma, Kupus e benché musulmani, consumano birra e
grappa in grande qualità. Si fanno anche musiche e danze davanti alle baracche del giovane da circoncidere. Una curiosità è che la stanza dove viene praticata la circoncisione viene preparata prima
e sui muri si predispongono fiori intrecciati e grandi tappeti colorati che richiamano la Mecca. Sul
letto dove deve riposare il ragazzo si mettono lenzuola nuove e dei soldi che simboleggiano un augurio di buona salute. Insieme ai soldi deve però essere aggiunta una moneta di ferro a simboleggiare la forza. Alla domenica, verso le sedici, tre zii del ragazzo lo portano nella stanza per essere circonciso. Il ragazzo è tenuto in piedi per terra dai cugini e zii, a gambe divaricate e senza pantaloni.
Il barbiere circoncide il ragazzo stando in piedi con un rasoio speciale che viene utilizzato solo per
questa funzione, viene usata anche una specie di forbice adatta e che serve a tenere il pene. Il barbiere tiene il pene tirando la pelle fino all’estremità bloccandola con le forbici e così con il rasoio
taglia la pelle in eccedenza. In seguito sul taglio si cosparge una specie di liquido rosso che i Rom
chiamano “biberi” e si mette una garza. In pratica è una specie di disinfettante. In genere, dopo la
circoncisione, il ragazzo può alzarsi quasi subito (circa un’ora) ma alcuni dopo quattro ore o più.
E’ molto importante, durante, questa operazione, il ruolo della madre in quanto durante la cerimonia, per quasi quindici minuti, tiene tra le mani una specie di bastone o ramo che sfrega continuamente. Questo perché secondo la leggenda il legno sfregato tiene in vita la virilità del ragazzo, ma
lei non deva mai fermarsi. Naturalmente tutti possono assistere a questa cerimonia che è pubblica.
Un’usanza è questa: nel momento in cui il rasoio taglia la pelle un uomo fa un segnale e in
quell’istante preciso un altro taglia il collo di un gallo. Di solito si taglia il collo di un gallo se i ragazzi da circoncidere sono di numero pari, così si può raggiungere il numero dispari. Inoltre il ragazzo, dopo la circoncisione, deve essere tenuto sempre sveglio e alcune donne provvedono a non
farlo rigirare nel letto.
La bandiera
Gli zingari hanno una concezione del tempo circolare e la loro bandiera è una ruota rossa a sedici
raggi.
E’ il simbolo delle origini del cammino già percorso e di quello ancora da percorrere. Lo sfondo è
azzurro nella parte superiore per indicare il cielo, la libertà, i valori spirituali e verde nella parte inferiore per indicare la natura e i valori materiali.
In molti paesi questa bandiera è vietata per evitare l’insorgere di un “sionismo gitano”. Quando la
loro bandiera sventola, i Rom cantano il loro inno:
OPRE’ ROMA
Ho camminato, camminato lungo strade
Ho incontrato tzigani felici.
Oh Rom, da dove venite?
Con le vostre tende sull’allegro cammino?
Oh Rom, oh giovane…
(continua)
La religione dei rom
Due sono i simboli importanti della religione Romani: IL SOLE (simbolo dell’amore, della generosità) e il principio della TRINITA’ (anteriore al rito del sole). La croce rappresenta il principio
trinitario e la convergenza del tempo lineare e dello spazio. Non vengono discriminate le altre religioni e Dio è il principio assoluto.
(Questa potrebbe essere la spiegazione dell’adattamento a qualsiasi tipo di religione)
La religione si fonda su due principi fondamentali: il bene e il male. Il principio del bene è rappresentato da un Dio creatore chiamato DEL o DEVEL ( dal sanscrito Deva, Devota= divinità) mentre
il principio del male è rappresentato dal demonio chiamato BENGH (sempre dal sanscrito Blenka=
Ranocchio) .
Nell’Occidente si è tentato di negare la religiosità dei Rom, ma ciò è sbagliato poiché bisognerebbe interpretarla in modo diverso e deve essere fatta confluire nelle feste che sono laiche quando due
famiglie si incontrano o quando due giovani si sposano e religiose che ricordano la ricorrenza di un
santo protettore o vogliono ricordare un miracolo. Comunque la festa più conosciuta tra i Rom è
quella che si svolge ogni anno il 24 maggio da più di 500 anni, in Camargue (Francia) alle SAINTES MARIES DE LA MER. Questa festa dura due giorni ed una notte e si svolgono processioni in
onore della patrona dei ROM “SARA” (serva nera delle Sante: Sainte Marie Jacobé, madre di Sainte Jaques le mineur e Sainte Marie Salomé, madre di Saint Jean e di Saint Jaques le Majeur e delle
SAINTES MARIES.
Riporto fedelmente quanto scritto sul libro: “ Secondo la tradizione orale questa festa celebra un
avvenimento avvenuto nell’anno 42, prima della nostra era, quando queste due parenti bibliche, sorelle della Vergine, approdarono in Camargue con un piccolo battello senza remi, dopo essere state
alla deriva per giorni e dopo aver lasciato la Terra Santa. Esiste un’altra versione per questo culto,
che sembra avere origini antichissime e può essere ricollegato al Carnevale delle lampade, festa tradizionale indiana, che viene celebrata ogni anno in onore della Dea Kalì o della Dea Durga nel Punjap al Santuaro di Patiala. La scelta della data, fine maggio, ricorda anche il rito della Dea grecoromana Maia e nel sud dell’India quello devoto a Mariana nei villaggi tamil. […] Gli zingari del
Kosovo e dei paesi vicini, si recano ogni anno in pellegrinaggio al monastero di Gracanica. SARA
LA NERA viene portata durante la processione in mare dagli zingari di tutto il mondo. BIBIACA,
divinità che vive nelle foreste in cima alle montagne, viene onorata in marzo, sotto un albero (possibilmente un pero) battezzato con il nome di BIBI (zia) in onore della Dea. Prima della festa
l’albero è decorato con fiori e nastri rossi. Si dispongono attorno all’albero bevande alcoliche e cibi
mangiati durante il giorno del digiuno ( pesce, riso, fagioli ). Prima di consumarli si accendono candele e si recitano preghiere del tipo: “…alla salute della Dea e alla felicità degli zingari”. (op. cit.
pp 100-101)
Il mondo dei Rom è pieno di credenze magiche che si dividono in
BAHTALI (magia bianca= fortuna)
BIBAHTALI (magia nera= sfortuna).
Alcune donne in certi campi sono considerate maghe e spesso questa “dote” si trasmette da madre
a figlia.
E’ interessante sapere che ci sono delle piante ritenute medicamentose e che curano diversi malanni.
Esempio:
- Il vino e la carne cruda sono contro l’ipotensione
- Il peperone piccante è contro il diabete
- Contro i reumatismi di solito si usa la grappa unita al sale e alla cipolla
- Contro la febbre si unge la fronte o lo stomaco con aceto e olio
- Quando un bambino ha la tosse si prendono le pagine di un giornale bucherellato e si cospargono
di bianco d’uovo, con questo si ricopre il torace.
- All’interno dei campi è molto diffuso l’uso della patata che serve anche per combattere la febbre e
l’emicrania, dopo essere tagliata viene ricoperta di un tessuto e legato attorno alla testa. La patata è
molto importante perché è in grado di portar via tutti i mali.
Il problema dei campi è comunque l’alcolismo che crea disordine di vario genere al sistema nervoso.
La donna zingara
La donna zingara accetta il suo aspetto gerarchico nel rapporto uomo-donna e la sottomissione
all’uomo è un fatto del tutto naturale. Le relazioni parentali si definiscono esclusivamente attraverso
la linea paterna: i figli portano in sé solo il sangue del padre tanto che matrimoni fra cugini contratti
secondo la linea materna non sono considerati incestuosi; è l’uomo a scegliersi la sposa e a portarla,
dopo averne ottenuto il consenso o dopo averla comperata, nella sua casa quale serva di tutti i suoi
familiari; è inoltre sempre l’uomo a permetterle di procreare mentre la donna “si presta” (espressione usata da un rom nel corso di un’intervista) come corpo alla procreazione in tutte le sue fasi. E’
ovvio che con questa premessa la donna ha l’obbligo della fedeltà pena l’allontanamento, le percosse e in passato anche la morte, mentre all’uomo non è richiesto alcun obbligo. La donna in pratica
(secondo la vecchia mentalità) è considerata impura a causa della contaminazione del sangue mestruale; per questo viene tenuta separata da spazi di comune frequentazione maschile durante i suoi
cicli mensili e dopo il parto, ecco perché le donne sono tenute a consumare i pasti in luoghi separati
e dopo aver servito i loro uomini.
“Le donne nella cultura zingara sono comunque “oggetti” di grande valore ed è forse anche per
questo che vengono ricoperte d’oro. Esse sono gli strumenti attraverso i quali gli uomini definiscono la struttura delle alleanze matrimoniali, struttura portante dell’organizzazione sociale zingara dove non esiste la mediazione politica dei conflitti (lo zingaro possiede, infatti, un istinto quasi felino
nell’individuazione di dinamiche sociali di potere e si adopera per non trovarsi all’interno di esse in
una posizione di inferiorità appunto attraverso il sistema delle alleanze matrimoniali. Esse mettono
poi al mondo i figli che tanto più sono maschi e numerosi tanto più rafforzano il prestigio e il potere
della famiglia.
Queste donne cariche di responsabilità e di doveri oggi, proprio grazie a quell’attaccamento allo
status quo che è proprio delle persone sottomesse, giocano un ruolo fondamentale nella conservazione di una tradizione culturale”
(Francesca Manna, Donne, protagoniste sottomesse della cultura zingara).
Cosa mangiano gli zingari?
Abbiamo già detto prima, facendo riferimento ad una fiaba, che i Rom mangiano i porcospini.
Non tutti naturalmente, ma certe tribù ortodosse lo considerano un piatto davvero prelibato. Per la
cottura l’animale viene ricoperto d’argilla e così viene messo direttamente nella brace. Una volta
cotta la palla di argilla si apre e la pelle con gli aculei rimane attaccata all’argilla. La carne comunque tra gli zingari è molto ambita ma ci sono dei divieti, per esempio non mangeranno mai cavalli,
cani e gatti (nonostante qualche diceria). Il pollame è consumato in grande quantità ed è il piatto
tradizionale di molte tribù, soprattutto il pollo in brodo, la cosiddetta ESCUDELLA.
All’origine gli zingari erano veri e propri raccoglitori e mangiavano bacche, frutta selvaggia, radici, funghi, solo a contatto con le popolazioni sedentarie hanno cominciato a consumare cereali e leguminose. Ma ciò che piace veramente agli zingari è la pesca e pochi sanno che sono stati gli inventori delle esche artificiali. Infatti furono loro, più di 500 anni fa, a fabbricare le esche come quei
piccoli pesci di legno decorati di ciuffi di piume colorate nelle quali nascondevano l’amo.
Gli zingari inglesi hanno inventato la mosca artificiale per la pesca della trota. Ancora oggi usano
esche particolari, quasi magiche, profumate che sanno attirare con olii profumati i pesci.
Vorrei concludere con una leggenda metropolitana su denti d’oro ed è quella di pensare che gli
adulti “malvagi” strappino i denti ai loro figli per metterli d’oro. Questo non è vero. I denti sono solo ricoperti di capsule d’oro. Pare che a metterli fino a poco tempo fa tempo sia stato ( o è ancora?)
un famoso dentista di origine siriana ALAIN KARNABE’ che ha girato per anni in tutti i campi
d’Europa compresa la Sicilia e tutti si sono affidati a lui.
Testi di riferimento:
Daniell Soustre de condat, Rom una cultura negata, Città di Palermo, Assessorato incarichi speciali,
1997
Diane Tong (a cura), Storie e fiabe degli zingari, TEA, Borgaro TO, 1997
Francesca Manna, Donne, protagoniste sottomesse della cultura
Zingara, in Gli zingari. Storia, tradizioni, lingua e cultura di “un popolo senza patria” a cura di
A.Arlati, F. Manna, C. Cuomo - Opera nomadi di Milano - Numero
speciale de Il calendario del popolo,Milano,Teti editore 1996
APPENDICE
Chi sono gli Zingari?
Intervista a Leonardo Piasere
Il prof. Leonardo Piasere, antropologo, è uno dei maggiori conoscitori della vita zingara in Italia. Una
conoscenza che non si è evoluta a tavolino ma che è iniziata all'interno dei Campi, dove, allora giovane
studente, visse con gli Zingari la loro stessa vita e conobbe di prima mano usi, costumi e tradizioni
spesso vietate agli occhi degli estranei.
Questa intervista, rilasciata a Dafne Turillazzi per la trasmissione radiofonica Ethnos, trasmessa da Radio Sardegna, è stata da egli stesso rivista e adattata per la pubblicazione in La terza metà del cielo.
Prof. Piasere, direi di iniziare questo breve viaggio tra i popoli nomadi illustrando innanzi tutto che cosa
comprende, comunemente, il termine "Zingari", ossia quante comunità esistono e, per quanto riguarda
l'Italia, dove esse sono dislocate...
Questa è la classica domanda a cui è molto difficile rispondere, perché il termine "zingaro" è un termine
che viene dato dall'esterno ad un insieme di popolazioni e, dal momento che le popolazioni così denominate normalmente non accettano questo termine, il suo uso è questione di convenzione. Un po' come
usare il termine "crucchi" per le popolazioni del Nord Europa. Chi sono i "crucchi"? Sono un 'insieme
di popolazioni che noi definiamo così. Ma dal momento che il termine ha una connotazione negativa,
gli interessati, di norma, non vogliono essere definiti in questo modo.
Molto in generale, si può dire che quelli che noi chiamiamo Zingari comprendono un insieme di popolazioni parlanti lingue di origine neo-indiana e un insieme di popolazioni non parlanti lingue di origine
neo-indiana. Questi due grandi insiemi condividono caratteristiche di vita particolari. Caratteristiche segnate per esempio dal nomadismo, in certe regioni d'Europa, e da altri tratti culturali in altre regioni.
Perché una caratteristica da sottolineare, in quelli che noi chiamiamo Zingari, è che essi sono per la
stragrande maggioranza sedentari e non nomadi.
Quindi avrebbero abbandonato la caratteristica fondamentale dello spostamento?
E' difficile dire se abbiano abbandonato o se abbiano sempre praticato il nomadismo. Sta di fatto che
oggi non sono nomadi, ed è molto difficile dire se un tempo lo siano stati.
Tornando alla domanda iniziale, brevemente, possiamo schematizzare a grandi linee quali sono queste
comunità? Noi conosciamo maggiormente i Rom, perché li conosciamo direttamente. Poi immagino che
ve ne siano molte altre...
Sì. Le comunità Rom, tra quelle che noi chiamiamo zingare, sono senz'altro le comunità più numerose
in tutta Europa. Sono concentrate soprattutto nell'Est Europa, oltre la linea immaginaria che va da Roma
a Helsinki. Nella parte occidentale d'Europa abbiamo comunità che si definiscono altrimenti, come ad
esempio i Sinti, i Manus, i Kalé della Spagna o del Galles (questi ultimi in via di estinzione). All'interno
dell'Europa occidentale ci sono anche popolazioni che non parlano lingue neo-indiane, come ad esempio i Voyageurs francesi, gli Jenis tedeschi, i Minceir irlandesi, i Tattaren della penisola scandinava, che
pure sono considerati "Zingari" dalle popolazioni locali. Nella letteratura specializzata degli ultimi anni
è invalso l'uso di denominare "Zingari" solo le popolazioni che si ritengono originarie dell'India e
"Viaggianti"solo quelle di origine autoctona. Ma una netta divisione è spesso impossibile da stabilire.
Per quanto riguarda la religione, qual è quella più sviluppata tra i Nomadi?
La caratteristica principale degli Zingari è che normalmente adottano la religione delle popolazioni non
zingare fra cui vivono. Per cui nei Paesi musulmani, come in certe regioni dei Balcani, essi sono musulmani (gli Zingari della Bosnia, della Macedonia e del Kosovo) e restano in sintonia con le religioni
dominanti in quei territori. Nel Nord Europa sono protestanti, in Serbia sono ortodossi, in Italia, i Spagna e in Francia sono cattolici e così via. Da segnalare che negli ultimi anni ha preso piede la Chiesa
Evangelica, che sta facendo adepti zingari un po' ovunque in Europa.
Una suddivisione importante tra le varie comunità di Nomadi credo sia, oltre quella religiosa, anche
quella basata sulla ricchezza, cioè sulle risorse economiche degli Zingari. Possiamo spiegare quali comunità sono più o meno ricche? Il perché e quali valori comprendono la povertà o la ricchezza delle
comunità? Quelle più ricche si avvicinano maggiormente ai nostri valori di vita oppure mantengono intatte le loro caratteristiche, anche se in condizioni economiche diverse?
Non credo che si possa stabilire un confronto in questo senso. E le spiego
subito il perché. Da noi la ricchezza e il benessere sono collegati all'appartenenza ad una classe sociale.
Fra gli Zingari non esistono le classi sociali come noi le intendiamo. Le uniche distinzioni all'interno
delle comunità sono quelle tra i sessi, tra maschi e femmine, e un po' meno quelle relative alle diverse
età. Vi possono essere comunque degli Zingari più ricchi o più poveri, ma la ricchezza o la povertà sono
sempre congiunturali, causate dal momento, perché i modelli di distribuzione delle risorse all'interno
delle comunità seguono canali egualitari. Per cui quando vi è accumulazione di ricchezza all'interno di
una famiglia il tentativo non è quello di consumare quanto accumulato al suo interno, ma di distribuirlo.
Per cui lo Zingaro oggi ricchissimo, all'indomani può essere veramente povero e vi assicuro che spesso
succede veramente così...
Noi ad esempio, qua a Cagliari, abbiamo visto poco tempo fa l'arrivo dei Lovara, molto ricchi rispetto
agli Zingari che siamo abituati a vedere nelle nostre periferie, cioè i Rom...
Che ci siano dei gruppi che attuino delle strategie verso l'esterno più efficienti dal punto di vista del
guadagno personale è senz'altro vero. D'altra parte i confronti tra Zingari ricchi e Zingari poveri intersecano parzialmente i confini dei gruppi. E vero quindi che i Lovara, a partire dagli ultimi venti, trent'anni, sono riusciti ad arricchirsi, anche se il discorso forse non vale per tutte le famiglie. Ciò è successo
perché ad un certo punto sono riusciti a praticare strategie economiche vincenti.
Sono cambiati i loro valori di vita, in rapporto a questa maggiore ricchezza?
Dipende dalle comunità. In certe comunità sì, in altre no. E' difficile generalizzare da questo punto di
vista. Comunque, normalmente, diciamo a livello statistico, quello che conta è la singola comunità. Ma
soprattutto ciò che conta è che all'interno delle comunità non si creino disuguaglianze, perché la tensione principale è quella di mantenere un'uguaglianza che non permetta la formazione di capi veri e propri.
Comunque, all'interno delle comunità, i capì ci sono?
Non ci sono capi all'interno della comunità. Ci sono certo dei leaders che possono essere considerati più
prestigiosi degli altri, ma il loro prestigio dipende dalle proprie singole capacità. Non sono investiti di
potere da parte della comunità, questo no, assolutamente...
In questo discorso che ruolo ha l'anziano? E' considerato di più rispetto ai giovani?
Sì, l'anzianità normalmente ha più prestigio. Ma l'anziano che fa degli errori perde il proprio prestigio.
Voglio dire che dipende sempre dai comportamenti reali.
Nella famiglia nucleare, che è sempre spinta all'autonomia, il prestigio viene conquistato dal capofamiglia per quello che realmente fa in realtà e non tanto perché riesce ad imporre la propria volontà su altre
persone.
Mi sembra di capire che in questa sua situazione in pratica acquista più autonomia e potere decisionale.
Da questo punto di vista le donne hanno possibilità di emancipazione all'interno della famiglia? Di potere decisionale?
Bisogna vedere come s'intende il termine "emancipazione". C'è il rischio di voler trapiantare i nostri valori, i nostri concetti, in situazioni un diverse. Che all'interno delle comunità zingare vi sia una divisione
tra i gruppi maschile e femminile, è certo. Più o meno tutti i gruppi zingari presentano questa grande dicotomia. Che i maschi adulti abbiano da questo punto di vista più potere delle donne, è anche questo sicuro. All'interno della famiglia il ruolo della donna è però fondamentale, importante dal punto di vista
della conduzione familiare. In tanti gruppi sono di fatto le donne di famiglia, le mogli, che danno le direttive di azione, anche se ufficialmente, per l'esterno, è sempre il maschio che fa la figura del capofamiglia. Molto spesso vi sono delle forti personalità, senza che questo porti a quel fantomatico matriarcato degli Zingari che qualcuno ha voluto vedere.
Che rapporti hanno i Nomadi con la città? I nomadi accampati nelle periferie? Rispetto anche ai valori
che si possono assimilare dalla città?
Normalmente, per gli Zingari, i non zingari circostanti costituiscono grosso modo l'ambiente su cui operare. Il fenomeno dell'urbanizzazione degli Zingari, intensificatosi in molti Paesi dell'Europa occidentale egli ultimi quaranta, cinquant'anni, ha seguito grosso modo il fenomeno dell'urbanizzazione della popolazione non zingara. Quindi, da questo punto di vista, non possiamo dire che il rapporto tra Zingari e
non zingari sia cambiato. E' cambiato soltanto semmai, in rapporto alle condizioni di vita sia degli uni
che degli altri: tutti si sono inurbati con un'azione intensiva.
Ci sono dei casi di Zingari e famiglie zingare che si sono inurbate e vivono in modo tranquillo, e ci sono
casi di famiglie e di comunità di Zingari che si sono inurbati in modo non tranquillo, ad esempio nelle
periferie desolate delle nostre città, così come è avvenuto per i non zingari.
Lei ha vissuto per alcuni anni all'interno di vari Campi nomadi. Ci vuole raccontare la sua esperienza?
Come si è svolta? Ha incontrato problemi? E' stato accettato subito?
La mia esperienza si è sviluppata soprattutto presso due diversi gruppi, in un gruppo di Roma xoraxané
e in un gruppo di Roma sloveni, cioè proveniente dalla Slovenia ma che vivono in Italia.
I due gruppi sono molto diversi dal punto di vista sociale e culturale. I Xoraxane sono un grande gruppo
venuto in Italia dal Sud della Jugoslavia a partire dagli anni '60. Quando io sono entrato nella comunità
alla fine degli anni '70, e sono andato a vivere con loro, erano da poco in Italia: quindi avevano problemi di tipo linguistico e giuridico. I Roma sloveni invece sono qui da una cinquantina di anni, sono già
più o meno alla terza generazione di residenti in Italia e non avevano più questi problemi. I primi sono
di religione musulmana, i secondi cattolica.
I primi attuano strategie economiche che da noi sono considerate illegali, soprattutto la mendicità infantile e femminile, i furtarelli etc., quindi hanno sempre problemi di contatti e di scontro con le istituzioni
e le autorità. I secondi attuano invece strategie economiche già molto più accettate. Sono commercianti
di ferro vecchio, di macchine usate, e un tempo facevano i commercianti di cavalli. Oggi alcuni sono
ancora commercianti, ma di cavalli da corsa. Questi secondi rappresentano un esempio di adattamento
senz'altro più riuscito o perlomeno più tranquillo. Il fatto che essi siano commercianti non significa però
che riescano ad essere sempre in regola, perché per loro è sempre molto difficile ottenere le licenze di
commercio, per cui si può dire che anche loro sono fuorilegge sotto molti punti di vista. Hanno comunque dei rapporti di tipo diverso con i non zingari circostanti.
Per parlare del mio ingresso in queste due comunità bisogna tenere presente una situazione più ampia.
Le situazioni molto diverse delle due comunità hanno portato ad un inserimento di tipo completamente
diverso. Sono stato molto ben accettato dai primi, che non avevano problemi di chiusura verso l'esterno
e anzi ricercavano in, qualche modo degli "amici" fra i non zingari italiani. Per gli altri invece, che godevano di una certa floridezza economica e che tutto sommato si erano ben impiantati, e che quindi non
avevano il problema di cercare "amici" all'esterno, il mio inserimento non è stato molto tranquillo.
Quali sono stati i problemi iniziali fra i Roma, considerato anche che lei stava lavorando?
Non è che ci siano stati veri problemi, che ti dicano: "no, non ti vogliamo " Perché questo non si dice
chiaramente al non zingaro. Però nel momento che tu sei accampato fra loro si fa soltanto pesare la tua
presenza, non ti si avvicina, ti si lascia solo. In questo modo, dopo alcune settimane di questa vita, uno è
triste...
Lei si è adeguato completamente ai loro modi di vita, nel periodo in cui è vissuto con loro?
Sì. Ho tentato perlomeno...
Questo le ha causato dei problemi?
Certo, lo shock culturale c'è sempre per un ricercatore...
Non era quindi una ricerca a tavolino?
No, assolutamente. D'altra parte gli antropologi che fanno ricerca col metodo dell'osservazione partecipante conoscono bene il problema dello shock culturale del ricercatore: è lui che si deve adattare alla
comunità. E non è sempre facile, ci vuole del tempo.
Qual è stata la realtà all'interno dei Campi che l'ha segnata maggiormente, come sua sensazione od
emozione personale?
In tutte e due le comunità quello che ho vissuto di più, quello che in qualche modo si è incarnato in me,
è il senso della solidarietà interna. Nonostante a volte tra le famiglie possano esservi dei litigi, discussioni di tutti i giorni, c'è un gran senso della solidarietà interna, un senso che noi non conosciamo assolutamente e che si manifesta in mille modi; per esempio tutti sono disposti ad aiutarti nel momento in
cui tu hai bisogno. Ad esempio, nel momento in cui io sono stato accettato, ero di fatto mantenuto da
loro, perché non avevo borse di studio, non avevo soldi, non avevo niente di mio. Io praticamente sono
stato mantenuto da loro. Poi ho cominciato a fare il loro mestiere, che mi hanno insegnato. Poi ho cominciato a conoscere la loro rete di clienti, e così via.
A parte il valore della solidarietà, come sono vissuti valori come "amore" e "fedeltà", rispetto a come
sono vissuti da noi?
L'amore tra marito e moglie, tra ragazzi e ragazze? Anche qui le manifestazioni esterne variano da comunità a comunità, da gruppo a gruppo. Comunque è un valore che è sentito moltissimo; certo, la visione della Zingara focosa, ben disponibile verso il non zingaro, è veramente una visione romantica. L'adulterio femminile, anche se la situazione varia da comunità a comunità, resta un caso fuori dalla norma. La fedeltà ha un valore molto sentito soprattutto da parte delle donne; anche qui, come da noi, grosso modo l'ideologia che possiamo chiamare maschilista è certamente presente.
Che importanza hanno per i Nomadi la festa, la musica e la danza. Sono tuttora "vive" anche tra quelle
comunità urbanizzate?
Direi che anche qui non si può generalizzare, perché non tutti gli Zingari sono abili suonatori, come
vuole il cliché dello Zingaro normalmente riconosciuto in Italia. In Italia sono pochi i gruppi in cui, soprattutto gli uomini, fanno i suonatori di professione. Comunque la festa, il momento della festa, è sentito da tutti. Perché la festa è la manifestazione verso l'esterno della coesione interna ed è il momento di
massima apertura di una comunità. Nelle feste degli Zingari i non zingari sono sempre ben accolti.
Le feste di solito cosa celebrano?
Dunque, dipende come sempre da comunità a comunità...
Si festeggiano, per esempio, i compleanni? Al di là delle feste religiose?
No, solitamente. Anche se alcuni gruppi hanno cominciato a farlo da un decennio. Ma non sono molto
importanti. Normalmente gli Zingari festeggiano, né più né meno, le occasioni rituali che assumono dalle popolazioni circostanti. Ad esempio certi Xoraxané che vengono dal Sud della Jugoslavia festeggiano
il San Giorgio, la grande festa del Maggio. Il San Giorgio è una festa molto importante nei Balcani, perché San Giorgio è l'unico santo che è venerato dai cattolici, dagli ortodossi e dai musulmani. I Rom
Kalderas presenti nel Nord, ma più o meno sparpagliati in tutta Italia, festeggiano la Slava, che è una
festa familiare adottata dai Serbi ortodossi.
I Rom cattolici normalmente festeggiano come noi, né più né meno, il Natale e la Pasqua, dando più
importanza (penso ancora ai Roma sloveni) al Capodanno, che per loro è più importante del Natale. Ossia festeggiano le nostre feste, ma ne reinterpretano la funzione.
Generalmente noi siamo abituati a considerare la magia dei Nomadi come frettolose e occasionali "letture" della mano. Invece vorrei sapere se, proprio all'interno del gruppo, si pratica o comunque si crede
alla magia, al soprannaturale.
E' sempre difficile fare una distinzione netta tra credenze magiche e religiose. Quindi io rubricherei
questa domanda in credenze magico-religiose. Tutti gli Zingari che io ho conosciuto sono ferventi credenti, il che non implica che siano credenti come noi vorremmo o come qualcuno di noi vorrebbe. Tutti
credono in esseri o potenze soprannaturali, tutti, siano essi cattolici, musulmani o ortodossi. Presso molti gruppi vi è la credenza su quello che loro chiamano il "rispetto" per i morti. Per cui attuano comportamenti tesi a salvaguardare la memoria di un morto, e questo può comprendere il non pronunciare più
il suo nome, il bruciare la carovana appena uno muore, il non mangiare più il piatto preferito del morto,
ecc. L'insieme di queste credenze e pratiche caratterizza e distingue le singole comunità le une dalle altre.
Ho parlato con dei Nomadi che raccontavano della "lettura" del caffè...
Sì, questa è una pratica comune ai gruppi provenienti dal Sud della Jugoslavia. La "lettura" del caffè è
comune anche fra i non zingari del Sud della Jugoslavia.
In conclusione vorrei che lei ci desse un giudizio sulle molteplici rappresentazioni degli Zingari nel cinema e nella letteratura. Secondo lei sono espressioni puramente folkloristiche, queste, che quindi mistificano un po' ciò che è la vera anima del popolo nomade, oppure possono essere considerati lavori attendibili e non banalmente oleografici?
Sinteticamente: potrei dire che il 99% della produzione artistica e letteraria ci mostra uno zingaro stilizzato, che non ha assolutamente niente a che fare con la realtà zingara. Vi sono però alcune opere in cui
gli autori hanno cercato di rappresentare la realtà pur tenendo presente la vena artistica. Penso per
esempio all'ultimo film di Kusturiza: la realtà che lui ha tentato di descrivere si avvicina molto alla realtà "vera".
Invece queste forme stilizzate, come lei ha detto prima, in che cosa consistono?
Consistono in un amalgama di stereotipi negativi e positivi di forma un po' ameboide, diciamo così, che
si tramandano nella letteratura occidentale di generazione in generazione a partire dal '400. Ad esempio
la Zingara che legge il futuro, quando non sono tante le comunità in cui le Zingare effettivamente leggono il futuro; lo Zingaro sporco e ladro, stereotipo negativo; oppure lo Zingaro amante della libertà e
Figlio del Vento, quando è molto difficile dire che gli Zingari siano "figli del vento", liberi come il vento. Voglio dire che la libertà individuale all'interno della comunità certo c'è, ma, nella comunità, l'importante è la coesione interna: vi è sempre la ricerca dell'unanimità.
Sempre a questo proposito, volevo chiederle se la concezione di vita, la scansione del tempo ai ritmi
della filosofia di vita, alla libertà che abbiamo appena nominato, si differenzia e in cosa dalla nostra?
Abbiamo parlato di libertà, di una mitica libertà che forse, tutto stimato, non esiste?
La libertà non esiste? No. Per loro la libertà esiste nel momento in cui continua la distinzione tra Zingari
e non zingari. Ciò significa che tutte le attività di una comunità sono tese al mantenimento della comunità stessa. La libertà è questa, il fare, come dicono loro, romané e non gagikané, da Zingari e non da
non zingari. All'interno di questa filosofia c'entra naturalmente la visione del tempo, che è particolare.
Un tempo che non è scandito da tappe precise come normalmente da, noi è scandito.
In che senso? A parte magari il fatto che noi possiamo tenere la nostra agenda, con i nostri appunti, con
i nostri orari e appuntamenti, in che consiste questa differenza?
Consiste in questo: ogni persona vuole essere padrona del proprio tempo, di amministrare la propria
giornata. Il che implica normalmente che cosa? Il rifiuto del lavoro salariato, ad esempio. Perché tutti
gli Stati hanno avuto problemi nei loro tentativi di proletarizzare gli Zingari? Dal momento che il lavoro
salariato impone un ritmo che "ruba" il tempo, gli Zingari non l'hanno mai accettato o l'accettano spora-
dicamente e soltanto temporaneamente. In Italia questo fenomeno è generalizzalo. Studi condotti
nell'Europa dell'Est su Zingari proletarizzati a forza dalle autorità, dimostrano che questa tensione al
mantenimento della padronanza del proprio tempo persiste. Le tattiche messe in pratica sono diverse,
prima fra tutte quella dell'assenteismo, ossia quello che dai non zingari è considerato assenteismo.
Come considera, da un punto di vista culturale, i tentativi di alcune associazioni di solidarietà di trovare
un posto di lavoro ai Nomadi?
Dipende. Se questi tentativi vengono fatti insieme agli interessati, va bene. Perché bisogna sempre partire da questo. Bisogna vedere poi se gli interessati chiedono un posto di lavoro per far piacere agli amici
delle associazioni, oppure se ci credono veramente. Le convinzioni sul lavoro salariato, ma anche qui
non bisogna generalizzare, variano. Perché so che tanti gruppi del Sud della Jugoslavia, abituati negli
ultimi decenni ad avere un minimo di lavoro salariato, lo accettano abbastanza volentieri. Altri meno.
Quello che io penso sia più consono per loro fare, o proporre, sarebbe di agevolare al massimo l'ottenimento delle licenze di commercio. Perché lo Zingaro, normalmente e prima di tutto, è un commerciante.
Questo è lo Zingaro...
Per quanto riguarda il recupero della materia prima esistono dei problemi? Per esempio il costo del rame?
Sì e no, nel senso che se uno Zingaro decide veramente di fare il lavoro di sbalzare il rame, lo compra,
lo cerca. Se lo vuole veramente fare. Ma il problema è che non bisogna esagerare l'importanza dell'artigianato. Io vedo tante associazioni che a volte, per difendere gli Zingari nei confronti dei non zingari,
caricano l'importanza dell'artigianato all'interno delle comunità. Anche i gruppi che fanno artigianato
privilegiano non tanto il lavoro dei metalli, ma lo smercio del proprio lavoro. Un valore diverso. Perché
la tendenza è sempre quella di porsi come dei partners commerciali nei nostri confronti. Questa filosofia
economica può anche sconfinare da un lato in attività illegali per noi, o, dall'altro, in attività che sono
vissute come illegali da loro. Ad esempio il lavoro salariato. Perché per molti di loro vendere la propria
forza lavoro è considerato alla stregua di essere derubati dagli altri, dai non zingari.
E' tutto relativo, quindi...
Ah, guardi, le assicuro che se si guarda il mondo dal punto di vista di una comunità zingara, ci si accorge che tutto è davvero relativo.