gastro- enterologia - Appuntimedicina.it
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GASTROENTEROLOGIA Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA ESOFAGEA ANATOMIA L'esofago è un tubo che collega la faringe allo stomaco ed ha la capacità di trasportare il bolo attraverso contrazioni peristaltiche impedendo il reflusso gastro-esofageo e permettendo l'eruttazione e il vomito. È formato da 3 porzioni: SES: sfintere esofageo superiore costituito dalla porzione inferiore del muscolo costrittore inferiore della faringe e dal muscolo cricofaringeo. Si tratta di una zona ad alta pressione nell'esofago cervicale che impedisce il passaggio di cibo nella trachea e l'ingresso di aria nell'esofago durante inspirazione. Mantiene in genere un tono di chiusura ma risponde rapidamente agli stimoli come la deglutizione, l'eruttazione e il vomito. Innervazione da parte del plesso faringeo e dal laringeo ricorrente nella parte inferiore. Corpo esofageo: a riposo si tratta di una cavità virtuale costituita da: ◦ Mucosa: epitelio squamoso stratificato non cheratinizzato con alcuni sbocchi di ghiandole sottomucose. ◦ Sottomucosa ◦ Muscolare: costituita da un fascio circolare interno ed uno longitudinale esterno. È formata nella parte superiore da fibre striate, nella parte mediana da fibre striate frammiste a fibre lisce e nella porzione inferiore quasi esclusivamente da fibre lisce. L'innervazione è intrinseca ed estrinseca. La via intrinseca si basa sul fatto che all'interno della parete esofagea ci sono il plesso mienterico (di Auerbach) e il plesso sottomucoso (di Meissner) che sono in grado anche da soli di iniziare una contrazione peristaltica. Comunque questi neuroni ricevono fibre dal nucleo ambiguo per la parte striata liberando acetilcolina che si lega ai recettori nicotinici e stimola la contrazione, per la parte liscia l'innervazione ha origine dal nucleo motore dorsale del vago e arriva al plesso mienterico (che è più fitto nella parte liscia). La via estrinseca possiede fibre afferenti ed efferenti divise in simpatiche e parasimpatiche. La via afferente funge nella porzione prossimale da recettori che inviano impulsi al midollo che vengono percepiti nella stessa area di innervazione degli impulsi propriocettivi del cuore. La via efferente può essere eccitatoria parasimpatica liberando acetilcolina che si lega ai recettori muscarinici della porzione liscia o mediante il NANC liberando sostanza P; oppure inibitoria soprattutto mediante il sistema NANC che libera NO e VIP. ◦ Avventizia: non esiste una sierosa a parte per la porzione sottodiaframmatica. SEI: lo sfintere esofageo inferiore è una zona ad alta pressione a livello della giunzione esofago-gastrica e necessaria per evitare il reflusso di materiale gastrico nell'esofago. Il mantenimento di una pressione positiva è favorito dal legamento freno esofageo, dall'angolo di His, dalla posizione sottodiaframmatica dell'esofago distale e dai pilatri crurali del diaframma. Esso separa la pressione negativa toracica da quella positiva addominale e si distingue per la sua attività basale tonica e fasica di rilasciamento e contrazione. È influenzato da diversi stimoli nervosi, ormoni, cibi e altre sostanze. Il nervo vago è il principale controllore sia della contrazione che del rilasciamento. I Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 neuroni del nucleo motore dorsale arrivano ai neuroni postgangliari eccitatori o inibitori. Gli eccitatori liberano AC che si lega ai recettori muscarinici e stimola la contrazione, gli inibitori fanno parte del sistema NANC e liberano NO che stimola il rilassamento. I colinergici e gli alfa-adrenergici favoriscono la contrazione, i beta-adrenergici e gli anticolinergici favoriscono il rilassamento. Esistono ormoni che interagiscono con la motilità del SEI come la gastrina, la sostanza P e la motilina che favoriscono la contrazione, mentre la secretina, la colecistochinina e il VIP favoriscono il rilasciamento. I cibi proteici stimolano una contrazione del SEI mentre il cioccolato, i grassi, l'etanolo e la menta piperita stimolano un rilassamento. Il rilasciamento può essere transitorio o post-deglutitorio. Il secondo avviene sempre dopo la deglutizione, mentre il primo avviene di solito per distensione del fondo gastrico facilitando il passaggio dell'aria dallo stomaco all'esofago determinando l'eruttazione. FISIOLOGIA La deglutizione è il processo fondamentale per permettere l'attivazione della peristalsi e il passaggio del bolo verso lo stomaco. È formata da 3 fasi: Orale: scatenata dall'immissione del cibo nella bocca che permette l'attivazione neurosensoriale in base al gusto, alla quantità e alla consistenza e avvia la fase faringea. È controllata autonomamente. Faringea: fase scatenata dalla scarica dei recettori orali e faringei alla presenza di cibo in cavità orale che raggiunge il nucleo del tratto solitario tramite il glossofaringeo, il vago, il faciale e il trigemino. Si verifica un'elevazione dell'osso ioide e del palato molle per separare il nasofaringe dal passaggio del cibo. Poi c'è l'avvicinamento delle aritenoidi all'epiglottide che si abbassa ed evita il flusso di cibo in laringe. Esofagea: si attiva subito dopo la deglutizione: ◦ Peristalsi primaria: contrazione efficace dello strato circolare per far progredire il cibo e del longitudinale per accorciare l'esofago. L'onda peristaltica impiega 8 secondi per raggiungere il SEI che è già rilasciato dopo 1-2 secondi dalla deglutizione. Deglutizioni ravvicinate bloccano la peristalsi e la motilità esofagea. ◦ Peristalsi secondaria: consegue alla distensione di un qualsiasi punto dell'esofago a seguito di presenza di residui solidi o liquidi o materiale di reflusso. È attivata dall'innervazione intrinseca. ◦ Peristalsi terziaria: non sempre presente e non ha scopi propulsivi del cibo. SINTOMI DI ALTERATA FUNZIONE ESOFAGEA 1) Disfagia Problema di deglutizione o peristalsi avvertito dal paziente come una sensazione di arresto o rallentamento del transito del bolo. Fa sempre riferimento alla deglutizione a differenza del bolo faringeo. Può essere dovuta a cause meccaniche come ostruzione o stenosi oppure a cause neuromuscolari. Nel primo caso la disfagia si fa sempre più ingravescente soprattutto per i cibi solidi mentre nel secondo caso la disfagia è intermittente sia per liquidi che per solidi e talvolta risulta iniziare proprio con una disfagia per i cibi liquidi (disfagia paradossa). Di solito la disfagia funzionale ha un esordio improvviso a differenza della forma ingravescente Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 della organica. Richiede anamnesi, studio della deglutizione (disfagia faringea), endoscopia (disfagia esofagea organica), manometria (disfagia esofagea motoria). Le cause di disfagia sono: - Malattie funzionali: acalasia, spasmo esofageo diffuso - Malattie sistemiche: connettiviti, malattia di Chagas - Malattie organiche: carcinoma, stenosi cicatriziale, reflusso, varici, diverticoli, sindrome di Mallory-Weiss, compressione ab-estrinseco. 2) Odinofagia Si tratta di una deglutizione dolorosa evocata principalmente da un'irritazione della mucosa o più raramente della muscolare. Di origine infettiva o per ingestione di caustici. 3) Bolo faringeo Sensazione di presenza di un corpo esofageo che non riesce a muoversi riferita alla gola, indipendente dalla deglutizione e fuori dai pasti. Se associata ad altri sintomi esofagei può far pensare a patologia esofagea altrimenti può essere correlata ad uno stato ansioso. 4) Dolore toracico 5) Eruttazione Fenomeno fisiologico a seguito della necessità di espellere l'aria dallo stomaco verso la bocca rilasciando il SES e il SEI. L'eruttazione esofagea invece è patologica e consiste nell'aspirazione inconscia di aria nell'esofago che richiede un'espulsione attraverso eruttazione. Spesso colpisce persone ansiose ed emotive. 6) Rigurgito Reflusso di cibo in direzione opposta alla normale peristalsi e fuoriuscita dalla bocca. Accentuato in clinostatismo e antiflessione. Si verifica in assenza di nausea o conati tipici invece del vomito. 7) Pirosi Sintomo doloroso retrosternale che si irradia spesso anche al collo ed è molto frequente soprattutto nei pazienti con MRGE. Il meccanismo forse è dovuto al rilascio delle giunzioni cellulari ed entrata di ioni H+ nella parete che stimolano la scarica recettoriale nocicettiva. 8) Mericismo e Ruminazione Il mericismo è l'atto volontario di rigurgitare il contenuto gastrico dalla bocca in assenza di vomito o nausea e sputarlo o inghiottirlo nuovamente. Presente in casi di disturbi del comportamento alimentare come bulimia. Diverso dalla ruminazione in cui lo spostamento inverso del bolo fa seguito ad attività spontanea di retroperistalsi tipica di alcune specie animali. 9) Scialorrea Esiste una scialorrea esofagea ed una non esofagea, è caratterizzata da un Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 aumento delle secrezioni salivari in modo spropositato. - I casi di scialorrea esofagea sono: cancro, corpo estraneo, intubazione, acalasia, aneurisma aortico, infiammatorio, ingrandimento atrio sx. - I casi di scialorrea non esofagea sono: iperidratazione, dentazione anomala, rabbia, avvelenamenti, idiopatica, malattia di Wilson, farmaci (colinergici, anticolinesterasi, digossina...) Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DISORDINI MOTORI DELL'ESOFAGO DEFINIZIONE Anomalie della peristalsi esofagea che possono interessare sia l'esofago cervicale che il corpo esofageo e il SEI. Le affezioni che riguardano una dismotilità dell'esofago superiore derivano in genere da problemi orofaringei che non permettono un adeguato passaggio del bolo attraverso il SES. Il tipico sintomo è la disfagia orofaringea e quindi il paziente ha difficoltà a far passare il bolo attraverso il SES. Si possono associare fenomeni di polmonite da aspirazione. Le principali eziologie di disordini motori dell'esofago superiore sono: Malattie del SNC: Parkinson, corea di Huntington, sclerosi laterale amiotrofica, degenerazione spinocerebellare, accidenti cerebrovascolari, paralisi bulbare progressiva. Malattie dei nervi cranici: paralisi del ricorrente, difterite, avvelenamento da piombo. Malattie muscolo-scheletriche: polimiosite, miopatie, distrofia muscolare, miastenia gravis. I disordini che interessano l'esofago distale e il SEI si suddividono in: - Ipomotilità - Ipermotilità Sono principalmente dovuti ad anomalie nervose e muscolari. IPOMOTILITA' DEFINIZIONE Le forme di ipomobilità esofagea sono riferibili ad anomalie che colpiscono il SEI oppure il corpo esofageo e consistono in un'alterata capacità contrattile del SEI che risulta compromessa e un'ipomotilità del corpo per scarsa ampiezza delle onde peristaltiche. EZIOLOGIA Forma idiopatica: rappresenta l'80% dei casi di MRGE Forma secondaria: è caratterizzata dalla presenza di patologie sistemiche come la sclerodermia, la connettivite mista, la polimiosite e dermatomiosite, il LES, l'alcolismo cronico, il diabete mellito, l'amiloidosi e l'ipotiroidismo PATOGENESI La muscolatura liscia dell'esofago non risponde allo stimolo eccitatorio (prime fasi della sclerodermia in cui si verifica una fibrosi diffusa della parete) Lo stimolo eccitatorio alla muscolatura liscia è ridotto (caso dell'esofagite) L'inibizione del NANC è spropositata o non controbilanciata. CLINICA È dominata dai tipici sintomi del reflusso gastro-esofageo e quindi pirosi e disfagia. ACALASIA DEFINIZIONE Situazione di ipermotilità in cui esiste un concomitante problema nervoso e muscolare per cui il SEI non riesce a rilasciarsi e la contrazione dell'esofago non avviene per l'assenza delle onde peristaltiche. Ha una prevalenza tra i 30 e 60 anni con picco ai 40. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EZIOLOGIA Il processo può essere idiopatico o secondario. La forma secondaria comprende l'unica causa nota conosciuta ossia l'infezione da Tripanosoma Cruzii in America latina soprattutto in cui vengono selettivamente infettate dai parassiti le cellule gangliari del sistema di Auerbach e quindi viene persa la funzione motoria esofagea. La forma idiopatica può essere correlata a problemi autoimmuni che generano un insulto infiammatorio continuo sulla parete esofagea che risponde con una fibrosi neuronale e una necrosi del plesso mienterico con incapacità di generare onde peristaltiche e mantenimento di uno stato contratto del SEI. PATOGENESI 1 - L'acalasia deriva da una anomalia primitiva a carico delle cellule di Cajal predisposte alla secrezione dei neurotrasmettitori del sistema NANC di tipo inibitorio quindi VIP e NO. L'assenza di tali cellule determina un'incapacità di rilasciamento del SEI che resta in uno stato iperteso. 2 - Contemporaneamente avviene un'alterazione della guaina mielinica delle ramificazioni esofagee del vago e di conseguenza un'alterazione della motilità per incapacità di propagazione dell'impulso. Queste 2 situazioni determinano una stenosi funzionale esofagea che determina gli effetti clinici. L'esofago acalasico è inizialmente ispessito ed ipertrofico per cercare di superare la resistenza offerta dal SEI iperteso ed in un secondo momento risulta dilatato “megaesofago” per sfiancamento progressivo delle pareti. CLINICA DIAGNOSI I 3 principali sintomi soggettivi della patologia sono: Disfagia: è lentamente ingravescente ed interessa in modo sempre maggiore i cibi solidi a differenza dei problemi neuromuscolari in cui la disfagia è paradossalmente più alta all'inizio per i liquidi. Si differenzia dalla disfagia da cancro perchè in questo ultimo caso è molto veloce e non lenta ed ingravescente. Rigurgito: tipicamente materiale non acido visto che non raggiunge lo stomaco. A volte può alleviare il senso di pesantezza postprandiale, tuttavia provoca con il tempo una riduzione dell'introito di sostanze nutritive e dunque calo ponderale. Dolore toracico: a livello retrosternale, anche se non è così frequente. Il paziente nelle fasi avanzate perde peso. Talora si può verificare anche scialorrea. 1. Anamnesi: il paziente riferisce i tipici sintomi e può anche riferire che il passaggio del bolo deve essere accompagnato da statura eretta e distensione del dorso. 2. Rx torace: tipicamente con infusione di bario, si evidenzia l'aspetto a coda di topo o a becco di uccello in quanto si vede una dilatazione esofagea per la raccolta del bario che improvvisamente si blocca e lascia passare una piccola linea di bario attraverso la stenosi che di solito è regolare a differenza dell'irregolarità del cancro. 3. Endoscopia: ha la funzione principale di escludere il rischio di lesioni esofagee maligne. È tipica la presenza di residui di cibo, cardias serrato e scatto dello strumento al passaggio attraverso la stenosi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 4. Manometria: esame essenziale per fare una diagnosi definitiva perchè rileva onde simultanee inefficaci e il rilasciamento incompleto o assente del SEI durante la deglutizione. TERAPIA Può essere di diversi tipi: Farmacologica: si basa sulla somministrazione di calcio antagonisti e nitroderivati per via sublinguale qualche momento prima del pasto. Iniezione di tossina botulinica: prelevata da colture di Clostridium botulinum, ha la funzione di bloccare la liberazione colinergica dai terminali sinaptici, tuttavia è una metodica transitoria perchè non dà effetti prolungati. Inoltre può causare una reazione infiammatoria locale che ostacola l'eventuale successivo intervento di miotomia. È riservato ai pazienti anziani o con comorbidità che non possono sostenere una miotomia. Dilatazione pneumatica: si entra con un dilatatore a palloncino realizzando uno sfiancamento permanente delle fibre del SEI. È efficace nel 90% dei pazienti. Miotomia: intervento più duraturo ed efficace, ma è invasivo. Si effettua una resezione del cardiasi secondo Heller con plastica antireflusso. DISORDINI SPASTICI DELL'ESOFAGO DEFINIZIONE Altra forma meno comune di ipermotilità esofagea. Si classifica in: Spasmo esofageo diffuso Disordini spastici non specifici Lo spasmo esofageo diffuso è simile al disordine aspecifico ma si differenzia per una stretta correlazione con l'acalasia e la sintomatologia ostruttiva funzionale. EZIOLOGIA È ignota, si pensa che il fattore scatenante possa essere un'anomala responsività della muscolatura esofagea alla stimolazione colinergica forse a seguito di una perdita del meccanismo di controllo tra inibizione ed eccitazione. PATOGENESI L'ipersensibilità colinergica potrebbe essere alla base dell'alterata motilità e dell'ipertensione del SEI. CLINICA DIAGNOSI 1. Anamnesi 2. Radiografia toracica: infusione di bario e tipico aspetto di esofago a cavaturaccioli 3. Endoscopia: per trovare eventuali soluzioni diverse da un disordine motorio 4. Manometria: rileva la presenza di onde peristaltiche anomale simultanee; aumentata ampiezza e durata delle contrazioni; incompleto rilasciamento del SEI. Si differenzia dall'acalasia per la presenza di onde multiple e sincrone in tutto il corpo. TERAPIA Dolore toracico Disfagia (non sempre presente) Pirosi Effettuata in base al sintomo prevalente. Se l'ostruzione è predominante si effettua la terapia dell'acalasia. Se prevale il dolore si deve tranquillizzare il paziente ed eventualmente fare una terapia con omeprazolo per evitare che la Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 secrezione acida possa interferire con la percezione dolorifica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ESOFAGITI DEFINIZIONE EZIOLOGIA PATOGENESI Infiammazione dell'esofago a seguito di diversi fattori eziologici. Esofagiti infettive Esofagiti da Candida Esofagiti virali Esofagiti da caustici Esofagite da MRGE 1) L'esofagite infettiva si verifica frequentemente abbastanza spesso per la presenza di immunosoppressione a seguito di HIV, trapianto o terapia antineoplastica. 2) L'esofagite da candida si instaura essenzialmente a seguito di immunosoppressione a seguito di commensali come la Candida. Possono essere presenti placche rilevate anche a livello orofaringeo. 3) Le esofagiti virali vedono il loro principale fattore eziologico nell'HSV-1, mentre negli immunocompromessi è possibile anche HSV-2. Si presenta come vescicole e piccole ulcere superficiali. Il CMV interessa solo i pazienti immunocompromessi. 4) Le esofagiti da caustici derivano da ingestione principalmente a scopo suicida e comprendono soda caustica, ammoniaca, candeggina e H2O2. Le sostanze caustiche determinano la distruzione dei tessuti con cui vengono a contatto attraverso la dissoluzione delle proteine e la saponificazione dei grassi con penetrazione negli strati profondi e rischio aumentato di rotture. Esistono anche forme di ingestione di acidi che determinano una precipitazione delle proteine con formazione di escare che non permettono l'infiltrazione alle strutture profonde e pertanto sono meno gravi anche perchè tendono ad essere più liquide ed esplicano la loro azione lesiva più sullo stomaco che sull'esofago. CLINICA Dolore toracico Odinofagia Disfagia Ematemesi Per le lesioni da caustici anche shock, agitazione, dispnea, acidosi o alcalosi metabolica, leucocitosi e CID. DIAGNOSI Anamnesi Esame istologico durante endoscopia Per i caustici si cerca di risalire alla dose e alla concentrazione della sostanza ingerita e al tempo di passaggio esofageo. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TERAPIA Per la candida si danno farmaci antimicotici. Per l'HSV-1 e 2 si usa l'aciclovir, mentre per CMV è più opportuno il ganciclovir. Le lesioni da caustici hanno diverse fasi: Fase acuta: lesioni infiammatorie e necrotizzanti Fase di latenza: tessuto di granulazione Fase finale: cicatrizzazione ed eventualmente stenosi La terapia prevede la chirurgia. Nutrizione artificiale, laparotomia se si sospetta necrosi dei tessuti. Protesi esofagee nel caso di lesioni gravi. Chirurgia riparatrice prospettata solo dopo completa cicatrizzazione verificata endoscopicamente. STADIAZIONE Le esofagiti si dividono in 4 gruppi in base alla gravità rilevata endoscopicamente. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO (MRGE) DEFINIZIONE La MRGE è la patologia gastroenterologica più frequente in assoluto. È caratterizzata dal reflusso di materiale gastrico all'interno dell'esofago. Colpisce prevalentemente gli uomini tra 35-44 anni e le donne tra 25-34 anni. Viene considerata come una malattia in cui i sintomi sono correlati al reflusso acido, ma non sempre i sintomi sono associati ad una lesione organica. Inoltre questi sintomi tendono ad abbassare la qualità della vita se non vengono trattati in modo adeguato. La sintomatologia può essere tipica o atipica e in più si possono stabilire delle complicanze più o meno gravi. EZIOLOGIA Le cause sono molto spesso idiopatiche anche se possono correlare ad una malattia sistemica o ad uno stile di vita anomalo prolungato: - Sclerodermia - LES - Polimiosite - Diabete mellito - Amiloidosi - Alcolismo cronico - Obesità - Asma - Interventi chirurgici - Farmaci - Gravidanza PATOGENESI Il tono dello SEI viene mantenuto in stato di riposo attorno ai 10-30 mmHg per poi ridursi a seguito della deglutizione, durante i pasti e in risposta a ormoni, neurotrasmettitori e determinati cibi. Il SEI risulta iperteso durante la notte per evitare che il materiale gastrico refluisca in esofago. Oltre al tono del SEI esistono altri meccanismi antireflusso come: Peristalsi esofagea Clearance salivare Capacità tampone intra ed extracellulare Giunzioni serrate tra le cellule dell'epitelio Produzione di muco e bicarbonato Adeguato svuotamento gastrico. A questi aspetti si sommano i tipici fattori pro-refluenti come: Acidità del materiale gastrico Attività della pepsina che è in grado di digerire la sostanza extracellulare esofagea Eventuale presenza di bile ed enzimi pancreatici refluiti. Uno squilibrio di tali forze verso i fattori pro-refluenti portano ad una condizione in cui il materiale acido gastrico tende a risalire verso l'esofago. Il fattore di maggiore importanza patogenetica è il rilasciamento inappropriato del SEI che fisiologicamente si verifica a seguito della Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 distensione del fondo gastrico per permettere il passaggio di aria dallo stomaco verso l'esterno. Il SEI si rilascia per periodi molto più lunghi rispetto alla norma, non si rilascia a seguito della deglutizione e soprattutto non correlato ad una genesi di onde peristaltiche, si tratta perciò di un comportamento casuale. L'ernia iatale sembra essere uno dei maggiori fattori predisponenti visto che causa un accorciamento dell'esofago ed uno spostamento del SEI verso l'alto fornendo un serbatoio di acidità intratoracico. Si viene a creare un circolo vizioso per cui: 1) Causa primitiva evoca anomalie del SEI 2) Materiale gastrico refluisce in esofago 3) Infiammazione che riduce l'efficacia fisiologica della peristalsi 4) Si riduce la peristalsi e il tono sfinteriale 5) Accorciamento funzionale ed organico dell'esofago 6) Predisposizione all'ernia iatale che peggiora i sintomi. Il dolore è provocato dalla penetrazione di ioni H+ all'interno delle giunzioni cellulari con attivazione dei nocicettori. Questo quadro è responsabile dei sintomi nei casi di NERD cioè i casi in cui c'è un reflusso verificato che però non ha dato segni di lesioni organiche (reflusso senza esofagite). In caso di sintomi, pHmetria negativa e lesioni assenti si parla di pirosi funzionale. Non esiste parallelismo tra i sintomi e l'entità delle lesioni, tuttavia l'entità dell'esposizione all'acido correla con la durata dei sintomi. CLINICA La clinica tipica è caratterizzata da: Pirosi Rigurgito Di questi pazienti il 50% non presenta lesioni esofagee all'endoscopia per cui si considerano forme NERD. La clinica atipica esofagea prevede: Disfagia Odinofagia La clinica atipica extraesofagea comprende: 5. Asma 6. Tosse cronica 7. Raucedine, Disfonia 8. Dolore toracico Questi sintomi possono comparire normalmente anche se alcuni di essi associati ai sintomi tipici necessitano di una maggior accuratezza diagnostica per evitare le ipotesi più pericolose come un adenocarcinoma o una stenosi. In questi casi di clinica atipica si verifica ancor meno di frequente il riscontro di lesione organica esofagea. La clinica delle complicanze vede: Emorragia Ulcera Stenosi Esofago di Barrett Adenocarcinoma Complicanze extraesofagee (erosioni dentarie, otite, faringite, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 polmonite...) E' una patologia quasi mai autolimitante e non guarisce spontaneamente per cui necessita di un trattamento prolungato. La durata e la severità dei sintomi tipici sembrano predisporre per i sintomi atipici e tipicamente l'asma e il dolore toracico. Spesso i pazienti che hanno avuto una storia di sintomi tipici presentano anche almeno un sintomo atipico. L'asma deriva da inalazione del reflusso (soprattutto notturno in cui la peristalsi esofagea è bloccata, la posizione clinostatica favorisce il reflusso e l'assenza di stimolazione cosciente riduce il riflesso di deglutizione), da innesco di riflessi vagali a seguito dell'entrata di acido nella parete esofagea. Il dolore toracico è innescato forse da stimolazione dei tensiocettori o chemocettori. DIAGNOSI Anamnesi: è fondamentale, il parametro di valutazione clinica molto spesso risulta la base per iniziare una terapia empirica basata sui sintomi. Il paziente che riferisce pirosi e rigurgito senza altri sintomi facilmente ha una MRGE. I sintomi atipici vanno ricercati dopo quelli tipici. Tuttavia i sintomi tipici hanno una sensibilità non molto alta ed un specificità bassa che fornisce un VPP del 70%, cioè in un gruppo di persone positive solo il 70% risulta essere malata. È importante considerare che se sono presenti sintomi di allarme come età maggiore di 50 anni, anemizzazione, calo ponderale, disfagia, sintomi prolungati e refrattari alla terapia risulta necessario valutare endoscopicamente lo stato esofageo per ricercare eventuali lesioni maligne o stenosi. Endoscopia: tipicamente per identificare un esofago di Barrett per metaplasia colonnare che sostituisce il normale epitelio squamoso stratificato e conferisce un rischio aumentato di evoluzione a displasia e carcinoma. Si possono prelevare campioni istologici da analizzare. Bisogna ricordare che nel 50% dei casi il paziente con MRGE non ha esofagite. PH-metria esofagea delle 24 ore: rilevazione nella giornata delle variazioni di pH che nei casi di MRGE può raggiungere valori sotto i 4 anche in assenza dei pasti. Può essere evidenziata la correlazione tra riduzione del pH e comparsa dei sintomi. Il paziente può avere pHmetria positiva ed endoscopia negativa. Se entrambe sono negative e il paziente ha i sintomi si parla di pirosi funzionale. Viene utilizzata per valutare il paziente con sintomi ma endoscopia negativa, per valutare il preoperatorio e il paziente refrattario alla terapia antisecretiva. Test con inibitori di pompa protonica: test molto pratico ed economico in cui si vede se il paziente migliora i sintomi dopo una somministrazione standard di farmaco. Ma specificità e sensibilità sono basse. Rx esofago con bario Manometria esofagea: utile per valutare l'attività funzionale esofagea, utile solo per l'analisi preoperatorio del paziente sottoposto a chirurgia antireflusso. Scintigrafia esofagea: utilizzo di isotopi che vengono fatti inferire e si studia il loro andamento a livello del SEI Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Test di Bernstein: instillazione in esofago di 0,1 N di Hcl per vedere se vengono evocati i sintomi e se non vengono evocati con instillazione di acqua fisiologica. TERAPIA La terapia serve per ridurre i sintomi, rallentare la storia naturale della malattia e prevenire le complicanze oltre a guarire le eventuali lesioni. Modificazione dello stile di vita: posizionamento di un cuscino sotto la testa durante il riposo, evitare snack prima di coricarsi, evitare pasti serali abbondanti e soprattutto coricarsi subito dopo mangiato, ridurre cibi ad alto contenuto acido come agrumi, pomodoro, bevande gasate e cioccolato. Importante ridurre il sovrappeso. Sospensione di farmaci come calcio-antagonisti, nitrati e benzodiazepine. Terapia self-oriented: il paziente decide da solo una terapia in base ai sintomi e si presenta dal medico quando questa terapia non ha efficacia. Terapia short term: a breve termine, il medico spesso si trova a prescriverla a seguito di rilievi anamnestici positivi e non allarmanti con H2 antagonisti, ma soprattutto PPI (inibitori di pompa protonica come l'omeprazolo). Nei pazienti NERD questa terapia ha una minor efficacia. La terapia può interrompersi per un certo periodo per monitorare la situazione una volta che il quadro sia migliorato. Se insorge una recidiva è necessario procedere alla terapia di mantenimento Terapia di mantenimento: - Continua: paziente con recidive entro breve tempo, presenza di sintomi atipici e complicanze. - On demand: nelle forme di NERD o esofagite lieve. Il paziente assume l'inibitore di pompa non appena compaiono i sintomi e lo smette quando terminano i sintomi stessi. Terapia nei non responders: è raro che il paziente non risponda per cui in questi casi bisogna tenere in considerazione una diagnosi errata, una non corretta posologia del farmaco, una non corretta assunzione da parte del paziente o la presenza di un paziente ultra-metabolizer o un incremento di acidità elevato durante la notte. In questi 2 ultimi casi è necessario innalzare la dose di PPI. Terapia endoscopica: sta iniziando a diffondersi questa terapia che vede nell'endoscopia un metodo terapeutico grazie alla formazione di suture nel cardias tali da dare cicatrici, uso di radiofrequenze che portano a fibrosi e aumento dello stato ipertensivo del SEI e iniezione di certe sostanze che scatenano una barriera antireflusso. Terapia chirurgica: fundoplicatio. Tecnica sia effettuata in laparoscopia che a cielo aperto nei pazienti che non sopportano la terapia a per tutta la vita, non responders, scarsa compliance, presenza di voluminosa ernia iatale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ESOFAGO DI BARRETT DEFINIZIONE Si tratta di una metaplasia dell'epitelio esofageo a partire dalla giunzione gastro-esofagea a seguito dell'esposizione cronica ad acido gastrico ed eventualmente acidi biliari. La sostituzione avviene da epitelio squamoso stratificato a cellule cilindriche di tipo: Fundico Cardiale: l'epitelio assume aspetti tipici della giunzione GE e il rischio di evoluzione maligna è molto basso. Intestinale: tipicamente con goblet cells tipiche della parete intestinale. Si tratta dell'eventualità più pericolosa perchè evolve con facilità verso l'adenocarcinoma. Si tratta di una forma in cui può sovrapporsi facilmente una displasia che evolve poi in molti casi verso adenocarcinoma. I maschi hanno un rapporto 1:2 di avere EB rispetto alle femmine. EZIOLOGIA Esposizione prolungata ad acidi gastrici o materiale biliare. Si deve sospettare nei pazienti con una storia di almeno 5 anni di MRGE. PATOGENESI L'insulto cronico acido provoca una metaplasia dell'epitelio che diventa di tipo gastrico o intestinale al fine di autoproteggersi dall'acidità attraverso la secrezione mucosa. L'insulto prolungato è responsabile dell'attivazione della COX-2 che produce PGE la quale permette una proliferazione cellulare e in questo senso l'esofago di Barrett predispone al cancro. MORFOLOGIA Si parla di: Short Barrett: lesione di meno di 3 cm a partire dalla giunzione GE Long Barrett: lesione di più di 3 cm dalla giunzione GE Ultrashort Barrett: lesione meno di 1 cm (Barrett giunzionale) Il rischio di malignità è molto più alto per la forma lunga. La displasia su EB è un fenomeno abbastanza frequente che conferisce lo sviluppo di cancro entro 5 anni del 40-50%. La displasia può essere di basso grado, alto grado o assente. CLINICA Non esiste una clinica specifica, molti pazienti possono presentare i sintomi della MRGE mentre una fetta di popolazione può essere portatrice di Barrett in modo asintomatico. DIAGNOSI Endoscopia: unico metodo rilevante per fare diagnosi. L'epitelio metaplastico si presenta di un colore rosa salmone e in alcuni casi è necessario fare una biopsia ed un'analisi istologica per rilevare anche l'eventuale grado di displasia. Possono esserci all'endoscopia lingue protrudenti nella mucosa esofagea. Può essere poco riconoscibile in presenza di esofagite erosiva. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TERAPIA La terapia dell'EB consiste in: Terapia anti-reflusso: IPP farmaci principali per ridurre il reflusso, insieme a terapia endoscopica e chirurgica. Terapia anti-Barrett: termoablazione o fotoablazione e nei casi di displasia severa è necessaria la resezione chirurgica dell'epitelio trasformato. Come screening se non c'è displasia è sufficiente ripetere le biopsie ogni 2-3 anni, se la displasia è bassa si tratta il paziente con IPP e si ripete la biopsia ogni 8-12 settimane. Se regredisce si fa una nuova endoscopia entro 2 anni, se peggiora o resta stabile si procede alla resezione chirurgica. Le biopsie vanno effettuate sui 4 quadranti esofagei a distanza di 2 cm. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI DELL'ESOFAGO DEFINIZIONE I tumori dell'esofago sono la terza neoplasia gastrointestinale più frequente in assoluto dopo il cancro del colon-retto e dello stomaco. Esistono tumori maligni tra cui il 95% è occupato da 2 istotipi che sono l'adenocarcinoma e il carcinoma squamoso e una minoranza è data dal melanoma, linfoma, carcinoma a piccole cellule e sarcoma. Esistono anche neoplasie benigne anche se molto rare e tra queste c'è il leiomioma, il polipo fibrovascolare e il mioblastoma a cellule granulose. Il carcinoma squamoso e l'adenocarcinoma colpiscono soprattutto i maschi. Il primo ha avuto una storia prevalente fino a qualche anno fa, quando l'AK è incrementato notevolmente arrivando a superare il k squamoso. L'adenocarcinoma colpisce prevalentemente la fascia dai 55 ai 65 anni e prevale nei bianchi rispetto ai neri. Le regioni ad elevata incidenza sono il sudafrica e il medio-oriente. EZIOLOGIA e PATOGENESI Esistono diversi fattori di rischio che talvolta sono sovrapposti per i 2 istotipi. Fumo e alcol: sono fattori di rischio per la variante squamosa. Il rischio è molto più alto nei fumatori e questo sembra correlato alla capacità del fumo di indurre mutazioni principalmente a p53 e altri oncosoppressori o oncogeni. L'alcol sembra implicato solo per lo squamoso. Obesità: predispone all'adenocarcinoma ma il meccanismo è ancora ignoto. Un'ipotesi plausibile può essere la pressione addominale molto positiva tale da favorire l'ernia iatale e quindi il reflusso, oppure l'iperinsulinemia e la secrezione di leptina potrebbero avere un ruolo determinante come fattori di crescita e proliferazione. In ogni caso è evidente che il cancro correla con il BMI. Fattori dietetici: assunzione di infusi di erbe e bevande calde, cibi in salamoia e alimenti contenenti nitrosocomposti sembra favorire lo sviluppo del ca squamocellulare. L'assunzione invece di vitamina B, C, E, A, frutta e verdura fresche e ferro ha un ruolo preventivo. Anche le fibre alimentari diminuiscono il rischio. Farmaci: un uso prolungato di anticolinergici sembra favorire il cancro forse a seguito di riduzione del tono del SEI e reflusso. L'uso di aspirina è benefico visto che riduce la produzione di PGE. Helicobacter Pylori: a differenza dello stomaco la sua presenza sembra ridurre il rischio di cancro gastrico forse perchè la gastrite atrofica riduce la secrezione acida. MRGE: fattore fondamentale per lo sviluppo di AK. I pazienti con MRGE hanno un rischio più elevato e soprattutto se interviene una metaplasia di Barrett che innalza molto il rischio. È anche vero che la maggioranza dei pazienti con AK presentano un esofago di Barrett. La patogenesi riguarda il reflusso biliare e la trasformazione cronica della mucosa esofagea con displasia. Gli acidi biliari sembrano intervenire modificando il c-myc. Altri fattori: HPV, acalasia idiopatica, esofagite da caustici, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 radioterapia per i tumori di testa e collo, malattia celiaca. MORFOLOGIA CLINICA L'AK si sviluppa principalmente nel terzo inferiore dell'esofago nel contesto tipicamente di un esofago di Barrett. La variante squamocellulare sembra prediligere la porzione centrale dell'esofago, la parte cervicale è molto raramente colpita. La forma predominante è quella vegetante con protrusioni nel lume esofageo, non sono escluse anche forme ulcerate ed infiltranti. Si parla di early esophagus cancer per indicare una lesione neoplastica limitata alla mucosa e non infiltrante, è il precursore del carcinoma invasivo e tipicamente ha una forma superficiale espansiva. DIAGNOSI Disfagia: problema principale che causa il cancro esofageo a seguito dell'interessamento di più del 75% della circonferenza. Per questo motivo il sintomo di disfagia vera e propria si ha in fasi già avanzate mentre prima sono percepiti disturbi lievi e intermittenti. Calo ponderale: conseguente sia al rigurgito e quindi all'incapacità di immettere materiale nutritizio per os, sia per sindrome paraneoplastica a seguito di liberazione in circolo di citochine. Odinofagia: sintomo presente in una minoranza di pazienti Anemizzazione: per sanguinamenti esofagei occulti e prolungati Sintomi da invasione mediastinica: tosse, raucedine, ostruzione della vena cava, dolore toracico per interessamento pleurico, ingrossamento dei linfonodi mediastinici, scialorrea. Sintomi da metastatizzazione: sedi frequenti di metastasi linfatiche sono i linfonodi intramurali del tratto digerente ed invece a livello ematico possono essere interessati il fegato, i polmoni, le ossa e i surreni. Anamnesi: importante indagare sempre su un sintomi di disfagia Esofagogastroduodenoscopia: fondamentale per rilevare l'entità della lesione localizzata e il punto preciso in cui è insorta. Questa tecnica permette di avere biopsie + brushing e l'accuratezza diagnostica delle due tecniche unite supera il 90%. Rx esofagea con bario: per mettere in evidenza principalmente l'entità della stenosi del lume. TC toracica e addominale superiore: per mettere in evidenza l'estensione del tumore primitivo e contemporaneamente vedere anche eventuali metastasi. Per eseguire la stadiazione TNM che ci permette di mettere in atto una terapia opportuna si effettuano: TC: utile nel rilevare il T, poco sensibile per N, ottima per M Ecoendoscopia: molto utile sia per T che per N PET: performance sovrapponibile alla TC Nel preoperatorio può essere utile effettuare una broncoscopia per vedere il coinvolgimento dell'albero bronchiale. Il TNM prevede: T0 = nessun tumore primitivo Tis = k in situ Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 T1 = invasione lamina propria e sottomucosa T2 = invasione muscolare T3 = invasione avventizia T4 = invasione strutture adiacenti In base a questa classificazione viene fatta una stadiazione adeguata: 9. Stadio 0: Tis N0 M0 10. Stadio 1: T1 N0 M0 11. Stadio 2a: T2/3 N0 M0 12. Stadio 2b: T1/2 N1 M0 13. Stadio 3: T3 N1 M0 oppure T4 N0 M0 14. Stadio 4: M1 TERAPIA Trattamento curativo 1. La terapia efficace per il tumore esofageo è la chirurgia che però non può sempre essere effettuata. L'intervento principale è una esofagectomia con linfadenectomia loco-regionale. In seguito avviene una fase ricostruttiva in cui viene utilizzato lo stomaco come sede per la continuità digestiva. A seguito di chirurgia i pazienti hanno in media una sopravvivenza a 5 anni del 30% nel primo e secondo stadio, mentre per il terzo scende al 5-15%. In più la chirurgia possiede un alto rischio di morbilità e mortalità intrinseco soprattutto per gli stadi avanzati. Le complicanze post-chirurgiche principali possono essere la formazione di fistole, la polmonite e il chilotorace. 2. La radioterapia può essere utilizzata visto che entrambi gli istotipi sono altamente sensibili. Viene effettuata nei casi in cui non sia possibile operare o nei casi di neoplasia di 5-10 cm. Può essere usata anche a scopo neoadiuvante prima dell'intervento chirurgico. Insieme alla chemioterapia viene potenziata. Terapia palliativa Caso in cui il tumore si trova in stadio III o IV e serve un miglioramento della qualità di vita del paziente che non riesce ad essere nutrito via os. Le procedure tipiche sono una dilatazione della stenosi attraverso l'immissione di una protesi. In alternativa si possono fare laserterapia, iniezione di citotossici. In più può essere necessario ricorrere ad una gastrostomia percutanea per riempire lo stomaco dall'esterno nei casi più gravi in cui i trattamenti precedenti non hanno effetto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 LA DISPEPSIA DEFINIZIONI La dispepsia è un sintomo aspecifico riferito dal paziente come un senso di fastidio e/ o dolore ai quadranti superiori dell'addome e principalmente in epigastrio, persistente o ricorrente. È un sintomo molto frequente nella popolazione e può far riferimento ipoteticamente a numerosi fattori eziologici. Dispepsia organica: dovuta alla presenza di alterazioni organiche Dispepsia funzionale: idiopatica o in assenza di evidenza organica. Spesso si associa a sindrome dell'intestino irritabile e MRGE. Per questo se si associa a alterazioni dell'alvo si può ipotizzare facilmente la prima, se si associa a pirosi frequente e rigurgito acido si può quasi sicuramente pensare ad una MRGE. EZIOLOGIA Tanti fattori sono coinvolti nella dispepsia sia dell'apparato digerente che di altri apparati come endocrinopatie, insufficienza cardiaca, insufficienza renale, collagenopatie, amiloidosi, sclerodermia. Nei pazienti con problemi digestivi i 4 principali problemi diagnosticati sono: PATOGENESI DIAGNOSI MRGE Malattia ulcerosa peptica Cancro delle prime vie digestive Dispepsia funzionale ◦ Da disturbo post-prandiale ◦ Da dolore epigastrico Si pensa che ci sia una commistione tra elementi di disfunzione motoria e sensoriale. Anamnesi: ricercare subito eventuali fattori d'allarme, in primis l'età maggiore di 45 anni. Esame obiettivo Test all'ureasi per HP EGDS Una volta effettuata la diagnosi è necessario rassicurare il paziente sulla natura dei propri sintomi che non riesce a spiegare per assenza di una causa visibile. È sempre da tenere presente un fattore psico-emotivo che può abbassare la soglia di percezione dei sintomi. TERAPIA 15. Inibitori della secrezione acida 16. Procinetici 17. Sedativi e antidepressivi a basse dosi Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA GASTRODUODENALE ANATOMIA Lo stomaco è un organo cavo collegato all'esofago e al duodeno. La sua posizione fa riferimento all'epigastrio sinistro e prende comunicazione con i diversi visceri addominali mediante legamenti peritoneali visto che è interamente rivestito da peritoneo viscerale. Lo stomaco è formato anatomicamente da 4 porzioni: Cardias: al di sotto della giunzione GE Fondo: porzione più a sx e quasi sempre distesa perchè occupata da aria Corpo: porzione maggiore Antro: segmento a valle dell'incisura angularis Piloro: valvola gastroduodenale La mucosa è formata da epitelio cilindrico che ricopre le foveole e la superficie gastrica e in più forma le ghiandole gastriche tubulari. La mucosa superficiale vede un epitelio, una sottomucosa, uno strato muscolare formato da una porzione interna circolare, una intermedia longitudinale ed una esterna obliqua, all'esterno c'è il peritoneo. Le ghiandole che formano lo stomaco sono di 3 tipi diversi: Ghiandole cardiali: presenti al di sotto del cardias, sono formate da cellule che producono muco e bicarbonati Ghiandole ossintiche: presenti a livello del fondo e del corpo, sono formate da: ◦ Cellule parietali: producono HCl e fattore intrinseco ◦ Cellule principali: producono pepsinogeni ◦ Cellule enterocromaffini (ECL): producono istamina Ghiandole antrali: sono costituite da: ◦ Cellule G: producono gastrina ◦ Cellule D: producono somatostatina Per quanto riguarda l'innervazione lo stomaco riceve afferenze motorie dal vago e dà origine a fibre sensitive a partenza dalla parete gastrica risalendo sempre tramite il vago verso il midollo fornendo un'informazione al SNC. L'innervazione intrinseca è costituita dal plesso mienterico e sottomucoso. FISIOLOGIA Lo stomaco assolve a 3 funzioni principali: 18. Secretiva 1) Secrezione acida: determinata dalla secrezione di H+ e Cl- da parte delle cellule parietali delle ghiandole ossintiche del corpo e fondo. Alla base del meccanismo c'è una pompa protonica che sfrutta l'energia dell'ATP per trasportare nel lume un protone e dentro la cellula uno ione potassio. Questa pompa si trova nella membrana luminale e viene stimolata ad agire attraverso il legame di alcune sostanze a recettori sul versante basocellulare: - Acetilcolina: liberata dalle terminazioni parasimpatiche agisce sui recettori M3 e innesca una corrente di Ca intracitoplasmatico che attiva la pompa. - Istamina: liberata dalle cell ECL si lega ai recettori H2 e attraverso l'attivazione dell'adenilato ciclasi innesca la produzione di cAMP che attiva la pompa. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 - Gastrina: liberata da cell G delle ghiandole antrali ha lo stesso meccanismo dell'Ach. La gastrina stimola direttamente la produzione di HCl ma anche indirettamente incrementando i livelli di Istamina prodotti. La gastrina viene legata dai recettori CCK-2 che legano anche il CCK. Questi recettori sono espressi sulle cellule parietali, sulle cellule ECL e sulle cellule D. Essa oltre a indurre la secrezione di istamina determina una secrezione di calcitonina da parte delle cellule C della tiroide ed esercita un'azione mitogena innescando la proliferazione. Esiste anche il GRP (gastrin releasing peptide) che ha azione mitogena e aumenta la secrezione di gastrina. Viene liberato dalle cellule D. All'ingresso del cibo si verifica un'alcalinizzazione dell'antro in cui vengono stimolate le cellule G a produrre gastrina e viene prodotto GRP dalle cellule D. la gastrina agisce sulle cellule ECL e viene secreta istamina. Istamina e gastrina vanno nel corpo-fondo e attivano le cell parietali a produrre acido con l'aiuto dell'Ach. L'acidità crescente va a stimolare le cellule D che producono somatostatina che inibisce la secrezione di gastrina, il progredire del cibo verso il duodeno scatena liberazione di ormoni come VIP, CCK e secretina che inibiscono la secrezione acida gastrica. Altri attivatori della secrezione acida sono: PPAR, grelina e AA. La somatostatina inibisce la secrezione di gastrina e quindi la secrezione acida. Altri elementi antiacidi sono l'acidità crescente duodenale, la secretina, la CCK, il VIP, il peptide inibitorio gastrico e l'enteroglucagone. Altri inibitori sono la leptina, l'H. Pylori, l'ANP e il NO. La riduzione dell'acidità gastrica invece provoca una riduzione della secrezione di somatostatina e quindi aumento della gastrina e incremento di acidità. 2) Secrezione peptica Le cellule principali producono pepsinogeni tipo I e II che vengono convertiti in pepsina a livello del lume gastrico a pH ottimale compreso tra 1,8 e 3,5. Il pepsinogeno I è liberato dal corpo-fondo, il tipo II viene liberato da corpofondo, antro e duodeno. Il tipo di pepsinogeno presente è utile per indicare il grado di atrofia. Gli stimoli positivi a questa secrezione sono la distensione gastrica, la presenza di proteine e AA nel liquido gastrico, VIP, CCK, gastrina e Ach. La somatostatina inibisce. 3) Secrezione di muco e bicarbonati Funzione esplicata da tutta la superficie gastrica e dalle ghiandole cardiali. Le cellule producono muco e bicarbonato che rimane intrappolato efficacemente all'interno del muco e serve come effetto tampone per i protoni che penetrano dal lume gastrico. Lo stimolo maggiore alla produzione mucosa sono le PGE. Questo strato conferisce una vera e propria barriera mucosa gastrica che si amplia anche con la clearance continua dell'epitelio, con le giunzioni strette tra le cellule e con la microvascolarizzazione efficace che elimina prontamente gli eventuali H+ che sfuggono al blocco delle giunzioni strette. Per tale motivo i FANS sono antigastrici visto che riducono la produzione di PGE e determinano riduzione della barriera con danno mucoso. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 4) Secrezione di leptina La leptina è una molecola che viene prodotta dal tessuto adiposo ma in piccola parte anche dallo stomaco e in particolare dalle cellule principali delle ghiandole fundiche. Ha recettori sul tenue con effetto di mediare l'assorbimento dei nutrienti e l'integrità della mucosa. Ha comunque l'effetto analogo anoressigenico della forma circolante. 5) Secrezione di grelina Peptide secreto da cellule A della mucosa ossintica a carattere endocrino come le ECL e provoca un effetto oressizzante e quindi scatenato dal digiuno. Serve anche come stimolo al rilascio di ormone della crescita. La grelina è in grado da sola di attivare la fase III del complesso motorio migrante gastrico. Inoltre ha un effetto protettivo nei confronti dell'alcol e delle ulcere gastriche indotte da stress affiancata alle PGE. 19. Motoria Lo stomaco è dotato di una propria capacità motoria innescata direttamente dalle cellule di Cajal interstiziali presenti a livello della parte prossimale della grande curvatura che sono responsabili di movimenti peristaltici gastrici interprandiali ed è un'attività elettrica mantenuta indipendentemente dal digiuno o dal riempimento. La funzione motoria ha lo scopo di: - favorire la progressione orale del chimo - triturare e sminuzzare le porzioni di cibo più grosse - mescolare il cibo con le secrezioni gastriche - rilasciare nel duodeno le particelle adeguate tramite il piloro La velocità di svuotamento gastrico dipende dalla natura liquida o solida del pasto. I liquidi vengono espulsi più velocemente verso il duodeno mentre i solidi dipende dal loro valore calorico e dalla loro grandezza. La fase di motilità interprandiale consta di una serie di onde di 3 cicli al minuto e viene denominata complesso mioelettrico migrante che è costituito da 4 fasi: - Fase I: quiescente - Fase II: aumento dell'attività motoria - Fase III: complesso di contrazioni gastriche vigorose che servono per far passare il cibo indigerito verso il duodeno. - Fase IV: fase di quiescenza tra il termine delle contrazioni e la fase I. La fase prandiale si innesca con la deglutizione in cui c'è un rilasciamento del fondo gastrico per accogliere una quantità grande di cibo che viene poi modificato in base all'entità del pasto per cercare di mantenere la pressione gastrica costante. Le onde antrali determinano la propulsione del cibo verso il piloro e il primo cibo soprattutto liquido è sospinto verso il duodeno con piloro aperto. Il passaggio dell'onda innesca poi una contrazione gastrica che causa una chiusura del piloro con conseguente retropulsione del cibo verso l'antro. Questo movimento serve per sminuzzare maggiormente il cibo che non può passare normalmente in duodeno. Si tratta di un movimento di propulsione e retropulsione. 20. Barriera antibatterica Il pH gastrico fornisce una barriera notevole alla colonizzazione batterica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Esistono però delle condizioni in cui questa caratteristica viene a mancare e la mucosa gastrica è più esposta alla flora batterica. È il caso dell'infezione da Helicobacter che causa una gastrite atrofica soprattutto a carico delle cellule parietali e compromette la secrezione acida. Possono essere implicati anche i farmaci antiacidi e antisecretivi. SINTOMI DI ALTERATA FUNZIONE GASTRICA 1) Alterazioni della secrezione acida Per anni si è pensato che l'ulcera fosse dovuta ad un eccesso di secrezione acida che corrode progressivamente la parete dei visceri. La scoperta dell'H: Pylori ha modificato la teoria visto che i 2 fattori sembrano interagire tra loro. Infatti il batterio annidato nella mucosa antrale riduce la funzionalità delle cellule D e la gastrina è prodotta senza inibitori per cui molto acido arriva in duodeno, si ha metaplasia gastrica del duodeno e il batterio si annida in questa sede (ulcera duodenale). In altri casi l'infezione cronica risale verso l'alto e va ad intaccare le ghiandole ossintiche compromettendo la secrezione acida e quindi si ha una gastrite atrofica. Esiste anche una predisposizione genetica x cui esistono individui con un numero doppio di cellule parietali rispetto ad altri e pertanto sono più esposti a ulcere. Un caso a parte di ipersecrezione gastrica è la sindrome di Zollinger-Ellison che consiste in un tumore ipersecernente gastrina principalmente che si sviluppa a livello pancreatico. 2) Alterazioni della motilità - Gastroparesi idiopatica: senso di pienezza precoce, nausea e vomito postprandiale dovuto a diminuzione dell'attività contrattile dell'antro. - Gastroparesi diabetica: appare in circa 1/3 dei pazienti diabetici e si manifesta con i sintomi dispeptici quindi nausea, vomito e senso di pienezza con distensione addominale. Concorrono a ciò la neuropatia e soprattutto i danni al vago, la microangiopatia e i disordini ormonali come l'iperinsulinemia che provoca una aumentata distensione gastrica e una chiusura del piloro oltre a una ridotta motilità antrale. - Dispepsia funzionale: sintomi riferibili all'addome superiore in assenza di alterazioni organiche Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 GASTRITI DEFINIZIONE La gastrite viene definita come una infiammazione della mucosa gastrica rilevabile e diagnosticabile microscopicamente con l'esame istologico che rileva la presenza di un infiltrato infiammatorio sottomucoso di polimorfonucleati e in grado variabile di elementi mononucleati. Per gastropatia si intende invece una patologia che colpisce lo stomaco ma non genera una condizione infiammatoria. EZIOLOGIA Esistono diverse cause di gastriti: Gastrite cronica: ◦ Infezione di Helicobacter Pylori ◦ Autoimmune Gastrite linfocitaria: ◦ Malattia celiaca ◦ Autoimmune ◦ Ipersensibilità Gastrite granulomatosa: ◦ Sarcoidosi ◦ Vasculopatie ◦ Farmaci Gastrite eosinofila Per quanto riguarda le gastropatie possiamo avere: Gastropatia acuta erosiva ◦ Da alcol, stress, FANS, farmaci, uremia Gastropatia cronica reattiva ◦ Da FANS, reflusso biliare, radioterapia CLASSIFICAZIO Le forme di gastrite possono differenziarsi da vari punti di vista. In primo luogo eziologico, ma anche topografico e morfologico. NE Da un punto di vista topografico abbiamo: Pangastrite: infiammazione disseminata a tutto lo stomaco Gastrite del corpo-fondo: prevalentemente da autoimmunità Gastrite antrale: associata molto spesso all'infezione da HP Se consideriamo la morfologia delle lesioni possiamo avere: Gastrite acuta: associata ad un infiltrato granulocitario Gastrite cronica superficiale: con una commistione di elementi infiammatori e dell'immunità specifica come linfociti e plasmacellule disseminate sulla superficie. Gastrite cronica atrofica: infiammazione che ha causato un'apoptosi delle cellule della normale mucosa gastrica ossintica sostituendole con cellule colonnari (metaplasia intestinale) Ulcera peptica: lesione grave della mucosa che crea una soluzione di continuo tra il lume e le porzioni profonde della parete. Può essere localizzata in 2 punti: ◦ Gastrica: lesione situata nel corpo-fondo Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ◦ Duodenale: cratere formato nel duodeno. MORFOLOGIA - Gastrite eritematosa / essudativa: aree rosse e bianche - Gastrite superficiale erosiva - Gastrite polipoide con erosioni - Gastrite atrofica - Gastrite emorragica - Gastrite biliare - Gastrite a pliche giganti PATOGENESI La gastrite si instaura come processo infiammatorio a seguito del fattore eziologico e determina un richiamo infiammatorio. Spesso la gastrite acuta si trasforma in cronica visto il tempo prolungato di permanenza delle lesioni che di solito sono asintomatiche. La gastrite cronica superficiale interessa un processo flogistico a livello della mucosa con cellule aspecifiche e specifiche. La gastrite atrofica è un'evoluzione della gastrite cronica superficiale prevalentemente a seguito dell'infezione da HP e causa un'atrofia del parenchima e metaplasia intestinale. La sede dell'atrofia è importante per le caratteristiche cliniche e prognostiche. Infatti la gastrite cronica dell'antro facilmente associata a HP causa una riduzione delle cellule D e quindi un'ipersecrezione di gastrina e una riduzione della produzione dei bicarbonati duodenali che determina un'aumentata acidità nel duodeno che favorisce la metaplasia gastrica su cui si può annidare l'HP e svilupparsi un'ulcera peptica duodenale. In questi casi il rischio di cancro gastrico è quasi nullo. Nel caso di una gastrite atrofica del corpo-fondo si ha un'alcalinizzazione del lume gastrico vista la distruzione progressiva delle ghiandole ossintiche che non permettono la produzione di acido e enzimi peptici oltre a fattore intrinseco. Così il batterio prolifera ulteriormente e si verifica una progressione con maggior rischio verso l'adenocarcinoma. Nei soggetti con pangastrite o gastrite del corpo-fondo l'assunzione di H2 antagonisti (recettore dell'istamina) o antiacidi peggiora la situazione. CLINICA La clinica della gastrite è altamente aspecifica e paucisintomatica. I sintomi principali presenti nel 20-30% dei pazienti sono i disturbi dispeptici. Questi consistono in dolore epigastrico che spesso recede con l'assunzione del cibo e compare a digiuno oppure un fastidio epigastrico caratterizzato da pienezza post-prandiale, distensione, sazietà precoce e gonfiore addominale. Tuttavia molti pazienti non presentano sintomi particolari e restano asintomatici fino a che il quadro non si complica e si forma un' ulcera. I tipici segni di gastrite sono: 21. Anemia megaloblastica: associata ad un deficit di vitamina B12 o cobalamina a causa della mancanza di fattore intrinseco nel contesto di una gastrite atrofica del corpo-fondo. 22. Anemia sideropenica: dovuta ad una gastrite superficiale o atrofica del corpo-fondo in cui viene compromessa la secrezione acida e quindi il pH si alza non permettendo un adeguato assorbimento del ferro non-emico dalla dieta. Inoltre il pH alto causa un'incapacità di utilizzo dell'acido ascorbico utile a convertire il ferro dallo stato Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ferrico a ferroso perchè viene trasformato in altri composti e consumato per eliminare i radicali prodotti dall'infiammazione cronica DIAGNOSI Anamnesi: familiare, comportamentale, farmacologica, sintomi Esame endoscopico: necessario nel caso di pazienti con età maggiore di 45 anni, storia familiare per neoplasie gastriche, anemia. È necessario eseguire in tali casi biopsie endoscopiche dell'antro e del corpo-fondo. Ricerca dell'HP Bisogna valutare la necessità di fare una terapia contro una gastrite. Non sempre è utile soprattutto nei casi paucisintomatici e non erosivi. È utile intraprendere una terapia con antiacidi + antibiotici nel caso di diagnosi di HP. Importante l'eradicazione del batterio se presente a livello del fondocorpo anche se asintomatico perchè ha un rischio intrinseco di evoluzione carcinomatosa elevato. TERAPIA INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI CARATTERISTI L'infezione da HP è una delle infezioni più frequenti in assoluto e si stima che il 20-30% della popolazione mondiale sia infettata da questo batterio. CHE È un batterio Gram – ed è la principale causa di gastrite cronica, dell'ulcera peptica gastrica e duodenale, del linfoma gastrico ed ha un ruolo favorente l'adenocarcinoma. L'infezione è molto frequente nel terzo mondo dove le condizioni economicosociali sono basse e correla con l'età. La trasmissione del batterio sembra essere per via oro-fecale o oro-orale. Il batterio infatti è stato riscontrato nelle feci e anche nella saliva e nelle placche dentarie. Nel terzo mondo l'infezione viene contratta nell'infanzia e si manifesta però in età più avanzata, nei paesi occidentali invece l'infezione di verifica ad età più avanzata. PATOGENESI Il batterio esplica la sua funzione lesiva attraverso 5 meccanismi essenziali: Ureasi: enzima che scinde l'urea contenuta nel lume gastrico in ammoniaca, acqua e CO2 (bicarbonati) autoproteggendosi quindi dall'acidità del lume che può infiltrare la parete mucosa. Flagelli: utili per il movimento Adesine: molecole che permettono l'adesione del batterio alla parete mucosa Enzimi: ureasi, fosfolipasi (che alterano la porzione fosfolipidica della membrana aumentando la permeabilità ai protoni) ed enzimi proteolitici. Tossine: sono le principali componenti del danno. Esistono ceppi in cui vengono espresse e sono più aggressivi mentre in altri ceppi i geni non vengono espressi. ◦ VacA: citotossina vacuolizzante che determina direttamente un danno epiteliale, ma viene espressa solo nei ceppi che esprimono Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 anche CagA ◦ CagA: citotossina che determina un'azione antigenica molto intensa, tale da scatenare una risposta infiammatoria e immunitaria. Vengono attivati linfociti T e macrofagi che richiamano cellule immunitarie soprattutto neutrofili producendo IL-8, IL-1, TNFalfa, IL-6. Il 60% dei ceppi produce CagA. Queste peculiarità del batterio gli consentono di dare origine a diversi tipi di patologie tra cui la gastrite cronica come aspetto principale. L'infezione da HP da sola è sufficiente a dare una gastrite acuta che si trasforma facilmente in cronica, ma non è sufficiente per dare origine a complicanze come ulcere e tumori e pertanto in questo senso intervengono fattori favorenti come la predisposizione genetica, lo stile di vita, l'alimentazione, il fumo, l'alcol e l'elevato apporto di sale. La gastrite cronica viene definita ATTIVA quando sono presenti infiltrati cellulari, QUIESCENTE quando i neutrofili scompaiono e diminuiscono le cellule mononucleate. Nella maggior parte dei casi la gastrite cronica decorre in modo asintomatico e persiste per tutta la vita senza che si verifichino altre patologie del tratto digestivo superiore. D'altro canto è però possibile che il paziente vada incontro a complicanze come una gastrite atrofica che determina un'ulcera peptica gastrica o duodenale con eventuale progressione verso displasia e adenocarcinoma. Può anche innescarsi un linfoma MALT. L'ulcera peptica è una soluzione di continuo che si sviluppa a livello gastrico o duodenale. Tipicamente l'HP infetta il corpo e l'antro ma esistono situazioni in cui si verifica un coinvolgimento unico dell'antro o del corpo-fondo. L'ulcera duodenale è più frequente di quella gastrica e colpisce un'età anche più inferiore. L'HP è presente in quasi tutti i soggetti con ulcera duodenale e in gran parte di quelli con ulcera gastrica. 5. L'ULCERA DUODENALE si caratterizza per una gastrite cronica antrale che causa una riduzione della secrezione di bicarbonati duodenali e una riduzione del numero di cellule D e conseguente ipersecrezione di gastrina che si ripercuote sulle cellule parietali che producono più acido. L'acido viene spinto verso il duodeno e qui si genera una metaplasia gastrica dove il batterio può insediarsi e causare un'ulcera 6. L'ULCERA GASTRICA si associa meno frequentemente a HP e spesso si verifica a seguito di processi autoimmuni. Viene colpito il corpo-fondo e quindi le ghiandole ossintiche vengono eliminate e sostituite da ghiandole intestinali (metaplasia intestinale). Questo causa una riduzione dell'acidità e un innalzo del pH oltre a assenza di pepsinogeno I e fattore intrinseco. Si verifica così un'anemia perniciosa e un'ipergastrinemia da compenso. L'ipocloridria favorisce la proliferazione dei batteri e la conversione di nitrati in nitriti che sono sostanze cancerogene e inoltre si riduce la produzione di acido ascorbico che serve per evitare la formazione di nitriti. Il risultato è una tendenza spontanea ad evolvere verso uno squilibrio tra apoptosi e proliferazione e quindi l'insorgenza di un adenocarcinoma. 7. LINFOMA GASTRICO PRIMITIVO: lesione tumorale causata dall'HP che innesca la formazione di tessuto linfatico in sedi dove non Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 esiste normalmente come la mucosa gastrica e si generano dei veri e propri follicoli linfatici evidenziabili talvolta alla biopsia. L'HP ha azione di proliferazione sui follicoli neoformati. L'eradicazione del batterio dà regressione del linfoma. CLINICA La clinica della gastrite cronica è abbastanza aspecifica con asintomaticità prevalente e talvolta disturbi dispeptici. La clinica dell'ulcera peptica duodenale vede nel 50% dei casi un dolore addominale che si irradia posteriormente localizzato in epigastrio. Il dolore dell'UD è un dolore urente che viene esacerbato dal digiuno e circa 2-3 ore dopo i pasti mentre è alleviato dal cibo. Il dolore dell'UG è sordo e aumenta la sua intensità durante i pasti. Talvolta il dolore può essere sostituito da sintomi dispeptici. Bisogna considerare che la natura cronica della malattia con momenti di attività e momenti di riparazione determina una sintomatologia episodica ed intermittente. Non è infrequente trovare una sintomatologia dell'ulcera solo a seguito di una complicanza dell'ulcera stessa. Possono esserci 3 complicanze: Emorragia: compare con ematemesi o melena in fase acuta oppure può presentarsi con anemizzazione progressiva per stillicidio cronico di sangue dalla mucosa. È la complicanza più frequente e può portare a shock ipovolemico. Perforazione: lo stomaco si può perforare anche se raramente e si manifesta con un dolore addominale violentissimo. In alcuni casi la perforazione può interessare il pancreas (penetrazione) e si manifesta con dolore addominale irradiato posteriormente. Ostruzione: evenienza meno comune causata da una sub-stenosi o stenosi pilorica provocata da fibrosi o deformazione cicatriziale a seguito della cronicità della riparazione dell'ulcera. Tipici sintomi sono nausea e vomito post-prandiale. DIAGNOSI La diagnosi dell'infezione da HP si effettua attraverso test invasivi e test non invasivi. Tra i test invasivi ci sono: Test dell'ureasi: pratico e poco costoso, necessita di un pezzo bioptico che viene immesso in una soluzione contenente urea con indicatore di pH (rosso fenolo). Se è presente il batterio l'urea viene idrolizzata in NH3 che causa un aumento del pH e quindi un viraggio del colorante da rosso a giallo. L'accuratezza di questo test è limitata dalla carica batterica e anche dal trattamento antibiotico. Esame istologico: esame molto utile con un'elevata sensibilità e specificità. Evidenzia la presenza del batterio che si dispone in chiazze. L'esame bioptico necessita di almeno 2 biopsie: antro e corpo. Inoltre questo esame è molto utile per vedere eventuali situazioni di precancerosi. Coltura: esame dispendioso e poco attendibile, ma utile per l'antibiogramma. Tra gli esami non invasivi abbiamo: Urea breath test: esame più pratico ed affidabile, consiste nel dare al paziente una soluzione contenente basse quantità di urea marcata con carbonio13. Viene raccolto un campione di respiro prima Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 dell'operazione ed uno 30 minuti dopo, se in quest'ultimo è presente un incremento della CO2-13 liberata dall'ureasi batterica il test è positivo. Esame sierologico: soprattutto con metodiche ELISA per rilevare IgG contro il batterio, tuttavia è poco accurato. Test fecali: ha un'ottima accuratezza nel rilevare con metodica immunoenzimatica la presenza del batterio nelle feci. Perde accuratezza dopo un trattamento antibiotico. È importante effettuare un test dopo almeno 2 settimane di sospensione del trattamento antibiotico. La diagnosi di ulcera peptica si effettua tramite: Rx con pasto baritato: esame utile e accurato Esofagogastroduodenoscopia: gold standard con l'opportunità di effettuare anche biopsie mirate sulle lesioni ed analisi dei margini dell'ulcera per verificare che si tratta di un'ulcera benigna piuttosto che neoplastica. TERAPIA La terapia dell'infezione da HP è raccomandata solo per i pazienti con ulcera duodenale e gastrica, sia attiva che cicatrizzata, linfoma gastrico, storia familiare per cancro gastrico, precedente gastroresezione per cancro e gastrite atrofica. Per la dispepsia non ulcerosa è consigliata la terapia antibiotica ma non raccomandata visto che solo nel 20-30% dei casi si ottiene un miglioramento. La terapia consta di: Inibitori di pompa protonica Claritromicina Metronidazolo o Amoxicillina due volte al giorno per una settimana. GASTRITE AUTOIMMUNE CARATTERISTI CHE GENERALI Si tratta di una gastrite che si crea a seguito di una reazione autoimmunitaria e colpisce prevalentemente il corpo-fondo determinando una gastrite atrofica di queste zone. Eziologia: anticorpi autoimmuni contro la pompa H/K e contro il fattore intrinseco. Patogenesi: anticorpi che inducono riduzione produzione acida, si attiva un'ipergastrinemia, un aumento del rapporto pepsinogeno II/ pepsinogeno I e possibile evoluzione in metaplasia intestinale con danno alla mucosa ed evoluzione verso l'adenocarcinoma. Sintomi: come tutte le altre gastriti Associazione: con tiroiditi autoimmuni Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIA PEPTICA NON HP CORRELATA DEFINIZIONE Ulcera peptica gastro-duodenale non associata all'infezione da HP. EZIOLOGIA Dopo HP la causa più frequente di ulcera peptica è l'uso massivo di FANS e infatti questa forma è molto diffusa nei paesi forti consumatori di antinfiammatori come l'Australia e gli USA. Altri fattori eziologici sono l'aspirina soprattutto utilizzata giornalmente per prevenire la malattia coronarica o cerebrovascolare o per prevenire la comparsa del cancro del colon-retto. Un'altra causa molto meno frequente è rappresentata dalla sindrome di Zollinger-Ellison che rappresenta un tumore secernente gastrina che si sviluppa principalmente nel pancreas e stimola dunque l'ipersecrezione acida dello stomaco. Questa patologia si può sviluppare anche in un contesto di MEN-1. Esistono anche le ulcere da stress per cui la perfusione della mucosa è ridotta e quindi le difese naturali vengono a meno. Infine ci sono casi di ulcera correlata a malattie sistemiche come: morbo di Crohn, ipercalcemia, ipertensione portale, TBC, cancro, ischemia... E' inoltre stato evidenziato che l'ulcera non si verifica da sola ma spesso esistono delle condizioni predisponenti e dei fattori favorenti come l'età avanzata e l'uso concomitante di FANS e steroidi, oltre all'uso di ASA e anticoagulanti. L'infezione da HP sembra avere un ruolo anche in questo caso ma non è accertato. PATOGENESI L'utilizzo massivo di FANS determina un'inibizione costitutiva della COX 1 e 2 in modo non selettivo. La COX-1 è implicata nei meccanismi di difesa della mucosa gastrica in quando permette la produzione di PG che favoriscono la vascolarizzazione della mucosa e l'eliminazione degli ioni H+ diffusi dal lume gastrico. La COX-2 invece ha una funzione pro-flogistica. Si stanno cercando di sintetizzare farmaci inibitori selettivi per la COX-2 in modo da prevenire il danno gastrico. Inoltre l'effetto lesivo dei FANS deriva anche da un'azione topica visto che essi si legano ai fosfolipidi di membrana ed alterano le giunzioni strette che connettono le cellule tra loro e favoriscono il passaggio di ioni H+ verso la mucosa. Nell'ulcera da Zollinger-Ellison (gastrinoma) la patogenesi è legata decisamente all'incremento di acidità. Nell'ulcera idiopatica il quadro patogenetico non è stato ben definito, forse Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 può associarsi un'aumentata velocità di transito gastrico che espone dosi di acido al duodeno. CLINICA Sovrapponibile a quella dell'ulcera da HP, possono essere asintomatiche ed insorgere sintomi a seguito di complicanze. DIAGNOSI Endoscopia: utile per evidenziare la lesione e differenziarla da quell da HP. In più è possibile fare la biopsia ed escludere l'infezione da HP. Il prelevamento è effettuato: 2 dell'antro, 1 nell'angulus e 2 nel corpo-fondo. Quelle da gastrinoma sono collocate principalmente a livello antrale. TERAPIA Efficace risposta a seguito di antisecretori. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI DELLO STOMACO DEFINIZIONE I tumori dello stomaco si suddividono in ghiandolari e connettivali. Di gran lunga più frequenti sono i tumori ghiandolari e in particolare quelli di natura maligna che rappresentano il 90% dei tumori gastrici, cioè l'adenocarcinoma gastrico. Esistono anche tumori meno frequenti come il carcinoma squamoso, oppure per i tumori connettivali esiste il linfoma gastrico, leiomiomi, leiomiosarcomi, fibrosarcomi, carcinoidi e GIST (tumori stromali gastrointestinali). Tra i tumori benigni esistono anche i polipi iperplastici, adenomatosi ed amartomatosi benchè siano molto rari. Ultimamente il tumore gastrico ha avuto un drastico calo di incidenza soprattutto a seguito delle tecniche di refrigerazione e dello scarso utilizzo di sostanze cancerogene per conservare i cibi. Si tratta del 4° tumore più frequente per incidenza e del 2° per mortalità dopo al polmone. Si suddivide in 2 grandi istotipi: Intestinale o Espansivo Diffuso o Infiltrativo Il primo tipo colpisce prevalentemente i maschi tra i 50 e 70 anni, l'incidenza più elevata si verifica in Giappone. Il secondo tipo è meno frequente ma non ha subito il calo di incidenza che invece corrisponde tutto alla variante intestinale e colpisce persone giovani con una forte componente di ereditarietà. EZIOLOGIA Il tumore dello stomaco è multifattoriale: Fattori ambientali e dietetici: il consumo di pesci e carni affumicate, l'eccessivo consumo di sale, l'utilizzo di acque ricche di nitrati che vengono convertiti in nitriti dalla flora intestinale, il consumo di nitriti presenti in certi vegetali e usati come conservanti e l'esposizione a tossici ambientali e lavorativi sembrano essere fattori favorenti. Il fumo è predisponente per il tumore prossimale soprattutto a livello della giunzione GE. Il consumo di frutta e verdure fresche con alto contenuto di vitamina E, A e C oltre alla refrigerazione dei cibi protegge dal cancro. Helicobacter Pylori: il batterio è considerato tra i cancerogeni di primo ordine per lo sviluppo del cancro. Questo meccanismo si associa ad un'evoluzione da gastrite cronica e di seguito gastrite atrofica, metaplasia intestinale, displasia di alto-basso grado ed infine AK. Solo una quota minore dell'1% dei pazienti con infezione da HP sviluppa il cancro e questo implica che l'HP non è sufficiente a sviluppare la neoplasia ma devono intervenire fattori estrinseci o intrinseci tra cui: ◦ Fattori concomitanti ◦ Virulenza batterica (CagA e VacA positivi) ◦ Fattori ambientali esaltati dall'ipocloridria (eccesso di nitrosocomposti, riduzione degli antiossidanti, tossici ambientali e uso di farmaci, proliferazione batterica) Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ◦ Fattori dell'ospite (risposta immune, fattori neuroendocrini, oncogeni, si pensa che un polimorfismo del gene per l'IL-1 e per il TNFalfa possano favorire lo sviluppo tumorale) Fattori genetici: è stato evidenziato che il tumore è maggiormente presente in pazienti con gruppo sanguigno A e specifico aplotipo di HLA. Inoltre esiste anche una forma a trasmissione genetica autosomica dominante a carico del gene dell'E-caderina responsabile di una grave forma di adenocarcinoma diffuso. Altri studi hanno messo in evidenza un eventuale ruolo chiave da parte di APC, c-met, c-erb2, p15, p16, p21 e p27 oltre a E-caderina, P-caderina, alfacatenina e ciclina E. PATOGENESI I 3 fattori precedenti (dietetico-ambientali, infezione HP e genetici) innescano insieme un processo di modificazione cronica della mucosa gastrica in senso neoplastico. Esistono condizioni istologiche predisponenti all'instaurarsi di una condizione cancerosa e pertanto vengono definite lesioni precancerose: Gastrite cronica atrofica: condizione predisponente. ◦ Fundica: associata a fenomeni autoimmunitari e associata alle forme più gravi. C'è ipocloridria. ◦ Multifocale: caratterizzata da interessamento del corpo-fondo in modo disomogeneo e prevalente nelle aree di maggior incidenza del cancro associato molto spesso ad HP. Si instaura su metaplasia intestinale. Ulcera gastrica: non predispone al cancro, è importante però differenziarla da una lesione maligna di tipo ulcerato. Metaplasia intestinale: forma di sostituzione epiteliale in cui si distingue un tipo completo, incompleto e colonico (III) che appare più associato all'insorgenza di carcinoma. Stomaco resecato: a seguito di patologia benigna. Il danno proviene di solito da un eccesso di rigurgito biliare dal frammento resecato. Gastropatia ipertrofica di Ménétrier: ipertrofia mucosale associata a protidodispersione. Sembra coinvolgere anche una predisposizione al cancro. Polipi adenomatosi: polipi della mucosa gastrica che possono essere pericolosi quando superano i 2 cm di grandezza e anche il numero è incisivo. Anemia perniciosa: associata quasi sempre a gastrite atrofica del corpo-fondo da HP o a causa autoimmune. In realtà non è correlata direttamente col cancro ma predispone al carcinoide vista l'ipergastrinemia compensatoria. (Proliferazione delle cellule ECL) Displasia gastrica: evento più grave e predisponente al cancro. Esiste un basso grado che deve essere monitorato ogni 6 mesi e un alto grado che va curato chirurgicamente. Viene considerata come una neoplasia non invasiva. Le caratteristiche di ordine e struttura della mucosa sono sovvertite. MORFOLOGIA L'adenocarcinoma si può presentare secondo 2 varianti: 1) Intestinale o Espansivo: associato ad una metaplasia intestinale in cui le cellule proliferanti hanno le caratteristiche colonnari e di goblet cells e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 restano adese le une alle altre mantenendo rapporti di continuità. È associato all'HP o a gastrite autoimmune e colpisce le persone in età tra 55-70 anni. La modalità di crescita è soprattutto espansiva e diffonde verticalmente 2) Diffuso o Infiltrativo: forma molto più aggressiva associata a proliferazione di cellule anaplastiche in modo diffuso e senza contatti le une con le altre. Il tumore tende ad invadere le strutture vicine infiltrando in profondità molto precocemente e arriva in cavità peritoneale. Colpisce più spesso i giovani ed è associato di solito a sindromi familiari. Per quanto riguarda la morfologia esistono forme: Vegetanti: crescita esofitica con occupazione del lume. Ulcerate: formazione di una soluzione di continuo, i margini sono rilevati e le pliche mucose sono irregolari attorno all'ulcera a differenza delle ulcere benigne. Infiltranti: espansione verso il basso e in profondità Polipoidi: tumori che derivano da displasia di polipi adenomatosi Dal punto di vista di stadiazione si identifica un tumore detto EARLY GASTRIC CANCER che è caratteristico per il suo stadio precoce e per la sua non invasione della tonaca muscolare. Rappresenta un carcinoma in situ ed è limitato alla mucosa o eventualmente alla sottomucosa. Ha prognosi favorevole e dopo resezione ha una sopravvivenza a 5 anni del 90%. In alcuni casi ci può essere l'invasione di una stazione linfonodale. È molto frequente nel Giappone e scarso in Europa. CLINICA 23. Perdita di peso 24. Anoressia 25. Dolore Questi sono i 3 sintomi principali che dà il tumore. Il calo ponderale deriva sia dal basso introito calorico sia dall'eccessiva produzione citochinica tumorale responsabile della cachessia neoplastica. Stesso discorso per l'anoressia. Il dolore è un sintomo abbastanza vago e non sempre presente avvertito come senso di dolenzia generale all'addome. In più possono essere presenti altri sintomi che possono aiutare la diagnosi: 26. Anemizzazione: associata allo stillicidio cronico di sangue dalle eventuali ulcere o per evidenti ematemesi o melena. 27. Dispepsia: in tutte le persone oltre i 50 anni con insorgenza di dispepsia dovrebbe essere ipotizzata la diagnosi di cancro in modo da escluderla subito attraverso un'endoscopia 28. Vomito, melena e ematemesi: sintomi di tumore molto avanzato 29. Disfagia: può essere presente nelle forme prossimali 30. Sintomi da localizzazione secondaria: ittero, ascite, dispnea La fase precoce vede sintomi aspecifici come dispepsia e sintomi sistemici come febbricola, inappetenza e astenia. La fase tardiva evidenzia dolore, anoressia e calo ponderale, nausea e vomito. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 I principali segni all'esame obiettivo sono: 1) Massa palpabile in epigastrio 2) Epatomegalia ed ittero da metastasi epatiche 3) Ascite da carcinosi peritoneale 4) Tumefazione addominale nelle donne per metastasi bilaterali all'ovaio (tumore di Krukenberg) 5) Tumefazione del linfonodo di Troisier nella fossa sovraclaveare sinistra Il tumore invade localmente ed inesorabilmente tutte le porzioni dello stomaco ed eventualmente gli organi vicini. Diffonde per via linfatica verso i linfonodi addominali e per via ematica dando metastasi al fegato, al polmone e al peritoneo. DIAGNOSI Anamnesi Esame obiettivo Esami di laboratorio: Anemia sideropenica Anemia megaloblastica Antigene carcino-embrionario (CEA) Aumento della VES e dell'LDH e del pepsinogeno I Sangue occulto nelle feci Studio del succo gastrico con ipo o acloridria Gastroscopia: esame fondamentale per rilevare la presenza di anomalie della mucosa gastrica e per permettere di effettuare biopsie accurate. Radiografia con pasto baritato: metodica attraverso cui si può rilevare un'anomalia della continuità della parete gastrica. Ad esempio la forma vegetante vedrà una riduzione del contenuto liquido mentre la forma ulcerata vedrà un'incisione nella mucosa verso il basso. L'EGC può presentarsi come anomalia di colore, depressione lieve protrusione e leggera ulcerazione. È necessario effettuare i test strumentali quando ci sono 3 condizioni: Pazienti con sintomi dispeptici con più di 50 anni e refrattari a terapia Pazienti con storia familiare di cancro gastrico Pazienti con lesioni precancerose o riscontro di condizioni predisponenti STAGING Per effettuare una terapia adeguata è necessario stadiare il tumore una volta diagnosticato. La stadiazione viene effettuata tramite il sistema TNM attravero TC toracica e addominale (per vedere le eventuali metastasi), Ecografia (per rilevare le stazioni linfonodali coinvolte), Econendoscopia (per stabilire il grado di profondità e di invasione locale del tumore. Tis: tumore in situ T1: tumore con invasione della mucosa e/o sottomucosa (EGC) T2: tumore che invade la muscolare propria T3: tumore che invade la sierosa Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 T4: tumore che invade gli organi vicini N1-2: presenza di metastasi linfonodali M1: metastasi a distanza TERAPIA La terapia curativa del tumore gastrico è esclusivamente chirurgica. Si parla di: 8. Gastrectomia totale: quando tutto lo stomaco viene tolto insieme a linfadenectomia e rimozione del piccolo e grande omento e degli organi vicini al tumore eventualmente coinvolti. Necessaria per i tumori del corpo-fondo. Nelle forme a basso stadio la sopravvivenza a 5 anniè tra 80-90% mentre si abbassa per gli stadi avanzati. 9. Gastroresezione parziale: si tratta di una metodica prevalentemente riservata agli stadi bassi tipici dell'early gastric cancer. Specialmente per i tumori che si verificano nell'antro. 10. Terapia palliativa: si tratta di una terapia da eseguire quando il tumore non può essere guarito per l'impossibilità di fare una chirurgia a causa della disseminazione cospicua della neoplasia. In questo senso si fa una terapia tale da allungare la vita al paziente e migliorarne la qualità consapevoli di non poter guarire il paziente. Si effettua una anastomosi gastroduodenale bypassando la zona tumorale. In casi più gravi si può fare direttamente una stomia cutanea a valle della stenosi. 11. Chemioterapia e Radioterapia: sono molto poco efficaci nel tumore gastrico anche se possono avere un ruolo ultimamente scoperto delle polichemioterapia soprattutto a scopo neoadiuvante o adiuvante. PROGNOSI Dipende molto dall'età, dal tipo istologico, dallo stadio e dal trattamento. Il paziente va controllato nel tempo a seguito di un intervento per cancro gastrico con biopsie, ecografie addominali ogni 6 mesi per verificare lo stato epatico e periodiche radiografie del torace. Il ruolo della prevenzione nel cancro gastrico è fondamentale. Innanzitutto è necessario eliminare i fattori di rischio alimentari e dietetici. L'infezione da HP va combattuta ed eradicata soprattutto nei casi di compresenza di fattori di rischio. La prevenzione secondaria riguarda il monitoraggio dei pazienti ai quali è stata riscontrata una lesione precancerosa. Esiste un intervallo standard di ripetizione dei controlli ed eventuali indicazioni terapeutiche. ALTRI TUMORI Linfoma MALT: proliferazione linfoide associata ad HP nella maggioranza dei casi. Vengono suddivisi in 2 gruppi, quello a bassa malignità in cui si colloca il linfoma da HP non Hodgkin e quello ad alta malignità. Si tratta per lo più di linfomi della zona marginale extranodali. Il trattamento si basa su chirurgia e chemioterapia ma soprattutto negli stadi iniziali del linfoma associato al HP è importante l'eradicazione del batterio che consente una regressione del 100%. Carcinoide gastrico: tumore che vede la proliferazione delle cellule ECL a seguito di gastrite atrofica del corpo-fondo di tipo autoimmune (tipo I) oppure da sindrome di Zollinger-Ellison (tipo II) o sporadica Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 (tipo III). In genere è benigno anche se sono stati riscontrati casi di metastatizzazione. Polipi gastrici: sono abbastanza rari, quelli iperplastici sono del tutto benigni, quelli adenomatosi possono evolvere in cancro in base alla grandezza e al numero, quelli amartomatosi sono rarissimi e non evolvono praticamente mai in cancro. Tumori stromali: sono i più frequenti tumori benigni dello stomaco, anche se in sé sono abbastanza rari. Sono asintomatici e diventano rilevanti quando aumentano il loro diametro o si ulcerano causando complicanze. GIST: tumore associato alla proliferazione delle cellule di Cajal, hanno un comportamento biologico incerto e si presentano con sintomatologia occlusiva o sanguinamento. Presentano mutazioni di c-Kit e rispondono alla chirurgia e alla somministrazione di anticorpi specifici anti c-Kit. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DOLORE TORACICO DOLORE ADDOMINALE DOLORE TORACICO DEFINIZIONE EZIOLOGIA PATOGENESI DIAGNOSI TERAPIA Il dolore toracico può essere riferibile solo in alcuni casi a cause gastroenterologiche e principalmente di origine esofagea. Disturbo cardiovascolare MRGE Disordini motori esofagei Disturbo funzionale esofageo Disturbo respiratorio Disturbo osteoarticolare Disturbo neurologico Attivazione dei recettori presenti sui visceri e pertanto si avrà la percezione di un dolore viscerale situato a livello retrosternale e può simulare facilmente un'angina pectoris. L'esofago possiede dei recettori che inviano impulsi afferenti al SNC sia per la composizione chimica e fisica del contenuto sia per la sensibilità che attraversa i fasci posteriori del midollo spinale. Esclusione di una patologia cardiaca con ECG Diagnosi di una MRGE o di una malattia funzionale esofagea In caso di negatività agli esami precedenti si può ipotizzare una malattia funzionale (dopo aver escluso dolori ossei, muscolari e pleurici). Efficacia con inibitori della pompa protonica contro il MRGE, utilizzo di calcio antagonisti per i disordini motori. Si possono usare antidepressivi per l'innalzamento della soglia di percezione del dolore. DOLORE ADDOMINALE DEFINIZIONE Il dolore addominale è il principale sintomo riferito durante l'anamnesi. Può essere di 3 tipi: Viscerale profondo: nocicettori viscerali profondi che scaricano facendo percepire un dolore intenso, urente e grossolanamente riferito sulla linea mediana. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DIAGNOSI Viscerale riferito o irradiato: dolore più specifico irradiato in posizioni cutanee anche lontano dall'organo coinvolto per intercettazione con i nervi che rilevano la sensibilità cutanea. Somatoparietale o epicritico: dolore ancora più specifico e localizzato riferibile ad un coinvolgimento del peritoneo. È importante fare una serie di indagini diagnostiche per valutare l'entità del dolore e predire la condizione scatenante ed una eventuale immediata terapia. Anamnesi: informazioni sulle modalità d'insorgenza, sull'intensità, sulla cronologia, sulla localizzazione, su fattori aggravanti o attenuanti che aumentano o riducono il dolore (es. posizione, pasto, vomito, evacuazione) e unione con sintomi specifici di allarme come calo ponderale, emorragia, anemia, stato infiammatorio globale. Esame obiettivo: ispezione (masse, postura, respirazione, sudorazione, cute, dilatazione pupille...), valutazione dei parametri vitali principali (coscienza, pressione, frequenza cardiaca e respiratoria, idratazione), auscultazione (evidenziare una peristalsi), palpazione (prima le zone distanti dal dolore e poi la zona dolorosa, vedere una reazione di difesa dell'addome), esplorazione rettale. Esami di laboratorio: di solito anamnesi ed esame obiettivo sono sufficienti per determinare l'ipotesi di una patologia organica. Talora sono richiesti anche emocromo, esame urine, elettroliti plasmatici, azoto ureico, creatinina e glicemia. Esami radiologici: addome a vuoto permette di vedere livelli idroaerei (occlusione), anse dilatate a sentinella o colon enorme (megacolon), aria libera nell'addome con falce sottodiaframmatica (perforazione). Ecografia impiegata per la calcolosi delle vie biliari Anche in caso di dolore cronico si procede nel modo suddetto, tuttavia con tempi possibilmente anche più dilatati. TERAPIA Analgesici, antibiotici ad ampio spettro intanto da arrivare alla diagnosi e far star meglio il paziente. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 NAUSEA E VOMITO DEFINIZIONI Nausea: sensazione spiacevole avvertita soggettivamente come urgenza di vomitare, è associata a ipomotilità gastrica e ipertono vagale. Conati: stimoli al vomito a glottide chiusa che pertanto non fanno fuoriuscire il materiale ma precedono l'atto del vomito Vomito: fuoriuscita massiva del contenuto digestivo a seguito di un'onda antiperistaltica che provoca un'apertura del SEI e un'espulsione del materiale all'esterno. EZIOLOGIA Ci sono numerosissimi fattori che scatenano il vomito: Cause gastrointestinali: infezioni, intossicazioni, malattie infiammatorie, distensione dei visceri intraddominali, ostruzioni, disordini motori. Cause extra-intestinali: cause neurologiche (ipertensione endocranica, emicrania, ansia, depressione, bulimia...), cause endocrino-metaboliche (gravidanza, ipertiroidismo...) Cause iatrogene: chemioterapia, radiazioni, farmaci cardiovascolari, antibiotici e analgesici... PATOGENESI Attivazione del centro del vomito a livello bulbare che attiva un arco riflesso che determina un'onda antiperistaltica associata ad un ipertono vagale. Gli stimoli emetici possono arrivare da diverse zone. DIAGNOSI CLINICA Vomito recente e di breve durata: ipotesi infettiva Vomito a digiuno: ipotesi gravidanza, ipertensione endocranica, disordini endocrino-metabolici. Vomito subito dopo il pasto: fattori psicotici Vomito qualche ora dopo il pasto: alterazioni di motilità o ostruzione meccanica. Vomito biliare: ostruzione distale duodeno-digiunale e chirurgia gastrica. Vomito fecaloide: occlusione molto bassa intestinale che coinvolge un'iperproliferazione batterica che si associa a formazione di sostanze digerite e fortemente maleodoranti. Vomito ematico: presenza di sangue digerito o meno fa pensare al tempo di stasi gastrica del sangue o alla provenienza da varici esofagee. Il soggetto si presenta con ipersalivazione, prostrazione, può essere pallido e può insorgere disidratazione. La perdita di protoni può favorire l'insorgenza di alcalosi metabolica e di perdita di elettroliti essenziali come sodio e potassio (sia per perdita diretta che per attivazione dell'aldosterone). Si possono verificare fenomeni di lacerazioni esofagee se si associano problemi di rilasciamento del SEI ed intensità elevata dell'espulsione. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA EPATICA ANATOMIA Il fegato è l'organo più grosso dell'organismo escludendo la cute. Pesa dai 1200 ai 1500 g ed è situato in sede addominale in ipocondrio dx con allungamento verso l'epigastrio e l'ipocondrio sx. E' vascolarizzato da una doppia rete: Arteria epatica: ramo del tripode celiaco che porta sangue ricco di O2 alle cellule del fegato Vena porta: vena che drena il sangue proveniente dai circoli capillari splenico, gastrico, pancreatico e intestinale e li dirige al fegato che accoglie le sostanze nutritizie derivate dalla digestione ed ormoni e sostanze estranee da eliminare. E' formato da un lobo destro, un lobo sx separati dal legamento falciforme, e due lobi centrali caudato e quadrato. In base alla vascolarizzazione si può suddividere in 8 segmenti utili dal punto di vista chirurgico. L'unità anatomica del fegato è il LOBULO con forma esagonale e al centro la vena centrolobulare dalla quale partono a raggiera filiere di epatociti legati fino ad arrivare agli apici dell'esagono in cui sono contenuti gli spazi portali formati da: Ramo dell'arteria epatica Ramo della vena porta Ramo del sistema biliare. Tra le filiere di epatociti sono situati i capillari del fegato detti sinusoidi dotati solo di endotelio senza lamina basale. Questi sinusoidi sono capillari contenuti in 2 sistemi venosi: quello portale e quello sovraepatico. L'unità funzionale del fegato invece è l'ACINO che ha forma triangolare e possiede i 3 apici a livello delle vene centrolobulari e al centro c'è uno spazio portale. Esistono 3 zone di vascolarizzazione dell'acino: Zona 1: a livello del sistema portale max vascolarizzazione Zona 2: efficienza nutrizionale minore Zona 3: a livello della vena centrolobulare, si sente di + il danno ischemico. FISIOLOGIA Il fegato consta di 4 componenti funzionalmente attivi: - Epatocita - Cellula di Kupffer - Cellula stellata o perisinusoidale o di Ito - Cellula endoteliale sinusale 1) Epatocita Le funzioni dell'epatocita sono: Produzione ed escrezione della bile Metabolismo dei carboidrati: conversione del glucosio in glicogeno come riserva energetica da utilizzare attraverso la fosforilasi. Metabolismo di sostanze tossiche, farmaci e ormoni: funzione fondamentale per eliminare gli ormoni circolanti e la loro azione Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 fisiologica, per questo durante danno epatico si sviluppano alterazioni endocrine. I farmaci vengono efficacemente trasformati dal fegato in una fase ossidativa ed una fase di coniugazione con una molecola idrosolubile tale da poter permettere l'eliminazione per via urinaria. Infine è essenziale la degradazione delle sostanze tossiche attraverso l'attivazione delle cellule di Kupffer. Sintesi e degradazione delle proteine plasmatiche: il fegato ha un'azione di regolare la P oncotica grazie alla sintesi di albumina, azione di trasportatore attraverso sintesi di albumina, ceruloplasmina, aptoglobina, ferritina. In più favorisce la degradazione delle proteasi come l'alfa1-AT e l'alfa e beta globine. Sintetizza ormoni. Mantiene l'omeostasi formando fibrinogeno, fattori di coagulazione, protrombina e inoltre permette la sintesi degli AA non essenziali. Formazione dell'urea: è un processo ripetitivo che avviene nel fegato ed è volto ala conversione di NH3 in urea attraverso la coniugazione di NH3, CO2 e citrullina con formazione di arginina. Da questo complesso poi si stacca l'urea e si forma ornitina che viene nuovamente convertita a citrullina per ricominciare il ciclo. Metabolismo dei lipidi e lipoproteine: il fegato permette la sintesi di TG e colesterolo e in più si formano lipoproteine. 2) Cellula di Kupffer Si tratta di macrofagi situati a livello sinusoidale con il quale si connettono e formano il 80-90% dei macrofagi sistemici. Sono deputati alla detossificazione delle sostanze dannose e rimozione di materiale estraneo. Ad esempio durante il danno da etanolo si verificano produzione di endotossine per aumentata permeabilità intestinale e genesi di ROS che attivano prontamente i macrofagi. 3) Cellula stellata Si tratta di cellule presenti a livello quiescente come cellule tondeggianti contenenti vacuoli che raccolgono la vitamina A. durante il danno queste cellule vengono attivate e sono responsabili dei processi di fibrosi e deposizione connettivale andando incontro a proliferazione, liberazione dai depositi di vit A, produzione di collagenasi e rimodellamento del parenchima epatico. Tipiche cell responsabili della cirrosi. 4) Cellule endoteliale sinusoidale Sono cellule che compongono l'endotelio dei sinusoidi e hanno ampie fenestrature tali da permettere il passaggio delle sostanze nello spazio di Disse. Nella cirrosi si ha una capilarizzazione dei sinusoidi con riduzione degli scambi con gli epatociti. CARATTERISTI L'epatocita risponde al danno attraverso 2 alterazioni: 31. Steatosi: processo di accumulo lipidico all'interno del citoplasma CHE DI della cellula. Si distingue in macrovescicolare determinata da alcol, ALTERATA diabete, obesità e dislipidemia e in microvescicolare determinata da FUNZIONE infezione da HCV e alterazioni della catena respiratoria EPATICA mitocondriale. 32. Necrosi: morte della cellule per lisi della membrana plasmatica Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 attivata da 1. Ischemia 2. Danno tossico diretto 3. Danno immunomediato 4. Danno da accumulo di metalli 5. Danno da alterazione processi metabolici (es metabolismo farmaci) 6. Danno da lipoperossidazione della membrana plasmatica. Meccanismi di riparazione del danno epatico: Rigenerazione: capacità del fegato di autorigenerarsi a seguito di ablazione di tessuto a seguito di chirurgia o trauma. Le rigenerazioni sono sostenute da fattori di crescita prodotti a livello locale, paracrini ed endocrini. L'iperplasia compensatoria avviene a livello di tutte le cellule epatiche. Cicli ripetuti di rigenerazione possono portare alla formazione di noduli rigenerativi che sono il substrato per la comparsa di cirrosi. Fibrosi: meccanismo di deposizione connettivale nel fegato che va a sostituire le cellule normali e compromette la funzionalità epatica. Tipico processo cirrotico. Apoptosi: classico quadro di morte programmata che interessa prevalentemente gli epatociti. Avviene attraverso un meccanismo intrinseco ed estrinseco. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EPATITI VIRALI ACUTE DEFINIZIONE L'epatite virale rappresenta una delle forme prevalenti di infiammazione e danno epatico. Si caratterizza per una flogosi degli epatociti, un danno e una conseguente rigenerazione. I virus coinvolti non sono di per sé citotossici, ma è la risposta immunitaria cellulo-mediata ed umorale a determinare la gran parte del danno. Si considerano epatiti acute delle forme che perdurano per meno di 6 mesi, altrimenti il quadro diventa cronico. EZIOLOGIA Esistono 5 virus epatotropi maggiori che colpiscono direttamente il fegato ed altri virus che sono detti minori perchè hanno come bersaglio secondario il fegato. I virus maggiori sono HAV, HBV, HCV, HDV, HEV. I virus minori che possono colpire il fegato sono il CMV, l'EBV, gli Herpesvirus e il virus della rosolia. Esistono poi i tipici virus esotici come il virus della febbre gialla che possono dare epatite. PATOGENESI Il virus penetra all'interno del circolo ematico e si va a distribuire a livello epatico. Le vie di infezione sono: Oro-fecale: per HAV e HEV Parenterale: per HBV, HCV e HDV Il virus giunto al fegato si lega attraverso specifici recettori e penetra nel citoplasma dove si libera dall'envelope e rilascia il nucleocapside contenente il materiale genetico in forma di RNA e DNA (nel caso del HBV). All'ingresso nel citoplasma consegue una immediata traduzione proteica nel caso dei virus a RNA oppure un passaggio all'interno del nucleo per i virus a DNA che vengono trascritti a RNA e fuoriescono per fare sintesi proteica. Una RNA polimerasi provvede a formare anche filamenti di RNA con polarità inversa da integrare nei nuovi virioni. Il danno è mediato essenzialmente dalla risposta immunitaria e consiste in una degenerazione epatocitaria, rigonfiamento e steatosi microvescicolare, flogosi mesenchimale e rigenerazione epatocitaria. CLINICA La clinica dell'epatite virale è abbastanza aspecifica nelle prime fasi e può addirittura passare asintomatica. Esiste una fase di incubazione in cui possono presentarsi dei sintomi prodromici come inappetenza, nausea, vomito, diarrea, malessere generale, rash cutanei ed artralgie. In fase di malattia si verifica spesso ittero epatico con innalzamento dei valori di fosfatasi alcalina e gamma-GT, urine scure e feci acoliche. Tipicamente nel sangue durante le fasi attive della patologia si verifica un innalzamento delle transaminasi indici di danno epatico. Esiste anche il caso raro di epatite fulminante che rappresenta un evento molto grave di insufficienza epatica associata a danni renali, polmonari e al midollo osseo, ma soprattutto al cervello in cui si verifica edema cerebrale e ipertensione endocranica. Aumento bilirubina, riduzione fattori coagulazione, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 diminuita sintesi di glucosio e produzione di lattato. EPATITE A ACUTA (HAV) VIRUS Si tratta di un virus ad RNA della famiglia Picornaviridae che entra nella cellula attraverso un recettore e libera RNA a singolo filamento che funge da stampo per la sintesi di nuovo RNA e di proteine. PATOGENESI Il virus penetra attraverso la via orofecale e raramente durante il periodo di incubazione in cui la viremia è alta può trasmettersi per via parenterale. EPIDEMIOLOG L'infezione è più frequente nei paesi con scarse condizioni igieniche, nei paesi industrializzati l'incidenza è molto bassa e tende ad avere un età di insorgenza più avanzata rispetto ai paesi in cui è endemico in quanto viene contratta dai bambini. I bambini hanno una prognosi nettamente migliore e la patologia può autoeliminarsi senza dare sintomi. Sono fattori di rischio i viaggi in zone in cui è endemico e il consuo di frutti di mare e cibi infetti. CLINICA Incubazione di 15-50 giorni. Escrezione del virus nelle feci ha il suo massimo prima della comparsa dei sintomi. Sintomi gastrointestinali tipici come nausea, vomito, diarrea e dolore ai quadranti superiori dell'addome. In più i soliti sintomi astenici dell'epatite. Le transaminasi si elevano e si può avere una lieve forma itterica che nei pazienti più anziani tende a prolungarsi verso una colestasi. In una piccola frazione di casi si può sviluppare un'epatite fulminante che cresce di incidenza oltre i 40 anni e con una sovrainfezione da epatite C DIAGNOSI La diagnosi si pone attraverso il rilevamento sierologico di IgM contro HAV che indicano una fase attiva di infezione, la sostituzione di queste con IgG indica una guarigione e un'immunizzazione contro il virus persistente. VACCINO La profilassi anti HAV è effettuata in modo facoltativo nei gruppi a rischio come soggetti che si recano in zone endemiche, militari, personale ospedaliero, omosessuali, tossicodipendenti. Si tratta di un virus inattivato che conferisce un'immunità di circa 15-20 anni. EPATITE E ACUTA (HEV) VIRUS Il virus è un piccolo virus della famiglia Caliciviridae ad RNA a singolo filamento con trasmissione orofecale come HAV. Ha polarità positiva. PATOGENESI Stessa patogenesi dell'HAV con ingresso nella cellula e attivazione della risposta immunitaria. EPIDEMIOLOG È endemica in certi paesi in condizioni socio-economiche sfavorevoli e la principale trasmissione avviene con l'acqua potabile contaminata. Colpisce soprattutto i giovani adulti a differenza dell'HAV che colpisce bambini. CLINICA Sintomi gastrointestinali, ipertermia, transaminasi elevate, ittero breve. In alcuni casi può evolvere asintomatica, è infatti una forma autolimitante. È pericolosa nelle donne in gravidanze e soprattutto al terzo trimestre in cui si Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 è visto associata un'alta mortalità dovuta ad encefalopatia, diatesi emorragica e insufficienza renale. DIAGNOSI Si rilevano dal siero gli anticorpi IgM e IgG, questi ultimi compaiono durante la guarigione e permangono elevati anche per periodi successivi. EPATITE B ACUTA (HBV) VIRUS Si tratta di un virus che fa parte della famiglia degli Hepadnaviridae ed è l'unico ad avere un genoma a DNA incompleto. La particella infettiva è detta Dane e contiene l'antigene di superficie HbsAg responsabile della immediata risposta immunitaria in quanto viene riconosciuto come estraneo. Nel nucleocapside interno ci sono HbcAg che rappresentano proteine del core, mentre la forma secretoria di questa particella è detta HbeAg e si ritrova nel siero durante l'infezione. PATOGENESI Il virus entra nell'epatocita, si libera dall'envelope e la sua DNA polimerasi completa il genoma a DNA che gli permette di entrare nel nucleo e dare origine ad un processo di trascrizione in filamenti di RNA che vengono utilizzati per sintesi proteica sia per retrotrascrizione a DNA per formare i nuovi virioni. La vera causa del danno è la risposta immunitaria visto che il virus non è citotossico di per sé. L'attivazione immunitaria specifica acuta è responsabile del danno epatico e della necrosi degli epatociti infettati contenenti il virus, una risposta efficiente è in grado di eradicare l'infezione in modo veloce, mentre una condizione di immunodeficienza o eccessiva virulenza del ceppo determina una cronicizzazione del processo. EPIDEMIOLOG Si stima che ci siano 300 milioni di sieropositivi per HBV al mondo. La trasmissione è parenterale e pertanto i gruppi più a rischio sono i conviventi con soggetti HBV positivi, i tossicodipendenti, trattamenti estetici ed esposizione sessuale a diversi partner. Importante anche la trasmissione perinatale da madri sieropositive. Questo è un dato importante in quanto il 90% dei neonati a cui viene trasmessa l'infezione saranno portatori cronici della malattia. DIAGNOSI Al momento dell'infezione è possibile rilevare nel sangue il HbsAg, HbeAg e HBV-DNA che segnalano un'infezione attiva. Dopo qualche periodo si verifica un incremento degli anticorpi contro l'antigene del core (HbcAg) prima IgM e poi IgG che perdurano per molto tempo. Dopo un certo periodo compaiono anche le IgG-antiHBe. Progressivamente scompaiono dal circolo HBV-DNA e HbsAg. La comparsa di anti Hbs segnala la guarigione e l'immunizzazione del soggetto. Infatti questi anticorpi durano tutta la vita. CLINICA Il quadro clinico è aspecifico, può anche decorrere asintomatico. In generale esiste una fase prodromica con inappetenza, malessere, nausea. Poi sopraggiunge la fase itterica che dura meno di 3 mesi anche se negli adulti il decorso può essere più protratto ed evolvere in una forma colestatica più grave. I casi di epatite fulminante sono presenti dallo 0,1 all'1% e il meccanismo si pensa sia ssociato ad una lisi massiva degli epatociti infettati. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 La cronicizzazione è inversamente prop all'età nel senso che i bambini hanno una probabilità di cronicizzare del 90% mentre gli adulti del 1-5% VACCINO Esiste una profilassi attiva ed una passiva. Quella passiva consiste in un utilizzo di anticorpi preformati contro HBV e vengono utilizzati soprattutto in gravidanza per immunizzare il feto ed evitare una trasmissione perinatale e viene continuata anche in fase neonatale. Il vaccino invece è ottenuto da un lievito e viene utilizzato dal 1991 come vaccinazione obbligatoria di tutti i neonati. All'inizio è stata fatta una vaccinazione di tutti gli adolescenti ed i neonati, ora si prosegue con tutti i neonati. Importante è lo screening delle madri al terzo trimestre sieropositive per HBV in modo tale da fare immunoprofilassi attiva o passiva. La profilassi attiva è in grado di ridurre l'incidenza di epatocarcinoma HBVcorrelato nei paesi ad alta endemia. Vista la percentuale di guarigione spontanea elevata non è considerato utile un trattamento terapeutico. È però necessario attuare misure di supporto, sorveglianza e attenzione alle possibili complicanze. Raccomandata una dieta con buon apporto calorico e molti carboidrati. EPATITE D ACUTA (HDV) VIRUS Si tratta di un virus difettivo caratterizzato da un'incapacità di esplicare la sua funzione in assenza di HBV. Infatti il danno deriva da una concomitante presenza di HBV. PATOGENESI Il virus utilizza la RNA polimerasi della cellula per replicarsi. L'effetto dannoso è mediato dall'immunopatogenesi. EPIDEMIOLOG È una patologia in decremento di incidenza in quanto le norme per la riduzione dell'HBV incidono inevitabilmente anche sull'HDV. Il problema persiste nelle popolazioni con scarsi livelli igienico-sanitari. Frequente nei gruppi a rischio di trasmissione parenterale. Il virus può infettare l'organismo con 2 modalità: Coinfezione: infezione di HDV contemporanea ad HBV che si caratterizza per viremia delta della durata di pochi giorni. Molto rara è l'eventualità di cronicizzazione. Sovrainfezione: in un paziente con infezione cronica da HBV insorge un'infezione da virus delta, in questo caso è tipico il doppio picco delle transaminasi e il virus trova un ambiente già molto propizio alla sua proliferazione e quindi tende a dare danni più gravi con un rischio di epatite fulminante non indifferente. In oltre il 90% dei casi si ha cronicizzazione. DIAGNOSI Deve essere fatta l'analisi di Ig antiHDV sia nel caso di epatite acuta B di nuova insorgenza, sia nel caso di portatore cronico di HBV che subisce delle modifiche sintomatiche e del decorso della malattia. Nelle forme di sovrainfezione le IgM rimangono elevate nel siero, mentre nella coinfezione le IgM decrescono e lasciano spazio alle IgG. CLINICA Epatite acuta di entità variabile con una incidenza non indifferente di epatiti fulminanti. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EPATITE C ACUTA (HCV) VIRUS Il virus fa parte della famiglia dei Flaviviridae ed è costituito da un singolo filamento di RNA che però è polimorfico e pertanto sono stati identificati 6 diversi genotipi di RNA virale che contribuiscono alla variabilità della patologia, all'incapacità di trovare un vaccino adeguato e alla impossibilità di allestire colture cellulari. Il genotipo 1 è associato al 30% di guarigione mentre il genotipo 2 è correlato a un 80% di guarigione. PATOGENESI La singola molecola di RNA entra nell'epatocita attraverso l'interazione col recettore CD81 e viene tradotta direttamente in una poliproteina unica la quale viene poi scissa in diverse proteine come 2 glicoproteine dell'envelope, la proteina del nucleocapside e diverse proteine non strutturali. In più la catena a polarità positiva viene trascritta in un filamento a polarità negativa in modo da fornire il substrato per una nuova sintesi di RNA per i nuovi virioni. Il danno si esplica grazie ad un'intensa risposta cellulo-mediata soprattutto linfocitaria e multispecifica. EPIDEMIOLOG La patologia è sempre meno frequente nei paesi industrializzati, ma nel mondo ci sono circa 170-200milioni di soggetti sieropositivi. L'utilizzo dello screening dal 1991 per l'HCV nei donatori ha permesso una drastica riduzione delle infezioni visto che un tempo la trasfusione era la modalità di infezione maggiore. I gruppi a rischio sono gli stessi dell'HBV in quanto la trasmissione è per via parenterale. DIAGNOSI Si può fare diagnosi di infezione da HCV quando si riscontrano nel sangue anticorpi anti-HCV oppure l'analisi del siero con PCR per vedere il HCVRNA. CLINICA La clinica dell'infezione acuta è paucisintomatica o più spesso asintomatica. Solo raramente si possono presentare i sintomi tipici delle epatiti come nausea, vomito, inappetenza, ittero, rash cutanei e febbre. L'infezione acuta che si risolve spontaneamente non è quasi mai vista dal paziente o in alcuni casi c'è un ittero lieve, è comunque presente l'aumento delle transaminasi. La percentuale di infezione acuta risolta è molto bassa, circa il 20%. L'80% dei pazienti con infezione acuta evolve verso il quadro cronico, soprattutto nei casi del tutto asintomatici. La presenza di età giovane, comorbidità e immunodeficienza sono resonsabili di un maggior rischio di evoluzione verso forme croniche. È un virus con una diffusione difficoltosa tra le persone e per questo motivo tende a cronicizzare. VACCINO Non esiste un vaccino adeguato contro il virus. È però l'unico caso in cui l'evidenza di un'infezione richiede un trattamento per evitare l'evoluzione verso la forma cronica e per questo si fa una terapia con Interferone-alfa che è in grado di determinare l'eliminazione del virus Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 nell'80-90% dei casi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EPATITI VIRALI CRONICHE DEFINIZIONE EZIOLOGIA MORFOLOGIA Sono patologie epatiche determinate dalla presenza del virus per più di 6 mesi consecutivi e in gran parte dei casi decorrono in modo asintomatico. HBV HCV HDV Il fegato si presenta in diversi modi. In alcuni casi può essere non associato a danno evidente, ma nella gran parte dei casi soprattutto tardivi si ha la tipica necroinfiammazione che parte generalmente dagli spazi portali per poi espandersi all'interno del lobulo. - Epatite cronica persistente: forma con espansione dei tratti portali associata ad infiltrato linfocitario a livello degli spazi portali ma che non supera la lamina limitante. L'architettuta lobulare resta normale e la fibrosi è molto limitata. - Epatite lobulare: viene detta anche acuta a lenta risoluzione e consiste in una forma di infiammazione portale con foci di necrosi anche lobulare e una modesta fibrosi periportale. - Epatite cronica attiva: è la forma con più danno epatico e si caratterizza per la presenza di molti focolai necro-infiammatori a livello portale e a livello lobulare con tipiche forme di necrosi a ponte e necrosi dell'interfaccia. I setti fibrosi si estendono dallo spazio portale fino al lobulo. È una forma che nel giro di 5 anni può evolvere in cirrosi attraverso il continuo insulto rigenerativo a forma nodulare con deposizione di setti fibrosi e distorsione dell'architettura del parenchima. I fattori predisponenti sono la carica virale, la risposta dell'individuo e la presenza di eventuali comorbidità. CLINICA Il quadro clinico può essere paucisintomatico o addirittura asintomatico. Esistono casi soprattutto di infezione da HCV in cui è associata una crioglobulinemia che dà porpore, vasculiti, artralgie e danni renali glomerulari. In alcuni casi sono manifesti i sintomi di malessere generale dell'epatite acuta. All'esame obiettivo si rileva un'epatomegalia non correlata a splenomegalia e alle conseguenze dell'IT portale che invece insorgono durante cirrosi. Può esserci ipertransaminasiemia con rapporto AST/ALT di solito minore di 1 ma che se si innalza sopra l'unità può indicare cirrosi. Anche una modesta ipergammaglobulinemia e a volte elevamento di GGT e fostafasi alcalina. EPATITE CRONICA DA HBV STORIA NATURALE Si tratta di una condizione in cui il HBV resta per più di 6 mesi e non viene eradicato. Non è molto frequente il tasso di epatite cronica da HBV e correla con l'età, nel senso che la trasmissione verticale è associata ad un 90% di cronicizzazione, la trasmissione orizzontale ad adulti prevede un tasso di guarigione spontanea molto alto senza cronicizzare. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Fase di immunotolleranza: è una fase che si verifica in generale nei bambini esposti dalla nascita all'HBV per il fatto che gli antigeni sono presenti dal principio e quindi non viene formata una risposta immunitaria contro di essi. Pertanto i virus si moltiplicano dentro gli epatociti senza dare un danno necro-infiammatorio e infatti le transaminasi sono normali o modestamente alte. Questa forma evolve spesso da sola verso una sieroconversione, cioè una produzione di anti-HBeAg che nel tempo permette un passaggio alla fase a bassa replicazione virale e col tempo anche all'eradicazione dell'infezione. Fase di immunoattività: questa fase si osserva nelle trasmissioni orizzontali in cui si crea un danno infiammatorio e necrotico costante con incremento delle transaminasi e potenziale evoluzione a fibrosi. Fase a bassa replicazione o non replicativa: situazione di controllo immunitario sulla replicazione batterica che non è dannosa anche se può essere sempre presente. La malattia deve essere differenziata in 2 tipi diversi: HbeAg positiva: forma in cui si presenta l'antigene nel siero, ma non c'è stata ancora sieroconversione. Queste forme di epatite devono essere osservate perchè c'è la possibilità di sieroconversione spontanea e risoluzione della situazione o passaggio alla forma di portatore cronico inattivo di HbsAg. In ogni caso se HBV-DNA diventa molto alto si deve intervenire HbeAg negativa: forma in cui c'è una sieroconversione ad antiHBeAg ma non sono presenti gli antigeni, questa si associa a ceppi mutanti che non producono la proteina e. Questi pazienti vanno trattati solo se c'è un'attiva replicazione virale e quindi un carico di HBV-DNA molto alto. DIAGNOSI Epatite cronica da HBV HbsAg presente per + di 6 mesi HBV-DNA molto alto Alterazione persistente di AST/ALT Evidenza istologica di epatite cronica (biopsia) Portatore cronico inattivo di HBV 33. HbsAg presente per + di 6 mesi 34. HBV-DNA basso 35. AST/ALT normale 36. HbeAg negativo, anti-HBeAg positivo (potrebbe far pensare ad una epatite cronica da virus variante, tuttavia il fatto che HBV-DNA sia basso e le transaminasi siano normali fa pensare ad una sieroconversione che ha portato ad un controllo della replicazione virale). Pregressa infezione da HBV HbsAg negativo HBV-DNA non identificabile Anti-HBS e anti-HBC positivi (nel vaccinato è presente solo anti-HBS e non anti-HBC) AST/ALT normali Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TERAPIA I 3 farmaci più utilizzati per eradicare l'infezione sono: Interferone alfa Lamivudina Adefovir dipivoxil EPATITE CRONICA DA HDV STORIA NATURALE Nel caso di sovrainfezione il tasso di cronicizzazione è più elevato che nella coinfezione, che risulta però avere un'esordio di epatite acuta più grave. In ogni caso esiste anche la possibilità di una coinfezione non risolta che sfocia in cronica. DIAGNOSI Presenza di IgM o IgG anti-HDV e HDV-RNA. Tipicamente si verifica anche un riscontro sierologico di anti-LKM3 TERAPIA Interferone alfa. EPATITE CRONICA DA HCV STORIA NATURALE Il virus ha un'elevata capacità di cronicizzare e si stima che il 55-85% dei pazienti infettati da HCV vada incontro a cronicizzazione. Il danno può progredire in una durata di circa 30 anni verso lo sviluppo di cirrosi, insufficienza epatica ed infine epatocarcinoma. Solo il 5% dei pazienti infettati da HCV va incontro a cirrosi. Le aminotransferasi sono costitutivamente elevate e di solito è l'unica manifestazione della malattia messa in evidenza casualmente alle analisi di screening nei donatori. Sono presenti anche altri autoanticorpi forse conseguenti ad una reazione autoimmunitaria scatenata dal virus. In altri casi è associabile anche una criglobulinemia che peggiora la diagnosi visto che i virioni precipitano con le crioglobuline e non permettono l'evidenza ematica degli antigeni. DIAGNOSI La diagnosi di epatite cronica viene fatta grazie a: HCV-RNA positivo Anti-HCV positivo Nel caso di RNA negativo e anticorpi positivi siamo di fronte ad un quadro di immunizzazione del paziente verso il virus. È tuttavia necessario rifare le analisi a distanza di 3-6 mesi per evitare che si tratti di un'infezione ad andamento altalenante. Una volta effettuata la diagnosi è importante determinare il genotipo e la quantificazione della carica virale. TERAPIA I genotipi 1 e 4 sono meno responsivi alla terapia con interferone e ribavirina, perciò se dopo 3 mesi di terapia se la viremia non si abbassa significativamente la terapia è meglio interromperla perchè non c'è possibilità di eradicare l'infezione. I genotipi 2 e 3 rispondono bene alla terapia che andrebbe continuata per 1 anno. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EPATITE AUTOIMMUNE DEFINIZIONE Si tratta di una forma di danno necro-infiammatorio conseguente ad una risposta autoimmune anomala nei confronti di antigeni presenti nelle cellule epatiche. La manifestazione può andare da quadri lievi asintomatici a quadri molto gravi di epatite fulminante. Colpisce più di frequente le femmine. EZIOLOGIA e PATOGENESI L'eziologia vera è sconosciuta. Si ritiene che un fattore ambientale possa scatenare una reazione autoimmunitaria probabilmente per mimetismo molecolare con antigeni epatici. Gli agenti in questione sono in genere dei virus come EBV, CMV e virus epatitici maggiori. Questi sistemi scatenano in soggetti predisposti geneticamente e spesso con compresenza di altre patologie autoimmuni un'esposizione di antigeni self attraverso molecole HLA I e II che di norma non vengono espressi dagli epatociti. Queste molecole con antigene attivano una risposta immunitaria mediata da linfociti Th0 e cellule APC che attraverso secrezione citochinica richiamano le cellule dell'immunità e l'attivazione della produzione anticorpale. I linfociti soppressori ed NK che stanno alla base del controllo dell'autoimmunità risultano ridotti. Un'altra forma di EA è la malattia polighiandolare autoimmune di tipo I che si associa al difetto del gene AIRE 1 che è un regolatore dell'autoimmunità. Include epatite cronica insieme a candodosi, ipoparatiroidismo e insuff surrenalica. CLINICA Esistono 2 tipi di EA: EA 1: caratterizzata dalla presenza di anticorpi contro antigeni nucleari non specificati (ANA) e/o antigeni contro il muscolo liscio (SMA). Spesso questi anticorpi sono compresenti mentre in altre forme è presente solo 1 tipo. Si associano anticorpi anti SLA/LP contro una proteina citosolica forse del complesso del tRNA. Possono esserci anche anticorpi ANCA. É una sindrome che colpisce soprattutto le persone adulte e si manifesta in 2 modi: o con un danno acuto (ittero, insufficienza protidosintetica) o con una cronicizzazione asintomatica che quando si rivela è già sfociata in cirrosi (può associarsi ad una sintomatologia aspecifica come nausea, dispepsia e malessere). Le transaminasi risultano sempre aumentate. EA 2: è tipica della prima infanzia a differenza del primo tipo. Si caratterizza per la presenza di anticorpi contro antigeni microsomiali (LMK) e specialmente di tipo 1 mentre il tipo 3 si riscontra nel caso di epatite D. In alcuni casi dà una presentazione acuta, mentre negli altri casi la presentazione è simile al primo tipo. La progressione verso la cirrosi è più veloce che nel primo tipo. In questa patologia vengono prodotti anche anticorpi anti LC1 contro antigeni del citosol epatico. In pazienti non trattati la prognosi è infausta con sopravvivenza a 10 anni del 10%, nei trattati la prognosi è buona e a 10 anni dell'80-93%. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DIAGNOSI Anamnesi Esame obiettivo: segni e sintomi di epatite clinici Esami laboratoristici: importante valutare la presenza di ipertransaminasiemia e ipergammaglobulinemia presente nella maggioranza dei casi. In più è importante anche un riscontro di autoanticorpi e in base al tipo si stabilisce una forma 1 o 2. In alcuni casi ci può essere variazione degli enzimi di colestasi e riduzione del C4 sierico. Esame istologico: attraverso la biopsia si può fare diagnosi finale di EA. Il quadro istologico tipico vede un'espansione dello spazio portale con flogosi e necrosi della lamina limitante. Sono presenti focolai di rigenerazione di epatociti e duttuli biliari con infiltrato linfomonocitarioa e plasmacellulare in follicoli tipici. Non sempre però il quadro è così classico e definibile e per questo è stato messo a punto uno score da utilizzare nei casi dubbi che valuta l'età, il sesso, la presenza di auto-Ab, i segni di epatite o colestasi, dosaggio di transaminasi, presenza di epitopi virali, istologia e assunzione di farmaci o alcol. TERAPIA La terapia dell'EA si basa sulla somministrazione immediata di immunosoppressori. I più utilizzati sono: Steroidi Azatioprina L'associazione dei 2 è utile per ridurre gli effetti collaterali dell'eccessivo dosaggio di cortisolo che provoca osteoporosi, diabete, ipertensione, cataratta. D'altro canto l'azatioprina ha effetti collaterali come nausea, pancreatite, epatopatia da farmaci, rash cutaneo e soppressione midollare. La sua eventuale funzione teratogenica la limita nell'assunzione in gravidanza in cui si consiglia solo il trattamento steroideo. Le indicazioni assolute al trattamento sono: ipertransaminasiemia oltre 10 volte la norma o 5 volte ma con gammaglobulinemia 2 volte superiore la norma, inoltre anche la necrosi a ponte. Le indicazioni relative prevedono sintomatologia, livelli di transaminasi e gammaglobuline inferiori ed epatite dell'interfaccia. Si parla di successo terapeutico quando c'è normalizzazione delle transaminasi e degli enzimi colestatici. Si parla di recidiva quando dopo una risoluzione tornano ad innalzarsi le transaminasi. Altri farmaci che possono essere utilizzati sono la ciclosporina, il tacrolimus, il micofenolato mofetile. Nel caso di scompenso è indicato il trapianto epatico. GRAVIDANZA E Nella gravidanza sono stati descritti casi di peggioramento, stabilità ma anche miglioramento della situazione in certi casi soprattutto verso la seconda metà. PEDIATRIA Questa normalizzazione delle transaminasi si riferisce forse a una down regulation dei linfociti T citotossici e NK ed una secrezione accentuata di cortisolo che stimola l'inibizione della flogosi. Il bambino può manifestare spesso una forma acuta e talora fulminante. Terapia simile agli adulti che molto spesso però richiede trapianto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 VARIANTI DI EA Esiste una serie di varianti di epatiti autoimmuni di incerta classificazione per sovrapposizione di situazioni colestatiche o epatiche. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PATOLOGIA EPATICA DA ABUSO DI ETANOLO DEFINIZIONE L'alcol è una delle sostanze più abusate che a seguito di un'eccessivo utilizzo provocano danni multiorgano e in particolar modo a livello epatico che è la sede primaria del metabolismo dell'etanolo. Non esiste una dose sicura per non sviluppare patologie anche perchè l'effetto dell'alcol è correlato anche alla capacità individuale di metabolizzarlo ed assorbirlo, ma esiste un basso rischio che viene considerato come 2-3 drinks al giorno per i maschi e 1-2 per le femmine visto che queste hanno una minor attività dell'ADH e una distribuzione corporea dell'alcol diversa. EZIOLOGIA Abuso di alcol in modo acuto o cronico. Cofattori di danno a seguito dell'abuso di alcol: Sesso: le femmine sono più colpite perchè sembra che abbiano una minor funzionalità dell'ADH. Concomitante infezione da virus epatitici, soprattutto un'infezione cronica da HCV Dieta: scarsità di nutrienti e malnutrizione post-alcolica associate anche ad obesità possono contribuire allo sviluppo di epatite Durata e entità del consumo alcolico Predisposizione genetica: dal punto di vista degli enzimi del metabolismo Età Ferro: l'accumulo epatico di ferro correla con il rischio di epatite. Xenobiotici: farmaci e tossici ambientali hanno lo stesso sito di metabolismo dell'alcol a livello del citocromo p450 e di conseguenza possono esaltare il danno. È anche vero che l'iperattività del sistema microsomiale provoca una aumentata clearance degli elementi che vengono normalmente degradati da questo sistema e quindi in particolare farmaci. PATOGENESI L'alcol viene assunto dall'individuo ed assorbito nell'80% a livello duodenodigiunale e in piccola parte a livello gastrico. Le vie di eliminazione comprendono il rene attraverso l'urina, il polmone attraverso l'espirazione e la cute in piccola parte con il sudore. Una volta entrato in circolo l'alcol si distribuisce ai vari organi e qui causa i suoi effetti, gli organi più vascolarizzati come cervello, midollo, fegato e polmoni accettano primariamente l'etanolo. Una volta che arriva al fegato l'alcol viene metabolizzato da 3 sistemi: Alcol deidrogenasi (ADH): sistema primario di degradazione alcolica attivo soprattutto per le piccole dosi e per le assunzioni occasionali. Questo enzima converte l'etanolo in acetaldeide utilizzando un NAD che viene ridotto a NADH e H+. Sistema microsomiale (MEOS): sistema che viene attivato nelle assunzioni massive e croniche di alcol e utilizza NADPH, H+ e O2 per convertire etanolo in acetaldeide con NADP e H2O. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Catalasi: sistema che si attiva nei casi di iperproduzione di H2O2 e quindi in seguito a assunzioni eccessive di alcol che hanno portato un accumulo di H+ (per consumo di NADH e per accumulo di xantine che sono aumentate per maggior degradazione di ATP e attivazione della xantino-ossidasi). Anche in questo caso viene prodotta acetaldeide. In ultima analisi l'acetaldeide viene convertita in acetato a livello mitocondriale insieme a CO2 e H2O grazie all'azione dell'ALDH (aldeidedeidrogenasi). Il risultato finale del metabolismo dell'etanolo è: Aumento del NADH: è già di per sé un fattore energetico che stimola i processi anabolici e pertanto ha un'azione bloccante sul ciclo di Krebs e sulla beta-ossidazione. La conseguenza è un richiamo di acidi grassi dalle riserve periferiche che non possono effettuare il loro processo catabolico e vengono conservate ed accumulate nel citoplasma degli epatociti. Inoltre si ha un'aumento di biosintesi degli acidi grassi e dell'esterificazione a trigliceridi a seguito dell'iperproduzione di alfa-gliceroloP. Il consumo di NADH a scopi eneregetici causa un'aumento della produzione di H+ e di conseguenza formazione di perossido d'idrogeno che stimola il sistema della catalasi; in più attiva il sistema delle xantino-ossidasi stimolate anche dall'accumulo di AMP per consumo dell'ATP che è carente per scarsità del ciclo di Krebs. Aumento dell'acetato: l'acetato blocca il ciclo di Krebs e inibisce la piruvato DH che determina un accumulo del piruvato, il quale viene indirizzato verso la formazione di lattato attraverso la lattato DH con acidificazione del pH già basso per l'aumento del NADH. L'eccesso di acetato non prende la via del ciclo di Krebs ma prende la via della sintesi degli acidi grassi e della sintesi dei corpi chetonici con acidosi metabolica. Aumento dell'acetaldeide: questa molecola ha effetti tossici sugli epatociti in quanto si lega alle proteine intracellulari e citoscheletriche formando degli addotti che non permettono il trasporto intracellulare e causano rigonfiamento delle cellule e risposta immunitaria. In più causa una perossidazione dei lipidi della membrana con deplezione di glutatione che già si riduce per la produzione diretta di specie radicaliche per alterazioni del sistema microsomiale e utilizzo del NADH. L'inibizione della sintesi proteica determina anche un'incapacità di sintesi di lipoproteine con conseguente ristagno ulteriore di lipidi. Per riassumere l'eccessiva sintesi lipidica, la perossidazione, lo stress ossidativo, la produzione di radicali, la deplezione di ATP e l'abbassamento del pH determinano l'epatotossicità che si esprime in 3 principali forme: Steatosi alcolica Epatite alcolica Cirrosi alcolica La STEATOSI deriva da un accumulo di TG all'interno degli epatociti a seguito di un'aumentata produzione, una ridotta escrezione e una ridotta ossidazione degli acidi grassi. Questi processi sono conseguenti al danno Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 provocato da accumulo di NADH e acetato, inoltre l'incapacità di produrre lipoproteine si rifa all'acetaldeide che blocca la sintesi proteica. Il fegato si presenta ingrossato e brillante con modesta ipertransaminasiemia, ma non c'è ancora danno irreversibile della cellula. L'EPATITE alcolica deriva da un progressivo danno dovuto a deplezione di ATP, accumulo di NADH e accumulo di specie radicaliche con stress ossidativo e aumentata produzione di citochine e richiamo proflogistico di cell infiammatorie che provocano necrosi o apoptosi degli epatociti con conseguente rigenerazione. Inizia il processo di fibrosi scatenato dall'infiammazione che va ad attivare in senso fibrotico le cellule stellate. La CIRROSI è la complicanza più frequente dell'abuso di alcol e si instaura con una compresenza di rigenerazione micro e macro-nodulare con deposizione di matrice connettivale e distorsione dell'architettura epatica. È un evento che può sfociare con il tempo anche in epatocarcinoma. CLINICA DIAGNOSI TERAPIA La clinica dell'epatite acuta da alcol si sovrappone spesso a pazienti portatori di cirrosi che abusano acutamente di alcol e mandano in necrosi una porzione consistente di epatociti. I sintomi sono dispepsia, ipertransaminasiemia, ittero. Nei casi gravi si può andare incontro a ascite, emorragie da rottura di varici esofagee, encefalopatia, ittero grave, febbre e dolore addominale. Essendo una patologia poliorganica si associano danni ad altri organi e si presentano quindi spider naevi, eritema palmare, atrofia testicolare e ginecomastia. 37. Anamnesi: rapporto del paziente con il consumo di alcol. 38. Esame obiettivo: valutare la presenza di patologie correlabili all'alcol, alitosi e segni clinici dell'epatopatia alcolica. 39. Marcatori di consumo cronico di etanolo: aumento GGT, transaminasi, MCV ridotto (per scarso utilizzo dei folati a causa dell'inibizione sulla maturazione cellulare), aumento TG, uricemia da incremento del catabolismo purinico per aumento circolante di AMP convertita dalla xantino ossidasi, aumento IgA per risposta immunitaria contro endotossine liberate dall'aumento di permeabilità della barriera intestinale e raggiungimento epatico. 40. Elementi istologici: rilevamento tramite biopsia di: Steatosi Rigonfiamento degli epatociti Corpi di Mallory; accumuli intraepatici di citocheratina derivati dalla perossidazione delle membrane Fibrosi perisinusoidale: indice negativo di progressione a cirrosi Infiltrato neutrofilo Esistono diversi farmaci in circolazione che possono essere usati per contrastare gli effetti dell'alcol come cortisone, lactobacilli, anticorpi antiTNFalfa per epatite acuta; fosfatidilcolina, sibillina e vit E per la steatosi e steatoepatite, per la cirrosi sono usate la colchicina e metionina oltre che il trapianto di fegato. In ogni caso prima di fare un trattamento farmacologico è necessario che il Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 paziente abbia dissuefazione dall'alcol e una dieta con apporto calorico aumentato e anche proteico oltre ad un supporto di oligoelementi tramite frutta e verdura. Vanno corretti diabete e obesità. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 STEATOSI E STEATOEPATITE NON ALCOLICA DEFINIZIONE Condizione in cui si verifica un danno epatico che prevede un quadro non determinato da alcol o da virus epatotropi. I quadri clinici possono essere vari e multipli: Steatosi semplice Steatoepatite Steatosi associata ad attività necro-infiammatoria Fibrosi Cirrosi Pertanto il danno può essere molto lieve fino a irreversibile. Si manifesta in pazienti che non fanno abuso di alcol o che comunque consumano alcol sotto i limiti soglia. È la più frequente causa di elevazione delle transaminasi in pazienti asintomatici in assenza di altre cause di danno epatico. EZIOLOGIA e PATOGENESI Esistono diversi fattori eziologici e predisponenti: Gravidanza Disordini nutrizionali: malnutrizione, rapida perdita di peso Disordini metabolici congeniti: glicogenosi Disordini metabolici acquisiti: obesità, diabete mellito, dislipidemie e sindrome metabolica Farmaci e tossici: corticosteroidi, amiodarone, FANS, estrogeni, tamoxifene... Il danno si innesca in genere con una steatosi asintomatica per accumulo di trigliceridi nel citosol dell'epatocita. Questo accumulo deriva da aumentata sintesi, ridotta beta-ossidazione e ridotta escrezione. I meccanismi di alterazione di queste tre tappe sono alla base della steatosi e vedono in primo luogo la resistenza all'insulina tipica dell'obesità che si associa spesso a diabete mellito. La resistenza insulinica è responsabile di una lipolisi periferica con accumulo di acidi grassi epatici che però non entrano nella beta-ossidazione e si accumulano come TG nel fegato. L'insulino-resistenza è la base della sindrome metabolica che sembra avere il ruolo centrale nelle malattia non alcoliche del fegato grasso. Il danno di solito inizia con una steatosi che se non viene peggiorata ha una prognosi molto buona e tende a guarire spontaneamente. Tuttavia un fegato steatosico è molto più predisposto a noxae esogene come un'infezione, farmaci o alterazioni della flora batterica intestinale. In più il continuo stress ossidativo determinato dagli acidi grassi tende a provocare radicali che stimolano infiammazione e necrosi degli epatociti e progressione verso forme più gravi di epatite non alcolica e progressiva deposizione fibrosa per attivazione delle cellule di Ito e aumento del danno verso rigenerazione nodulare e fibrosi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA DIAGNOSI La clinica è quasi sempre asintomatica nei casi più lievi, l'unico riscontro è l'aumento delle transaminasi che se viene scoperto casualmente ed asintomatico deve essere indagato per escludere l'eventuale epatite virale o abuso di alcol, in tal caso si passa all'ipotesi di una sindrome metabolica. In alcuni casi possono essere elevati i livelli di fosfatasi alcalina e GGT e nella metà dei casi ferritinemia. L'unico riscontro obiettivo possibile è un'epatomegalia. Esame obiettivo Esami di laboratorio: transaminasi, enzimi colestatici, markers virali, markers di abuso di alcol, ferritinemia. Ecografia: esame standard per evidenziare la presenza di steatosi in cui il fegato appare ingrandito e brillante. Tuttavia non si distingue una steatosi da una forma più grave. Istologia: per distinguere la steatosi semplice da forme più gravi si preleva il tessuto ed è l'unica soluzione diagnostica. Può rilevare il grado di necrosi, steatosi, infiammazione e fibrosi o distorsione architettonica. Tuttavia l'istologia non è in grado di differenziarla da una epatite cronica alcolica. Valutazione sindrome metabolica: ricerca dei parametri di sindrome metabolica cioè: ◦ Obesità centrale ◦ Ipertrigliceridemia ◦ Ipercolesterolemia (aumento LDL e abbassamento HDL) ◦ Ipertensione arteriosa ◦ Iperglicemia (insulino-resistenza) In tutti i casi di diagnosticata sindrome metabolica è necessario passare all'osservazione epatica per evidenziare un eventuale danno lieve che può essere curato. È chiaro che nei casi in cui non ci sono evidenze di rischio di sindrome metabolica è opportuno non fare la biopsia che viene fatta solo dopo che gli esami biochimici di indice di sindrome metabolica restano elevati per molto tempo anche dopo una dieta ipolipidica. La steatosi non alcolica è la principale causa di cirrosi criptogenetica ossia non associata ad altre cause primarie come alcol, virus, farmaci, colestasi, problemi genetici. TERAPIA Non esiste una terapia farmacologica efficace per il trattamento delle NAFLD. È utile uno stile di vita e dietetico adeguato per cui sono raccomandati: 41. Dieta ipolipidica che dia calo ponderale graduale e non repentino che invece aumenterebbe i danni 42. Controllo metabolico e farmacologico del diabete 43. Esercizio fisico che aiuta a ridurre il peso corporeo e ad aumentare la sensibilizzazione dei tessuti all'insulina aumentando il numero di recettori in modo da ridurre l'insulino-resistenza 44. Uso di antiossidanti Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PATOLOGIA EPATICA DA FARMACI DEFINIZIONE Danno epatico mediato dall'assunzione di farmaci. EZIOLOGIA Molto spesso i farmaci causano danno epatico a seguito della loro eccessiva somministrazione, ma a volte si può verificare un'epatite da farmaci utilizzati a dosi terapeutiche. Quest'ultimo caso ha una patogenesi non ancora del tutto chiara e diversa per ogni farmaco, sembra comunque associata a una predisposizione genetica dell'individuo che possiede determinati polimorfismi ad esempio per gli enzimi metabolizzanti. PATOGENESI Il farmaco viene spesso biotrasformato nel fegato o detossificato attraverso 2 reazioni. Reazioni di fase I: consistono in una trasformazione del farmaco in intermedi chimici che sono dotati di attività farmacologica e come tali vanno in circolo oppure intermedi che inattivano il farmaco. In alcuni casi questi intermedi possono essere tossici per il fegato e causano un danno locale. Reazioni di fase II: attuate in linea di massima per rendere solubili gli intermedi in modo da poterli eliminare attraverso le urine. Di solito è un processo di coniugazione con certe sostanze come l'acido glucuronico. CLINICA Il danno è spesso imprevedibile proprio a causa della varabilità individuale. In certi casi il danno è prevalentemente epatocellulare, in altri casi è colestatico. Epatite acuta o fulminante Epatite colestatica o colestasi pura Epatite cronica Fibrosi epatica Steatosi o steatoepatite DIAGNOSI Anamnesi clinica e farmacologica per cercare di mettere in relazione l'assunzione del farmaco con i sintomi e la patologia del paziente. TERAPIA Quando possibile è necessario sospendere il farmaco in questione. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIE EPATICHE CONGENITE Emocromatosi DEFINIZIONE EZIOLOGIA È una patologia ereditaria del metabolismo del ferro che provoca un ininterrotto assorbimento del ferro da parte dell'intestino con grandi quantità di ferro che entrano in circolo e si distribuiscono ai tessuti depositandosi e formando emosiderina. I parenchimi più colpiti sono il fegato, il pancreas e il cuore. PATOGENESI Emocromatosi secondaria: derivata da patologie sistemiche preesistenti come anemia emolitica, talassemia, eritropoiesi inefficace Emocromatosi ereditaria o genetica: forma più frequente che deriva da una mutazione ereditata a livello di un gene che codifica per proteine o enzimi deputati al metabolismo del ferro. ◦ HFE: le mutazioni a carico di questo gene sono le + frequenti ▪ C282Y: tipica mutazione ▪ H63D: meno frequente ◦ non-HFE: a carico di geni che codificano per: ▪ Epcidina ▪ Emojuvelina ▪ Recettore 2 della transferrina Il ferro viene assorbito dall'intestino tramite la proteina DMT1 che preleva il ferro dietetico dopo averlo ridotto dallo stato ferrico allo stato ferroso. Una volta nell'enterocita il ferro viene o associato alla ferritina come deposito o viene portato al versante basocellulare dove viene immesso in circolo tramite il legame alla transferrina. Al versante basolaterale c'è il recettore della transferrina di tipo 1 coniugato alla molecola HFE. Questa molecola è il prodotto del gene omonimo ed è strutturalmente una molecola di classe HLA che si associa alla betamicroglobulina che le permette di legarsi al TfR1. Il ferro circolante associato alla transferrina viene legato da questo complesso ed internalizzato. Se il ferro all'interno del citoplasma degli enterociti è scarso verrà attivata la trascrizione genica del complesso HAMPS per le proteine che governano il metabolismo del ferro come ferroportina, epcidina, HFE, emojuvelina, transferrina, DMT1 in modo tale da aumentare l'assorbimento di ferro. Fisiologicamente il ferro assorbito viene legato alla transferrina circolante che raggiunge i vari distretti in primis il midollo per fare emopoiesi, e in seguito il fegato, pancreas e cuore. Se c'è una mutazione dell'HFE la molecola non si riesce a legare al TfR1 e quindi l'enterocita rileva un basso carico di ferro che sarà costantemente assorbito dalla dieta. L'epcidina è una proteina prodotta dagli epatociti in risposta a legame della transferrina circolante ad HFE/TfR1, all'emojuvelina e al legame con TfR2 sulla superficie epatica. Ha la funzione di inibire la ferroportina che è quel canale che permette la liberazione del ferro in circolo attraverso le membrane Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 cellulari. Pertanto una sua mutazione che la rende inefficiente o una mutazione a livello dei suoi 3 sistemi attivatori rende elevatissimo l'assorbimento intestinale di ferro. L'evoluzione della patologia prevede l'accumulo di ferro nei parenchimi e una progressiva produzione di radicali ossidanti dovuti all'interazione di questo con i componenti cellulari e di conseguenza fibrosi e infiammazione degli organi interessati che sono fegato, pancreas, cuore, articolazioni, ghiandole endocrine ed epidermide. CLINICA Fegato: è il primo organo colpito ed è evidente sempre epatomegalia. Con il tempo si verifica uno stress ossidativo che porta a necrosi e fibrosi e conseguente rigenerazione nodulare e cirrosi. L'evoluzione all'epatocarcinoma è frequente. Cute: spider naevi, iperpigmentazione per aumento della melanina. Pancreas: la fibrosi di quest'organo causa tipicamente diabete mellito Articolazioni: ci sono quadri di artropatia per deposizione di ferro Cuore: molto spesso il coinvolgimento cardiaco è la forma d'esordio di emocromatosi e si può manifestare con ICC. Il cuore può anche andare incontro a miocardiopatia dilatativa o restrittiva a seguito di continui fenomeni di riparazione e fibrosi. Gonadi: tipico è l'ipogonadismo con le sue conseguenze. La prognosi infausta è associata a cirrosi e sue complicanze, diabete mellito, insufficienza cardiaca, cirrosi alla diagnosi che conferisce un rischio molto alto di evoluzione ad epatocarcinoma. DIAGNOSI Anamnesi: familiare, genetica, comportamentale (assunzione di alcol, di ferro eccessivo o di acido ascorbico che favorisce l'assorbimento del ferro) Esame obiettivo: riscontro di diabete mellito, epatomegalia, iperpigmentazione, cardiopatia, artrite ed ipogonadismo. Tuttavia solo in rari casi la presentazione è così eclatante, mentre molto spesso può anche passare inosservata e priva di sintomi o segni. Esami di laboratorio: fondamentali ◦ Saturazione della transferrina (vn 22-46): normalmente nell'emocromatosi il valore raggiunge i 50-100 ◦ Ferritina sierica (vn 20-250 microg/l per maschi): in emocromatosi è elevata Questi sono i primi 2 esami da fare, se i pazienti sono sintomatici ma hanno i 2 test negativi, si rifa il test dopo 1 anno per vedere la situazione. Nel caso in cui i soggetti siano positivi al test indica la necessità di approfondire con il: ◦ Test genetico: per vedere gli alleli del locus HFE. La mutazione per essere efficace viene trasmessa in modo omozigote recessiva, nell'eterozigosi o nel null bisogna cercare altri fattori di possibile rischio. Nel caso in cui ci sia un'omozigosi dell'allele mutato si passa alla biopsia epatica. ◦ Biopsia epatica: utile per individuare la quota di ferritina Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 depositata nell'epatocita TERAPIA La terapia dell'emocromatosi prevede nel caso di biopsia positiva e test positivi una terapia di salasso settimanale o con chelanti il ferro anche se sono meno efficienti e meno pratici. Il salasso con flebotomia viene mantenuto frequente fino a raggiungere valori di saturazione della transferrina inferiore al 30%, dopodiche la flebotomia di mantenimento si esegue circa una volta ogni 3 mesi. L'assunzione di alcol deve essere ridotta al minimo. Malattia di Wilson DEFINIZIONE È una patologia ereditaria a trasmissione autosomico recessiva caratterizzata da un'alterazione nei meccanismi di metabolismo del rame. EZIOLOGIA Si tratta di una mutazione ereditata sul gene ATP7B nel quale viene codificata una ATP-asi espressa negli epatociti e associata al trasporto transmembrana del rame. In tal modo il rame non riesce ad essere escreto nel versante biliare e inoltre non si ha nemmeno la capacità di legarlo efficacemente alla ceruloplasmina che lo trasporta in circolo. PATOGENESI Il rame è un elemento chiave per la funzione di certi enzimi come le monoaminossidasi, le SOD e le tirosinasi. Il suo apporto con la dieta causa un arrivo al fegato ed un'eliminazione di esso nel versante biliare mentre una parte viene mandata in circolo attraverso il legame con l'apoceruloplasmina che diventa ceruloplasmina una volta legato il rame. L'azione della mutazione si esplica su 2 fronti: 45. Incapacità di riversare il rame nel versante biliare degli epatociti 46. Incapacità o difficoltà a legare il rame all'apoceruloplasmina. Il rame accumulato nell'epatocita resta relegato al suo interno per un po' di tempo dopodiche viene rilasciato in circolo come quota libera e perciò non associata a proteine circolanti ed è proprio a questo livello che effettua i danni tossici sistemici. CLINICA Manifestazione epatiche di diversa entità da un'asintomaticità a una lieve epatite fino a cirrosi e in alcuni casi epatite fulminante. Spesso è associato l'aumento delle transaminasi. Anemia emolitica: presente però solo nei casi di epatite fulminante per aggressione del rame contro le membrane delle cellule ematiche. Sintomi neurologici: tremori, parkinsonismo, corea, disartria, ipertonie e rigidità. Talora può presentarsi un quadro psichiatrico con psicosi e depressione. Anello di Kayser-Fleischer: anello scuro che avvolge l'iride e si depone sulla membrana di Descemet corneale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Interessamento renale: non presente spesso con glicosuria e acidosi tubulare Interessamento osseo e articolare con demineralizzazione ed artrite. Lunule bluastre sulle unghie. DIAGNOSI TERAPIA Anamnesi Esame obiettivo: la presenza dell'anello corneale visibile ad occhio nudo ed in seguito attraverso esame oftalmoscopico con lampada a fessura rende già altamente probabile l'ipotesi di malattia. Esami di laboratorio: ◦ Eliminazione urinaria di rame ◦ Basso rame sierico ◦ Bassa ceruloplasmina Biopsia: esame che permette di vedere la quantità di rame epatico oltre alla condizione del parenchima e quindi steatosi, fibrosi, epatite cronica o necrosi. Tomografia a RM dell'encefalo: per evidenziare eventuali danni neurologici da deposizione di rame nell'encefalo. Trattamento con chelanti il rame per tutta la vita. Farmaco principale è la Dpenicillamina che aumenta l'escrezione urinaria del metallo con possibili effetti collaterali come ipersensibilità, leucopenia e trombocitopenia. Possono essere anche dati sali di zinco che riducono l'assorbimento di rame. Infine viene preso in considerazione il trapianto nei casi di epatite fulminante o epatopatie end-stage. Deficit di alfa1-antitripsina DEFINIZIONE È una malattia ereditaria associata ad una diminuzione o scomparsa del picco elettroforetico delle alfa1-globuline di cui l'alfa1AT è la principale. La malattia è autosomica recessiva e colpisce principalmente i maschi in un periodo d'età molto giovane con problemi epatici mentre nell'adulto insorge enfisema panacinare. EZIOLOGIA Deriva da una mutazione del gene responsabile della sua sintesi. Il genotipo standard del gene è PiMM, la principale alterazione è PiZZ ma possono presentarsi anche PiMZ, PiZnull, Pinullnull. PATOGENESI La malattia deriva da un'incapacità completa o parziale di inibire l'azione dell'elastasi e delle proteasi che sono incontrastate e esplicazione la loro maggior azione dannosa a livello polmonare provocando una distruzione dei setti alveolari a livello di tutto l'acino. Il danno epatico è dovuto solo all'accumulo di proteina mutata nel citoplasma degli epatociti. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA 12. Infanzia: epatomegalia, ittero, splenomegalia, accrescimento ritardato e letargia Adolescenza: epatomegalia asintomatica e periodici innalzamenti delle transaminasi Adulti: cirrosi, epatite cronica, epatocarcinoma, enfisema panacinare. DIAGNOSI TERAPIA Anamnesi Esame obiettivo Esami di laboratorio: valutazione elettroforetica in cui c'è una riduzione o annullamento del picco delle alfa1-globuline. In seguito si passa alla ricerca vera e propria dell'alfa1-AT. Istologia: il fegato viene analizzato e mostra corpi tondeggianti intracellulari derivati dall'accumulo della forma proteica anomala, in più ci sono segni di steatosi o epatite cronica, necrosi e infiammazione o cirrosi. La terapia è efficace soprattutto per il danno polmonare in cui viene data alfa1AT ricominante esogena e in più broncodilatatori, corticosteroidi, teofillina e ossigenoterapia. Per il fegato non esiste una terapia specifica. Glicogenosi DEFINIZIONE Accumuli anomali di glicogeno all'interno dei parenchimi per deficit negli enzimi che lo catabolizzano o che lo trasportano, perciò il glicogeno resta intrappolato nella cellula. CLASSIFICAZIO NE E CARATTERI GENERALI 1) Tipo I Si tratta di un accumulo eccessivo di glicogeno e lipidi con inadeguata glicogenolisi e gluconeogenesi. Colpisce fegato, reni e intestino, si manifesta soprattutto nel periodo neonatale con crisi ipoglicemiche, acidosi lattica o nei primi mesi con convulsioni dovute all'ipoglicemia I bambini hanno la tipica faccia a bambola a significare l'accumulo di lipidi a livello sottocutaneo, inoltre hanno addome protrudente ed estremità magre. Possono esserci xantomi cutanei e uricemia che sfocia in gotta. Le complicanze tardive sono IR e comparsa di adenomi. Comuni anche epistassi ed ematomi. La diagnosi si effettua con rilevazione dell'ipoglicemia post somministrazione di glucagone e aumento di glicogeno intraeritrocitario. 2) Malattia di Pompe (Tipo II) Deficit della maltasi acida lisosomiale. Si distingue un tipo 2a più grave con accumulo persistente e progressivo di glicogeno a causa di un'aumentata sintesi con macroglossia e organomegalia e una variante 2b più lieve senza aumentata sintesi e con distrofia muscolare ipotonica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 3) Malattia di Cori (Tipo III) Deficit dell'enzima deramificante. Coinvolge fegato e muscolo. In infanzia si manifestano iperlipemia, ipoglicemia, epatomegalia e transaminasi elevate. 4) Malattia di Anderson (Tipo IV) Deficit dell'enzima ramificante. Si accumula glicogeno con catene lunghe esterne non ramificate. Si manifesta nei primi anni con splenomegalia e deficit di crescita. 5) Malattia di Hers (Tipo VI) Assenza della fosforilasi epatica che induce una riduzione della crescita, epatosplenomegalia ed eventualmente ipoglicemia. Porfirie DEFINIZIONE Malattie ereditaria che consistono nell'alterazione dei processi biosintetiti del gruppo eme a causa di mutazioni che coinvolgono gli enzimi predisposti al metabolismo e formazione. L'eme è un gruppo funzionale dell'emoglobina che serve per legare il ferro, al quale viene legato l'ossigeno a livello eritrocitario mentre a livello epatico serve per formare i citocromi. Il danno si associa ad un'aumentata escrezione di composti intermedi dell'eme che possono essere altamente tossici. CARATTERISTI 1) Porfiria acuta intermittente CHE GENERALI Malattia autosomica dominante a penetranza incompleta che deriva da ujn deficit parziale dell'uroporfirinogeno I sintetasi epatica. Colpisce più le donne ed è caratterizzata da attacchi acuti a seguito di liberazione di intermedi della sintesi dell'eme neurotossici e pertanto questi episodi sono scatenati dagli eventi che favoriscono la sintesi dell'eme e dell'Hb e quindi: - assunzione di barbiturici - estrogeni (mestruazioni) - anticonvulsivi - alcol - digiuno La clinica prevede dolori acuti addominali, problemi neurologici e psichiatrici, ansia e tachicardia e anche iponatriemia da iper-ADH. Il 10% dei pazienti sviluppa epatocarcinoma senza cirrosi preesistente. La diagnosi si fa rilevando nelle urine il porfobilinogeno e nelle fegi le protoporfirine. Terapia si basa su infusione di glucosio ed ematina. 2) Porfiria cutanea tarda Si tratta di un deficit dell'enzima uroporfirinogeno decarbossilasi che si manifesta con sintomi cutanei ed epatici. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 I sintomi cutanei prevedono vescicole ed ulcere croniche a seguito dell'esposizione ai raggi solari a causa di reazioni di perossidazione delle membrane cellulari dei vasi sanguigni del derma. Il fegato viene colpito di solito in forma lieve con soli aumenti di transaminasi ma può dare anche evoluzione rapida a cirrosi. I fattori scatenanti la patologia epatica sono emocromatosi, HIV, HCV, abuso di alcol ed estrogeni. È tipico il reperto di siderosi epatica associato a ferritina a causa dell'incapacità di legare completamente il ferro da parte dell'eme prodotto. Per la diagnosi si valutano le uroporfirine nelle urine che sono aumentate. La terapia prevede astensione dall'alcol e clorochina, protezione da i raggi solari e deplezione marziale con salassi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CIRROSI EPATICA DEFINIZIONE La cirrosi epatica è una malattia importante dal punto di vista dell'impatto sociale e della prognosi in quanto è una tra le 10 cause più frequenti al mondo di mortalità. È contraddistinta da 2 fenomeni associati: FIBROSI + RIGENERAZIONE. Il danno prevede una progressiva alterazione della normale architettura del parenchima epatico verso la formazione di noduli micro o macro che sovvertono la struttura del fegato. I macronoduli sono più tipici di cirrosi virale mentre i micronoduli sono più tipici di cirrosi alcolica. Le cause di morte per cirrosi sono costituite dalle complicanze gravi sistemiche come l'ipertensione portale e l'encefalopatia epatica. Colpisce più il sesso maschile ed ha comunque un notevole impatto sociale anche se negli ultimi tempi è diminuita la mortalità da cirrosi. EZIOLOGIA Esistono 2 fattori eziologici che coprono la maggior parte delle cause: Alcol Virus epatitici maggiori Queste 2 cause sono il 90% delle cause di cirrosi in Italia. La diagnosi di cirrosi alcolica si fa riscontrando un paziente che abusa di alcol con quantità giornaliere di più di 30 g per l'uomo e 20 nella donna con una continuità di almeno 10 anni. HBV è responsabile di cirrosi se si riscontrano HbsAg, HbcAg e HBV-DNA. HDV è responsabile se si hanno HBSAg e anti-HDV. HCV responsabile se ci sono anti-HCV e HCV-RNA. Esistono anche altre eziologie molto meno frequenti: Patologie autoimmuni: colangite sclerosante, cirrosi biliare primitiva, epatite cronica autoimmune Malattie metaboliche: malattia di Wilson, emocromatosi, deficit di alfa1-AT, porfirie, fibrosi cistica Cause iatrogene: metotrexate, amiodarone Cause vascolari: SC destro, sindrome di Budd-Chiari, pericardite costrittiva. Cirrosi criptogenetica: cirrosi di cui la causa è ancora sconosciuta, si stima però che gran parte di questo gruppo sia rappresentato da forme di steatosi o steatoepatite non alcolica. PATOGENESI I meccanismi che portano alla cirrosi sono diversi ma partono tutti da un comune denominatore che è il progressivo e cronico danno epatico. Gli epatociti danneggiati e necrotici vanno incontro a rigenerazione autonoma ma col tempo questo processo si accompagna a produzione di citochine e fattori proflogistici da parte della necrosi che richiamano cellule infiammatorie che sintetizzano TGF-B, PDGF, TNFalfa, IL-2 e 6. Questi fattori agiscono sulle cellule di Ito sviluppando una loro proliferazione e perdita dei depositi di vitamina A per acquisire una capacità proliferativa e mobile oltre alla capacità di sintetizzare e deporre matrice extracellulare (collagene, proteoglicani). Assumono pertanto una funzione similfibroblastica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 La continua deposizione di collagene parte dagli spazi subendoteliali (spazi di Disse) per cui si verifica una capillarizzazione dei sinusoidi che non sono quindi più in grado di rilasciare efficacemente sostanze agli epatociti. Poi la fibrosi si espande in senso porto-portale o porto-centrale distorcendo del tutto l'organizzazione lobulare. Gli epatociti perciò si trovano accumulati all'interno di spazi chiusi in noduli rigenerativi limitati. Il danno fibrotico perciò si ripercuote sulla funzionalità del fegato che viene a limitarsi sempre di più e c'è la ritenzione di sostanze dannose in circolo. Un altro meccanismo di danno grave che si ripercuote a livello sistemico soprattutto circolatorio è lo sviluppo di ipertensione portale. Il circolo portale è un circolo ad alta portata e bassa resistenza e accetta il sangue venoso che proviene dal distretto addominale. Un'ipertensione portale deriva quindi da un'ostruzione al flusso a livello pre-epatico, post-epatico o epatico. Il circolo portale ha normalmente una pressione di 5 mmHg e quando la supera si parla di ipertensione portale. L'IT portale clinicamente evidente però si ha quando il gradiente porto-cavale supera i 10 mmHg (P cavale 3-5 mmHg). Ad 8 mmHg di P portale si ha ascite, a 10 si ha la formazione di varici per la dilatazione di circoli collaterali e a 14 si ha un rischio elevato di rottura di tali varici. Cause pre-epatiche: trombosi della vena porta (secondaria a infezioni o neoplasie) Cause post-epatiche: trombosi o occlusione delle vene sovraepatiche (sindrome di Budd-Chiari da trombofilia o malattie mieloproliferative) Cause epatiche: ◦ Pre-sinusoidali: schistosomiasi, fibrosi idiopatica, sarcoidosi, tossici ◦ Sinusoidali: cirrosi, epatite alcolica ◦ Post-sinusoidali: sindrome vano-occlusiva. La cirrosi provoca IT portale a seguito di 2 fattori: Aumento delle resistenze intraepatiche: sono dovute a 2 fattori: 1. Strutturali: distorsione dell'architettura, noduli e capillarizzazione dei sinusoidi 2. Funzionali: aumento della produzione di agenti vasocostrittori a livello endoteliale come endotelina e riduzione di vasodilatatori come nitroderivati. Sindrome da iperafflusso portale: la dilatazione dei circoli collaterali per permettere un adeguato ritorno venoso sembra che inneschi una liberazione molto elevata di vasodilatatori endoteliali che determinano una vasodilatazione sistemica esagerata soprattutto a carico del sistema arterioso splancnico. L'aumento del ritorno venoso causa un'aumentata GC e aumentata FC, tuttavia la pressione arteriosa si riduce a causa dello squilibrio tra vasodilatazione eccessiva e quantità di sangue. Così si innescano i meccanismi compensatori di attivazione noradrenergica e il sistema RAA che causa un riassorbimento sodico e ritenzione idrica che aumenta il volume circolante, benchè non sia sufficiente a compensare la vasodilatazione eccessiva. In ogni modo questo iperafflusso si ripercuote soprattutto a Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 livello splancnico con peggioramento della pressione intraportale. CLINICA DIAGNOSI Il quadro clinico del paziente cirrotico nelle prime fasi è di solito paucisintomatico e il riscontro di valori alterati viene fatto per caso. Solo nelle fasi tardive si ha un aumento delle complicanze a seguito del peggioramento della situazione e quindi possono aversi segni clinici evidenti. In fase di compenso si può avere epatomegalia con incrementi lievi di transaminasi e per avere una diagnosi definitiva e non confonderla con un'epatite cronica si deve fare la biopsia. Progressivamente la riduzione della funzione epatica determina: Ittero Deficit coagulativi Riduzione di albumina con probabilità di edemi Eritema palmare e spider naevi (arteriole della cute che si irradiano a raggiera nel territorio della vena cava superiore a causa di alterato catabolismo degli ormoni) Ginecomastia e atrofia testicolare Ascite Splenomegalia Alterazione stato di coscienza, flapping tremor (alterazioni neurologiche) Faetur Haepaticus (alito maleodorante dovuto ad un'inadeguata distruzione dei mercaptani da parte del fegato). E' anche possibile che la manifestazione di una cirrosi sia conseguente ad una complicanza grave: Emorragia da rottura di varici Encefalopatia epatica. Anamnesi: sintomi e anamnesi farmacologica e comportamentale (assunzione di alcol). Esame obiettivo: segni delle alterazioni epatiche e delle eventuali complicanze Esami di laboratorio: transaminasi elevate, riduzione della massa epatica e dell'albumina, del fibrinogeno e dei fattori di coagulazione con aumento del PT e dell'aPTT. Bilirubina, fosfatasi alcalina e GGT elevati soprattutto nelle forme biliari. Anemia ipocromica o macrocitica, leucopenia, piastrinopenia (per splenomegalia), ipergammaglobulinemia, iperammoniemia e nelle forme virali ricerca degli antigeni mentre nelle forme autoimmuni ricerca di anticorpi, nelle forme metaboliche sideremia, ferritina, ceruloplasmina, AAT. L'insorgenza delle complicanze delinea il quadro di cirrosi scompensata. Le PATOGENESI complicanze più frequenti sono l'emorragia da varici, il versamento ascitico e DELLE COMPLICANZE l'encefalopatia epatica. Quelle meno comuni sono la sindrome epato-renale, la trombosi della vena porta e la peritonite batterica spontanea. 13. Emorragia gastrointestinale Si tratta di un fenomeno spesso associato alla cirrosi. Si verifica come conseguenza dell'ipertensione portale che causa un'apertura dei circoli Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 collaterali anastomotici tra vena porta e vena cava inferiore per permettere il raggiungimento del sangue venoso al cuore destro. La dilatazione avviene a livello dell'esofago (vene esofagee inferiori e vena azygos), a livello retroperitoneale, a livello rettale e a livello ombelicale. Le varici venose esofagee sono conseguenze dell'iperafflusso in vene sottomucose che protrudono nel lume dell'esofago e con il tempo possono usurarsi ed erodersi dando origine a perforazione e grave emorragia digestiva. Se le varici sono associate all'evidenza di una mucosa rossa il rischio di rottura è molto elevato. Possono anche derivare da gastropatia congestizia o varici gastriche. Ascite e peritonite batterica spontanea L'ascite è una complicanza molto frequente, anch'essa deriva direttamente dall'ipertensione portale e iperafflusso che determinano un'incremento della pressione idrostatica nei capillari portali e riduzione della P oncotica conseguente a ridotta sintesi di albumina epatica. Queste 2 forze tendono a spingere il liquido verso il cavo peritoneale riempiendolo di liquido. In genere il primo episodio regredisce con la terapia, ma con il tempo si instaurano altri episodi poco trattabili sia con dieta che con diuretici. Una complicanza dell'ascite può essere la peritonite batterica spontanea dovuta all'aumentata permeabilità della parete intestinale e traslocazione di batteri residenti nel circolo portale fino al peritoneo. I ceppi principali sono escherichia coli ed enterobacteriacee. I sintomi sono febbre, dolori addominali oppure paucisintomatici. È opportuno intervenire subito dopo paracentesi esplorativa e conta leucocitaria con antibiotici. Sindrome epato-renale E' un'eventualità meno frequente e deriva dall'iperafflusso portale e vasodilatazione periferica che viene interpretata come esagerata dal rene che si vasocostringe per cercare di mantenere costante la VFG, ma anche a seguito del compenso simpatico a seguito dell'eccessiva vasodilatazione. Esistono 2 tipi, il primo è molto più veloce e quindi più infausto, il secondo è più lento ma pericoloso. Trombosi portale Fenomeno raro associabile ad una stasi ematica o a fenomeni di ipercoagulabilità associati. Encefalopatia epatica Complicanza importante della cirrosi che si manifesta con un deficit neurologico che va da lievi alterazioni della coscienza e alterazioni neuromuscolari fino a coma profondo. La patogenesi è mediata da prodotti tossici che non vengono catabolizzati dal fegato che è insufficiente e quindi entrano in circolo e compiono il loro danno a livello encefalico. Si tratta di sostanze azotate che derivano sia da una riduzione della massa funzionale epatica sia da shunt porto-cavali che bypassano direttamente il filtro epatico. Il danno principale è mediato dall'NH3 prodotta dalla flora intestinale e convertita nel fegato in urea, così come tale entra in circolo e raggiunge l'encefalo visto che può attraversare la barriera emato-encefalica e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 causa danno cerebrale attraverso blocco di produzione di ATP e impedisce la fuoriuscita del cloro dalla cellula facendola restare iperpolarizzata e inattiva. Il danno maggiore sembra essere a livello degli astrociti e ciò viene giustificato anche dalla presenza di rigonfiamenti astrocitari. Queste cellule sono utili per mediare le funzioni dei neuroni, è evidente che l'accumulo di NH3 si verifichi al loro interno visto che sono anche ingrossati e deputati proprio alla degradazione dell'NH3. Gli attacchi di encefalite sono scatenati da stipsi, assunzione di benzodiazepine, infezioni, squilibri elettrolitici, emorragie digestive, eccesso di diuretici. Esistono 4 gradi di encefalopatia epatica: - 1°: lieve confusione e disorientamento, disturbi della personalità e del tono dell'umore (anche aggressività), alterazioni del sonno, flapping tremor - 2°: aumento dell'intensità dei sintomi precedenti - 3°: alterazione profonda dello stato di coscienza con confusione e disorientamento. Il paziente è responsivo al richiamo e al dolore - 4°: coma senza risposta agli stimoli. Si differenzia inoltre in episodica, ricorrente, cronica. Epatocarcinoma STADIAZIONE Esistono 2 metodi per stadiare la cirrosi: Child-Pugh: tiene conto di encefalopatia, ascite, bilirubina, albumina e attività protrombinica. In base ad un punteggio vengono formulati 3 stadi (A, B, C) che indicano la stima di sopravvivenza a 5 anni. MELD: sempre utilizzato per la sopravvivenza del paziente cirrotico ma più specifico per considerare il rischio di mortalità TERAPIA Non esiste attualmente una terapia in grado di far guarire il paziente dalla cirrosi, è una condizione irreversibile che può solo essere prevenuta oppure bloccata nella sua evoluzione, ma non si può riportare alla normalità un fegato cirrotico. Fondamentale agire sul fattore causale, nel caso dell'alcol astensione completa, nel caso del virus eradicazione dell'infezione, nel caso delle forme metaboliche salassi o chelanti del rame ecc... In ogni caso il paziente cirrotico può andare incontro a stabilizzazione attuando una dieta adeguata con giusto apporto calorico, astensione dall'alcol, correzione dei fenomeni di stipsi, analisi dei farmaci da somministrare e preferire l'alimentazione con proteine di latte o vegetali rispetto a quelle della carne. Sempre da tenere in considerazione la possibilità di trapianto di fegato nei casi in cui le altre terapie non abbiano effetto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ASCITE DEFINIZIONE EZIOLOGIA Per ascite si intende un accumulo di liquido nella cavità peritoneale che normalmente presenta un sottile velo di liquido per permettere lo scivolamento degli organi fra loro senza attriti. Questo sottile strato viene continuamente riassorbito e filtrato nuovamente. PATOGENESI Cirrosi: ricopre l'85% dei casi di ascite ed è una complicanza dell'ipertensione portale e della ritenzione idrosodica Altre cause: sono molto meno frequenti ed includono: ◦ Neoplasie ◦ Insufficienza cardiaca congestizia ◦ Peritonite ◦ Pancreatite acuta ◦ Insufficienza epatica acuta Per spiegare la patogenesi dell'ascite nella cirrosi esistono 2 elementi chiave: Ipertensione portale: questa situazione è essenziale per lo sviluppo di ascite secondo una teoria di incremento di pressione idrostatica. Infatti i sinusoidi hanno pareti con fissurazioni che fanno entrare diverse sostanze anche proteiche nello spazio di Disse. Nel caso di ipertensione portale (spt da cause epatiche sinusoidali e postsinusoidali) causa un passaggio maggiore di liquidi nell'interstizio epatico che vengono riassorbiti dal sistema linfatico, ma quando questo si satura c'è una fuoriuscita nella cavità peritoneale che si riempie progressivamente di liquido. Ritenzione idrosodica: durante l'IT portale c'è una liberazione in circolo di molti mediatori vasodilatatori come NO che causano una drastica caduta della pressione arteriosa per vasodilatazione ed iperafflusso splancnico che peggiora l'IT portale. A questo punto si attivano i meccanismi SRAA, SNS e ADH che attivano un riassorbimento di acqua e sodio dal tubulo renale e quindi un'ipervolemia. Se questa riesce a compensare la vasodilatazione non si ha ascite altrimenti, soprattutto nelle situazioni più avanzate si ha trasudazione di liquido nel cavo peritoneale. Pertanto si può affermare che l'ipoalbuminemia non ha nulla a che fare con la patogenesi dell'ascite in quanto i sinusoidi epatici sono normalmente permeabili all'albumina e la diffusione è solamente sotto controllo della P idrostatica. Tuttavia è un parametro favorente o aggravante l'ascite a causa del seguente richiamo osmotico di liquido. L'ascite neoplastica si forma per essudazione di cellule tumorali. L'ascite cardiogena si forma per insufficienza di pompa e attivazione della ritenzione di sodio e acqua. L'ascite pancreatica si forma per rottura di una cisti o pseudocisti o a seguito di forme severe di pancreatite acuta. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DIAGNOSI TERAPIA Anamnesi: eventuale presenza di patologie epatiche, cirrosi, abuso di alcol, presenza di infezione cronica da HCV o HBV. Il paziente si presenta di solito per aumento della globosità addominale e senso di pienezza con eventualmente dei segni di ernie momentanee dovute alla spinta del liquido sui visceri. Esame obiettivo: utile l'ispezione in cui si vede l'addome globoso in posizione supina se il versamento è cospicuo e l'ombelico estroflesso. Possono essere presenti reticoli venosi superficiali e spider nevi in casi di cirrosi. Si possono notare delle ernie momentanee durante gli aumenti di pressione addominale. Alla palpazione si rileva il tipico segno del fiotto in cui a seguito di una percussione leggera il liquido si sposta dalla parte opposta e si sente un'onda. Alla percussione si sente il tipico timpanismo delle aree addominali occupate dall'intestino e l'ottusità nelle regioni declivi dove si accumula il liquido. Queste aree si spostano con il cambiamento di posizione del paziente. Esami strumentali: ecografia o TC hanno la stessa efficacia e oltre a rilevare il liquido permettono anche di rilevare eventuali masse o anomalie degli organi interessati. Paracentesi esplorativa: prelievo di una piccola quantità di liquido ascitico sulla parte dell'ipocondrio sx con il paziente supino leggermente curvo sul fianco sx facendo attenzione a non colpire la milza. Il liquido viene poi analizzato per vedere la natura e la composizione. Si guarda l'albumina, le proteine totali, i leucociti, il glucosio, l'LDH, l'amilasi e la bilirubina. In base ai dati si può far diagnosi di versamento essudatizio o trasudatizio e risalire all'eziologia. In caso di elevata carica batterica si può fare diagnosi di peritonite batterica spontanea (una delle complicanze dell'ascite nella cirrosi). Contrastare la ritenzione idrosalina: ridotto apporto di sodio limitandolo con la dieta o con l'assunzione di diuretici. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Tumori del FEGATO CARCINOMA EPATOCELLULARE DEFINIZIONE Si tratta del tumore maligno epatico principale e deriva da proliferazione anomala degli epatociti. È la quinta causa di morte per tumore al mondo e in alcune aree geografiche è in continuo aumento a causa della presenza di endemie di HBV e HCB. Tipicamente le forme asiatiche sono date da HBV mentre in Occidente sembra essere responsabile l'HCV. EZIOLOGIA I fattori eziologici che predispongono al cancro sono diversi, Cirrosi: evento principale che espone il soggetto ad un rischio elevato Il tumore è più frequente nei pazienti che fanno abuso di alcol, nei pazienti con infezioni virali epatiche, con displasia e con livelli elevati di alfafetoproteina. Il tumore ha un tasso di proliferazione abbastanza elevato anche se variabile e può andare incontro a raddoppio del suo volume in 1 mese ma anche in 20 mesi. La peculiarità di questo tumore è l'invasione oltre una certa grandezza del sistema vascolare e in particolar modo della vena porta e delle vene sovraepatiche fino a raggiungere la vena cava inferiore. Quest'ultimo è un criterio prognostico molto sfavorevole. DIAGNOSI Ecografia, TC, RMN: indagini di immagine per evidenziare la presenza e l'estensione di un eventuale nodulo sospetto. - Nel caso di un nodulo maggiore di 2 cm in un contesto di cirrosi con ipervascolarizzazione si può fare diagnosi diretta di epatocarcinoma. - Un nodulo tra 1 e 2 cm necessita di 2 sistemi di imaging per la possibilità elevata dei falsi negativi. Se il pattern vascolare è positivo in entrambi i metodi si fa diagnosi, se si è incerti si fa la biopsia e l'analisi istologica. - Nel caso di un nodulo minore di 1 cm non è possibile distinguere una forma benigna da una forma maligna né dall'imaging né dall'istologia per cui si fa un follow up ogni 3 mesi e si guarda l'eventuale ingrandimento. Agobiopsia ecoguidata: nei casi dubbi dà il responso definitivo. Tuttavia può esserci la complicanza di disseminazione tumorale lungo la scia dell'ago. STAGING È evidente che un paziente con cirrosi ma anche on epatite cronica da HCV che non si riesce ad eradicare o HBV deve sottoporsi a follow up ogni 6 mesi in media per verificare la situazione epatica con l'obiettivo di fare una diagnosi precoce nel caso che insorga un carcinoma in modo da ridurre drasticamente la mortalità per la maggior possibilità di trattamento terapeutico. Non viene usato il TNM, ma un sistema a 4 stadi (classificazione di Barcellona) che seleziona i candidati in base soprattutto alla terapia da eseguire. Si va da uno Stadio A (pazienti asintomatici con piccoli tumori Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 idonei al trattamento con terapie radicali), Stadio B e C con necessità di trattamento non radicale e Stadio D che indica pazienti in fase terminale. TERAPIA Il trattamento è variabile a seconda dello stadio e anche delle caratteristiche del paziente. In un paziente con fegato normale si fa di solito una resezione chirurgica che conferisce una sopravvivenza a 5 anni del 50% In un paziente cirrotico non si fa la chirurgia ma si opta per il trapianto epatico. È necessario che il tumore sia più piccolo di 5 cm o più di uno ma più piccoli di 3 cm. Il trapianto di solito dà una spettanza di vita a 5 anni del 75%, tuttavia spesso nelle lunghe attese il paziente viene tolto dalla lista a causa di un'espansione del tumore oltre i 5 cm o di un'invasione delle vie venose. Terapia neoadiuvante: per migliorare l'efficacia del trapianto si possono fare terapia ablative locoregionali Alcolizzazione: iniezione percutanea di alcol si è visto che può migliorare la situazione nei casi di tumori minori di 2 cm ma non operabili. Termoablazione: stesso utilizzo della tecnica precedente. Questa tecnica e la precedente nei pazienti inoperabili danno lo stesso tasso di sopravvivenza del 50% a 5 anni. Chemioembolizzazione arteriosa transcatetere: trattamento alternativo e complementare alle tecniche interstiziali. PROGNOSI Importante è la prevenzione! La riduzione drastica dei casi di epatocarcinoma è dovuta all'utilizzo dei vaccini anti HBV e al trattamento antivirale dell'HCV. TUMORI BENIGNI ANGIOMI Tumori epatici molto frequenti, sono presenti in circa il 1-2 % di tutta la popolazione. Vengono scoperti casualmente a seguito di un'ecografia epatica per altre ragioni. Se sono più grandi di 4 cm vengono detti angiomi cavernosi. Sono assolutamente benigni e segni di invasione sono rarissimi. In casi molto rari possono anche sanguinare ma solo se sono di grandi dimensioni. Si identifica all'ecografia come lesione iperecogena rispetto al parenchima oppure nel caso dell'angioma atipico è una lesione ipoecogena con attorno una zona iperecogena. Si fa il follow up per vedere se si ingrandisce ma il trattamento chirurgico non si fa mai a meno che la lesione non sia sospetta di essere maligna. IPERPLASIA NODULARE FOCALE Tumore benigno secondo per frequenza caratterizzato da una forma nodulare con al centro un'arteria anomala. Nella maggioranza dei casi è un riscontro casuale agli esami di imaging, mentre in rare circostanza può dare dolore Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 addominale o lieve incremento delle transaminasi. Ha evoluzione benigna e solo nei casi di emorragia bisogna intervenire chirurgicamente. ADENOMA EPATOCELLUL ARE Si tratta di un tumore benigno che si associa spesso a donne che stanno effettuando una terapia estroprogestinica. Spesso è singolo e capsulato, la metà dei casi è riscontrata casualmente. La diagnosi richiede laparoscopia o laparotomia ma la biopsia non dà di solito risultati utili. In generale però l'assenza di alfa-fetoproteine, transaminasi elevate e markers virali fa escludere l'epatocarcinoma. Interruzione del trattamento estroprogestinico aiuta la regressione del tumore, altrimenti si può pensare all'ipotesi chirurgica. È necessario toglierlo perchè c'è possibilità di sanguinamento. Tumore benigno che però può dare rapidamente una insufficienza renale IPERPLASIA oppure può essere asintomatico. NODULARE RIGENERATIVA Colpisce principalmente le persone oltre i 60 anni e si pensa possa essere una proliferazione generalizzata che precede l'epatocarcinoma. È associato a malattie linfoproliferative, reumatologiche, vascolari e d'accumulo. Complicanza clinica più temuta è l'emorragia da rottura di varici esofagee. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TRAPIANTO DI FEGATO DEFINIZIONE INDICAZIONI Il trapianto di fegato è uno dei trapianti più eseguito e anche con maggior successo terapeutico in termini di sopravvivenza ma anche di qualità di vita. CONTROINDIC AZIONI SELEZIONE Malattie croniche: patologie che non riescono ad essere trattate con la terapia medica e provocano un quadro di ridotta qualità di vita del paziente principalmente per le complicanze multiorgano (ascite, encefalopatia, coagulopatia, peritonite, rottura di varici, sindrome epato-renale). Il caso più frequente è la cirrosi sia da alcol che virale e anche le forme biliari. È opportuno che l'indicazione al trapianto preveda un fegato ancora funzionante e non in fase di scompenso benchè siano presenti i sintomi sistemici. Altre forme sono la colangite sclerosante primitiva, la malattia policistica e la sindrome di Budd-Chiari. Malattie metaboliche: morbo di Wilson, emocromatosi, amiloidosi familiare. Neoplasie: sia benigne che maligne a meno che non siano già disseminate a distanza. Epatiti acute fulminanti che mettono a repentaglio la vita del paziente in poco tempo Rischio cardiovascolare soprattutto al fine di permettere l'intervento. Per questo si fanno ECG, ecocardiografia e scintigrafia cardiaca da sforzo. In più per valutare i vasi si effettua l'eco-Doppler. Rischio polmonare: non permette una buona riuscita dell'operazione chirurgica. Presenza di altre neoplasie: questo compromette il trapianto a causa della necessaria terapia immunosoppressiva seguente che potrebbe far riattivare il tumore. Età maggiore di 65 anni anche se si valuta comunque lo stato di salute generale e se è buono si può arrivare ai 67. Presenza di infezioni sistemiche come HIV o dipendenza cronica da alcol o altre sostanze. I candidati al trapianto di fegato vengono valutati da una equipe di chirurghi, gastroenterologi, anestesisti, epatologi e psicologi. Esistono 3 indici per valutare la necessità di intervento chirurgico: Child-Turcotte-Pugh, MELD e UNOS che permettono di valutare la gravità della patologia e il rischio di mortalità. Una volta superati questi test il paziente è candidato al trapianto e viene posto in una lista d'attesa. In base all'organo che si ha viene valutato il gruppo sanguigno, il sistema HLA e la presenza di anticorpi autoreattivi contro gli antigeni del donatore. I risultati del trapianto di fegato sono eccellenti. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 COMPLICANZE POST INTERVENTO PROBLEMI APERTI Infezioni: il rischio di infezioni durante il trapianto ma anche subito dopo è molto alto per le infezioni batteriche, mentre per i virus insorgono in genere più avanti. L'infezione si instaura principalmente per la terapia immunosoppressiva post-trapianto per tutta la vita che favorisce però infezioni e tumori. Rigetto: il rigetto acuto avviene entro le 2 settimane e deve essere curato con steroidi e dosi più elevate di immunosoppressori. È comunque non molto frequente grazie alla specificità sempre maggiore dei farmaci anti-immunitari. Recidiva della patologia di base: problema grave che diventa rilevante nei casi di trapianto per infezione HCV o HBV. Nel caso di HBV l'infezione è quasi sempre trasmessa al nuovo organo se il virus è attivo prima del trapianto ma prima di fare l'intervento è necessario dare farmaci antivirali e ottenere la negativizzazione dell'HBV-DNA. In più si danno Ig sieriche preformate contro HBV. Terapia continuativa per tutta la vita. Nel caso di recidiva da HCV la situazione è più grave perchè l'HCV si stima che riproponga un'epatite nel nuovo organo entro 1 anno in tutti i casi. Ad oggi la ricomparsa viene trattata con IFN e ribavirina ma non sempre c'è un successo terapeutico. Inoltre l'utilizzo del TNF può favorire il rigetto essendo un agente attivante il sistema immunitario. Alcol: è importante evitare l'assunzione di alcol durante il postintervento e tra l'altro il paziente può entrare in lista d'attesa solo se sono passati 6 mesi di astensione dall'alcol. Epatocarcinoma: può essere trattato con trapianto se si tratta di un nodulo confinato minore di 5 cm o più noduli con diametro minore di 3 cm. Non si effettua se vengono invase le strutture vascolari o se esistono metastasi a distanza che fanno ricomparire la malattia. Le malattie colestatiche vengono trattate con trapianto nel caso in cui ci sia una grave osteoporosi, prurito incessante, sonnolenza e ittero grave. L'epatite autoimmune ha dei rischi di recidiva molto elevati dopo trapianto. Le donazioni di organi stanno incrementando ma non sempre c'è una corrispondenza tra organo disponibile e necessità del paziente. Il trapianto da cadavere può essere fatto con alcuni accorgimenti per aumentare la disponibilità come lo split liver ossia la divisione del fegato nei 2 lobi che vengono dati a 2 pazienti diversi sfruttando la capacità di rigenerazione degli epatociti. Il trapianto da vivente è una metodica poco effettuata in Italia che è tipica dei familiari del paziente che necessita di trapianto. Viene estratto un lobo (sx o dx) ed impiantato nel ricevente. Il donatore deve essere sano ed avere analisi epatiche nella norma. Trapianto di epatociti: può essere un'alternativa utile in quanto gli epatociti possono essere modificati geneticamente in modo da esprimere quegli enzimi mancanti nel caso per esempio delle malattie metaboliche epatiche. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Le cellule staminali possono essere usate con prelievo dal midollo osseo prevalentemente. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA DELLE VIE BILIARI ANATOMIA Le vie biliari, anatomicamente, originano nel fegato, a livello dell’apparato secretore biliare, complesso morfo-funzionale che comprende gli elementi del polo canalicolare degli epatociti deputati alla formazione della bile e cioè agli organelli del citoplasma pericanalicolare (micorfilamenti di actina, microtubuli vescicole del Golgi) e la membrana canalicolare propriamente detta. La membrana canalicolare è una porzione altamente specializzata della membrana plasmatica dell’epatocita. Epatociti contigui delimitano con le rispettive porzioni di membrana canalicolare, saldate tra loro dalle giunzioni serrate, uno spazio submicroscopico di pochi μm di diametro, denominato canalicolo biliare che rappresenta la più piccola ramificazione intraepatica dell’albero biliare. La membrana canalicolare degli epatociti contiene numerose proteine di trasporto capaci di veicolare nel canalicolo i soluti destinati alla secrezione biliare; la superficie di scambio della membrana canalicolare è enormemente aumentata dalla presenza di microvilli, che in condizioni normali riempiono quasi completamente il lume del canalicolo. I canalicoli biliari si contraggono ritmicamente per la contrazione coordinata dei filamenti pericanalicolari di actina; tale meccanismo consente la progressione di un liquido viscoso, come la bile, nelle più fini ramificazioni dell’albero biliare, anche in assenza di P idrostatica. I canalicoli biliari si connettono attraverso i canali di Hering con i duttili biliari; queste sono le prime ramificazioni dell’albero biliare rivestite da cellule epiteliali specializzate, i colangiociti. I duttili biliari confluiscono nei dotti interlobari che decorrono negli spazi portali, sempre accompagnati da un ramo dell’arteria epatica e della vena porta, formando la triade portale. I dotti interlobari confluiscono nei dotti intersettali e questi in ramificazioni di calibro sempre maggiore sino a generare i dotti epatici dx e sx che fuoriescono dai rispettivi lobi del fegato a livello della porta pepati formando il dotto epatico comune il quale, dopo la confluenza del dotto cistico, prende il nome del coledoco. Il coledoco, decorrendo anteriormente alla vena porta e dietro la testa del pancreas raggiunge la parete postero-mediale della seconda porzione duodenale all’interno del quale scorre per un tratto; qui usualmente confluisce nel coledoco il dotto pancreatico principale (Wirsung) formando l’ampolla del Vater che si apre a sua volta nell’ampolla duodenale a livello di una piccola protrusione chiamata papilla duodenale. Il tratto intraduodenale del coledoco è circondato da fibre muscolari di origine intestinale che si ispessiscono a formare lo sfintere di Oddi. L’irrorazione dei dotti epatici e del coledoco avviene attraverso piccoli rami provenienti dall’arteria epatica dx; ciò spiega perché alterazioni della vascolarizzazione arteriosa possano determinare fenomeni di stenosi cicatriziale a carico dell’albero biliare. La cistifellea è una saccoccia piriforme, lunga 9 cm e posizionata al di sotto Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 del margine anteriore del fegato e al di sopra del colon trasverso; ha una capacità di circa 40-50 ml. Il lume comunica con il dotto epatico attraverso il dotto cistico. Le pareti sono composte da 3 strati muscolari, la mucosa è sottile (non esiste sottomucosa) e in essa si aprono lacune (cripte di Luschka) e invaginazioni ramificate (seni di Rokitanski) che si approfondano nella tonaca muscolare e possono diventare sede di processi infiammatori. FISIOLOGIA Composizione della bile La bile è una soluzione acquosa contenete soluti di varia natura che comprendono lipidi, pigmenti proteine e elettroliti; i componenti lipidici rappresentano la maggior parte della massa solida della bile e comprendono i sali biliari, fosfolipidi e colesterolo. I sali biliari costituiscono la quota più rilevante: essi sono steroli anfifilici che derivano dal metabolismo epatico del colesterolo; vi sono sali biliari: Primari sintetizzati direttamente nel fegato come ac. colico (CA) e ac. chenodesossicolico (CDCA) Secondari prodotti nel lume intestinale per trasformazione dei primari da parte dei batteri come ac. desossicolico (DCA) e ac. litocolico (LCA) Il colesterolo epatico utilizzato per la sintesi dei sali biliari deriva in parte dalle LDL e HDL e in parte da neocolesterologenesi epatica; questa è però inibita dai sali biliari che ritornano al fegato per via portale, attraverso feedback negativo che agisce sull’HMG-CoA reduttasi. I sali biliari sono confinati nella circolazione entero-epatica (CEE); sono infatti secreti nella bile, raggiungono il duodeno e percorrono l’ileo giungendo nella sua porzione terminale dove vengono riassorbiti attraverso un efficiente sistema di trasporto attivo, ritornando al fegato per via portale; solo una piccola quota sfugge alla captazione epatica mentre le maggior parte viene trasportata attraverso gli epatociti, ove viene coniugata con glicina e taurina e nuovamente secreta nella bile. La dinamica della CEE è garantita dalla contrattilità dei canalicoli biliari, dalla motilità della colecisti, dalla peristalsi intestinale e dall’efficienza dei sistemi di trasporto a livello degli ileociti e epatociti. Le modalità di assorbimento sono influenzate dal tipo di coniugazione (glicina o taurina) e dal pH intestinale. Circa il 10% sfugge all’assorbimenro ileale e raggiunge il colon dove va incontro a importanti trasformazioni metaboliche ad opera della flora batterica che determina de coniugazione e deidrossilazione con formazione dei sali biliari secondari (DCA e LCA); una parte considerevole dei DCA viene riassorbito a livello del colon dx e raggiunge il fegato, entrando nella CEE (costituisce il 15% del totale del pool dei sali biliari) mentre il LCA, epatotossico, viene scarsamente riassorbito grazie a un meccanismo protettivo consistente nella sua solfatazione, ed è presente in grandi quantità nelle feci. La perdita intestinale giornaliera di sali biliari è circa pari a 500 mg quota esattamente compensata dalla neosintesi epatica di sali biliari primari. Nell’uomo il pool di sali biliari è in genere 2-4 g, quantità che assolve Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 pienamente alle funzioni fisiologiche grazie alla CEE; il pool infatti recircola 3-4 volte per ogni pasto, potendo compiere 8-15 recircoli in 24 h. I sali biliari, per la loro natura di sostanze anfifiliche, sono detergenti biologici; quando la loro concentrazione, (conc micellare critica CMC) supera un valore soglia essi tendono spontaneamente ad aggregarsi tra loro o con altre sostanze lipidiche. La tendenza dei sali biliari ad aggregarsi tra loro consente la formazione di particelle submicroscopiche, chiamate micelle, capaci di ospitare al loro interno e quindi di solubilizzare molecole lipidiche come lecitina e colesterolo. La formazione di micelle miste, composte da sali biliari, lecitina e colesterolo costituisce la più importante funzione dei sali biliari, la cui funzione fisiologica si esplica sia nel lume biliare sia nell’intestino, permettendo la solubilizzazione del colesterolo biliare e l’assorbimento digiunale e ileale dei grassi e delle vitamine liposolubili. I fosfolipidi biliari sono rappresentati esclusivamente da lecitina che costituisce un sistema ideale per solubilizzare il colesterolo, ciò è particolarmente importante per la grande quantità di colesterolo nella bile, essendo la secrezione biliare l’unica via rilevante di eliminazione di tale composto. Il colesterolo biliare si trova in forma non esterificata ed è del tutto insolubile in acqua dove tende spontaneamente a precipitare formando cristalli romboidali di colesterolo monoidrato; nella bile tale fenomeno è impedito per la presenza di vescicole di lecitina e per la sua solubilizzazione da parte delle micelle miste di sali biliari e lecitina. L’alterazione dei rapporti molari tra sali biliari, lecitina e colesterolo, con aumento relativo di quest’ultimo determina uno stato di “sovra saturazione colesterolica” che rappresenta il principale meccanismo patogenetico principale nella formazione dei calcoli biliari di colesterolo. Una piccola parte di bilirubina può essere escreta anche se coniugata con una sola molecola di acido glucoronico, che però è una forma instabile e può precipitare sotto forma di sali di calcio o polimeri insolubili determinando la formazione di calcoli biliari pigmentari. Formazione della bile La secrezione biliare è un processo fisiologico complesso, prevalentemente di tipo osmotico governato dal trasporto attivo nella bile di una serie di soluti che si comportano da osmoliti; tale processo necessita dell’integrità strutturale e funzionale dell’apparato secretore epatocitario e dell’epitelio dei dotti biliari. Trasportatori epatocitari I sali biliari sono i più importanti soluti osmoticamente attivi secreti nella bile, il cui trasporto contro gradiente costituisce la vera forza osmotica trainante (driving force) nella formazione della bile. La loro secrezione è garantita dall’efficienza della pompa del sodio (Na+/K+ APTasi) presente sulla membrana sinusoidale degli epatociti; intervengono anche altri canali come cotrasportatore Na+/taurocolato-, il cotrasportatore Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Na+/HCO3- e lo scambiatore Na+/H+ e una organic trasporting protein (OATP), trasportatore sodio-indipendente capace di veicolare sia i sali biliari sia altri anioni organici. Anche sul versante canalicolare dell’epatocita vi sono diversi trasportatori ATP-dipendente che provvedono alla secrezione unidirezionale dei soluti della bile; in condizioni normali la capacità di captazione sinusoidale dei sali biliari è notevolmente superiore a quella del trasporto canalicolare: dunque quest’ultimo costituisce il principale fattore limitante nel processo di formazione della bile. I più importanti trasportatori identificati sulla membrana canalicolare sono i seguenti: Glicoproteina Multi-Drug Resistence-1 (MDR1) che trasporta diversi cationi organici lipofilici Glicoproteina Multi-Drug Resistence-2 (MDR2) che è responsabile del trasporto canalicolare della lecitina Trasportatore di anionici organici, Multispecific Organic Anions Trasporter (cMOAT) capace di trasportare molte sostanze anioniche La glicoproteina sister of P-glycoprotein (SPGP) ritenuta il principale trasporto canalicolare dei sali biliari Grazie a tali trasportatori vengono generati i gradienti osmotici che regolano il volume di bile epatica che si forma a livello del canalicolo biliare, sia per passaggio trans cellulare sia per via paracellulare (dallo spazio interstiziale di Disse attraverso le giunzioni serrate) Trasportatori colangiocitari La secrezione osmotica canalicolare comprende una quota definita sali-biliari dipedente (60% del volume) e una quota sali biliari indipendente (40%). Tali due componenti formano circa 450 ml di bile canalicolare nelle 24 h; a ciò si aggiunge una quota di bile sali biliari-indipendente legata ad attiva secrezione da parte dei colangiociti. La secrezione di fluidi è influenzata da stimoli ormonali e neuro peptidi; in particolare la secretina si lega con specifici recettori che nel fegato sono espressi solo nei colangiociti. Tale stimolo induce un aumento dell’AMPc con apertura dei canali del Cl- e attivazione dello scambiatore cloro-bicarbonato localizzato a livello della membrana apicale dei colangiociti. Il risultato di tale catena di eventi è una secrezione biliare arricchita di acqua e bicarbonato. Tra gli altri trasportatori ricordiamo acquaporina (trasportatore specifico dell’acqua) mentre recentemente è stato identificato a livello della membrana apicale anche un trasportatore di sali biliari, simile al trasportatore ileale, che sembra determini uno shunt cole-epatico dei sali biliari, cioè un meccanismo attraverso i quali i sali biliari sarebbero assorbiti a livello duttale e ritornerebbero al fegato attraverso il plesso venoso peri-biliare attuando così un corto-circuito il cui significato rimane incerto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ITTERO E COLESTASI DEFINIZIONE Per ittero si intende la colorazione giallastra della cute e delle mucose visibili conseguente all’accumulo della bilirubina nel siero sopra il valore di 2,5 mg/100 ml. Per subittero si intende il colorito giallastro delle sclere che si manifesta per valori di biluribinemia superiori a 1,5 mg/100 ml. La bilirubina è un pigmento che deriva dal catabolismo dell’eme, è insolubile in acqua e normalmente viene secreto nella bile; i valori sierici di bilirubina dipendono dall’equilibrio tra la sua formazione (emocateresi) e il suo metabolismo. FISIOLOGIA La bilirubina è il prodotto di degradazione dell’eme. La produzione giornaliera di bilirubina (250-350 mg) deriva: in massima parte (80-85%) dal catabolismo dell’emoglobina degli eritrociti invecchiati per il restante 15-20% dalla eritropoiesi inefficace una minima quota di bilirubina deriva inoltre dal ricambio di proteine contenenti eme quali mioglobina, citocromi e catalasi La bilirubina non coniugata è liposolubile e, pertanto, potenzialmente tossica (soprattutto a livello del SNC); essa viene immessa in circolo dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale legata all’albumina e, in questa forma, raggiunge il fegato. Nel fegato la bilirubina viene veicolata all’interno degli epatociti dove si lega a proteine citosoliche (glutatione S transferasi o ligandina, e proteina Z) che prevengono il suo rientro nel circolo ematico e la sua diffusione all’interno di compartimenti epatocitari non idonei. Viene infine trasferita nel reticolo endoplasmatico dove l’enzima uridina difosfato-glucuronil transferasi (UGT) provvede alla sua coniugazione con acido glucuronico. La bilirubina coniugata è idrosolubile e, in questa forma, può essere eliminata con la bile. La bilirubina coniugata viene secreta dagli epatociti nei canalicoli biliari attraverso un processo ATP-dipendente mediato da un trasportatore multispecifico di anioni organici chiamato MRP2 (multidrug resistenceassociated protein 2). Giunta nel lume intestinale, la bilirubina viene degradata (deconiugata e ridotta) ad urobilinogeno, prodotto incolore e idrosolubile. L’urobilinogeno ha tre diversi destini metabolici: la quota maggiore viene ossidata a stercobilina e urobilina ed eliminata con le feci, alle quali conferisce il caratteristico colore bruno (dunque feci chiare sono indici di deficit epatico) una quota minore viene riassorbita a livello intestinale e ritorna al fegato tramite il circolo portale (circolo entero-epatico della bilirubina) una piccola quota riassorbita salta il filtro epatico, raggiunge il Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 circolo sistemico ed è eliminata con le urine. CLASSIFICAZ a) Itteri da iperproduzione della bilirubina (pre epatico) Emolisi Eritropoiesi inefficace b) Itteri da alterato metabolismo epatico della bilirubina (epatico) - Itteri congeniti 47. Difettosa coniugazione: Sd di Crigler-Najjar 48. Difettosa coniugazione e captazione: Sd di Gilbert 49. Difettosa escrezione: Sd di Dubin-Johnson e Sd di Rotor - Itteri acquisiti Difettosa captazione e trasporto: epatiti acute, croniche e da farmaci Difettosa coniugazione: da latte materno, da farmaci c) Itteri da ostacolato deflusso della bilirubina (post epatico) Colestasi CLINICA Itteri congeniti da alterato metabolismo epatico della bilirubina a) Sindrome di Crigler-Najjar Si tratta di un ittero grave, a decorso progressivo, causato da un difetto congenito dell’attività enzimatica uridin-difosfo-glicuronil-transferasi situato nei microsomi delle cellule epatiche. La sindrome si può manifestare in due forme: - tipo I in cui l’ittero si manifesta nei primi giorni di vita e la bilirubinemia supera costantemente i 20 mg/dl; il pigmento, non potendo essere eliminato nella bile, si accumula progressivamente nei circolo e nei tessuti. Frequentemente si sviluppa ittero nucleare per deposito di bilirubina non coniugata nel SNC, soprattutto nel nucleo caudato e nel nucleo rosso. Gli indici di funzionalità epatica sono normali, compreso il livello sierico dei sali biliari; la bile di tali pz è incolore e contiene solo tracce di bilirubina non coniugata. La prognosi è infausta e i pz raramente superano i 20-25 anni di vita anche se sono stati segnalati diversi casi con buona sopravvivenza dopo trapianto di fegato. Vi è familiarità ed è molto frequente il riscontro di un difetto della coniugazione della bilirubina (Gilbert) nei genitori dei pz colpiti. La trasmissione è autosomico recessiva. - tipo II è caratterizzato da valori di bilirubinemia sierica più moderati (5-20 mg/dl); l’attività enzimatica UDP-glicuronil-transferasi è ridotta (ma non assente). La bile è colorata e contiene prevalentemente bilirubina monoglicuronata. Gli indici di funzionalità epatica sono normali; la bilirubinemia aumenta in corso di infezioni intercorrenti o durante il digiuno. La prognosi è in genere buona e i pz sopravvivono a lungo senza manifestazioni neurologiche. Anche in questi pz vi è familiarità e la trasmissione è di tipo autosomico dominante. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Lo studio morfologico del fegato in entrambe le forme è normale; al M.O. si possono riscontrare segni aspecifici come modesta flogosi e fibrosi portale, trombi biliari, accumulo di pigmento intracanicolare e intracellulare. b) Sindrome di Gilbert E’ caratterizzata da subittero cronico a iperbilirubinemia prevalentemente indiretta, a carattere familiare, senza evidenti segni di emolisi. La prevalenza è attorno al 5-8% della popolazione italiana; l’esordio dell’ittero è tra i 15-18 anni di età. L’iperbilirubinemia viene scoperta casualmente; i valori della bilirubina sierica variano tra 1,5 e 5 mg/dl. L’ittero può verificarsi in rapporto a digiuno, stress, sforzi fisici, abuso di alcol e infezioni intercorrenti. La sintomatologia, quando presente, è aspecifica: in genere sono presenti disturbi dispeptici, dolenzia addominale vaga: spesso questi individui sono ansiosi per la comparsa dell’ittero. L’obiettività, a parte il subittero sclerale, è negativa e anche i dati ematochimici, a parte l’iperbilirubinemia risultano normali; l’unica anomalia (40% dei casi) è una lieve diminuzione della vita eritrocitaria media. La morfologia macro e microscopica del fegato è normale. Si ritiene che due-tre rilievi di aumentati valori sierici di bilirubina a intervalli di alcuni mesi, in assenza di altre anomalie di laboratorio o segni clinicamente obiettivabili, siano sufficienti per la diagnosi. La sindrome familiare ed è tramessa in modo autosomico dominante a penetranza incompleta a variabile espressività. c) Sindrome di Dubin-Johnson E’ una rara forma di ittero familiare conseguente alla perdita di funzione della proteina carrier (MPR2) della bilirubina attraverso la membrana canalicolare. La malattia è ad andamento cronico, intermittente, caratterizzata da iperbilirubinemia a quota prevalentemente coniugata; l’ittero compare nell’adolescenza e si può intensificare nel corso di malattie intercorrenti, in gravidanza o per somministrazione di contraccettivi orali. Gli indici bioumorali di funzionalità epatica sono normali, i cui valori oscillano tra 2 e 5 mg/dl e che per oltre il 60% è rappresentata dalla forma coniugata. Nelle urine possono presentarsi pigmenti biliari e un’aumentata quantità di urobilinogeno, mentre le feci sono normalmente colorate. I soggetti sono spesso asintomatici; si possono rilevare a volte astenia, dispepsia, dolenzia all’ipocondrio dx. L’E.O. se si esclude la presenza di ittero cutaneo e sclerale, è negativo. Il tessuto epatico assume una colorazione scura (black liver) in seguito a un accumulo intracellulare di pigmento (granuli marroni alla M.O.) La malattia è ereditaria e recessiva. d) Sindrome di Rotor E’ un affezione rara, trasmessa come carattere recessivo; è molto simile alla sindrome di Dubin-Johnson tranne che per la mancanza dell’accumulo Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 intraepatocitario di pigmento. Itteri colestatici E’ una sindrome clinica che si sviluppa quando il processo fisiologico di secrezione della bile o il suo deflusso nel duodeno vengono alterati. Secondo l’AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato) la colestasi indica “una sindrome clinica con eziologia multipla, caratterizzata dalla ritenzione nel fegato e compartimento ematico di una o più sostanze normalmente secrete nella bile, causata o da un deficit completo o selettivo della secrezione biliare, oppure dalla presenza di una o più ostruzioni dell’albero biliare intra- o extraepatico”. Le manifestazioni cliniche della colestasi sono conseguenti alla ritenzione nel sangue dei costituenti biliari e al ridotto o assente deflusso di bile nell’intestino. La ritenzione di bilirubina, prv coniugata, porta all’ittero; a ciò si associano un’incrementata eliminazione urinaria e una ridotta formazione fecale di pigmenti biliari che determinano l’escrezione di urine ipercromiche (color marsala) e feci ipocoliche o biancastre. Il prurito è dovuto alla ritenzione di sostanze pruritogene; la patogenesi è multifattoriale con anche una componente disregolatoria a livello del SNC: il prurito è usualmente generalizzato e può manifestarsi in modo continuo o intermittente con intensità variabile. La ritenzione di lipidi biliari porta allo sviluppo di ipercolesterolemia; quando evidente e prolungata può portare alla formazione di depositi cutanei di colesterolo, xantelasmi o xantomi piani che appaiono come placche giallastre inizialmente localizzate alla placca superiore in vicinanza del canto interno dell’occhio. Possono interessare anche la palpebra inferiore o altre parti del corpo; in caso di patologia prolungata si può giungere alla formazione di depositi rilevati, localizzati sulla superficie estensoria di polsi, gomiti e caviglie. Nelle sd colestasiche di lunga durata il ridotto afflusso di bile nell’intestino può portare a malassorbimento di grassi e vitamine liposolubili, i cui segni e sintomi non sono frequenti. Il malassorbimento clinicamente manifesto porta alla steatorrea, ovvero l’emissione di feci malformate, untuose e maleodoranti, in genere seguita da calo ponderale. Il deficit di vitamina A può determinare riduzione dell’acuità visiva notturna, quello di vitamina K allungamento del PT, quello di vitamina E (nei bambini) neuropatia periferica, atassia cerebellare e degenerazione retinica. L’osteoporosi, oltre al deficit di vitamina D è determinata anche da fattori ormonali, ridotto introito di calcio e ridotta attività fisica. Nelle colestasi croniche si può avere anche astenia. Le alterazioni biochimiche conseguenti al rigurgito nel siero dei costituenti biliari sono: ↑ di fosfatasi alcalina, ↑ γGT, ↑ colesterolo e ↑ bilirubina. A livello istologico la colestasi si manifesta inizialmente con l’accumulo nel Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 pigmento negli epatociti e nelle cellule di Kupffer e la formazione di trombi biliari localizzati in sede pericentrale; poi si ha la formazione di neoduttuli negli spazi portali, in genere accompagnati dalla presenza di infiammazione portale. Ne consegue lo sviluppo di fibrosi portale che associata a fenomeni di rigenerazione può portare alla cirrosi. Classificazione a) Colestasi intraepatiche Da cause parenchimali Su base genetica Infettive Da calcolosi neoplastica Neoplastiche Post-trapianto di fegato b) Colestasi extraepatiche Litiasi del coledoco Stenosi benigne delle vie biliari Stenosi maligne delle vie biliari Compressioni estrinseche Colestasi della gravidanza E’ una patologia associata allo stato gravidico che si manifesta nel terzo trimestre di gravidanza; la patologia si manifesta più frequentemente nei parti gemellari, nelle donne che hanno presentato la patologia in precedenti gravidanze o in quelle che hanno sviluppato colestasi in corso di assunzione di anticoncezionali. Vi è familiarità e la manifestazione più frequente è il prurito, che inizia in genere al palmo delle mani e/o dai piedi per poi interessare il resto del corpo. Inizialmente può manifestarsi la notte poi anche di giorno e possono coesistere nausea e vomito. L’ittero è infrequente e lieve; a livello biochimico si riscontra la presenza di un incremento delle transaminasi di entità variabile (da 2 a 20 volte) e degli acidi biliari sierici con prevalenza dell’acido colico. La malattia si risolve completamente con il parto ed è priva di conseguenze per la madre, mentre sono descritti parti prematuri e complicanze fetali fino anche alla morte intrauterina. DIAGNOSI 14. All’anamnesi è necessario indagare la presenza/assenza di sintomi e fattori di rischio per le patologie epatiche; ad esempio la pregressa esposizione a virus dell’epatite, abuso di alcol, ingestione di alimenti potenzialmente tossici possono suggerire patologie epatocellulari. La presenza di un dolore addominale con o senza febbre, il dato di una pregressa chirurgia sulle vie biliari e l’età avanzata indirizzano verso un’ostruzione biliare; inoltre un esordio lento e insidioso, associato a perdita di peso indica la presenza di una neoplasia, mentre un insorgenza brusca suggerisce la presenza di una litiasi biliare. Numerosi farmaci (sedativi, chemioterapici, antibiotici, ormoni sessuali) possono determinare la comparsa di colestasi; in genere la sospensione porta alla risoluzione ma a volte si può giungere fino all’insufficienza epatica. All’esame obiettivo si valuterà la presenza di: Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Febbre: indica infezione delle vie biliari o si accompagna a neoplasia Dolore addominale: localizzato ai quadranti addominali superiori che in presenza di segno di Murphy positivo, suggerisce la ricerca di colelitiasi; un dolore addominale irradiato post indirizza verso una patologia pancreatica. Massa addominale: suggerisce la presenza di una neoplasia Cicatrici chirurgiche indicative di pregressa chirurgia sulle vie biliari Segni di cirrosi quali spider naevi, ascite, splenomegalia, circoli venosi collaterali superficiali, flapping tremor, ginecomastia. Il sospetto clinico guida poi la scelta delle indagini di laboratorio e strumentali necessarie per la diagnosi. Le indagini biochimiche includono: emocromo completo, indici di colestasi (bilirubina, AFP, γGT), indici di funzionalità epatica (PT, albuminemia, colinesterasi), markers per la ricerca dei virus epatitici, markers specifici per patologie colestasiche e autoimmuni, amilasi. La presenza di ittero in un soggetto asintomatico con funzionalità epatica normale suggerisce la diagnosi di ittero congenito. Se l’iperbilirubinemia è prevalentemente non coniugata e non c’è l’emolisi l’esordio in età pediatrica con valori di bilirubina > 5 mg/dl suggerirà una sd di Crigler-Najar, mentre l’esordio nella pubertà o successivamente con bilirubinemia < 6 mg/dl indicherà una sd di Gilbert. Se l’iperbilirubinemia è diretta ci orienteremo verso una Sd di Dubin-Johnson o Rotor. Se invece accanto all’ittero sono presenti sintomi o segni clinici e alterazioni di altri esami di laboratorio dobbiamo orientarci verso la presenza di un’epatopatia o una sindrome colestasica. Di fronte al sospetto di colestasi il primo passo è la valutazione della vie biliari mediante ecografia; una dilatazione è indice di ostruzione. Se l’eco non permette la visualizzazione dell’ostacolo si può passare alla CPRM. L’ecoendoscopia risulta utile in caso di neoplasie del tratto distale della via biliare o ampolla di Vater. Se l’eco visualizza una litiasi il percorso successivo prevede l’esecuzione di una CPRE per la conferma e l’estrazione dei calcoli. In caso di evidenza eco di una neoplasia pancreatica o una PC l’iter diagnostico prevede in genere una TC spirale per conferma, con le implicazioni terapeutiche che ne conseguono. Quando le vie biliari non risultano dilatate all’eco né alla CPRM e gli accertamenti lab per pato epatocellulari risultano negativi può essere indicato eseguire una biopsia epatica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 LA MALATTIA LITIASICA DEFINIZIONE La litiasi rappresenta la patologia più frequente della colecisti; è in genere pauci- o asintomatica; l’impegno del calcolo nell’infundibolo causa la colica biliare le cui sequele possono essere la colecistite acuta, idrope e empiema della colecisiti. La colecistopatia alitiasica è caratterizzata dall’assenza di calcoli nella colecisti con presenza di un dolore di tipo biliare ed è associata ad alterazioni della motilità della cistifellea La colesterosi della colecisti è determinata dall’accumulo nella parete della colecisti di esteri del colesterolo. La colecisti a porcellana è determinata dall’accumulo di sali di calcio. L’adenomiomatosi della colecisti è il risultato della proliferazione dell’epitelio della colecisti con formazioni di strutture simil-ghiandolari. La litiasi coledocica è una patologia spesso sintomatica: la colica è il sintomo più comune, la sintomatologia però può esordire con ittero e colangite, caratterizzata da febbre con brivido, dolore all’ipocondrio dx e alterazioni biochimiche. EZIOLOGIA La litiasi biliare si può dividere in 2 classi: Colesterolica Pigmentaria Tra i fattori associati alla colelitiasi si riconoscono: Sesso femminile Età n° di gravidanze BMI aumento dei livelli sierici di trigliceridi bassi livelli sierici di colesterolo familiarità diete ripetute by-pass digiuno ileale e bilio-digestivo assunzione di derivati dell’acido fibrico (farmaci ipolipemizzanti) Allo sviluppo di calcoli concorrono: Diabete Cirrosi epatica Angina pectoris Infarto del miocardio Ulcera peptica PATOGENESI Litiasi colesterolica Ruolo del colesterolo La bile è una soluzione acquosa nella quale il colesterolo, insolubile in acqua, è veicolato all’interno di micelle e vescicole. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Esiste una capacità critica di tenere in soluzione il colesterolo da parte degli acidi biliari e fosfolipidi, superata la quale la bile diventa supersatura in colesterolo; anche quando è in eccesso può essere ancora tenuto in soluzione in cristalli liquidi: in genere però si formano due fasi di cui una è formata da cristalli monoidrato, l’altra da cristalli liquidi. La supersaturazione biliare è il prerequisito per la formazione dei cristalli di colesterolo e per la loro successiva aggregazione in calcoli. Nella storia naturale della patologia si passa da una fase di produzione di una bile supersatura da parte dell’epatocita a quella della formazione di cristalli di colesterolo, alla loro aggregazione e infine alla crescita del calcolo all’interno della colecisti; l’aumentata secrezione biliare di colesterolo (che si osserva in corso di litiasi biliare ma anche nell’obesità, gravidanza, dislipidemie) sembra essere la causa più comune di supersaturazione biliare in colesterolo e dipende dall’aumento della sua sintesi epatica. L’ipotesi di un apporto genetico è suffragata da studi epidemiologici che hanno evidenziato come , in popolazioni con caratteristiche razziali omogenee (ad es. popolazioni Maori), l’obesità non si associ alla presenza di calcoli biliari di colesterolo secondo le attesa. Ruolo degli acidi biliari Nei pz con calcoli biliari di colesterolo il pool totale degli acidi biliari è diminuito, mentre è aumentato quello dell’acido desossicolico rispetto a controlli non litiasici correlate a un prolungato transito intestinale, che favorisce il catabolismo dell’acido colico ad acido desossicolico da parte della flora batterica. (Ridotto assorbimento intestinale di acidi biliari e dunque riduzione del pool entero-epatico e necessità di sintetizzare nuovi acidi biliari a partire da colesterolo aumentando la concentrazione di questo nelle vie biliari). Altri fattori Accanto alla supersaturazione di colesterolo sono stati descritti altri meccanismi: Presenza di composti nella bile che determinano un’accelerata nucleazione dei cristalli di colesterolo Stasi biliare all’interno della colecisti, come fattore favorente l’aggregazione dei cristalli E’ stato infatti dimostrato che nella bile di soggetti litiasici il colesterolo tende a precipitare più rapidamente (6-7 gg) rispetto a quella di soggetti normali (oltre 15-20 gg): ciò è stato attribuito alla presenza di fattori pronucleanti (in genere proteine di flogosi e muco). I pz con calcoli hanno inoltre un volume della colecisti a digiuno più grande e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 in circa il 30% dei casi si associa uno svuotamento della cistifellea: questi due difetti indicano una stasi della bile in colecisti che favorisce i processi di aggregazione e la successiva crescita dei calcoli A questi vanno aggiunti fattori che sono clinicamente rilevanti quali vagotomia tronculare con stasi colecistica, malattie dell’ileo terminale o interventi chirurgici di resezione dello stesso (si realizza una condizione caratterizzata da aumentata eliminazione fecale di acidi biliari che non sono riassorbiti per la mancanza dei siti intestinali di assorbimento), nutrizione parenterale (stasi biliare). Fattori protettivi sono moderato consumo di alcol (< 60 g/die) e l’uso di diete ricche di fibre, particolarmente nelle donne. Litiasi pigmentaria I calcoli pigmentari rappresentano circa il 25% dei calcoli biliari: si distinguono calcoli neri (black stones) e di color marrone (brown stones) e si associano a emolisi cronica e alle malattie croniche del fegato. I black stones sono composti da un polimero insolubile di bilirubina mescolato a carbonato e fosfato di calcio; in genere questi calcoli sono presenti nella cistifellea e si accompagnano a emolisi cronica (associata a sferocitosi ereditaria, anemia falciforme e aumento dell’emocateresi) I brown stones sono composti principalmente da bilirubinato di calcio, palmitato di calcio e anche da colesterolo e si associano a infezioni delle vie biliari; la loro formazione è ubiquitaria nell’albero biliare e in genere recidivano nel dotto biliare. CLINICA LITIASI BILIARE COLECISTICA a) Litiasi silente I calcoli biliari possono restare asintomatici per tutta la vita ed essere diagnosticati casualmente nel corso di un’indagine strumentale effettuata per altri motivi; come già detto solo il 16 - 30% dei pz sviluppa i sintomi in 20 30 anni e solo il 2-5% necessita di intervento chirurgico per la comparsa di complicanze (colecistite, pancreatite). La colecistectomia profilattica è eseguita solo in casi ben determinati: - Indicazioni certe Colecisti a porcellana Anomala giunzione colecodo-pancreatica - Indicazioni dubbie 50. Polipi colecistiti > 1,5 cm 51. Calcolo > 3 cm b) Litiasi sintomatica Il viraggio della malattia verso una fase sintomatica è indicato dalla colica (trasferimento dei calcoli nell’infundibolo o nel coledoco) piuttosto che dalle complicanze (0,5% annuo). Il sintomo specifico è la colica biliare (anche se “colica” è improprio, in quanto il dolore è continuo). Il dolore compare spesso di notte (specie dopo un pasto abbondante) o nelle prime ore del mattino, è localizzato al fianco dx o all’epigastrio, può avere Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 irradiazione all’angolo scapolare dx (dovuta alla stimolazione del ramo cutaneo posteriore del nervo frenico) o alla spalla dx; può persistere da 1 a 4 ore con intensità variabile e recede spontaneamente (talora è difficilmente distinguibile da un’angina pectoris). L’episodio può essere seguito da dolenzia all’ipocondrio dx. Durante l’attacco acuto il pz può lamentare nausea e vomito. Gli accertamenti biochimici evidenziano un aumento della bilirubina (non oltre i 5 mg/dl). Anche l’associarsi di più sintomi (intolleranza ai grassi e senso di peso al fianco dx), definibili genericamente come dispeptici in un pz, possono essere suggestivi di litiasi biliare. Dal punto di vista patogenetico è probabile che l’incuneazione di un calcolo nel dotto cistico rappresenti il primo momento a cui seguono alterazioni della P all’interno delle vie biliari. La colica può sia rendersi particolarmente frequente per un determinato tempo e poi recedere del tutto ma anche manifestarsi improvvisamente. In genere il sintomo recede con l’uso di analgesici o antispastici. All’esame obiettivo vi è un possibile segno di resistenza all’ipocondrio dx. Segno di Murphy positivo: l’uncinamento con la mano al di sotto dell’arco costale dx (sulla emiclaveare dx = punto colecistico) in corso di inspirazione profonda da parte del pz, nel caso di infiammazione della colecisti, evoca una reazione dolorosa e l’interruzione del respiro; la colecisti infiammata viene compressa tra margine inferiore del fegato e mano dell’esaminatore. Complicanze La presenza di calcoli può determinare irritazione e flogosi della parete colecistica così come ripetuti attacchi di colecistiti subacute; nella bile di tali pz sono stati frequentemente isolati batteri. La colecistite cronica è per lo più asintomatica per anni, ma può progredire verso una malattia sintomatica o presentarsi con le complicanze. Dopo una colica biliare, se la sintomatologia non recede, si può sospettare l’insorgenza di una colecistite acuta. Nel 96% dei casi il dotto cistico è ostruito da un calcolo; la prolungata ostruzione può determinare un progressivo accumulo di muco all’interno della colecisti con formazione di idrope, spesso asintomatica anche se i pz avvertono una certa dolenzia a carico del quadrante di dx e la colecisti può essere palpabile come una massa che si estende fino alla fossa iliaca dx. La colecistite acuta è determinata dal diminuito assorbimento dei liquidi endoluminali a causa dell’edema presente nella regione dell’ostruzione per la compressione dei vasi sanguigni della parete della colecisti (infiammazione meccanica), dalla formazione di lisolecitina dalla lecitina biliare per l’azione delle fosolipasi (infiammazione chimica) e dalla coesistenza di un’infezione batterica. L’empiema della colecisti si verifica quando il contenuto diventa purulento. Il quadro clinico è quello della sepsi con febbre alta, brividi, intenso dolore all’ipocondrio dx, marcata leucocitosi neutrofila, prostrazione. Il rischio di sepsi Gram- (E.Coli, Klebsiella, Spt, Stf e Clostridium) e della perforazione è elevato pertanto i pz vengono avviati all’intervento chirurgico Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 con adeguata copertura antibiotica. Nel 60-70% dei pz dopo il primo attacco di colecistite acuta la sintomatologia regredisce spontaneamente: durante l’episodio il pz si presenta francamente sofferente, respira superficialmente, è rannicchiato e spesso applica una fonte di calore sulla parete addominale per alleviare il dolore. L’addome è poco mobile ed è apprezzabile una resistenza al quadrante superiore dx (dolore peritoneale dovuto alla stimolazione dei rami anteriori del nervo frenico, che innerva il peritoneo diaframmatico, in giustapposizione con il fondo della colecisti). Oltre al dolore, vomito, nausea e anoressia caratterizzano la sintomatologia. Il segno di Murphy è positivo. Si osserva leucocitosi neutrofila (10-15.000 cellule/mm3) e un modesto aumento degli enzimi di citonecrosi e colestasi. La colecistite enfisematosa esordisce come una colecistite acuta (litiasica o alitiasica); l’infezione è sostenuta da batteri gas-produttori (Clostridium perfrigens e E.coli) e si complica con ischemia o gangrena della parete colecistica; la gangrena predispone alla perforazione e può insorgere comunque su una colecistite cronica senza sintomi premonitori. La perforazione nel peritoneo è un evento drammatico con elevata mortalità (30%), anche se vi può essere un iniziale e transiente sollievo del dolore all’ipocondrio dx (dovuto alla distensione dell’organo). Possono formarsi fistole con organi adiacenti e la più comune è con il duodeno, che permette il passaggio di calcoli nell’intestino (ileo biliare) per l’impegno dei calcoli nella valvola ileociecale. La migrazione di calcoli dalla cistifellea nel coledoco, dove si impegnano a livello della papilla, può essere causa della pancreatite acuta biliare. LITIASI BILIARE COLEDOCICA Nel 10-15% dei pz con litiasi biliare della colecisti si osserva il passaggio di un calcolo nel coledoco; l’incidenza aumenta con l’età e nel pz anziano fino a punte del 25%. Anch’essa può essere asintomatica per anni, i calcoli possono passare spontaneamente in duodeno ma più spesso la sintomatologia esordisce con colica e complicanze. Sintomatologia L’ostruzione graduale può portare inizialmente alla comparsa di ittero ingravescente e prurito: in genere però la mancanza del dolore è più caratteristica delle forme ostruttive neoplastiche. La colangite acuta è propriamente tipica della litiasi coledocica e si manifesta con dolore, febbre con brivido e ittero (triade di Charcot). Nel 75% delle bilicolture sono presenti batteri e le emocolture sono spesso positive. La leucocitosi neutrofila è tipica con il consensuale aumento degli enzimi di colestasi, citolisi e bilirubina. Le forme non suppurative rispondono bene al trattamento con antibiotici mentre per le forme suppurative, che si presentano con sintomi di estrema gravità (batteriemia, confusione mentale fino allo shock settico) occorre effettuare rapidamente la bonifica della via biliare per evitare che si formino Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ascessi epatici multipli, nel qual caso la mortalità è molto elevata. La principale complicanza è rappresentata dalla pancreatite acuta biliare. DIAGNOSI Colecistite acuta - sunto: Dolore perdurante oltre le 3 - 4 ore Febbricola (37.2 - 38.3) Vomito - Obiettività Massa all’ipocondrio di destra Resistenza alla palpazione Murphy positivo Nel pz anziano dolore e febbre possono essere assenti e la resistenza all’ipocondrio di dx può segnare l’esordio Ittero nel 15%, anche senza calcoli nel coledoco ed ostruzione. - Evoluzione 15. Idrope 16. Empiema 17. Perforazione Fistole Ileo biliare Ostruzione coledocica - pancreatite acuta biliare: Dolore a cintura Subittero o ittero Accoccolamento Resistenza della parete Blumberg da + a +++ Biochimica epatica Vi possono essere alterazioni di: Transaminasi γGT si osserva spt in caso di coinvolgimento anche della via biliare principale Fosfatasi alcalina emocromo con piastrine ↑ indici di flogosi (VES, PCR) in caso di colecistite o colangite acuta Leucocitosi neutrofila amilasi in caso di coinvolgimento pancreatico lipasi bilirubina Ecografia Permette, con un’altissima sensibilità e specificità, con bassi costi, sicurezza e ripetibilità, di visualizzare calcoli anche di pochi mm all’interno della colecisti. I limiti dell’indagine sono in rapporto alla presenza di abbondante meteorismo addominale, obesità e al mancato digiuno (colecisti contratta). Immagini iperecogene nella via biliare principale indica una litiasi coledocica; l’eco è infatti l’indagine di I livello in questi casi anche se la Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 sensibilità è inferiore rispetto a quella per la diagnosi di litiasi colecistica. In presenza di sintomi e eco negativa o in presenza di via biliare aumentata di calibro → colangioRMN TC Trova una sua utilità nella valutazione del contenuto di calcio del calcolo stesso ai fini di un possibile trattamento di dissoluzione con acidi biliari. RMN Permette di identificare e ricostruire al computer le vie biliari e dunque rappresenta uno strumento non invasivo per la diagnosi delle malattie delle vie biliari. I limiti dell’indagine sono legati alle dimensioni del calcolo. Ecoendocoscopia Permette di visualizzare la via biliare nel suo tratto retro duodenale e permette la diagnosi di inclusi nella via biliare principale con sensibilità e specificità proprie dell’ecografia. ERCP Rappresenta il gold standard per la terapia della litiasi coledocica Conferma la diagnosi di litiasi biliare e permette di effettuare la papillo sfinterotomia endoscopica e la bonifica della via biliare con estrazione di calcoli. In presenza di infezione della via biliare principale durante l’indagine è possibile posizionare un sondino naso biliare che permette il drenaggio della via biliare. TERAPIA Trattamento chirurgico La colecistectomia (CL) per via laparoscopica è la procedura di I scelta perché assicura il 92% di probabilità di risoluzione dei sintomi e il rischio più basso di ricorrenza. I vantaggi sono rappresentati da degenza breve, costi minori, mortalità trascurabile, minor dolor post-chirurgico, minori conseguenze estetiche. Controindicazioni alla CL sono rappresentate da calcolosi complicata, età avanzata, comorbidità importanti, cirrosi epatica, obesità, gravidanza precedenti interventi chirurgici addominali. I pz con lesioni a carico della via biliare principale presentano importante morbilità e mortalità perioperatoria (3%). La disseminazione intraperitoneale dei calcoli (dal 7 al 17%) è legata all’esperienza del chirurgo ma anche alla flogosi della parete colecistica e può dare complicazioni che vanno dall’ascesso intra-addominale, intercutaneo o sub frenico all’occlusione intestinale che mima un’appendicite acuta. I calcoli pigmentati si associano più facilmente a complicanze settiche. Trattamento non chirurgico La terapia medica di dissoluzione con acidi biliari (CDCA o UDCA) ha indicazioni molto limitate; è teoricamente riservata a pz sintomatici, con calcoli di colesterolo, eventualmente fluttuanti, della colecisti di dimensioni Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 inferiori a 10 mm, mentre la dissoluzione dei calcoli avviene in circa il 6070% dopo 12 mesi. Lo svantaggio maggiore è l’alta percentuale di ricorrenza. Pazienti con calcoli radio-opachi o di pigmento non hanno chance di dissoluzione con la terapia con acidi biliari. La terapia medica va riservata ai pz sintomatici che presentano controindicazioni alla CL; il meccanismo d’azione con cui il colesterolo viene solubilizzato è attraverso la formazione di cristalli liquidi (il dosaggio dell’UDCA consigliato è di 10-12 mg/kg). La litotrissia con onde d’urto è stata ormai abbandonata. Sunto - Litiasi silente: Expectant management (svantaggiosa x il pz che ha diarrea x ac. Biliari che vengono tutti immessi nell'intestino perchè nn c'è colecisti) - Litiasi sintomatica: calcoli di colesterolo < 1 cm: ursodesossicolico (10 - 15 mg/kg/day) calcoli radiopachi, > a 1 cm, fallimento tx medica, complicanze: colecistectomia laparoscopica Litotrissia extracorporea ad onde shock + UDCA (10 - 15 mg/kg/day) colecisti normofunzionante, calcolo singolo < 2 cm. Se esiste una necessità di togliere la via biliare principale è necessario fare una epatico-digiunostomia oppure una intraepatico-dotto-digiunostomia. ALTRE PATOLOGIE DELLA COLECISTI Colecisti a porcellana Si ha quando vi è una deposizione di calcio nella parete colecistica nell’ambito di una colecistite cronica diagnosticabile, oltre che con l’ecografia, con la semplice RX dell’addome Alcuni studi hanno evidenziato una più alta frequenza di sviluppo di K della colecisti e dunque può essere indicata la colecistectomia radicale. Colesterosi della colecisti E’ la conseguenza dell’accumulo di lipidi (esteri del colesterolo) nella sottomucosa della parete colecistica in forma diffusa (colecisti a fragola) e localizzata (polipi di colesterolo). Spesso si associa alla litiasi biliare colesterolica. Adenomiomatosi della colecisti E’ il risultato della proliferazione dell’epitelio della colecisti con formazione di strutture simil-ghiandolari che possono essere localizzate nel fondo, nel cistico. Colecistopatia alitiasica E’ caratterizzata da: assenza di calcoli nella colecisti ma ricorrenti episodi di dolore biliare anormalità colescintigrafiche dopo infusione di CCK insorgenza della sintomatologia dopo infusione di CCK anormalità dei test di funzione epatica in relazione agli episodi dolorosi aumento di volume della colecisti Disfunzioni dell’Oddi si accompagnano a sintomi clinici simili a quelli Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 descritti; l’entità clinica sarebbe correlabile a disfunzioni motorie della colecisti e l’ablazione chirurgia porterebbe alla scomparsa dei sintomi. Colecistite acuta alitiasica La sintomatologia è indistinguibile da quella litiasica Fattori precipitanti sono vasculite, diabete, torsione della colecisti, adenok ostruente il cistico, infezioni batteriche e parassitarie oltre a malattie sistemiche quali sarcoidosi, malattie cardiovascolari, sifilide, TBC. Il rischio è stato descritto anche in soggetti che avevano subito gravi traumi, ustioni, o in donne post-partum con travaglio particolarmente estenuante o dopo interventi chirurgici maggiori non a carico delle vie biliari. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Le malattie delle vie biliari SINDROME E MALATTIA DI ALAGILLE DEFINIZIONE La sindrome indica una condizione multisistemica, a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da marcata riduzione dei dotti biliari interlobulari e da anomalie di gravità variabile a livello di diversi organi. La malattia presenta lo stesso quadro epatico ma manca delle manifestazioni sistemiche. EZIOLOGIA e PATOGENESI E’ causata da un difetto molecolare del gene Jagged 1, che codifica per una proteina transmembrana che attiva Notch, il quale ha un ruolo determinante nella differenziazione cellulare durante l’embriogenesi. CLINICA E’ caratterizzata da cinque manifestazioni cliniche maggiori (ne bastano tre per la diagnosi): Colestasi cronica con paucità dei dotti biliari interlobulari Anomalie cardiache come tetralogia di Fallot, PDA, DIV, stenosi dell’arteria polmonare Facies tipica con fronte prominente, mento piccolo e appuntito Anomali scheletriche più spesso vertebre a farfalla Embryotoxon posteriore Le manifestazioni cliniche minori comprendono anomalie renali (acidosi renale tubulare, mesangiolipidosi), ritardo di crescita e pubertà, ritardo mentale lieve, insufficienza pancreatica e anomalie del sistema cerebrovascolare. In una minoranza dei pz l’epatopatia colestatica mostra sin dall’esordio carattere progressivo, con prurito severo, xantomi, malnutrizione, deficit di crescita con necessità di trapianto di fegato intorno ai 4-5 anni. La Malattia è più severa della sindrome. DIAGNOSI La diagnosi è basata sulle manifestazioni cliniche, sulla familiarità e sull’analisi molecolare di Jagged1 Per quanto riguarda la prognosi la sopravvivenza dopo 20 anni è del 75%, con fattori prognostici negativi rappresentati dalla presenza di grave cardiopatia, colestasi severa e persistente. TERAPIA L’unico trattamento possibile è quello teso a contrastare gli effetti della colestasi cronica. Il trapianto di fegato è indicato nei pz con epatopatia terminale. ATRESIA DELLE VIE BILIARI DEFINIZIONE E’ una grave malattia colestatica che ha un’incidenza di 1:8000-1:14.000 nati vivi. EZIOLOGIA e PATOGENESI E’ una patologia multifattoriale in cui sono coinvolti difetti della morfogenesi dell’albero biliare, difetti circolatori e esposizione a agenti tossici o infettivi. E’ caratterizzata da completa occlusione di tratti più o meno estesi delle vie biliari extraepatiche e/o intraepatiche ad opera di un processo necroinfiammatorio. In 1/3 dei casi si presenta in forma feto-embrionale, con frequente associazione con altre malformazioni e assenza di residui dei dotti biliari nel Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 legamento epato-duodenale. Nei 2/3 dei casi si presenta in forma perinatale senza altre malformazioni associate e con presenza di residui dei dotti biliari. Si distinguono tre tipi a seconda dell’estensione: Tipo I: solo coledoco → forma correggibile Tipo II: dotto epatico comune Tipo III: dotti epatici dx e sx con frequente atresia delle vie biliari extraepatiche → non correggibile CLINICA Sindrome colestatica a esordio precoce con feci acoliche per più di 10 gg, marcata elevazione della γGT e epatomegalia con fegato duro. Ogni neonato con ittero che si protrae oltre il decimo giorno, specie se associato alla presenza di feci ipo/acoliche, deve essere valutato per atresia delle vie biliari. DIAGNOSI È clinica e la conferma si basa su ecografia e biopsia epatica. L’ecografia mostra la presenza di triangular cord (iperecogenicità triangolare alla biforcazione della v.porta). La biopsia mostra proliferazione duttulare, fibrosi portale e trombi biliari nei dotti e nel parenchima. TERAPIA L’AVB non operata è una malattia fatale entro i due anni di vita per insufficienza epatica e emorragie del tratto digestivo, con mediana di sopravvivenza di 8 mesi. L’epato-porto-enterostomia rappresenta il trattamento di scelta che va eseguito entro i primi 45 gg di vita; se questo fallisce si ricorre al trapianto. MALATTIA E SINDROME DI CAROLI DEFINIZIONE e CARATTERI GENERALI E’ una malattia congenita, autosomica recessiva, più frequente nelle F, caratterizzata da dilatazioni sacciformi dei dotti intraepatici, che può essere distrettuale o interessare l’intero fegato, e si associa a malattia policistica del rene. La Malattia è caratterizzata da ectasia duttale, causata dall’anomalo rimodellamento della placca duttale a livello dei dotti biliari intraepatici più grandi. La Sindrome è il risultato dell’anomala differenzazione di tutti i dotti e si associa a fibrosi epatica congenita. CLINICA Colangiti ricorrenti che iniziano in età pediatrica o giovane adulta. Nei pz con Sindrome l’interessamento totale del fegato e l’associazione con la fibrosi congenita comportano la comparsa di ipertensione portale. DIAGNOSI L’eco e la TC possono mostrare l’aspetto tipico dei vasi portali parzialmente o completamente circondati da dotti biliari dilatati e iperecogeni. TERAPIA Se la malattia è localizzata a un lobo o a un segmento può essere indicata la resezione chirurgica. Il trapianto di fegato è indicato nei casi di colangite ricorrente o cronica non responsivi al trattamento antibiotico o nella fase terminale della cirrosi. FIBROSI EPATICA CONGENITA CARATTERI GENERALI Comprende un gruppo di malattie causate dalla malformazione della placca duttale dei dotti interlobulari che subiscono una progressiva distruzione a cui fa seguito fibrosi. Si può associare con malattie cistiche del nefrone o dei dotti collettori, con la Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ADPKP o ARPKD, con aneurismi cerebrali e anche diverticolosi del colon. La patologia sembra essere causata da un difetto di composizione e funzione di alcune glicoproteine. CLINICA Nei casi sintomatici si caratterizza per colangiti ricorrenti o con la comparsa di ipertensione portale. Nei casi associati a malattia cistica renale il quadro può essere dominato dalle infezioni delle vie urinarie, dall’ipertensione arteriosa o da mancata crescita. Nei casi associati a rene policistico danno renale e epatico precedono in senso opposto (più è grave l’uno meno è grave l’altro). La malattia può anche essere silente o costituire un reperto autoptico occasionale DIAGNOSI L’ecografia mostra aumento disomogeneo dell’ecogenicità e la valutazione dei vasi Doppler dei vasi portali evidenzia i segni di ipertensione portale. La biopsia evidenzia un quadro di fibrosi periportale senza alterazioni dell’architettura lobulare ma con malformazioni della placca duttale. TERAPIA La terapia consiste nel trattamento antibiotico delle colangiti ricorrenti, delle complicanze dell’ipertensione portale e nel trapianto di fegato e/o rene in presenza di malattia terminale. MALATTIA POLICISTICA CARATTERI GENERALI La ADPKD è una delle patologie ereditarie più frequenti al mondo colpendo da 1/1000 a 1/500 nati vivi; è una malattia sistemica le cui manifestazioni cliniche sono legate alla presenza di cisti renali e epatiche, aneurismi aortici e cerebrali, diverticolosi del colon, anomalie valvolari e cisti pancreatiche. La malattia è spesso asintomatica per le complicanze causate dall’ingrandimento o infezioni delle cisti. Il trattamento prevede l’aspirazione del fluido cistico e la sceloterapia, la fenestrazione delle cisti, la resezione epatica e il trapianto di fegato. La ARPKD è molto meno frequente della forma dominante (1/20.000 a 1/40.000). E’ caratterizzata da malattia cistica renale, fibrosi epatica congenita, disgenesia biliare con dotti biliari aberranti e/o cisti epatiche. Vi è una terza forma, molto rara, determina da mutazioni nella epatocistina che causa la malattia policistica del fegato isolata senza interessamento del rene e altri organi. DIAGNOSI La diagnosi deriva dal riscontro eco di cisti epatiche in pz con: Età <30 aa: almeno 2 cisti in 1 rene o 1 cisti in ogni rene Età 30-59 aa: almeno 2 cisti in ogni rene Età >60 aa: almeno 4 cisti in ogni rene COLESTASI ASSOCIATA A FIBROSI CISTICA CARATTERI GENERALI La malattia è autosomica recessiva ed è dovuta a un difetto del CFTR, un trasportatore del cloro AMPc-dipendente; il deficit di secrezione del Cl- porta alla produzione di secrezioni mucose ispessite e viscose. La FC interessa pancreas, apparato respiratorio, intestino, fegato, ghiandole sudoripare e apparato genitale con presentazione clinica eterogenea. Nel fegato il CFTR è presente solo nei colangiociti e il difetto secretorio Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 conseguente porta a ostruzione dei dotti con fibrosi e infiltrato infiammatorio a distribuzione focale e con quadro di cirrosi biliare focale. La colestasi è quindi causata dall’ostruzione dei dotti biliari extraepatici da parte di un secreto duttale iperviscoso. La malattia epatica in corso di Fc è presente nel 25-30% di pz, in genere è asintomatica o può manifestarsi in età scolare o nell’adolescenza con epatomegalia e alterazioni, modeste, dei test epatici; nel 10% dei casi si può avere progressione verso la cirrosi biliare con ipertensione portale. La malattia epatica è la seconda causa di morte dopo la BPCO. Tutti pz con FC devono essere sottoposti a esami clinici e biochimici ripetuti; in presenza di epatomegalia e/o alterazioni dei test epatici deve essere eseguito un esame eco, che può documentare un quadro di steatosi o ipertensione portale. L’epatopatia da FC è comunemente trattata con UDCA (20 mg/kg/die) con miglioramento dei test epatici, istologia e deficit nutrizionali. Il trapianto di fegato è indicato nei pz con malattia terminale. CIRROSI BILIARE PRIMITIVA DEFINIZIONE E’ una malattia colestatica cronica del fegato che colpisce le donne di mezz’età di tutte le razze e che rappresenta lo 0,5-2,0% delle cause di cirrosi. E’ causata dalla distruzione progressiva dei dotti biliari interlobulari da parte di un infiltrato infiammatorio che porta allo sostituzione fibrosa dello stesso. E’ una patologia autoimmune ma l’eziopatogenesi è sconosciuta; sembra originare dall’interazione tra fattori genetici e ambientali. EZIOLOGIA Tra i fattori ambientali sono stati presi in considerazione batteri (E.coli, M. Tubercolosis)o virus (MMTV, HTLV1) che hanno epitopi in comune con gli Ag del complesso piruvato deidrogenasi o farmaci e agenti chimici (idrocarburi e detergenti) che coniugati all’albumina sono in grado di generare alti titoli di AMA (molecular mimicry). PATOGENESI La distruzione dell’epitelio biliare e il progressivo danno epatico che ne consegue e che porta alla cirrosi è certamente causata da una risposta immune di tipo cellulo-mediato. L’infiltrato cellulare nella CBP è rappresentato da linfociti T CD4+ e CD8+ attivati. MORFOLOGIA Quattro stadi istologici caratterizzano il decorso della CBP con progressione nel tempo (da 10 a 30 anni) dallo stadio I allo stadio IV di franca cirrosi: Stadio I (stadio portale): l’infiammazione rimane confinata negli spazi portali e spesso e possibile osservare granulomi, che infiltrano i dotti interlobulari, formati da linfociti, istiociti, plasmacellule e cellule giganti Stadio II (peri-portale): l’infiltrato si estende dalla triade portale nel parenchima periportale, i dotti biliari interlobulari scompaiono e si vedono dotti biliari tortuosi senza lume (proliferazione atipica) che oltrepassano la triade portale Stadio III (fibrosi): predomina la fibrosi che progredisce al punto che i setti fibrosi congiungono le triadi portali adiacenti. Stadio IV (cirrosi) è caratterizzato da franca cirrosi Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA Il 50-60% dei pz è asintomatico e la malattia viene diagnosticata mediante AMA positivo o alterato AFP. Le manifestazioni cliniche si hanno di solito tra i 35 e i 60 anni; l’astenia profusa e il prurito sono sintomi comuni e appaiono in genere come primo sintomo della malattia. Il prurito è peggiore di notte ed è associato a pelle secca. Può essere presente anche splenomegalia, che diviene più comune quando la malattia progredisce. Gli xantomi e l’ittero sono manifestazioni tardive. Nei pz con ittero che hanno malattia avanzata di lunga durata si può avere steatorrea ma la sua presenza unita ad altri segni di malassorbimento, specialmente nei primi stadi, potrebbe far pensare alla malattia celiaca, che è una condizione frequentemente associata, così come la sd sicca (gh. salivari e lacrimali). L’associazione con la sclerodermia, l’artropatia psoriasica e con la sd CREST (calcinosi cutanea, fenomeno di Raynaud, dismotilità esofagea, sclerodattilia, telangectasia) è ben nota. Altre malattie autoimmuni associate sono le tiroiditi (Hashimoto) e le GN. L’aumento della AFP nel siero è patognomonico della malattia (è più specifico ma meno sensibile dell’aumento della γGT). Le transaminasi possono essere normali o modestamente aumentate. I livelli sierici di bilirubina sono di solito normali durante le prime fasi della malattia ma diventano elevati quando la malattia progredisce e in tal caso hanno importante valore prognostico. L’iperγglobulinemia è molto frequente (soprattutto IgM). I livelli di colesterolo sono elevati almeno nella metà dei pz (però ciò non comporta rischio cardiovascolare). Vi sono poi anche elevati livelli di cerulo plasmina e acidi biliari. L’AMA positività è presente nel 95% dei pz con CBP, precede l’aumento dei markers di colestasi e persiste in tutti gli stadi anche dopo il trapianto. Gli AMA sono Ab diretti contro la componente E2 del complesso piruvato deidrogenasi mitocondriale di tutte le cellule, ma solo i colangiociti sono danneggiati; ciò sarebbe dovuto al rimaneggiamento che E2 subisce nei colangiociti durante il danno apoptotico o dalle modificazioni che E2 subisce solo nei colangiociti a causa di un agente esterno (infettivo o tossico). DIAGNOSI - AMA positività - test epatici alterati (AFP, γGT, bilirubina, ALT) - istologia epatica tipica (colangite cronica distruttiva non suppurativa dei dotti interlobulari). TERAPIA La terapia si basa sull’acido urodesossicolico (UDCA) che determina miglioramento dei test di laboratorio e del quadro istologico così come una diminuzione della necessità del trapianto e riduzione della mortalità. L’UDCA deve essere somministrato alla dose di 15 mg/kg divisi in tre somministrazioni giornaliere dopo i pasti; nei pz che lo assumono fin dagli stadi iniziali la sopravvivenza è uguale a quella della popolazione generale. L’UDCA è un acido biliare con ridotte proprietà epatolesive rispetto agli acidi biliari endogeni con i quali compete per l’assorbimento nell’ ileo terminale; durante il trattamento terapeutico diviene l’acido biliare prevalente costituendo il 40-50% del pool totale degli acidi biliari. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 L’UDCA promuove la secrezione endogena degli acidi biliari e riduce il potenziale citotossico degli acidi biliari endogeni - alterando e riducendo la produzione di citochine endogene - proteggendo le membrane cellulari dalla rottura - riducendo l’espressione di antigeni HLA aberranti La colestiramina risolve il prurito in molti pz mentre gli antistaminici sono utili solo negli stadi iniziali; nei pz che non rispondono alla terapia possono essere utilizzati rifampicina o naloxone (antagonista oppiodi). Il solo trattamento risolutivo è il trapianto di fegato. La sopravvivenza a 1 anno è maggiore del 90%. La ricorrenza di CBP è descritta nel 15% dei pz a 3 anni e nel 30% a 10 anni dopo il trapianto. PROGNOSI L’evoluzione della CBP è eterogenea e molto lenta, con un tempo stimato di evoluzione in cirrosi di 20-25 anni se si parte dalla stadio I-II fino ai 4 anni se si parte dallo stadio III. La sopravvivenza dei pz asintomatici varia tra i 10 e i 16 anni. La sopravvivenza dei pz sintomatici è di circa 7 anni con prognosi peggiore nei pz con malattie autoimmuni associate. COLANGITE AUTOIMMUNE GENERALITA' Sono i pz con quadro istologico di CBP ma con AMA negatività e ANA e SMA (Ab vs muscolo liscio) positività; decorso clinico, istologia e risp al trattamento sono però simili alla CBP classica. COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA DEFINIZIONE E’ una malattia colestasica cronica associata, nel 50-70% dei casi, a malattie infiammatorie croniche intestinali, soprattutto la RCU (mentre il 3-8% dei pz con RCU ha CSP). La malattia ha una prevalenza tra 1-6 casi/100.000 abitanti (M:F 2:1) ed è caratterizzata dall’interessamento dei dotti biliari intra e/o extraepatici con lesioni infiammatorie fibro-obliterative. EZIOLOGIA La CSP è ritenuta una malattia autoimmune a eziologia multifattoriale e multi genica. La predisposizione genetica è suggerita dalla frequente associazione con aplotipi HLA e dal polimorfismo di TNF2. PATOGENESI Nel danno dei dotti biliari sono coinvolti meccanismi immunitari sia di tipo umorale sia cellulare; i p-ANCA sono stati ritrovati nel 25-85% dei pz con CSP, dove possono rinvenirsi anche Ab anticardiolipina, antinucleo e antimuscolo liscio. L’epitelio biliare dei pz affetti da CSP overesprime gli Ag HLA II e ciò supporterebbe l’ipotesi che la presentazione di Ag alle cellule T possa essere il meccanismo di danno. L’evento iniziale sembra dunque la presentazione da parte della cellula biliare di un Ag di origine batterica conseguente alla patologica traslocazione dal colon in soggetti immunogeneticamente predisposti; i linfociti T di memoria, generati nel colon dall’infiammazione, infiltrano le cellule biliari, proliferano e secernono citochine e chemochine con coinvolgimento anche dei linfociti B e produzione di autoAb contro le cellule biliari. Fibroblasti e cellule stellate reclutati dall’infiammazione sarebbero i Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 responsabili della fibrosi concentrica al dotto biliare interessato; i mediatori dell’infiammazione e la fibrosi periduttale generano danno ischemico, colestasi e atrofia del dotto fino alla scomparsa dei dotti biliari e alla cirrosi biliare. MORFOLOGIA Possono essere considerati quattro stadi istologici: 52. Stadio I: danno dei colangiociti e infiltrazione linfocitaria dei dotti; l’infiammazione, la fibrosi, l’edema portale e la proliferazione atipica sono confinati alle triadi portali. La formazione di lesioni a buccia di cipolla, caratterizzate da strati concentrici di t. connettivo che circondano i dotti biliari, è una caratteristica tipica e diagnostica 53. Stadio II: lesioni più diffuse con fibrosi e infiammazione del parenchima periportale 54. Stadio III: setti fibrosi porto-portale, duttopenia severa con colestasi intralobulare 55. Stadio IV: franca cirrosi CLINICA Il decorso della malattia è eterogeneo e variabile; circa il 40% dei pz è asintomatico e la diagnosi viene posta sulla base dei test epatici alterati (AFP e/o γGT): alcuni pz però possono avere già una malattia avanzata. Circa il 20% dei pz riferisce i sintomi della colangite (febbre con brividi, dolore addominale o ittero) alla diagnosi; gli episodi ricorrenti di colangite possono durare gg o settimane, si risolvono spontaneamente o con trattamento antibiotico o dilatazione endoscopica e successivamente vi può essere un periodo asintomatico. Quando aumentano i livelli di bilirubina e quelli di albumina diminuiscono o quando si sviluppano sintomi persistenti come prurito, stanchezza, ittero e perdita di peso i pz sono in fase avanzata. DIAGNOSI Il primo sospetto di malattia deriva quindi dall’evidenza di alterazioni dei markers di colestasi o da ricorrenti episodi di colangiti in assenza di ostruzioni dell’albero biliare o da entrambe le manifestazioni cliniche in pz con malattie infiammatorie croniche intestinali. La CSP progredisce fatalmente verso la cirrosi e l’insufficienza epatica. I test di laboratorio evidenziano un profilo colestatico con livelli sierici di AFP elevati e in genere un lieve incremento di transaminasi, mentre l’albumina è in genere normale all’inizio e può essere poi diminuita nei pz con malattia infiammatoria cronica intestinale attiva, il che riflette la severità di tale malattia. I valori di bilirubina aumentano progressivamente negli stadi avanzati. Il 40-50% dei pz presenta iperγglobulinemia con incremento dei livelli di IgM. Importante è la presenza di p-ANCA, e nel 10-20% dei pz di ANA e SMA Il primo sospetto clinico è in genere basato su segni biochimici o clinici di colestasi in presenza di RCU mentre l’ecografia mostra vie biliari non dilatate; a questo punto si procede con la colangio-RMN che in genere determina la diagnosi definitiva; solo nei casi dubbi si ricorre all’ERCP. Le caratteristiche colangiografiche sono dilatazioni e restringimenti multifocali che coinvolgono l’albero biliare sia intraepatico che extraepatico. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TERAPIA Non vi è alcun trattamento farmacologico dimostratosi efficace nella CSP; può essere utilizzato UDCA in combinazione con la dilatazione endoscopica delle stenosi dominanti. Le indicazioni al trapianto sono simili a quelle per la cirrosi epatica; tuttavia data l’eccellente sopravvivenza dei pz trapiantati con CSP molti medici consigliano il trapianto dei pz con deterioramento della qualità di vita (fatica intrattabile o prurito) anche in assenza di evidenza istologica di cirrosi, anche come prevenzione dall’insorgenza di colangiocarcinoma. La malattia ha lenta progressione (almeno una decade) dalla fase asintomatica alla colestasi conclamata e a franca cirrosi; la sopravvivenza media (in assenza di trapianto) è 12 anni dalla diagnosi. Non è stato però ancora definito come eseguire screening e follow-up per il colangicarcinoma. DUTTOPENIA DA RIGETTO CRONICO CARATTERI GENERALI E’ una grave forma di colestasi caratterizzata istologicamente dalla progressiva distruzione dei dotti biliari interlobulari e settali e da arteriopatia obliterativa “a cellule schiumose” che provoca l’obliterazione dei rami dell’arteria epatica. Si manifesta entro il primo anno dal trapianto, preceduta spesso da episodi di rigetto acuto. E’ caratterizzata da un inesorabile progressivo aumento di AFP, γGT e bilirubina. La diagnosi necessita di una o più biopsie epatiche che mostrino assenza di dotti biliari in almeno il 50% degli spazi portali. Spesso la diagnosi è posta solo al momento del re trapianto o autopsia poiché le arterie con la caratteristica arteriopatia obliterativa “a cellule schiumose” sono raramente comprese nei campioni bioptici. La probabilità di successo terapeutico dipende dalla precocità della diagnosi istologica, essendo maggiore quando meno del 50% dei dotti sono andati distrutti. Il tacrolimus ha portato a ottimi miglioramenti con il salvataggio dell’86% dei pz con rigetto cronico e livelli di bilirubina inferiori a 10 mg/dl. Il trattamento deve sempre iniziare prima che la perdita diventi irreversibile. GRAFT-VERSUS-HOST DISEASE GENERALITA' E’ una complicanza maggiore del trapianto del midollo osseo. Nella forma acuta la colestasi può manifestarsi con alterazioni dei parametri biochimici o ittero franco; la biopsia evidenza la distruzione dei dotti biliari interlobulari con atipie cellulari e associazione con endotelite La diagnosi si basa su dati di laboratorio e su parametri clinici caratterizzati da manifestazioni cutanee, oculari gastrointestinali e dei tessuti connetivi in forma di LES. La forma cronica si verifica dopo 100 gg dal trapianto con marcata elevazione di AFP e bilirubina. La biopsia mostra infiltrazione dei dotti biliari ad opera dei linfociti e eosinofili, scomparsa dei dotti biliari interlobulari, marcata colestasi, fibrosi Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 portale e necrosi della lamina limitante. Il trapianto di fegato deve essere preso in considerazione per i casi terminali. COLESTASI DUTTULARE DA FARMACI GENERALITA' Alla base della colestasi duttulare sembra esservi un difetto genetico del trasporto epatico e/o della metabolizzazione del farmaco; l’innesco di un meccanismo immuno-mediato potrebbe essere consequenziale e determinare l’evoluzione del danno. Il quadro clinico e bioumorale è quello della colestasi, la quale in genere si risolve lentamente dopo sospensione del farmaco, anche se vi sono sempre più frequenti casi di evoluzione verso una cirrosi biliare nonostante la sospensione del farmaco. I casi a evoluzione cronica si possono manifestare: - forma maggiore: persistenza di ittero, prurito, xantomi, xantelasmi e valori di γGT e AFP elevati. - forma minore: rimangono persistentemente elevati γGT e AFP, prurito e ittero scompaiono La misura terapeutica più importante è la sospensione del farmaco; il pz deve poi essere seguito attentamente monitorando il quadro clinico e bioumorale per il rischio di evoluzione cronoìica spontanea. Il trattamento con corticosteroidi per brevi periodi determina un miglioramento degli indici di colestasi mentre il trattamento prolungato con UDCA è efficace solo nelle forme da clorpormazina. COLANGITI INFETTIVE CARATTERI GENERALI La colangite si manifesta clinicamente con dolore all’ipocondrio dx, febbre con brividi e ittero (triade di Charcot), ↑ della VES, leucocitosi, ↑ γGT e AFP e/o transaminasi. Nelle forme severe vi può essere coinvolgimento sistemico con sepsi e emocolture postive, torpore mentale, ipotensione e altralgie. Colangiti infettive batteriche Si sviluppano in genere come complicanza di patologie delle vie biliari che determinano ostruzione al flusso della bile o reflusso del contenuto duodenale attraverso la papilla; rappresenta una complicanze di pz con calcolosi intraepatica o della via biliare principale, con malformazioni, stenosi infiammatorie o neoplastiche delle vie biliari. I batteri più frequentemente implicati sono aerobi come E.coli, Klebsiella, Pseudomonas, Proteus e anaerobi come C. difficile e Bacterodies fragilis. La terapia è antibiotica e la risoluzione dell’ostruzione è fondamentale per evitare le ricorrenze o resistenza alla terapia. Colangiti infettive virali I dotti biliari intraepatici sono coinvolti nell’infezione da HCV nel 30% dei casi; in genere i pz sono asintomatici e non si ha duttopenia però sono stati riscontrati casi con quadro clinico e bioumorale di colestasi (prurito e ↑ γGT e AFP) con quadro istologico in cui il danno dei dotti biliari è evidente. Il CMV è patogeno per i pz immunocompromessi o trapiantati. Colangiti parassitarie Trematodi, echinococco, Ascaris lumbricoides sono patogeni per le vie biliari Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 intra e extraeptiche dove causano colangite cronica fibrosante; apprestano la causa più frequente di colangiopatia nei pz con AIDS. In tali pz il parassita più spesso implicato è il Criptosporidio. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI DELLE VIE BILIARI COLANGIOCARCINOMA DEFINIZIONE E’ la neoplasia maligna che origina dai colangiociti; può insorgere lungo tutto l’albero biliare e si distinguono due forme: quella intraepatica e quella extraepatica. E’ un tumore poco frequente, con un incidenza di 1-7,3 casi/100.000 abitanti. L’età media di insorgenza è circa 65 anni con un rapporto M:F di 1,3:1. EZIOLOGIA Fattore eziopatologico principale è la stasi biliare: tuttavia anche altri fattori possono essere messi in relazione con il suo sviluppo (calcolosi biliare, colangite sclerosante primitiva, RCU ..) PATOGENESI Il colangiocarcinoma cresce in condizioni che inducono un’infiammazione cronica dell’albero biliare con conseguente alterazione del microambiente fisiologico. Tra le condizioni predisponenti vi sono la colangite sclerosante primitiva (840% dei casi), infestazione da Clonorchis sinensis (Asia) e la malattia fibropolicistica del fegato (Sd di Caroli, fibrosi epatica congenita e cisti coledociche). Inoltre sono stati identificate diverse citochine che sembrano in grado di favorire i processi molecolari che portano allo sviluppo del tumore quali: proliferazione incontrollata resistenza alla morte programmata per apoptosi sfuggire ai meccanismi che governano la “senescenza cellulare” invasività, angiogenesi e la capacità di dare metastasi MORFOLOGIA L’aspetto istologico più frequente è rappresentato dall’adenocarcinoma (95%) a cui corrispondono diversi quadri macroscopici: nodulare, papillare e diffuso. Le forme nodulari e diffuse, per l’abbondante stroma fibroso, hanno tendenza stenosante e sono più frequenti nella regione ilare mentre l’aspetto papillare prevale nelle neoplasie distali (ha comportamento meno invasivo e presenta prognosi migliore). Tali neoplasie tendono a diffondersi per estensione locale lungo i dotti biliari, ma metastasi linfonodali e agli organi limitrofi sono presenti in circa la metà dei casi. Inusuale è l’invasione vascolare e la diffusione a organi extra-addominali. Vengono definiti tumori di Klatskin i colangiocarcinomi, generalmente sclerosanti con crescita lenta e insidiosa, che coinvolgono la convergenza ilare dei dotti biliari. Da un punto di vista morfologico le stenosi ilari vengono divise in 4 tipi secondo la classificazione di Bismut tipo I: tumore non coinvolge la confluenza biliare primaria tipo II: tumore invade la confluenza primaria separando i due Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 emisistemi biliari di dx e sx tipo III: tumore coinvolge la confluenza biliare secondaria dx (IIIa) o sx (IIIb) tipo IV: tumore coinvolge entrambe le confluenza biliari secondarie CLINICA La maggior parte dei tumori ha crescita lenta e insidiosa: le manifestazioni cliniche sono in genere tardive e sono rappresentate da ittero ingravescente, prurito, dolore ai quadranti addominali superiori, febbre, perdita di peso, nausea e vomito. Nel caso di colangiocarcinoma distale, quando la stenosi è posta a valle dello sbocco del cistico, la colecisti si dilata e diviene palpabile (segno di Courvoiser-Terrier). STADIAZIONE Tx: la presenza del tumore non può essere accertata T0: non evidenza di tumore Tis: carcinoma in situ T1: tumore della mucosa che invade il t. connettivo sub epiteliale mucoso (a) o muscolare (b) del dotto T2: tumore invade il connettivo perimuscolare T3: tumore invade gli organi adiacenti (fegato, stomaco, colon) NX: la presenza di metastasi linfonodali non può essere accertata N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1: metastasi ai linfonodi pericefalopancreatici e ilari N2: metastasi ai linfonodi peripancreatici, periduodenali, periportali celiaci, mesenterici superiori MX: la presenza di metastasi non può essere accertata M0: assenza di metastasi a distanza M1: metastasi a distanza DIAGNOSI Anamnesi Esame obiettivo Esami di laboratorio: si ha iperbilirubinemia, prevalentemente diretta, con aumento dell’AFP e della γGT che possono raggiungere livelli molto elevati con andamento rapidamente ingravescente. L’aumento degli indici di colestasi senza ittero riflette l’ostruzione parziale della via biliare principale o il coinvolgimento di un solo dotto biliare. In genere si associa aumento delle transaminasi, anemia, tardivamente riduzione del PT e ipoalbuminemia. Esami strumentali: L’ecografia rappresenta il più importante test diagnostico per la valutazione iniziale del pz: la dilatazione del sistema biliare intraepatico in assenza di calcoli e dilatazione del sistema duttale distale è indicativo di stenosi ilare. La TC e la colangio-RMN permettono una migliore definizione della lesione, una migliore stadiazione delle metastasi linfonodali e a distanza e i rapporti con le strutture endoscopiche. L’ERCP è sensibilissima nell’identificare anche le più piccole lesioni e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 permette uno studio dell’ilo accurato ma per il suo rischio di complicanze ha in genere valenza terapeutica. L’ecoendoscopia è una metodica molto sensibile nell’identificare le lesioni neoplastiche, ma soprattutto nella stadi azione: consente di valutare con precisione l’estensione delle lesioni e l’eventuale interessamento pancreatico dei grossi vasi. La diagnosi istologica viene effettuata mediante brushing o biopsie endoscopiche: tuttavia difficilmente si effettua preoperatoriamente data la natura pericellulare dei tumori. TERAPIA L’unica terapia radicale è rappresentata dall’intervento chirurgico resettivo; purtroppo la percentuale di pz candidabili a un intervento chirurgico non va oltre il 30% a causa dell’interessamento dei grossi vasi o un coinvolgimento troppo esteso dei dotti biliari. Solo l’intervento curativo è associato a un miglioramento della sopravvivenza che è del 61-76% a un anno e del 21-28% a 3 anni, con una sopravvivenza media di 21-24 mesi. In pz non operati la sopravvivenza scende al 50% a 1 anno e al 10% a 3 anni. L’ERCP è il trattamento palliativo più idoneo e si effettua tramite il posizionamento di un endoprotesi di plastica o metalliche auto espandibili ed è risultato eccellente nei pz con stenosi ilari tipo I e II. Il trattamento percutaneo consente un miglior approccio alle vie biliari e il drenaggio dalle bile nell’intestino o all’esterno anche se è gravato da rischio di emorragia e perdita biliare. Il trattamento chemio-radioterapico è inefficace in termini di sopravvivenza. La radioterapia da sola o in combinazione con il fluoro uracile può migliorare dolore e stasi biliare. La brachiterapia sembra dare buoni in termini di palliazioni dell’ittero. TUMORI DELLA COLECISTI DEFINIZIONE Sono i tumori delle vie biliari più frequenti, caratteristici dell’età anziana (VIVII decade) con netta prevalenza del sesso femminile EZIOLOGIA Tra i fattori favorenti il più importante sembra essere la litiasi biliare; in circa il 70-90% dei casi di cancro coesiste la presenza di calcoli. Il rischio è inoltre maggiore nel caso di colecistite cronica e soprattutto di colecisti a porcellana (esito di colecistite acute con deposito di sali di calcio nel contesto della parete). Anche anomalie della giunzione bilio-pancreatica, cisti biliari congenite, polipi della colecisti, infezione cronica da Salmonella Typhi, obesità sono fattori correlati con aumentato rischio di sviluppare il tumore. MORFOLOGIA Macroscopicamente il tumore si può presentare in forma poliploide o infiltrante: la prima si presenta come massa vegetante aggettante nel lume ma che contemporaneamente infiltra la parete, la seconda, a prognosi peggiore, si presenta come ispessimento della parete spesso ulcerata. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 In oltre il 90% dei casi si tratta di adenocarcinomi ben differenziati. La forma polipoide cresce lentamente fino a occupare interamente il lume e infiltrare la parete con bassa incidenza di metastasi linfonodali. La forma infiltrante e in particolare la forma anaplastica sono particolarmente maligne e tendono a infiltrare precocemente la parete attraverso i vasi linfatici e venosi e a diffondersi ai linfonodi regionali. Frequente è l’infiltrazione dell’ilo epatico con ittero colestasico e possibile l’invasione diretta anche del duodeno, stomaco e colon. CLINICA Sono in genere vaghe e aspecifiche: inizialmente i sintomi sono simili a quelli legati alla colelitiasi (dispepsia e dolore all’ipocondrio dx): dopo invasione degli organi adiacenti il dolore diviene un sintomo costante e può comparire ittero e perdita di peso. L’ittero è in genere un degno prognostico infausto perché indica una progressione della malattia al di là della colecisti con coinvolgimento dei dotti biliari extraepatici. STADIAZIONE Tx: la presenza del tumore non può essere accertata T0: non evidenza di tumore Tis: carcinoma in situ T1: tumore invade lo strato mucoso (a) o muscolare (b) T2: tumore invade il connettivo perimuscolare e non si estende al di là della sierosa o del fegato T3: tumore perfora la sierosa o si estende direttamente in un organo adiacente o entrambe T4: tumore si estende al fegato per di più di 2 cm e/o a più organi adiacenti (stomaco, duodeno, pancreas, colon, omento, dotti biliari extraepatici) NX: la presenza di metastasi linfonodali non può essere accertata N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1: metastasi ai linfonodi cistici, pericoledocici, ilari N2: metastasi ai linfonodi peripancreatici (solo testa), periduodenali, periportali, celiaci e/o mesenterici sup. MX: la presenza di metastasi non può essere accertata M0: assenza di metastasi a distanza M1: metastasi a distanza DIAGNOSI Anamnesi Esame obiettivo Esami di laboratorio: Nel caso di coinvolgimento della via biliare principale si avrà un notevole aumento degli indici di colestasi. Tra i marcatori tumorali (anche se aspecifici) sono aumentati il CEA, il CA 19-9 e AFP. Nel caso di coinvolgimento della via biliare principale si avrà un notevole aumento degli indici di colestasi. Tra i marcatori tumorali (anche se aspecifici) sono aumentati il CEA, il CA 19-9 e AFP. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Esami strumentali: La diagnosi precoce di queste neoplasie è difficile; solo nel caso delle forme poliploidi si può sospettare un K della colecisti in fase precoce. All’ecografia il K si può presentare come irregolarità della parete nelle forme infiltranti, come lesione poliploide protrudente o come massa solida a livello della loggia della colecisti; negli stadi più tardivi si può avere interessamento del fegato per contiguità. La TC e la RMN sono utili per valutare l’estensione della malattia e soprattutto la disseminazione linfonodale. La colangio-RMN viene validamente utilizzato in caso di ittero per lo studio dell’invasione biliare da parte del tumore al fine di pianificare l’iter terapeutico. TERAPIA L’unica potenziale terapia è la resezione chirurgica, ma purtroppo la maggior parte dei pz (80%) non è resecabile in maniera radiacale. Il trattamento palliativo, effettuato soprattutto per via endoscopica, può consentire di risolvere l’ittero o la colangite mediante il posizionamento di stent biliari. La radioterapia o la chemioterapia possono avere un ruolo nel trattamento del carcinoma della colecisti soprattutto come metodiche adiuvanti. Solo la diagnosi molto precoce, per lo più occasionale durante un intervento di colecistectomia per litiasi o colecistite cronica, può garantire una buona sopravvivenza a 5 anni. I risultati globali del trattamento del K della colecisti sono sconfortanti con una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10% e una sopravvivenza media di 6 mesi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA PANCREATICA ANATOMIA Il pancreas è una ghiandola esocrina ed endocrina lunga circa 10 cm e con un peso di 100g. È situato in posizione retroperitoneale davanti alla colonna e dietro lo stomaco ed è costituito da testa, corpo, coda e processo uncinato. La testa è situata più a destra accolta all'interno della C duodenale, il corpo prosegue verso sx e la coda si avvicina alla milza. Il processo uncinato è un prolungamento verso il basso della testa del pancreas. È attraversato da un dotto principale di Wirsung che drena tutta la porzione che deriva dalla parte ventrale nell'embriogenesi e il dotto accessorio di Santorini che drena solo porzioni della testa e deriva dalla porzione dorsale. Durante lo sviluppo le due bozze si fondono e i due dotti si anastomizzano, se questo non avviene si crea il tipico pancreas divisum. La vascolarizzazione prevede l'arteria lienale e le pancreatico-duodenali mentre le vene convogliano alla vena porta o mesenterica superiore o lienale. L'innervazione deriva dal plesso celiaco FISIOLOGIA Il pancreas ha la funzione di secernere il liquido pancreatico che è necessario per la digestione dei composti organici introdotti col cibo e per alcalinizzare il chimo acido proveniente dallo stomaco. Il pancreas esocrino è formato da ghiandole tubulo-acinose ramificate suddivise in lobuli da connettivo lasso. Le cellule acinali contengono all'apice dei granuli di zimogeni contenenti enzimi inattivi che vengono secreti in risposta a stimoli neuro-ormonali. Oltre agli enzimi digestivi il pancreas secerne bicarbonato e acqua. Enzimi digestivi: vengono secreti in forma inattiva per poi essere convertiti in forma attiva. Lo stimolo principale alla secrezione enzimatica è fornito dalla CCK duodenale. ◦ Tripsina: secreta in forma di tripsinogeno e diventa tripsina per azione dell'enteropeptidasi duodenale ma anche per una capacità intrinseca dell'enzima di autoattivarsi. È una delle proteasi principali che determina l'attivazione di molti altri enzimi tra cui la chimotripsina e svolge il suo effetto digerendo le catene polipeptidiche in frammenti più piccoli. ◦ Chimotripsina: altra proteasi importante attivata dalla tripsina ◦ Amilasi: serie di enzimi coinvolti nel metabolismo glucidico ◦ Lipasi: serve per idrolizzare gli acidi grassi ◦ Elastasi ◦ Callicreina ◦ Fosfolipasi Bicarbonati e acqua: sono secreti dall'epitelio dei dotti attraverso un sistema di scambiatori basolaterali che fanno entrare il bicarbonato e fanno uscire Na, all'apice avviene uno scambio HCO3- / Cl- con liberazione di bicarbonati e alcalinizzazione del pH. Lo stimolo a questa secrezione è fornito principalmente dalla secretina. Il pancreas endocrino è costituito dalle tipiche isole di Langerhans situate tra gli acini esocrini e costituite da cellule alfa che producono Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 glucagone e cellule beta che producono insulina e quindi controllano il metabolismo glucidico. Esistono anche al tre cellule specializzate nella produzione di somatostatina che inibisce la secrezione degli altri ormoni e polipeptide pancreatico. La secrezione pancreatica avviene secondo 3 steps successivi in base alla fase della digestione: - Fase cefalica: scatenata dalla percezioni di odori e gusti - Fase gastrica: derivata dalla distensione gastrica a seguito dell'arrivo del cibo e dal contenuto di peptidi. - Fase intestinale: stimolo del chimo nel duodeno a secernere colecistochinina e secretina. FISIOPATOLOGI In generale i problemi pancreatici derivano da 2 condizioni: A Attivazione intrapancreatica degli enzimi digestivi Difficoltà di efflusso dei liquidi pancreatici che ristagnano nei dotti Nel primo caso la patologia tipica è la pancreatite acuta che scatenata da diversi fattori eziologici porta ad un'attivazione intraparenchimale degli enzimi dovuta all'autoattivazione del tripsinogeno che scatena l'attivazione di tutti gli altri enzimi e innesca una vera e propria digestione del pancreas. L'elastasi compromette la parete vasale causando emorragie ed ischemie che peggiorano il quadro. Le proteasi attivano anche la cascata coagulativa con rischio grave di complicanze trombotiche e soprattutto CID provocando gravi danni soprattutto a livello renale, polmonare e cardiaco. Il rene viene colpito nel glomerulo e viene alterata la membrana a seguito della liberazione di fosfolipasi, stesso discorso per cuore e per il polmone in cui si può presentare un quadro di ARDS. La produzione di callicreina attiva la bradichinina responsabile dell'azione di vasodilatazione generalizzata con possibili complicanze tipo shock ed edemi visto che c'è una trasudazione consistente di liquidi. In più le lipasi a livello peritoneale provocano la steatonecrosi che consiste nella necrosi degli adipociti con liberazione di grassi che si coniugano con Ca e formano saponi, così il paziente può andare incontro anche ad ipocalcemia. Il caso di ridotto deflusso del secreto è associato spesso ad un'insufficienza pancreatica sia esocrina che endocrina visto che innesca una pancreatite cronica che perdura nel tempo visto che il danno è progressivo. Può esserci un'ostruzione organica al deflusso oppure un'aumentata viscosità del liquido che determina un efflusso ostacolato e quindi un incremento in entrambi i casi di pressione nel dotto di Wirsung. Esistono condizioni esogene come alcol e fumo di sigaretta. L'alcol attraverso la produzione di acetaldeide sembra depolimerizzare le proteine di membrana e alterare il potenziale di azione di lisosomi e vescicole di zimogeni. Il fumo sembra intervenire sulla ridotta produzione di HCO3- e sulla riduzione dell'attività dell'alfa 1-AT oltre a inattivare l'inibitore specifico della tripsina secreto fisiologicamente nel liquido pancreatico. Fattori endogeni sono: Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Mutazione in eterozigosi del canale del Cl: responsabile in omozigosi della fibrosi cistica. In eterozigosi la riduzione del cloro nel secreto si associa a riduzione del sodio e quindi alla quantità d'acqua. Mutazione del tripsinogeno cationico attivato in cui il sito di autoinibizione risulta spento per cui si converte sempre in tripsina Mutazioni della proteina inibente il tripsinogeno Sistema HLA: si pensa che durante pancreatite vengano esposti sistemi HLA con antigeni propri del pancreas normalmente ritenuti e per questo può verificarsi una reazione autoimmune. Pancreas divisum Ipercalcemia: per precipitazione aumentata di calcoli intraduttali che ostacolano il deflusso Displipidemia L'atrofia del tessuto pancreatico, l'ostacolato deflusso e la reazione fibrotica determinano una clinica che comprende : Ipertensione duttale Neurite delle fibre simpatiche algogene (a seguito dell'accumulo di cell infiammatorie che riducono la barriera tra connettivo e tessuto neurale) Ischemia pancreatica Dolore addominale Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PANCREATITE ACUTA DEFINIZIONE Si tratta di un'infiammazione del parenchima pancreatico che può essere localizzata oppure invadere le strutture peripancreatiche oppure dare origine ad un quadro di sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS). La peculiarità di questa patologia è l'innalzamento di almeno 3 volte gli indici sierici di amilasi e lipasi, il riscontro ecografico di edema pancreatico o necrosi nei casi più seri e inoltre l'assenza dei tipici fenomeni regressivi che caratterizzano la pancreatite cronica. EZIOLOGIA Litiasi biliare: è la causa principale in assoluto, deriva da un'ostruzione al deflusso biliare con ittero ostruttivo e risalita della bile verso lo sfintere di Oddi ed ingresso all'interno dei dotti pancreatici. Se si considerano anche i fenomeni di microlitiasi vengono compresi il 95% dei fattori eziologici della pancreatite. Può capitare che l'ostruzione sia a livello dello sfintere di Oddi e dunque la patogenesi è sostenuta solo dalla stasi del secreto. Alcol: è il secondo fattore per frequenza anche se il meccanismo è ancora ignoto, forse interagisce con lo sfintere di Oddi determinando uno spasmo. Inoltre sembra che danneggi direttamente le cellule pancreatiche attraverso i suoi derivati tra cui acetaldeide. Farmaci: tra cui azatioprina Ipertrigliceridemia Ipercalcemia: perchè l'aumento di Ca intracellulare sfavorisce l'autodistruzione della tripsina che resta attiva. Traumi e chirurgia invasiva (tipici i casi di pancreatite a seguito di ERCP (colangiopancreatografia endoscopica retrograda) Infezioni Patologie ampollare tra cui anche neoplasie Fibrosi cistica PATOGENESI Il meccanismo attraverso cui si instaura la patologia vede una partecipazione iniziale delle cellule acinali e in seguito una cascata di eventi a carattere sistemico. Il tutto deriva da un'attivazione intrapancreatica del tripsinogeno che si converte in tripsina liberando un peptide (TAP) riscontrabile nelle prime fasi nei pazienti con pancreatite. Il fattore eziologico quindi determina un'attivazione della tripsina tale da superare i meccanismi di autodifesa normalmente presenti come lo SPINK1 (inibitore pancreatico secretorio della tripsina) e il PAR-2 che inibisce le proteasi secrete dal pancreas per limitare gli effetti dannosi. Esistono anche casi di mutazione del tripsinogeno cationico e del sito di autoinibizione della tripsina. Anche il calcio gioca un ruolo fondamentale e il suo incremento sembra esaltare il rischio di ridotta autodistruzione della tripsina e quindi degradazione proteica. Nei casi biliari questo è ancora più accentuato perchè i sali biliari stimolano l'entrata di calcio intracellulare. A livello duttale sono presenti i meccanismi di clearance a favorire il Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 passaggio del secreto, nel caso di fibrosi cistica il secreto è viscoso e favorisce il ristagno potendo evolvere in pancreatite. La lesione del pancreas inizia con un problema principalmente vascolare dovuto all'attivazione dell'elastasi che causa alterazione dei vasi capillari, vasocostrizione compensatoria e riduzione della perfusione che innesca ischemia. Queste azioni determinano un edema interstiziale del pancreas con fuoriuscita di elevate quantità di liquidi all'interno del pancreas stesso e all'interno della cavità peritoneale dove il liquido filtra. Questo liquido è un essudato perchè deriva da un danno parietale e quindi si avrà un aumento di albumina, LDH ed elettroliti, esponendo il paziente ad una disidratazione e una carenza elettrolitica e proteica. Casi di ischemia più severa possono dare necrosi acuta del pancreas. Nel 50% dei casi la necrosi si sovrainfetta. La tripsina attiva anche la callicreina a produrre bradichinina ad azione vasodilatatrice e infiammatoria con richiamo del complemento e liberazione di C5a e richiamo di cellule flogistiche. Queste secernono citochine che oltre a peggiorare la situazione pancreatica si ripercuotono sul sistema e soprattutto sul cuore, polmoni e reni in cui si verificano le complicanze. Le complicanze sono dovute in primo luogo all'attivazione della coagulazione conseguente all'infiammazione. MORFOLOGIA In generale si possono diversificare 2 forme: Pancreatite interstiziale: che si distingue per la presenza di edema consistente a livello interstiziale più infiltrato infiammatorio. Pancreatite necrotica: aree macroscopiche di necrosi che possono riassorbirsi da sole soprattutto se non sono infette, altrimenti bisogna intervenire chirurgicamente. Talora si possono verificare fenomeni di trombosi venosa. Spesso a seguito della patologie le aree necrotiche si organizzano in pseudocisti che contengono materiale colliquato contornato da tessuto fibrotico cicatriziale. Nel tempo la pseudocisti viene riassorbita. CLINICA I principali sintomi sono: Dolore: all'epigastrio e agli ipocondri soprattutto di destra con irradiazione a cintura lungo i fianchi e fino al dorso. È un dolore intenso, trafittivo e continuo. Il dolore è dovuto a distensione della capsula pancreatica, liberazione di sostanze algogene, essudazione, distensione delle vie biliari e dei dotti pancreatici con edema. Nausea e vomito: segni precoci Le complicanze più rilevanti sono: Pancreatiche: cisti, pseudocisti, ascite pancreatica, ittero ostruttivo Extrapancreatiche: ◦ Cardiovascolari: ipovolemia, insufficienza miocardica ◦ Polmonari: versamento pleurico, ARDS, insufficienza respiratoria, ◦ Renali: NTA, ridotta perfusione ◦ Metaboliche: ipocalcemia, iperglicemia, acidosi ◦ CID ◦ Gastrointestinali: ileo adinamico, gastrite e duodenite erosiva Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ◦ Cutanee: necrosi lipidica All'esame obiettivo i principali segni obiettivi sono: 56. Addome dolente e resistente nelle forme lievi 57. Addome poco trattabile e con molta dolorabilità e palpazione di masse (pseudocisti) in forme gravi. 58. Versamento pleurico, febbre, tachicardia. DIAGNOSI Anamnesi Esame obiettivo Esami di laboratorio: riscontro di amilasi e lipasi superiori a 3 volte la norma. Riscontro di TAP nelle prime fasi nell'urina. Per valutare la presenza di un'eziologia biliare basta rilevare gli enzimi di colestasi come fosfatasi alcalina e gamma-GT oltre a incremento eventuale di transaminasi e bilirubina coniugata. Altre indagini prevedono la VES, PCR e l'ematocrito che è un parametro essenziale per monitorare la malattia, una sua modifica prevede la necessità dell'idratazione del paziente. Anche leucocitosi, iperglicemia, ipocalcemia. Rx: inizialmente dell'addome per rilevare in certi casi l'ileo adinamico. L'Rx torace invece permette di identificare versamenti pleurici o lesioni polmonari. Ecografia: addome superiore può mettere in evidenza eziologia biliare se si vede il calcolo ma basta anche dilatazione delle vie; ecogenicità irregolare in corrispondenza di aree di necrosi; presenza di raccolte fluide intrapancreatiche spesso raccolte in pseudocisti. TC: indagine di secondo livello. È molto accurata e permette di evidenziare con cura la presenza, l'estensione e la localizzazione delle lesioni oltre alla possibile evoluzione. Può essere effettuata sia senza che con mdc. MRCP (colangiopancreatografia a risonanza magnetica): valida e non invasiva ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica): metodica più accurata per lo studio del sistema bilio-pancreatico, tuttavia è molto invasiva e predispone a pancreatite acuta. TERAPIA Fondamentale per fornire assistenza completa al paziente, limitare la severità e le complicanze sistemiche, prevenire le recidive. Sedazione del dolore: FANS, meperidina, pentazocina. Da evitare gli oppiacei a causa dell'ipertono dello sfintere di Oddi. Opportuno l'uso di antispastici ma con cautela in caso di ileo ipodinamico. Utile l'aspirazione nasogastrica del secreto gastrico per ridurre il rischio di vomito e la sovradistensione addominale. Reintegrazione calorica e idrica: alimentazione orale deve essere sospesa. Si passa per brevi periodi alla reintegrazione idrica ed elettrolitica parenterale. Per lunghi periodi si passa ad una nutrizione enterale con sonda nasodigiunale e digiunostomia. Prevenzione dell'ipotensione: terapia idrica endovenosa Monitoraggio funzione respiratoria: l'ipossia si risolve spontaneamente di solito e può essere necessario solo in certi casi l'O2 Limitazione dell'infiammazione del pancreas: pancreas a riposo, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 somministrazione di antiproteasici, rimuovere eventuali ostruzioni. Prevenzione complicanze locali e sistemiche: antibiotici a largo spettro nei casi gravi in cui c'è una necrosi pancreatica con reperti tipici di infezione, soprattutto nel caso di pancreatite acuta biliare in cui la sepsi biliare è frequente. Utile anche il lavaggio peritoneale che permette la prevenzione delle complicanze cardiache e renali liberando il peritoneo dalle raccolte enzimatiche dannose. Trattamento delle complicanze: le infezioni delle necrosi vanno drenate con agoaspirazione eco o TC-guidata; la rottura del dotto pancreatico può essere trattata con protesi; le pseudocisti possono di solito essere lasciate aspettando che si riassorbano da sole Prevenzione delle recidive: eliminare l'agente causale e nel caso di pancreatite biliare è necessario prima possibile fare colecistectomia perchè si è visto che mantenere la colecisti porta a recidive molto frequenti. STADIAZIONE I fattori che permettono di iniziare una terapia immediata in quanto indicatori di patologia severa o di patologia che sta evolvendo in forme severe sono: Parametri clinici: paziente con più di 55 anni, ipotensione, tachicardia, dispnea, oliguria, obesità. Parametri radiologici: TC, grading, Rx torace, versamento pleurico Parametri bioumorali: PCR, Hct, VES, TAP, IL-6 e 8 Sistema a punti: ◦ Glasgow: leucocitosi, iperglicemia, iperazotemia, bassa PO2, ipocalcemia, ipoalbuminemia, aumento LDH e AST. ◦ APACHE II: sistema che non esprime tanto la gravità della malattia come il Glasgow ma mette in evidenza la criticità del paziente. E infatti nel punteggio sono compresi i parametri ematochimici, l'età e gli indici di compromissione degli organi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PANCREATITE CRONICA DEFINIZIONE EZIOLOGIA Si tratta di una patologia cronica caratterizzata da un'infiammazione persistente che esita in fibrosi pancreatica e insufficienza irreversibile dell'organo sia esocrino che endocrino. Si manifesta con crisi pancreatitiche acute ricorrenti in cui il sintomo principale è il dolore, con il passare del tempo il dolore diminuisce e si manifestano i segni clinici di insufficienza d'organo. La classificazione di Verona vede: Forma primitiva o idiopatica (con o senza calcoli) Forma secondaria o ostruttiva (con o senza calcoli) Fibrosi pancreatica Litiasi pancreatica La classificazione di Marsiglia-Roma prevede: Forma calcificante calcifica: alcol, ereditaria, iperparatiroidismo, tropicale. Forma ostruttiva: neoplasie papillari, stenosi, pseudocisti Forma infiammatoria Fibrosi pancreatica Si tratta di una patologia che colpisce più spesso i maschi con un'incidenza che vede nei 2/3 dei casi l'abuso di alcol. PATOGENESI Fattori tossico-metabolici: alcol, tabagismo, ipercalcemia, abuso farmacologico, malnutrizione (ridotto apporto calorico-proteico) Fattori Idiopatici Fattori Genetici: mutazione SPINK1, fibrosi cistica, pancreatite immunitaria da mutazione del tripsinogeno attivato e inibizione del sito di autodistruzione. Fattori autoimmuni: esposizione prolungata di molecole HLA anomale Fattori clinici: postnecrotica, pancreatite acuta ricorrente, vasculopatia Fattori ostruttivi: pancreas divisum, ostruzione dello sfintere di Oddi (neoplasie, stenosi...), ostruzioni duttali. Esistono diverse ipotesi patogenetiche. Di base si pensa ci sia la precipitazione intraduttale di aggregati proteici (plugs) sui quali viene favorita la calcificazione e quindi l'ostruzione distale dei dotti pancreatici con ristagno di secreti e conseguente attivazione intraparenchimale degli enzimi e atrofia del pancreas da ridotta funzione visto che la secrezione è sfavorita. Questa atrofia sfocia col tempo in fibrosi che interessa entrambe le componenti. Un'altra ipotesi è il ruolo chiave dell'autoimmunità e l'ostruzione dello sfintere di Oddi. - L'alcol sembra avere un'azione direttamente lesiva sulle membrane delle cellule acinari e in più aumenta la secrezione peptica con riduzione di bicarbonati e citrato e compromissione della litostatina che è la proteina che Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 protegge la precipitazione di plugs. - La distrofia cistica della parete duodenale è sempre derivata dall'alcol e determina un'ostruzione a livello dello sbocco dei dotti e ristagno. - Il pancreas divisum non consente un collegamento tra dotto di Wirsung e di Santorini per cui il principale scarico avviene nel dotto di Santorini attraverso la papilla minor che non è a sufficienza grande per lasciar passare tutto il secreto e dunque si ha un blocco. - La groove pancreatitis è una variante in cui c'è un'anomalo drenaggio del dotto del Santorini nel dotto di Wirsung il quale si sovraccarica e aumenta la pressione intraduttale. - La PC derivata da mutazione del canale del cloro CFTR in eterozigosi è dovuta all'aumento di viscosità del secreto. - La PC ereditaria deriva da un problema genetico al locus della tripsina in cui viene alterato il sito di autoinibizione. - La pancreatite autoimmune vede un intervento immunitario anti-self. CLINICA DIAGNOSI La clinica della PC vede una serie di sintomi e segni di cui il principale è il dolore. Il dolore è continuo, irradiato posteriormente a cintura e provocato dalla distensione dell'organo a seguito dell'edema o dall'attivazione delle fibre nervose che sono esposte ai processi infiammatori o fibrotici. In una fase più avanzata il dolore svanisce e seguono fenomeni di calcificazione nei dotti che portano ad un'atrofia del pancreas esocrino ed endocrino manifestando steatorrea, maldigestione, calo ponderale, crampi, gonfiore addominale e malassorbimento. L'alterazione endocrina si manifesta con diabete mellito insulino-dipendente. Le possibili complicanze della PC sono: Cisti o pseudocisti pancreatiche: derivate dalla raccolta di materiale necrotico + succo pancreatico. Ascite pancreatica: quando le pseudocisti si rompono e si aprono dentro alla cavità peritoneale andando a danneggiare le sierose. Ittero: nel caso l'edema cefalopancreatico o una fibrosi inneschi un'ostruzione del coledoco intrapancreatico con conseguente iperbilirubinemia coniugata. Emorragie: evenienza rara che consegue ad un'ipertensione portale causata da trombosi della vena splenica che genera varici esofagee che possono rompersi e dare emorragie. 59. Anamnesi 60. Indagini bioumorali: Per la compromissione sistemica: amilasiemia, lipasiemia, conta leucocitaria, ematocrito, indici di colestasi, transaminasi, glicemia, glicosuria, emoglobina glicata. Per la funzione esocrina: sondaggio duodenale con rilevamento pH, volumi, amilasi, lipasi, chimotripsina; chimotripsina ed elastasi fecali, presenza di grassi a livello fecale. Per la funzione endocrina: curva da carico di glucosio con dosaggio di glicemia, insulinemia, glucagonemia; test di tolleranza insulinica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 61. Indagini strumentali: Rx diretta dell'addome: uso marginale Ecografia dell'addome: metodica proposta come screening anche se poco accurata per la difficoltà di analizzare un organo retroperitoneale, comunque può mettere in evidenza ingrossamenti e calcificazioni, utile talora associare un'agoaspirazione. Può essere talora associato uno stimolo secretinico per evidenziare meglio la situazione dei dotti. CPRE (colangiopancreatografia retrograda endoscopica): metodica molto importante che permette di visualizzare bene il dotto di Wirsung, tuttavia le possibili complicanze sono da tener presenti e per questo si usa soprattutto come terapia. Ecoendoscopia: metodica in endoscopia associata all'utilizzo di sonde ecografiche associate alla punta dell'endoscopio per contatto transgastrico o transduodenale. TC: metodica elettiva di approccio alla PC in quanto con la possibilità anche del mdc permette di visualizzare il pancreas e i possibili danni vicini. TC spirale: strati più sottili di spessore ed alta risoluzione. RMN: oggi è la tecnica più accurata e precisa per fare diagnosi di PC e visualizzare le eventuali complicanze. Ha una sensibilità elevata come l'ecoendoscopia e inoltre ha la possibilità di vedere il Wirsung come la CPRE CPRM (colangiopancreatografia a risonanza magnetica): metodo molto accurato per studiare la situazione dei dotti. Molto spesso ultimamente viene associata la somministrazione di secretina che aiuta la secrezione pancreatica. È un'aggiunta che viene associata agli esami più precisi. TERAPIA Controllo della fase di riacutizzazione: riposo del pancreas con assunzione parenterale di sostanze fino a che il paziente non può ricominciare una dieta per os, in più analgesici, antibiotici, inibitori della secrezione acida e aspirazione nasogastrica. Prevenzione delle ricorrenze: dieta ipolipidica, ipercalorica, aumento di vitamine, astensione dall'alcol e dal fumo, assunzione di estratti pancreatici, inibitori della secrezione gastrica, antiossidanti. Terapia dell'insufficienza endocrina: somministrazione di insulina piuttosto che antidiabetici visto che il paziente risponde bene all'insulina. Terapia endoscopica: la CPRE è la metodica non medica più utilizzata a scopo terapeutico. Si può effettuare una sfinterotomia dell'Oddi per facilitare lo svuotamento pancreatico nel duodeno, estrazione dei plugs o calcoli o distruzione di essi attraverso litotrissia ad onde d'urto. Altro meccanismo può essere lo stenting. Infine si può ottenere il drenaggio di cisti sintomatiche mediante una gastrocistostomia in cui si perfora la parete gastrica a contatto con la cisti in modo da svuotarla e prelevare il contenuto gastrico. Terapia chirurgica: da effettuare nel caso in cui il dolore sia persistente e intenso e i rimedi precedenti non abbiano dato effetto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI DEL PANCREAS CARCINOMA DEL PANCREAS ESOCRINO DEFINIZIONE EZIOLOGIA Il carcinoma del pancreas è una neoplasia in costante aumento e rappresenta il 3% di tutte le neoplasie. Colpisce prevalentemente i maschi e in una fascia d'età compresa tra 50-70 anni. È la quinta causa di morte per cancro visto che alla diagnosi di solito si presenta già in fase avanzata e l'intervento chirurgico può non essere possibile per cui ha una prognosi molto infausta con sopravvivenza a 5 anni del 3%. Fumo Dieta povera di vegetali freschi e ricca di grassi Diabete (anche se sembra più un cofattore o una manifestazione iniziale del tumore) Pancreatite cronica (soprattutto la forma familiare) PATOGENESI La cancerogenesi prevede una serie di mutazioni progressive a carico di oncogeni ed oncosoppressori tali da innescare una proliferazione illimitata. Il principale oncogene coinvolto è il k-RAS a cui seguono modificazioni degli oncosoppressori come p53, p16 e DPC4. Sembrano alterati anche i geni per la riparazione dei danni (mismatch repair). Inoltre sembrano implicati anche ormoni e fattori di crescita liberati a livello autocrino e paracrino come EGF e TGF-alfa. MORFOLOGIA Il tumore viene classificato in forme CISTICHE e NON CISTICHE. - La forma non cistica in assoluto più frequente è il tipo tubulare / papillare e molto più rari sono l'adenosquamoso, il mucinoso non cistico e l'indifferenziato. Sono tumori che insorgono dall'epitelio tubulare (80-90%) e bisogna differenziarli dalle forme ampollari con prognosi nettamente migliore. La maggioranza insorge nella testa (60%) il resto nel corpo (20%) e un 10% nella coda. Il tumore tende ad avere un'invasività locale elevata e alla testa dà un coinvolgimento istantaneo del coledoco intrapancreatico con ittero ostruttivo immediato, coinvolgimento del Wirsung e conseguente stasi del secreto e atrofia del parenchima. In seguito può comparire invasione del duodeno e dei vasi soprattutto portali oltre all'invasione del foglietto peritoneale con conseguente carcinomatosi peritoneale. Il coinvolgimento di corpo-coda tende ad invadere il mesocolon e il colon e il tripode celiaco oltre all'arteria mesenterica superiore. In generale è presente anche l'invasione del retroperitoneo e dei plessi nervosi peripancreatici. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 La coda del pancreas diffonde a surrene sx e milza. I linfonodi vengono colpiti attraverso il circolo linfatico e il circolo ematico causa metastasi al fegato, ai polmoni e alle ossa. - Le forme cistiche hanno una prognosi generalmente migliore e sono confinate in modo da permettere l'intervento chirurgico. Si dividono in 3 gruppi: Tumori sierosi: quasi sempre benigni Tumori mucinosi: variante benigna, borderline e maligna, colpiscono più di frequente il sesso femminile Tumori intraduttali: anche in questo caso abbiamo forme benigne, borderline e maligne. CLINICA La clinica del tumore è abbastanza aspecifica nelle fasi iniziali e diventa manifesta nelle fasi tardive in cui le opzioni terapeutiche sono decisamente scarse. Anoressia Dispepsia Sono i sintomi iniziali del tumore che spesso non vengono considerati come allarmanti e pertanto non si è portati a prendere in considerazione l'ipotesi. Ittero e prurito: segno importante perchè significa una localizzazione alla testa del pancreas, uno dei pochi casi precoci sintomatici. Si associa ad un'anamnesi negativa delle vie biliari per colica. La cistifellea inoltre è dilatata a differenza delle forme litiasiche in cui è irrigidita e poco compliante (segno di Courvoisier Terrier) Dolore: anche questo è un sintomo aspecifico e non precoce, è addominale, continuo e irradiato a cintura posteriormente e ai fianchi. Calo ponderale: presente nelle fasi tardive nel 90% dei casi e dovuto sia ad un alterata motilità gastrointestinale sia ad una anoressia. Diabete: può essere un sintomo precoce di indicazione tumorale come la presenza di pancreatiti acute ricorrenti. Tromboflebite migrante: evenienza più rara ma possibile visto che il tumore produce sostanze pro-trombotiche. Le complicanze della fase tardiva sono dolore accentuato e persistente, ittero, colangite, ileo meccanico da coinvolgimento duodenale e ileo paralitico da carcinosi peritoneale e ascite. DIAGNOSI 62. Anamnesi 63. Esame obiettivo (palpazione e visione di segni clinici tipici) 64. Ecografia: diagnosi di primo livello utile per vedere la dilatazione delle vie biliari, la presenza di calcoli o la dilatazione della colecisti tipica del cancro. Tuttavia il meteorismo intestinale non permette di avere immagini ad elevata accuratezza. 65. TC: gold standard per la diagnosi di tumore pancreatico eseguita in modo spirale prima senza mdc e in seguito con mdc. Permette di vedere la presenza di neoplasia, l'invasione locale e la presenza di metastasi linfonodali ed epatiche. Definisce anche i rapporti col sistema vasale e quindi la resecabilità del tumore. 66. RMN: tecnica molto utile soprattutto associata a colangio-Wirsung- Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 grafia 67. ERCP: metodo invasivo per vedere i dotti e fare un'analisi citologica appropriata. È importante nei tumori mucinosi che non possono essere trattati con agoaspirato per frequenza elevata di matastatizzazione. 68. Ecoendoscopia: utile per svelare piccole lesioni che non si vedrebbero con le altre tecnologie essendo gli ultrasuoni più vicini alla sede patologica. Questa tecnica è spesso associata a FNAB cioè agoaspirazione. 69. PET: indagine molto accurata per valutare le metastasi ma molto costosa e impegnativa 70. Laparoscopia: esame utile per vedere l'estensione del tumore e l'invasione locale e le metastasi epatiche. 71. Markers: poco efficaci, si può fare il dosaggio del CA19-9 ma per valutare soprattutto la risposta alla terapia. STADIAZIONE Si utilizza il sistema TNM in cui vengono indicati 4 stadi del tumore mentre dal punto di vista clinico-radiologico sono identificati 3 stadi. Stadio 1: neoplasia confinata al pancreas anche se può invadere il duodeno e le strutture peripancreatiche ma non i linfonodi Stadio 2: invasione di duodeno, vie biliari e tessuto peripancreatico senza coinvolgere i linfonodi. Stadio 3: coinvolgimento linfonodale Stadio 4: metastasi a distanza Per il sistema terapeutico esistono: Stadio 1: resecabile e limitato al pancreas senza invasione vascolare Stadio 2: localmente avanzato Stadio 3: metastatico TERAPIA L'intervento curativo è esclusivamente chirurgico e i criteri di operabilità consistono nella valutazione dello stadio della malattia (se è metastatizzata, troppo estesa o con carcinosi peritoneale l'intervento non si può fare mentre l'invasione vascolare non è detto che sia un criterio di esclusione) e le condizioni del paziente. Si può effettuare una pancreasectomia radicale con escissione di tutto il tumore più tessuto peripancreatico e linfadenectomia. Nei tumori esclusivi della testa si può fare una duodenocefalopancreasectomia. Nei casi di malattia localmente avanzata si tende a fare una chemioradioterapia neoadiuvante per ridurre la massa tumorale in modo da poter permettere l'intervento chirurgico. A seguito dell'intervento si fa chemioterapia adiuvante con cisplatino, 5-fluorouracile e gemcitabina. Da considerare per i casi avanzati il trattamento palliativo attuato al fine di ridurre la sintomatologia e migliorare la qualità di vita del paziente. Per l'ittero si fa uno stenting, per la ostruzione duodenale si fa un bypass gastrodigiunale, mentre per il dolore si usano oppiacei. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI ENDOCRINI DEL PANCREAS DEFINIZIONE CLASSIFICAZ E CARATTERI Tumori che si sviluppano nel contesto pancreatico per proliferazione delle cellule endocrine associate al sistema neuroendocrino gastrointestinale (APUD). Nella maggioranza dei casi sono tumori secernenti ormoni e in una minor quantità di casi sono silenti. Gatrinoma: tumore secernente gastrina. È il più aggressivo tra tutti gli endocrini a causa dell'elevata capacità di metastatizzare. Si manifesta con un aumento della secrezione acida gastrica che determina un malassorbimento per riduzione del pH duodenale e una presenza ripetuta di ulcere gastriche e duodenali che entrano nel quadro della sindrome di Zollinger-Ellison. Metastasi linfonodali ed epatiche frequenti. Insulinoma: tumore endocrino più frequente e caratterizzato dall'eccessiva secrezione di insulina e pertanto il quadro clinico sarà dato da ipoglicemia a digiuno, obesità per introito continuo di zuccheri ed anabolismo insulinico, crisi neurologiche. Glucagonoma: tumore molto raro che si manifesta con secrezione di glucagone che dà diabete, calo ponderale dovuto all'elevato catabolismo e rash cutaneo. VIPoma: tipico delle femmine che si manifesta con diarrea acquosa, ipopotassiemia e ipocloridria. Somatostatinoma: tumore che causa ipomotilità intestinale, ridotta secrezione biliare e pancreatica e pertanto si verificheranno steatorrea, litiasi biliare e diabete. Tumori non secernenti: questi non possono essere evidenziati da una sinotmatologia sistemica e per questo sono più occulti e si manifestano in genere quando hanno dato un'occupazione di spazio o hanno metastatizzato DIAGNOSI Esistono 2 steps diagnostici da rispettare: 18. Evidenza dell'ipersecrezione ormonale: rilevamenti di ormoni nel circolo e di peptidi liberati dalla produzione ormonale. 19. Localizzazione del tumore: attraverso indagini strumentali con TC, ecografia, RMN e arteriografia visto che i tumori sono altamente vascolarizzati. Ecoendoscopia e scintigrafia. TERAPIA Resezione chirurgica unico trattamento curativo. Talora è utile ridurre la massa attraverso un trattamento neoadiuvante. Si possono fare metastasectomie, termoablazione e chemioembolizzazione. Poi terapia sintomatica per limitare le conseguenze dell'iperproduzione ormonale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA DELL'INTESTINO TENUE ANATOMIA L'intestino tenue è la porzione più lunga del tubo digerente ed ha la funzione di digerire e assorbire i nutrienti introdotti con la dieta. Inoltre ha funzioni protettiva attraverso un complesso sistema linfatico e funzioni endocrine. Ha origine dal piloro e prosegue fino alla valvola ileo-cecale. Si suddivide teoricamente in duodeno, digiuno ed ileo che consiste nella parte più distale vicino al colon. La mucosa del tenue è peculiare in quanto presente numerosissime estroflessioni dette villi i quali sono formati da una porzione apicale (predisposta ad azione enzimatica disaccaridasica), una porzione centrale (adibita alla sintesi proteica) ed una porzione basale che forma le tipiche cripte nelle quali avviene la sintesi del DNA e la proliferazione controllata delle cellule staminali che andranno a sostituire le cellule superficiali con un turnover periodico. La superficie di assorbimento è ulteriormente aumentata dalla presenza di microvilli sulla superficie dei villi così da formare una superficie assorbente di circa 200 m2. Seguono la sottomucosa e la doppia tonaca muscolare circolare e longitudinale e in seguito la lamina peritoneale. La vascolarizzazione è molto intensa e proviene dalla mesenterica superiore. Il drenaggio venoso invece fa capo alla vena porta. Un blocco di un'arteria di solito non è grave perchè c'è un ampio circolo anastomotico. È presente anche una fitta rete linfatica che ha origine dal vaso chilifero situato centralmente al villo che raccoglie principalmente i TG come chilomicroni. FISIOLOGIA La digestione è un processo complesso che ha origine dalla bocca in cui c'è l'amilasi salivare che scinde i primi grossi polisaccaridi come l'amido. Prosegue nello stomaco con la pepsina che degrada le proteine e segue nel duodeno in cui sotto lo stimolo della secretina e della colecistochinina vengono secreti gli ormoni pancreatici adibiti alla digestione degli zuccheri, proteine e lipidi. La digestione intestinale avviene con 2 processi: Luminale: momento in cui il chimo proveniente dallo stomaco incontra i vari enzimi e c'è una mescolanza Parietale: fase in cui gli enzimi attivi sulla mucosa dei villi determinano le fasi terminali della digestione. Anche la motilità è importante nella digestione perchè permette un aumento di contatto tra i nutrienti e le cellule dei villi (motilità del tenue + motilità propria dei villi). L'assorbimento avviene a livello della mucosa con processi passivi o attivi e transepiteliali o interepiteliali. I nutrienti possono entrare direttamente nel circolo ematico e raggiungere il fegato oppure passare dal vaso chilifero. - I CARBOIDRATI vengono digeriti inizialmente dalla saliva e poi nel duodeno sono attaccati dall'amilasi pancreatica che li scinde in disaccaridi e a livello della superficie degli enterociti del digiuno e ileo ci sono le disaccaridasi che formano glucosio e galattosio che vengono direttamente Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 assorbiti con trasporto specifico attivo. - Le PROTEINE sono digerite dalla pepsina nello stomaco e poi vengono aggredite nel duodeno dalla tripsina, chimotripsina ed endopeptidasi pancreatiche che le scindono in oligopeptidi e dipeptidi. Questi sono poi trasformati in AA dalle peptidasi sul villo e assorbite con trasporto attivo. L'albumina endogena viene degradata e riassorbita dal tubo digerente, se la mucosa è infiammata o anomala si verifica una protidodispersione e quindi ipoalbuminemia con rischio di edemi declivi. - I GRASSI e le VITAMINE LIPOSOLUBILI sono digeriti in modo complesso. Nel duodeno incontrano i sali biliari e le lipasi pancreatiche. I sali biliari servono per emulsionarli e le lipasi scindono i TG. Gli acidi grassi vengono raccolti all'interno delle micelle formate dai sali biliari e trasportati al villo. I sali biliari vengono prodotti dal colesterolo nel fegato e come tali sono riversati nella bile che raggiunge il duodeno e formano delle micelle con un polo idrofilico esterno ed idrofobico interno deputato ad accogliere gli acidi grassi. Una volta rilasciati questi sul villo i sali vengono riassorbiti a livello dell'ileo terminale e ritornano al fegato per essere riutilizzati. Una quota di questi viene espulsa con le feci ed una quota tale viene risintetizzata dal fegato a partire dal colesterolo. Le vitamine liposolubili seguono lo stesso percorso dei grassi e vengono inseriti nei chilomicroni che entrano nel vaso chilifero e nel circolo linfatico. La steatorrea si verifica quando c'è la presenza di batteri nel tenue che normalmente non dovrebbero esserci. Questi vanno a deconiugare i sali biliari dai grassi per cui si verifica una perdita di lipidi con le feci. - L'ACQUA, il SODIO e le VITAMINE IDROSOLUBILI sono assorbiti direttamente per via paracellulare o per via transcellulare dalla mucosa di tutto il tenue e del crasso (parte dell'acqua). Le vitamine seguono essenzialmente il passaggio dell'acqua tranne la vit B12 che segue un processo proprio di assorbimento. Infatti viene associata ad un peptide secreto dalla saliva (complesso R) che raggiunge il lume dell'intestino dove si dissocia dal complesso R e si lega al fattore intrinseco prodotto dalle cellule parietali dello stomaco e così può entrare nella cellula intestinale dell'ileo terminale. - Il CALCIO viene assorbito in tutti i segmenti del tenue in base alle esigenze dell'individuo grazie alla vitamina D. - Il FERRO viene assorbito prevalentemente nel digiuno e duodeno ma prima deve essere solubilizzato dall'acidità gastrica se non è già assunto in modo solubile. Il tenue presenta anche una grossa capacità immunitaria grazie alla disseminazione sulla mucosa, sottomucosa e in complessi appropriati cellule linfatiche che rispondono ad attacchi estranei con una risposta immunitaria. Esistono linfociti sparsi ma esistono soprattutto nell'ileo degli aggregati nodulari detti placche di Peyer a forte azione immunitaria. Tutto questo complesso forma il GALT (tessuto linfatico associato al gastrointestino). È necessario che questo complesso sia regolato e funzionale perchè il rischio grosso è che questi aggregati riconoscano come estranei degli antigeni self o innocui dirigendo contro di essi una risposta esagerata con gravi conseguenze per l'intestino stesso. In più esiste anche una secrezione attiva ed efficace di IgA mucosali. Sono presenti anche linfonodi e aggregati massimi all'interno della parete Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 dell'appendice. Sono contenuti linfociti, plasmacellule, cellule NK e macrofagi. Un'altra funzione che assolve il sistema digerente è la funzione endocrina grazie alla secrezione di ormoni che regolano la secrezione liquida ed enzimatica di tutto il tubo digerente (secretina, colecistochinina, enteroglucagone, VIP, bombesina...). Queste cellule derivano da cellule staminali che si replicano ed acquisiscono caratteri endocrini (cellule enterocromaffini). CARATTERISTI CHE DI ALTERATA FUNZIONE INTESTINALE Tipicamente la ridotta funzionalità del tenue si esprime con una sindrome clinica detta malassorbimento che si associa a sintomi e segni. L'enteropatia definisce il processo morboso alla base del malassorbimento. Per malassorbimento si intende un difettoso attraversamento della parete intestinale da parte dei nutrienti. I meccanismi alla base del malassorbimento sono 3: Ridotta motilità intestinale Contaminazione batterica del tenue Riduzione della superficie assorbente intestinale Per consentire l'assorbimento i nutrienti devono essere a contatto con la mucosa intestinale per un tempo sufficiente a permetterne le interazioni, se il transito è troppo veloce non si ha assorbimento efficace, se il transito è troppo lento si ha interazione efficace ma tende a svilupparsi una proliferazione batterica con malassorbimento. I malassorbimenti vengono classificati in questo modo: Intraluminale (pre-epiteliale): l'alimento non è pronto per essere assorbito dall'intestino ◦ Deficit enzimatico: pancreatite cronica, fibrosi cistica ◦ Inattivazione enzimatica: sindrome di Zollinger-Ellison ◦ Deficit di sali biliari: epatopatia cronica, colestasi, farmaci Epiteliale (mucosa): ◦ Alterazione specifica (deficit disaccaridasi): intolleranza ai carboidrati ◦ Alterazione generale (alterazioni del rapporto captazione/liberazione dall'enterocita): sprue celiaca, morbo di Whipple, sprue tropicale, gastroenterite eosinofila, mastocitosi Post-epiteliale (scarso deflusso linfatico ed ematico capillare) ◦ Ostruzione al deflusso linfatico: linfangectasia, traumi, linfomi ◦ Inadeguata superficie assorbente: morbo di Crohn del tenue, intestino corto, enterite attinica, abeta-lipoproteinemia. Multifattoriale: ◦ Miscellanea: diabete, ipertiroidismo, amiloidosi... Clinicamente esistono diversi apparati coinvolti nel malassorbimento: 1) Apparato digerente: Diarrea + steatorrea: associata ad un aumento della frequenza e dell'entità della scarica fecale giornaliera dovuta ad un accumulo di materiale che non viene digerito ed assorbito e viene secreto Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 direttamente. Tipicamente si manifesta con presenza di lipidi nelle feci (steatorrea) e si diagnostica con presenza di più di 7 g di lipidi nelle feci. Calo ponderale: dovuta al malassorbimento Meteorismo: sensazione di gonfiore addominale conseguente alla fermentazione delle sostanza non assorbite da parte della flora batterica intestinale che produce metano, CO2 e H2 e gonfia l'addome Dolore addominale: conseguente alla distensione viscerale e attivazione dei nocicettori peritoneali. 2) Apparato emopoietico 72. Anemia megaloblastica: deficit di B12 73. Anemia microcitica: deficit di ferro 74. Emorragie frequenti: riduzione della vitamina K 3) Apparato muscoloscheletrico Osteopenia metabolica: deficit prolungato di vit D e calcio Atrofia muscolare: deficit proteico Tetano: deficit acuto di calcio e magnesio 4) Apparato endocrino Amenorrea, sterilità e iperparatiroidismo 5) Cute Dermatite diffusa ed ipercheratosi: deficit vitaminico Edemi: deficit di riassorbimento dell'albumina 6) Sistema nervoso 20. Neuropatia periferica distale sensitiva: deficit B12 e tiamina 21. Xeroftalmia: deficit di vitamina A Per fare una diagnosi di una sindrome da malassorbimento si può fare: Indagine che rileva malassorbimento: dosaggio dei lipidi fecali o il test allo xilosio per vedere se viene assorbito o se è presente nelle feci. Oppure per verificare il malassorbimento di zuccheri particolari si fa il breath test H2 che rileva i livelli di H2 espulsi con l'espirazione a seguito dell'ingestione di zuccheri visto che questi non vengono assorbiti arrivano nel colon e qui avviene una fermentazione batterica Indagine che rileva l'enteropatia: non si indaga sullo specifico malassorbimento ma sulla incapacità generale di assorbire da parte dell'intestino. Si può fare il dosaggio dell'alfa1-AT che aumenta nelle feci, test con zuccheri. Indagine per diagnosticare in modo definitivo l'enteropatia: biopsia perendoscopica nel caso si sospettino malattie diffuse a gran parte della superficie intestinale. Si può fare anche l'Rx addominale per vedere eventuali condizioni che colpiscono in modo selettivo il tenue. L'esame colturale delle feci è consigliato per evidenziare una qualsiasi situazione infettiva, in alternativa può essere fatto il breath test H2 al glucosio. Questo test rileva una presenza massiva di batteri nel tenue a causa del picco precoce di H2 nell'aria espirata che non dovrebbe esserci perchè il glucosio viene assorbito tutto e non arriva al colon. La terapia generale per i malassorbimenti prevede un supporto nutrizionale al paziente nei casi importanti. L'obiettivo è l'eradicazione della causa Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 scatenante. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIA CELIACA DEFINIZIONE La celiachia è una malattia autoimmune frequente che colpisce in media 1/250 persone italiane. Si caratterizza con una sindrome da malassorbimento globale ed aspecifica dovuta ad una predisposizione genetica associata ad un fattore ambientale scatenante rappresentato dal glutine. EZIOLOGIA Il glutine è la componente proteica delle farine di frumento, orzo e segale. Esso è composto dall'aptene specifico verso cui è diretta la risposta immunitaria che è la GLIADINA (fattore esogeno). La gliadina è una proteina che viene ottenuta dalla digestione della farina e il suo successivo catabolismo ad aminoacidi non provoca risposta immunitaria, che invece provoca nella sua struttura standard proteica. Questo infatti determina l'asintomaticità nel caso in cui la gliadina venga assorbita per via transcellulare in cui ci sono le proteasi e gli enzimi lisosomiali che la degradano. Nel caso in cui il passaggio sia paracellulare la gliadina attraversa la barriera del villo e si va a trovare nel connettivo sottoepiteliale dove si svolge la risposta immunitaria. I fattori genetici alla base della predisposizione alla celiachia sono: HLA DQ2, DQ8 (e in minima parte anche DR3,5 e 7): questo polimorfismo del sistema HLA è responsabile della comparsa di una risposta autoimmune contro la gliadina, principalmente la presenza di DQ2. Non è detto che i pazienti con positività al test HLA siano celiaci, tuttavia una negatività al test fa escludere l'ipotesi di celiachia. I fattori di rischio per lo sviluppo di queste forme oltre ai polimorfismi genici che sono necessari ma non sufficienti sono: Allattamento al seno Lungo tempo intercorso tra allattamento al seno e nutrizione con glutine Infezioni nella prima infanzia probabilmente da Rotavirus Tempo di svezzamento ed introduzione del glutine (4 mesi) I gruppi più a rischio di sviluppare questa patologia sono: Familiari di 1° grado di pazienti affetti Diabete mellito insulino-dipendente Sindrome di Down e Turner Altre malattie autoimmuni PATOGENESI L'ingresso della gliadina attraverso le tight junctions anziché per via transcellulare sembra essere dovuto ad un aumento della produzione di zonulina che è una proteina responsabile dell'aumento della permeabilità delle membrane degli enterociti. Una volta entrata viene catturata dalle APC con caratteristiche peculiari di HLA-DQ2 che processano la proteina e la espongono sui recettori di classe II permettendone il riconoscimento dei linfociti T gliadina-specifici. Esiste un enzima che è la transglutaminasi che vede la gliadina e la lega determinandone una rimozione di un gruppo amidico. In questo modo la Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 gliadina viene più facilmente riconosciuta dai linfociti T. A questo punto si scatena la produzione citochinica da parte delle cellule T e delle cell APC. Le ultime producono IFN-gamma mentre le prime producono il TNF, IL-2 e IL-6 tipiche di uno switch isotipico tra Th0 e Th1. Queste citochine sono le responsabili di un danno alla mucosa intestinale che si caratterizza per aumentata produzione di NO ed apoptosi delle cellule dei villi. MORFOLOGIA La mucosa dell'intestino tenue si presenta con 3 caratteristiche morfologiche: Appiattimento o scomparsa dei villi Iperplasia delle cripte Aumento dell'infiltrato infiammatorio (prima interepiteliale poi diffuso) CLINICA Esistono diversi quadri clinici di celiachia che vanno da lesioni sintomatologiche a lesioni asintomatiche che non vengono scoperte dal paziente. In alcuni casi possono dare anche forme molto gravi con complicanze. 75. Forma classica: si manifesta in generale con diarrea, steatorrea, dolore addominale e calo ponderale. Nei bambini è frequente anche la distensione addominale e il ritardo di crescita. Negli adolescenti si possono manifestare anche bassa statura, anemia sideropenica e deficit neurologici. 76. Forma subclinica: di solito non vengono manifestati i sintomi classici ma ci sono anemia, dolori ossei e fratture patologiche, dispepsia, menarca tardivo, amenorrea, menopausa precoce ed infertilità, sintomi neurologici (epilessia, atassia e neuropatie periferiche), alterazione di cute e annessi. 77. Forma silente: assenza di sintomi 78. Forma latente: malattia che regredisce a seguito di trattamento antiglutine e si ritrova una mucosa normale o con qualche cellule linfocitaria. 79. Forma refrattaria: patologia grave che non risponde al trattamento dietetico. È il substrato per lo sviluppo delle tipiche complicanze della celiachia. DIAGNOSI Anamnesi: nei pazienti sintomatici o nei pazienti parenti di primo grado di soggetti affetti o nelle persone affette da altre patologie autoimmuni e gruppi di rischio. Esame obiettivo: distensione addominale, dolore Biopsia: fondamento diagnostico in cui si devono rilevare le alterazioni tipiche morfologiche. Tuttavia non è possibile basarsi solo sulla analisi istologica visto che quadri negativi possono cmq associarsi a forme in via di sviluppo o silenti. Analisi anticorpale: nella patologia vengono prodotti dei tipici anticorpi diretti contro vari bersagli: Anti-gliadina Anti-endomisio: sono diretti contro la transglutaminasi Anti-transglutaminasi Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Questa indagine può essere fatta anche prima della biopsia ed indica i pazienti che necessitano un'analisi istologica per la positività agli anticorpi che da sola non basta. Se c'è deficit di IgA si possono testare le IgG anti-TG. In corso di deficit anticorpale si fa analisi HLA + istologia. Bisogna tenere in considerazione che dopo terapia senza glutine per 3 mesi scompaiono gli anticorpi tipici. Regressione lesioni dopo astensione dal glutine: si vede una risoluzione delle lesioni a seguito della sospensione del glutine dalla dieta. Analisi genetica: analisi di linkage sul HLA-DQ2 e 8. Endoscopia: rilievi tipici endoscopici sono ◦ Normalità ◦ Scalloping delle pliche duodenali (ad acciottolato) ◦ Pliche duodenali ridotte o assenti ◦ Aspetto a mosaico TERAPIA Dieta senza glutina mantenuta per tutta la vita. All'inizio è meglio evitare latte e derivati e cibi contenenti avena. Astenersi dall'assunzione di birra, mentre gli altri alcolici sono consentiti. Attenzione ai farmaci, emulsificanti e stabilizzanti. COMPLICANZE In una percentuale di casi non bassa i pazienti non rispondono alla dieta. La mortalità per questa patologia negli ultimi anni è aumentata soprattutto nelle persone con manifestazione oltre i 50 anni. Le tipiche complicanze sono: 22. Digiuno-ileite ulcerativa 23. Linfoma intestinale a cellule T 24. Carcinoma dell'intestino tenue 25. Sprue collagenosica. 26. Celiachia refrattaria Probabilmente la celiachia refrattaria, la digiuno-ileite ulcerativa e il linfoma a cellule T sono 3 manifestazioni progressive di un'unica entità patologica a prognosi negativa. La celiachia refrattaria si identifica quando c'è atrofia dei villi, iperplasia delle cripte e infiltrazione linfocitaria con una dieta aglutinata per più di 12 mesi. Ne esistono di 2 tipi istologici: Il tipo 1 prevede la presenza di cellule simili alla celiachia normale ed è meno pericoloso Il tipo 2 presenta cellule T aberranti e si configura già come una forma precoce di linfoma. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ALTRE ENTEROPATIE E TUMORI DEL TENUE SOVRACCRESCI Accumulo di batteri che si replicano nel lume del tenue a seguito di TA BATTERICA intervento chirurgico e immunosoppressione. Questi oltre a determinare uno specifico distacco dei sali biliari ai grassi provocano una sindrome generale DEL TENUE di malassorbimento. Clinicamente si ha steatorrea, calo ponderale, dolore addominale. Diagnosi con breath test di diverso tipo. INTOLLERANZ Patologia frequente tra le malattie intestinali rare. A AL LATTOSIO Consegue ad un deficit della lattasi presente sulla superficie del villo. La causa principale è l'età che porta ad una progressiva diminuzione dell'enzima stesso. La clinica prevede steatorrea, meteorismo, flatulenza e dolori a seguito del passaggio del lattosio in colon e fermentazione batterica oltre a trasformazione in acidi grassi. GASTROENTER Patologia rara che si caratterizza per l'infiltrazione di eosinofili all'interno della mucosa del tenue in assenza di riscontro di eosinofili negli altri distretti. ITE Colpito spesso lo stomaco e intestino tenue. EOSINOFILA Nausea, vomito e dolori, enteropatia protidodisperdente e malassorbimento. Terapia steroidea. MALATTIA DI WHIPPLE Malattia rara causata dall'infezione da parte di Tropheryma Whippelii. Si manifesta con artralgie, diarrea, dolore addominale, calo ponderale e se non trattata ha esito infausto. Il quadro clinico può essere anche molto esteso e polimorfo interessando le valvole cardiache, polmone e reni. Diagnosi per riscontro di numerosi macrofagi all'istologia con granulazioni. All'endoscopia la mucosa appare con placche lunghe e bianche. Terapia con antibiotici. LINFANGECTAS Difetto congenito dei vasi linfatici che si dilatano e rilasciano il loro IE INTESTINALI contenuto nel lume intestinale determinando perdita di proteine e di linfociti. Diarrea, steatorrea, ipoalbuminemia, ipogammaglobulinemia, linfocitopenia. Alterazioni conseguenti della risposta immunitaria. ENTEROPATIA AUTOIMMUNE Malattia che si sviluppa nel contesto di altre malattie autoimmuni ed è una delle cause maggiori di diarrea intrattabile. Presenza di autoanticorpi contro gli enterociti. Decorso cronico con riacutizzazioni e remissioni. Terapia immunosoppressiva. GRAFT VERSUS Complicanza del trapianto allogenico a seguito della reazione delle cellule HOST DISEASE linfocitarie attive dell'organo trapiantato contro i tessuti del paziente ricevente. L'intestino è una delle sedi più colpite. Diarrea sintomo + freq. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 ENTERITE ATTINICA Patologia conseguente all'esposizione dell'intestino a radiazioni che causa una necrosi epiteliale. Duodeno, ileo e cieco distale le sedi più colpite. Il meccanismo patogenetico è legato al danno vascolare. TUMORI DELL'INTESTINO TENUE ADENOCARCIN Tumore del tenue più frequente. Le lesioni preneoplastiche sono sicuramente i polipi adenomatosi sporadici, il OMA morbo di Crohn del tenue e le sindromi polipoidi (poliposi adenomatosa familiare, sindrome di Peutz-Jeghers e poliposi giovanile). Può presentarsi come lesione ulcerativa, vegetante, stenosante o infiltrante. La sopravvivenza è correlata al grado di invasione. Colpisce le persone soprattutto oltre i 65 anni. I sintomi tipici sono nausea, vomito e dolore quando la lesione è vegetante. Altri sintomi più generali sono anoressia e perdita di peso. Diagnosi con esofagogastroduodenoscopia o ileoscopia retrograda. La TC serve per una buona stadiazione. CARCINOIDI Questi tumori derivano da proliferazione delle cellule enterocromaffini e danno una sintomatologia in base all'eccesso di ormone prodotto. Di solito al momento della diagnosi sono già avanzati e hanno metastasi a distanza. La lesione più tipica secerne serotonina e quindi gli effetti sono mediati dal neurotrasmettitore e si verifica rash cutaneo transitorio, dispnea, broncocostrizione, asma ed edema agli arti inferiori. Questi sintomi fanno capo alla tipica sindrome da carcinoide. Diagnosi con markers tumorali, radiologia ed endoscopia digestiva. LINFOMI Sono neoplasie frequenti e rappresentano il 7-25% delle neoplasie del tratto gastroenterico. Rappresentano il 10% di tutti i linfomi extranodali. Per essere un linfoma intestinale devono coesistere: assenza di linfadenopatie periferiche, numero normale di leucociti nel sangue, assenza di linfadenopatie mediastiniche, assenza di coinvolgimento di milza e fegato a meno che la malattia non abbia invaso gli organi. Il coinvolgimento deve essere selettivo del tratto gastrointestinale e dei linfonodi associati. I pazienti con malattia celiaca sono a rischio. Sono esofitici, polipoidi, ulcerosi o nodulari. Linfomi standard: sviluppo intramurale con interessamento dei linfonodi loco-regionali nel 50% Linfomi MALT: interessamento dei linfonodi solo nel 30%, è a prognosi migliore. Linfomi multipli polipoidi: tumori molto aggressivi con interessamento linfonodale nel 30% ed invasione metastatica del midollo osseo. Possono essere a cellule T o B. La sintomatologia è aspecifica e in maggioranza si hanno crampi intestinali, dolore addominale e perdita di peso. Diagnosi con radiologia, ecoendoscopia e TC per la stadiazione. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 SINDROMI POLIPOIDI Poliposi adenomatosa familiare (FAP): rischio di evoluzione in AK del tenue nel 4-12 %. Correlato a mutazioni del gene APC. Può interessare tutto il tratto gastroenterico. Sindrome di Peutz-Jeghers: sviluppo di polipi amartomatosi del tratto GI con pigmentazioni muco-cutanee. Lo sviluppo di polipi è molto più frequente nel tenue che in tutti gli altri tratti. Sindrome del Cronkhite-Canada: perdita del gusto, polipi intestinali, perdita dei capelli e problemi di sviluppo. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 FISIOPATOLOGIA DEL COLON ANATOMIA Il colon è l'ultimo tratto dell'intestino ed ha una peculiare funzione di gestire in base alle necessità dell'organismo il flusso di sostanze che provengono dal tenue e quindi principalmente conservare acqua e sali. Esso trattiene il volume come un serbatoio e trasporta il materiale rimanente da eliminare verso il retto. È sede di un'ampia flora batterica ed ha intense potenzialità immunitarie. La mucosa del colon è formata da cellule epiteliali cilindriche che si invaginano a formare delle ghiandole tubulari semplici che consentono la secrezione di muco e sostanze protettive. FISIOLOGIA Trasporto di acqua ed elettroliti Il colon accoglie al giorno circa 1500 cc di fluido e ne permette l'escrezione di circa 150 g di feci, pertanto ha una potente azione riassorbitiva per quelle sostanze che andrebbero perse. Il processo di riassorbimento avviene a livello del colon destro e in particolare nel cieco, pertanto il materiale passa la maggior parte del tempo nel colon prossimale. Esistono processi di riassorbimento attivi e passivi ma sono predominanti quelli mediati da differenza di gradiente sia di concentrazione che elettrico. La pompa Na/K permette una positivizzazione dell'ambiente interstiziale e perciò attrae Cl- e HCO3-. L'acqua passa spontaneamente per gradiente osmotico, mentre gli elettroliti positivi passano principalmente per via transcellulare attraverso canali specifici o trasporto facilitato. Avviene infatti il riassorbimento del 90% di acqua ed elettroliti tranne il K che ne viene riassorbito solo il 50%. Per rientrare nel circolo ematico le sostanze dal lume devono oltrepassare l'epitelio, l'interstizio e la parete dei capillari. Attività motoria La motilità del colon è molto limitata rispetto al tenue e questo si spiega anche per le differenti funzioni. Qui esistono 2 tipi di attività: Attività segmentaria: contrazione anulare preceduta da una depolarizzazione delle cellule muscolari pacemaker che non si propaga e serve per un rimescolamento del materiale colico. Prevale nel colon trasverso e discendente ed è prevalente a digiuno. Attività propulsiva: ha invece una funzione di trasporto del materiale verso il retto e si realizza a velocità variabile. Fattori che innescano un'onda peristaltica sono la distensione radiale della parete intestinale che stimolano un'attivazione della contrazione a monte ed una distensione a valle per permettere la progressione del materiale. Raramente l'onda propulsiva interessa tutta la lunghezza del colon e viene definita movimento di massa e favorito dal pasto, dal risveglio e dal volume e tipo di contenuto intracolico. Avviene con una frequenza di circa 4 volte al giorno ed è correlato di solito allo stimolo all'evacuazione. Le caratteristiche del tratto anorettale prevedono una costante continenza mantenuta dalla contrazione dello sfintere interno e dall'angolo anorettale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Quando sopragiunge il movimento di massa si ha uno spostamento del materiale fecale verso il retto e si rilascia lo sfintere interno, mentre per un riflesso di chiusura si chiude lo sfintere esterno che entra a contatto col materiale fecale. Se l'evacuazione non può essere effettuata la continenza viene mantenuta dalla contrazione dello sfintere esterno e del muscolo puborettale. Durante evacuazione si ha rilasciamento dello sfintere esterno e rilasciamento del pavimento pelvico con trasformazione dell'angolo anorettale in angolo ottuso anziché retto. Al termine dell'evacuazione il puborettale si contrae e riporta verso l'alto il pavimento pelvico. Flora batterica Il colon è normalmente abitato da diverse specie batteriche che interagiscono tra loro e mantengono un'omeostasi. I diversi ceppi vengono normalmente tollerati dall'individuo ma in alcuni casi possono insorgere delle reazioni autoimmuni. Il loro ruolo è la produzione di sostanze nutritive per i colonociti come acetato e butirrato provenienti dal metabolismo dei carboidrati non assorbiti. Inoltre producono anche gas come idrogeno e metano. Esiste anche la secrezione di sostanze tossiche come ammoniaca a seguito della degradazione proteica. Ci sono circostanze in cui la flora batterica si altera ad esempio dopo all'assunzione di antibiotici che promuovono la selezione di ceppi resistenti che hanno la meglio sugli altri e si replicano dando un'infezione come il Clostridium Difficile. Attività immunologica Esistono 2 sistemi immunologici del colon molto attivi: Sistema intraluminale: caratterizzato dalla barriera offerta dal muco e dall'integrità dell'epitelio. Le cellule esprimono TLR che scatenano una flogosi a seguito del contatto con agenti estranei. Oltre a queste caratteristiche le cellule secernono acqua e sali oltre a citochine, defensine e NO. Sistema intramucoso: sistema suddiviso in ◦ Tessuto linfoide aggregato: a livello dell'interno della mucosa l'antigene viene trasportato da cellule M specializzate che mostrano l'Ag alle cellule APC che sn riconosciute da linfociti T che organizzano una risposta immune cellulare ed umorale. Questi linfociti una volta attivati entrano nel circolo linfatico e raggiungono il circolo venoso per poi essere riportati all'intestino e fornire cellule del linfoide diffuso. ◦ Tessuto linfoide diffuso: esistono cellule T helper che attivano una risposta immunitaria e cellule T suppressor che hanno il compito di sopprimere una risposta all'antigene evitando una reazione esagerata. CARATTERI DI ALTERATA FUNZIONE - Anomalie del riassorbimento: incapacità di riutilizzare quei nutrienti che in tal modo vengono eliminati con deplezione organica dell'individuo. - Anomalie di motilità: nel caso del morbo di Hirshprung si ha un'incapacità Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 COLICA di dilatazione dello sfintere interno. In caso di danno del puborettale e dello sfintere esterno si ha incontinenza. In generale le alterazioni della motilità in difetto o in eccesso sono pseudoostruzione colica e stipsi nel primo caso e malattia diverticolare e colon irritabile nel secondo caso. - Alterazioni della flora batterica: a seguito di trattamento antibiotico o immunosoppressione. Possono avere un ruolo patologico anche le variazioni climatiche improvvise per alterazioni dell'equilibrio della flora o a seguito di pasti con cibi anomali. - Alterazioni della risposta immunitaria: si possono verificare delle coliti acute autolimitantesi nel caso si sviluppi un'iperrisposta nei confronti di antigeni luminali, sia esogeni che endogeni. Tuttavia la risposta suppressor limita il danno. Nel caso di inibizione della risposta suppressor si hanno delle risposte immunitarie importanti ed esagerate che stanno alla base della patogenesi del Crohn e della RCU. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI MORBO DI CROHN DEFINIZIONE Si tratta di una patologia infiammatoria intestinale cronica che può interessare qualsiasi tratto del tubo digerente dalla bocca all'ano anche se risulta molto più frequente a livello dell'ileo distale e del colon. Colpisce persone di diverse età e l'incidenza è in aumento soprattutto nelle persone giovani, grazie all'accuratezza diagnostica e alla diagnosi precoce. È la più comune causa di dolore addominale nel giovane. Morfologicamente e clinicamente è una patologia variabile sia intraindividuo che interindividuo. Le tipiche presentazioni sono fibrosante, fistolizzante e infiammatoria. La clinica prevede dei sintomi quasi sempre presenti ed una viariabilità molto ampia di sintomi meno frequenti. I tipici sono diarrea (con o senza sangue), calo ponderale e dolore addominale localizzato soprattutto in regione mesogastrica. EZIOLOGIA In generale si tratta di una commistione di: Fattori genetici Fattori ambientali Fattori immunologici (alterazione barriera protettiva, alterazione risposta nativa, alterazione risposta acquisita) I fattori predisponenti per le IBD sono: Familiarità: avere un paziente di primo grado affetto è un rischio molto maggiore di sviluppare la patologia rispetto alla popolazione generale. Si stima che un genitore affetto ha una probabilità elevata di avere figli con morbo di Crohn ma anche RCU per cui le 2 patogenesi sono sovrapponibili. È stata trovata una corrispondenza genetica con una mutazione sul cromosoma 16 (gene NOD2/CARD15 che stanno alla base di una trascrizione di una proteina che regola la risposta immunitaria nei confronti dei batteri intestinali), ma anche 12,6 e 5. Fumo di sigaretta: è un fattore di rischio assicurato (ma soprattutto per il morbo di Crohn) Appendicectomia: pazienti con la patologia hanno avuto una storia di appendicectomia. Altri fattori: molto meno rilevanti come contraccettivi orali, dieta ricca di grassi e povera di scorie. Oltre a questi fattore predisponenti che determinano una suscettibilità individuale si evidenziano fattori scatenanti la malattia come: Infezioni: da morbillo (che risiede per molto tempo nella mucosa Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 intestinale e induce granuloma), da micobacterium paratubercolosis. E in periodo perinatale favorisce l'evoluzione verso il MC. Contenuto luminale: ipotesi che il fattore scatenante sia contenuto libero nel lume intestinale. Flora batterica: sicuramente ha un ruolo se non scatenante autosostentante l'attività immunitaria alla base della patologia. PATOGENESI Il meccanismo che provoca il danno riguarda in sintesi la risposta immunitaria anomala ed esagerata contro antigeni normalmente tollerati a seguito di perdita di tolleranza associata a condizioni predisponenti genetiche ed ambientali. La risposta prevede un'attivazione delle cellule Th1 con aumentati livelli di IFN, IL12, IL18, IL21 e TNF che dirigono una risposta immunitaria anomala e incontrollata. Perdita del gp180: fondamentale per il dialogo tra cell epiteliali interstiziali e linfociti T helper per garantire la tolleranza orale nei confronti degli antigeni propri o residenti. Si pensa che quest'azione sia provocata dalla attivazione immunitaria che a causa delle citochine determina una traslocazione intranucleare del recettore SOX9 con down regulation del recettore del fattore gp180. MORFOLOGIA Dal punto di vista MACROSCOPICO le lesioni del MC si possono suddividere in 3 caratteristiche: Possibilità di coinvolgimento di qualsiasi tratto dalla bocca all'ano Interessamento transmurale della parete intestinale Presenza segmentale delle lesioni con aree danneggiate a fianco di aree sane. Queste sono le peculiarità che differenziano il Crohn dalla RCU. Il MC ha sede principale a livello ileo-colico, con minor frequenza a livello solo ileale o solo colico. La superficie interna mostra delle fissurazioni che sono ulcere serpiginose diffuse in profondità ed estese maggiormente nei piani profondi rispetto alla superficie. Esiste sempre un variabile ispessimento della mucosa e della sierosa conseguente all'edema e alla congestione del circolo superficiale che causa progressivamente fibrosi. Le lesioni lungo il loro decorso possono presentarsi macroscopicamente in 3 modi: 80. Fibrostenosanti: forma tipica di progressivo restringimento del lume intestinale a seguito del processo infiammatorio persistente con evoluzione necrotica e sostituzione fibrosa. Chiaramente la sintomatologia sarà di tipo occlusivo o sub-occlusivo. 81. Fistolizzanti o Perforanti: caratterizzati dalla formazione di aderenze fibriniche tra le varie anse con l'espansione del processo infiammatorio anche alle aree vicine e conseguente perforazione dei visceri circostanti. Si parla infatti di fistole entero-enteriche, enterovescicali (con pneumaturia), entero-ureterali, entero-cutanee, enterovaginali. Nel peritoneo si fanno evidenti per deformazioni dello psoas e dolore. Spesso associati alla fistolizzazione sono presenti anche ascessi. 82. Infiammatorie: questo tipo si caratterizza per la presenza di aree infiammate contigue ad aree sane a formare quindi delle protuberanze Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 edemigene infiammatorie della mucosa che assume l'aspetto tipico “a selciato” o cobblestone. Spesso le lesioni infiammatorie possono evolvere in fistole o stenosi. Nello stesso paziente possono coesistere tutti e 3 i tipi morfologici. Dal punto di vista MICROSCOPICO le lesioni tipicamente sono: Granulomi non caseosi Focali aggregati linfocitari e fissurazioni Infiammazione discontinua e transparietale. Sono aspetti tipici del Crohn anche se l'assenza di granulomi non permette di escludere MC. Sono presenti spesso ulcere serpiginose (fissurazioni) che si approfondano verso la sierosa. Con la progressione delle lesioni si ha la formazione di fenomeni fibrotici e stenosi conseguenti. Le manifestazioni precoci e anche a seguito di chirurgia (visto che è una patologia che recidiva a seguito di terapia chirurgica) sono le ulcere aftoidi che sono piccole e superficiali. Si può avere il riscontro di ulcere a “binario” o ulcere edematose con aspetto “a selciato”. Le lesioni che insorgono nel tratto superiore tendono ad autolimitarsi e a dare una restitutio ad integrum. Inevitabilmente le lesioni intestinali tendono a progredire verso complicanze e formazione di ascessi e stenosi. Come evoluzione delle 3 forme di danno: - Le forme stenosanti danno sintomi ostruttivi o di ostacolato transito - Le forme infiammatorie danno sintomi di diarrea secretoria, essudazione proteica, malassorbimento e deficit nutrizionali a seguito dell'alterazione funzionale della mucosa. - Le forme fistolizzanti tenderanno a dare ascessi, adesioni, fistole e scarico di materiale nell'addome, nella pelvi e nel tessuto perianale. CLINICA La clinica del MC è di solito aspecifica nelle prime fasi e presenta dei sintomi prodromici come calo ponderale, diarrea ricorrente (con o senza sangue), dolore addominale ricorrente. Di solito il periodo di latenza tra esordio dei sintomi e diagnosi è di 0-4 anni e in questo periodo vengono fatte diagnosi erronee come colite o sindrome dell'intestino irritabile. Nel bambino si può notare grazie ad un ritardo dello sviluppo. In altri casi il sintomo d'esordio può essere una fistola perianale o manifestazioni extraintestinali. Nel 10% dei casi avviene un esordio acuto e repentino con forma simil-appendicite. Con il passare del tempo i sintomi si fanno più stabili con diarrea, calo ponderale, dolore (in sede periombelicale e in fossa iliaca destra), febbricola, astenia, manifestazioni extraintestinali. La clinica del MC è associata alla durata della malattia, alla sede, all'entità, e alle caratteristiche di compliance del paziente. Il fattore più importante tra questi è la sede visto che nell'ileo ci sarà tipicamente una sindrome di malassorbimento o fistolizzazioni, nel colon ci sarà diarrea o stenosi e nelle porzioni più basse ci saranno sintomi anali e perianali che raramente danno una restitutio ad integrum. I sintomi generali quindi sono: Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Dolore mesogastrico e in fossa iliaca destra Diarrea cronica intermittente Rettorragia e Tenesmo Febbre Massa addominale (soprattutto in fossa iliaca dx) Calo ponderale (Deficit di crescita in pediatria) Fistole perianali Stomatiti aftose Esiste anche una serie di sintomi extraintestinali che si associano al MC: Complicanze cutanee: pioderma gangrenoso ed eritema nodoso Complicanze articolari: artrite, spondilite anchilosante Complicanze oculari: uveite, iridociclite ed episclerite Calcoli biliari: dovuti all'aumentata permeabilità intestinale e ritorno al fegato di una grande quantità di sali biliari che invece dovrebbe essere escreta, questo determina sovraccarico biliare e la sovrasaturazione può far precipitare dei sali di pigmento. Oppure una patologia stenosante del tenue può ostacolare il trasporto della bile e di conseguenza determina colestasi e possibile formazione di calcoli. Complicanze renali: tipicamente può insorgere una calcolosi, ma anche un'idronefrosi. Adenocarcinoma del tenue e del colon (raro) Nei pazienti giovani questi sintomi tendono ad essere più gravi e a manifestarsi anche complicanze tromboemboliche che possono precedere di molti anni l'esordio dei sintomi intestinali. Le riacutizzazioni sono provocate da dieta, antibiotici, infezioni acute, fumo e stress. DIAGNOSI 27. Anamnesi: prevede l'anamnesi familiare e genetica, la presenza di sintomi specifici. 28. Esame obiettivo: è importante perchè in presenza di certi segni con certi sintomi si può facilmente ipotizzare un MC. La presenza di dolore addominale continuo ed esacerbato in certe situazioni e diarrea associati ad esempio a massa palpabile o fistole perianali e manifestazioni extraintestinali sono segnali precisi di MC. Inoltre la presenza di fistola entero-cutanea è l'unico segnale che è altamente specifico per la malattia 29. Esami ematochimici: valutazione di anemia microcitica (per carenza di ferro) e macrocitica (per malassorbimento di folati e B12), aumento leucocitosi, PCR e VES durante l'infiammazione, ipoalbuminemia, ipotrigliceridemia e alterazioni idro-elettrolitiche. 30. Endoscopia: esame importante che permette di vedere le tipiche lesioni a selciato della forma infiammatoria o le ulcere a binario o le stenosi in cui l'endoscopio non riesce facilmente a passare. Tipicamente si fa una colonscopia o ileoscopia retrograda. Utile talora anche la biopsia per riscontro di granulomi non caseosi 31. Radiologia: si fa la rx dell'addome per vedere i livelli idroaerei, la radiografia specifica del tenue per vedere sede ed estensione delle lesioni digiuno-ileali che rilevano ulcerazioni, stenosi; clisma opaco Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 con doppio contrasto per lo studio del colon; ecografia dell'addomepelvi soprattutto per vedere presenza di fistole o ascessi; la TC e la RMN possono essere utili per lo studio delle complicanze. TERAPIA Non esiste una terapia specifica per MC visto che non si conosce esattamente l'eziopatogenesi. Tuttavia si deve cercare di bloccare la progressione, prevenire le riacutizzazioni e le recidive post-chirurgiche e trattare preventivamente le complicanze. Corticosteroidi: utili per la fase di remissione a causa dell'azione antinfiammatoria Immunosoppressivi: azatioprina e metotrexate Antibiotici: sempre per la fase di remissione cercando di annullare la fase di sovracresita batterica. Terapia biologiche: vista la scarsa efficacia delle terapia precedenti si è pensato di fare una terapia biologica mirata con ad esempio anti TNFalfa che si è verificato avere effetti benefici. Alcuni effetti collaterali possono essere le conseguenze della soppressione dell'immunizzazione. È utile anche per la chiusura delle fistole perianali. Per prevenire la recidiva post-chirurgica si ritiene necessario un trattamento continuo con mesalazina, azatioprina o metronidazolo. Terapia chirurgica: indicata nei casi in cui i trattamenti precedenti non abbiano effetto in pazienti con sintomi recidivanti ma anche in individui con peritonite, ascessi e altre complicanze. Prevede la resezione di tutto il tratto interessato. L'ileostomia definitiva è riservato alle lesioni che interessano anche il retto. RETTOCOLITE ULCEROSA DEFINIZIONE Si tratta di una malattia abbastanza frequente che colpisce le persone soprattutto dai 15 ai 40 anni. L'interessamento è diverso dal MC in quanto in questo caso viene colpito soprattutto l'ultimo tratto del colon e il retto è quasi sempre interessato. La lesione poi può estendersi anche prossimalmente causando lesioni al colon trasverso fino al sinistro e alla valvola ileo-ciecale (in tal caso si parla di pancolite). Tipicamente si manifesta con emorragie rettali ma spesso sono associati febbre, ipoalbuminemia, calo ponderale e manifestazioni sistemiche. La progressione determina un rischio aumentato di adenocarcinoma colonrettale. EZIOLOGIA È abbastanza frequente nei paesi sviluppati e pertanto c'è anche qui una commistione di fattori ambientali, genetici ed immunologici. A differenza del MC non si conoscono però mutazioni specifiche predisponenti, tuttavia la base genetica è chiara per la predisposizione familiare allo sviluppo della malattia. Parenti con MC o RCU sono più a rischio di avere parenti che si ammalano. Fumo: a diff del MC il fumo è protettivo per la RCU Appendicectomia: protettiva per RCU a differenza del MC, e questo avvalora l'ipotesi immunologica come patogenesi visto che nella Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 appendice cono concentrati follicoli linfatici. Altri fattori: forse possono favorire lo sviluppo della malattia contraccettivi orali. Batteri PATOGENESI È evidentemente immuno-mediata sulla base dell'ampia risposta alla terapia immunosoppressiva, presenza di anticorpi circolanti p-ANCA, frequente associazione con malattie autoimmuni, aumento del numero e dell'attività delle cellule competenti mucosali. L'ipotesi è un'iperreazione nei confronti di antigeni batterici, virali o alimentari. MORFOLOGIA L'aspetto MACROSCOPICO della malattia prevede delle differenza essenziali con il MC. L'interessamento è esclusivo del colon e nella maggioranza dei casi viene interessato il retto ma spesso si ha un'espansione retrograda verso le altre sedi. L'infiammazione è limitata alla mucosa e non è transmurale. La superficie mucosa patologica si interrompe bruscamente per lasciare spazio a quella sana. Quella lesionata presenta superficie granulare, edematosa e numerosi pseudopolipi. La caratteristica tipica è una tendenza spiccata all'emorragia spontanea e quindi il paziente si presenta sempre con rettorragia. Inoltre la mucosa lesionata è continua e non presenta aspetto a selciato come il MC. La sierosa e la parete in generale non sono ispessite visto che il processo si limita alla mucosa. L'aspetto MICROSCOPICO vede la presenza di un'infiammazione mucosa e parzialmente sottomucosa con flogosi essudativo-emorragica che è responsabile dell'aspetto granuloso della superficie interna. C'è edema. L'infiltrato è rappresentato da granulociti neutrofili, monociti, linfociti, plasmacellule, macrofagi ed eosinofili. Tipicamente i neutrofili si infiltrano nelle cripte intestinali e determinano gli ascessi criptici. Inoltre viene compromessa la secrezione mucosa (deplezione mucinica). Infine si ha una distorsione delle ghiandole. L'espansione delle lesioni è correlata direttamente al decorso clinico a diff del MC. In pazienti con RCU di lunga durata si ha una comparsa di displasia che può essere di alto o basso grado. In caso di alto grado il paziente deve essere monitorato attentamente per cercare di rilevare precocemente il possibile sviluppo di adenocarcinoma, che in questa malattia risulta essere abbastanza frequente e preceduto da polipi adenomatosi e villosi su cui si instaura il cancro. CLINICA I sintomi d'esordio sono quasi gli stessi della malattia conclamata e per questo si può affermare che non esiste in tale patologia un periodo prodromico a differenza del MC. Il sintomo d'esordio molto spesso è l'emorragia rettale associata o meno alle feci. Può esserci anche tenesmo, diarrea e dolori addominali. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Emorragia: tipico segnale di RCU che viene riferito dal paziente come presenza di sangue rosso vivo con le feci. Se è separato dalle feci si tratta probabilmente di una lesione che interessa solo il retto, se è frammisto si parla di una lesione più estesa. Tenesmo: sensazione di evacuazione anche quando non c'è scarica fecale, questo fa riferimento ad una grave infiammazione del retto che determina una attivazione del riflesso di scarica anche per piccole sollecitazioni. Diarrea: in questa malattia la diarrea è sia di tipo osmotico che di tipo secretorio ma anche motorio. La diarrea è quasi sempre presente tranne nelle forme coliche distali in cui può mancare. In presenza di colite sinistra o totale la diarrea è sempre presente. Si può verificare stipsi se la malattia colpisce il colon distale. Dolore addominale: è un dolore generale a tutti i quadranti addominali e non scompare col riposo e nemmeno con le evacuazioni a differenza delle malattie funzionali coliche. Calo ponderale: spesso associato e innescato da perdita di materiale nutritizio per malassorbimento, anoressia e perdita di proteine. Questi quadri clinici sono frequenti e di base nella patologia attiva, esistono poi dei parametri ematochimici caratteristici come: aumento degli indici di flogosi (leucocitosi, VES e PCR), anemia microcitica per perdita di ferro, ipokaliemia e ipocloremia che determinano una alcalosi metabolica. Nella colite estesa è più facile che si sviluppino delle complicanze anche gravi che possono avere un'elevata mortalità: Megacolon tossico: si tratta di una dilatazione esagerata del colon acuta a cui seguono manifestazioni di tossicità sistemica come febbre, tachicardia, disidratazione e squilibri elettrolitici. È un quadro clinico importante e richiede ricovero. Perforazione: complicanza del megacolon tossico Insufficienza multiorgano: causata dalla tossicità delle sostanze ritenute con insufficienza polmonare, epatica e renale. Adenocarcinoma: tumore frequente nei pazienti che hanno da lungo tempo RCU, è preceduto da una displasia ad alto grado. Il paziente infatti deve essere monitorato e in caso positivo va sottoposto a colectomia profilattica. Esistono anche complicanze sistemiche come nel MC: Articolari: artriti e versamenti articolari Oculari Cutanei Biliari Amiloidosi Calcolosi Malattia tromboembolica. STADIAZIONE DIAGNOSI La gravità della malattia viene posta in base a 6 criteri: numero di scariche giornaliere, sangue nelle feci, febbre, frequenza cardiaca, anemia, VES. Anamnesi: domande sulla familiarità, genetica e comportamento e presenza di sintomi riferiti dal paziente. Importante richiedere recenti Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 viaggi o alterazioni dietetiche o infezioni intestinali che possono dare una sintomatologia sovrapponibile. Esame obiettivo: può mettere in evidenza delle masse addominali (anche se sono più frequenti nel MC associate a dolore mesogastrico e in fossa iliaca dx) o evocare dolori o possono essere visibili complicanze sistemiche. La presenza di sangue nelle feci in pazienti con meno di 60 anni e sintomi di diarrea, dolore e tenesmo sono fortemente indicativi. Invece la presenza di fistole perianali depone per MC. Importante l'esplorazione rettale per fare dd con emorroidi, ragadi o masse rettali. Esami ematochimici: esclusione di infezione, VES e PRC elevate, ipoalbuminemia, riduzione del fibrinogeno, potassio e piastrine. Radiologia: importante l'esame al clisma opaco a doppio contrasto per vedere ulcere e pseudopolipi. Esame radiologico importante per evidenziare una dilatazione gassosa del colon e predire una condizione iniziale di megacolon tossico. Colonscopia: esame fondamentale per permettere la diagnosi definitiva. Visualizza le lesioni della mucosa ed esclude infezione da CMV che può avere sintomi simili. Non si può fare diagnosi di RCU senza aver fatto colonscopia. È anche essenziale per la diagnosi differenziale con MC. Importante anche per il prelevamento di pezzi bioptici. Durante la fase acuta severa si può identificare una o più zone di sanguinamento, mentre nella remissione c'è riduzione del pattern vascolare visibile. TERAPIA La terapia prevede inizialmente un'induzione della remissione e in seguito un mantenimento e prevenzione delle recidive. In casi gravi e severi in cui non c'è risposta farmacologica si opta per la chirurgia. Forme lievi-moderate: Mesalazina: farmaco antinfiammatorio efficace in molti casi con vantaggio di avere un'ampia tollerabilità e la disponibilità anche come clisma. SAP: unione di un sulfamidico con un antinfiammatorio tipo mesalazina o 5-ASA. Induce la remissione nel 80% delle forme moderate-lievi. Corticosteroidi: utilizzati a scopo antinfiammatorio, sono molto efficaci ma in alcuni pazienti possono indurre dipendenza continua dagli steroidi e ricomparsa delle lesioni dopo sospensione. Vengono utilizzati quando non c'è risposta a SAP e mesalazina. Forme severe: Messa a riposo del colon + corticosteroidi endovena Ciclosporina nel caso di mancata risposta Infliximab: risposta biologica con inibizione del recettore del TNFalfa, questa terapia induce remissione nelle forme severe nel 6080% dei pazienti. Nei pazienti con steroido-dipendenza si usano azatioprina e/o metotrexate Per mantenere la remissione si usa mesalazina, SAP o azatioprina (caso di Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 forme croniche. Terapia chirurgica: riservata ai pazienti che non rispondono alle terapie precedenti per 5 giorni di seguito. Le forme di megacolon tossico e displasia severa sono direttamente trattate con la chirurgia. L'intervento di proctocolectomia totale consente la guarigione. Tuttavia il paziente richiedeva fino a poco tempo fa una ileostomia definitiva che era molto limitante la qualità di vita. Oggi si effettua una sacca ileale (Pouch) con utilizzo di una parte dell'ileo per formare un sacco che funge da pseudo-colon in modo tale da evitare l'ileostomia. Si possono verificare fenomeni di infezione della sacca (pouchite). Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 SINDROME DELL'INTESTINO IRRITABILE DEFINIZIONE Si definisce come una sindrome facente parte delle patologie funzionali che colpiscono l'intestino. È una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici o ricorrenti non spiegabili con la presenza di alterazioni strutturali o biochimiche. È una patologia frequente che colpisce circa il 15% della popolazione ma solo una minoranza di questi si rivolgerà al medico. Ha un costo elevato dal punto di vista psicologico nel senso sia dei costi sanitari dovuti a frequenti ricoveri, sia per conseguenze psicologiche dei sintomi continui. Il dolore è relazionato alla defecazione o a un cambiamento dell'alvo con segni di distensione addominale. Viene definita in modo diagnostico come un dolore o fastidio addominale che dura per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi con almeno 2 delle caratteristiche seguenti: Dolore migliora o regredisce dopo l'alvo Insorge in associazione ad una variazione della frequenza o della consistenza delle feci. In più possono coesistere altri sintomi come frequenza minore di 3 volte a settimana, più di 3 volte al giorno, feci dure o molli, sforzo durante evacuazione, stimolo impellente, distensione addominale, presenza di muco nelle feci. È una patologia che colpisce più di frequente le femmine. EZIOLOGIA e PATOGENESI L'eziopatogenesi di questa forma è abbastanza complessa visto che sono interessate alterazioni ereditarie ed ambientali. Le interazioni ambientali però sembrano giocare un ruolo predominante. La patologia si manifesta per un'alterazione della funzione motoria e secretoria con un'associazione di disfunzione sensitiva derivante dall'iperstimolo neuroendocrino sia da parte del SNA che del SNC. Ipersensibilità viscerale: situazione in cui la responsività con fastidio o dolore addominale a seguito di una distensione è molto maggiore rispetto alla normalità per entità fisiologiche di distensione addominale. Questo complesso è favorito da un'iperattività delle fibre nervose terminali e meccanocettori mucosali associata anche ad un'iperattività a livello del SNC nelle corna posteriori sensitive. In tal modo lo stimolo raggiunge con maggior facilità i centri corticali superiori e dà una risposta cosciente sensitiva. L'intensità e la frequenza del dolore si è visto che correlano col numero di mastociti attivati nella mucosa. SII post-infettiva: ipotesi per cui a seguito di un'infezione il sistema immunitario rende più responsiva la mucosa a seguito di normali stimoli. Controllo neuroimmunoendocrino: lo stress, l'ansia, la paura, la rabbia e la tristezza e altre sensazioni soggettive elaborate dal sistema motorio emozionale a livello della corteccia prefrontale, amigdala e ipotalamo sembra che stimolino l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA DIAGNOSI la produzione di CRF (corticotropin releasing factor), cortisolo, adrenalina e noradrenalina che vanno a stimolare la degranulazione dei mastociti sulla mucosa intestinale. Inoltre alterano la responsività della mucosa aumentando la permeabilità e dunque la risposta immunitaria ad antigeni prima tollerati. Così avviene una maggiore liberazione di citochine che si ripercuotono sul SNC in modo efferente e generano un circuito vizioso dove i sintomi emozionali perdurano. Profilo psicologico: si è visto che la maggior parte dei pazienti (che richiedono intervento medico) hanno un profilo psicologico alterato a seguito di modello di comportamento della famiglia, livello culturale, traumi psichici o fisici. Chirurgia addominale: si è visto che molti pazienti con SII hanno avuto in passato interventi di chirurgia addominale o pelvica e questa potrebbe aver influito attraverso diversi modi: ansia, antibiotici, alterazione della flora batterica. Ma è possibile che gli interventi derivino anche da un ricorso eccessivo al medico e quindi un'interpretazione erronea dei sintomi. Molto spesso si tratta di sintomi riferiti dal paziente come presenti da lungo tempo e scatenati dal pasto mentre sono alleviati dall'alvo sia di solidi che di gas. I sintomi maggiormente riferiti sono dolore addominale diffuso che può molto spesso rivelarsi più un fastidio che un dolore vero e proprio mentre in altri casi può rilevarsi un dolore acuto. Spesso le ricadute sono associate a stress psicofisici e consistono in alterazioni della frequenza o della entità dell'alvo, dolore e riduzione di esso con la evacuazione. Molto frequenti sono anche i sintomi come flatulenza, distensione addominale, meteorismo e borborigmi. Possono essere associati sintomi extraintestinali come ansia, cefalea, astenia, disturbi urinari o depressione. In base alle caratteristiche viene classificata in 4 gruppi: Stipsi prevalente Diarrea prevalente Quadro misto e alterno Inclassificata Anamnesi: familiare, sintomi specifici (classificazione di Roma), fattori scatenanti (stress di varia natura) Esame obiettivo: in generale le condizioni del paziente sono buone e non ci sono sintomi d'allarme. L'addome può essere dolente alla palpazione con meteorismo. In alcuni casi si può avere la tipica “corda colica” riferibile ad un colon estremamente contratto e dolorabile spesso a sinistra. Laboratorio: emocromo, indici di flogosi, esame delle feci (compreso il microbiologico per escludere infezione), test allergici. Con queste 3 operazioni è possibile risolvere la maggioranza dei casi clinici senza intervenire con esami più invasivi e costosi. Tuttavia nel caso insorgano segni e sintomi di complicanze è opportuno procedere con adeguati accertamenti diagnostici. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 I sintomi e segni d'allarme sono l'anemizzazione, il sangue nelle feci, l'alterazione improvvisa dei sintomi, il calo ponderale, la febbre, le tumefazioni addominali e il risveglio notturno causato dai farmaci. Queste situazioni vanno indagate per escludere malattie organiche dell'intestino. 83. Nel caso della forma stipsi-prevalente bisogna supporre un ostacolo meccanico con la colonscopia, un disordine metabolico con dosaggi ormonali appropriati, oppure casi meno frequenti di stipsi con rallentato transito e disordini dell'evacuazione con tempo di transito e manometria ano-rettale. 84. Nel caso della forma diarrea-prevalente o mista si deve pensare alla malattia celiaca e si fanno le indagini per vedere gli Ab antiTG e antiendomisio oltre ad una esofagogastroduodenoscopia e biopsia duodenale; deficit di lattasi indagato con breath test al lattosio o dieta priva di latte; infezioni parassitarie con coprocoltura; iperproliferazione batterica con breath test; diarrea secretoria; intolleranze alimentari con dieta priva degli alimenti in questione; malassorbimento dei sali biliari. La presenza di rettorragia benché spesso di natura emorroidaria richiede una colonscopia. L'esame ecografico è utile per fare un'adeguata diagnosi differenziale con le malattie intestinali croniche. TERAPIA La terapia una volta fatta la diagnosi prevede in primo luogo la rassicurazione del paziente sulla patologia benigna, la spiegazione dello stato morboso e della necessità in parte di convivere cronicamente con i sintomi del colon irritabile. È utile effettuare una dieta particolare escludendo caffè, alcolici e fumo e invitando il paziente ad assumere pasti regolari e non abbondanti. È sempre opportuno valutare eventuali intolleranze alimentari. Il dolore viene trattato con antispastici ed antidepressivi, tuttavia nel 30% dei casi si ha remissione col placebo. Il meteorismo si tratta con probiotici o con antibiotici scarsamente assorbibili. La stitichezza si risolve somministrando dei lassativi (lattulosio e lattitolo), ma in prima istanza si cerca di far fare una dieta ricca di fibre. La diarrea si cura riducendo l'introito di fibre, somministrando sostanze che aumentano la consistenza fecale come caolino, evitare dolcificanti e bevande gasate, si possono dare antibiotici non assorbibili e colestiramina che cura un eventuale malassorbimento degli acidi biliari e loperamide. Esistono anche nuovi farmaci come agonisti dei recettori 5HT4 stimolano liberazione di Ach e tachichinine, influenzando anche la consistenza delle feci. Utile per la stipsi. Anche agonisti per il recettore CCK1 in grado di accelerare il transito nel colon. Anche antagonisti selettivi per i recettori NK2 che legano le neurochinine. Viene ridotta la percezione del dolore. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIA DIVERTICOLARE DEL COLON DEFINIZIONE Viene definito diverticolo colico un'estroflessione della mucosa e sottomucosa del colon in prossimità di loci minoris resistentiae. Si tratta di una patologia molto frequente e si stima che 2/3 delle persone sopra gli 80 anni presentino questo stato che nell'80% dei casi risulta essere del tutto asintomatico e scoperto per caso a seguito di esami per altri motivi. In genere quindi i diverticoli sono falsi cioè rappresentati solo da mucosa e sottomucosa e non da tutte le componenti della parete del colon, tranne in alcuni casi di diverticoli congeniti. Si definisce diverticolosi la presenza anatomica di più lesioni, mentre con sindrome diverticolitica la presenza di segni infiammatori a carico dei diverticoli. EZIOLOGIA e PATOGENESI La mucosa del colon presenta delle porzioni occupate solo da mucosa e sottomucosa in cui i vasi perforanti (vasa recta) passano dalla muscolare alla sottomucosa e mucosa per irrorare gli strati più interni. Non essendo dotati di muscolatura questi luoghi sono più deboli e possono dare origine ad un'estroflessione verso l'esterno a seguito dell'aumento della pressione nel lume intestinale o per una debolezza intrinseca della parete. Questi 2 aspetti coesistono: Debolezza della parete (che spiega l'aumento di incidenza con l'età in cui il collagene viene progressivamente sostituito dall'elastina) Aumento pressorio: nei tratti distali del colon (a sx) si hanno movimenti molto più rari e infrequenti e così le pareti sono più collassate e la pressione aumentata. Quando arriva un impulso gastrocolico si ha dilatazione delle parti distali e passaggio di materiale fecale. Nelle popolazioni occidentali la dieta ricca di grassi, zuccheri ed alimenti raffinati favorisce l'aumento pressorio a causa della riduzione della massa fecale a differenza di una dieta che privilegia le fibre e che aumenta la massa fecale e quindi dà dilatazione e riduzione pressoria. Infatti la malattia diverticolare ha una frequenza maggiore negli occidentali. La presenza delle lesioni è quindi influenzata da fattori ambientali, mentre la sede delle lesioni sembra essere associata a fattori genetici. In generale il retto viene sempre risparmiato e la porzione più colpita è il sigma. CLINICA Prevalentemente asintomatico (80%). Alcuni casi sono sintomatici (20%). Dei casi sintomatici 15% sono attribuibili ai sintomi primari, il restante 5% sono dovuti a complicanze della malattia diverticolare. I sintomi primari sono simili a quelli dell'intestino irritabile con dolore addominale aumentato dal pasto e ridotto dall'evacuazione, meteorismo e alterazioni dell'alvo. I parametri ematochimici sono nella norma. La principale complicanza è la diverticolite che si manifesta come infiammazione della sacca diverticolare per ristagno di materiale fecale a seguito spesso di stipsi funzionale. L'evoluzione di questa situazione può Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 contribuire alla genesi di eventi dannosi come infiammazione della mucosa e possibile ulcerazione. Se la flogosi si estende alle strutture vicine si parla di peridiverticolite. In alcuni casi i valori infiammatori sono alterati e all'esame obiettivo si ha dolore in una zona circoscritta. Il dolore è spesso costante, anche notturno e severo e nei casi gravi richiede ospedalizzazione. Spesso possono essere interessate le strutture vicine come la vescica dando disuria. L'emorragia è una complicanza molto rara però quando è presente spesso è un segno grave che può portare a shock ipovolemico sia a seguito di rottura del colon sia per perforazione delle arterie al margine del diverticolo. Comunque nella maggioranza dei casi si risolve spontaneamente. DIAGNOSI TERAPIA Anamnesi: nei casi di forme sintomatiche. In caso di emorragia da diverticolo il sangue è rosso vivo o scuro e molto abbondante. In genere non si associa dolore addominale. Esame obiettivo: sempre nelle forme sintomatiche con palpazione dell'addome. Clisma opaco a doppio contrasto (Rx): diagnosi molto efficace. È in grado di vedere le sacche diverticolari, la loro pienezza o meno in base alla presenza del bario e la eventuale formazione di fistolizzazioni in cui si immette il bario. Ecografia Endoscopia: rileva le lesioni infiammatorie e l'edema. Bisogna fare attenzione alla fragilità della parete e quindi deve esserci una grande accuratezza da parte dell'endoscopista TC, RMN, Ultrasonografia: utili per rilevare le complicanze. Nei casi asintomatici può essere adottata la dieta ad alto contenuto di fibre in modo da aumentare la massa ed il transito fecale con riduzione della pressione intraluminale. Si cerca di evitare la stipsi. Gli episodi acuti sono trattati di solito con antibiotici e altri farmaci usati nella sindrome dell'intestino irritabile. In alcuni casi si può ripristinare la volemia attraverso infusione endoarteriosa di vasopressina per controllare un'emorragia consistente. Solo l'1% dei pazienti deve sottoporsi ad intervento chirurgico e le indicazioni selettive sono: perforazione, peritonite, stenosi, fistole, carcinoma, fallimento della terapia. Si effettua una resezione e confezione di un'anastomosi senza stoma protettivo temporaneo. Di solito è fatta una resezione segmentaria (emicolectomia sinistra). Nei casi di emergenza si esegue l'intervento in 2 steps in cui si prevede anche la formazione di stomia protettiva. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 LE COLITI GRAVI DEFINIZIONE EZIOLOGIA Si tratta di infiammazioni del colon che danno sintomi e segni sovrapponibili tra loro non potendo differenziare le varie forme di coliti su base eziologica. Le caratteristiche di una colite acuta sono: Diarrea con sangue (più di 6 scariche al giorno) Febbre (maggiore di 38) Tachicardia Dolore addominale Decadimento delle condizioni generali. Come segni si possono valutare: Aumento della VES e PCR Leucocitosi Ipoalbuminemia Ipocloremia, ipokaliemia, ipocalcemia e alcalosi metabolica per eccessiva escrezione di H+. DECORSO IBD (tipicamente la RCU) Infezioni (shigella, salmonella, campylobacter, amebiasi, clostridium difficile, escherichia coli enteroinvasivo, CMV. Ischemie Radiazioni Farmaci (FANS, antiblastici, cocaina) Le coliti gravi si differenziano in forme complicate e non complicate. Le forme non complicate richiedono ospedalizzazione per mantenere controllati i parametri fisiologici ed evitare comparsa di complicanze. Le forme complicate invece prevedono complicanze locali e sistemiche. La complicanza più importante a livello locale è data dal MEGACOLON TOSSICO conseguenza rilevante della RCU, ma potenzialmente di ogni colite grave. Si tratta di una dilatazione esagerata del colon trasverso a seguito di una alterazione dei plessi nervosi intraparietali che non permettono più una contrazione tonica della muscolatura. In questo modo il colon diventa gigante e aumenta la sua permeabilità permettendo a tossine, batteri e sostanze tossiche di entrare in circolo e potenzialmente causare un danno sistemico multiorgano. Si associa a disordini elettrolitici, leucocitosi, squilibri acido-base, febbre e segni di tossicità periferica. Le forme di danno sistemiche invece comprendono eventi spesso fatali. Si parla di DISFUNZIONE MULTIORGANO quando dalla parete del colon le cellule infiammatorie passano in circolo e si verifica una sepsi per disseminazione batterica. I primi organi colpiti sono chiaramente il fegato e il rene. L'unica opzione è la rimozione del colon che è il fulcro della infiammazione. Meno comune il danno locale da EMORRAGIA e PERFORAZIONE. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 DIAGNOSI TERAPIA Clinica Laboratorio (esami ematochimici) Radiografia per vedere la dilatazione del colon Sono da evitare le indagini che provocano una dilatazione dei visceri per insufflazione di aria all'interno. Colite infettiva da trattare con antibiotici. RCU con antinfiammatori e cortisonici. In ogni caso è importante ristabilire l'equilibrio idro-elettrolitico ed acidobase del paziente con infusione di soluzioni contenenti nutrienti. Necessaria l'infusione di sodio, potassio e cloro. In casi gravi è necessario mettere in atto u intervento di colectomia di emergenza (caso di emorragia, megacolon, perforazione e disfunzione multiorgano) ma risulta necessaria anche quando non si verifica una risposta clinica ad una terapia medica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 STIPSI E DIARREA STIPSI DEFINIZIONE La stipsi viene definita come una difficoltà, una insoddisfazione e una ridotta frequenza dell'atto evacuativo. In generale si parla di stipsi quando: Paziente riferisce di avere evacuazioni con frequenza minore di 2 volte a settimana Oppure presenza di 2 sintomi tra i seguenti nel 25% delle evacuazioni: Sforzo evacuativo Feci dure Sensazione di evacuazione incompleta Sensazione di blocco o ostruzione ano-rettale Utilizzo abituale di manovre manuali Presenza di meno di 3 evacuazioni alla settimana. Per quanto riguarda la stipsi acuta si tratta di una situazione di solito consecutiva ad un intervento di chirurgia addominale e conseguente ritenzione delle feci per qualche giorno, la situazione si risolve subito con un lassativo blando. La stipsi tende a colpire maggiormente le donne. Esistono numerosi fattori dietetici che predispongono alla stipsi e che quindi risolvendo la situazione con una semplice dieta corretta c'è scomparsa della stipsi. La stipsi è associata ad una dieta povera di fibre che tendono ad aumentare la massa fecale sia per materiale indigeribile sia per aumento della flora batterica che produce i gas e stimola la distensione e il movimento di massa. Anche un carente apporto di liquidi è correlato ad un rischio maggiore di stipsi. Inoltre anche disturbi psicologici soprattutto nell'infanzia o semplicemente stimoli nell'ambiente lavorativo che necessitano una repressione dello stimolo provocano a lungo andare una stipsi cronica con ritenzione del materiale fecale nel retto. EZIOLOGIA Esistono 2 classi di stipsi: Stipsi idiopatica o primaria Stipsi secondaria: associata a: ◦ Alterazioni endocrine: ipotiroidismo, iperparatiroidismo, diabete ◦ Alterazioni metaboliche: disidratazione e cachessia ◦ Alterazioni neuromuscolari: Parkinson, Hirshprung, Chagas, neuropatie, lesioni del midollo spinale. ◦ Alterazioni psichiche: depressione, ansia, psicosi ◦ Ostruzioni extraluminali o luminali: tumori, stenosi, volvolo ◦ Farmaci: anticolinergici (antidepressivi, antispastici, antipsicotici), analgesici, neuroattivi (oppioidi, anti-ipertensivi, antiepilettici), agenti contenenti cationi (supplemento di ferro, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 antiacidi, cationi) ◦ Infiammazioni: diverticolite, proctosigmoidite ◦ Lesioni anali: ragadi, ascesso, emorroidi. ◦ Alterazioni muscolari: diverticoli, distrofia miotonica, sclerodermia. PATOGENESI La stipsi primaria o idiopatica avviene attraverso diversi meccanismi e viene pertanto classificata in 3 diverse forme di stipsi FUNZIONALE: 85. Transito del colon normale 86. Inertia coli (deficit di transito colico) 87. Difetto della fase espulsiva Spesso questi sintomi sono frequenti nel sesso femminile e sono poco responsivi a blandi lassativi o assunzione di fibre. - I pazienti che lamentano sintomi ma hanno un transito normale probabilmente hanno un problema di percezione sensitiva dell'atto defecatorio e spesso soffrono di disagio psicosociale. Una forma a parte della stipsi con normale transito è la sindrome dell'intestino irritabile. - I pazienti con inertia coli hanno una riduzione della motricità intrinseca del colon non tanto a riposo, ma soprattutto a seguito del pasto quando dovrebbe esserci la distensione addominale e la partenza del movimento di massa. Analisi accurate hanno permesso di vedere in questi pazienti una riduzione del numero delle cellule di Cajal a capo della contrazione nel plesso mienterico e sottomucoso. È comunque importante dividere i pazienti con inertia coli in: Inertia coli vera: ridotto numero di contrazioni propulsive Ridotta motricità conseguente ad un aumentato numero di contrazioni segmentanti e non propulsive soprattutto a livello del colon dx in cui il materiale rimane per più tempo. - I pazienti con problemi alla defecazione hanno una stipsi da modificazioni morfo-funzionali del pavimento pelvico come rettocele, prolasso rettale, mancato rilassamento del pubo-rettale e mancata apertura adeguata dello sfintere anale. In quest'ultimo caso si parla di dissinergia addomino-pelvica che è tipica della malattia di Hirshprung in cui ad un'aumento della spinta del torchio addominale che causa un aumento pressorio si sviluppa un mancato rilasciamento degli sfinteri. DIAGNOSI Anamnesi: comportamentale, patologica remota, fisiologica, farmacologica, alimentare e igienica. Esame obiettivo: ispezione, esplorazione pelvica e rettale per cercare di escludere malattie organiche che possono dare stipsi come tumori o stenosi infiammatorie. Test ematochimici: emocromo, glicemia, creatininemia, calcemia, fosforemia, analisi di funzione tiroidea per escludere stipsi secondaria da malattie metaboliche, endocrine e infiammatorie. Clisma opaco o colonscopia: per evitare che si tratti di un CCR in Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 pazienti oltre i 40 anni che non si sono mai sottoposti a screening. Adeguati regimi dietetici: a questo punto si sono escluse le cause organiche e quindi si ipotizza un problema alimentare e si danno cibi con aumentato carico idrico e fibre. Se anche dopo questo test la risposta è inadeguata allora si diagnostica una STIPSI FUNZIONALE. A questo punto si analizzano altri fattori per vedere a quale dei 3 tipi appartiene la stipsi del paziente: Studio del tempo di transito oro-fecale: esame utile che permette di vedere se il tempo è sopra o sotto il paziente controllo. Normalmente il valore più alto è 96 ore. Esistono pazienti con transito minore di 96 ore e perciò questi apparterranno alla prima categoria di transito colico normale, mentre altri supereranno le 96 ore con tempo di stasi maggiore per rallentamento sostanziale nel colon e colon-retto. Questi pazienti avranno un'inertia coli. Manometria ano-rettale: permette di vedere le pressioni all'interno del retto e canale anale durante varie situazioni sia a riposo che durante sforzo di defecazione. Questo esame è utile per rilevare una dissinergia addomino-pelvica tipica del morbo di Hirshprung. I pazienti positivi al test avranno una stipsi idiopatica da alterazioni alla scarica fecale. Test di espulsione del palloncino: utile a valutare la difficoltà evacuativa. Defecografia: durante diversi momenti viene opacizzato il retto e si fanno delle radiografie in diversi momenti per vedere lo stato della dilatazione del retto, l'angolo ano-rettale, la mobilità del pavimento pelvico. Elettromiografia: utile per vedere anomalie della contrazione dello sfintere anale esterno e del pubo-rettale. Studio dei tempi di latenza dei nervi pudendi e perineali: utile per i casi di alterazione neurologica di questi nervi. TERAPIA Per le lesioni secondarie è necessario risolvere le cause che hanno scatenato la stipsi. Nelle stipsi idiopatiche è opportuno valutare le diverse situazioni. Come regola generale i principi terapeutici della stipsi sono: 32. Dieta ricca di fibre e acqua 33. Pianificazione degli orari di defecazione soprattutto a seguito dei pasti e al risveglio dove sono attivi i movimenti di massa 34. Utilizzo di lassativi osmotici salini. In stipsi idiopatica con normale transito si opta per dieta adeguata e defecazione controllata e pianificata. È opportuno valutare eventuali fattori dietetici o igienici che possono portare alla stipsi. A volte si richiede l'intervento di uno psicologo. In inertia coli si aumenta l'assunzione di fibre in modo tale da aumentare la massa fecale e la produzione di gas da parte dei batteri in modo da dilatare le pareti del colon e stimolare la genesi delle onde peristaltiche. Nello scegliere il lassativo è preferibile un tipo non assorbibile. In pazienti con alterata capacità espulsiva si consigliano liquidi e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 fibre. In certi casi si fa il biofeedback ed educazione al rilasciamento degli sfinteri nel caso di dissinergia addomino-pelvica. In pazienti con lesioni neurologiche benchè siano lesioni organiche la terapia è la stessa delle forme idiopatiche nel senso che si consigliano acqua e fibre ed eventualmente lassativi e stimoli rettali per avviare l'evacuazione. La terapia chirurgica viene attuata solo in alcuni casi specifici in cui non c'è risposta alla terapia conservativa e pertanto i pazienti con stenosi idiopatica del colon, stipsi severa e incapacità a vivere con il disturbo. Si può fare un'emicolectomia o una colectomia totale con ileorettoanastomosi. I lassativi sono farmaci che vengono indicati principalmente in età avanzata per ridurre lo sforzo fisico durante evacuazione. I principali sono: Lassativi formanti massa (crusca) Lassativi osmotici (sali di sodio e magnesio, disaccaridi non assorbibili come lattulosio e lattitolo) Lassativi emollienti (glicerina) Lassativi di contatto o stimolanti. Importanza dell'evidence based medicine. DIARREA DEFINIZIONE La diarrea non è considerata una malattia, bensì un sintomo di un determinato stato patologico. Si intende diarrea un'aumentato contenuto di acqua nelle feci che si manifesta come un aumento del volume fecale, una maggior fluidità ed una maggior frequenza di scariche giornaliere. Quasi sempre la diarrea si associa ad altri sintomi come dolori addominali, tenesmo, gonfiore, dolori perianali ed urgenza all'evacuazione. È uno dei sintomi più frequenti in assoluto e può derivare da molti fattori. CLASSIFICAZ Le diarree si possono classificare secondo diversi profili. In base alla durata ci sono: Diarree acute: durano meno di 4 settimane e sono principalmente dovute ad infezioni virali e meno di frequente hanno una patogenesi non infettiva come da tossici o allergie. Diarree croniche: durano per più di 4 settimane e sono associate a problemi infiammatori (malattia celiaca, infezioni persistenti o MC e RCU) ma più spesso non infiammatori come deficit enzimatici e sindrome dell'intestino irritabile. In base alla patologia di base che l'ha scatenata si distinguono: Diarree funzionali: quando vengono esclusi tutti i possibili coinvolgimenti di organi. Diarree organiche: si caratterizzano per breve durata, soprattutto notturne, scariche continue, diarrea che non risponde al digiuno, calo ponderale di più di 5 kg, aumento VES, ridotti livelli di emoglobina ed albumina, peso fecale maggiore di 400 g. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Se sono presenti almeno 3 di questi parametri c'è un'affidabilità del 90% di avere una diarrea organica. Diarree post-chirurgiche: associate in genere ad una riduzione dell'assorbimento dei sali biliari. In base al sito patologico colpito primariamente abbiamo: Colon: si contraddistingue per scariche di piccoli volumi, frequenti e con dolori addominali spesso bassi che non regrediscono con l'evacuazione, tenesmo e presenza di sangue nelle feci. Tenue: si caratterizza per dolori addominali alti con passaggio di grandi volumi di feci. Pancreas: presenza consistente di enzimi pancreatici nelle feci. In base alla patofisiologia si possono distinguere 3 tipi di diarree: Secretorie: c'è un'attiva secrezione di sostanze da parte delle cripte intestinali con aumento del volume fecale e perdita di elettroliti. Osmotiche: diarree derivate da un aumento di soluti osmoticamente attivi nel lume enterico che richiamano acqua e aumentano quindi il volume fecale Infiammatorie: derivate da un'incapacità dell'epitelio di assorbire visto che è danneggiato e rimpiazzato da cellule che non sono del tutto mature. Per quanto riguarda le caratteristiche poi le feci possono presentarsi acquose, ematiche o steatorroiche. CLINICA Esistono sintomi locali intestinali e addominali e sintomi sistemici. La diarrea si associa a dolore (che può attenuarsi con l'evacuazione), tenesmo, incontinenza, presenza di sangue, pus e muco nelle feci. I sintomi sistemici invece comprendono disidratazione, ipotensione, tachicardia, nausea, oliguria, anemia, edemi, vomito, crampi addominali, tachipnea e febbre. La conseguenza più importanti di una diarrea protratta è chiaramente la perdita dell'equilibrio idro-elettrolitico. I sintomi sistemici della diarrea non indicano l'eziologia ma piuttosto la gravità. Nei casi di diarrea cronica infiammatoria protratta si instaurano anche deficit nutrizionali. PATOGENESI Normalmente il tubo digerente ha una funzione cardine nel riassorbire i liquidi che provengono dai tratti superiori. Al giorno si stima che ci sia un introito di liquidi pari a 2000 ml e le secrezioni endogene sono responsabili di 7000 ml. In tutto quindi ci sono 9 l di liquidi che vengono riassorbiti nel tenue (4,5 l) e al colon arrivano quindi 1,5 litri che vengono prontamente riassorbiti per arrivare ad un massimo di espulsione di 200 g di feci al giorno. L'acqua viene assorbita passivamente mentre gli elettroliti richiedono spesso un trasporto attivo. Nel tenue i villi sono divisi in una parte assorbitiva e in una secretiva, così come nel colon la superficie epiteliale è distinta in una zona assorbente ed una secretoria. L'assorbimento nel tenue degli elettroliti è favorito dalla presenza di glucosio e aminoacidi, nel colon grazie alla presenza di acidi grassi a catena breve. Esistono 4 principali meccanismi di patogenesi del danno: Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Alterazione dell'assorbimento o della secrezione responsabili di una diarrea osmotica o secretoria. Presenza nel lume intestinale di soluti osmoticamente attivi che attraggono l'acqua dall'interstizio e causano una diarrea osmotica. Presenza di alterazioni della parete intestinale principalmente a livello mucoso che non permettono un adeguato riassorbimento e secrezione, si presentano feci con sangue, muco e pus. Responsabile della diarrea infiammatoria. Alterazioni della motilità intestinale tali da compromettere il contatto delle sostanze con la mucosa e impedire un efficace riassorbimento. Quadro responsabile della diarrea motoria presente nell'intestino irritabile e nelle diarree endocrine visto che gli ormoni provocano sia un'alterata motilità, sia un'ipersecrezione mucosa. Nel caso di una diarrea con caratteristiche untuose, pallida e con aumento di viscosità si parla di steatorrea provocata da un malassorbimento di grassi che può essere provocato da resezioni ileali oppure ridotte concentrazioni intraluminali di sali biliari o enzimi pancreatici. CARATTERI GENERALI Le diarree SECRETORIE sono conseguenti a fattori esogeni come virus, batteri e tossine, ma anche endogeni come ormoni, neurotrasmettitori e acidi biliari. Il meccanismo si basa sul legame del mediatore al recettore sulla membrana degli enterociti e innesca l'attivazione di enzimi che producono il cAMP, il cGMP e liberano il Ca, in questo modo vengono attivate delle cascate chinasiche che portano alla fosforilazione di proteine di trasporto che regolano il passaggio di Cl e K. Infatti avviene una netta secrezione di Cl nel versante luminale e un assorbimento di K al versante basolaterale. L'escrezione di Cl dà la spinta elettrica per il passaggio paracellulare di Na, K e acqua e dunque si ha una diarrea dovuta ad aumentate secrezioni. Clinicamente si ha un aumento del contenuto elettrolitico fecale con quantità di feci molto abbondanti, il pH fecale tende ad essere alto per cui si avrà un'acidosi metabolica ed una tendenza alla disidratazione. Non è responsiva al test del digiuno Le diarree OSMOTICHE sono derivate da un'aumentata osmolarità del lume intestinale che provoca un netto richiamo d'acqua, maggiore rispetto all'assorbimento di questa mediato dal sodio. Le cause principali sono alterazioni dell'assorbimento dei carboidrati, assunzione di lassativi osmotici e malassorbimenti. In questi casi non c'è aumento degli elettroliti fecali, ma aumento degli SCFA (acidi grassi a catena corta) che non vengono assorbiti e per questo motivo si ha ipersecrezione (visto che i SCFA favoriscono l'assorbimento del sodio nel colon). Si ha una risposta positiva al test del digiuno, il pH è basso, la quantità di diarrea non è come la diarrea secretoria e non sono associati altri problemi sistemici. Le diarree INFIAMMATORIE si verificano a seguito di flogosi della parete colica che possono essere di origine idiopatica (MC, RCU) oppure a seguito di infezioni, farmaci, ipersensibilità, ischemia o radiazioni. Il meccanismo patogenetico risiede nella presenza di un infiltrato flogistico Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 cellulare nella parete colica che provoca alterazione delle cellule che vengono rimpiazzate da nuove cellule, le quali però sono immature e non riescono ad effettuare un adeguato assorbimento. Tuttavia la secrezione delle cripte resta attiva e quindi si ha una diarrea liquida. In più si associano le citochine che stimolano direttamente la secrezione delle cripte. Nelle feci si ha una espulsione di Na e Cl ma non hi HCO3 e per questo si sviluppa una alcalosi metabolica nelle forme più severe. Si sovrappongono tenesmo, impellenza, anemia, disidratazione, ipocloremia e ipopotassiemia. Si ha presenza di sangue e muco e pus nelle feci. DIAGNOSI TERAPIA Anamnesi Esame obiettivo: esplorazione rettale ed ispezione per evidenziare fecalomi o masse, distensibilità addominale ed evocazione del dolore. Esame delle feci: microscopico (presenza di leucociti indica infiammazione), chimico (presenza di amidi, proteine e grassi che indicano una diarrea da malassobimento o una presenza eccessiva di enzimi pancreatici. La misurazione degli elettroliti permette di rivelare il gap osmolare che indica la quota di elettroliti non assorbita e non misurabile) e microbiologico (presenza di batteri e virus). Test ematochimici e urinari + breath test: sono indagini di seconda scelta utili per vedere le condizioni sistemiche associate alla diarrea, la presenza di eventuali sostanze urinarie che indicano un problema neuroendocrino e il breath test che serve per diagnosticare i malassorbimenti. Indagini strumentali: biopsie e colonscopia di fronte a diarrea acuta ematica; radiologia nei cfr di diarree acute gravi per escludere l'eventuale presenza di megacolon tossico. Colonscopia nelle forme croniche solo dopo le altre indagini di laboratorio ed ematochimiche. Anche clisma a doppio contrasto. TC ed RMN come alternativa all'esame radiologico. Nel caso di diarree croniche ematiche necessaria la colonscopia. Correzione dei disordini elettrolitici attraverso soluzioni reidratanti con elettroliti e glucosio. Nei casi gravi anche per via endovenosa. Questa tecnica ha notevolmente ridotto la mortalità per diarrea. Dieta sana ricca di carboidrati e proteine, povera di fibre, latte e derivati. Farmaci: gli antidiarroici oppioidi inibiscono la motilità intestinale ma non agiscono sulla causa della diarrea e possono essere utili nei casi di diarrea motoria. L'octreotide, la clonidina e la colestiramina sono altre scelte farmacologiche. Antibiotici utilizzati nei casi di diarree infettive, che però in alcuni casi preferiscono l'uso di probiotici per agire sulla propria flora batterica intestinale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 TUMORI DEL COLON E DEL RETTO DEFINIZIONE I tumori che colpiscono il colon-retto sono una grave problema della popolazione in quanto risultano essere la seconda causa di morte per cancro dopo il carcinoma polmonare. La quasi totalità dei cancri si sviluppa su un substrato di polipo adenomatoso con un intervallo di tempo di circa 10 anni. Si parla di tumori benigni e maligni. Il polipo è una lesione protrudente all'interno del lume intestinale e può essere: Mucoso, non neoplastico: infiammatorio, iperplastico, fibroso o linfoide. Adenomatoso: tubulare, villoso o tubulo-villoso. Sottomucoso: carcinoidi, lipomi, noduli linfoidi. L'evoluzione a cancro del polipo adenomatoso è abbastanza significativa e si stima che quasi tutti i casi di carcinoma derivino da un precedente polipo adenomatoso. I polipi sono visibili ad occhio nudo e possono essere molti soprattutto nelle poliposi, si differenziano in peduncolati o sessili. I polipi iperplastici sono frequenti negli anziani e possono avere caratteristiche simili ad un adenoma se sono abbastanza grandi. I polipi infiammatori invece sono reperto quasi sempre presente nelle IBD soprattutto nella RCU. Il tasso di evoluzione maligna di questi 2 tipi di polipi è nullo. POLIPI ADENOMATOSI DEFINIZIONE Si tratta di polipi neoplastici che hanno un potenziale alto di evoluzione in tumore maligno e pertanto devono essere asportati. Non è però infrequente che alla diagnosi il polipo si presenti già come adenocarcinoma. EZIOLOGIA e PATOGENESI Il meccanismo alla base della proliferazione è genetico e risulta essenziale l'alterazione del gene APC che è un oncosoppressore che controlla il ciclo cellulare, quando mutato la proliferazione è incontrollata. MORFOLOGIA Il polipo cresce espandendo la cripta dove sono contenuti gli elementi staminali, ma non si limita a quello spazio ed invade tutta la cripta e l'epitelio intestinale. La displasia che si trova può essere di diverso grado ed è indicativa della progressione ad adenocarcinoma. Il cancro è più frequente nei casi di: Variante istologica villosa piuttosto che tubulare Dimensioni maggiori di 2 cm Numero elevato di adenomi. Gli adenomi villosi sono più frequenti nel retto e in genere sono anche più grandi pertanto sono associati ad un maggior rischio di evoluzione maligna. Gli adenomi tubulari sono frequenti nel colon (qualsiasi tratto), quelli tubulo-villosi nel colon-retto e quelli villosi nel retto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA Gli adenomi sono spesso asintomatici ma in alcuni casi possono comparire alcuni sintomi soprattutto nel contesto dei polipi villosi che sono quasi sempre sintomatici. Si può avere ematochezie e perdita di sangue nelle feci (sia visibile che occulta), nei casi più gravi invece emorragia franca e visibile. In più si possono avere sintomi occlusivi per eccessiva grandezza del polipo, cambiamenti improvvisi della defecazione, dolori addominali e prolasso rettale. Negli adenomi villosi si manifesta spesso una sindrome ipersecretiva con ipokaliemia. DIAGNOSI Lo screening nei pazienti con polipi viene effettuato con la ricerca del sangue occulto nelle feci per rilevare eventuali sanguinamenti che indicano una progressione tumorale. Altre indagini più accurate sono il clisma a doppio contrasto e la colonscopia. L'esame endoscopico è l'unico che permette di visualizzare il polipo e determinarne la natura attraverso anche le biopsie. TERAPIA È essenziale considerare la polipectomia endoscopica come trattamento curativo nei confronti di quegli adenomi in cui si riscontrano foci di adenocarcinoma solo se: Il tumore non ha infiltrato la sottomucosa Il tumore ha infiltrato la sottomucosa ma lo spazio tra margine di resezione e neoplasia supera i 2 mm e la neoplasia non è indifferenziata. Negli altri casi è indicato il trattamento chirurgico. Gli adenomi se sono in numero minore di 10 vanno estratti con polipectomia endoscopica, altrimenti è più opportuno fare una resezione del segmento interessato. POLIPOSI FAMILIARE DEFINIZIONE Si tratta di sindromi ereditarie a trasmissione autosomica dominante che si caratterizzano per la presenza di numerosi polipi sulla parete del colon con altissimo potenziale di evoluzione maligna. Esistono 3 forme: Poliposi adenomatosa familiare (FAP) Sindrome di Peutz-Jeghers Poliposi giovanile La FAP è la più comune e colpisce circa 1/10000 nascite e si manifesta precocemente per cui è necessario fare uno screening di tutti i parenti di un affetto a partire dai 10 anni. Si stima che la comparsa dei polipi sia completa attorno ai 40 anni e da alcuni anni dopo è probabile che il paziente sviluppi un adenocarcinoma. L'evoluzione verso il carcinoma è quasi assicurata. Le altre 2 poliposi sono meno comuni e hanno un potenziale maligno minore e sono costituite non da polipi adenomatosi ma da amartomi. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PATOGENESI La patogenesi della FAP è caratteristica e ha permesso di valutare la cancerogenesi in modo accurato. L'alterazione iniziale è a carico del gene APC sul braccio lungo del cromosoma 5 che se alterato non riesce a controllare la proliferazione cellulare. Si associano poi altre modificazioni geniche che contribuiscono alla progressione della neoplasia. La patogenesi della Peutz-Jeghers vede invece la mutazione del gene STK11 mentre la poliposi giovanile mostra mutazione di Smad4. MORFOLOGIA Sono lesioni che si manifestano in tutto il colon, nella FAP può essere colpito anche lo stomaco e il duodeno. Esistono varianti come la sindrome di Turcot in cui il tumore si associa a medulloblastoma e la poliposi adenomatosa familiare attenuata che consiste nella formazione di una quantità minore di polipi e il cancro in tali soggetti compare attorno ai 49 anni. Nella sindrome di Peutz-Jeghers le lesioni sono soprattutto nel tenue e si presenta con macchie pigmentate mucose su labbra, bocca e cute. Gli amartomi possono essere causa di sanguinamento e anche di evoluzione verso la malignità. La poliposi giovanile è anch'essa associata alla produzione di amartomi. TERAPIA Consiste in uno screening accurato degli individui parenti di soggetti affetti da FAP e in caso positivo richiede un intervento chirurgico necessario di procto-colectomia con ileo-retto anastomosi e formazione di un reservoir ileale. Per le forme meno frequenti è opportuno fare una polipectomia endoscopica oppure asportare le porzioni interessate da un maggior numero di polipi. CANCRO DEL COLON E DEL RETTO DEFINIZIONE Il cancro del colon-retto è un adenocarcinoma frequente e aggressivo. Da solo comprende il 90% dei tumori maligni del colon. È il tumore più frequente di tutto il sistema gastro-enterico. EZIOLOGIA I fattori di rischio per lo sviluppo del cancro sono suddivisibili in ambientali e genetici. Il cancro può insorgere su un substrato di 5 possibilità diverse: 88. Sporadico (80%): forma più comune che insorge a seguito dello sviluppo autonomo di un adenoma nel colon che progredisce verso adenocarcinoma. Normalmente si tratta di pazienti che hanno un'età maggiore di 50 anni. FAP (1%): forma di cancro che colpisce pazienti più giovani, in media dai 40 anni in su ed è una forma più aggressiva clinicamente e associata ad un cariotipo altamente anomalo. HNPCC (5%): si tratta della sindrome di Lynch che consiste in una forma di cancro non associato a poliposi ma derivante da mutazione dei geni del mismatch repair preposti alla correzione degli errori di duplicazione e trascrizione del DNA. Spesso i geni più colpiti e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 alterati sono hMLH1 e hMSH2 che portano ad accumuli di errori e all'instabilità dei microsatelliti. La denominazione “non poliposica” indica che i polipi sono presenti ma la loro progressione verso la neoplasia è talmente veloce che non vengono rilevati. L'età di insorgenza è precoce (attorno ai 44 anni) e può essere associato a neoplasie extracoloniche come tumori dell'ovaio e dell'uretere, dell'endometrio e della pelvi. Si verifica soprattutto in sede prossimale alla flessura splenica ed ha un cariotipo diploide normale a differenza della FAP ma un comportamento clinico meno aggressivo. Rischio familiare alto (12%): i parenti di primo grado di pazienti con CCR devono essere seguiti nel tempo in modo accurato perchè hanno una probabilità di sviluppare la malattia molto più elevata della popolazione normale. IBD: le lesioni neoplastiche si inseriscono in un contesto di lunghi anni di RCU su mucosa piatta o su una massa. Esistono anche dei fattori ambientali che sembrano predisporre allo sviluppo del cancro anche se non sono stati accertati. Alcol: riduce i folati e predispone al cancro Fumo Cancerogeni ambientali che si accumulano a livello fecale e non vengono esportati Dieta povera di fibre e di folati. I folati hanno un ruolo protettivo nei confronti della prevenzione delle anomalie genetiche e le fibre hanno la funzione di aumentare il volume fecale e quindi la velocità di transito evitando il ristagno per lungo tempo di cancerogeni. PATOGENESI Il CCR è stato altamente studiato dal profilo genetico. Si ritiene che i processi di alterazione genetica corrispondano per la forma ereditaria e per la forma sporadica. La base è l'alterazione del gene APC. Una mutazione germinale predispone il soggetto a sviluppare il cancro nella sua vita, una mutazione somatica determina un inizio di proliferazione e formazione di adenomi. A questo punto l'evoluzione verso il cancro può procedere in 3 modi: Accumulo di mutazioni successive come k-RAS che consistono in un ingrandimento dell'adenoma e da qui l'accumulo di anomalie cromosomiche come aneuploidie ed instabilità che portano in ultima analisi all'alterazione di p53 che promuove definitivamente la proliferazione, l'antiapoptosi e l'angiogenesi. Si forma il cancro. È la modalità più frequente. A seguito della mutazione di APC si verificano alterazioni dei geni del mismatch repair ed in particolar modo anomalie del hMLH1 che viene silenziato per ipermetilazione del promotore. Le caratteristiche sono del tutto simili a quelle dell'HNPCC con alterazioni ed instabilità dei microsatelliti. Via del CIMP ossia progressivo silenziamento di geni oncosoppressori per mancata rimozione di gruppi metilici (ipermetilazione). Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CLINICA DIAGNOSI Il cancro nelle forme precoci e soprattutto che interessano il cieco e le porzioni di destra può essere facilmente asintomatico, mentre a sinistra e verso il retto dà più frequentemente anemia e sanguinamenti e alterazioni dell'alvo. In ordine decrescente la frequenza dei sintomi del CCR sono: 35. Sanguinamenti occulti 36. Sanguinamenti macroscopici 37. Anemia (da stillicidio cronico) 38. Dolore addominale (spesso diffuso e aspecifico o come fastidio) 39. Calo ponderale 40. Stipsi ed anoressia 41. Diarrea 42. Nausea e vomito 43. Tenesmo. Le principali complicanze del tumore sono perforazione, occlusione, invasione e compressione di strutture adiacenti e disseminazione locale al peritoneo e agli organi vicini e metastasi a distanza tipicamente a fegato, polmoni, encefalo e ossa. Anamnesi: importante l'età e la comparsa recente di rettorragia e tenesmo. Esplorazione rettale: tecnica diagnostica di prima istanza per vedere masse eventuali nella porzione rettale distale o anche per fare una diagnosi differenziale con ragadi, emorroidi e fistole perianali. Colonscopia: esame principale per determinare la presenza di un polipo in tutta la lunghezza del colon. In generale è maggiore di 1-2 cm ed ha massa irregolare a differenza del polipo benigno, in altri casi si può presentare come un'ulcera da cui c'è un sanguinamento attivo, oppure come una superficie stenosante. Biopsia: durante la colonscopia è opportuno prelevare del materiale bioptico da analizzare e nel 95% dei casi sarà un adenocarcinoma, mentre nei restanti casi sarà un linfoma o un carcinoiode. Esami ematochimici: ricerca nel sangue di markers come l'antigene carcinoembrionario e il CA19.9 ma hanno scarsa utilità diagnostica. Valutazione di un'anemia. Importante la diagnosi differenziale con patologie anali come emorroidi, ragadi e fistole che possono anch'esse dare sanguinamenti; IBD che possono essere sanguinanti; diverticolosi; sindrome dell'intestino irritabile; malattia funzionale e infezione o infiammazione. STADIAZIONE La stadiazione viene effettuata grazie alla TC addomino-pelvica per evidenziare anche eventuali metastasi o invasioni locali. Prevede l'uso del TNM: Stadio I: T1/2; N0, M0 invasione della mucosa, sottomucosa e muscolare. Sopravvivenza 80-100% a 5 anni Stadio II: T3/4; N0, M0 invasione del peritoneo. 50-75% vita a 5 anni Stadio III: qualsiasi T; N1-3, M0: invasione linfonodale, Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 sopravvivenza a 5 anni del 30-50% Stadio IV: M1, invasione metastatica e sopravvivenza a 5 anni del 5% TERAPIA La scelta terapeutica va posta in base alla stadiazione. L'unico intervento curativo è la chirurgia, ma non sempre è possibile a causa dell'invasione locale e a distanza, oltre alla condizioni cliniche del paziente. Quando possibile è necessario fare una polipectomia endoscopica, altrimenti si passa a chirurgia. Se la neoplasia è vicino al canale anale non si può fare una resezione del tumore senza intaccare l'ano per cui si fa una escissione addomino-perineale del retto con confezione di una ileostomia. Alternative o supporti alla chirurgia sono: Chemioterapia: che può essere fatta in modo adiuvante per i casi di stadio maggiore al primo e invece non deve essere fatta per il tumore in stadio I resecato e confinato alla muscolare perchè il rapporto rischio beneficio non è vantaggioso. Questa può essere applicata anche nel CCR avanzato in stadio IV come terapia palliativa. Può anche essere usata con infusione diretta nell'arteria epatica per curare le metastasi epatiche in alternativa a chirurgia o alcolizzazione. Radioterapia: si può effettuare una forma neoadiuvante per avere un vantaggio chirurgico nella riduzione della massa in modo da poter operare meglio. PREVENZIONE Vista la malignità e le caratteristiche aggressive del tumore è stato stilato un programma di screening in base alle varie situazioni. Per tutti i pazienti oltre i 50 anni è opportuno fare il SOF (ricerca di sangue occulto nelle feci) ogni anno, oppure una colonscopia ogni 10 anni che è sicuramente più accurata. Chiaramente i pazienti con CCR familiare in parenti di I grado, poliposi o presenza di adenomi, mutazione di APC e di uno dei geni del HPNCC o IBD devono essere sottoposti più di frequente agli esami di screening con colonscopia. Nei parenti di primo grado è opportuno fare un'indagine genetica per vedere eventuali mutazioni dei geni implicati nella patogenesi in modo da poter monitorare la situazione in caso positivo. CARCINOMA SQUAMOCELLULARE DELL'ANO CARATTERI GENERALI Si tratta di un tumore raro che insorge a livello anale e può essere confuso con emorroidi e ragadi in quanto si manifesta con emorragie, dolore e fastidio e gonfiore locale. È associato quasi sempre all'infezione da HPV 16. La diagnosi definitiva si fa con biopsia. La terapia prevede escissione locale, ma nelle forme invasive si fa chemio + radioterapia. Sopravv 50-70% a 5 anni. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 MALATTIE PROCTOLOGICHE Si tratta di una patologia molto frequente che si manifesta clinicamente con MALATTIA EMORROIDARI ematochezie tipicamente prima o dopo l'emissione fecale. Può associarsi a bruciore, prurito e fastidio perianale come sensazione di A corpo estraneo. Anatomicamente consiste nell'ostacolato deflusso venoso a livello dei plessi emorroidari interno ed esterno con degenerazione del tessuto connettivo di supporto. L'eziologia sembra associata a diversi fattori come la prolungata stazione eretta, la stipsi, la gravidanza e gli eventi prolungati di aumento di pressione addominale. Viene classificata in 4 gradi che vanno da congestione vascolare visibile solo all'esame proctoscopico, prolasso dell'anello emorroidario soprattutto durante defecazione con remissione spontanea, prolasso più consistente senza remissione spontanea ma possibile con manovre manuali fino al prolasso permanente con indurimento del derma. La principale complicanza è la trombosi che se è acuta provoca dolori molto intensi. La terapia principale è la legatura dei plessi o la sclerosi, associate ad una dieta accurata e priva di alimenti speziati e bevande alcoliche. Vanno preferite le fibre, in modo da favorire la fluidificazione delle feci ed evitare la stipsi che provoca un'aumentata pressione addominale. Tuttavia è necessario che non si verifichi fluidificazione eccessiva. Sconsigliata anche la vita sedentaria. Terapia topica anche con pomate di antinfiammatori, steroidi o anestetici locali. Patologia rara dovuta a ripetuti traumi e spesso associata a prolasso rettale ULCERA SOLITARIA DEL interno o esterno. La lesione di solito è sulla parete interna anteriore del retto. RETTO I sintomi sono vari e vanno da fastidio a sanguinamento, tenesmo, incontinenza o meno di frequente iperemia e lesioni polipoidi. Terapia alimentare e fluidificante le feci. PROLASSO RETTALE Il prolasso del retto può essere sia interno (quando tocca lo sfintere anale esterno) sia esterno quando fuoriesce dallo sfintere anale. È visibile anche macroscopicamente per la presenza di pieghe circolari a differenza del prolasso anale che vede pieghe radiali. I sintomi sono vari e vanno da fastidio, emorragie, sensazione di massa ma spesso sono asintomatici. A volte si associa al parto e per questo si verifica nelle giovani donne a seguito di perdita di resistenza del pavimento pelvico. Infatti non è infrequente l'associazione con un'incontinenza. Terapia per curare la stipsi ma dal punto di vista curativo è utile l'approccio chirurgico transaddominale o perineale. RAGADI ANALI Ulcerazione longitudinale che interessa principalmente la commissura posteriore del margine cutaneo-mucoso del canale anale. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 L'eziopatogenesi non è ben conosciuta ma può rappresentare un ulcera ischemica da difetto di perfusione o riparazione forse a seguito di stipsi come fattore predisponente. Lo sfintere interno risulta ipertonico e non si sa se sia una conseguenza di una risposta antalgica o una causa di ridotta perfusione. L'ulcerazione causa dolori acuti molto intensi durante la defecazione e bruciori che persistono per molte ore dopo l'evacuazione. La terapia prevede un approccio dietetico per avere feci più morbide o approcci locali con pomate che alleviano il dolore ma anche che fungono da riduttori del tono dello sfintere interno, sul quale si può agire anche attraverso tossina botulinica e dilatatori anali. INCONTINENZA Problema legato ad un'incapacità dell'individuo di mantenere volontariamente una continenza a solidi e gas. FECALE Normalmente la continenza è garantita dai 2 sfinteri anali, dal muscolo puborettale, dal pavimento pelvico, dalla compliance rettale, dalla sensibilità anorettale e dal volume, velocità e consistenza delle feci. La causa più frequente di incontinenza è una lesione al nervo pudendo che non permette una percezione adeguata dello stimolo, spesso questa lesione fa seguito al parto. Per una diagnosi si fa anamnesi, esame obiettivo con ispezione anale per escludere altre patologie organiche, la retto-sigmoidoscopia, l'endosonografia e la manometria anorettale per vedere le differenze pressiorie. La terapia prevede l'assunzione di cibi che aumentano la massa fecale. Inoltre ci sono tecniche di biofeedback per cui il paziente viene istruito a precepire una dilatazione di un palloncino all'arrivo dell'onda peristaltica e prevenire la fuoriuscita delle feci attraverso contrazione dello sfintere esterno. In altri casi il paziente preferisce effettuare dei clismi che consentano una pulizia rettale completa in modo da essere sicuri che per qualche tempo non ci sarà la defecazione. FISTOLE PERIANALI Si tratta di una patologia abbastanza frequente specialmente in età giovane nella sua forma isolata. Possono essere associate in certi casi al morbo di Crohn. Si tratta di comunicazioni anomale tra la mucosa anale e la superficie cutanea. In generale queste aperture si verificano in prossimità della linea pettinata qualche cm al di sopra del margine anale in corrispondenza delle ghiandole anali che sono ghiandole mucipare che emettono un secreto utile a lubrificare la mucosa anale. Queste possono essere sede di ritenzione di materiale fecale o traumi e corpi estranei e si infiammano andando a raccogliere materiale purulento che si fa strada verso l'esterno formando il passaggio fistoloso. Si suddividono in fistole trans-sfinteriche, intersfinteriche, soprasfinteriche. Le prime partono dalla linea pettinata e scendono fino alla fossa ischiorettale a qualche cm dal margine anale. Le intersfinteriche escono di fianco al margine anale mentre le soprasfinteriche vanno a interessare il muscolo puborettale e sboccano a distanza dall'ano. La diagnosi prevede ispezione, valutazione del passaggio fistoloso con specilli ma facendo attenzione a non rompere la parete neoformata per rischio di ascessualizzazione e creazione di nuove fistole. Oggi le tecniche meno invasive e più usate sono la RMN e l'ecoendoscopia transanale. La terapia prevede una pulizia dal materiale purulento, evitare la recidiva e Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 conservare la continenza fecale. Si può effettuare una fistulectomia ma per le lesioni meno gravi si fa una fistulotomia (anche se meno efficace). Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 OCCLUSIONI INTESTINALI DEFINIZIONE L’occlusione è determinata dall’arresto della progressione del contenuto intestinale con mancata emissione di feci e gas. Si dividono in: - funzionali Ileo paralitico - meccaniche Da ostruzione Da strozzamento EZIOLOGIA e PATOGENESI Occlusioni intestinali FUNZIONALI Sono provocate da numerose condizioni che agiscono sull’innervazione dei visceri splancnici o sulla contrattilità della muscolatura liscia quali: - peritonite (reazione di tipo reattivo) - interventi chirurgici sull’addome - riflessi a partenza da organi extraperitoneali (ovaio, uretere → colica ureterale) - lesioni del midollo spinale - farmaci (morfina, psicofarmaci, miorilassanti) - emoperitoneo - squilibri elettrolitici (ipopotassemia) - disidratazione Occlusioni intestinali MECCANICHE Sono quelle più frequenti e delle quali bisogna fare per prima la diagnosi. a) Ostruzione Alterazione della pervietà del lume intestinale senza compromissione della vascolarizzazione del tratto intestinale ostruito. Cause a) Parietale Stenosi neoplastica Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 b) Intraparietale Calcolo c) Extraparietale Compressione ab Angolatura da briglia estrinseco da massa Nell’ileo biliare vi è un calcolo che occlude l’ileo; non è però la massa che occlude ma è la reazione intestinale agli acidi biliari. L’ileo biliare è la conseguenza di una fistola colecisto-duodenale che deriva da una colecistite acuta suppurativa che si apre nel duodeno. Interessa pz anziani e diabetici. b) Strozzamento o strangolamento Comporta la compromissione della vascolarizzazione del tratto intestinale (perde la funzione peristaltica) interessato con possibile evoluzione verso la gangrena e la perforazione. Cause Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 a) da cingolo erniario d) da invaginazione b) da briglia aderenziale c) da volvolo L’invaginazione è tipica dell’età di sviluppo in quanto cambia il bambino cambia il regime alimentare (bambino che si sveglia piangendo più volte): si fa esplorazione rettale e si trova muco sanguinolento perché la parte erniata provoca emorragia. Il danno vascolare porta a un incremento di dimensioni (si ha blocco del deflusso venoso); in tal modo sviluppa anche l’occlusione arteriosa con conseguente ischemia. Nel bambino si fa un clisma opaco così aumenta la P interna consentendo di sbloccare l’ansa: infatti spingendo da fuori l’ansa non si sblocca ma aumentando la P interna sì. Nei casi in cui non si risolve la situazione si fa un'emicolectomia parziale. La causa di morte in tali pz era lo shock ipovolemico L’unica vera terapia in queste condizioni è reidratazione con terapia chirurgica (in qualsiasi condizioni): il malato non deve andare incontro a MOFs. CLINICA Dolore: il dolore è provocato essenzialmente dalle contrazioni peristaltiche e infatti a seguito dell'occlusione l'intestino a monte va incontro a un'ipercontrattilità per cercare di superare l'ostacolo e la dilatazione del peritoneo provoca dolori colici crampiformi che si esauriscono al termine dello spasmo. Il dolore nelle fasi gravi può scomparire del tutto e questo indica una situazione grave di scompenso motorio per cui l'intestino a monte dell'occlusione è completamente dilatato e perde le funzioni meccaniche ed assorbitive. Tanto più diffuso è il dolore e tanto più bassa sarà l'occlusione perchè la Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 peristalsi compensatoria interesserà una frazione maggiore dell'intestino. Vomito: è molto precoce più è alta l'ostruzione. Si divide in: ◦ Vomito gastrico: ricco di acido e rappresenta un'occlusione sopravateriana che causa un'alcalosi metabolica e perdita di elettroliti. ◦ Vomito biliare: occlusione sottovateriana con perdita di bicarbonato e bile e quindi acidosi metabolica. ◦ Vomito enterico ◦ Vomito fecaloide: occlusione molto bassa che provoca fermentazione batterica delle sostanze presenti nel tubo digerente e quindi è fortemente maleodorante. Finchè la valvola ileo-cecale rimane continente le occlusioni del colon non provocano vomito. Alterazioni sistemiche: squilibri elettroliciti dovuti alla dilatazione intestinale a monte dell'ostruzione con conseguente alterazioni della permeabilità e passaggio di elettroliti negli spazi circostanti e secrezioni di sostanze che dovrebbero essere assorbite. Meccanismi di compenso: tachicardia, oligo-anuria e insufficienza renale, tachipnea, stimolo simpatico ed adrenergico conseguente all'ipovolemia. DIAGNOSI 1) Anamnesi - Stipsi cronica? - Assunzione di psicofarmaci o oppioidi? - Interventi chirurgici pregressi? - Recenti cambiamenti delle abitudini dell’alvo? - Alvo chiuso a feci → subocclusione a feci e gas → occlusione - Caratteristiche del vomito alimentare → occlusioni sopravateriane biliare → occlusioni sottovateriane fecaloide → occlusione sede distale (aspetto delle feci) - Dolore di tipo colico → occlusione meccanica (intestino a monte tenta di superare l’ostacolo attraverso un'iperperistalsi) continuo → ileo paralitico e occlusione meccanica in fase tardiva con dilatazione del segmento a monte che esaurisce le proprietà peristaltiche assente → alcune occlusioni funzionali 2) Esame obiettivo Addome - Distensione localizzata a certe aree generalizzata - Iperperistalsi occlusione meccanica - Assenza di peristalsi ileo paralitico Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 occlusione meccanica in fase tardiva N.B. Alcune volte si può trovare la regione della fossa iliaca dx completamente vuota; l’invaginazione ileo-ceco-colica ha svuotato la fossa iliaca dx (massa palpabile nella regione sovraepatica e poi “nulla”). Soprattutto nel post-operatorio è molto importante l’uso del fonendoscopio per controllare la ripresa della peristalsi. Ricerca di ernie - Cicatrici laparotomiche? Esame generale - disidratazione cute secca, anelastica, pallida lingua asciutta e impanata sete - ipotensione - oliguria a) Palpazione - non si ha contrattura di difesa - (+ spesso) dolente la palpazione profonda - masse palpabili? Vi possono essere reperti specifici fossa iliaca ds disabitata + massa in ipocondrio ds Invaginazione ileo-ceco-colica fossa iliaca sin. disabitata + Volvolo del sigma distensione asimmetrica dell’addome b) Percussione - timpanismo diffuso o localizzato c) Auscultazione - iperperistalsi o peristalsi assente 3) RX addome diretto - Ileo paralitico Colon dilatato Ileo dilatato Aria in ampolla rettale - Occlusione meccanica alta Livelli idroaerei (percepibili anche con la manovra del ballottamento all'esame obiettivo) Cornice colica non visualizzabile Non aria in ampolla Se l’occlusione è alta il colon funziona (fino a che non sopraggiungono le Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 complicanze legate a alterazioni vascolari): dunque il pz può riferire di essere andato di corpo. - Occlusione meccanica bassa Cornice colica dilatata fino al sigma In genere è causata da una neoplasia del retto-sigma o da diverticolite (è la causa più frequente di emorragie digestive basse e di occlusioni meccaniche basse) - Ileo biliare N.B. In caso di ileo biliare viene sempre operata l’occlusione e Aerobilia mai la fistole (è ad altissimo rischio) Calcolo Distensione ileale 4) Gastrografin 5) Clisma opaco → può essere terapeutico nell’invaginazione 6) Ecografia, TC (all’eco se c’è aria non si vede niente) N.B. Il Gastrografin ha ottimo effetto nel stimolare la peristalsi e la ricanalizzazione quando l’occlusione non è totale. TERAPIA - Ripristino della volemia - Sondino naso-gastrico - Intervento d’urgenza → occlusioni meccaniche ERNIE GENERALITA' N.B. L’ernia diaframmatica può dare occlusioni intestinale e sintomatologia dolorosa N.B. La linea di Spigelio è la linea che delimita i muscoli pelvici; è l’unico punto dove non ci sono muscoli: attraverso le fasce tendinei si possono evidenziare le ernie. a) Ernie congenite Il sacco ed il contenuto sono presenti alla nascita, o il sacco preformato viene abitato dopo la nascita Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 b) Ernie acquisite Si formano dopo la nascita attraverso la dilatazione di formazioni anatomiche particolari quali: - canale inguinale - anello femorale - anello ombelicale - forame otturatorio - linea alba - triangolo di Petit - quadrilatero di Grinfelt - iato esofageo del diaframma c) Ernie dirette Si formano quando il viscere raggiunge direttamente il sottocutaneo d) Ernie indirette Si formano quando il viscere raggiunge il sottocutaneo attraverso un canale naturale o percorrendo vie patologicamente costituitesi. PERITONITE GENERALITA' Si parla di peritonite in un caso di infiammazione acuta del peritoneo. EZIOLOGIA 1. Classificazione eziologica a) Primitive o spontanee Tipiche dell’infanzia (pneumococciche o streptococciche) o di malattie croniche quali la cirrosi. b) Secondarie - Batteriche - Chimiche - Granulomatose Iatrogene Tubercolari Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 PATOGENESI 2. Classificazione patogenetica a) Senza perforazione b) Con perforazione - Post-traumatiche - Non traumatiche - Post-operatorie Nelle ferite da arma da taglio/punta non sempre si riconosce bene la lesione (c’è un buco piccolissimo); però il pz è peritonitico (il corpo ha perforato l’ansa). 3. Classificazione per sede a) Diffuse b) Circoscritte - Ascesso sub frenico - Ascesso appendicolare - Ascesso diverticolare - Ascesso pelvico CLINICA Sintomi - Dolore 89. esordio: improvviso per le forme perforative (a “colpo di pugnale” nella perforazione duodenale), più subdolo nelle forme non perforative o localizzate 90. sede: diffuso nelle forme generalizzate, a sede scapolare nell’ascesso subfrenico, in fossa iliaca dx nell’ascesso appendicolare o sx in quello diverticolare, pelvico o sovrapubico nella pelviperitonite - Nausea, vomito - Alvo chiuso a feci e gas - Febbre DIAGNOSI 1) Anamnesi 2) Esame obiettivo Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 a) Ispezione stato generale compromesso agitazione respiro superficiale b) Palpazione 44. contrattura di difesa della parete addominale,localizzata o generalizzata di vario grado fino alla rigidità (addome “ligneo” o “a tavola”) 45. segno di Blumberg: dolore “di rimbalzo” alla repentina interruzione della palpazione profonda c) Percussione Scomparsa dell’aia di ottusità epatica nella perforazione d) Auscultazione Peristalsi assente 3) Esplorazione rettale Dolente 4) Parametri vitali ipertensione (fasi iniziali), ipotensione (fasi tardive) tachicardia oliguria tachipnea 5) Laboratorio: leucocitosi 6) RX addome diretto: falce d’aria sottodiaframmatica (perforazione), livelli idroaerei (ileo paralitico o ostruzione meccanica bassa ) 7) Ecografia, TC: evidenze raccolte (addome acuto → deve fare sempre TC TERAPIA - Ripristino della volemia (manovra che determina la sopravvivenza del pz) - Monitoraggio e supporto delle funzioni vitali - Intervento d’urgenza, possibilmente dopo avere stabilizzato il pz - Aspirazione e drenaggio per via eco-TC guidata in caso di peritoniti circoscritte. APPENDICITE ACUTA GENERALITA' L'appendicite acuta è un'infiammazione dell'appendice che si verifica a seguito di un'ostruzione del lume del viscere conseguente a: Iperplasia dei follicoli linfatici Presenza di un coprolita che causa un'infezione Corpi estranei o stenosi infiammatorie. Il muco continua ad essere secreto e favorisce la proliferazione batterica con danno alla parete appendicolare che può progressivamente rompersi e causare una perforazione con conseguenza quasi sicura di peritonite. In genere è associata a nausea ed anoressia oltre al dolore che può essere variabile in base alla posizione dell'appendice. Normalmente si riscontra un segno di Murphy positivo. Esistono anche altre tecniche come positività al Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 segno dello psoas, positività del Bloomberg su tutti i quadranti progressivamente in caso di perforazione, temperatura corporea alta ma che si eleva molto di più in caso di perforazione e peritonite. Al clisma opaco il lume dell'appendice non si riempie di mdc. Il trattamento tipico è l'appendicectomia sia per via laparoscopica che per via laparotomica. Il primo non viene effettuato nei casi di peritonite diffusa con ascessi multipli. Forme anatomo – cliniche di appendicite acuta a) Flemmonosa b) Catarrale c) Gangrenosa Possibili sedi anatomiche dell’appendice. Punti di dolorabilità dell’appendice La malrotazione intestinale porta alla formazione di diverse membrane peritoneali. Un appendice può simulare tutte le patologie possibili e immaginabili ADDOME ACUTO Indica uno stato di dolore acuto addominale che necessita molto spesso di un intervento chirurgico per ristabilire la situazione. Le cause principali sono: Peritonite: dolore acuto che insorge in genere in una porzione precisa dei quadranti addominali dai quali si può risalire all'eziologia in modo ipotetico e grossolano. Il dolore deriva sostanzialmente dall'irritazione del peritoneo parietale in cui sono contenuti numerosi nocicettori. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 L'addome risulta intrattabile alla palpazione della zona specifica con resistenza e dolorabilità sia alla palpazione sia a rimbalzo (segno di Bloomberg). La peristalsi è mantenuta anche se nei casi più gravi si può verificare un'occlusione intestinale che limita nelle fasi finali la peristalsi. Perforazione: il paziente riferisce dolore diffuso a tutti i quadranti, ha nausea e vomito a causa della distensione addominale massiva. Nelle prime ora l'addome è trattabile, dopo qualche ora compaiono le contrazioni difensive del retto dell'addome e il segno di Bloomberg. All'auscultazione scompaiono i suoni di attività peristaltica. All'Rx si visualizza la tipica falce d'aria sottodiaframmatica. In poco tempo il paziente diventa tachipnoico, tachicardico e ipoteso a seguito della perdita di sostanze ed emorragia. Occlusione acuta: paziente si presenta con alvo chiuso a feci e gas, vomito, dolore che in base alla diffusione indica l'altezza dell'ostruzione. La continua produzione di secreti intestinali e l'incapacità assorbitiva associata al vomito provoca squilibri idroelettrolitici ed acido base che portano in molti casi a shock che risulta essere la principale causa di morte. Affezioni vascolari acute Cause ginecologiche Il dolore dell'addome acuto è utile per identificare le varie cause. Se il paziente ha un dolore intermittente e molto intenso (spastico) che lo rende irrequieto e cambia continuamente posizione si tratta di una colica renale o biliare. In certi casi si può trattare anche di un iperperistaltismo da occlusione intestinale. Se il dolore è intenso, continuo, di tipo viscerale e poi parietale che non permette al paziente di muoversi a causa del maggior dolore si tratta di un dolore peritonitico associato anche a riduzione della peristalsi. Anche l'irradiazione del dolore è importante nei parametri diagnostici. L'esplorazione rettale dovrebbe sempre essere parte integrante dell'esame obiettivo per vedere estensioni peritonitiche (ad es.) al retto. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 EMORRAGIE DIGESTIVE DEFINIZIONE Le emorragie digestive possono essere - superiori (origine a monte del Treitz) : 85-90%: è in genere evento drammatico - inferiori (origine a valle del Treitz) : 10-15%: è meno allarmante L’angolo del Treitz si forma quando il duodeno diventa digiuno ed è sospeso dal Treitz legamento del Treitz che parte dal pilastro diaframmatico dx. EZIOLOGIA Le cause più frequenti sono: - Esofago Varici Esofagite Sindrome di Mallory-Weiss - Stomaco Gastrite acuta emorragica Gastrite acuta erosiva Ulcera peptica Gastropatia congestizia - Duodeno Ulcera peptica Duodenite acuta erosiva - Tenue 91. Volvolo 92. Invaginazione 93. Diverticolo di Meckel (causa principale nei bambini di emorragia bassa) 94. Infarto intestinale - Colon Polipi, carcinoma Colite ulcerosa Diverticolite (causa principale negli anziani) Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Colite ischemica - Retto Emorroidi Neoplasie PATOGENESI Le patologie prevalenti sono le varici esofagee (10%) e la malattia peptica (47%); già l’osservazione di pz che presentano emorragia digestiva permette una prima diagnosi: - se il pz si presenta confuso, sonnolente si tratta in genere di sanguinamento da varici esofagee; ciò è dovuto all’encefalopatia epatica che si instaura a seguito dell’iperammonemia. - se il pz si presenta agitato, lucido, preoccupato si tratta in genere di una malattia peptica. La sindrome di Mallory-Weiss (7%) è caratterizzata dalle fissurazioni esofagee che si verificano in seguito a episodi di vomito forzati; tali fissurzioni sono longitudinali e possono interessare anche la sottomucosa determinado emorragie. Per quanto riguarda le varici esofagee oggi non vengono eseguite più operazioni chirurgiche (anastomosi porto-cavali) ma si ricorre direttamente al trapianto di fegato in modo da risolvere la causa (cirrosi epatica) che ha portato all’ipertensione portale. La gastropatia congestizia è anch’essa legata all’ipertensione portale. Ma anche gastropatia da FANS ed erosiva da stress elevati. Il volvolo è la torsione di un’ansa intestinale sul suo asse vascolare: se incompleta si ha un aumento della P venosa e quindi emorragia se completa si ha infarto intestinale L’invaginazione ileo-ceco-colica è una patologia clinica del bambino; l’ileo si invagina nel colon con ostacolo al deflusso venoso e si inturgidisce l’ansa invaginata. Appena si sospetta la patologia si fa clisma opaco e in genere si riesce a risolvere la situazione. La colite ulcerosa (11%) può dare emorragie molto gravi. I diverticoli del colon (43%) rappresentano un’estroflessione della mucosa e sottomucosa (pseudodiverticoli) in zone di minor resistenza della parete del colon in corrispondenza dell’ingresso dei vasa recta (arterie) in tratti del colon sottoposti ad elevati regimi pressori; nel diverticolo si forma coprolita che irrita la mucosa dell’anello dove passa il vaso perforante; è una delle cause più frequente di emorragia e anemizzazione nelle persone anziane. La proctite attinica (6%) è dovuta alle radiazioni (più frequente in passato) L’angiodisplasia (0,5%)è una patologia subdola e di difficile diagnosi che può interessare tutto il tratto gastroenterico (dallo stomaco fino al retto) in Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 maniera multicentrica; si caratterizza per emorragie che si verificano saltuariamente. Principale causa di emorragie occulte. CLINICA 1. Sintomi diretti 46. Ematemesi 47. Melena 48. Enterorragia 49. Ematochezie 50. Sanguinamento occulto a) Ematemesi Vomito di materiale ematico causato da un sanguinamento abbondante (almeno 1 L), a monte del Treitz. Il sangue emesso può avere due aspetti: - Rosso vivo: con assenza di coaguli, che riempie rapidamente lo stomaco inducendo il vomito ed è espressione di sanguinamento rapido e grave (assenza di metabolizzazione) - Caffeano: sangue più scuro e misto a coaguli, indicativo di un più lungo periodo di soggiorno nello stomaco, dove subisce l’azione dell’acido cloridrico, per cui l’emoglobina viene convertita in ematina, conferendo al sangue il tipico aspetto a ”fondo di caffè” (espressione di sanguinamento lento ma grave) b) Melena Emissione di feci liquide che assumono un colore blu piceo (nero come la pece), di aspetto catramoso, per la presenza di sangue digerito e maleodorante (scatolo e indolo), a causa della fermentazione da parte dei batteri nel sigma. Tale sanguinamento può insorgere in qualunque punto del tubo digerente, purché il tempo di transito del materiale ematico sia sufficientemente lungo da consentire la trasformazione dell’emoglobina in ematina da parte dei batteri intestinali e la concentrazione del bolo (sangue digerito). Segno di emorragia massiva se associato ad ematemesi. Le principali caratteristiche sono: - è associata ad emorragia medio-alta; - è espressione di un sanguinamento non eccessivo; - un piccolo sanguinamento circoscritto può dare melena anche per 5 giorni. A volte se il sanguinamento è massivo si verifica una effetto lassativo del sangue in intestino e quindi una velocità di transito maggiore e incapacità di trasformare l'emoglobina in ematina e così si ha un'emissione di melena rosso-vivo che può simulare un'ematochezia. c) Enterorragia Emissione aborale di sangue rosso vivo, che tende a coagulare; è espressione di una emorragia bassa (o alta con iperperistalsi); può assumere valenze diverse in rapporto alle feci: - enterorragia+diarrea+muco e pus → RCU o MC - sangue frammisto a feci → sanguinamento dell’ampolla rettale Una tipica sede di enterorragia è il diverticolo di Meckel dove possono essere presenti isole di mucosa gastrica che a seguito dell’ipersecrezione gastrica va incontro a ulcerazione. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 d) Ematochezia Presenza di sangue che bagna la superficie delle feci o emesso al termine della defecazione; è espressione esclusiva di un sanguinamento ano-rettale a valle dell’ampolla. e) Sanguinamento occulto Emissione cronica di un piccolo quantitativo di sangue (50-100 ml) commisto a feci, rilevabile solo attraverso indagini di laboratorio. 2. Sintomi generali Pallore Tachicardia Ipotensione Dispnea Lipotimia Exitus - Emorragie massive acute: instabilità emodinamica (riduzione della P arteriosa dal clinoall’ortostatismo > di 10 mmHg) shock emorragico conclamato - Emorragie croniche: anemia sideropenica DIAGNOSI 1) Anamnesi Si cercano le cause che possano giustificare una emorragia: - Assunzione di antinfiammatori - Assunzione di steroidi - Assunzione di alcool - Traumi - Recente chirurgia maggiore - Vasculopatia - Epatopatia 2) Esame obiettivo Atteggiamento - vigile, ansioso - obnubilato, indifferente o agitato Cute - pallida, sudata - itterica Parametri vitali - pressione arteriosa - polso - diuresi - respiro N.B. I punti dove si vede più facilmente lo stato anemico sono il palmo della mano e il frenulo della lingua (soprattutto nelle persone di colore). Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Il sistema più semplice per riconoscere un pz disidratato è la pressione bimanuale del bulbo oculare: il dito infatti si affonda maggiormente. 3) Esami più approfonditi - Sondino naso-gastrico: sangue in stomaco permette di diagnosticare emorragia alta, assenza di sangue non è detto che escluda l'emorragia alta perchè potrebbe essere emorragia duodenale con piloro competente. Tuttavia se viene prelevata anche bile in assenza di sangue si può escludere emorragia superiore. - Esplorazione rettale: se c'è melena è quasi possibile escludere emorragia bassa visto che per provenire dall'intestino l'emorragia dovrebbe essere scarsa e con transito intestinale rallentato. - Ispezione ano-perineale - Ispezione oro-faringe - Feci/ Materiale emesso col vomito in visione - Auscultazione di rumori peristaltici: accentuati nell'emorragia alta. 4) Esami di laboratorio - Esame emocromocitometrico: evidenzia l'emorragia solo dopo qualche ora, utile invece per le emorragie croniche di lieve entità. - Esame biochimico completo - Valutazione parametri emocoagulativi - Rapporto azotemia/creatinina è elevato nelle emorragie alte e ridotto in quelle basse. N.B. L’emocromo non è un esame fedelissimo subito dopo l’emorragia; subito non si trova niente dopo l’organismo mette in circolo acqua e si avrà diminuizione di Hct. 5) Esami strumentali - Esofagogastroduodenoscopia - Pancolonscopia: principalmente per le emorragie inferiori, ma senza alterazioni gravi dei parametri emodinamici, in tal caso si fa un'angiografia. - RX tenue con m.d.c. - Angiografia - Enteroscopia con videocapsula: utili nel caso di emorragia occulta a seguito di emorragia continua ma negatività all'EGDS e alla pancolonscopia. - Enteroscopia con doppio pallone: stesso discorso della precedente. EGDS E’ un’indagine diagnostica di I livello nelle emorragie digestive alte; rende possibile diagnosticare la sede e la causa del sanguinamento e consente di intervenire terapeuticamente durante la stessa seduta. Pancolonscopia E’ un esame diagnostico di I livello nelle emorragie digestive basse; consente anch’essa di visualizzare direttamente la sede e la causa del sanguinamento e di intervenire con procedure terapeutiche. Tubo digerente con m.d.c. E’ un’indagine diagnostica di II livello; è indicata nel caso che l’endoscopia digestiva risulti negativa o a completamento di altre indagini diagnostiche; impedisce però la esecuzione di un angiografia successiva. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Angiografia E’ un’indagine diagnostica di II livello; è indicata nel caso che l’endoscopia digestiva non sia diagnostica e nei sanguinamenti cronici. TERAPIA La prima e principale manovra diagnostica è risolvere l’ipotensione (bisogna espandere la massa ematica). Poi bisogna capire l’entità e la velocità dell’emorragia tramite il SNG (lungo circa 54 cm che va nello stomaco), si aspira e si mette a caduta. In seguito bisogna controllare che i sistemi principali siano perfusi (attraverso catetere vescicale vediamo se la diuresi è conservata). Se il sanguinamento è dovuto a varici (pz cirrotico, itterico confuso) si utilizza un particolare sondino che appunto permette di effettuare tamponi nell'esofago e nella parte superiore dello stomaco in cirrotici; consiste in un tubicino di gomma flessibile dove vicino all'estremità distale (4-5 cm) sono posizionati due "palloncini" e all'estremita prossimale (quella che rimane in mano al chirurgo per intenderci) sono posizionate tre diverse aperture. Viene infilata attraverso le cavità nasali e tramite il "palloncino" più distale ancorata sotto il cardias. L'altro "palloncino" viene gonfiato per andare a fare pressione sulle pareti dell'esofago e bloccare l'emorragia in atto. Tramite il tubicino inoltre si riesce ad aspirare liquidi (sangue spesso, ma anche vomito fecale) dallo stomaco per ripulirlo ma anche per farli analizzare. Le principale complicanze sono date dalla formazione di un escara nel naso e dal fatto che non può essere tenuto più di 24 h per rischio di emorragia esofagea. C’è anche una sonda più grande che permette il passaggio di ingesti. Terapia medica - Ripristino volemia (fluidi, sangue) - Farmaci: antiacidi, antisecretivi (antiH2, omeprazolo) e riducenti flusso splancnico (vasopressina, somatostatina, ocreotide), PG (nei confronti della gastropatia erosiva sanguinante soprattutto da FANS), beta-bloccanti (per la prevenzione del sanguinamento da varici esofagee visto che riducono la GC e inducono vasocostrizione splancnica) - Sondino Naso Gastrico: lavaggi con H20 fredda Terapia endoscopica dell’ulcera peptica - Terapia iniettiva adrenalina soluzione (1:10.000-1:20.000) - Terapia sclerosante adrenalina + polidocanolo polidocanolo etanolo - Sonde termiche elettrocoagulazione Laser (Nd:YAG) - Terapia meccanica clips metalliche Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 Terapia endoscopica delle varici esofagee - Terapia sclerosante polidocanolo cianoacrilato - Sonda di Sengstaken-Blakemor - Legatura chirurgica Terapia radiologica - Infusione selettiva di farmaci vasocostrittori - Embolizzazione selettiva Terapia chirurgica - indicazioni - Fallimento terapia medica e/o endoscopica - Recidiva emorragica dopo terapia endoscopica - Emorragie massive non controllabili Il problema più grande dei pz con patologie esofagee è la disfagia (pz non mangia). Ora vi è la nutrizione parenterale ma fino a qualche anno fa bisognava che il pz assumesse alimenti. Le strade erano due: - dilatazione pneumatica della stenosi risolve solo stenosi benigna da reflusso (stenosi circolari) - attraverso guida fa alimentazione L’ultima terapia è quella di bucare lo stomaco e inserire sondino per alimentare. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CHIRURGIA Digestiva ESOFAGO MIOTOMIE Interventi che consistono nel taglio di alcune fibre muscolari esofagee e vengono utilizzati per curare problemi motori come acalasia, spasmo esofageo diffuso e diverticolosi. La miotomia consiste in un taglio delle fibre seguito da una lieve erniazione della mucosa per ricoprire il muscolo leso con nuova mucosa. - In acalasia viene effettuata una miotomia a livello della porzione bassa esofagea al fine di riportare la pressione dell'esofago a livelli standard e ridurre la contrazione del SEI. Il taglio viene effettuato con una lunghezza di 5-7 cm sulla parete esofagea e proseguito per 2 cm nella parete anteriore dello stomaco. Questa pratica richiede al termina una plastica antireflusso perchè il SEI risulta incontinente. - In spasmo esofageo diffuso si fa una miotomia esofagea toracica lunga estesa all'unione tra il terzo superiore e medio e il SEI. - Il diverticolo viene tolto attraverso una diverticulectomia associato però ad una miotomia che parte dal colletto e raggiunge il SEI. Consiste in una plicatura del fondo gastrico all'esofago terminale in modo da PLASTICHE ANTIREFLUSSO configurare una barriera anatomica anti-reflusso. Viene utilizzata nei pazienti con MRGE che non rispondono alla terapia medica, che rispondono alla terapia ma una volta sospesa riprendono la sintomatologia, pazienti con ridotta compliance alla terapia e pazienti con complicanze come Barrett o stenosi. Ma è utile anche per i pazienti che subiscono una miotomia del SEI. Ci sono stati diversi autori che hanno proposto modifiche all'intervento, oggi la tecnica più usata è una plicatura che richiede solo l'utilizzo della parete anteriore del fondo gastrico. Importante è anche la lunghezza del cappio, in quanto se è troppo lungo tende a dare un'incapacità di rilassamento del fondo gastrico con gas-bloat-syndrome. ESOFAGECTOM Consiste in un intervento demolitivo in cui viene asportato tutto l'esofago. Le indicazioni sono neoplasie esofagee maligne, ingestione di caustici che hanno IA TOTALE causato grosse stenosi, megaesofago scompensato e perforazioni. Si può effettuare in 3 modi: Esofagectomia toracotomica: vengono fatte 3 incisioni, una a livello del 5° spazio intercostale da dove viene estratto l'esofago, una addominale in cui viene prelevato il viscere da trasporre in esofago ed una cervicotomia in cui viene preparato l'esofago cervicale all'anastomosi. In generale per l'anastomosi viene utilizzato il colon o lo stomaco. Nel caso di patologie benigne viene utilizzato il colon sinistro formando una esofagocolon-plastica cervicale ed una colonRiassunti GEM - Luca Croci - 2009 gastro-plastica toracica. Esofagectomia transiatale: metodo sempre più usato a causa della sua minor invasività e netta riduzione della morbilità e mortalità intraoperatoria. È utilizzata soprattutto per le lesioni benigne visto che per le maligne non è possibile effettuare un'adeguata linfadenectomia. Esofagectomia transiatale laparoscopica: si effettuano 5 incisioni a livello addominale e un'incisione cervicotomica sinistra. ESOFAGECTOM Si tratta di interventi utilizzati nei casi di stenosi peptiche del terzo inferiore dell'esofago o adenocarcinoma del cardias e del fondo gastrico risalente in IE PARZIALI esofago associato alla gastrectomia. Al massimo si arriva a livello della vena azigos. Il resto viene sostituito con colon sinistro o con un'ansa digiunale. ESOFAGOGAST Sono interventi molto invasivi e grandi che interessano una toraco-cervicolaparotomia per estrarre totalmente l'esofago e lo stomaco, vengono indicate RECTOMIE nei casi molto gravi di ingestione di caustici ma soprattutto per gli adenocarcinomi gastrici risalenti per un lungo tratto esofageo. Sostituzione con il colon sinistro (esofagocolon plastica cervicale + colodigiunostomia addominale) CONSEGUENZE In genere la sostituzione dell'esofago con il colon o lo stomaco non dà problemi nel senso che la mancanza dell'esofago può essere sopperita da un'alimentazione in stazione eretta o seduta visto che è abolita la peristalsi. Il colon viene usato nelle patologie benigne, lo stomaco privilegiato nelle maligne. Problemi conseguenti certi sono il reflusso GE nel moncone esofageo rimasto e questo viene trattato con una fundoplicatio gastrica. Altre complicanze possono riguardare la nutrizione che causa spesso un calo ponderale a causa della vagotomia e della sensazione di ingombro mediastinico per l'uso del viscere sostitutivo. TRAUMI I traumi esofagei sono esterni, iatrogeni o da ingestione di corpi estranei. Se il danno è modesto si può fare terapia conservativa, altrimenti si effettua chirurgia in breve tempo, se entro le 12-24 ore si può fare sutura diretta della lesione. In caso di ritardo si effettua un drenaggio del mediastino ed una nutrizione parenterale totale aspettando la guarigione per seconda intenzione. La mortalità resta alta. STOMACO RESEZIONE GASTRICA Si tratta di un intervento in cui viene tolta una porzione dello stomaco e in generale riguarda la resezione del tratto antro-pilorico. Le indicazioni prevedono una gastrite erosiva emorragica, neoplasie gastriche antro-piloriche e complicanze dell'ulcera peptica gastrica o duodenale come emorragia, perforazione e stenosi. Asportazione della regione antro-pilorica con porzioni del duodeno Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 prossimale associate a 2/3 dello stomaco. Questo implica l'annullamento delle cellule che producono gastrina, fattore intrinseco, alterazioni vagali e anomalie anche a livello della mucosa secernente acido. La continuità viene ripristinata in 2 modi: Anastomosi gastro-duodenale (Billroth I): attualmente è stata messa da parte perchè il rischio di ripresentazione di un'ulcera o una neoplasia nel moncone di duodeno rimasto è elevata. Gastro-digiunostomia (Billroth II): intervento usato primariamente in questi casi e la porzione gastrica rimanente viene messa a contatto con il digiuno ma anche qui ci sono complicanze come la gastrita alcalina da reflusso di bile a livello del moncone gastrico residuo che può predisporre a displasia e carcinoma. Questo problema viene ovviato grazie ad un passaggio della bile a 60-70 cm dalla giunzione gastro-digiunale. GASTRECTOMI Viene effettuata nei casi gravi di adenocarcinoma gastrico insorto nel corpofondo e gastrite erosiva emorragica non trattabile con i farmaci. A TOTALE Consiste nell'asportazione totale dello stomaco e si ristabilisce la continuità tramite: Esofago-digiunostomia terminolaterale su ansa Roux Esofago-digiunostomia terminolaterale su ansa omega. Il duodeno è sempre escluso in questi casi per ampia probabilità di recidiva della patologia di base. CONSEGUENZE Diarrea: dovuta ad una compromissione della motilità intestinale da vagotomia inevitabile e all'aumentato transito intestinale dovuto alla mancanza del serbatoio gastrico. Malassorbimento: associato sia alle cause della diarrea sia a ridotta secrezione bilio-pancreatica per assenza degli ormoni intestinali inducenti. Necessaria una dieta con piccoli pasti ad alto contenuto energetico. Anemia: sia megaloblastica per assenza di fattore intrinseco e ridotto assorbimento di folati, sia microcitica per ridotto assorbimento di ferro. Dumping syndrome: tachicardia, vertigini, lipotimie, sudorazione a seguito del pasto, probabilmente dovuto a svuotamento troppo veloce che porta ad un aumento di osmolarità intestinale e richiamo di liquidi verso l'intestino con conseguente ipovolemia sistemica. Gastrite alcalina Recidiva della patologia di base Maggiore incidenza di litiasi biliare: forse legata ad un difficoltoso drenaggio biliare e colestasi che favorisce la formazione di calcoli. DUODENO ENUCLEAZIONI Asportazione extramucosa di formazioni benigne come fibromi, adenomi e leiomiomi, talora è efficace fare una duodenotomia. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 RESEZIONI In caso di patologie maligne del duodeno che colpiscono il bulbo si fa una resezione gastrica con ripristino anatomico secondo Billroth II. In caso di patologia che colpisce la terza e quarta porzione della C duodenale si fa una duodenectomia totale resecando i legamenti. Nel caso di lesione della porzione discendente si deve fare una duodenocefalopancreasectomia per i rapporti stretti col pancreas. Nelle ulcere duodenali si fa una gastroresezione secondo Billroth II. PANCREAS DUODENOCEFA Intervento molto frequente indicato in varie occasioni come neoplasie della LOPANCREASE testa pancreatica che interessano inevitabilmente anche il duodeno, neoplasie duodenali che interessano il tratto discendente, ampullomi maligni. CTOMIA La tecnica prevede la resezione del duodeno e della testa del pancreas lasciando il corpo-coda. Viene interrotta la via biliare e la via pancreatica che richiedono una derivazione. Infatti viene effettuata una derivazione digestiva gastrodigiunale, una derivazione biliare coledoco-digiunale ed una pancreaticodigiunale in modo che i secreti digestivi possano arrivare all'intestino. Nell'intervento di Whipple viene tolto anche l'antro gastrico ed è la modalità più utilizzata. Esiste una variante che è l'intervento di Traverso-Longmire che risparmia l'antro gastrico e il piloro in modo da evitare il reflusso di bile nello stomaco. DUODENOPANC Intervento con le stesse modalità precedenti però indicato nei casi di REASECTOMIA neoplasia o interessamento pancreatico non limitato alla testa ma che si espande anche al corpo e alla coda. TOTALE Asportando in toto il pancreas non si fa l'anastomosi pancreatico-digiunale. PANCREASECT OMIA DISTALE Viene effettuata nel corso di neoplasie cistiche che colpiscono la parte distale oppure pancreatiti croniche, pseudocisti, fistole e traumi pancreatici. Nel caso di neoplasia maligna è necessario asportare anche la milza per le possibili invasioni locali. PANCREASECT OMIA CON PRESERVAZION E DEL DUODENO Intervento indicato solo in alcuni casi in cui ci sia una neoplasia pancreatica cistica benigna o pancreatite cronica fibrocalcifica. È una metodica poco affidabile anche perchè su una pancreatite cronica può insorgere un adenocarcinoma e quindi va fatta solo durante chirurgia. INTERVENTI PALLIATIVI Sono metodiche che si mettono in pratica quando il tumore è a stadio molto avanzato e già diffuso per cui non si può operare. Si può effettuare una derivazione biliare per risolvere l'ittero nel caso di tumore cefalopancreatico con anastomosi coledoco-digiunale o epaticodigiunale o posizionamento di uno stent per via endoscopica. Per la via alimentare si effettua una gastro-digiunostomia anche per via laparoscopica. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 CONSEGUENZE Anche se la testa del pancreas non sembra possa provocare disturbi in teoria, praticamente si è visto che il paziente va incontro a malassorbimento, anoressia e calo ponderale. Questi dovuti ad aumento della velocità di transito, diminuita secrezione pancreatica. Si associano anemizzazione e dumping syndrome. Nel caso di resezione del pancreas distale (corpo-coda) possono insorgere problemi endocrini come diabete da mancata secrezione insulinica. INTESTINO TENUE SEZIONE BRIGLIE Le operazioni chirurgiche più frequenti del tenue sono le correzioni delle briglie aderenziali attraverso una resezione dei frammenti fibrinici che si sono formati tra le anse e che possono aver dato origine a ostruzione intestinale da torsione, strangolamento o compressione. RESEZIONI Il tenue va incontro a resezione nel corso di neoplasie, IBD non rispondenti alla terapia medica o complicate o in caso di necrosi da ischemia o infarto intestinale. Ove possibile è preferibile non togliere l'ultima ansa ileale e la valvola ileocecale a causa delle maggiori complicanze a seguito di questa operazione. Si può fare un intervento di stricturoplastica nel corso di MC che serve per dilatare il lume intestinale in un contesto di stenosi infiammatoria. Si effettua un taglio a livello longitudinale nella porzione antimesenterica e poi si sutura in modo trasversale così da aumentare il diametro. Le conseguenze dell'intervento sono meglio sopportare se la resezione colpisce di più il segmento digiunale piuttosto che l'ileale visto che nell'ileo c'è assorbimento dei sali biliari che quindi evita diarrea e della vit B12 che evita anemia. Il tenue ha una grande capacità adattativa e risponde alla resezione aumentando il volume e l'efficienza dei villi, pertanto si considera utile in un primo momento dopo l'intervento fare una nutrizione parenterale totale (NTA) ma pochi giorni dopo iniziare subito una nutrizione enterale per favorire la compliance gradatamente selezionata. Solo 50-70 cm di intestino sono sufficienti per permettere una dieta orale ed interrompere la NPT, meno di questa lunghezza insorge diarrea da intestino corto e diventa necessaria la prevenzione dei fattori che predispongono a diarrea e malassorbimento come la secrezione acida (antiacidi come omeprazolo), colestiramina per aumentare l'assorbimento dei sali biliari. Se la situazione non migliora entro 12 mesi si deve fare una NTA. TRAPIANTO INTESTINALE Intervento non molto utilizzato. Va ipotizzato nel caso che la resezione intestinale non dia risultati e che la NTA dia complicanze come infezione, trombosi ed endocarditi. Viene prelevato il tenue da cadavere oppure solo alcuni tratti da un donatore vivente. Il rischio di rigetto è alto ma con i nuovi farmaci si riesce a controllare. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 STOMIE INTESTINALI Sono interventi che continuano ad essere fatti anche se meno frequentemente vista la capcità di eseguire delle ricostruzioni rettali. Si può eseguire una ileostomia (casi di malattie infiammatorie intestinali gravi) ed una colostomia (neoplasie rettali e anali). In entrambi i casi si tratta di una derivazione esterna delle feci che vengono raccolte in un contenitore apposito legato alla stomia. L'ileostomia consiste in un'esternalizzazione della porzione distale dell'ileo in fossa iliaca con la sierosa del viscere che si va a suturare con il peritoneo parietale in modo da evitare la retrazione. Vengono prodotti al giorno circa 500-800 ml di feci quasi continuamente e il paziente calibra la volemia con la secrezione di aldosterone, tuttavia in alcuni casi è possibile avere gravi perdite elettrolitiche. La colostomia è eseguita affrontando la sottomucosa colica con il derma senza estroflessione come per l'ileostomia. In questi casi l'espulsione di feci è più moderata e avviene durante i movimenti di massa per cui può essere più controllabile e gestibile. COLON E RETTO RESEZIONI Sono interventi effettuati a seguito di neoplasie o IBD. Esistono diversi tipi di resezioni: 95. Resezione anteriore del retto: operazione in cui viene asportato il sigma o sigma+parte del colon discendente e parte del retto. La resezione del retto può limitarsi alla zona peritoneale oppure più in profondità nella zona pelvica. Maggiore sarà la profondità e minore sarà la capacità di fare un'anastomosi efficace con il colon. La ricostruzione si esegue con anastomosi tra colon a monte e porzione residua del retto. 96. Anastomosi coloanale: se l'ano resta integro può essere interessato da una anastomosi con il colon in modo da evitare di fare una stomia. In generale si recide la porzione superiore della mucosa anale per preservare lo sfintere anale. Non si tocca la muscolatura. 97. Intervento secondo Hartmann: resezione del sigma-retto con colostomia. Utile in casi di operazioni d'urgenza come perforazione ed occlusione. 98. Amputazione addomino-perineale: asportazione completa di tutto il retto, canale anale, cute perineale e confezionamento di una colostomia definitiva. Nei casi di neoplasie maligne invasive. Le conseguenze sono incapacità di riassorbimento ed aumento del volume fecale. È un fenomeno temporaneo che può persistere in caso di emicolectomia destra per mancato riassorbimento dei sali biliari. COLECTOMIA E La colectomia consiste nella resezione completa del colon a seguito di PROCTOCOLEC neoplasie maligne, sindrome poliposica familiare (FAP), malattie TOMIA TOTALE infiammatorie idiopatiche non controllabili con terapia medica ed eventualmente situazioni ereditarie come l'HNPCC. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 L'interessamento anche del retto determina una proctocolectomia. Il ripristino della continuità intestinale avviene con una anastomosi tra ileo distale e retto nel caso di una colectomia, oppure nel caso di proctocolectomia avviene una un'anastomosi tra ileo e canale anale qualora questo sia integro e funzionalmente attivo. In quest'ultimo caso è spesso necessario ricorrere alla formazione di una tasca ileale (pouch) costituita da una porzione di ileo che viene sezionato longitudinalmente in porzione antimesenterica e viene poi anastomizzato insieme a formare una sacca che viene poi collegata al canale anale o al retto. La tasca deve arrivare al piano perineale senza sforzi e trazioni eccessive e con una vascolarizzazione adeguata. Le complicanze di questi interventi consistono in un aumento della scarica fecale a causa del mancato riassorbimento per mancanza del colon e quindi il paziente ha necessità di evacuare circa 5-6 volte al giorno in media. Un altro problema insorge nel caso di infiammazione della sacca ileale (pouchite) che si verifica a seguito di metaplasia mucosa dovuta ad abbassamento dei villi ed iperplasia delle cripte. Può manifestarsi con sangue, dolori addominali e febbre. Riassunti GEM - Luca Croci - 2009 BIBLIOGRAFIA - Longo, Fauci, Kasper, Hauser, Jameson, Loscalzo. Harrison’s principi di medicina interna. 17esima edizione - Coordinamento nazionale docenti universitari di gastroenterologia. Manuale di gastroenterologia. Unigastro - Materiale didattico utilizzato a lezione dai professori e disponibile per gli studenti di medicina - Appunti di lezione Riassunti GEM - Luca Croci - 2009