gastro- enterologia - Appuntimedicina.it

Transcript

gastro- enterologia - Appuntimedicina.it
GASTROENTEROLOGIA
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA ESOFAGEA
ANATOMIA
L'esofago è un tubo che collega la faringe allo stomaco ed ha la capacità di
trasportare il bolo attraverso contrazioni peristaltiche impedendo il reflusso
gastro-esofageo e permettendo l'eruttazione e il vomito.
È formato da 3 porzioni:
 SES: sfintere esofageo superiore costituito dalla porzione inferiore del
muscolo costrittore inferiore della faringe e dal muscolo
cricofaringeo. Si tratta di una zona ad alta pressione nell'esofago
cervicale che impedisce il passaggio di cibo nella trachea e l'ingresso
di aria nell'esofago durante inspirazione. Mantiene in genere un tono
di chiusura ma risponde rapidamente agli stimoli come la
deglutizione, l'eruttazione e il vomito. Innervazione da parte del
plesso faringeo e dal laringeo ricorrente nella parte inferiore.
 Corpo esofageo: a riposo si tratta di una cavità virtuale costituita da:
◦ Mucosa: epitelio squamoso stratificato non cheratinizzato con
alcuni sbocchi di ghiandole sottomucose.
◦ Sottomucosa
◦ Muscolare: costituita da un fascio circolare interno ed uno
longitudinale esterno. È formata nella parte superiore da fibre
striate, nella parte mediana da fibre striate frammiste a fibre lisce
e nella porzione inferiore quasi esclusivamente da fibre lisce.
L'innervazione è intrinseca ed estrinseca. La via intrinseca si basa sul fatto
che all'interno della parete esofagea ci sono il plesso mienterico (di
Auerbach) e il plesso sottomucoso (di Meissner) che sono in grado anche da
soli di iniziare una contrazione peristaltica. Comunque questi neuroni
ricevono fibre dal nucleo ambiguo per la parte striata liberando acetilcolina
che si lega ai recettori nicotinici e stimola la contrazione, per la parte liscia
l'innervazione ha origine dal nucleo motore dorsale del vago e arriva al plesso
mienterico (che è più fitto nella parte liscia).
La via estrinseca possiede fibre afferenti ed efferenti divise in simpatiche e
parasimpatiche. La via afferente funge nella porzione prossimale da recettori
che inviano impulsi al midollo che vengono percepiti nella stessa area di
innervazione degli impulsi propriocettivi del cuore. La via efferente può
essere eccitatoria parasimpatica liberando acetilcolina che si lega ai recettori
muscarinici della porzione liscia o mediante il NANC liberando sostanza P;
oppure inibitoria soprattutto mediante il sistema NANC che libera NO e VIP.
◦ Avventizia: non esiste una sierosa a parte per la porzione
sottodiaframmatica.
 SEI: lo sfintere esofageo inferiore è una zona ad alta pressione a
livello della giunzione esofago-gastrica e necessaria per evitare il
reflusso di materiale gastrico nell'esofago. Il mantenimento di una
pressione positiva è favorito dal legamento freno esofageo,
dall'angolo di His, dalla posizione sottodiaframmatica dell'esofago
distale e dai pilatri crurali del diaframma. Esso separa la pressione
negativa toracica da quella positiva addominale e si distingue per la
sua attività basale tonica e fasica di rilasciamento e contrazione.
È influenzato da diversi stimoli nervosi, ormoni, cibi e altre sostanze. Il nervo
vago è il principale controllore sia della contrazione che del rilasciamento. I
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
neuroni del nucleo motore dorsale arrivano ai neuroni postgangliari eccitatori
o inibitori. Gli eccitatori liberano AC che si lega ai recettori muscarinici e
stimola la contrazione, gli inibitori fanno parte del sistema NANC e liberano
NO che stimola il rilassamento. I colinergici e gli alfa-adrenergici
favoriscono la contrazione, i beta-adrenergici e
gli anticolinergici
favoriscono il rilassamento.
Esistono ormoni che interagiscono con la motilità del SEI come la gastrina, la
sostanza P e la motilina che favoriscono la contrazione, mentre la secretina, la
colecistochinina e il VIP favoriscono il rilasciamento.
I cibi proteici stimolano una contrazione del SEI mentre il cioccolato, i
grassi, l'etanolo e la menta piperita stimolano un rilassamento.
Il rilasciamento può essere transitorio o post-deglutitorio. Il secondo avviene
sempre dopo la deglutizione, mentre il primo avviene di solito per distensione
del fondo gastrico facilitando il passaggio dell'aria dallo stomaco all'esofago
determinando l'eruttazione.
FISIOLOGIA
La deglutizione è il processo fondamentale per permettere l'attivazione della
peristalsi e il passaggio del bolo verso lo stomaco. È formata da 3 fasi:
 Orale: scatenata dall'immissione del cibo nella bocca che permette
l'attivazione neurosensoriale in base al gusto, alla quantità e alla
consistenza e avvia la fase faringea. È controllata autonomamente.
 Faringea: fase scatenata dalla scarica dei recettori orali e faringei alla
presenza di cibo in cavità orale che raggiunge il nucleo del tratto
solitario tramite il glossofaringeo, il vago, il faciale e il trigemino. Si
verifica un'elevazione dell'osso ioide e del palato molle per separare il
nasofaringe dal passaggio del cibo. Poi c'è l'avvicinamento delle
aritenoidi all'epiglottide che si abbassa ed evita il flusso di cibo in
laringe.
 Esofagea: si attiva subito dopo la deglutizione:
◦ Peristalsi primaria: contrazione efficace dello strato circolare per
far progredire il cibo e del longitudinale per accorciare l'esofago.
L'onda peristaltica impiega 8 secondi per raggiungere il SEI che è
già rilasciato dopo 1-2 secondi dalla deglutizione. Deglutizioni
ravvicinate bloccano la peristalsi e la motilità esofagea.
◦ Peristalsi secondaria: consegue alla distensione di un qualsiasi
punto dell'esofago a seguito di presenza di residui solidi o liquidi
o materiale di reflusso. È attivata dall'innervazione intrinseca.
◦ Peristalsi terziaria: non sempre presente e non ha scopi propulsivi
del cibo.
SINTOMI DI
ALTERATA
FUNZIONE
ESOFAGEA
1) Disfagia
Problema di deglutizione o peristalsi avvertito dal paziente come una
sensazione di arresto o rallentamento del transito del bolo. Fa sempre
riferimento alla deglutizione a differenza del bolo faringeo.
Può essere dovuta a cause meccaniche come ostruzione o stenosi oppure a
cause neuromuscolari. Nel primo caso la disfagia si fa sempre più
ingravescente soprattutto per i cibi solidi mentre nel secondo caso la disfagia
è intermittente sia per liquidi che per solidi e talvolta risulta iniziare proprio
con una disfagia per i cibi liquidi (disfagia paradossa). Di solito la disfagia
funzionale ha un esordio improvviso a differenza della forma ingravescente
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
della organica.
Richiede anamnesi, studio della deglutizione (disfagia faringea), endoscopia
(disfagia esofagea organica), manometria (disfagia esofagea motoria).
Le cause di disfagia sono:
- Malattie funzionali: acalasia, spasmo esofageo diffuso
- Malattie sistemiche: connettiviti, malattia di Chagas
- Malattie organiche: carcinoma, stenosi cicatriziale, reflusso, varici,
diverticoli, sindrome di Mallory-Weiss, compressione ab-estrinseco.
2) Odinofagia
Si tratta di una deglutizione dolorosa evocata principalmente da un'irritazione
della mucosa o più raramente della muscolare. Di origine infettiva o per
ingestione di caustici.
3) Bolo faringeo
Sensazione di presenza di un corpo esofageo che non riesce a muoversi
riferita alla gola, indipendente dalla deglutizione e fuori dai pasti. Se
associata ad altri sintomi esofagei può far pensare a patologia esofagea
altrimenti può essere correlata ad uno stato ansioso.
4) Dolore toracico
5) Eruttazione
Fenomeno fisiologico a seguito della necessità di espellere l'aria dallo
stomaco verso la bocca rilasciando il SES e il SEI. L'eruttazione esofagea
invece è patologica e consiste nell'aspirazione inconscia di aria nell'esofago
che richiede un'espulsione attraverso eruttazione. Spesso colpisce persone
ansiose ed emotive.
6) Rigurgito
Reflusso di cibo in direzione opposta alla normale peristalsi e fuoriuscita
dalla bocca. Accentuato in clinostatismo e antiflessione. Si verifica in assenza
di nausea o conati tipici invece del vomito.
7) Pirosi
Sintomo doloroso retrosternale che si irradia spesso anche al collo ed è molto
frequente soprattutto nei pazienti con MRGE. Il meccanismo forse è dovuto
al rilascio delle giunzioni cellulari ed entrata di ioni H+ nella parete che
stimolano la scarica recettoriale nocicettiva.
8) Mericismo e Ruminazione
Il mericismo è l'atto volontario di rigurgitare il contenuto gastrico dalla bocca
in assenza di vomito o nausea e sputarlo o inghiottirlo nuovamente. Presente
in casi di disturbi del comportamento alimentare come bulimia.
Diverso dalla ruminazione in cui lo spostamento inverso del bolo fa seguito
ad attività spontanea di retroperistalsi tipica di alcune specie animali.
9) Scialorrea
Esiste una scialorrea esofagea ed una non esofagea, è caratterizzata da un
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
aumento delle secrezioni salivari in modo spropositato.
- I casi di scialorrea esofagea sono: cancro, corpo estraneo, intubazione,
acalasia, aneurisma aortico, infiammatorio, ingrandimento atrio sx.
- I casi di scialorrea non esofagea sono: iperidratazione, dentazione anomala,
rabbia, avvelenamenti, idiopatica, malattia di Wilson, farmaci (colinergici,
anticolinesterasi, digossina...)
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
DISORDINI MOTORI DELL'ESOFAGO
DEFINIZIONE
Anomalie della peristalsi esofagea che possono interessare sia l'esofago
cervicale che il corpo esofageo e il SEI. Le affezioni che riguardano una
dismotilità dell'esofago superiore derivano in genere da problemi orofaringei
che non permettono un adeguato passaggio del bolo attraverso il SES. Il
tipico sintomo è la disfagia orofaringea e quindi il paziente ha difficoltà a far
passare il bolo attraverso il SES. Si possono associare fenomeni di polmonite
da aspirazione.
Le principali eziologie di disordini motori dell'esofago superiore sono:
 Malattie del SNC: Parkinson, corea di Huntington, sclerosi laterale
amiotrofica, degenerazione spinocerebellare, accidenti
cerebrovascolari, paralisi bulbare progressiva.
 Malattie dei nervi cranici: paralisi del ricorrente, difterite,
avvelenamento da piombo.
 Malattie muscolo-scheletriche: polimiosite, miopatie, distrofia
muscolare, miastenia gravis.
I disordini che interessano l'esofago distale e il SEI si suddividono in:
- Ipomotilità
- Ipermotilità
Sono principalmente dovuti ad anomalie nervose e muscolari.
IPOMOTILITA'
DEFINIZIONE
Le forme di ipomobilità esofagea sono riferibili ad anomalie che colpiscono il
SEI oppure il corpo esofageo e consistono in un'alterata capacità contrattile
del SEI che risulta compromessa e un'ipomotilità del corpo per scarsa
ampiezza delle onde peristaltiche.
EZIOLOGIA


Forma idiopatica: rappresenta l'80% dei casi di MRGE
Forma secondaria: è caratterizzata dalla presenza di patologie
sistemiche come la sclerodermia, la connettivite mista, la polimiosite
e dermatomiosite, il LES, l'alcolismo cronico, il diabete mellito,
l'amiloidosi e l'ipotiroidismo
PATOGENESI

La muscolatura liscia dell'esofago non risponde allo stimolo
eccitatorio (prime fasi della sclerodermia in cui si verifica una fibrosi
diffusa della parete)
Lo stimolo eccitatorio alla muscolatura liscia è ridotto (caso
dell'esofagite)
L'inibizione del NANC è spropositata o non controbilanciata.


CLINICA
È dominata dai tipici sintomi del reflusso gastro-esofageo e quindi pirosi e
disfagia.
ACALASIA
DEFINIZIONE
Situazione di ipermotilità in cui esiste un concomitante problema nervoso e
muscolare per cui il SEI non riesce a rilasciarsi e la contrazione dell'esofago
non avviene per l'assenza delle onde peristaltiche.
Ha una prevalenza tra i 30 e 60 anni con picco ai 40.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EZIOLOGIA
Il processo può essere idiopatico o secondario.
La forma secondaria comprende l'unica causa nota conosciuta ossia
l'infezione da Tripanosoma Cruzii in America latina soprattutto in cui
vengono selettivamente infettate dai parassiti le cellule gangliari del sistema
di Auerbach e quindi viene persa la funzione motoria esofagea.
La forma idiopatica può essere correlata a problemi autoimmuni che
generano un insulto infiammatorio continuo sulla parete esofagea che
risponde con una fibrosi neuronale e una necrosi del plesso mienterico con
incapacità di generare onde peristaltiche e mantenimento di uno stato
contratto del SEI.
PATOGENESI
1 - L'acalasia deriva da una anomalia primitiva a carico delle cellule di Cajal
predisposte alla secrezione dei neurotrasmettitori del sistema NANC di tipo
inibitorio quindi VIP e NO. L'assenza di tali cellule determina un'incapacità
di rilasciamento del SEI che resta in uno stato iperteso.
2 - Contemporaneamente avviene un'alterazione della guaina mielinica delle
ramificazioni esofagee del vago e di conseguenza un'alterazione della motilità
per incapacità di propagazione dell'impulso.
Queste 2 situazioni determinano una stenosi funzionale esofagea che
determina gli effetti clinici.
L'esofago acalasico è inizialmente ispessito ed ipertrofico per cercare di
superare la resistenza offerta dal SEI iperteso ed in un secondo momento
risulta dilatato “megaesofago” per sfiancamento progressivo delle pareti.
CLINICA
DIAGNOSI
I 3 principali sintomi soggettivi della patologia sono:
 Disfagia: è lentamente ingravescente ed interessa in modo sempre
maggiore i cibi solidi a differenza dei problemi neuromuscolari in cui
la disfagia è paradossalmente più alta all'inizio per i liquidi. Si
differenzia dalla disfagia da cancro perchè in questo ultimo caso è
molto veloce e non lenta ed ingravescente.
 Rigurgito: tipicamente materiale non acido visto che non raggiunge
lo stomaco. A volte può alleviare il senso di pesantezza postprandiale, tuttavia provoca con il tempo una riduzione dell'introito di
sostanze nutritive e dunque calo ponderale.
 Dolore toracico: a livello retrosternale, anche se non è così frequente.
Il paziente nelle fasi avanzate perde peso.
Talora si può verificare anche scialorrea.
1. Anamnesi: il paziente riferisce i tipici sintomi e può anche riferire che
il passaggio del bolo deve essere accompagnato da statura eretta e
distensione del dorso.
2. Rx torace: tipicamente con infusione di bario, si evidenzia l'aspetto a
coda di topo o a becco di uccello in quanto si vede una dilatazione
esofagea per la raccolta del bario che improvvisamente si blocca e
lascia passare una piccola linea di bario attraverso la stenosi che di
solito è regolare a differenza dell'irregolarità del cancro.
3. Endoscopia: ha la funzione principale di escludere il rischio di lesioni
esofagee maligne. È tipica la presenza di residui di cibo, cardias
serrato e scatto dello strumento al passaggio attraverso la stenosi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
4. Manometria: esame essenziale per fare una diagnosi definitiva perchè
rileva onde simultanee inefficaci e il rilasciamento incompleto o
assente del SEI durante la deglutizione.
TERAPIA
Può essere di diversi tipi:
 Farmacologica: si basa sulla somministrazione di calcio antagonisti e
nitroderivati per via sublinguale qualche momento prima del pasto.
 Iniezione di tossina botulinica: prelevata da colture di Clostridium
botulinum, ha la funzione di bloccare la liberazione colinergica dai
terminali sinaptici, tuttavia è una metodica transitoria perchè non dà
effetti prolungati. Inoltre può causare una reazione infiammatoria
locale che ostacola l'eventuale successivo intervento di miotomia. È
riservato ai pazienti anziani o con comorbidità che non possono
sostenere una miotomia.
 Dilatazione pneumatica: si entra con un dilatatore a palloncino
realizzando uno sfiancamento permanente delle fibre del SEI. È
efficace nel 90% dei pazienti.
 Miotomia: intervento più duraturo ed efficace, ma è invasivo. Si
effettua una resezione del cardiasi secondo Heller con plastica
antireflusso.
DISORDINI SPASTICI DELL'ESOFAGO
DEFINIZIONE
Altra forma meno comune di ipermotilità esofagea. Si classifica in:
 Spasmo esofageo diffuso
 Disordini spastici non specifici
Lo spasmo esofageo diffuso è simile al disordine aspecifico ma si differenzia
per una stretta correlazione con l'acalasia e la sintomatologia ostruttiva
funzionale.
EZIOLOGIA
È ignota, si pensa che il fattore scatenante possa essere un'anomala
responsività della muscolatura esofagea alla stimolazione colinergica forse a
seguito di una perdita del meccanismo di controllo tra inibizione ed
eccitazione.
PATOGENESI
L'ipersensibilità colinergica potrebbe essere alla base dell'alterata motilità e
dell'ipertensione del SEI.
CLINICA



DIAGNOSI
1. Anamnesi
2. Radiografia toracica: infusione di bario e tipico aspetto di esofago a
cavaturaccioli
3. Endoscopia: per trovare eventuali soluzioni diverse da un disordine
motorio
4. Manometria: rileva la presenza di onde peristaltiche anomale
simultanee; aumentata ampiezza e durata delle contrazioni;
incompleto rilasciamento del SEI. Si differenzia dall'acalasia per la
presenza di onde multiple e sincrone in tutto il corpo.
TERAPIA
Dolore toracico
Disfagia (non sempre presente)
Pirosi
Effettuata in base al sintomo prevalente. Se l'ostruzione è predominante si
effettua la terapia dell'acalasia. Se prevale il dolore si deve tranquillizzare il
paziente ed eventualmente fare una terapia con omeprazolo per evitare che la
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
secrezione acida possa interferire con la percezione dolorifica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ESOFAGITI
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
PATOGENESI
Infiammazione dell'esofago a seguito di diversi fattori eziologici.





Esofagiti infettive
Esofagiti da Candida
Esofagiti virali
Esofagiti da caustici
Esofagite da MRGE
1) L'esofagite infettiva si verifica frequentemente abbastanza spesso per la
presenza di immunosoppressione a seguito di HIV, trapianto o terapia
antineoplastica.
2) L'esofagite da candida si instaura essenzialmente a seguito di
immunosoppressione a seguito di commensali come la Candida. Possono
essere presenti placche rilevate anche a livello orofaringeo.
3) Le esofagiti virali vedono il loro principale fattore eziologico nell'HSV-1,
mentre negli immunocompromessi è possibile anche HSV-2. Si presenta
come vescicole e piccole ulcere superficiali. Il CMV interessa solo i pazienti
immunocompromessi.
4) Le esofagiti da caustici derivano da ingestione principalmente a scopo
suicida e comprendono soda caustica, ammoniaca, candeggina e H2O2.
Le sostanze caustiche determinano la distruzione dei tessuti con cui vengono
a contatto attraverso la dissoluzione delle proteine e la saponificazione dei
grassi con penetrazione negli strati profondi e rischio aumentato di rotture.
Esistono anche forme di ingestione di acidi che determinano una
precipitazione delle proteine con formazione di escare che non permettono
l'infiltrazione alle strutture profonde e pertanto sono meno gravi anche perchè
tendono ad essere più liquide ed esplicano la loro azione lesiva più sullo
stomaco che sull'esofago.
CLINICA





Dolore toracico
Odinofagia
Disfagia
Ematemesi
Per le lesioni da caustici anche shock, agitazione, dispnea, acidosi o
alcalosi metabolica, leucocitosi e CID.
DIAGNOSI



Anamnesi
Esame istologico durante endoscopia
Per i caustici si cerca di risalire alla dose e alla concentrazione della
sostanza ingerita e al tempo di passaggio esofageo.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TERAPIA
Per la candida si danno farmaci antimicotici.
Per l'HSV-1 e 2 si usa l'aciclovir, mentre per CMV è più opportuno il
ganciclovir.
Le lesioni da caustici hanno diverse fasi:
 Fase acuta: lesioni infiammatorie e necrotizzanti
 Fase di latenza: tessuto di granulazione
 Fase finale: cicatrizzazione ed eventualmente stenosi
La terapia prevede la chirurgia. Nutrizione artificiale, laparotomia se si
sospetta necrosi dei tessuti. Protesi esofagee nel caso di lesioni gravi.
Chirurgia riparatrice prospettata solo dopo completa cicatrizzazione verificata
endoscopicamente.
STADIAZIONE
Le esofagiti si dividono in 4 gruppi in base alla gravità rilevata
endoscopicamente.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIA DA REFLUSSO
GASTROESOFAGEO (MRGE)
DEFINIZIONE
La MRGE è la patologia gastroenterologica più frequente in assoluto. È
caratterizzata dal reflusso di materiale gastrico all'interno dell'esofago.
Colpisce prevalentemente gli uomini tra 35-44 anni e le donne tra 25-34 anni.
Viene considerata come una malattia in cui i sintomi sono correlati al reflusso
acido, ma non sempre i sintomi sono associati ad una lesione organica. Inoltre
questi sintomi tendono ad abbassare la qualità della vita se non vengono
trattati in modo adeguato.
La sintomatologia può essere tipica o atipica e in più si possono stabilire delle
complicanze più o meno gravi.
EZIOLOGIA
Le cause sono molto spesso idiopatiche anche se possono correlare ad una
malattia sistemica o ad uno stile di vita anomalo prolungato:
- Sclerodermia
- LES
- Polimiosite
- Diabete mellito
- Amiloidosi
- Alcolismo cronico
- Obesità
- Asma
- Interventi chirurgici
- Farmaci
- Gravidanza
PATOGENESI
Il tono dello SEI viene mantenuto in stato di riposo attorno ai 10-30 mmHg
per poi ridursi a seguito della deglutizione, durante i pasti e in risposta a
ormoni, neurotrasmettitori e determinati cibi. Il SEI risulta iperteso durante la
notte per evitare che il materiale gastrico refluisca in esofago.
Oltre al tono del SEI esistono altri meccanismi antireflusso come:
 Peristalsi esofagea
 Clearance salivare
 Capacità tampone intra ed extracellulare
 Giunzioni serrate tra le cellule dell'epitelio
 Produzione di muco e bicarbonato
 Adeguato svuotamento gastrico.
A questi aspetti si sommano i tipici fattori pro-refluenti come:
 Acidità del materiale gastrico
 Attività della pepsina che è in grado di digerire la sostanza
extracellulare esofagea
 Eventuale presenza di bile ed enzimi pancreatici refluiti.
Uno squilibrio di tali forze verso i fattori pro-refluenti portano ad una
condizione in cui il materiale acido gastrico tende a risalire verso l'esofago.
Il fattore di maggiore importanza patogenetica è il rilasciamento
inappropriato del SEI che fisiologicamente si verifica a seguito della
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
distensione del fondo gastrico per permettere il passaggio di aria dallo
stomaco verso l'esterno.
Il SEI si rilascia per periodi molto più lunghi rispetto alla norma, non si
rilascia a seguito della deglutizione e soprattutto non correlato ad una genesi
di onde peristaltiche, si tratta perciò di un comportamento casuale.
L'ernia iatale sembra essere uno dei maggiori fattori predisponenti visto che
causa un accorciamento dell'esofago ed uno spostamento del SEI verso l'alto
fornendo un serbatoio di acidità intratoracico.
Si viene a creare un circolo vizioso per cui:
1) Causa primitiva evoca anomalie del SEI
2) Materiale gastrico refluisce in esofago
3) Infiammazione che riduce l'efficacia fisiologica della peristalsi
4) Si riduce la peristalsi e il tono sfinteriale
5) Accorciamento funzionale ed organico dell'esofago
6) Predisposizione all'ernia iatale che peggiora i sintomi.
Il dolore è provocato dalla penetrazione di ioni H+ all'interno delle giunzioni
cellulari con attivazione dei nocicettori. Questo quadro è responsabile dei
sintomi nei casi di NERD cioè i casi in cui c'è un reflusso verificato che però
non ha dato segni di lesioni organiche (reflusso senza esofagite).
In caso di sintomi, pHmetria negativa e lesioni assenti si parla di pirosi
funzionale.
Non esiste parallelismo tra i sintomi e l'entità delle lesioni, tuttavia l'entità
dell'esposizione all'acido correla con la durata dei sintomi.
CLINICA
La clinica tipica è caratterizzata da:
 Pirosi
 Rigurgito
Di questi pazienti il 50% non presenta lesioni esofagee all'endoscopia per cui
si considerano forme NERD.
La clinica atipica esofagea prevede:
 Disfagia
 Odinofagia
La clinica atipica extraesofagea comprende:
5. Asma
6. Tosse cronica
7. Raucedine, Disfonia
8. Dolore toracico
Questi sintomi possono comparire normalmente anche se alcuni di essi
associati ai sintomi tipici necessitano di una maggior accuratezza diagnostica
per evitare le ipotesi più pericolose come un adenocarcinoma o una stenosi.
In questi casi di clinica atipica si verifica ancor meno di frequente il riscontro
di lesione organica esofagea.
La clinica delle complicanze vede:
 Emorragia
 Ulcera
 Stenosi
 Esofago di Barrett
 Adenocarcinoma
 Complicanze extraesofagee (erosioni dentarie, otite, faringite,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
polmonite...)
E' una patologia quasi mai autolimitante e non guarisce spontaneamente per
cui necessita di un trattamento prolungato.
La durata e la severità dei sintomi tipici sembrano predisporre per i sintomi
atipici e tipicamente l'asma e il dolore toracico.
Spesso i pazienti che hanno avuto una storia di sintomi tipici presentano
anche almeno un sintomo atipico.
L'asma deriva da inalazione del reflusso (soprattutto notturno in cui la
peristalsi esofagea è bloccata, la posizione clinostatica favorisce il reflusso e
l'assenza di stimolazione cosciente riduce il riflesso di deglutizione), da
innesco di riflessi vagali a seguito dell'entrata di acido nella parete esofagea.
Il dolore toracico è innescato forse da stimolazione dei tensiocettori o
chemocettori.
DIAGNOSI
 Anamnesi: è fondamentale, il parametro di valutazione clinica molto
spesso risulta la base per iniziare una terapia empirica basata sui
sintomi. Il paziente che riferisce pirosi e rigurgito senza altri sintomi
facilmente ha una MRGE. I sintomi atipici vanno ricercati dopo quelli
tipici. Tuttavia i sintomi tipici hanno una sensibilità non molto alta ed
un specificità bassa che fornisce un VPP del 70%, cioè in un gruppo
di persone positive solo il 70% risulta essere malata.
È importante considerare che se sono presenti sintomi di allarme come età
maggiore di 50 anni, anemizzazione, calo ponderale, disfagia, sintomi
prolungati e refrattari alla terapia risulta necessario valutare
endoscopicamente lo stato esofageo per ricercare eventuali lesioni maligne o
stenosi.
 Endoscopia: tipicamente per identificare un esofago di Barrett per
metaplasia colonnare che sostituisce il normale epitelio squamoso
stratificato e conferisce un rischio aumentato di evoluzione a displasia
e carcinoma. Si possono prelevare campioni istologici da analizzare.
Bisogna ricordare che nel 50% dei casi il paziente con MRGE non ha
esofagite.
 PH-metria esofagea delle 24 ore: rilevazione nella giornata delle
variazioni di pH che nei casi di MRGE può raggiungere valori sotto i
4 anche in assenza dei pasti. Può essere evidenziata la correlazione tra
riduzione del pH e comparsa dei sintomi. Il paziente può avere pHmetria positiva ed endoscopia negativa. Se entrambe sono negative e
il paziente ha i sintomi si parla di pirosi funzionale.
Viene utilizzata per valutare il paziente con sintomi ma endoscopia negativa,
per valutare il preoperatorio e il paziente refrattario alla terapia antisecretiva.
 Test con inibitori di pompa protonica: test molto pratico ed
economico in cui si vede se il paziente migliora i sintomi dopo una
somministrazione standard di farmaco. Ma specificità e sensibilità
sono basse.
 Rx esofago con bario
 Manometria esofagea: utile per valutare l'attività funzionale esofagea,
utile solo per l'analisi preoperatorio del paziente sottoposto a chirurgia
antireflusso.
 Scintigrafia esofagea: utilizzo di isotopi che vengono fatti inferire e si
studia il loro andamento a livello del SEI
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
 Test di Bernstein: instillazione in esofago di 0,1 N di Hcl per vedere
se vengono evocati i sintomi e se non vengono evocati con
instillazione di acqua fisiologica.
TERAPIA
La terapia serve per ridurre i sintomi, rallentare la storia naturale della
malattia e prevenire le complicanze oltre a guarire le eventuali lesioni.
 Modificazione dello stile di vita: posizionamento di un cuscino sotto
la testa durante il riposo, evitare snack prima di coricarsi, evitare pasti
serali abbondanti e soprattutto coricarsi subito dopo mangiato, ridurre
cibi ad alto contenuto acido come agrumi, pomodoro, bevande gasate
e cioccolato. Importante ridurre il sovrappeso. Sospensione di farmaci
come calcio-antagonisti, nitrati e benzodiazepine.
 Terapia self-oriented: il paziente decide da solo una terapia in base
ai sintomi e si presenta dal medico quando questa terapia non ha
efficacia.
 Terapia short term: a breve termine, il medico spesso si trova a
prescriverla a seguito di rilievi anamnestici positivi e non allarmanti
con H2 antagonisti, ma soprattutto PPI (inibitori di pompa protonica
come l'omeprazolo). Nei pazienti NERD questa terapia ha una minor
efficacia. La terapia può interrompersi per un certo periodo per
monitorare la situazione una volta che il quadro sia migliorato. Se
insorge una recidiva è necessario procedere alla terapia di
mantenimento
 Terapia di mantenimento:
- Continua: paziente con recidive entro breve tempo, presenza di sintomi
atipici e complicanze.
- On demand: nelle forme di NERD o esofagite lieve. Il paziente assume
l'inibitore di pompa non appena compaiono i sintomi e lo smette quando
terminano i sintomi stessi.
 Terapia nei non responders: è raro che il paziente non risponda per
cui in questi casi bisogna tenere in considerazione una diagnosi errata,
una non corretta posologia del farmaco, una non corretta assunzione
da parte del paziente o la presenza di un paziente ultra-metabolizer o
un incremento di acidità elevato durante la notte. In questi 2 ultimi
casi è necessario innalzare la dose di PPI.
 Terapia endoscopica: sta iniziando a diffondersi questa terapia che
vede nell'endoscopia un metodo terapeutico grazie alla formazione di
suture nel cardias tali da dare cicatrici, uso di radiofrequenze che
portano a fibrosi e aumento dello stato ipertensivo del SEI e iniezione
di certe sostanze che scatenano una barriera antireflusso.
 Terapia chirurgica: fundoplicatio. Tecnica sia effettuata in
laparoscopia che a cielo aperto nei pazienti che non sopportano la
terapia a per tutta la vita, non responders, scarsa compliance, presenza
di voluminosa ernia iatale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ESOFAGO DI BARRETT
DEFINIZIONE
Si tratta di una metaplasia dell'epitelio esofageo a partire dalla giunzione
gastro-esofagea a seguito dell'esposizione cronica ad acido gastrico ed
eventualmente acidi biliari. La sostituzione avviene da epitelio squamoso
stratificato a cellule cilindriche di tipo:
 Fundico
 Cardiale: l'epitelio assume aspetti tipici della giunzione GE e il
rischio di evoluzione maligna è molto basso.
 Intestinale: tipicamente con goblet cells tipiche della parete
intestinale. Si tratta dell'eventualità più pericolosa perchè evolve con
facilità verso l'adenocarcinoma.
Si tratta di una forma in cui può sovrapporsi facilmente una displasia che
evolve poi in molti casi verso adenocarcinoma.
I maschi hanno un rapporto 1:2 di avere EB rispetto alle femmine.
EZIOLOGIA
Esposizione prolungata ad acidi gastrici o materiale biliare.
Si deve sospettare nei pazienti con una storia di almeno 5 anni di MRGE.
PATOGENESI
L'insulto cronico acido provoca una metaplasia dell'epitelio che diventa di
tipo gastrico o intestinale al fine di autoproteggersi dall'acidità attraverso la
secrezione mucosa.
L'insulto prolungato è responsabile dell'attivazione della COX-2 che produce
PGE la quale permette una proliferazione cellulare e in questo senso l'esofago
di Barrett predispone al cancro.
MORFOLOGIA
Si parla di:
 Short Barrett: lesione di meno di 3 cm a partire dalla giunzione GE
 Long Barrett: lesione di più di 3 cm dalla giunzione GE
 Ultrashort Barrett: lesione meno di 1 cm (Barrett giunzionale)
Il rischio di malignità è molto più alto per la forma lunga.
La displasia su EB è un fenomeno abbastanza frequente che conferisce lo
sviluppo di cancro entro 5 anni del 40-50%. La displasia può essere di basso
grado, alto grado o assente.
CLINICA
Non esiste una clinica specifica, molti pazienti possono presentare i sintomi
della MRGE mentre una fetta di popolazione può essere portatrice di Barrett
in modo asintomatico.
DIAGNOSI

Endoscopia: unico metodo rilevante per fare diagnosi. L'epitelio
metaplastico si presenta di un colore rosa salmone e in alcuni casi è
necessario fare una biopsia ed un'analisi istologica per rilevare anche
l'eventuale grado di displasia.
Possono esserci all'endoscopia lingue protrudenti nella mucosa esofagea. Può
essere poco riconoscibile in presenza di esofagite erosiva.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TERAPIA
La terapia dell'EB consiste in:
 Terapia anti-reflusso: IPP farmaci principali per ridurre il reflusso,
insieme a terapia endoscopica e chirurgica.
 Terapia anti-Barrett: termoablazione o fotoablazione e nei casi di
displasia severa è necessaria la resezione chirurgica dell'epitelio
trasformato.
Come screening se non c'è displasia è sufficiente ripetere le biopsie ogni 2-3
anni, se la displasia è bassa si tratta il paziente con IPP e si ripete la biopsia
ogni 8-12 settimane. Se regredisce si fa una nuova endoscopia entro 2 anni,
se peggiora o resta stabile si procede alla resezione chirurgica.
Le biopsie vanno effettuate sui 4 quadranti esofagei a distanza di 2 cm.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI DELL'ESOFAGO
DEFINIZIONE
I tumori dell'esofago sono la terza neoplasia gastrointestinale più frequente in
assoluto dopo il cancro del colon-retto e dello stomaco.
Esistono tumori maligni tra cui il 95% è occupato da 2 istotipi che sono
l'adenocarcinoma e il carcinoma squamoso e una minoranza è data dal
melanoma, linfoma, carcinoma a piccole cellule e sarcoma.
Esistono anche neoplasie benigne anche se molto rare e tra queste c'è il
leiomioma, il polipo fibrovascolare e il mioblastoma a cellule granulose.
Il carcinoma squamoso e l'adenocarcinoma colpiscono soprattutto i maschi.
Il primo ha avuto una storia prevalente fino a qualche anno fa, quando l'AK è
incrementato notevolmente arrivando a superare il k squamoso.
L'adenocarcinoma colpisce prevalentemente la fascia dai 55 ai 65 anni e
prevale nei bianchi rispetto ai neri.
Le regioni ad elevata incidenza sono il sudafrica e il medio-oriente.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
Esistono diversi fattori di rischio che talvolta sono sovrapposti per i 2 istotipi.
 Fumo e alcol: sono fattori di rischio per la variante squamosa. Il
rischio è molto più alto nei fumatori e questo sembra correlato alla
capacità del fumo di indurre mutazioni principalmente a p53 e altri
oncosoppressori o oncogeni. L'alcol sembra implicato solo per lo
squamoso.
 Obesità: predispone all'adenocarcinoma ma il meccanismo è ancora
ignoto. Un'ipotesi plausibile può essere la pressione addominale
molto positiva tale da favorire l'ernia iatale e quindi il reflusso, oppure
l'iperinsulinemia e la secrezione di leptina potrebbero avere un ruolo
determinante come fattori di crescita e proliferazione. In ogni caso è
evidente che il cancro correla con il BMI.
 Fattori dietetici: assunzione di infusi di erbe e bevande calde, cibi in
salamoia e alimenti contenenti nitrosocomposti sembra favorire lo
sviluppo del ca squamocellulare. L'assunzione invece di vitamina B,
C, E, A, frutta e verdura fresche e ferro ha un ruolo preventivo. Anche
le fibre alimentari diminuiscono il rischio.
 Farmaci: un uso prolungato di anticolinergici sembra favorire il
cancro forse a seguito di riduzione del tono del SEI e reflusso. L'uso
di aspirina è benefico visto che riduce la produzione di PGE.
 Helicobacter Pylori: a differenza dello stomaco la sua presenza
sembra ridurre il rischio di cancro gastrico forse perchè la gastrite
atrofica riduce la secrezione acida.
 MRGE: fattore fondamentale per lo sviluppo di AK. I pazienti con
MRGE hanno un rischio più elevato e soprattutto se interviene una
metaplasia di Barrett che innalza molto il rischio. È anche vero che la
maggioranza dei pazienti con AK presentano un esofago di Barrett.
La patogenesi riguarda il reflusso biliare e la trasformazione cronica
della mucosa esofagea con displasia. Gli acidi biliari sembrano
intervenire modificando il c-myc.
 Altri fattori: HPV, acalasia idiopatica, esofagite da caustici,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
radioterapia per i tumori di testa e collo, malattia celiaca.
MORFOLOGIA
CLINICA
L'AK si sviluppa principalmente nel terzo inferiore dell'esofago nel contesto
tipicamente di un esofago di Barrett.
La variante squamocellulare sembra prediligere la porzione centrale
dell'esofago, la parte cervicale è molto raramente colpita.
La forma predominante è quella vegetante con protrusioni nel lume esofageo,
non sono escluse anche forme ulcerate ed infiltranti.
Si parla di early esophagus cancer per indicare una lesione neoplastica
limitata alla mucosa e non infiltrante, è il precursore del carcinoma invasivo e
tipicamente ha una forma superficiale espansiva.






DIAGNOSI
Disfagia: problema principale che causa il cancro esofageo a seguito
dell'interessamento di più del 75% della circonferenza. Per questo
motivo il sintomo di disfagia vera e propria si ha in fasi già avanzate
mentre prima sono percepiti disturbi lievi e intermittenti.
Calo ponderale: conseguente sia al rigurgito e quindi all'incapacità di
immettere materiale nutritizio per os, sia per sindrome paraneoplastica
a seguito di liberazione in circolo di citochine.
Odinofagia: sintomo presente in una minoranza di pazienti
Anemizzazione: per sanguinamenti esofagei occulti e prolungati
Sintomi da invasione mediastinica: tosse, raucedine, ostruzione della
vena cava, dolore toracico per interessamento pleurico, ingrossamento
dei linfonodi mediastinici, scialorrea.
Sintomi da metastatizzazione: sedi frequenti di metastasi linfatiche
sono i linfonodi intramurali del tratto digerente ed invece a livello
ematico possono essere interessati il fegato, i polmoni, le ossa e i
surreni.


Anamnesi: importante indagare sempre su un sintomi di disfagia
Esofagogastroduodenoscopia: fondamentale per rilevare l'entità della
lesione localizzata e il punto preciso in cui è insorta. Questa tecnica
permette di avere biopsie + brushing e l'accuratezza diagnostica delle
due tecniche unite supera il 90%.
 Rx esofagea con bario: per mettere in evidenza principalmente l'entità
della stenosi del lume.
 TC toracica e addominale superiore: per mettere in evidenza
l'estensione del tumore primitivo e contemporaneamente vedere anche
eventuali metastasi.
Per eseguire la stadiazione TNM che ci permette di mettere in atto una terapia
opportuna si effettuano:
 TC: utile nel rilevare il T, poco sensibile per N, ottima per M
 Ecoendoscopia: molto utile sia per T che per N
 PET: performance sovrapponibile alla TC
Nel preoperatorio può essere utile effettuare una broncoscopia per vedere il
coinvolgimento dell'albero bronchiale.
Il TNM prevede:
T0 = nessun tumore primitivo
Tis = k in situ
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
T1 = invasione lamina propria e sottomucosa
T2 = invasione muscolare
T3 = invasione avventizia
T4 = invasione strutture adiacenti
In base a questa classificazione viene fatta una stadiazione adeguata:
9. Stadio 0: Tis N0 M0
10. Stadio 1: T1 N0 M0
11. Stadio 2a: T2/3 N0 M0
12. Stadio 2b: T1/2 N1 M0
13. Stadio 3: T3 N1 M0 oppure T4 N0 M0
14. Stadio 4: M1
TERAPIA
Trattamento curativo
1. La terapia efficace per il tumore esofageo è la chirurgia che però non può
sempre essere effettuata. L'intervento principale è una esofagectomia con
linfadenectomia loco-regionale. In seguito avviene una fase ricostruttiva in
cui viene utilizzato lo stomaco come sede per la continuità digestiva.
A seguito di chirurgia i pazienti hanno in media una sopravvivenza a 5 anni
del 30% nel primo e secondo stadio, mentre per il terzo scende al 5-15%.
In più la chirurgia possiede un alto rischio di morbilità e mortalità intrinseco
soprattutto per gli stadi avanzati. Le complicanze post-chirurgiche principali
possono essere la formazione di fistole, la polmonite e il chilotorace.
2. La radioterapia può essere utilizzata visto che entrambi gli istotipi sono
altamente sensibili. Viene effettuata nei casi in cui non sia possibile operare o
nei casi di neoplasia di 5-10 cm. Può essere usata anche a scopo neoadiuvante
prima dell'intervento chirurgico. Insieme alla chemioterapia viene potenziata.
Terapia palliativa
Caso in cui il tumore si trova in stadio III o IV e serve un miglioramento
della qualità di vita del paziente che non riesce ad essere nutrito via os. Le
procedure tipiche sono una dilatazione della stenosi attraverso l'immissione di
una protesi. In alternativa si possono fare laserterapia, iniezione di citotossici.
In più può essere necessario ricorrere ad una gastrostomia percutanea per
riempire lo stomaco dall'esterno nei casi più gravi in cui i trattamenti
precedenti non hanno effetto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
LA DISPEPSIA
DEFINIZIONI
La dispepsia è un sintomo aspecifico riferito dal paziente come un senso di
fastidio e/ o dolore ai quadranti superiori dell'addome e principalmente in
epigastrio, persistente o ricorrente.
È un sintomo molto frequente nella popolazione e può far riferimento
ipoteticamente a numerosi fattori eziologici.
 Dispepsia organica: dovuta alla presenza di alterazioni organiche
 Dispepsia funzionale: idiopatica o in assenza di evidenza organica.
Spesso si associa a sindrome dell'intestino irritabile e MRGE.
Per questo se si associa a alterazioni dell'alvo si può ipotizzare facilmente la
prima, se si associa a pirosi frequente e rigurgito acido si può quasi
sicuramente pensare ad una MRGE.
EZIOLOGIA
Tanti fattori sono coinvolti nella dispepsia sia dell'apparato digerente che di
altri apparati come endocrinopatie, insufficienza cardiaca, insufficienza
renale, collagenopatie, amiloidosi, sclerodermia.
Nei pazienti con problemi digestivi i 4 principali problemi diagnosticati sono:




PATOGENESI
DIAGNOSI
MRGE
Malattia ulcerosa peptica
Cancro delle prime vie digestive
Dispepsia funzionale
◦ Da disturbo post-prandiale
◦ Da dolore epigastrico
Si pensa che ci sia una commistione tra elementi di disfunzione motoria e
sensoriale.




Anamnesi: ricercare subito eventuali fattori d'allarme, in primis l'età
maggiore di 45 anni.
Esame obiettivo
Test all'ureasi per HP
EGDS
Una volta effettuata la diagnosi è necessario rassicurare il paziente sulla
natura dei propri sintomi che non riesce a spiegare per assenza di una causa
visibile. È sempre da tenere presente un fattore psico-emotivo che può
abbassare la soglia di percezione dei sintomi.
TERAPIA
15. Inibitori della secrezione acida
16. Procinetici
17. Sedativi e antidepressivi a basse dosi
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA GASTRODUODENALE
ANATOMIA
Lo stomaco è un organo cavo collegato all'esofago e al duodeno. La sua
posizione fa riferimento all'epigastrio sinistro e prende comunicazione con i
diversi visceri addominali mediante legamenti peritoneali visto che è
interamente rivestito da peritoneo viscerale.
Lo stomaco è formato anatomicamente da 4 porzioni:
 Cardias: al di sotto della giunzione GE
 Fondo: porzione più a sx e quasi sempre distesa perchè occupata da
aria
 Corpo: porzione maggiore
 Antro: segmento a valle dell'incisura angularis
 Piloro: valvola gastroduodenale
La mucosa è formata da epitelio cilindrico che ricopre le foveole e la
superficie gastrica e in più forma le ghiandole gastriche tubulari.
La mucosa superficiale vede un epitelio, una sottomucosa, uno strato
muscolare formato da una porzione interna circolare, una intermedia
longitudinale ed una esterna obliqua, all'esterno c'è il peritoneo.
Le ghiandole che formano lo stomaco sono di 3 tipi diversi:
 Ghiandole cardiali: presenti al di sotto del cardias, sono formate da
cellule che producono muco e bicarbonati
 Ghiandole ossintiche: presenti a livello del fondo e del corpo, sono
formate da:
◦ Cellule parietali: producono HCl e fattore intrinseco
◦ Cellule principali: producono pepsinogeni
◦ Cellule enterocromaffini (ECL): producono istamina
 Ghiandole antrali: sono costituite da:
◦ Cellule G: producono gastrina
◦ Cellule D: producono somatostatina
Per quanto riguarda l'innervazione lo stomaco riceve afferenze motorie dal
vago e dà origine a fibre sensitive a partenza dalla parete gastrica risalendo
sempre tramite il vago verso il midollo fornendo un'informazione al SNC.
L'innervazione intrinseca è costituita dal plesso mienterico e sottomucoso.
FISIOLOGIA
Lo stomaco assolve a 3 funzioni principali:
18. Secretiva
1) Secrezione acida: determinata dalla secrezione di H+ e Cl- da parte delle
cellule parietali delle ghiandole ossintiche del corpo e fondo. Alla base del
meccanismo c'è una pompa protonica che sfrutta l'energia dell'ATP per
trasportare nel lume un protone e dentro la cellula uno ione potassio.
Questa pompa si trova nella membrana luminale e viene stimolata ad agire
attraverso il legame di alcune sostanze a recettori sul versante basocellulare:
- Acetilcolina: liberata dalle terminazioni parasimpatiche agisce sui recettori
M3 e innesca una corrente di Ca intracitoplasmatico che attiva la pompa.
- Istamina: liberata dalle cell ECL si lega ai recettori H2 e attraverso
l'attivazione dell'adenilato ciclasi innesca la produzione di cAMP che attiva la
pompa.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
- Gastrina: liberata da cell G delle ghiandole antrali ha lo stesso meccanismo
dell'Ach. La gastrina stimola direttamente la produzione di HCl ma anche
indirettamente incrementando i livelli di Istamina prodotti. La gastrina viene
legata dai recettori CCK-2 che legano anche il CCK. Questi recettori sono
espressi sulle cellule parietali, sulle cellule ECL e sulle cellule D. Essa oltre a
indurre la secrezione di istamina determina una secrezione di calcitonina da
parte delle cellule C della tiroide ed esercita un'azione mitogena innescando
la proliferazione.
Esiste anche il GRP (gastrin releasing peptide) che ha azione mitogena e
aumenta la secrezione di gastrina. Viene liberato dalle cellule D.
All'ingresso del cibo si verifica un'alcalinizzazione dell'antro in cui vengono
stimolate le cellule G a produrre gastrina e viene prodotto GRP dalle cellule
D. la gastrina agisce sulle cellule ECL e viene secreta istamina. Istamina e
gastrina vanno nel corpo-fondo e attivano le cell parietali a produrre acido
con l'aiuto dell'Ach. L'acidità crescente va a stimolare le cellule D che
producono somatostatina che inibisce la secrezione di gastrina, il progredire
del cibo verso il duodeno scatena liberazione di ormoni come VIP, CCK e
secretina che inibiscono la secrezione acida gastrica.
Altri attivatori della secrezione acida sono: PPAR, grelina e AA.
La somatostatina inibisce la secrezione di gastrina e quindi la secrezione
acida. Altri elementi antiacidi sono l'acidità crescente duodenale, la secretina,
la CCK, il VIP, il peptide inibitorio gastrico e l'enteroglucagone.
Altri inibitori sono la leptina, l'H. Pylori, l'ANP e il NO.
La riduzione dell'acidità gastrica invece provoca una riduzione della
secrezione di somatostatina e quindi aumento della gastrina e incremento di
acidità.
2) Secrezione peptica
Le cellule principali producono pepsinogeni tipo I e II che vengono convertiti
in pepsina a livello del lume gastrico a pH ottimale compreso tra 1,8 e 3,5.
Il pepsinogeno I è liberato dal corpo-fondo, il tipo II viene liberato da corpofondo, antro e duodeno. Il tipo di pepsinogeno presente è utile per indicare il
grado di atrofia.
Gli stimoli positivi a questa secrezione sono la distensione gastrica, la
presenza di proteine e AA nel liquido gastrico, VIP, CCK, gastrina e Ach. La
somatostatina inibisce.
3) Secrezione di muco e bicarbonati
Funzione esplicata da tutta la superficie gastrica e dalle ghiandole cardiali. Le
cellule producono muco e bicarbonato che rimane intrappolato efficacemente
all'interno del muco e serve come effetto tampone per i protoni che penetrano
dal lume gastrico. Lo stimolo maggiore alla produzione mucosa sono le PGE.
Questo strato conferisce una vera e propria barriera mucosa gastrica che si
amplia anche con la clearance continua dell'epitelio, con le giunzioni strette
tra le cellule e con la microvascolarizzazione efficace che elimina
prontamente gli eventuali H+ che sfuggono al blocco delle giunzioni strette.
Per tale motivo i FANS sono antigastrici visto che riducono la produzione di
PGE e determinano riduzione della barriera con danno mucoso.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
4) Secrezione di leptina
La leptina è una molecola che viene prodotta dal tessuto adiposo ma in
piccola parte anche dallo stomaco e in particolare dalle cellule principali delle
ghiandole fundiche. Ha recettori sul tenue con effetto di mediare
l'assorbimento dei nutrienti e l'integrità della mucosa. Ha comunque l'effetto
analogo anoressigenico della forma circolante.
5) Secrezione di grelina
Peptide secreto da cellule A della mucosa ossintica a carattere endocrino
come le ECL e provoca un effetto oressizzante e quindi scatenato dal digiuno.
Serve anche come stimolo al rilascio di ormone della crescita.
La grelina è in grado da sola di attivare la fase III del complesso motorio
migrante gastrico. Inoltre ha un effetto protettivo nei confronti dell'alcol e
delle ulcere gastriche indotte da stress affiancata alle PGE.
19. Motoria
Lo stomaco è dotato di una propria capacità motoria innescata direttamente
dalle cellule di Cajal interstiziali presenti a livello della parte prossimale della
grande curvatura che sono responsabili di movimenti peristaltici gastrici
interprandiali ed è un'attività elettrica mantenuta indipendentemente dal
digiuno o dal riempimento.
La funzione motoria ha lo scopo di:
- favorire la progressione orale del chimo
- triturare e sminuzzare le porzioni di cibo più grosse
- mescolare il cibo con le secrezioni gastriche
- rilasciare nel duodeno le particelle adeguate tramite il piloro
La velocità di svuotamento gastrico dipende dalla natura liquida o solida del
pasto. I liquidi vengono espulsi più velocemente verso il duodeno mentre i
solidi dipende dal loro valore calorico e dalla loro grandezza.
 La fase di motilità interprandiale consta di una serie di onde di 3 cicli
al minuto e viene denominata complesso mioelettrico migrante che è
costituito da 4 fasi:
- Fase I: quiescente
- Fase II: aumento dell'attività motoria
- Fase III: complesso di contrazioni gastriche vigorose che servono per far
passare il cibo indigerito verso il duodeno.
- Fase IV: fase di quiescenza tra il termine delle contrazioni e la fase I.
 La fase prandiale si innesca con la deglutizione in cui c'è un
rilasciamento del fondo gastrico per accogliere una quantità grande di
cibo che viene poi modificato in base all'entità del pasto per cercare di
mantenere la pressione gastrica costante.
Le onde antrali determinano la propulsione del cibo verso il piloro e il primo
cibo soprattutto liquido è sospinto verso il duodeno con piloro aperto. Il
passaggio dell'onda innesca poi una contrazione gastrica che causa una
chiusura del piloro con conseguente retropulsione del cibo verso l'antro.
Questo movimento serve per sminuzzare maggiormente il cibo che non può
passare normalmente in duodeno. Si tratta di un movimento di propulsione e
retropulsione.
20. Barriera antibatterica
Il pH gastrico fornisce una barriera notevole alla colonizzazione batterica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Esistono però delle condizioni in cui questa caratteristica viene a mancare e
la mucosa gastrica è più esposta alla flora batterica. È il caso dell'infezione da
Helicobacter che causa una gastrite atrofica soprattutto a carico delle cellule
parietali e compromette la secrezione acida. Possono essere implicati anche i
farmaci antiacidi e antisecretivi.
SINTOMI DI
ALTERATA
FUNZIONE
GASTRICA
1) Alterazioni della secrezione acida
Per anni si è pensato che l'ulcera fosse dovuta ad un eccesso di secrezione
acida che corrode progressivamente la parete dei visceri. La scoperta dell'H:
Pylori ha modificato la teoria visto che i 2 fattori sembrano interagire tra loro.
Infatti il batterio annidato nella mucosa antrale riduce la funzionalità delle
cellule D e la gastrina è prodotta senza inibitori per cui molto acido arriva in
duodeno, si ha metaplasia gastrica del duodeno e il batterio si annida in
questa sede (ulcera duodenale). In altri casi l'infezione cronica risale verso
l'alto e va ad intaccare le ghiandole ossintiche compromettendo la secrezione
acida e quindi si ha una gastrite atrofica. Esiste anche una predisposizione
genetica x cui esistono individui con un numero doppio di cellule parietali
rispetto ad altri e pertanto sono più esposti a ulcere.
Un caso a parte di ipersecrezione gastrica è la sindrome di Zollinger-Ellison
che consiste in un tumore ipersecernente gastrina principalmente che si
sviluppa a livello pancreatico.
2) Alterazioni della motilità
- Gastroparesi idiopatica: senso di pienezza precoce, nausea e vomito postprandiale dovuto a diminuzione dell'attività contrattile dell'antro.
- Gastroparesi diabetica: appare in circa 1/3 dei pazienti diabetici e si
manifesta con i sintomi dispeptici quindi nausea, vomito e senso di pienezza
con distensione addominale. Concorrono a ciò la neuropatia e soprattutto i
danni al vago, la microangiopatia e i disordini ormonali come
l'iperinsulinemia che provoca una aumentata distensione gastrica e una
chiusura del piloro oltre a una ridotta motilità antrale.
- Dispepsia funzionale: sintomi riferibili all'addome superiore in assenza di
alterazioni organiche
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
GASTRITI
DEFINIZIONE
La gastrite viene definita come una infiammazione della mucosa gastrica
rilevabile e diagnosticabile microscopicamente con l'esame istologico che
rileva la presenza di un infiltrato infiammatorio sottomucoso di
polimorfonucleati e in grado variabile di elementi mononucleati.
Per gastropatia si intende invece una patologia che colpisce lo stomaco ma
non genera una condizione infiammatoria.
EZIOLOGIA
Esistono diverse cause di gastriti:
 Gastrite cronica:
◦ Infezione di Helicobacter Pylori
◦ Autoimmune
 Gastrite linfocitaria:
◦ Malattia celiaca
◦ Autoimmune
◦ Ipersensibilità
 Gastrite granulomatosa:
◦ Sarcoidosi
◦ Vasculopatie
◦ Farmaci
 Gastrite eosinofila
Per quanto riguarda le gastropatie possiamo avere:
 Gastropatia acuta erosiva
◦ Da alcol, stress, FANS, farmaci, uremia
 Gastropatia cronica reattiva
◦ Da FANS, reflusso biliare, radioterapia
CLASSIFICAZIO Le forme di gastrite possono differenziarsi da vari punti di vista. In primo
luogo eziologico, ma anche topografico e morfologico.
NE
Da un punto di vista topografico abbiamo:
 Pangastrite: infiammazione disseminata a tutto lo stomaco
 Gastrite del corpo-fondo: prevalentemente da autoimmunità
 Gastrite antrale: associata molto spesso all'infezione da HP
Se consideriamo la morfologia delle lesioni possiamo avere:
 Gastrite acuta: associata ad un infiltrato granulocitario
 Gastrite cronica superficiale: con una commistione di elementi
infiammatori e dell'immunità specifica come linfociti e plasmacellule
disseminate sulla superficie.
 Gastrite cronica atrofica: infiammazione che ha causato un'apoptosi
delle cellule della normale mucosa gastrica ossintica sostituendole
con cellule colonnari (metaplasia intestinale)
 Ulcera peptica: lesione grave della mucosa che crea una soluzione di
continuo tra il lume e le porzioni profonde della parete. Può essere
localizzata in 2 punti:
◦ Gastrica: lesione situata nel corpo-fondo
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
◦ Duodenale: cratere formato nel duodeno.
MORFOLOGIA
- Gastrite eritematosa / essudativa: aree rosse e bianche
- Gastrite superficiale erosiva
- Gastrite polipoide con erosioni
- Gastrite atrofica
- Gastrite emorragica
- Gastrite biliare
- Gastrite a pliche giganti
PATOGENESI
La gastrite si instaura come processo infiammatorio a seguito del fattore
eziologico e determina un richiamo infiammatorio. Spesso la gastrite acuta si
trasforma in cronica visto il tempo prolungato di permanenza delle lesioni
che di solito sono asintomatiche. La gastrite cronica superficiale interessa un
processo flogistico a livello della mucosa con cellule aspecifiche e specifiche.
La gastrite atrofica è un'evoluzione della gastrite cronica superficiale
prevalentemente a seguito dell'infezione da HP e causa un'atrofia del
parenchima e metaplasia intestinale.
La sede dell'atrofia è importante per le caratteristiche cliniche e prognostiche.
Infatti la gastrite cronica dell'antro facilmente associata a HP causa una
riduzione delle cellule D e quindi un'ipersecrezione di gastrina e una
riduzione della produzione dei bicarbonati duodenali che determina
un'aumentata acidità nel duodeno che favorisce la metaplasia gastrica su cui
si può annidare l'HP e svilupparsi un'ulcera peptica duodenale. In questi casi
il rischio di cancro gastrico è quasi nullo.
Nel caso di una gastrite atrofica del corpo-fondo si ha un'alcalinizzazione del
lume gastrico vista la distruzione progressiva delle ghiandole ossintiche che
non permettono la produzione di acido e enzimi peptici oltre a fattore
intrinseco. Così il batterio prolifera ulteriormente e si verifica una
progressione con maggior rischio verso l'adenocarcinoma.
Nei soggetti con pangastrite o gastrite del corpo-fondo l'assunzione di H2
antagonisti (recettore dell'istamina) o antiacidi peggiora la situazione.
CLINICA
La clinica della gastrite è altamente aspecifica e paucisintomatica.
I sintomi principali presenti nel 20-30% dei pazienti sono i disturbi
dispeptici. Questi consistono in dolore epigastrico che spesso recede con
l'assunzione del cibo e compare a digiuno oppure un fastidio epigastrico
caratterizzato da pienezza post-prandiale, distensione, sazietà precoce e
gonfiore addominale. Tuttavia molti pazienti non presentano sintomi
particolari e restano asintomatici fino a che il quadro non si complica e si
forma un' ulcera.
I tipici segni di gastrite sono:
21. Anemia megaloblastica: associata ad un deficit di vitamina B12 o
cobalamina a causa della mancanza di fattore intrinseco nel contesto
di una gastrite atrofica del corpo-fondo.
22. Anemia sideropenica: dovuta ad una gastrite superficiale o atrofica
del corpo-fondo in cui viene compromessa la secrezione acida e
quindi il pH si alza non permettendo un adeguato assorbimento del
ferro non-emico dalla dieta. Inoltre il pH alto causa un'incapacità di
utilizzo dell'acido ascorbico utile a convertire il ferro dallo stato
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ferrico a ferroso perchè viene trasformato in altri composti e
consumato per eliminare i radicali prodotti dall'infiammazione cronica
DIAGNOSI
 Anamnesi: familiare, comportamentale, farmacologica, sintomi
 Esame endoscopico: necessario nel caso di pazienti con età maggiore
di 45 anni, storia familiare per neoplasie gastriche, anemia. È
necessario eseguire in tali casi biopsie endoscopiche dell'antro e del
corpo-fondo.
 Ricerca dell'HP
Bisogna valutare la necessità di fare una terapia contro una gastrite. Non
sempre è utile soprattutto nei casi paucisintomatici e non erosivi. È utile
intraprendere una terapia con antiacidi + antibiotici nel caso di diagnosi di
HP. Importante l'eradicazione del batterio se presente a livello del fondocorpo anche se asintomatico perchè ha un rischio intrinseco di evoluzione
carcinomatosa elevato.
TERAPIA
INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
CARATTERISTI L'infezione da HP è una delle infezioni più frequenti in assoluto e si stima
che il 20-30% della popolazione mondiale sia infettata da questo batterio.
CHE
È un batterio Gram – ed è la principale causa di gastrite cronica, dell'ulcera
peptica gastrica e duodenale, del linfoma gastrico ed ha un ruolo favorente
l'adenocarcinoma.
L'infezione è molto frequente nel terzo mondo dove le condizioni economicosociali sono basse e correla con l'età.
La trasmissione del batterio sembra essere per via oro-fecale o oro-orale. Il
batterio infatti è stato riscontrato nelle feci e anche nella saliva e nelle
placche dentarie.
Nel terzo mondo l'infezione viene contratta nell'infanzia e si manifesta però
in età più avanzata, nei paesi occidentali invece l'infezione di verifica ad età
più avanzata.
PATOGENESI
Il batterio esplica la sua funzione lesiva attraverso 5 meccanismi essenziali:
 Ureasi: enzima che scinde l'urea contenuta nel lume gastrico in
ammoniaca, acqua e CO2 (bicarbonati) autoproteggendosi quindi
dall'acidità del lume che può infiltrare la parete mucosa.
 Flagelli: utili per il movimento
 Adesine: molecole che permettono l'adesione del batterio alla parete
mucosa
 Enzimi: ureasi, fosfolipasi (che alterano la porzione fosfolipidica
della membrana aumentando la permeabilità ai protoni) ed enzimi
proteolitici.
 Tossine: sono le principali componenti del danno. Esistono ceppi in
cui vengono espresse e sono più aggressivi mentre in altri ceppi i geni
non vengono espressi.
◦ VacA: citotossina vacuolizzante che determina direttamente un
danno epiteliale, ma viene espressa solo nei ceppi che esprimono
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
anche CagA
◦ CagA: citotossina che determina un'azione antigenica molto
intensa, tale da scatenare una risposta infiammatoria e
immunitaria. Vengono attivati linfociti T e macrofagi che
richiamano cellule immunitarie soprattutto neutrofili producendo
IL-8, IL-1, TNFalfa, IL-6. Il 60% dei ceppi produce CagA.
Queste peculiarità del batterio gli consentono di dare origine a diversi tipi di
patologie tra cui la gastrite cronica come aspetto principale.
L'infezione da HP da sola è sufficiente a dare una gastrite acuta che si
trasforma facilmente in cronica, ma non è sufficiente per dare origine a
complicanze come ulcere e tumori e pertanto in questo senso intervengono
fattori favorenti come la predisposizione genetica, lo stile di vita,
l'alimentazione, il fumo, l'alcol e l'elevato apporto di sale.
La gastrite cronica viene definita ATTIVA quando sono presenti infiltrati
cellulari, QUIESCENTE quando i neutrofili scompaiono e diminuiscono le
cellule mononucleate. Nella maggior parte dei casi la gastrite cronica decorre
in modo asintomatico e persiste per tutta la vita senza che si verifichino altre
patologie del tratto digestivo superiore.
D'altro canto è però possibile che il paziente vada incontro a complicanze
come una gastrite atrofica che determina un'ulcera peptica gastrica o
duodenale con eventuale progressione verso displasia e adenocarcinoma. Può
anche innescarsi un linfoma MALT.
L'ulcera peptica è una soluzione di continuo che si sviluppa a livello gastrico
o duodenale. Tipicamente l'HP infetta il corpo e l'antro ma esistono situazioni
in cui si verifica un coinvolgimento unico dell'antro o del corpo-fondo.
L'ulcera duodenale è più frequente di quella gastrica e colpisce un'età anche
più inferiore. L'HP è presente in quasi tutti i soggetti con ulcera duodenale e
in gran parte di quelli con ulcera gastrica.
5. L'ULCERA DUODENALE si caratterizza per una gastrite cronica
antrale che causa una riduzione della secrezione di bicarbonati
duodenali e una riduzione del numero di cellule D e conseguente
ipersecrezione di gastrina che si ripercuote sulle cellule parietali che
producono più acido. L'acido viene spinto verso il duodeno e qui si
genera una metaplasia gastrica dove il batterio può insediarsi e
causare un'ulcera
6. L'ULCERA GASTRICA si associa meno frequentemente a HP e
spesso si verifica a seguito di processi autoimmuni. Viene colpito il
corpo-fondo e quindi le ghiandole ossintiche vengono eliminate e
sostituite da ghiandole intestinali (metaplasia intestinale). Questo
causa una riduzione dell'acidità e un innalzo del pH oltre a assenza di
pepsinogeno I e fattore intrinseco. Si verifica così un'anemia
perniciosa e un'ipergastrinemia da compenso.
L'ipocloridria favorisce la proliferazione dei batteri e la conversione di nitrati
in nitriti che sono sostanze cancerogene e inoltre si riduce la produzione di
acido ascorbico che serve per evitare la formazione di nitriti. Il risultato è una
tendenza spontanea ad evolvere verso uno squilibrio tra apoptosi e
proliferazione e quindi l'insorgenza di un adenocarcinoma.
7. LINFOMA GASTRICO PRIMITIVO: lesione tumorale causata
dall'HP che innesca la formazione di tessuto linfatico in sedi dove non
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
esiste normalmente come la mucosa gastrica e si generano dei veri e
propri follicoli linfatici evidenziabili talvolta alla biopsia. L'HP ha
azione di proliferazione sui follicoli neoformati.
L'eradicazione del batterio dà regressione del linfoma.
CLINICA
La clinica della gastrite cronica è abbastanza aspecifica con asintomaticità
prevalente e talvolta disturbi dispeptici.
La clinica dell'ulcera peptica duodenale vede nel 50% dei casi un dolore
addominale che si irradia posteriormente localizzato in epigastrio.
Il dolore dell'UD è un dolore urente che viene esacerbato dal digiuno e circa
2-3 ore dopo i pasti mentre è alleviato dal cibo.
Il dolore dell'UG è sordo e aumenta la sua intensità durante i pasti.
Talvolta il dolore può essere sostituito da sintomi dispeptici.
Bisogna considerare che la natura cronica della malattia con momenti di
attività e momenti di riparazione determina una sintomatologia episodica ed
intermittente.
Non è infrequente trovare una sintomatologia dell'ulcera solo a seguito di una
complicanza dell'ulcera stessa. Possono esserci 3 complicanze:
 Emorragia: compare con ematemesi o melena in fase acuta oppure
può presentarsi con anemizzazione progressiva per stillicidio cronico
di sangue dalla mucosa. È la complicanza più frequente e può portare
a shock ipovolemico.
 Perforazione: lo stomaco si può perforare anche se raramente e si
manifesta con un dolore addominale violentissimo. In alcuni casi la
perforazione può interessare il pancreas (penetrazione) e si manifesta
con dolore addominale irradiato posteriormente.
 Ostruzione: evenienza meno comune causata da una sub-stenosi o
stenosi pilorica provocata da fibrosi o deformazione cicatriziale a
seguito della cronicità della riparazione dell'ulcera. Tipici sintomi
sono nausea e vomito post-prandiale.
DIAGNOSI
La diagnosi dell'infezione da HP si effettua attraverso test invasivi e test non
invasivi.
Tra i test invasivi ci sono:
 Test dell'ureasi: pratico e poco costoso, necessita di un pezzo bioptico
che viene immesso in una soluzione contenente urea con indicatore di
pH (rosso fenolo). Se è presente il batterio l'urea viene idrolizzata in
NH3 che causa un aumento del pH e quindi un viraggio del colorante
da rosso a giallo. L'accuratezza di questo test è limitata dalla carica
batterica e anche dal trattamento antibiotico.
 Esame istologico: esame molto utile con un'elevata sensibilità e
specificità. Evidenzia la presenza del batterio che si dispone in
chiazze. L'esame bioptico necessita di almeno 2 biopsie: antro e
corpo. Inoltre questo esame è molto utile per vedere eventuali
situazioni di precancerosi.
 Coltura: esame dispendioso e poco attendibile, ma utile per
l'antibiogramma.
Tra gli esami non invasivi abbiamo:
 Urea breath test: esame più pratico ed affidabile, consiste nel dare al
paziente una soluzione contenente basse quantità di urea marcata con
carbonio13. Viene raccolto un campione di respiro prima
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009


dell'operazione ed uno 30 minuti dopo, se in quest'ultimo è presente
un incremento della CO2-13 liberata dall'ureasi batterica il test è
positivo.
Esame sierologico: soprattutto con metodiche ELISA per rilevare IgG
contro il batterio, tuttavia è poco accurato.
Test fecali: ha un'ottima accuratezza nel rilevare con metodica
immunoenzimatica la presenza del batterio nelle feci. Perde
accuratezza dopo un trattamento antibiotico.
È importante effettuare un test dopo almeno 2 settimane di sospensione del
trattamento antibiotico.
La diagnosi di ulcera peptica si effettua tramite:
 Rx con pasto baritato: esame utile e accurato
 Esofagogastroduodenoscopia: gold standard con l'opportunità di
effettuare anche biopsie mirate sulle lesioni ed analisi dei margini
dell'ulcera per verificare che si tratta di un'ulcera benigna piuttosto
che neoplastica.
TERAPIA
La terapia dell'infezione da HP è raccomandata solo per i pazienti con ulcera
duodenale e gastrica, sia attiva che cicatrizzata, linfoma gastrico, storia
familiare per cancro gastrico, precedente gastroresezione per cancro e gastrite
atrofica. Per la dispepsia non ulcerosa è consigliata la terapia antibiotica ma
non raccomandata visto che solo nel 20-30% dei casi si ottiene un
miglioramento.
La terapia consta di:
 Inibitori di pompa protonica
 Claritromicina
 Metronidazolo o Amoxicillina
due volte al giorno per una settimana.
GASTRITE AUTOIMMUNE
CARATTERISTI
CHE GENERALI
 Si tratta di una gastrite che si crea a seguito di una reazione
autoimmunitaria e colpisce prevalentemente il corpo-fondo
determinando una gastrite atrofica di queste zone.
 Eziologia: anticorpi autoimmuni contro la pompa H/K e contro il
fattore intrinseco.
 Patogenesi: anticorpi che inducono riduzione produzione acida, si
attiva un'ipergastrinemia, un aumento del rapporto pepsinogeno II/
pepsinogeno I e possibile evoluzione in metaplasia intestinale con
danno alla mucosa ed evoluzione verso l'adenocarcinoma.
 Sintomi: come tutte le altre gastriti
 Associazione: con tiroiditi autoimmuni
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIA PEPTICA NON HP CORRELATA
DEFINIZIONE
Ulcera peptica gastro-duodenale non associata all'infezione da HP.
EZIOLOGIA
Dopo HP la causa più frequente di ulcera peptica è l'uso massivo di FANS e
infatti questa forma è molto diffusa nei paesi forti consumatori di
antinfiammatori come l'Australia e gli USA.
Altri fattori eziologici sono l'aspirina soprattutto utilizzata giornalmente per
prevenire la malattia coronarica o cerebrovascolare o per prevenire la
comparsa del cancro del colon-retto.
Un'altra causa molto meno frequente è rappresentata dalla sindrome di
Zollinger-Ellison che rappresenta un tumore secernente gastrina che si
sviluppa principalmente nel pancreas e stimola dunque l'ipersecrezione acida
dello stomaco. Questa patologia si può sviluppare anche in un contesto di
MEN-1.
Esistono anche le ulcere da stress per cui la perfusione della mucosa è
ridotta e quindi le difese naturali vengono a meno.
Infine ci sono casi di ulcera correlata a malattie sistemiche come: morbo di
Crohn, ipercalcemia, ipertensione portale, TBC, cancro, ischemia...
E' inoltre stato evidenziato che l'ulcera non si verifica da sola ma spesso
esistono delle condizioni predisponenti e dei fattori favorenti come l'età
avanzata e l'uso concomitante di FANS e steroidi, oltre all'uso di ASA e
anticoagulanti. L'infezione da HP sembra avere un ruolo anche in questo caso
ma non è accertato.
PATOGENESI
L'utilizzo massivo di FANS determina un'inibizione costitutiva della COX 1
e 2 in modo non selettivo. La COX-1 è implicata nei meccanismi di difesa
della mucosa gastrica in quando permette la produzione di PG che
favoriscono la vascolarizzazione della mucosa e l'eliminazione degli ioni H+
diffusi dal lume gastrico. La COX-2 invece ha una funzione pro-flogistica.
Si stanno cercando di sintetizzare farmaci inibitori selettivi per la COX-2 in
modo da prevenire il danno gastrico.
Inoltre l'effetto lesivo dei FANS deriva anche da un'azione topica visto che
essi si legano ai fosfolipidi di membrana ed alterano le giunzioni strette che
connettono le cellule tra loro e favoriscono il passaggio di ioni H+ verso la
mucosa.
Nell'ulcera da Zollinger-Ellison (gastrinoma) la patogenesi è legata
decisamente all'incremento di acidità.
Nell'ulcera idiopatica il quadro patogenetico non è stato ben definito, forse
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
può associarsi un'aumentata velocità di transito gastrico che espone dosi di
acido al duodeno.
CLINICA
Sovrapponibile a quella dell'ulcera da HP, possono essere asintomatiche ed
insorgere sintomi a seguito di complicanze.

DIAGNOSI
Endoscopia: utile per evidenziare la lesione e differenziarla da quell
da HP. In più è possibile fare la biopsia ed escludere l'infezione da
HP.
Il prelevamento è effettuato: 2 dell'antro, 1 nell'angulus e 2 nel corpo-fondo.
Quelle da gastrinoma sono collocate principalmente a livello antrale.
TERAPIA
Efficace risposta a seguito di antisecretori.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI DELLO STOMACO
DEFINIZIONE
I tumori dello stomaco si suddividono in ghiandolari e connettivali.
Di gran lunga più frequenti sono i tumori ghiandolari e in particolare quelli di
natura maligna che rappresentano il 90% dei tumori gastrici, cioè
l'adenocarcinoma gastrico. Esistono anche tumori meno frequenti come il
carcinoma squamoso, oppure per i tumori connettivali esiste il linfoma
gastrico, leiomiomi, leiomiosarcomi, fibrosarcomi, carcinoidi e GIST
(tumori stromali gastrointestinali).
Tra i tumori benigni esistono anche i polipi iperplastici, adenomatosi ed
amartomatosi benchè siano molto rari.
Ultimamente il tumore gastrico ha avuto un drastico calo di incidenza
soprattutto a seguito delle tecniche di refrigerazione e dello scarso utilizzo di
sostanze cancerogene per conservare i cibi.
Si tratta del 4° tumore più frequente per incidenza e del 2° per mortalità dopo
al polmone.
Si suddivide in 2 grandi istotipi:
 Intestinale o Espansivo
 Diffuso o Infiltrativo
Il primo tipo colpisce prevalentemente i maschi tra i 50 e 70 anni, l'incidenza
più elevata si verifica in Giappone.
Il secondo tipo è meno frequente ma non ha subito il calo di incidenza che
invece corrisponde tutto alla variante intestinale e colpisce persone giovani
con una forte componente di ereditarietà.
EZIOLOGIA
Il tumore dello stomaco è multifattoriale:
 Fattori ambientali e dietetici: il consumo di pesci e carni affumicate,
l'eccessivo consumo di sale, l'utilizzo di acque ricche di nitrati che
vengono convertiti in nitriti dalla flora intestinale, il consumo di nitriti
presenti in certi vegetali e usati come conservanti e l'esposizione a
tossici ambientali e lavorativi sembrano essere fattori favorenti. Il
fumo è predisponente per il tumore prossimale soprattutto a livello
della giunzione GE.
Il consumo di frutta e verdure fresche con alto contenuto di vitamina E, A e C
oltre alla refrigerazione dei cibi protegge dal cancro.
 Helicobacter Pylori: il batterio è considerato tra i cancerogeni di
primo ordine per lo sviluppo del cancro. Questo meccanismo si
associa ad un'evoluzione da gastrite cronica e di seguito gastrite
atrofica, metaplasia intestinale, displasia di alto-basso grado ed infine
AK. Solo una quota minore dell'1% dei pazienti con infezione da HP
sviluppa il cancro e questo implica che l'HP non è sufficiente a
sviluppare la neoplasia ma devono intervenire fattori estrinseci o
intrinseci tra cui:
◦ Fattori concomitanti
◦ Virulenza batterica (CagA e VacA positivi)
◦ Fattori ambientali esaltati dall'ipocloridria (eccesso di nitrosocomposti, riduzione degli antiossidanti, tossici ambientali e uso di
farmaci, proliferazione batterica)
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
◦ Fattori dell'ospite (risposta immune, fattori neuroendocrini,
oncogeni, si pensa che un polimorfismo del gene per l'IL-1 e per il
TNFalfa possano favorire lo sviluppo tumorale)
 Fattori genetici: è stato evidenziato che il tumore è maggiormente
presente in pazienti con gruppo sanguigno A e specifico aplotipo di
HLA. Inoltre esiste anche una forma a trasmissione genetica
autosomica dominante a carico del gene dell'E-caderina responsabile
di una grave forma di adenocarcinoma diffuso.
Altri studi hanno messo in evidenza un eventuale ruolo chiave da parte di
APC, c-met, c-erb2, p15, p16, p21 e p27 oltre a E-caderina, P-caderina, alfacatenina e ciclina E.
PATOGENESI
I 3 fattori precedenti (dietetico-ambientali, infezione HP e genetici) innescano
insieme un processo di modificazione cronica della mucosa gastrica in senso
neoplastico. Esistono condizioni istologiche predisponenti all'instaurarsi di
una condizione cancerosa e pertanto vengono definite lesioni precancerose:
 Gastrite cronica atrofica: condizione predisponente.
◦ Fundica: associata a fenomeni autoimmunitari e associata alle
forme più gravi. C'è ipocloridria.
◦ Multifocale: caratterizzata da interessamento del corpo-fondo in
modo disomogeneo e prevalente nelle aree di maggior incidenza
del cancro associato molto spesso ad HP. Si instaura su metaplasia
intestinale.
 Ulcera gastrica: non predispone al cancro, è importante però
differenziarla da una lesione maligna di tipo ulcerato.
 Metaplasia intestinale: forma di sostituzione epiteliale in cui si
distingue un tipo completo, incompleto e colonico (III) che appare più
associato all'insorgenza di carcinoma.
 Stomaco resecato: a seguito di patologia benigna. Il danno proviene
di solito da un eccesso di rigurgito biliare dal frammento resecato.
 Gastropatia ipertrofica di Ménétrier: ipertrofia mucosale associata
a protidodispersione. Sembra coinvolgere anche una predisposizione
al cancro.
 Polipi adenomatosi: polipi della mucosa gastrica che possono essere
pericolosi quando superano i 2 cm di grandezza e anche il numero è
incisivo.
 Anemia perniciosa: associata quasi sempre a gastrite atrofica del
corpo-fondo da HP o a causa autoimmune. In realtà non è correlata
direttamente col cancro ma predispone al carcinoide vista
l'ipergastrinemia compensatoria. (Proliferazione delle cellule ECL)
 Displasia gastrica: evento più grave e predisponente al cancro. Esiste
un basso grado che deve essere monitorato ogni 6 mesi e un alto
grado che va curato chirurgicamente. Viene considerata come una
neoplasia non invasiva. Le caratteristiche di ordine e struttura della
mucosa sono sovvertite.
MORFOLOGIA
L'adenocarcinoma si può presentare secondo 2 varianti:
1) Intestinale o Espansivo: associato ad una metaplasia intestinale in cui le
cellule proliferanti hanno le caratteristiche colonnari e di goblet cells e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
restano adese le une alle altre mantenendo rapporti di continuità. È associato
all'HP o a gastrite autoimmune e colpisce le persone in età tra 55-70 anni. La
modalità di crescita è soprattutto espansiva e diffonde verticalmente
2) Diffuso o Infiltrativo: forma molto più aggressiva associata a
proliferazione di cellule anaplastiche in modo diffuso e senza contatti le une
con le altre. Il tumore tende ad invadere le strutture vicine infiltrando in
profondità molto precocemente e arriva in cavità peritoneale. Colpisce più
spesso i giovani ed è associato di solito a sindromi familiari.
Per quanto riguarda la morfologia esistono forme:
 Vegetanti: crescita esofitica con occupazione del lume.
 Ulcerate: formazione di una soluzione di continuo, i margini sono
rilevati e le pliche mucose sono irregolari attorno all'ulcera a
differenza delle ulcere benigne.
 Infiltranti: espansione verso il basso e in profondità
 Polipoidi: tumori che derivano da displasia di polipi adenomatosi
Dal punto di vista di stadiazione si identifica un tumore detto EARLY
GASTRIC CANCER che è caratteristico per il suo stadio precoce e per la
sua non invasione della tonaca muscolare. Rappresenta un carcinoma in situ
ed è limitato alla mucosa o eventualmente alla sottomucosa.
Ha prognosi favorevole e dopo resezione ha una sopravvivenza a 5 anni del
90%.
In alcuni casi ci può essere l'invasione di una stazione linfonodale.
È molto frequente nel Giappone e scarso in Europa.
CLINICA
23. Perdita di peso
24. Anoressia
25. Dolore
Questi sono i 3 sintomi principali che dà il tumore. Il calo ponderale deriva
sia dal basso introito calorico sia dall'eccessiva produzione citochinica
tumorale responsabile della cachessia neoplastica. Stesso discorso per
l'anoressia. Il dolore è un sintomo abbastanza vago e non sempre presente
avvertito come senso di dolenzia generale all'addome.
In più possono essere presenti altri sintomi che possono aiutare la diagnosi:
26. Anemizzazione: associata allo stillicidio cronico di sangue dalle
eventuali ulcere o per evidenti ematemesi o melena.
27. Dispepsia: in tutte le persone oltre i 50 anni con insorgenza di
dispepsia dovrebbe essere ipotizzata la diagnosi di cancro in modo da
escluderla subito attraverso un'endoscopia
28. Vomito, melena e ematemesi: sintomi di tumore molto avanzato
29. Disfagia: può essere presente nelle forme prossimali
30. Sintomi da localizzazione secondaria: ittero, ascite, dispnea
La fase precoce vede sintomi aspecifici come dispepsia e sintomi sistemici
come febbricola, inappetenza e astenia.
La fase tardiva evidenzia dolore, anoressia e calo ponderale, nausea e
vomito.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
I principali segni all'esame obiettivo sono:
1) Massa palpabile in epigastrio
2) Epatomegalia ed ittero da metastasi epatiche
3) Ascite da carcinosi peritoneale
4) Tumefazione addominale nelle donne per metastasi bilaterali all'ovaio
(tumore di Krukenberg)
5) Tumefazione del linfonodo di Troisier nella fossa sovraclaveare sinistra
Il tumore invade localmente ed inesorabilmente tutte le porzioni dello
stomaco ed eventualmente gli organi vicini. Diffonde per via linfatica verso i
linfonodi addominali e per via ematica dando metastasi al fegato, al polmone
e al peritoneo.
DIAGNOSI
 Anamnesi
 Esame obiettivo
 Esami di laboratorio:
 Anemia sideropenica
 Anemia megaloblastica
 Antigene carcino-embrionario (CEA)
 Aumento della VES e dell'LDH e del pepsinogeno I
 Sangue occulto nelle feci
 Studio del succo gastrico con ipo o acloridria
 Gastroscopia: esame fondamentale per rilevare la presenza di
anomalie della mucosa gastrica e per permettere di effettuare biopsie
accurate.
 Radiografia con pasto baritato: metodica attraverso cui si può rilevare
un'anomalia della continuità della parete gastrica. Ad esempio la
forma vegetante vedrà una riduzione del contenuto liquido mentre la
forma ulcerata vedrà un'incisione nella mucosa verso il basso.
L'EGC può presentarsi come anomalia di colore, depressione lieve
protrusione e leggera ulcerazione.
È necessario effettuare i test strumentali quando ci sono 3 condizioni:
 Pazienti con sintomi dispeptici con più di 50 anni e refrattari a terapia
 Pazienti con storia familiare di cancro gastrico
 Pazienti con lesioni precancerose o riscontro di condizioni
predisponenti
STAGING
Per effettuare una terapia adeguata è necessario stadiare il tumore una volta
diagnosticato. La stadiazione viene effettuata tramite il sistema TNM
attravero TC toracica e addominale (per vedere le eventuali metastasi),
Ecografia (per rilevare le stazioni linfonodali coinvolte), Econendoscopia
(per stabilire il grado di profondità e di invasione locale del tumore.
Tis: tumore in situ
T1: tumore con invasione della mucosa e/o sottomucosa (EGC)
T2: tumore che invade la muscolare propria
T3: tumore che invade la sierosa
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
T4: tumore che invade gli organi vicini
N1-2: presenza di metastasi linfonodali
M1: metastasi a distanza
TERAPIA
La terapia curativa del tumore gastrico è esclusivamente chirurgica. Si parla
di:
8. Gastrectomia totale: quando tutto lo stomaco viene tolto insieme a
linfadenectomia e rimozione del piccolo e grande omento e degli
organi vicini al tumore eventualmente coinvolti.
Necessaria per i tumori del corpo-fondo. Nelle forme a basso stadio la
sopravvivenza a 5 anniè tra 80-90% mentre si abbassa per gli stadi avanzati.
9. Gastroresezione parziale: si tratta di una metodica prevalentemente
riservata agli stadi bassi tipici dell'early gastric cancer. Specialmente
per i tumori che si verificano nell'antro.
10. Terapia palliativa: si tratta di una terapia da eseguire quando il
tumore non può essere guarito per l'impossibilità di fare una chirurgia
a causa della disseminazione cospicua della neoplasia.
In questo senso si fa una terapia tale da allungare la vita al paziente e
migliorarne la qualità consapevoli di non poter guarire il paziente.
Si effettua una anastomosi gastroduodenale bypassando la zona tumorale. In
casi più gravi si può fare direttamente una stomia cutanea a valle della
stenosi.
11. Chemioterapia e Radioterapia: sono molto poco efficaci nel tumore
gastrico anche se possono avere un ruolo ultimamente scoperto delle
polichemioterapia soprattutto a scopo neoadiuvante o adiuvante.
PROGNOSI
Dipende molto dall'età, dal tipo istologico, dallo stadio e dal trattamento.
Il paziente va controllato nel tempo a seguito di un intervento per cancro
gastrico con biopsie, ecografie addominali ogni 6 mesi per verificare lo stato
epatico e periodiche radiografie del torace.
Il ruolo della prevenzione nel cancro gastrico è fondamentale.
Innanzitutto è necessario eliminare i fattori di rischio alimentari e dietetici.
L'infezione da HP va combattuta ed eradicata soprattutto nei casi di
compresenza di fattori di rischio.
La prevenzione secondaria riguarda il monitoraggio dei pazienti ai quali è
stata riscontrata una lesione precancerosa. Esiste un intervallo standard di
ripetizione dei controlli ed eventuali indicazioni terapeutiche.
ALTRI TUMORI

Linfoma MALT: proliferazione linfoide associata ad HP nella
maggioranza dei casi. Vengono suddivisi in 2 gruppi, quello a bassa
malignità in cui si colloca il linfoma da HP non Hodgkin e quello ad
alta malignità.
Si tratta per lo più di linfomi della zona marginale extranodali.
Il trattamento si basa su chirurgia e chemioterapia ma soprattutto negli stadi
iniziali del linfoma associato al HP è importante l'eradicazione del batterio
che consente una regressione del 100%.

Carcinoide gastrico: tumore che vede la proliferazione delle cellule
ECL a seguito di gastrite atrofica del corpo-fondo di tipo autoimmune
(tipo I) oppure da sindrome di Zollinger-Ellison (tipo II) o sporadica
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
(tipo III). In genere è benigno anche se sono stati riscontrati casi di
metastatizzazione.

Polipi gastrici: sono abbastanza rari, quelli iperplastici sono del tutto
benigni, quelli adenomatosi possono evolvere in cancro in base alla
grandezza e al numero, quelli amartomatosi sono rarissimi e non
evolvono praticamente mai in cancro.

Tumori stromali: sono i più frequenti tumori benigni dello stomaco,
anche se in sé sono abbastanza rari.
Sono asintomatici e diventano rilevanti quando aumentano il loro diametro o
si ulcerano causando complicanze.

GIST: tumore associato alla proliferazione delle cellule di Cajal,
hanno un comportamento biologico incerto e si presentano con
sintomatologia occlusiva o sanguinamento. Presentano mutazioni di
c-Kit e rispondono alla chirurgia e alla somministrazione di anticorpi
specifici anti c-Kit.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
DOLORE TORACICO
DOLORE ADDOMINALE
DOLORE TORACICO
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
PATOGENESI
DIAGNOSI
TERAPIA
Il dolore toracico può essere riferibile solo in alcuni casi a cause
gastroenterologiche e principalmente di origine esofagea.







Disturbo cardiovascolare
MRGE
Disordini motori esofagei
Disturbo funzionale esofageo
Disturbo respiratorio
Disturbo osteoarticolare
Disturbo neurologico
Attivazione dei recettori presenti sui visceri e pertanto si avrà la percezione di
un dolore viscerale situato a livello retrosternale e può simulare facilmente
un'angina pectoris.
L'esofago possiede dei recettori che inviano impulsi afferenti al SNC sia per
la composizione chimica e fisica del contenuto sia per la sensibilità che
attraversa i fasci posteriori del midollo spinale.



Esclusione di una patologia cardiaca con ECG
Diagnosi di una MRGE o di una malattia funzionale esofagea
In caso di negatività agli esami precedenti si può ipotizzare una
malattia funzionale (dopo aver escluso dolori ossei, muscolari e
pleurici).
Efficacia con inibitori della pompa protonica contro il MRGE, utilizzo di
calcio antagonisti per i disordini motori. Si possono usare antidepressivi per
l'innalzamento della soglia di percezione del dolore.
DOLORE ADDOMINALE
DEFINIZIONE
Il dolore addominale è il principale sintomo riferito durante l'anamnesi. Può
essere di 3 tipi:
 Viscerale profondo: nocicettori viscerali profondi che scaricano
facendo percepire un dolore intenso, urente e grossolanamente riferito
sulla linea mediana.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009


DIAGNOSI
Viscerale riferito o irradiato: dolore più specifico irradiato in
posizioni cutanee anche lontano dall'organo coinvolto per
intercettazione con i nervi che rilevano la sensibilità cutanea.
Somatoparietale o epicritico: dolore ancora più specifico e
localizzato riferibile ad un coinvolgimento del peritoneo.
È importante fare una serie di indagini diagnostiche per valutare l'entità del
dolore e predire la condizione scatenante ed una eventuale immediata terapia.
 Anamnesi: informazioni sulle modalità d'insorgenza, sull'intensità,
sulla cronologia, sulla localizzazione, su fattori aggravanti o
attenuanti che aumentano o riducono il dolore (es. posizione, pasto,
vomito, evacuazione) e unione con sintomi specifici di allarme come
calo ponderale, emorragia, anemia, stato infiammatorio globale.
 Esame obiettivo: ispezione (masse, postura, respirazione,
sudorazione, cute, dilatazione pupille...), valutazione dei parametri
vitali principali (coscienza, pressione, frequenza cardiaca e
respiratoria, idratazione), auscultazione (evidenziare una peristalsi),
palpazione (prima le zone distanti dal dolore e poi la zona dolorosa,
vedere una reazione di difesa dell'addome), esplorazione rettale.
 Esami di laboratorio: di solito anamnesi ed esame obiettivo sono
sufficienti per determinare l'ipotesi di una patologia organica. Talora
sono richiesti anche emocromo, esame urine, elettroliti plasmatici,
azoto ureico, creatinina e glicemia.
 Esami radiologici: addome a vuoto permette di vedere livelli
idroaerei (occlusione), anse dilatate a sentinella o colon enorme
(megacolon), aria libera nell'addome con falce sottodiaframmatica
(perforazione).
Ecografia impiegata per la calcolosi delle vie biliari
Anche in caso di dolore cronico si procede nel modo suddetto, tuttavia con
tempi possibilmente anche più dilatati.
TERAPIA
Analgesici, antibiotici ad ampio spettro intanto da arrivare alla diagnosi e far
star meglio il paziente.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
NAUSEA E VOMITO
DEFINIZIONI



Nausea: sensazione spiacevole avvertita soggettivamente come
urgenza di vomitare, è associata a ipomotilità gastrica e ipertono
vagale.
Conati: stimoli al vomito a glottide chiusa che pertanto non fanno
fuoriuscire il materiale ma precedono l'atto del vomito
Vomito: fuoriuscita massiva del contenuto digestivo a seguito di
un'onda antiperistaltica che provoca un'apertura del SEI e
un'espulsione del materiale all'esterno.
EZIOLOGIA
Ci sono numerosissimi fattori che scatenano il vomito:
 Cause gastrointestinali: infezioni, intossicazioni, malattie
infiammatorie, distensione dei visceri intraddominali, ostruzioni,
disordini motori.
 Cause extra-intestinali: cause neurologiche (ipertensione
endocranica, emicrania, ansia, depressione, bulimia...), cause
endocrino-metaboliche (gravidanza, ipertiroidismo...)
 Cause iatrogene: chemioterapia, radiazioni, farmaci cardiovascolari,
antibiotici e analgesici...
PATOGENESI
Attivazione del centro del vomito a livello bulbare che attiva un arco riflesso
che determina un'onda antiperistaltica associata ad un ipertono vagale.
Gli stimoli emetici possono arrivare da diverse zone.
DIAGNOSI







CLINICA
Vomito recente e di breve durata: ipotesi infettiva
Vomito a digiuno: ipotesi gravidanza, ipertensione endocranica,
disordini endocrino-metabolici.
Vomito subito dopo il pasto: fattori psicotici
Vomito qualche ora dopo il pasto: alterazioni di motilità o ostruzione
meccanica.
Vomito biliare: ostruzione distale duodeno-digiunale e chirurgia
gastrica.
Vomito fecaloide: occlusione molto bassa intestinale che coinvolge
un'iperproliferazione batterica che si associa a formazione di sostanze
digerite e fortemente maleodoranti.
Vomito ematico: presenza di sangue digerito o meno fa pensare al
tempo di stasi gastrica del sangue o alla provenienza da varici
esofagee.
Il soggetto si presenta con ipersalivazione, prostrazione, può essere pallido e
può insorgere disidratazione. La perdita di protoni può favorire l'insorgenza
di alcalosi metabolica e di perdita di elettroliti essenziali come sodio e
potassio (sia per perdita diretta che per attivazione dell'aldosterone).
Si possono verificare fenomeni di lacerazioni esofagee se si associano
problemi di rilasciamento del SEI ed intensità elevata dell'espulsione.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA EPATICA
ANATOMIA
Il fegato è l'organo più grosso dell'organismo escludendo la cute. Pesa dai
1200 ai 1500 g ed è situato in sede addominale in ipocondrio dx con
allungamento verso l'epigastrio e l'ipocondrio sx.
E' vascolarizzato da una doppia rete:
 Arteria epatica: ramo del tripode celiaco che porta sangue ricco di O2
alle cellule del fegato
 Vena porta: vena che drena il sangue proveniente dai circoli capillari
splenico, gastrico, pancreatico e intestinale e li dirige al fegato che
accoglie le sostanze nutritizie derivate dalla digestione ed ormoni e
sostanze estranee da eliminare.
E' formato da un lobo destro, un lobo sx separati dal legamento falciforme, e
due lobi centrali caudato e quadrato.
In base alla vascolarizzazione si può suddividere in 8 segmenti utili dal punto
di vista chirurgico.
L'unità anatomica del fegato è il LOBULO con forma esagonale e al centro
la vena centrolobulare dalla quale partono a raggiera filiere di epatociti legati
fino ad arrivare agli apici dell'esagono in cui sono contenuti gli spazi portali
formati da:
 Ramo dell'arteria epatica
 Ramo della vena porta
 Ramo del sistema biliare.
Tra le filiere di epatociti sono situati i capillari del fegato detti sinusoidi
dotati solo di endotelio senza lamina basale. Questi sinusoidi sono capillari
contenuti in 2 sistemi venosi: quello portale e quello sovraepatico.
L'unità funzionale del fegato invece è l'ACINO che ha forma triangolare e
possiede i 3 apici a livello delle vene centrolobulari e al centro c'è uno spazio
portale. Esistono 3 zone di vascolarizzazione dell'acino:
 Zona 1: a livello del sistema portale max vascolarizzazione
 Zona 2: efficienza nutrizionale minore
 Zona 3: a livello della vena centrolobulare, si sente di + il danno
ischemico.
FISIOLOGIA
Il fegato consta di 4 componenti funzionalmente attivi:
- Epatocita
- Cellula di Kupffer
- Cellula stellata o perisinusoidale o di Ito
- Cellula endoteliale sinusale
1) Epatocita
Le funzioni dell'epatocita sono:
 Produzione ed escrezione della bile
 Metabolismo dei carboidrati: conversione del glucosio in glicogeno
come riserva energetica da utilizzare attraverso la fosforilasi.
 Metabolismo di sostanze tossiche, farmaci e ormoni: funzione
fondamentale per eliminare gli ormoni circolanti e la loro azione
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
fisiologica, per questo durante danno epatico si sviluppano alterazioni
endocrine. I farmaci vengono efficacemente trasformati dal fegato in
una fase ossidativa ed una fase di coniugazione con una molecola
idrosolubile tale da poter permettere l'eliminazione per via urinaria.
Infine è essenziale la degradazione delle sostanze tossiche attraverso
l'attivazione delle cellule di Kupffer.
 Sintesi e degradazione delle proteine plasmatiche: il fegato ha
un'azione di regolare la P oncotica grazie alla sintesi di albumina,
azione di trasportatore attraverso sintesi di albumina, ceruloplasmina,
aptoglobina, ferritina. In più favorisce la degradazione delle proteasi
come l'alfa1-AT e l'alfa e beta globine. Sintetizza ormoni.
Mantiene l'omeostasi formando fibrinogeno, fattori di coagulazione,
protrombina e inoltre permette la sintesi degli AA non essenziali.
 Formazione dell'urea: è un processo ripetitivo che avviene nel fegato
ed è volto ala conversione di NH3 in urea attraverso la coniugazione
di NH3, CO2 e citrullina con formazione di arginina. Da questo
complesso poi si stacca l'urea e si forma ornitina che viene
nuovamente convertita a citrullina per ricominciare il ciclo.
 Metabolismo dei lipidi e lipoproteine: il fegato permette la sintesi di
TG e colesterolo e in più si formano lipoproteine.
2) Cellula di Kupffer
Si tratta di macrofagi situati a livello sinusoidale con il quale si connettono e
formano il 80-90% dei macrofagi sistemici. Sono deputati alla
detossificazione delle sostanze dannose e rimozione di materiale estraneo.
Ad esempio durante il danno da etanolo si verificano produzione di
endotossine per aumentata permeabilità intestinale e genesi di ROS che
attivano prontamente i macrofagi.
3) Cellula stellata
Si tratta di cellule presenti a livello quiescente come cellule tondeggianti
contenenti vacuoli che raccolgono la vitamina A. durante il danno queste
cellule vengono attivate e sono responsabili dei processi di fibrosi e
deposizione connettivale andando incontro a proliferazione, liberazione dai
depositi di vit A, produzione di collagenasi e rimodellamento del parenchima
epatico. Tipiche cell responsabili della cirrosi.
4) Cellule endoteliale sinusoidale
Sono cellule che compongono l'endotelio dei sinusoidi e hanno ampie
fenestrature tali da permettere il passaggio delle sostanze nello spazio di
Disse. Nella cirrosi si ha una capilarizzazione dei sinusoidi con riduzione
degli scambi con gli epatociti.
CARATTERISTI L'epatocita risponde al danno attraverso 2 alterazioni:
31. Steatosi: processo di accumulo lipidico all'interno del citoplasma
CHE DI
della cellula. Si distingue in macrovescicolare determinata da alcol,
ALTERATA
diabete, obesità e dislipidemia e in microvescicolare determinata da
FUNZIONE
infezione da HCV e alterazioni della catena respiratoria
EPATICA
mitocondriale.
32. Necrosi: morte della cellule per lisi della membrana plasmatica
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
attivata da
1. Ischemia
2. Danno tossico diretto
3. Danno immunomediato
4. Danno da accumulo di metalli
5. Danno da alterazione processi metabolici (es metabolismo
farmaci)
6. Danno da lipoperossidazione della membrana plasmatica.
Meccanismi di riparazione del danno epatico:
 Rigenerazione: capacità del fegato di autorigenerarsi a seguito di
ablazione di tessuto a seguito di chirurgia o trauma. Le rigenerazioni
sono sostenute da fattori di crescita prodotti a livello locale, paracrini
ed endocrini. L'iperplasia compensatoria avviene a livello di tutte le
cellule epatiche. Cicli ripetuti di rigenerazione possono portare alla
formazione di noduli rigenerativi che sono il substrato per la
comparsa di cirrosi.
 Fibrosi: meccanismo di deposizione connettivale nel fegato che va a
sostituire le cellule normali e compromette la funzionalità epatica.
Tipico processo cirrotico.
 Apoptosi: classico quadro di morte programmata che interessa
prevalentemente gli epatociti. Avviene attraverso un meccanismo
intrinseco ed estrinseco.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EPATITI VIRALI ACUTE
DEFINIZIONE
L'epatite virale rappresenta una delle forme prevalenti di infiammazione e
danno epatico. Si caratterizza per una flogosi degli epatociti, un danno e una
conseguente rigenerazione. I virus coinvolti non sono di per sé citotossici, ma
è la risposta immunitaria cellulo-mediata ed umorale a determinare la gran
parte del danno.
Si considerano epatiti acute delle forme che perdurano per meno di 6 mesi,
altrimenti il quadro diventa cronico.
EZIOLOGIA
Esistono 5 virus epatotropi maggiori che colpiscono direttamente il fegato ed
altri virus che sono detti minori perchè hanno come bersaglio secondario il
fegato.
I virus maggiori sono HAV, HBV, HCV, HDV, HEV.
I virus minori che possono colpire il fegato sono il CMV, l'EBV, gli
Herpesvirus e il virus della rosolia. Esistono poi i tipici virus esotici come il
virus della febbre gialla che possono dare epatite.
PATOGENESI
Il virus penetra all'interno del circolo ematico e si va a distribuire a livello
epatico. Le vie di infezione sono:
 Oro-fecale: per HAV e HEV
 Parenterale: per HBV, HCV e HDV
Il virus giunto al fegato si lega attraverso specifici recettori e penetra nel
citoplasma dove si libera dall'envelope e rilascia il nucleocapside contenente
il materiale genetico in forma di RNA e DNA (nel caso del HBV).
All'ingresso nel citoplasma consegue una immediata traduzione proteica nel
caso dei virus a RNA oppure un passaggio all'interno del nucleo per i virus a
DNA che vengono trascritti a RNA e fuoriescono per fare sintesi proteica.
Una RNA polimerasi provvede a formare anche filamenti di RNA con
polarità inversa da integrare nei nuovi virioni.
Il danno è mediato essenzialmente dalla risposta immunitaria e consiste in
una degenerazione epatocitaria, rigonfiamento e steatosi microvescicolare,
flogosi mesenchimale e rigenerazione epatocitaria.
CLINICA
La clinica dell'epatite virale è abbastanza aspecifica nelle prime fasi e può
addirittura passare asintomatica.
Esiste una fase di incubazione in cui possono presentarsi dei sintomi
prodromici come inappetenza, nausea, vomito, diarrea, malessere generale,
rash cutanei ed artralgie. In fase di malattia si verifica spesso ittero epatico
con innalzamento dei valori di fosfatasi alcalina e gamma-GT, urine scure e
feci acoliche.
Tipicamente nel sangue durante le fasi attive della patologia si verifica un
innalzamento delle transaminasi indici di danno epatico.
Esiste anche il caso raro di epatite fulminante che rappresenta un evento
molto grave di insufficienza epatica associata a danni renali, polmonari e al
midollo osseo, ma soprattutto al cervello in cui si verifica edema cerebrale e
ipertensione endocranica. Aumento bilirubina, riduzione fattori coagulazione,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
diminuita sintesi di glucosio e produzione di lattato.
EPATITE A ACUTA (HAV)
VIRUS
Si tratta di un virus ad RNA della famiglia Picornaviridae che entra nella
cellula attraverso un recettore e libera RNA a singolo filamento che funge da
stampo per la sintesi di nuovo RNA e di proteine.
PATOGENESI
Il virus penetra attraverso la via orofecale e raramente durante il periodo di
incubazione in cui la viremia è alta può trasmettersi per via parenterale.
EPIDEMIOLOG
L'infezione è più frequente nei paesi con scarse condizioni igieniche, nei
paesi industrializzati l'incidenza è molto bassa e tende ad avere un età di
insorgenza più avanzata rispetto ai paesi in cui è endemico in quanto viene
contratta dai bambini. I bambini hanno una prognosi nettamente migliore e la
patologia può autoeliminarsi senza dare sintomi.
Sono fattori di rischio i viaggi in zone in cui è endemico e il consuo di frutti
di mare e cibi infetti.
CLINICA
Incubazione di 15-50 giorni. Escrezione del virus nelle feci ha il suo massimo
prima della comparsa dei sintomi.
Sintomi gastrointestinali tipici come nausea, vomito, diarrea e dolore ai
quadranti superiori dell'addome. In più i soliti sintomi astenici dell'epatite.
Le transaminasi si elevano e si può avere una lieve forma itterica che nei
pazienti più anziani tende a prolungarsi verso una colestasi.
In una piccola frazione di casi si può sviluppare un'epatite fulminante che
cresce di incidenza oltre i 40 anni e con una sovrainfezione da epatite C
DIAGNOSI
La diagnosi si pone attraverso il rilevamento sierologico di IgM contro HAV
che indicano una fase attiva di infezione, la sostituzione di queste con IgG
indica una guarigione e un'immunizzazione contro il virus persistente.
VACCINO
La profilassi anti HAV è effettuata in modo facoltativo nei gruppi a rischio
come soggetti che si recano in zone endemiche, militari, personale
ospedaliero, omosessuali, tossicodipendenti.
Si tratta di un virus inattivato che conferisce un'immunità di circa 15-20 anni.
EPATITE E ACUTA (HEV)
VIRUS
Il virus è un piccolo virus della famiglia Caliciviridae ad RNA a singolo
filamento con trasmissione orofecale come HAV. Ha polarità positiva.
PATOGENESI
Stessa patogenesi dell'HAV con ingresso nella cellula e attivazione della
risposta immunitaria.
EPIDEMIOLOG
È endemica in certi paesi in condizioni socio-economiche sfavorevoli e la
principale trasmissione avviene con l'acqua potabile contaminata. Colpisce
soprattutto i giovani adulti a differenza dell'HAV che colpisce bambini.
CLINICA
Sintomi gastrointestinali, ipertermia, transaminasi elevate, ittero breve.
In alcuni casi può evolvere asintomatica, è infatti una forma autolimitante.
È pericolosa nelle donne in gravidanze e soprattutto al terzo trimestre in cui si
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
è visto associata un'alta mortalità dovuta ad encefalopatia, diatesi emorragica
e insufficienza renale.
DIAGNOSI
Si rilevano dal siero gli anticorpi IgM e IgG, questi ultimi compaiono durante
la guarigione e permangono elevati anche per periodi successivi.
EPATITE B ACUTA (HBV)
VIRUS
Si tratta di un virus che fa parte della famiglia degli Hepadnaviridae ed è
l'unico ad avere un genoma a DNA incompleto. La particella infettiva è detta
Dane e contiene l'antigene di superficie HbsAg responsabile della immediata
risposta immunitaria in quanto viene riconosciuto come estraneo. Nel
nucleocapside interno ci sono HbcAg che rappresentano proteine del core,
mentre la forma secretoria di questa particella è detta HbeAg e si ritrova nel
siero durante l'infezione.
PATOGENESI
Il virus entra nell'epatocita, si libera dall'envelope e la sua DNA polimerasi
completa il genoma a DNA che gli permette di entrare nel nucleo e dare
origine ad un processo di trascrizione in filamenti di RNA che vengono
utilizzati per sintesi proteica sia per retrotrascrizione a DNA per formare i
nuovi virioni.
La vera causa del danno è la risposta immunitaria visto che il virus non è
citotossico di per sé. L'attivazione immunitaria specifica acuta è responsabile
del danno epatico e della necrosi degli epatociti infettati contenenti il virus,
una risposta efficiente è in grado di eradicare l'infezione in modo veloce,
mentre una condizione di immunodeficienza o eccessiva virulenza del ceppo
determina una cronicizzazione del processo.
EPIDEMIOLOG
Si stima che ci siano 300 milioni di sieropositivi per HBV al mondo.
La trasmissione è parenterale e pertanto i gruppi più a rischio sono i
conviventi con soggetti HBV positivi, i tossicodipendenti, trattamenti estetici
ed esposizione sessuale a diversi partner.
Importante anche la trasmissione perinatale da madri sieropositive. Questo è
un dato importante in quanto il 90% dei neonati a cui viene trasmessa
l'infezione saranno portatori cronici della malattia.
DIAGNOSI
Al momento dell'infezione è possibile rilevare nel sangue il HbsAg, HbeAg e
HBV-DNA che segnalano un'infezione attiva.
Dopo qualche periodo si verifica un incremento degli anticorpi contro
l'antigene del core (HbcAg) prima IgM e poi IgG che perdurano per molto
tempo. Dopo un certo periodo compaiono anche le IgG-antiHBe.
Progressivamente scompaiono dal circolo HBV-DNA e HbsAg.
La comparsa di anti Hbs segnala la guarigione e l'immunizzazione del
soggetto. Infatti questi anticorpi durano tutta la vita.
CLINICA
Il quadro clinico è aspecifico, può anche decorrere asintomatico.
In generale esiste una fase prodromica con inappetenza, malessere, nausea.
Poi sopraggiunge la fase itterica che dura meno di 3 mesi anche se negli
adulti il decorso può essere più protratto ed evolvere in una forma colestatica
più grave.
I casi di epatite fulminante sono presenti dallo 0,1 all'1% e il meccanismo si
pensa sia ssociato ad una lisi massiva degli epatociti infettati.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
La cronicizzazione è inversamente prop all'età nel senso che i bambini hanno
una probabilità di cronicizzare del 90% mentre gli adulti del 1-5%
VACCINO
Esiste una profilassi attiva ed una passiva.
Quella passiva consiste in un utilizzo di anticorpi preformati contro HBV e
vengono utilizzati soprattutto in gravidanza per immunizzare il feto ed evitare
una trasmissione perinatale e viene continuata anche in fase neonatale.
Il vaccino invece è ottenuto da un lievito e viene utilizzato dal 1991 come
vaccinazione obbligatoria di tutti i neonati. All'inizio è stata fatta una
vaccinazione di tutti gli adolescenti ed i neonati, ora si prosegue con tutti i
neonati.
Importante è lo screening delle madri al terzo trimestre sieropositive per
HBV in modo tale da fare immunoprofilassi attiva o passiva.
La profilassi attiva è in grado di ridurre l'incidenza di epatocarcinoma HBVcorrelato nei paesi ad alta endemia.
Vista la percentuale di guarigione spontanea elevata non è considerato utile
un trattamento terapeutico. È però necessario attuare misure di supporto,
sorveglianza e attenzione alle possibili complicanze. Raccomandata una dieta
con buon apporto calorico e molti carboidrati.
EPATITE D ACUTA (HDV)
VIRUS
Si tratta di un virus difettivo caratterizzato da un'incapacità di esplicare la sua
funzione in assenza di HBV. Infatti il danno deriva da una concomitante
presenza di HBV.
PATOGENESI
Il virus utilizza la RNA polimerasi della cellula per replicarsi.
L'effetto dannoso è mediato dall'immunopatogenesi.
EPIDEMIOLOG
È una patologia in decremento di incidenza in quanto le norme per la
riduzione dell'HBV incidono inevitabilmente anche sull'HDV.
Il problema persiste nelle popolazioni con scarsi livelli igienico-sanitari.
Frequente nei gruppi a rischio di trasmissione parenterale.
Il virus può infettare l'organismo con 2 modalità:
 Coinfezione: infezione di HDV contemporanea ad HBV che si
caratterizza per viremia delta della durata di pochi giorni. Molto rara è
l'eventualità di cronicizzazione.
 Sovrainfezione: in un paziente con infezione cronica da HBV insorge
un'infezione da virus delta, in questo caso è tipico il doppio picco
delle transaminasi e il virus trova un ambiente già molto propizio alla
sua proliferazione e quindi tende a dare danni più gravi con un rischio
di epatite fulminante non indifferente. In oltre il 90% dei casi si ha
cronicizzazione.
DIAGNOSI
Deve essere fatta l'analisi di Ig antiHDV sia nel caso di epatite acuta B di
nuova insorgenza, sia nel caso di portatore cronico di HBV che subisce delle
modifiche sintomatiche e del decorso della malattia.
Nelle forme di sovrainfezione le IgM rimangono elevate nel siero, mentre
nella coinfezione le IgM decrescono e lasciano spazio alle IgG.
CLINICA
Epatite acuta di entità variabile con una incidenza non indifferente di epatiti
fulminanti.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EPATITE C ACUTA (HCV)
VIRUS
Il virus fa parte della famiglia dei Flaviviridae ed è costituito da un singolo
filamento di RNA che però è polimorfico e pertanto sono stati identificati 6
diversi genotipi di RNA virale che contribuiscono alla variabilità della
patologia, all'incapacità di trovare un vaccino adeguato e alla impossibilità di
allestire colture cellulari.
Il genotipo 1 è associato al 30% di guarigione mentre il genotipo 2 è correlato
a un 80% di guarigione.
PATOGENESI
La singola molecola di RNA entra nell'epatocita attraverso l'interazione col
recettore CD81 e viene tradotta direttamente in una poliproteina unica la
quale viene poi scissa in diverse proteine come 2 glicoproteine dell'envelope,
la proteina del nucleocapside e diverse proteine non strutturali.
In più la catena a polarità positiva viene trascritta in un filamento a polarità
negativa in modo da fornire il substrato per una nuova sintesi di RNA per i
nuovi virioni.
Il danno si esplica grazie ad un'intensa risposta cellulo-mediata soprattutto
linfocitaria e multispecifica.
EPIDEMIOLOG
La patologia è sempre meno frequente nei paesi industrializzati, ma nel
mondo ci sono circa 170-200milioni di soggetti sieropositivi.
L'utilizzo dello screening dal 1991 per l'HCV nei donatori ha permesso una
drastica riduzione delle infezioni visto che un tempo la trasfusione era la
modalità di infezione maggiore.
I gruppi a rischio sono gli stessi dell'HBV in quanto la trasmissione è per via
parenterale.
DIAGNOSI
Si può fare diagnosi di infezione da HCV quando si riscontrano nel sangue
anticorpi anti-HCV oppure l'analisi del siero con PCR per vedere il HCVRNA.
CLINICA
La clinica dell'infezione acuta è paucisintomatica o più spesso asintomatica.
Solo raramente si possono presentare i sintomi tipici delle epatiti come
nausea, vomito, inappetenza, ittero, rash cutanei e febbre.
L'infezione acuta che si risolve spontaneamente non è quasi mai vista dal
paziente o in alcuni casi c'è un ittero lieve, è comunque presente l'aumento
delle transaminasi.
La percentuale di infezione acuta risolta è molto bassa, circa il 20%.
L'80% dei pazienti con infezione acuta evolve verso il quadro cronico,
soprattutto nei casi del tutto asintomatici.
La presenza di età giovane, comorbidità e immunodeficienza sono resonsabili
di un maggior rischio di evoluzione verso forme croniche.
È un virus con una diffusione difficoltosa tra le persone e per questo motivo
tende a cronicizzare.
VACCINO
Non esiste un vaccino adeguato contro il virus.
È però l'unico caso in cui l'evidenza di un'infezione richiede un trattamento
per evitare l'evoluzione verso la forma cronica e per questo si fa una terapia
con Interferone-alfa che è in grado di determinare l'eliminazione del virus
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
nell'80-90% dei casi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EPATITI VIRALI CRONICHE
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
MORFOLOGIA
Sono patologie epatiche determinate dalla presenza del virus per più di 6
mesi consecutivi e in gran parte dei casi decorrono in modo asintomatico.



HBV
HCV
HDV
Il fegato si presenta in diversi modi. In alcuni casi può essere non associato a
danno evidente, ma nella gran parte dei casi soprattutto tardivi si ha la tipica
necroinfiammazione che parte generalmente dagli spazi portali per poi
espandersi all'interno del lobulo.
- Epatite cronica persistente: forma con espansione dei tratti portali
associata ad infiltrato linfocitario a livello degli spazi portali ma che non
supera la lamina limitante. L'architettuta lobulare resta normale e la fibrosi è
molto limitata.
- Epatite lobulare: viene detta anche acuta a lenta risoluzione e consiste in
una forma di infiammazione portale con foci di necrosi anche lobulare e una
modesta fibrosi periportale.
- Epatite cronica attiva: è la forma con più danno epatico e si caratterizza
per la presenza di molti focolai necro-infiammatori a livello portale e a livello
lobulare con tipiche forme di necrosi a ponte e necrosi dell'interfaccia. I setti
fibrosi si estendono dallo spazio portale fino al lobulo.
È una forma che nel giro di 5 anni può evolvere in cirrosi attraverso il
continuo insulto rigenerativo a forma nodulare con deposizione di setti fibrosi
e distorsione dell'architettura del parenchima.
I fattori predisponenti sono la carica virale, la risposta dell'individuo e la
presenza di eventuali comorbidità.
CLINICA
Il quadro clinico può essere paucisintomatico o addirittura asintomatico.
Esistono casi soprattutto di infezione da HCV in cui è associata una
crioglobulinemia che dà porpore, vasculiti, artralgie e danni renali
glomerulari. In alcuni casi sono manifesti i sintomi di malessere generale
dell'epatite acuta.
All'esame obiettivo si rileva un'epatomegalia non correlata a splenomegalia
e alle conseguenze dell'IT portale che invece insorgono durante cirrosi.
Può esserci ipertransaminasiemia con rapporto AST/ALT di solito minore
di 1 ma che se si innalza sopra l'unità può indicare cirrosi.
Anche una modesta ipergammaglobulinemia e a volte elevamento di GGT e
fostafasi alcalina.
EPATITE CRONICA DA HBV
STORIA
NATURALE
Si tratta di una condizione in cui il HBV resta per più di 6 mesi e non viene
eradicato. Non è molto frequente il tasso di epatite cronica da HBV e correla
con l'età, nel senso che la trasmissione verticale è associata ad un 90% di
cronicizzazione, la trasmissione orizzontale ad adulti prevede un tasso di
guarigione spontanea molto alto senza cronicizzare.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

Fase di immunotolleranza: è una fase che si verifica in generale nei
bambini esposti dalla nascita all'HBV per il fatto che gli antigeni sono
presenti dal principio e quindi non viene formata una risposta
immunitaria contro di essi. Pertanto i virus si moltiplicano dentro gli
epatociti senza dare un danno necro-infiammatorio e infatti le
transaminasi sono normali o modestamente alte.
Questa forma evolve spesso da sola verso una sieroconversione, cioè una
produzione di anti-HBeAg che nel tempo permette un passaggio alla fase a
bassa replicazione virale e col tempo anche all'eradicazione dell'infezione.
 Fase di immunoattività: questa fase si osserva nelle trasmissioni
orizzontali in cui si crea un danno infiammatorio e necrotico costante
con incremento delle transaminasi e potenziale evoluzione a fibrosi.
 Fase a bassa replicazione o non replicativa: situazione di controllo
immunitario sulla replicazione batterica che non è dannosa anche se
può essere sempre presente.
La malattia deve essere differenziata in 2 tipi diversi:
 HbeAg positiva: forma in cui si presenta l'antigene nel siero, ma non
c'è stata ancora sieroconversione. Queste forme di epatite devono
essere osservate perchè c'è la possibilità di sieroconversione
spontanea e risoluzione della situazione o passaggio alla forma di
portatore cronico inattivo di HbsAg. In ogni caso se HBV-DNA
diventa molto alto si deve intervenire
 HbeAg negativa: forma in cui c'è una sieroconversione ad antiHBeAg ma non sono presenti gli antigeni, questa si associa a ceppi
mutanti che non producono la proteina e. Questi pazienti vanno
trattati solo se c'è un'attiva replicazione virale e quindi un carico di
HBV-DNA molto alto.
DIAGNOSI
Epatite cronica da HBV
 HbsAg presente per + di 6 mesi
 HBV-DNA molto alto
 Alterazione persistente di AST/ALT
 Evidenza istologica di epatite cronica (biopsia)
Portatore cronico inattivo di HBV
33. HbsAg presente per + di 6 mesi
34. HBV-DNA basso
35. AST/ALT normale
36. HbeAg negativo, anti-HBeAg positivo (potrebbe far pensare ad una
epatite cronica da virus variante, tuttavia il fatto che HBV-DNA sia
basso e le transaminasi siano normali fa pensare ad una
sieroconversione che ha portato ad un controllo della replicazione
virale).
Pregressa infezione da HBV
 HbsAg negativo
 HBV-DNA non identificabile
 Anti-HBS e anti-HBC positivi (nel vaccinato è presente solo anti-HBS
e non anti-HBC)
 AST/ALT normali
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TERAPIA
I 3 farmaci più utilizzati per eradicare l'infezione sono:
 Interferone alfa
 Lamivudina
 Adefovir dipivoxil
EPATITE CRONICA DA HDV
STORIA
NATURALE
Nel caso di sovrainfezione il tasso di cronicizzazione è più elevato che nella
coinfezione, che risulta però avere un'esordio di epatite acuta più grave. In
ogni caso esiste anche la possibilità di una coinfezione non risolta che sfocia
in cronica.
DIAGNOSI
Presenza di IgM o IgG anti-HDV e HDV-RNA.
Tipicamente si verifica anche un riscontro sierologico di anti-LKM3
TERAPIA
Interferone alfa.
EPATITE CRONICA DA HCV
STORIA
NATURALE
Il virus ha un'elevata capacità di cronicizzare e si stima che il 55-85% dei
pazienti infettati da HCV vada incontro a cronicizzazione.
Il danno può progredire in una durata di circa 30 anni verso lo sviluppo di
cirrosi, insufficienza epatica ed infine epatocarcinoma. Solo il 5% dei
pazienti infettati da HCV va incontro a cirrosi.
Le aminotransferasi sono costitutivamente elevate e di solito è l'unica
manifestazione della malattia messa in evidenza casualmente alle analisi di
screening nei donatori.
Sono presenti anche altri autoanticorpi forse conseguenti ad una reazione
autoimmunitaria scatenata dal virus. In altri casi è associabile anche una
criglobulinemia che peggiora la diagnosi visto che i virioni precipitano con le
crioglobuline e non permettono l'evidenza ematica degli antigeni.
DIAGNOSI
La diagnosi di epatite cronica viene fatta grazie a:
 HCV-RNA positivo
 Anti-HCV positivo
Nel caso di RNA negativo e anticorpi positivi siamo di fronte ad un quadro di
immunizzazione del paziente verso il virus.
È tuttavia necessario rifare le analisi a distanza di 3-6 mesi per evitare che si
tratti di un'infezione ad andamento altalenante.
Una volta effettuata la diagnosi è importante determinare il genotipo e la
quantificazione della carica virale.
TERAPIA
I genotipi 1 e 4 sono meno responsivi alla terapia con interferone e
ribavirina, perciò se dopo 3 mesi di terapia se la viremia non si abbassa
significativamente la terapia è meglio interromperla perchè non c'è possibilità
di eradicare l'infezione.
I genotipi 2 e 3 rispondono bene alla terapia che andrebbe continuata per 1
anno.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EPATITE AUTOIMMUNE
DEFINIZIONE
Si tratta di una forma di danno necro-infiammatorio conseguente ad una
risposta autoimmune anomala nei confronti di antigeni presenti nelle cellule
epatiche. La manifestazione può andare da quadri lievi asintomatici a quadri
molto gravi di epatite fulminante.
Colpisce più di frequente le femmine.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
L'eziologia vera è sconosciuta. Si ritiene che un fattore ambientale possa
scatenare una reazione autoimmunitaria probabilmente per mimetismo
molecolare con antigeni epatici. Gli agenti in questione sono in genere dei
virus come EBV, CMV e virus epatitici maggiori.
Questi sistemi scatenano in soggetti predisposti geneticamente e spesso con
compresenza di altre patologie autoimmuni un'esposizione di antigeni self
attraverso molecole HLA I e II che di norma non vengono espressi dagli
epatociti. Queste molecole con antigene attivano una risposta immunitaria
mediata da linfociti Th0 e cellule APC che attraverso secrezione citochinica
richiamano le cellule dell'immunità e l'attivazione della produzione
anticorpale. I linfociti soppressori ed NK che stanno alla base del controllo
dell'autoimmunità risultano ridotti.
Un'altra forma di EA è la malattia polighiandolare autoimmune di tipo I che
si associa al difetto del gene AIRE 1 che è un regolatore dell'autoimmunità.
Include epatite cronica insieme a candodosi, ipoparatiroidismo e insuff
surrenalica.
CLINICA
Esistono 2 tipi di EA:
 EA 1: caratterizzata dalla presenza di anticorpi contro antigeni
nucleari non specificati (ANA) e/o antigeni contro il muscolo liscio
(SMA). Spesso questi anticorpi sono compresenti mentre in altre
forme è presente solo 1 tipo.
Si associano anticorpi anti SLA/LP contro una proteina citosolica forse del
complesso del tRNA. Possono esserci anche anticorpi ANCA.
É una sindrome che colpisce soprattutto le persone adulte e si manifesta in 2
modi: o con un danno acuto (ittero, insufficienza protidosintetica) o con una
cronicizzazione asintomatica che quando si rivela è già sfociata in cirrosi
(può associarsi ad una sintomatologia aspecifica come nausea, dispepsia e
malessere).
Le transaminasi risultano sempre aumentate.
 EA 2: è tipica della prima infanzia a differenza del primo tipo. Si
caratterizza per la presenza di anticorpi contro antigeni microsomiali
(LMK) e specialmente di tipo 1 mentre il tipo 3 si riscontra nel caso
di epatite D. In alcuni casi dà una presentazione acuta, mentre negli
altri casi la presentazione è simile al primo tipo. La progressione
verso la cirrosi è più veloce che nel primo tipo.
In questa patologia vengono prodotti anche anticorpi anti LC1 contro
antigeni del citosol epatico.
In pazienti non trattati la prognosi è infausta con sopravvivenza a 10 anni del
10%, nei trattati la prognosi è buona e a 10 anni dell'80-93%.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
DIAGNOSI




Anamnesi
Esame obiettivo: segni e sintomi di epatite clinici
Esami laboratoristici: importante valutare la presenza di
ipertransaminasiemia e ipergammaglobulinemia presente nella
maggioranza dei casi. In più è importante anche un riscontro di autoanticorpi e in base al tipo si stabilisce una forma 1 o 2. In alcuni casi
ci può essere variazione degli enzimi di colestasi e riduzione del C4
sierico.
Esame istologico: attraverso la biopsia si può fare diagnosi finale di
EA. Il quadro istologico tipico vede un'espansione dello spazio
portale con flogosi e necrosi della lamina limitante. Sono presenti
focolai di rigenerazione di epatociti e duttuli biliari con infiltrato
linfomonocitarioa e plasmacellulare in follicoli tipici.
Non sempre però il quadro è così classico e definibile e per questo è stato
messo a punto uno score da utilizzare nei casi dubbi che valuta l'età, il sesso,
la presenza di auto-Ab, i segni di epatite o colestasi, dosaggio di
transaminasi, presenza di epitopi virali, istologia e assunzione di farmaci o
alcol.
TERAPIA
La terapia dell'EA si basa sulla somministrazione immediata di
immunosoppressori. I più utilizzati sono:
 Steroidi
 Azatioprina
L'associazione dei 2 è utile per ridurre gli effetti collaterali dell'eccessivo
dosaggio di cortisolo che provoca osteoporosi, diabete, ipertensione,
cataratta. D'altro canto l'azatioprina ha effetti collaterali come nausea,
pancreatite, epatopatia da farmaci, rash cutaneo e soppressione midollare. La
sua eventuale funzione teratogenica la limita nell'assunzione in gravidanza in
cui si consiglia solo il trattamento steroideo.
Le indicazioni assolute al trattamento sono: ipertransaminasiemia oltre 10
volte la norma o 5 volte ma con gammaglobulinemia 2 volte superiore la
norma, inoltre anche la necrosi a ponte.
Le indicazioni relative prevedono sintomatologia, livelli di transaminasi e
gammaglobuline inferiori ed epatite dell'interfaccia.
Si parla di successo terapeutico quando c'è normalizzazione delle
transaminasi e degli enzimi colestatici.
Si parla di recidiva quando dopo una risoluzione tornano ad innalzarsi le
transaminasi.
Altri farmaci che possono essere utilizzati sono la ciclosporina, il tacrolimus,
il micofenolato mofetile.
Nel caso di scompenso è indicato il trapianto epatico.
GRAVIDANZA E Nella gravidanza sono stati descritti casi di peggioramento, stabilità ma anche
miglioramento della situazione in certi casi soprattutto verso la seconda metà.
PEDIATRIA
Questa normalizzazione delle transaminasi si riferisce forse a una down
regulation dei linfociti T citotossici e NK ed una secrezione accentuata di
cortisolo che stimola l'inibizione della flogosi.
Il bambino può manifestare spesso una forma acuta e talora fulminante.
Terapia simile agli adulti che molto spesso però richiede trapianto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
VARIANTI DI EA Esiste una serie di varianti di epatiti autoimmuni di incerta classificazione per
sovrapposizione di situazioni colestatiche o epatiche.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PATOLOGIA EPATICA DA ABUSO DI
ETANOLO
DEFINIZIONE
L'alcol è una delle sostanze più abusate che a seguito di un'eccessivo utilizzo
provocano danni multiorgano e in particolar modo a livello epatico che è la
sede primaria del metabolismo dell'etanolo.
Non esiste una dose sicura per non sviluppare patologie anche perchè l'effetto
dell'alcol è correlato anche alla capacità individuale di metabolizzarlo ed
assorbirlo, ma esiste un basso rischio che viene considerato come 2-3 drinks
al giorno per i maschi e 1-2 per le femmine visto che queste hanno una minor
attività dell'ADH e una distribuzione corporea dell'alcol diversa.
EZIOLOGIA
Abuso di alcol in modo acuto o cronico.
Cofattori di danno a seguito dell'abuso di alcol:
 Sesso: le femmine sono più colpite perchè sembra che abbiano una
minor funzionalità dell'ADH.
 Concomitante infezione da virus epatitici, soprattutto un'infezione
cronica da HCV
 Dieta: scarsità di nutrienti e malnutrizione post-alcolica associate
anche ad obesità possono contribuire allo sviluppo di epatite
 Durata e entità del consumo alcolico
 Predisposizione genetica: dal punto di vista degli enzimi del
metabolismo
 Età
 Ferro: l'accumulo epatico di ferro correla con il rischio di epatite.
 Xenobiotici: farmaci e tossici ambientali hanno lo stesso sito di
metabolismo dell'alcol a livello del citocromo p450 e di conseguenza
possono esaltare il danno. È anche vero che l'iperattività del sistema
microsomiale provoca una aumentata clearance degli elementi che
vengono normalmente degradati da questo sistema e quindi in
particolare farmaci.
PATOGENESI
L'alcol viene assunto dall'individuo ed assorbito nell'80% a livello duodenodigiunale e in piccola parte a livello gastrico.
Le vie di eliminazione comprendono il rene attraverso l'urina, il polmone
attraverso l'espirazione e la cute in piccola parte con il sudore.
Una volta entrato in circolo l'alcol si distribuisce ai vari organi e qui causa i
suoi effetti, gli organi più vascolarizzati come cervello, midollo, fegato e
polmoni accettano primariamente l'etanolo. Una volta che arriva al fegato
l'alcol viene metabolizzato da 3 sistemi:
 Alcol deidrogenasi (ADH): sistema primario di degradazione
alcolica attivo soprattutto per le piccole dosi e per le assunzioni
occasionali. Questo enzima converte l'etanolo in acetaldeide
utilizzando un NAD che viene ridotto a NADH e H+.
 Sistema microsomiale (MEOS): sistema che viene attivato nelle
assunzioni massive e croniche di alcol e utilizza NADPH, H+ e O2
per convertire etanolo in acetaldeide con NADP e H2O.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

Catalasi: sistema che si attiva nei casi di iperproduzione di H2O2 e
quindi in seguito a assunzioni eccessive di alcol che hanno portato un
accumulo di H+ (per consumo di NADH e per accumulo di xantine
che sono aumentate per maggior degradazione di ATP e attivazione
della xantino-ossidasi). Anche in questo caso viene prodotta
acetaldeide.
In ultima analisi l'acetaldeide viene convertita in acetato a livello
mitocondriale insieme a CO2 e H2O grazie all'azione dell'ALDH (aldeidedeidrogenasi).
Il risultato finale del metabolismo dell'etanolo è:
 Aumento del NADH: è già di per sé un fattore energetico che stimola
i processi anabolici e pertanto ha un'azione bloccante sul ciclo di
Krebs e sulla beta-ossidazione. La conseguenza è un richiamo di acidi
grassi dalle riserve periferiche che non possono effettuare il loro
processo catabolico e vengono conservate ed accumulate nel
citoplasma degli epatociti. Inoltre si ha un'aumento di biosintesi degli
acidi grassi e dell'esterificazione a trigliceridi a seguito
dell'iperproduzione di alfa-gliceroloP.
Il consumo di NADH a scopi eneregetici causa un'aumento della produzione
di H+ e di conseguenza formazione di perossido d'idrogeno che stimola il
sistema della catalasi; in più attiva il sistema delle xantino-ossidasi stimolate
anche dall'accumulo di AMP per consumo dell'ATP che è carente per scarsità
del ciclo di Krebs.
 Aumento dell'acetato: l'acetato blocca il ciclo di Krebs e inibisce la
piruvato DH che determina un accumulo del piruvato, il quale viene
indirizzato verso la formazione di lattato attraverso la lattato DH con
acidificazione del pH già basso per l'aumento del NADH.
L'eccesso di acetato non prende la via del ciclo di Krebs ma prende la via
della sintesi degli acidi grassi e della sintesi dei corpi chetonici con acidosi
metabolica.
 Aumento dell'acetaldeide: questa molecola ha effetti tossici sugli
epatociti in quanto si lega alle proteine intracellulari e citoscheletriche
formando degli addotti che non permettono il trasporto intracellulare e
causano rigonfiamento delle cellule e risposta immunitaria.
In più causa una perossidazione dei lipidi della membrana con deplezione di
glutatione che già si riduce per la produzione diretta di specie radicaliche per
alterazioni del sistema microsomiale e utilizzo del NADH.
L'inibizione della sintesi proteica determina anche un'incapacità di sintesi di
lipoproteine con conseguente ristagno ulteriore di lipidi.
Per riassumere l'eccessiva sintesi lipidica, la perossidazione, lo stress
ossidativo, la produzione di radicali, la deplezione di ATP e l'abbassamento
del pH determinano l'epatotossicità che si esprime in 3 principali forme:
 Steatosi alcolica
 Epatite alcolica
 Cirrosi alcolica
La STEATOSI deriva da un accumulo di TG all'interno degli epatociti a
seguito di un'aumentata produzione, una ridotta escrezione e una ridotta
ossidazione degli acidi grassi. Questi processi sono conseguenti al danno
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
provocato da accumulo di NADH e acetato, inoltre l'incapacità di produrre
lipoproteine si rifa all'acetaldeide che blocca la sintesi proteica.
Il fegato si presenta ingrossato e brillante con modesta ipertransaminasiemia,
ma non c'è ancora danno irreversibile della cellula.
L'EPATITE alcolica deriva da un progressivo danno dovuto a deplezione di
ATP, accumulo di NADH e accumulo di specie radicaliche con stress
ossidativo e aumentata produzione di citochine e richiamo proflogistico di
cell infiammatorie che provocano necrosi o apoptosi degli epatociti con
conseguente rigenerazione. Inizia il processo di fibrosi scatenato
dall'infiammazione che va ad attivare in senso fibrotico le cellule stellate.
La CIRROSI è la complicanza più frequente dell'abuso di alcol e si instaura
con una compresenza di rigenerazione micro e macro-nodulare con
deposizione di matrice connettivale e distorsione dell'architettura epatica.
È un evento che può sfociare con il tempo anche in epatocarcinoma.
CLINICA
DIAGNOSI
TERAPIA
La clinica dell'epatite acuta da alcol si sovrappone spesso a pazienti portatori
di cirrosi che abusano acutamente di alcol e mandano in necrosi una porzione
consistente di epatociti.
I sintomi sono dispepsia, ipertransaminasiemia, ittero. Nei casi gravi si
può andare incontro a ascite, emorragie da rottura di varici esofagee,
encefalopatia, ittero grave, febbre e dolore addominale.
Essendo una patologia poliorganica si associano danni ad altri organi e si
presentano quindi spider naevi, eritema palmare, atrofia testicolare e
ginecomastia.
37. Anamnesi: rapporto del paziente con il consumo di alcol.
38. Esame obiettivo: valutare la presenza di patologie correlabili all'alcol,
alitosi e segni clinici dell'epatopatia alcolica.
39. Marcatori di consumo cronico di etanolo: aumento GGT,
transaminasi, MCV ridotto (per scarso utilizzo dei folati a causa
dell'inibizione sulla maturazione cellulare), aumento TG, uricemia da
incremento del catabolismo purinico per aumento circolante di AMP
convertita dalla xantino ossidasi, aumento IgA per risposta
immunitaria contro endotossine liberate dall'aumento di permeabilità
della barriera intestinale e raggiungimento epatico.
40. Elementi istologici: rilevamento tramite biopsia di:
 Steatosi
 Rigonfiamento degli epatociti
 Corpi di Mallory; accumuli intraepatici di citocheratina derivati
dalla perossidazione delle membrane
 Fibrosi perisinusoidale: indice negativo di progressione a cirrosi
 Infiltrato neutrofilo
Esistono diversi farmaci in circolazione che possono essere usati per
contrastare gli effetti dell'alcol come cortisone, lactobacilli, anticorpi antiTNFalfa per epatite acuta; fosfatidilcolina, sibillina e vit E per la steatosi e
steatoepatite, per la cirrosi sono usate la colchicina e metionina oltre che il
trapianto di fegato.
In ogni caso prima di fare un trattamento farmacologico è necessario che il
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
paziente abbia dissuefazione dall'alcol e una dieta con apporto calorico
aumentato e anche proteico oltre ad un supporto di oligoelementi tramite
frutta e verdura. Vanno corretti diabete e obesità.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
STEATOSI E STEATOEPATITE NON
ALCOLICA
DEFINIZIONE
Condizione in cui si verifica un danno epatico che prevede un quadro non
determinato da alcol o da virus epatotropi.
I quadri clinici possono essere vari e multipli:
 Steatosi semplice
 Steatoepatite
 Steatosi associata ad attività necro-infiammatoria
 Fibrosi
 Cirrosi
Pertanto il danno può essere molto lieve fino a irreversibile.
Si manifesta in pazienti che non fanno abuso di alcol o che comunque
consumano alcol sotto i limiti soglia.
È la più frequente causa di elevazione delle transaminasi in pazienti
asintomatici in assenza di altre cause di danno epatico.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
Esistono diversi fattori eziologici e predisponenti:
 Gravidanza
 Disordini nutrizionali: malnutrizione, rapida perdita di peso
 Disordini metabolici congeniti: glicogenosi
 Disordini metabolici acquisiti: obesità, diabete mellito, dislipidemie
e sindrome metabolica
 Farmaci e tossici: corticosteroidi, amiodarone, FANS, estrogeni,
tamoxifene...
Il danno si innesca in genere con una steatosi asintomatica per accumulo di
trigliceridi nel citosol dell'epatocita. Questo accumulo deriva da aumentata
sintesi, ridotta beta-ossidazione e ridotta escrezione. I meccanismi di
alterazione di queste tre tappe sono alla base della steatosi e vedono in primo
luogo la resistenza all'insulina tipica dell'obesità che si associa spesso a
diabete mellito. La resistenza insulinica è responsabile di una lipolisi
periferica con accumulo di acidi grassi epatici che però non entrano nella
beta-ossidazione e si accumulano come TG nel fegato.
L'insulino-resistenza è la base della sindrome metabolica che sembra avere il
ruolo centrale nelle malattia non alcoliche del fegato grasso.
Il danno di solito inizia con una steatosi che se non viene peggiorata ha una
prognosi molto buona e tende a guarire spontaneamente. Tuttavia un fegato
steatosico è molto più predisposto a noxae esogene come un'infezione,
farmaci o alterazioni della flora batterica intestinale. In più il continuo stress
ossidativo determinato dagli acidi grassi tende a provocare radicali che
stimolano infiammazione e necrosi degli epatociti e progressione verso forme
più gravi di epatite non alcolica e progressiva deposizione fibrosa per
attivazione delle cellule di Ito e aumento del danno verso rigenerazione
nodulare e fibrosi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CLINICA
DIAGNOSI
La clinica è quasi sempre asintomatica nei casi più lievi, l'unico riscontro è
l'aumento delle transaminasi che se viene scoperto casualmente ed
asintomatico deve essere indagato per escludere l'eventuale epatite virale o
abuso di alcol, in tal caso si passa all'ipotesi di una sindrome metabolica.
In alcuni casi possono essere elevati i livelli di fosfatasi alcalina e GGT e
nella metà dei casi ferritinemia.
L'unico riscontro obiettivo possibile è un'epatomegalia.


Esame obiettivo
Esami di laboratorio: transaminasi, enzimi colestatici, markers virali,
markers di abuso di alcol, ferritinemia.
 Ecografia: esame standard per evidenziare la presenza di steatosi in
cui il fegato appare ingrandito e brillante. Tuttavia non si distingue
una steatosi da una forma più grave.
 Istologia: per distinguere la steatosi semplice da forme più gravi si
preleva il tessuto ed è l'unica soluzione diagnostica. Può rilevare il
grado di necrosi, steatosi, infiammazione e fibrosi o distorsione
architettonica. Tuttavia l'istologia non è in grado di differenziarla da
una epatite cronica alcolica.
 Valutazione sindrome metabolica: ricerca dei parametri di sindrome
metabolica cioè:
◦ Obesità centrale
◦ Ipertrigliceridemia
◦ Ipercolesterolemia (aumento LDL e abbassamento HDL)
◦ Ipertensione arteriosa
◦ Iperglicemia (insulino-resistenza)
In tutti i casi di diagnosticata sindrome metabolica è necessario passare
all'osservazione epatica per evidenziare un eventuale danno lieve che può
essere curato.
È chiaro che nei casi in cui non ci sono evidenze di rischio di sindrome
metabolica è opportuno non fare la biopsia che viene fatta solo dopo che gli
esami biochimici di indice di sindrome metabolica restano elevati per molto
tempo anche dopo una dieta ipolipidica.
La steatosi non alcolica è la principale causa di cirrosi criptogenetica ossia
non associata ad altre cause primarie come alcol, virus, farmaci, colestasi,
problemi genetici.
TERAPIA
Non esiste una terapia farmacologica efficace per il trattamento delle
NAFLD. È utile uno stile di vita e dietetico adeguato per cui sono
raccomandati:
41. Dieta ipolipidica che dia calo ponderale graduale e non repentino
che invece aumenterebbe i danni
42. Controllo metabolico e farmacologico del diabete
43. Esercizio fisico che aiuta a ridurre il peso corporeo e ad aumentare la
sensibilizzazione dei tessuti all'insulina aumentando il numero di
recettori in modo da ridurre l'insulino-resistenza
44. Uso di antiossidanti
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PATOLOGIA EPATICA DA FARMACI
DEFINIZIONE
Danno epatico mediato dall'assunzione di farmaci.
EZIOLOGIA
Molto spesso i farmaci causano danno epatico a seguito della loro eccessiva
somministrazione, ma a volte si può verificare un'epatite da farmaci utilizzati
a dosi terapeutiche.
Quest'ultimo caso ha una patogenesi non ancora del tutto chiara e diversa per
ogni farmaco, sembra comunque associata a una predisposizione genetica
dell'individuo che possiede determinati polimorfismi ad esempio per gli
enzimi metabolizzanti.
PATOGENESI
Il farmaco viene spesso biotrasformato nel fegato o detossificato attraverso 2
reazioni.
 Reazioni di fase I: consistono in una trasformazione del farmaco in
intermedi chimici che sono dotati di attività farmacologica e come tali
vanno in circolo oppure intermedi che inattivano il farmaco. In alcuni
casi questi intermedi possono essere tossici per il fegato e causano un
danno locale.
 Reazioni di fase II: attuate in linea di massima per rendere solubili
gli intermedi in modo da poterli eliminare attraverso le urine. Di
solito è un processo di coniugazione con certe sostanze come l'acido
glucuronico.
CLINICA
Il danno è spesso imprevedibile proprio a causa della varabilità individuale.
In certi casi il danno è prevalentemente epatocellulare, in altri casi è
colestatico.
 Epatite acuta o fulminante
 Epatite colestatica o colestasi pura
 Epatite cronica
 Fibrosi epatica
 Steatosi o steatoepatite
DIAGNOSI
Anamnesi clinica e farmacologica per cercare di mettere in relazione
l'assunzione del farmaco con i sintomi e la patologia del paziente.
TERAPIA
Quando possibile è necessario sospendere il farmaco in questione.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIE EPATICHE CONGENITE
Emocromatosi
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
È una patologia ereditaria del metabolismo del ferro che provoca un
ininterrotto assorbimento del ferro da parte dell'intestino con grandi quantità
di ferro che entrano in circolo e si distribuiscono ai tessuti depositandosi e
formando emosiderina.
I parenchimi più colpiti sono il fegato, il pancreas e il cuore.


PATOGENESI
Emocromatosi secondaria: derivata da patologie sistemiche
preesistenti come anemia emolitica, talassemia, eritropoiesi inefficace
Emocromatosi ereditaria o genetica: forma più frequente che deriva
da una mutazione ereditata a livello di un gene che codifica per
proteine o enzimi deputati al metabolismo del ferro.
◦ HFE: le mutazioni a carico di questo gene sono le + frequenti
▪ C282Y: tipica mutazione
▪ H63D: meno frequente
◦ non-HFE: a carico di geni che codificano per:
▪ Epcidina
▪ Emojuvelina
▪ Recettore 2 della transferrina
Il ferro viene assorbito dall'intestino tramite la proteina DMT1 che preleva il
ferro dietetico dopo averlo ridotto dallo stato ferrico allo stato ferroso.
Una volta nell'enterocita il ferro viene o associato alla ferritina come deposito
o viene portato al versante basocellulare dove viene immesso in circolo
tramite il legame alla transferrina.
Al versante basolaterale c'è il recettore della transferrina di tipo 1 coniugato
alla molecola HFE. Questa molecola è il prodotto del gene omonimo ed è
strutturalmente una molecola di classe HLA che si associa alla betamicroglobulina che le permette di legarsi al TfR1. Il ferro circolante associato
alla transferrina viene legato da questo complesso ed internalizzato. Se il
ferro all'interno del citoplasma degli enterociti è scarso verrà attivata la
trascrizione genica del complesso HAMPS per le proteine che governano il
metabolismo del ferro come ferroportina, epcidina, HFE, emojuvelina,
transferrina, DMT1 in modo tale da aumentare l'assorbimento di ferro.
Fisiologicamente il ferro assorbito viene legato alla transferrina circolante
che raggiunge i vari distretti in primis il midollo per fare emopoiesi, e in
seguito il fegato, pancreas e cuore.
Se c'è una mutazione dell'HFE la molecola non si riesce a legare al TfR1 e
quindi l'enterocita rileva un basso carico di ferro che sarà costantemente
assorbito dalla dieta.
L'epcidina è una proteina prodotta dagli epatociti in risposta a legame della
transferrina circolante ad HFE/TfR1, all'emojuvelina e al legame con TfR2
sulla superficie epatica. Ha la funzione di inibire la ferroportina che è quel
canale che permette la liberazione del ferro in circolo attraverso le membrane
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
cellulari. Pertanto una sua mutazione che la rende inefficiente o una
mutazione a livello dei suoi 3 sistemi attivatori rende elevatissimo
l'assorbimento intestinale di ferro.
L'evoluzione della patologia prevede l'accumulo di ferro nei parenchimi e una
progressiva produzione di radicali ossidanti dovuti all'interazione di questo
con i componenti cellulari e di conseguenza fibrosi e infiammazione degli
organi interessati che sono fegato, pancreas, cuore, articolazioni, ghiandole
endocrine ed epidermide.
CLINICA






Fegato: è il primo organo colpito ed è evidente sempre epatomegalia.
Con il tempo si verifica uno stress ossidativo che porta a necrosi e
fibrosi e conseguente rigenerazione nodulare e cirrosi. L'evoluzione
all'epatocarcinoma è frequente.
Cute: spider naevi, iperpigmentazione per aumento della melanina.
Pancreas: la fibrosi di quest'organo causa tipicamente diabete mellito
Articolazioni: ci sono quadri di artropatia per deposizione di ferro
Cuore: molto spesso il coinvolgimento cardiaco è la forma d'esordio
di emocromatosi e si può manifestare con ICC. Il cuore può anche
andare incontro a miocardiopatia dilatativa o restrittiva a seguito di
continui fenomeni di riparazione e fibrosi.
Gonadi: tipico è l'ipogonadismo con le sue conseguenze.
La prognosi infausta è associata a cirrosi e sue complicanze, diabete mellito,
insufficienza cardiaca, cirrosi alla diagnosi che conferisce un rischio molto
alto di evoluzione ad epatocarcinoma.
DIAGNOSI

Anamnesi: familiare, genetica, comportamentale (assunzione di alcol,
di ferro eccessivo o di acido ascorbico che favorisce l'assorbimento
del ferro)
 Esame obiettivo: riscontro di diabete mellito, epatomegalia,
iperpigmentazione, cardiopatia, artrite ed ipogonadismo. Tuttavia solo
in rari casi la presentazione è così eclatante, mentre molto spesso può
anche passare inosservata e priva di sintomi o segni.
 Esami di laboratorio: fondamentali
◦ Saturazione della transferrina (vn 22-46): normalmente
nell'emocromatosi il valore raggiunge i 50-100
◦ Ferritina sierica (vn 20-250 microg/l per maschi): in
emocromatosi è elevata
Questi sono i primi 2 esami da fare, se i pazienti sono sintomatici ma hanno i
2 test negativi, si rifa il test dopo 1 anno per vedere la situazione. Nel caso in
cui i soggetti siano positivi al test indica la necessità di approfondire con il:
◦ Test genetico: per vedere gli alleli del locus HFE. La mutazione
per essere efficace viene trasmessa in modo omozigote recessiva,
nell'eterozigosi o nel null bisogna cercare altri fattori di possibile
rischio. Nel caso in cui ci sia un'omozigosi dell'allele mutato si
passa alla biopsia epatica.
◦ Biopsia epatica: utile per individuare la quota di ferritina
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
depositata nell'epatocita
TERAPIA
La terapia dell'emocromatosi prevede nel caso di biopsia positiva e test
positivi una terapia di salasso settimanale o con chelanti il ferro anche se
sono meno efficienti e meno pratici. Il salasso con flebotomia viene
mantenuto frequente fino a raggiungere valori di saturazione della
transferrina inferiore al 30%, dopodiche la flebotomia di mantenimento si
esegue circa una volta ogni 3 mesi.
L'assunzione di alcol deve essere ridotta al minimo.
Malattia di Wilson
DEFINIZIONE
È una patologia ereditaria a trasmissione autosomico recessiva caratterizzata
da un'alterazione nei meccanismi di metabolismo del rame.
EZIOLOGIA
Si tratta di una mutazione ereditata sul gene ATP7B nel quale viene codificata
una ATP-asi espressa negli epatociti e associata al trasporto transmembrana
del rame. In tal modo il rame non riesce ad essere escreto nel versante biliare
e inoltre non si ha nemmeno la capacità di legarlo efficacemente alla
ceruloplasmina che lo trasporta in circolo.
PATOGENESI
Il rame è un elemento chiave per la funzione di certi enzimi come le
monoaminossidasi, le SOD e le tirosinasi.
Il suo apporto con la dieta causa un arrivo al fegato ed un'eliminazione di
esso nel versante biliare mentre una parte viene mandata in circolo attraverso
il legame con l'apoceruloplasmina che diventa ceruloplasmina una volta
legato il rame.
L'azione della mutazione si esplica su 2 fronti:
45. Incapacità di riversare il rame nel versante biliare degli epatociti
46. Incapacità o difficoltà a legare il rame all'apoceruloplasmina.
Il rame accumulato nell'epatocita resta relegato al suo interno per un po' di
tempo dopodiche viene rilasciato in circolo come quota libera e perciò non
associata a proteine circolanti ed è proprio a questo livello che effettua i
danni tossici sistemici.
CLINICA
 Manifestazione epatiche di diversa entità da un'asintomaticità a una
lieve epatite fino a cirrosi e in alcuni casi epatite fulminante. Spesso è
associato l'aumento delle transaminasi.
 Anemia emolitica: presente però solo nei casi di epatite fulminante
per aggressione del rame contro le membrane delle cellule ematiche.
 Sintomi neurologici: tremori, parkinsonismo, corea, disartria,
ipertonie e rigidità. Talora può presentarsi un quadro psichiatrico con
psicosi e depressione.
 Anello di Kayser-Fleischer: anello scuro che avvolge l'iride e si
depone sulla membrana di Descemet corneale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
 Interessamento renale: non presente spesso con glicosuria e acidosi
tubulare
 Interessamento osseo e articolare con demineralizzazione ed artrite.
 Lunule bluastre sulle unghie.
DIAGNOSI
TERAPIA
 Anamnesi
 Esame obiettivo: la presenza dell'anello corneale visibile ad occhio
nudo ed in seguito attraverso esame oftalmoscopico con lampada a
fessura rende già altamente probabile l'ipotesi di malattia.
 Esami di laboratorio:
◦ Eliminazione urinaria di rame
◦ Basso rame sierico
◦ Bassa ceruloplasmina
 Biopsia: esame che permette di vedere la quantità di rame epatico
oltre alla condizione del parenchima e quindi steatosi, fibrosi, epatite
cronica o necrosi.
 Tomografia a RM dell'encefalo: per evidenziare eventuali danni
neurologici da deposizione di rame nell'encefalo.
Trattamento con chelanti il rame per tutta la vita. Farmaco principale è la Dpenicillamina che aumenta l'escrezione urinaria del metallo con possibili
effetti collaterali come ipersensibilità, leucopenia e trombocitopenia.
Possono essere anche dati sali di zinco che riducono l'assorbimento di rame.
Infine viene preso in considerazione il trapianto nei casi di epatite
fulminante o epatopatie end-stage.
Deficit di alfa1-antitripsina
DEFINIZIONE
È una malattia ereditaria associata ad una diminuzione o scomparsa del picco
elettroforetico delle alfa1-globuline di cui l'alfa1AT è la principale.
La malattia è autosomica recessiva e colpisce principalmente i maschi in un
periodo d'età molto giovane con problemi epatici mentre nell'adulto insorge
enfisema panacinare.
EZIOLOGIA
Deriva da una mutazione del gene responsabile della sua sintesi.
Il genotipo standard del gene è PiMM, la principale alterazione è PiZZ ma
possono presentarsi anche PiMZ, PiZnull, Pinullnull.
PATOGENESI
La malattia deriva da un'incapacità completa o parziale di inibire l'azione
dell'elastasi e delle proteasi che sono incontrastate e esplicazione la loro
maggior azione dannosa a livello polmonare provocando una distruzione dei
setti alveolari a livello di tutto l'acino.
Il danno epatico è dovuto solo all'accumulo di proteina mutata nel citoplasma
degli epatociti.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CLINICA
12. Infanzia: epatomegalia, ittero, splenomegalia, accrescimento ritardato
e letargia
 Adolescenza: epatomegalia asintomatica e periodici innalzamenti
delle transaminasi
 Adulti: cirrosi, epatite cronica, epatocarcinoma, enfisema panacinare.
DIAGNOSI




TERAPIA
Anamnesi
Esame obiettivo
Esami di laboratorio: valutazione elettroforetica in cui c'è una
riduzione o annullamento del picco delle alfa1-globuline. In seguito si
passa alla ricerca vera e propria dell'alfa1-AT.
Istologia: il fegato viene analizzato e mostra corpi tondeggianti
intracellulari derivati dall'accumulo della forma proteica anomala, in
più ci sono segni di steatosi o epatite cronica, necrosi e
infiammazione o cirrosi.
La terapia è efficace soprattutto per il danno polmonare in cui viene data
alfa1AT ricominante esogena e in più broncodilatatori, corticosteroidi,
teofillina e ossigenoterapia.
Per il fegato non esiste una terapia specifica.
Glicogenosi
DEFINIZIONE
Accumuli anomali di glicogeno all'interno dei parenchimi per deficit negli
enzimi che lo catabolizzano o che lo trasportano, perciò il glicogeno resta
intrappolato nella cellula.
CLASSIFICAZIO
NE E
CARATTERI
GENERALI
1) Tipo I
Si tratta di un accumulo eccessivo di glicogeno e lipidi con inadeguata
glicogenolisi e gluconeogenesi. Colpisce fegato, reni e intestino, si manifesta
soprattutto nel periodo neonatale con crisi ipoglicemiche, acidosi lattica o nei
primi mesi con convulsioni dovute all'ipoglicemia
I bambini hanno la tipica faccia a bambola a significare l'accumulo di lipidi a
livello sottocutaneo, inoltre hanno addome protrudente ed estremità magre.
Possono esserci xantomi cutanei e uricemia che sfocia in gotta. Le
complicanze tardive sono IR e comparsa di adenomi.
Comuni anche epistassi ed ematomi.
La diagnosi si effettua con rilevazione dell'ipoglicemia post
somministrazione di glucagone e aumento di glicogeno intraeritrocitario.
2) Malattia di Pompe (Tipo II)
Deficit della maltasi acida lisosomiale. Si distingue un tipo 2a più grave con
accumulo persistente e progressivo di glicogeno a causa di un'aumentata
sintesi con macroglossia e organomegalia e una variante 2b più lieve senza
aumentata sintesi e con distrofia muscolare ipotonica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
3) Malattia di Cori (Tipo III)
Deficit dell'enzima deramificante. Coinvolge fegato e muscolo. In infanzia si
manifestano iperlipemia, ipoglicemia, epatomegalia e transaminasi elevate.
4) Malattia di Anderson (Tipo IV)
Deficit dell'enzima ramificante. Si accumula glicogeno con catene lunghe
esterne non ramificate. Si manifesta nei primi anni con splenomegalia e
deficit di crescita.
5) Malattia di Hers (Tipo VI)
Assenza della fosforilasi epatica che induce una riduzione della crescita,
epatosplenomegalia ed eventualmente ipoglicemia.
Porfirie
DEFINIZIONE
Malattie ereditaria che consistono nell'alterazione dei processi biosintetiti del
gruppo eme a causa di mutazioni che coinvolgono gli enzimi predisposti al
metabolismo e formazione.
L'eme è un gruppo funzionale dell'emoglobina che serve per legare il ferro, al
quale viene legato l'ossigeno a livello eritrocitario mentre a livello epatico
serve per formare i citocromi.
Il danno si associa ad un'aumentata escrezione di composti intermedi dell'eme
che possono essere altamente tossici.
CARATTERISTI 1) Porfiria acuta intermittente
CHE GENERALI Malattia autosomica dominante a penetranza incompleta che deriva da ujn
deficit parziale dell'uroporfirinogeno I sintetasi epatica.
Colpisce più le donne ed è caratterizzata da attacchi acuti a seguito di
liberazione di intermedi della sintesi dell'eme neurotossici e pertanto questi
episodi sono scatenati dagli eventi che favoriscono la sintesi dell'eme e
dell'Hb e quindi:
- assunzione di barbiturici
- estrogeni (mestruazioni)
- anticonvulsivi
- alcol
- digiuno
La clinica prevede dolori acuti addominali, problemi neurologici e
psichiatrici, ansia e tachicardia e anche iponatriemia da iper-ADH.
Il 10% dei pazienti sviluppa epatocarcinoma senza cirrosi preesistente.
La diagnosi si fa rilevando nelle urine il porfobilinogeno e nelle fegi le
protoporfirine.
Terapia si basa su infusione di glucosio ed ematina.
2) Porfiria cutanea tarda
Si tratta di un deficit dell'enzima uroporfirinogeno decarbossilasi che si
manifesta con sintomi cutanei ed epatici.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
I sintomi cutanei prevedono vescicole ed ulcere croniche a seguito
dell'esposizione ai raggi solari a causa di reazioni di perossidazione delle
membrane cellulari dei vasi sanguigni del derma.
Il fegato viene colpito di solito in forma lieve con soli aumenti di
transaminasi ma può dare anche evoluzione rapida a cirrosi. I fattori
scatenanti la patologia epatica sono emocromatosi, HIV, HCV, abuso di alcol
ed estrogeni. È tipico il reperto di siderosi epatica associato a ferritina a causa
dell'incapacità di legare completamente il ferro da parte dell'eme prodotto.
Per la diagnosi si valutano le uroporfirine nelle urine che sono aumentate.
La terapia prevede astensione dall'alcol e clorochina, protezione da i raggi
solari e deplezione marziale con salassi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CIRROSI EPATICA
DEFINIZIONE
La cirrosi epatica è una malattia importante dal punto di vista dell'impatto
sociale e della prognosi in quanto è una tra le 10 cause più frequenti al mondo
di mortalità.
È contraddistinta da 2 fenomeni associati: FIBROSI + RIGENERAZIONE.
Il danno prevede una progressiva alterazione della normale architettura del
parenchima epatico verso la formazione di noduli micro o macro che
sovvertono la struttura del fegato. I macronoduli sono più tipici di cirrosi
virale mentre i micronoduli sono più tipici di cirrosi alcolica.
Le cause di morte per cirrosi sono costituite dalle complicanze gravi
sistemiche come l'ipertensione portale e l'encefalopatia epatica.
Colpisce più il sesso maschile ed ha comunque un notevole impatto sociale
anche se negli ultimi tempi è diminuita la mortalità da cirrosi.
EZIOLOGIA
Esistono 2 fattori eziologici che coprono la maggior parte delle cause:
 Alcol
 Virus epatitici maggiori
Queste 2 cause sono il 90% delle cause di cirrosi in Italia.
La diagnosi di cirrosi alcolica si fa riscontrando un paziente che abusa di
alcol con quantità giornaliere di più di 30 g per l'uomo e 20 nella donna con
una continuità di almeno 10 anni.
HBV è responsabile di cirrosi se si riscontrano HbsAg, HbcAg e HBV-DNA.
HDV è responsabile se si hanno HBSAg e anti-HDV.
HCV responsabile se ci sono anti-HCV e HCV-RNA.
Esistono anche altre eziologie molto meno frequenti:
 Patologie autoimmuni: colangite sclerosante, cirrosi biliare
primitiva, epatite cronica autoimmune
 Malattie metaboliche: malattia di Wilson, emocromatosi, deficit di
alfa1-AT, porfirie, fibrosi cistica
 Cause iatrogene: metotrexate, amiodarone
 Cause vascolari: SC destro, sindrome di Budd-Chiari, pericardite
costrittiva.
 Cirrosi criptogenetica: cirrosi di cui la causa è ancora sconosciuta, si
stima però che gran parte di questo gruppo sia rappresentato da forme
di steatosi o steatoepatite non alcolica.
PATOGENESI
I meccanismi che portano alla cirrosi sono diversi ma partono tutti da un
comune denominatore che è il progressivo e cronico danno epatico.
Gli epatociti danneggiati e necrotici vanno incontro a rigenerazione autonoma
ma col tempo questo processo si accompagna a produzione di citochine e
fattori proflogistici da parte della necrosi che richiamano cellule
infiammatorie che sintetizzano TGF-B, PDGF, TNFalfa, IL-2 e 6.
Questi fattori agiscono sulle cellule di Ito sviluppando una loro proliferazione
e perdita dei depositi di vitamina A per acquisire una capacità proliferativa e
mobile oltre alla capacità di sintetizzare e deporre matrice extracellulare
(collagene, proteoglicani). Assumono pertanto una funzione similfibroblastica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
La continua deposizione di collagene parte dagli spazi subendoteliali (spazi
di Disse) per cui si verifica una capillarizzazione dei sinusoidi che non sono
quindi più in grado di rilasciare efficacemente sostanze agli epatociti.
Poi la fibrosi si espande in senso porto-portale o porto-centrale distorcendo
del tutto l'organizzazione lobulare. Gli epatociti perciò si trovano accumulati
all'interno di spazi chiusi in noduli rigenerativi limitati.
Il danno fibrotico perciò si ripercuote sulla funzionalità del fegato che viene a
limitarsi sempre di più e c'è la ritenzione di sostanze dannose in circolo.
Un altro meccanismo di danno grave che si ripercuote a livello sistemico
soprattutto circolatorio è lo sviluppo di ipertensione portale.
Il circolo portale è un circolo ad alta portata e bassa resistenza e accetta il
sangue venoso che proviene dal distretto addominale. Un'ipertensione portale
deriva quindi da un'ostruzione al flusso a livello pre-epatico, post-epatico o
epatico. Il circolo portale ha normalmente una pressione di 5 mmHg e quando
la supera si parla di ipertensione portale. L'IT portale clinicamente evidente
però si ha quando il gradiente porto-cavale supera i 10 mmHg (P cavale 3-5
mmHg). Ad 8 mmHg di P portale si ha ascite, a 10 si ha la formazione di
varici per la dilatazione di circoli collaterali e a 14 si ha un rischio elevato di
rottura di tali varici.
 Cause pre-epatiche: trombosi della vena porta (secondaria a infezioni
o neoplasie)
 Cause post-epatiche: trombosi o occlusione delle vene sovraepatiche
(sindrome di Budd-Chiari da trombofilia o malattie
mieloproliferative)
 Cause epatiche:
◦ Pre-sinusoidali: schistosomiasi, fibrosi idiopatica, sarcoidosi,
tossici
◦ Sinusoidali: cirrosi, epatite alcolica
◦ Post-sinusoidali: sindrome vano-occlusiva.
La cirrosi provoca IT portale a seguito di 2 fattori:
 Aumento delle resistenze intraepatiche: sono dovute a 2 fattori:
1. Strutturali: distorsione dell'architettura, noduli e capillarizzazione
dei sinusoidi
2. Funzionali: aumento della produzione di agenti vasocostrittori a
livello endoteliale come endotelina e riduzione di vasodilatatori
come nitroderivati.
 Sindrome da iperafflusso portale: la dilatazione dei circoli
collaterali per permettere un adeguato ritorno venoso sembra che
inneschi una liberazione molto elevata di vasodilatatori endoteliali
che determinano una vasodilatazione sistemica esagerata soprattutto a
carico del sistema arterioso splancnico. L'aumento del ritorno venoso
causa un'aumentata GC e aumentata FC, tuttavia la pressione arteriosa
si riduce a causa dello squilibrio tra vasodilatazione eccessiva e
quantità di sangue. Così si innescano i meccanismi compensatori di
attivazione noradrenergica e il sistema RAA che causa un
riassorbimento sodico e ritenzione idrica che aumenta il volume
circolante, benchè non sia sufficiente a compensare la vasodilatazione
eccessiva. In ogni modo questo iperafflusso si ripercuote soprattutto a
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
livello splancnico con peggioramento della pressione intraportale.
CLINICA
DIAGNOSI
Il quadro clinico del paziente cirrotico nelle prime fasi è di solito
paucisintomatico e il riscontro di valori alterati viene fatto per caso. Solo
nelle fasi tardive si ha un aumento delle complicanze a seguito del
peggioramento della situazione e quindi possono aversi segni clinici evidenti.
In fase di compenso si può avere epatomegalia con incrementi lievi di
transaminasi e per avere una diagnosi definitiva e non confonderla con
un'epatite cronica si deve fare la biopsia.
Progressivamente la riduzione della funzione epatica determina:
 Ittero
 Deficit coagulativi
 Riduzione di albumina con probabilità di edemi
 Eritema palmare e spider naevi (arteriole della cute che si irradiano a
raggiera nel territorio della vena cava superiore a causa di alterato
catabolismo degli ormoni)
 Ginecomastia e atrofia testicolare
 Ascite
 Splenomegalia
 Alterazione stato di coscienza, flapping tremor (alterazioni
neurologiche)
 Faetur Haepaticus (alito maleodorante dovuto ad un'inadeguata
distruzione dei mercaptani da parte del fegato).
E' anche possibile che la manifestazione di una cirrosi sia conseguente ad una
complicanza grave:
 Emorragia da rottura di varici
 Encefalopatia epatica.

Anamnesi: sintomi e anamnesi farmacologica e comportamentale
(assunzione di alcol).
 Esame obiettivo: segni delle alterazioni epatiche e delle eventuali
complicanze
 Esami di laboratorio: transaminasi elevate, riduzione della massa
epatica e dell'albumina, del fibrinogeno e dei fattori di coagulazione
con aumento del PT e dell'aPTT. Bilirubina, fosfatasi alcalina e GGT
elevati soprattutto nelle forme biliari.
Anemia ipocromica o macrocitica, leucopenia, piastrinopenia (per
splenomegalia), ipergammaglobulinemia, iperammoniemia e nelle forme
virali ricerca degli antigeni mentre nelle forme autoimmuni ricerca di
anticorpi, nelle forme metaboliche sideremia, ferritina, ceruloplasmina, AAT.
L'insorgenza delle complicanze delinea il quadro di cirrosi scompensata. Le
PATOGENESI
complicanze più frequenti sono l'emorragia da varici, il versamento ascitico e
DELLE
COMPLICANZE l'encefalopatia epatica. Quelle meno comuni sono la sindrome epato-renale,
la trombosi della vena porta e la peritonite batterica spontanea.
13. Emorragia gastrointestinale
Si tratta di un fenomeno spesso associato alla cirrosi. Si verifica come
conseguenza dell'ipertensione portale che causa un'apertura dei circoli
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
collaterali anastomotici tra vena porta e vena cava inferiore per permettere il
raggiungimento del sangue venoso al cuore destro. La dilatazione avviene a
livello dell'esofago (vene esofagee inferiori e vena azygos), a livello
retroperitoneale, a livello rettale e a livello ombelicale. Le varici venose
esofagee sono conseguenze dell'iperafflusso in vene sottomucose che
protrudono nel lume dell'esofago e con il tempo possono usurarsi ed erodersi
dando origine a perforazione e grave emorragia digestiva.
Se le varici sono associate all'evidenza di una mucosa rossa il rischio di
rottura è molto elevato.
Possono anche derivare da gastropatia congestizia o varici gastriche.
 Ascite e peritonite batterica spontanea
L'ascite è una complicanza molto frequente, anch'essa deriva direttamente
dall'ipertensione portale e iperafflusso che determinano un'incremento della
pressione idrostatica nei capillari portali e riduzione della P oncotica
conseguente a ridotta sintesi di albumina epatica. Queste 2 forze tendono a
spingere il liquido verso il cavo peritoneale riempiendolo di liquido. In
genere il primo episodio regredisce con la terapia, ma con il tempo si
instaurano altri episodi poco trattabili sia con dieta che con diuretici.
Una complicanza dell'ascite può essere la peritonite batterica spontanea
dovuta all'aumentata permeabilità della parete intestinale e traslocazione di
batteri residenti nel circolo portale fino al peritoneo. I ceppi principali sono
escherichia coli ed enterobacteriacee.
I sintomi sono febbre, dolori addominali oppure paucisintomatici. È
opportuno intervenire subito dopo paracentesi esplorativa e conta leucocitaria
con antibiotici.
 Sindrome epato-renale
E' un'eventualità meno frequente e deriva dall'iperafflusso portale e
vasodilatazione periferica che viene interpretata come esagerata dal rene che
si vasocostringe per cercare di mantenere costante la VFG, ma anche a
seguito del compenso simpatico a seguito dell'eccessiva vasodilatazione.
Esistono 2 tipi, il primo è molto più veloce e quindi più infausto, il secondo è
più lento ma pericoloso.
 Trombosi portale
Fenomeno raro associabile ad una stasi ematica o a fenomeni di
ipercoagulabilità associati.
 Encefalopatia epatica
Complicanza importante della cirrosi che si manifesta con un deficit
neurologico che va da lievi alterazioni della coscienza e alterazioni
neuromuscolari fino a coma profondo.
La patogenesi è mediata da prodotti tossici che non vengono catabolizzati dal
fegato che è insufficiente e quindi entrano in circolo e compiono il loro danno
a livello encefalico.
Si tratta di sostanze azotate che derivano sia da una riduzione della massa
funzionale epatica sia da shunt porto-cavali che bypassano direttamente il
filtro epatico. Il danno principale è mediato dall'NH3 prodotta dalla flora
intestinale e convertita nel fegato in urea, così come tale entra in circolo e
raggiunge l'encefalo visto che può attraversare la barriera emato-encefalica e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
causa danno cerebrale attraverso blocco di produzione di ATP e impedisce la
fuoriuscita del cloro dalla cellula facendola restare iperpolarizzata e inattiva.
Il danno maggiore sembra essere a livello degli astrociti e ciò viene
giustificato anche dalla presenza di rigonfiamenti astrocitari. Queste cellule
sono utili per mediare le funzioni dei neuroni, è evidente che l'accumulo di
NH3 si verifichi al loro interno visto che sono anche ingrossati e deputati
proprio alla degradazione dell'NH3.
Gli attacchi di encefalite sono scatenati da stipsi, assunzione di
benzodiazepine, infezioni, squilibri elettrolitici, emorragie digestive, eccesso
di diuretici.
Esistono 4 gradi di encefalopatia epatica:
- 1°: lieve confusione e disorientamento, disturbi della personalità e del tono
dell'umore (anche aggressività), alterazioni del sonno, flapping tremor
- 2°: aumento dell'intensità dei sintomi precedenti
- 3°: alterazione profonda dello stato di coscienza con confusione e
disorientamento. Il paziente è responsivo al richiamo e al dolore
- 4°: coma senza risposta agli stimoli.
Si differenzia inoltre in episodica, ricorrente, cronica.

Epatocarcinoma
STADIAZIONE
Esistono 2 metodi per stadiare la cirrosi:
 Child-Pugh: tiene conto di encefalopatia, ascite, bilirubina, albumina
e attività protrombinica. In base ad un punteggio vengono formulati 3
stadi (A, B, C) che indicano la stima di sopravvivenza a 5 anni.
 MELD: sempre utilizzato per la sopravvivenza del paziente cirrotico
ma più specifico per considerare il rischio di mortalità
TERAPIA
Non esiste attualmente una terapia in grado di far guarire il paziente dalla
cirrosi, è una condizione irreversibile che può solo essere prevenuta oppure
bloccata nella sua evoluzione, ma non si può riportare alla normalità un
fegato cirrotico.
Fondamentale agire sul fattore causale, nel caso dell'alcol astensione
completa, nel caso del virus eradicazione dell'infezione, nel caso delle forme
metaboliche salassi o chelanti del rame ecc...
In ogni caso il paziente cirrotico può andare incontro a stabilizzazione
attuando una dieta adeguata con giusto apporto calorico, astensione dall'alcol,
correzione dei fenomeni di stipsi, analisi dei farmaci da somministrare e
preferire l'alimentazione con proteine di latte o vegetali rispetto a quelle della
carne.
Sempre da tenere in considerazione la possibilità di trapianto di fegato nei
casi in cui le altre terapie non abbiano effetto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ASCITE
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
Per ascite si intende un accumulo di liquido nella cavità peritoneale che
normalmente presenta un sottile velo di liquido per permettere lo
scivolamento degli organi fra loro senza attriti. Questo sottile strato viene
continuamente riassorbito e filtrato nuovamente.


PATOGENESI
Cirrosi: ricopre l'85% dei casi di ascite ed è una complicanza
dell'ipertensione portale e della ritenzione idrosodica
Altre cause: sono molto meno frequenti ed includono:
◦ Neoplasie
◦ Insufficienza cardiaca congestizia
◦ Peritonite
◦ Pancreatite acuta
◦ Insufficienza epatica acuta
Per spiegare la patogenesi dell'ascite nella cirrosi esistono 2 elementi chiave:
 Ipertensione portale: questa situazione è essenziale per lo sviluppo
di ascite secondo una teoria di incremento di pressione idrostatica.
Infatti i sinusoidi hanno pareti con fissurazioni che fanno entrare
diverse sostanze anche proteiche nello spazio di Disse. Nel caso di
ipertensione portale (spt da cause epatiche sinusoidali e postsinusoidali) causa un passaggio maggiore di liquidi nell'interstizio
epatico che vengono riassorbiti dal sistema linfatico, ma quando
questo si satura c'è una fuoriuscita nella cavità peritoneale che si
riempie progressivamente di liquido.

Ritenzione idrosodica: durante l'IT portale c'è una liberazione in
circolo di molti mediatori vasodilatatori come NO che causano una
drastica caduta della pressione arteriosa per vasodilatazione ed
iperafflusso splancnico che peggiora l'IT portale. A questo punto si
attivano i meccanismi SRAA, SNS e ADH che attivano un
riassorbimento di acqua e sodio dal tubulo renale e quindi
un'ipervolemia. Se questa riesce a compensare la vasodilatazione non
si ha ascite altrimenti, soprattutto nelle situazioni più avanzate si ha
trasudazione di liquido nel cavo peritoneale.
Pertanto si può affermare che l'ipoalbuminemia non ha nulla a che fare con la
patogenesi dell'ascite in quanto i sinusoidi epatici sono normalmente
permeabili all'albumina e la diffusione è solamente sotto controllo della P
idrostatica. Tuttavia è un parametro favorente o aggravante l'ascite a causa
del seguente richiamo osmotico di liquido.
L'ascite neoplastica si forma per essudazione di cellule tumorali.
L'ascite cardiogena si forma per insufficienza di pompa e attivazione della
ritenzione di sodio e acqua.
L'ascite pancreatica si forma per rottura di una cisti o pseudocisti o a seguito
di forme severe di pancreatite acuta.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
DIAGNOSI
TERAPIA

Anamnesi: eventuale presenza di patologie epatiche, cirrosi, abuso di
alcol, presenza di infezione cronica da HCV o HBV. Il paziente si
presenta di solito per aumento della globosità addominale e senso di
pienezza con eventualmente dei segni di ernie momentanee dovute
alla spinta del liquido sui visceri.
 Esame obiettivo: utile l'ispezione in cui si vede l'addome globoso in
posizione supina se il versamento è cospicuo e l'ombelico estroflesso.
Possono essere presenti reticoli venosi superficiali e spider nevi in
casi di cirrosi. Si possono notare delle ernie momentanee durante gli
aumenti di pressione addominale.
Alla palpazione si rileva il tipico segno del fiotto in cui a seguito di una
percussione leggera il liquido si sposta dalla parte opposta e si sente un'onda.
Alla percussione si sente il tipico timpanismo delle aree addominali occupate
dall'intestino e l'ottusità nelle regioni declivi dove si accumula il liquido.
Queste aree si spostano con il cambiamento di posizione del paziente.
 Esami strumentali: ecografia o TC hanno la stessa efficacia e oltre a
rilevare il liquido permettono anche di rilevare eventuali masse o
anomalie degli organi interessati.
 Paracentesi esplorativa: prelievo di una piccola quantità di liquido
ascitico sulla parte dell'ipocondrio sx con il paziente supino
leggermente curvo sul fianco sx facendo attenzione a non colpire la
milza. Il liquido viene poi analizzato per vedere la natura e la
composizione. Si guarda l'albumina, le proteine totali, i leucociti, il
glucosio, l'LDH, l'amilasi e la bilirubina. In base ai dati si può far
diagnosi di versamento essudatizio o trasudatizio e risalire
all'eziologia. In caso di elevata carica batterica si può fare diagnosi di
peritonite batterica spontanea (una delle complicanze dell'ascite nella
cirrosi).

Contrastare la ritenzione idrosalina: ridotto apporto di sodio
limitandolo con la dieta o con l'assunzione di diuretici.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Tumori del FEGATO
CARCINOMA EPATOCELLULARE
DEFINIZIONE
Si tratta del tumore maligno epatico principale e deriva da proliferazione
anomala degli epatociti. È la quinta causa di morte per tumore al mondo e in
alcune aree geografiche è in continuo aumento a causa della presenza di
endemie di HBV e HCB. Tipicamente le forme asiatiche sono date da HBV
mentre in Occidente sembra essere responsabile l'HCV.
EZIOLOGIA
I fattori eziologici che predispongono al cancro sono diversi,
 Cirrosi: evento principale che espone il soggetto ad un rischio elevato
Il tumore è più frequente nei pazienti che fanno abuso di alcol, nei pazienti
con infezioni virali epatiche, con displasia e con livelli elevati di alfafetoproteina.
Il tumore ha un tasso di proliferazione abbastanza elevato anche se variabile e
può andare incontro a raddoppio del suo volume in 1 mese ma anche in 20
mesi. La peculiarità di questo tumore è l'invasione oltre una certa grandezza
del sistema vascolare e in particolar modo della vena porta e delle vene
sovraepatiche fino a raggiungere la vena cava inferiore.
Quest'ultimo è un criterio prognostico molto sfavorevole.

DIAGNOSI
Ecografia, TC, RMN: indagini di immagine per evidenziare la
presenza e l'estensione di un eventuale nodulo sospetto.
- Nel caso di un nodulo maggiore di 2 cm in un contesto di cirrosi con
ipervascolarizzazione si può fare diagnosi diretta di epatocarcinoma.
- Un nodulo tra 1 e 2 cm necessita di 2 sistemi di imaging per la possibilità
elevata dei falsi negativi. Se il pattern vascolare è positivo in entrambi i
metodi si fa diagnosi, se si è incerti si fa la biopsia e l'analisi istologica.
- Nel caso di un nodulo minore di 1 cm non è possibile distinguere una forma
benigna da una forma maligna né dall'imaging né dall'istologia per cui si fa
un follow up ogni 3 mesi e si guarda l'eventuale ingrandimento.
 Agobiopsia ecoguidata: nei casi dubbi dà il responso definitivo.
Tuttavia può esserci la complicanza di disseminazione tumorale lungo
la scia dell'ago.
STAGING
È evidente che un paziente con cirrosi ma anche on epatite cronica da HCV
che non si riesce ad eradicare o HBV deve sottoporsi a follow up ogni 6 mesi
in media per verificare la situazione epatica con l'obiettivo di fare una
diagnosi precoce nel caso che insorga un carcinoma in modo da ridurre
drasticamente la mortalità per la maggior possibilità di trattamento
terapeutico.
Non viene usato il TNM, ma un sistema a 4 stadi (classificazione di
Barcellona) che seleziona i candidati in base soprattutto alla terapia da
eseguire. Si va da uno Stadio A (pazienti asintomatici con piccoli tumori
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
idonei al trattamento con terapie radicali), Stadio B e C con necessità di
trattamento non radicale e Stadio D che indica pazienti in fase terminale.
TERAPIA
Il trattamento è variabile a seconda dello stadio e anche delle caratteristiche
del paziente.
 In un paziente con fegato normale si fa di solito una resezione
chirurgica che conferisce una sopravvivenza a 5 anni del 50%
 In un paziente cirrotico non si fa la chirurgia ma si opta per il
trapianto epatico. È necessario che il tumore sia più piccolo di 5 cm
o più di uno ma più piccoli di 3 cm. Il trapianto di solito dà una
spettanza di vita a 5 anni del 75%, tuttavia spesso nelle lunghe attese
il paziente viene tolto dalla lista a causa di un'espansione del tumore
oltre i 5 cm o di un'invasione delle vie venose.
 Terapia neoadiuvante: per migliorare l'efficacia del trapianto si
possono fare terapia ablative locoregionali
 Alcolizzazione: iniezione percutanea di alcol si è visto che può
migliorare la situazione nei casi di tumori minori di 2 cm ma non
operabili.
 Termoablazione: stesso utilizzo della tecnica precedente. Questa
tecnica e la precedente nei pazienti inoperabili danno lo stesso tasso di
sopravvivenza del 50% a 5 anni.
 Chemioembolizzazione arteriosa transcatetere: trattamento
alternativo e complementare alle tecniche interstiziali.
PROGNOSI
Importante è la prevenzione! La riduzione drastica dei casi di epatocarcinoma
è dovuta all'utilizzo dei vaccini anti HBV e al trattamento antivirale
dell'HCV.
TUMORI BENIGNI
ANGIOMI
Tumori epatici molto frequenti, sono presenti in circa il 1-2 % di tutta la
popolazione. Vengono scoperti casualmente a seguito di un'ecografia epatica
per altre ragioni. Se sono più grandi di 4 cm vengono detti angiomi cavernosi.
Sono assolutamente benigni e segni di invasione sono rarissimi.
In casi molto rari possono anche sanguinare ma solo se sono di grandi
dimensioni.
Si identifica all'ecografia come lesione iperecogena rispetto al parenchima
oppure nel caso dell'angioma atipico è una lesione ipoecogena con attorno
una zona iperecogena.
Si fa il follow up per vedere se si ingrandisce ma il trattamento chirurgico
non si fa mai a meno che la lesione non sia sospetta di essere maligna.
IPERPLASIA
NODULARE
FOCALE
Tumore benigno secondo per frequenza caratterizzato da una forma nodulare
con al centro un'arteria anomala. Nella maggioranza dei casi è un riscontro
casuale agli esami di imaging, mentre in rare circostanza può dare dolore
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
addominale o lieve incremento delle transaminasi.
Ha evoluzione benigna e solo nei casi di emorragia bisogna intervenire
chirurgicamente.
ADENOMA
EPATOCELLUL
ARE
Si tratta di un tumore benigno che si associa spesso a donne che stanno
effettuando una terapia estroprogestinica. Spesso è singolo e capsulato, la
metà dei casi è riscontrata casualmente.
La diagnosi richiede laparoscopia o laparotomia ma la biopsia non dà di
solito risultati utili.
In generale però l'assenza di alfa-fetoproteine, transaminasi elevate e markers
virali fa escludere l'epatocarcinoma.
Interruzione del trattamento estroprogestinico aiuta la regressione del tumore,
altrimenti si può pensare all'ipotesi chirurgica.
È necessario toglierlo perchè c'è possibilità di sanguinamento.
Tumore benigno che però può dare rapidamente una insufficienza renale
IPERPLASIA
oppure può essere asintomatico.
NODULARE
RIGENERATIVA Colpisce principalmente le persone oltre i 60 anni e si pensa possa essere una
proliferazione generalizzata che precede l'epatocarcinoma.
È associato a malattie linfoproliferative, reumatologiche, vascolari e
d'accumulo.
Complicanza clinica più temuta è l'emorragia da rottura di varici esofagee.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TRAPIANTO DI FEGATO
DEFINIZIONE
INDICAZIONI
Il trapianto di fegato è uno dei trapianti più eseguito e anche con maggior
successo terapeutico in termini di sopravvivenza ma anche di qualità di vita.




CONTROINDIC
AZIONI





SELEZIONE
Malattie croniche: patologie che non riescono ad essere trattate con
la terapia medica e provocano un quadro di ridotta qualità di vita del
paziente principalmente per le complicanze multiorgano (ascite,
encefalopatia, coagulopatia, peritonite, rottura di varici, sindrome
epato-renale). Il caso più frequente è la cirrosi sia da alcol che virale e
anche le forme biliari. È opportuno che l'indicazione al trapianto
preveda un fegato ancora funzionante e non in fase di scompenso
benchè siano presenti i sintomi sistemici. Altre forme sono la
colangite sclerosante primitiva, la malattia policistica e la sindrome
di Budd-Chiari.
Malattie metaboliche: morbo di Wilson, emocromatosi, amiloidosi
familiare.
Neoplasie: sia benigne che maligne a meno che non siano già
disseminate a distanza.
Epatiti acute fulminanti che mettono a repentaglio la vita del
paziente in poco tempo
Rischio cardiovascolare soprattutto al fine di permettere l'intervento.
Per questo si fanno ECG, ecocardiografia e scintigrafia cardiaca da
sforzo. In più per valutare i vasi si effettua l'eco-Doppler.
Rischio polmonare: non permette una buona riuscita dell'operazione
chirurgica.
Presenza di altre neoplasie: questo compromette il trapianto a causa
della necessaria terapia immunosoppressiva seguente che potrebbe far
riattivare il tumore.
Età maggiore di 65 anni anche se si valuta comunque lo stato di
salute generale e se è buono si può arrivare ai 67.
Presenza di infezioni sistemiche come HIV o dipendenza cronica da
alcol o altre sostanze.
I candidati al trapianto di fegato vengono valutati da una equipe di chirurghi,
gastroenterologi, anestesisti, epatologi e psicologi. Esistono 3 indici per
valutare la necessità di intervento chirurgico: Child-Turcotte-Pugh, MELD e
UNOS che permettono di valutare la gravità della patologia e il rischio di
mortalità.
Una volta superati questi test il paziente è candidato al trapianto e viene posto
in una lista d'attesa. In base all'organo che si ha viene valutato il gruppo
sanguigno, il sistema HLA e la presenza di anticorpi autoreattivi contro gli
antigeni del donatore.
I risultati del trapianto di fegato sono eccellenti.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
COMPLICANZE
POST
INTERVENTO
PROBLEMI
APERTI

Infezioni: il rischio di infezioni durante il trapianto ma anche subito
dopo è molto alto per le infezioni batteriche, mentre per i virus
insorgono in genere più avanti. L'infezione si instaura principalmente
per la terapia immunosoppressiva post-trapianto per tutta la vita che
favorisce però infezioni e tumori.
 Rigetto: il rigetto acuto avviene entro le 2 settimane e deve essere
curato con steroidi e dosi più elevate di immunosoppressori. È
comunque non molto frequente grazie alla specificità sempre
maggiore dei farmaci anti-immunitari.
 Recidiva della patologia di base: problema grave che diventa
rilevante nei casi di trapianto per infezione HCV o HBV. Nel caso di
HBV l'infezione è quasi sempre trasmessa al nuovo organo se il virus
è attivo prima del trapianto ma prima di fare l'intervento è necessario
dare farmaci antivirali e ottenere la negativizzazione dell'HBV-DNA.
In più si danno Ig sieriche preformate contro HBV. Terapia
continuativa per tutta la vita.
Nel caso di recidiva da HCV la situazione è più grave perchè l'HCV si stima
che riproponga un'epatite nel nuovo organo entro 1 anno in tutti i casi. Ad
oggi la ricomparsa viene trattata con IFN e ribavirina ma non sempre c'è un
successo terapeutico. Inoltre l'utilizzo del TNF può favorire il rigetto essendo
un agente attivante il sistema immunitario.
 Alcol: è importante evitare l'assunzione di alcol durante il postintervento e tra l'altro il paziente può entrare in lista d'attesa solo se
sono passati 6 mesi di astensione dall'alcol.
 Epatocarcinoma: può essere trattato con trapianto se si tratta di un
nodulo confinato minore di 5 cm o più noduli con diametro minore di
3 cm. Non si effettua se vengono invase le strutture vascolari o se
esistono metastasi a distanza che fanno ricomparire la malattia.
 Le malattie colestatiche vengono trattate con trapianto nel caso in cui
ci sia una grave osteoporosi, prurito incessante, sonnolenza e ittero
grave.
 L'epatite autoimmune ha dei rischi di recidiva molto elevati dopo
trapianto.




Le donazioni di organi stanno incrementando ma non sempre c'è una
corrispondenza tra organo disponibile e necessità del paziente.
Il trapianto da cadavere può essere fatto con alcuni accorgimenti per
aumentare la disponibilità come lo split liver ossia la divisione del
fegato nei 2 lobi che vengono dati a 2 pazienti diversi sfruttando la
capacità di rigenerazione degli epatociti.
Il trapianto da vivente è una metodica poco effettuata in Italia che è
tipica dei familiari del paziente che necessita di trapianto. Viene
estratto un lobo (sx o dx) ed impiantato nel ricevente. Il donatore deve
essere sano ed avere analisi epatiche nella norma.
Trapianto di epatociti: può essere un'alternativa utile in quanto gli
epatociti possono essere modificati geneticamente in modo da
esprimere quegli enzimi mancanti nel caso per esempio delle malattie
metaboliche epatiche.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

Le cellule staminali possono essere usate con prelievo dal midollo
osseo prevalentemente.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA DELLE VIE BILIARI
ANATOMIA
Le vie biliari, anatomicamente, originano nel fegato, a livello dell’apparato
secretore biliare, complesso morfo-funzionale che comprende gli elementi del
polo canalicolare degli epatociti deputati alla formazione della bile e cioè
agli organelli del citoplasma pericanalicolare (micorfilamenti di actina,
microtubuli vescicole del Golgi) e la membrana canalicolare propriamente
detta.
La membrana canalicolare è una porzione altamente specializzata della
membrana plasmatica dell’epatocita.
Epatociti contigui delimitano con le rispettive porzioni di membrana
canalicolare, saldate tra loro dalle giunzioni serrate, uno spazio
submicroscopico di pochi μm di diametro, denominato canalicolo biliare che
rappresenta la più piccola ramificazione intraepatica dell’albero biliare.
La membrana canalicolare degli epatociti contiene numerose proteine di
trasporto capaci di veicolare nel canalicolo i soluti destinati alla secrezione
biliare; la superficie di scambio della membrana canalicolare è enormemente
aumentata dalla presenza di microvilli, che in condizioni normali riempiono
quasi completamente il lume del canalicolo.
I canalicoli biliari si contraggono ritmicamente per la contrazione coordinata
dei filamenti pericanalicolari di actina; tale meccanismo consente la
progressione di un liquido viscoso, come la bile, nelle più fini ramificazioni
dell’albero biliare, anche in assenza di P idrostatica.
I canalicoli biliari si connettono attraverso i canali di Hering con i duttili
biliari; queste sono le prime ramificazioni dell’albero biliare rivestite da
cellule epiteliali specializzate, i colangiociti.
I duttili biliari confluiscono nei dotti interlobari che decorrono negli spazi
portali, sempre accompagnati da un ramo dell’arteria epatica e della vena
porta, formando la triade portale.
I dotti interlobari confluiscono nei dotti intersettali e questi in ramificazioni
di calibro sempre maggiore sino a generare i dotti epatici dx e sx che
fuoriescono dai rispettivi lobi del fegato a livello della porta pepati formando
il dotto epatico comune il quale, dopo la confluenza del dotto cistico, prende
il nome del coledoco. Il coledoco, decorrendo anteriormente alla vena porta e
dietro la testa del pancreas raggiunge la parete postero-mediale della seconda
porzione duodenale all’interno del quale scorre per un tratto; qui usualmente
confluisce nel coledoco il dotto pancreatico principale (Wirsung) formando
l’ampolla del Vater che si apre a sua volta nell’ampolla duodenale a livello di
una piccola protrusione chiamata papilla duodenale.
Il tratto intraduodenale del coledoco è circondato da fibre muscolari di
origine intestinale che si ispessiscono a formare lo sfintere di Oddi.
L’irrorazione dei dotti epatici e del coledoco avviene attraverso piccoli rami
provenienti dall’arteria epatica dx; ciò spiega perché alterazioni della
vascolarizzazione arteriosa possano determinare fenomeni di stenosi
cicatriziale a carico dell’albero biliare.
La cistifellea è una saccoccia piriforme, lunga 9 cm e posizionata al di sotto
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
del margine anteriore del fegato e al di sopra del colon trasverso; ha una
capacità di circa 40-50 ml.
Il lume comunica con il dotto epatico attraverso il dotto cistico.
Le pareti sono composte da 3 strati muscolari, la mucosa è sottile (non esiste
sottomucosa) e in essa si aprono lacune (cripte di Luschka) e invaginazioni
ramificate (seni di Rokitanski) che si approfondano nella tonaca muscolare e
possono diventare sede di processi infiammatori.
FISIOLOGIA
Composizione della bile
La bile è una soluzione acquosa contenete soluti di varia natura che
comprendono lipidi, pigmenti proteine e elettroliti; i componenti lipidici
rappresentano la maggior parte della massa solida della bile e comprendono i
sali biliari, fosfolipidi e colesterolo.
I sali biliari costituiscono la quota più rilevante: essi sono steroli anfifilici
che derivano dal metabolismo epatico del colesterolo; vi sono sali biliari:
 Primari sintetizzati direttamente nel fegato come ac. colico (CA) e
ac. chenodesossicolico (CDCA)
 Secondari prodotti nel lume intestinale per trasformazione dei
primari da parte dei batteri come ac. desossicolico (DCA) e ac.
litocolico (LCA)
Il colesterolo epatico utilizzato per la sintesi dei sali biliari deriva in parte
dalle LDL e HDL e in parte da neocolesterologenesi epatica; questa è però
inibita dai sali biliari che ritornano al fegato per via portale, attraverso
feedback negativo che agisce sull’HMG-CoA reduttasi.
I sali biliari sono confinati nella circolazione entero-epatica (CEE); sono
infatti secreti nella bile, raggiungono il duodeno e percorrono l’ileo
giungendo nella sua porzione terminale dove vengono riassorbiti attraverso
un efficiente sistema di trasporto attivo, ritornando al fegato per via portale;
solo una piccola quota sfugge alla captazione epatica mentre le maggior parte
viene trasportata attraverso gli epatociti, ove viene coniugata con glicina e
taurina e nuovamente secreta nella bile.
La dinamica della CEE è garantita dalla contrattilità dei canalicoli biliari,
dalla motilità della colecisti, dalla peristalsi intestinale e dall’efficienza dei
sistemi di trasporto a livello degli ileociti e epatociti.
Le modalità di assorbimento sono influenzate dal tipo di coniugazione
(glicina o taurina) e dal pH intestinale.
Circa il 10% sfugge all’assorbimenro ileale e raggiunge il colon dove va
incontro a importanti trasformazioni metaboliche ad opera della flora
batterica che determina de coniugazione e deidrossilazione con formazione
dei sali biliari secondari (DCA e LCA); una parte considerevole dei DCA
viene riassorbito a livello del colon dx e raggiunge il fegato, entrando nella
CEE (costituisce il 15% del totale del pool dei sali biliari) mentre il LCA,
epatotossico, viene scarsamente riassorbito grazie a un meccanismo
protettivo consistente nella sua solfatazione, ed è presente in grandi quantità
nelle feci.
La perdita intestinale giornaliera di sali biliari è circa pari a 500 mg quota
esattamente compensata dalla neosintesi epatica di sali biliari primari.
Nell’uomo il pool di sali biliari è in genere 2-4 g, quantità che assolve
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
pienamente alle funzioni fisiologiche grazie alla CEE; il pool infatti recircola
3-4 volte per ogni pasto, potendo compiere 8-15 recircoli in 24 h.
I sali biliari, per la loro natura di sostanze anfifiliche, sono detergenti
biologici; quando la loro concentrazione, (conc micellare critica CMC)
supera un valore soglia essi tendono spontaneamente ad aggregarsi tra loro o
con altre sostanze lipidiche.
La tendenza dei sali biliari ad aggregarsi tra loro consente la formazione di
particelle submicroscopiche, chiamate micelle, capaci di ospitare al loro
interno e quindi di solubilizzare molecole lipidiche come lecitina e
colesterolo.
La formazione di micelle miste, composte da sali biliari, lecitina e colesterolo
costituisce la più importante funzione dei sali biliari, la cui funzione
fisiologica si esplica sia nel lume biliare sia nell’intestino, permettendo la
solubilizzazione del colesterolo biliare e l’assorbimento digiunale e ileale dei
grassi e delle vitamine liposolubili.
I fosfolipidi biliari sono rappresentati esclusivamente da lecitina che
costituisce un sistema ideale per solubilizzare il colesterolo, ciò è
particolarmente importante per la grande quantità di colesterolo nella bile,
essendo la secrezione biliare l’unica via rilevante di eliminazione di tale
composto.
Il colesterolo biliare si trova in forma non esterificata ed è del tutto insolubile
in acqua dove tende spontaneamente a precipitare formando cristalli
romboidali di colesterolo monoidrato; nella bile tale fenomeno è impedito per
la presenza di vescicole di lecitina e per la sua solubilizzazione da parte delle
micelle miste di sali biliari e lecitina.
L’alterazione dei rapporti molari tra sali biliari, lecitina e colesterolo, con
aumento relativo di quest’ultimo determina uno stato di “sovra saturazione
colesterolica” che rappresenta il principale meccanismo patogenetico
principale nella formazione dei calcoli biliari di colesterolo.
Una piccola parte di bilirubina può essere escreta anche se coniugata con una
sola molecola di acido glucoronico, che però è una forma instabile e può
precipitare sotto forma di sali di calcio o polimeri insolubili determinando la
formazione di calcoli biliari pigmentari.
Formazione della bile
La secrezione biliare è un processo fisiologico complesso, prevalentemente di
tipo osmotico governato dal trasporto attivo nella bile di una serie di soluti
che si comportano da osmoliti; tale processo necessita dell’integrità
strutturale e funzionale dell’apparato secretore epatocitario e dell’epitelio dei
dotti biliari.
Trasportatori epatocitari
I sali biliari sono i più importanti soluti osmoticamente attivi secreti nella
bile, il cui trasporto contro gradiente costituisce la vera forza osmotica
trainante (driving force) nella formazione della bile.
La loro secrezione è garantita dall’efficienza della pompa del sodio (Na+/K+
APTasi) presente sulla membrana sinusoidale degli epatociti; intervengono
anche altri canali come cotrasportatore Na+/taurocolato-, il cotrasportatore
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Na+/HCO3- e lo scambiatore Na+/H+ e una organic trasporting protein
(OATP), trasportatore sodio-indipendente capace di veicolare sia i sali biliari
sia altri anioni organici.
Anche sul versante canalicolare dell’epatocita vi sono diversi trasportatori
ATP-dipendente che provvedono alla secrezione unidirezionale dei soluti
della bile; in condizioni normali la capacità di captazione sinusoidale dei sali
biliari è notevolmente superiore a quella del trasporto canalicolare: dunque
quest’ultimo costituisce il principale fattore limitante nel processo di
formazione della bile.
I più importanti trasportatori identificati sulla membrana canalicolare sono i
seguenti:
 Glicoproteina Multi-Drug Resistence-1 (MDR1) che trasporta
diversi cationi organici lipofilici
 Glicoproteina Multi-Drug Resistence-2 (MDR2) che è
responsabile del trasporto canalicolare della lecitina
 Trasportatore di anionici organici, Multispecific Organic Anions
Trasporter (cMOAT) capace di trasportare molte sostanze
anioniche
 La glicoproteina sister of P-glycoprotein (SPGP) ritenuta il
principale trasporto canalicolare dei sali biliari
Grazie a tali trasportatori vengono generati i gradienti osmotici che regolano
il volume di bile epatica che si forma a livello del canalicolo biliare, sia per
passaggio trans cellulare sia per via paracellulare (dallo spazio interstiziale di
Disse attraverso le giunzioni serrate)
Trasportatori colangiocitari
La secrezione osmotica canalicolare comprende una quota definita sali-biliari
dipedente (60% del volume) e una quota sali biliari indipendente (40%).
Tali due componenti formano circa 450 ml di bile canalicolare nelle 24 h; a
ciò si aggiunge una quota di bile sali biliari-indipendente legata ad attiva
secrezione da parte dei colangiociti.
La secrezione di fluidi è influenzata da stimoli ormonali e neuro peptidi; in
particolare la secretina si lega con specifici recettori che nel fegato sono
espressi solo nei colangiociti.
Tale stimolo induce un aumento dell’AMPc con apertura dei canali del Cl- e
attivazione dello scambiatore cloro-bicarbonato localizzato a livello della
membrana apicale dei colangiociti.
Il risultato di tale catena di eventi è una secrezione biliare arricchita di acqua
e bicarbonato.
Tra gli altri trasportatori ricordiamo acquaporina (trasportatore specifico
dell’acqua) mentre recentemente è stato identificato a livello della membrana
apicale anche un trasportatore di sali biliari, simile al trasportatore ileale, che
sembra determini uno shunt cole-epatico dei sali biliari, cioè un meccanismo
attraverso i quali i sali biliari sarebbero assorbiti a livello duttale e
ritornerebbero al fegato attraverso il plesso venoso peri-biliare attuando così
un corto-circuito il cui significato rimane incerto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ITTERO E COLESTASI
DEFINIZIONE
Per ittero si intende la colorazione giallastra della cute e delle mucose visibili
conseguente all’accumulo della bilirubina nel siero sopra il valore di 2,5
mg/100 ml.
Per subittero si intende il colorito giallastro delle sclere che si manifesta per
valori di biluribinemia superiori a 1,5 mg/100 ml.
La bilirubina è un pigmento che deriva dal catabolismo dell’eme, è insolubile
in acqua e normalmente viene secreto nella bile; i valori sierici di bilirubina
dipendono dall’equilibrio tra la sua formazione (emocateresi) e il suo
metabolismo.
FISIOLOGIA
La bilirubina è il prodotto di degradazione dell’eme.
La produzione giornaliera di bilirubina (250-350 mg) deriva:
 in massima parte (80-85%) dal catabolismo dell’emoglobina degli
eritrociti invecchiati
 per il restante 15-20% dalla eritropoiesi inefficace
 una minima quota di bilirubina deriva inoltre dal ricambio di proteine
contenenti eme quali mioglobina, citocromi e catalasi
La bilirubina non coniugata è liposolubile e, pertanto, potenzialmente
tossica (soprattutto a livello del SNC); essa viene immessa in circolo dalle
cellule del sistema reticolo-endoteliale legata all’albumina e, in questa forma,
raggiunge il fegato.
Nel fegato la bilirubina viene veicolata all’interno degli epatociti dove si
lega a proteine citosoliche (glutatione S transferasi o ligandina, e proteina Z)
che prevengono il suo rientro nel circolo ematico e la sua diffusione
all’interno di compartimenti epatocitari non idonei.
Viene infine trasferita nel reticolo endoplasmatico dove l’enzima uridina
difosfato-glucuronil transferasi (UGT) provvede alla sua coniugazione con
acido glucuronico.
La bilirubina coniugata è idrosolubile e, in questa forma, può essere
eliminata con la bile.
La bilirubina coniugata viene secreta dagli epatociti nei canalicoli biliari
attraverso un processo ATP-dipendente mediato da un trasportatore
multispecifico di anioni organici chiamato MRP2 (multidrug resistenceassociated protein 2).
Giunta nel lume intestinale, la bilirubina viene degradata (deconiugata e
ridotta) ad urobilinogeno, prodotto incolore e idrosolubile.
L’urobilinogeno ha tre diversi destini metabolici:
 la quota maggiore viene ossidata a stercobilina e urobilina ed
eliminata con le feci, alle quali conferisce il caratteristico colore
bruno (dunque feci chiare sono indici di deficit epatico)
 una quota minore viene riassorbita a livello intestinale e ritorna al
fegato tramite il circolo portale (circolo entero-epatico della
bilirubina)
 una piccola quota riassorbita salta il filtro epatico, raggiunge il
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
circolo sistemico ed è eliminata con le urine.
CLASSIFICAZ
a) Itteri da iperproduzione della bilirubina (pre epatico)
 Emolisi
 Eritropoiesi inefficace
b) Itteri da alterato metabolismo epatico della bilirubina (epatico)
- Itteri congeniti
47. Difettosa coniugazione: Sd di Crigler-Najjar
48. Difettosa coniugazione e captazione: Sd di Gilbert
49. Difettosa escrezione: Sd di Dubin-Johnson e Sd di Rotor
- Itteri acquisiti
 Difettosa captazione e trasporto: epatiti acute, croniche e da farmaci
 Difettosa coniugazione: da latte materno, da farmaci
c) Itteri da ostacolato deflusso della bilirubina (post epatico)
 Colestasi
CLINICA
Itteri congeniti da alterato metabolismo epatico della bilirubina
a) Sindrome di Crigler-Najjar
Si tratta di un ittero grave, a decorso progressivo, causato da un difetto
congenito dell’attività enzimatica uridin-difosfo-glicuronil-transferasi situato
nei microsomi delle cellule epatiche.
La sindrome si può manifestare in due forme:
- tipo I in cui l’ittero si manifesta nei primi giorni di vita e la bilirubinemia
supera costantemente i 20 mg/dl; il pigmento, non potendo essere eliminato
nella bile, si accumula progressivamente nei circolo e nei tessuti.
Frequentemente si sviluppa ittero nucleare per deposito di bilirubina non
coniugata nel SNC, soprattutto nel nucleo caudato e nel nucleo rosso.
Gli indici di funzionalità epatica sono normali, compreso il livello sierico dei
sali biliari; la bile di tali pz è incolore e contiene solo tracce di bilirubina non
coniugata.
La prognosi è infausta e i pz raramente superano i 20-25 anni di vita anche se
sono stati segnalati diversi casi con buona sopravvivenza dopo trapianto di
fegato.
Vi è familiarità ed è molto frequente il riscontro di un difetto della
coniugazione della bilirubina (Gilbert) nei genitori dei pz colpiti.
La trasmissione è autosomico recessiva.
- tipo II è caratterizzato da valori di bilirubinemia sierica più moderati (5-20
mg/dl); l’attività enzimatica UDP-glicuronil-transferasi è ridotta (ma non
assente).
La bile è colorata e contiene prevalentemente bilirubina monoglicuronata.
Gli indici di funzionalità epatica sono normali; la bilirubinemia aumenta in
corso di infezioni intercorrenti o durante il digiuno.
La prognosi è in genere buona e i pz sopravvivono a lungo senza
manifestazioni neurologiche.
Anche in questi pz vi è familiarità e la trasmissione è di tipo autosomico
dominante.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Lo studio morfologico del fegato in entrambe le forme è normale; al M.O. si
possono riscontrare segni aspecifici come modesta flogosi e fibrosi portale,
trombi biliari, accumulo di pigmento intracanicolare e intracellulare.
b) Sindrome di Gilbert
E’ caratterizzata da subittero cronico a iperbilirubinemia prevalentemente
indiretta, a carattere familiare, senza evidenti segni di emolisi.
La prevalenza è attorno al 5-8% della popolazione italiana; l’esordio
dell’ittero è tra i 15-18 anni di età.
L’iperbilirubinemia viene scoperta casualmente; i valori della bilirubina
sierica variano tra 1,5 e 5 mg/dl.
L’ittero può verificarsi in rapporto a digiuno, stress, sforzi fisici, abuso di
alcol e infezioni intercorrenti.
La sintomatologia, quando presente, è aspecifica: in genere sono presenti
disturbi dispeptici, dolenzia addominale vaga: spesso questi individui sono
ansiosi per la comparsa dell’ittero.
L’obiettività, a parte il subittero sclerale, è negativa e anche i dati
ematochimici, a parte l’iperbilirubinemia risultano normali; l’unica anomalia
(40% dei casi) è una lieve diminuzione della vita eritrocitaria media.
La morfologia macro e microscopica del fegato è normale.
Si ritiene che due-tre rilievi di aumentati valori sierici di bilirubina a
intervalli di alcuni mesi, in assenza di altre anomalie di laboratorio o segni
clinicamente obiettivabili, siano sufficienti per la diagnosi.
La sindrome familiare ed è tramessa in modo autosomico dominante a
penetranza incompleta a variabile espressività.
c) Sindrome di Dubin-Johnson
E’ una rara forma di ittero familiare conseguente alla perdita di funzione
della proteina carrier (MPR2) della bilirubina attraverso la membrana
canalicolare.
La malattia è ad andamento cronico, intermittente, caratterizzata da
iperbilirubinemia a quota prevalentemente coniugata; l’ittero compare
nell’adolescenza e si può intensificare nel corso di malattie intercorrenti, in
gravidanza o per somministrazione di contraccettivi orali.
Gli indici bioumorali di funzionalità epatica sono normali, i cui valori
oscillano tra 2 e 5 mg/dl e che per oltre il 60% è rappresentata dalla forma
coniugata.
Nelle urine possono presentarsi pigmenti biliari e un’aumentata quantità di
urobilinogeno, mentre le feci sono normalmente colorate.
I soggetti sono spesso asintomatici; si possono rilevare a volte astenia,
dispepsia, dolenzia all’ipocondrio dx.
L’E.O. se si esclude la presenza di ittero cutaneo e sclerale, è negativo.
Il tessuto epatico assume una colorazione scura (black liver) in seguito a un
accumulo intracellulare di pigmento (granuli marroni alla M.O.)
La malattia è ereditaria e recessiva.
d) Sindrome di Rotor
E’ un affezione rara, trasmessa come carattere recessivo; è molto simile alla
sindrome di Dubin-Johnson tranne che per la mancanza dell’accumulo
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
intraepatocitario di pigmento.
Itteri colestatici
E’ una sindrome clinica che si sviluppa quando il processo fisiologico di
secrezione della bile o il suo deflusso nel duodeno vengono alterati.
Secondo l’AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato) la colestasi
indica “una sindrome clinica con eziologia multipla, caratterizzata dalla
ritenzione nel fegato e compartimento ematico di una o più sostanze
normalmente secrete nella bile, causata o da un deficit completo o selettivo
della secrezione biliare, oppure dalla presenza di una o più ostruzioni
dell’albero biliare intra- o extraepatico”.
Le manifestazioni cliniche della colestasi sono conseguenti alla ritenzione nel
sangue dei costituenti biliari e al ridotto o assente deflusso di bile
nell’intestino.
La ritenzione di bilirubina, prv coniugata, porta all’ittero; a ciò si associano
un’incrementata eliminazione urinaria e una ridotta formazione fecale di
pigmenti biliari che determinano l’escrezione di urine ipercromiche (color
marsala) e feci ipocoliche o biancastre.
Il prurito è dovuto alla ritenzione di sostanze pruritogene; la patogenesi è
multifattoriale con anche una componente disregolatoria a livello del SNC: il
prurito è usualmente generalizzato e può manifestarsi in modo continuo o
intermittente con intensità variabile.
La ritenzione di lipidi biliari porta allo sviluppo di ipercolesterolemia;
quando evidente e prolungata può portare alla formazione di depositi cutanei
di colesterolo, xantelasmi o xantomi piani che appaiono come placche
giallastre inizialmente localizzate alla placca superiore in vicinanza del canto
interno dell’occhio.
Possono interessare anche la palpebra inferiore o altre parti del corpo; in caso
di patologia prolungata si può giungere alla formazione di depositi rilevati,
localizzati sulla superficie estensoria di polsi, gomiti e caviglie.
Nelle sd colestasiche di lunga durata il ridotto afflusso di bile nell’intestino
può portare a malassorbimento di grassi e vitamine liposolubili, i cui segni e
sintomi non sono frequenti.
Il malassorbimento clinicamente manifesto porta alla steatorrea, ovvero
l’emissione di feci malformate, untuose e maleodoranti, in genere seguita da
calo ponderale.
Il deficit di vitamina A può determinare riduzione dell’acuità visiva notturna,
quello di vitamina K allungamento del PT, quello di vitamina E (nei bambini)
neuropatia periferica, atassia cerebellare e degenerazione retinica.
L’osteoporosi, oltre al deficit di vitamina D è determinata anche da fattori
ormonali, ridotto introito di calcio e ridotta attività fisica.
Nelle colestasi croniche si può avere anche astenia.
Le alterazioni biochimiche conseguenti al rigurgito nel siero dei costituenti
biliari sono: ↑ di fosfatasi alcalina, ↑ γGT, ↑ colesterolo e ↑ bilirubina.
A livello istologico la colestasi si manifesta inizialmente con l’accumulo nel
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
pigmento negli epatociti e nelle cellule di Kupffer e la formazione di trombi
biliari localizzati in sede pericentrale; poi si ha la formazione di neoduttuli
negli spazi portali, in genere accompagnati dalla presenza di infiammazione
portale.
Ne consegue lo sviluppo di fibrosi portale che associata a fenomeni di
rigenerazione può portare alla cirrosi.
Classificazione
a) Colestasi intraepatiche
 Da cause parenchimali
 Su base genetica
 Infettive
 Da calcolosi neoplastica
 Neoplastiche
 Post-trapianto di fegato
b) Colestasi extraepatiche




Litiasi del coledoco
Stenosi benigne delle vie biliari
Stenosi maligne delle vie biliari
Compressioni estrinseche
Colestasi della gravidanza
E’ una patologia associata allo stato gravidico che si manifesta nel terzo
trimestre di gravidanza; la patologia si manifesta più frequentemente nei parti
gemellari, nelle donne che hanno presentato la patologia in precedenti
gravidanze o in quelle che hanno sviluppato colestasi in corso di assunzione
di anticoncezionali.
Vi è familiarità e la manifestazione più frequente è il prurito, che inizia in
genere al palmo delle mani e/o dai piedi per poi interessare il resto del corpo.
Inizialmente può manifestarsi la notte poi anche di giorno e possono
coesistere nausea e vomito.
L’ittero è infrequente e lieve; a livello biochimico si riscontra la presenza di
un incremento delle transaminasi di entità variabile (da 2 a 20 volte) e degli
acidi biliari sierici con prevalenza dell’acido colico.
La malattia si risolve completamente con il parto ed è priva di conseguenze
per la madre, mentre sono descritti parti prematuri e complicanze fetali fino
anche alla morte intrauterina.
DIAGNOSI
14. All’anamnesi è necessario indagare la presenza/assenza di sintomi e
fattori di rischio per le patologie epatiche; ad esempio la pregressa
esposizione a virus dell’epatite, abuso di alcol, ingestione di alimenti
potenzialmente tossici possono suggerire patologie epatocellulari.
La presenza di un dolore addominale con o senza febbre, il dato di una
pregressa chirurgia sulle vie biliari e l’età avanzata indirizzano verso
un’ostruzione biliare; inoltre un esordio lento e insidioso, associato a perdita
di peso indica la presenza di una neoplasia, mentre un insorgenza brusca
suggerisce la presenza di una litiasi biliare.
Numerosi farmaci (sedativi, chemioterapici, antibiotici, ormoni sessuali)
possono determinare la comparsa di colestasi; in genere la sospensione porta
alla risoluzione ma a volte si può giungere fino all’insufficienza epatica.

All’esame obiettivo si valuterà la presenza di:
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009





Febbre: indica infezione delle vie biliari o si accompagna a
neoplasia
Dolore addominale: localizzato ai quadranti addominali superiori
che in presenza di segno di Murphy positivo, suggerisce la ricerca di
colelitiasi; un dolore addominale irradiato post indirizza verso una
patologia pancreatica.
Massa addominale: suggerisce la presenza di una neoplasia
Cicatrici chirurgiche indicative di pregressa chirurgia sulle vie biliari
Segni di cirrosi quali spider naevi, ascite, splenomegalia, circoli
venosi collaterali superficiali, flapping tremor, ginecomastia.
Il sospetto clinico guida poi la scelta delle indagini di laboratorio e
strumentali necessarie per la diagnosi.

Le indagini biochimiche includono: emocromo completo, indici di
colestasi (bilirubina, AFP, γGT), indici di funzionalità epatica (PT,
albuminemia, colinesterasi), markers per la ricerca dei virus epatitici,
markers specifici per patologie colestasiche e autoimmuni, amilasi.
La presenza di ittero in un soggetto asintomatico con funzionalità epatica
normale suggerisce la diagnosi di ittero congenito.
Se l’iperbilirubinemia è prevalentemente non coniugata e non c’è l’emolisi
l’esordio in età pediatrica con valori di bilirubina > 5 mg/dl suggerirà una sd
di Crigler-Najar, mentre l’esordio nella pubertà o successivamente con
bilirubinemia < 6 mg/dl indicherà una sd di Gilbert.
Se l’iperbilirubinemia è diretta ci orienteremo verso una Sd di Dubin-Johnson
o Rotor.
Se invece accanto all’ittero sono presenti sintomi o segni clinici e alterazioni
di altri esami di laboratorio dobbiamo orientarci verso la presenza di
un’epatopatia o una sindrome colestasica.

Di fronte al sospetto di colestasi il primo passo è la valutazione della
vie biliari mediante ecografia; una dilatazione è indice di ostruzione.
Se l’eco non permette la visualizzazione dell’ostacolo si può passare alla
CPRM.
 L’ecoendoscopia risulta utile in caso di neoplasie del tratto distale
della via biliare o ampolla di Vater.
 Se l’eco visualizza una litiasi il percorso successivo prevede
l’esecuzione di una CPRE per la conferma e l’estrazione dei calcoli.
 In caso di evidenza eco di una neoplasia pancreatica o una PC l’iter
diagnostico prevede in genere una TC spirale per conferma, con le
implicazioni terapeutiche che ne conseguono.
Quando le vie biliari non risultano dilatate all’eco né alla CPRM e gli
accertamenti lab per pato epatocellulari risultano negativi può essere indicato
eseguire una biopsia epatica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
LA MALATTIA LITIASICA
DEFINIZIONE
La litiasi rappresenta la patologia più frequente della colecisti; è in genere
pauci- o asintomatica; l’impegno del calcolo nell’infundibolo causa la colica
biliare le cui sequele possono essere la colecistite acuta, idrope e empiema
della colecisiti.
La colecistopatia alitiasica è caratterizzata dall’assenza di calcoli nella
colecisti con presenza di un dolore di tipo biliare ed è associata ad alterazioni
della motilità della cistifellea
La colesterosi della colecisti è determinata dall’accumulo nella parete della
colecisti di esteri del colesterolo.
La colecisti a porcellana è determinata dall’accumulo di sali di calcio.
L’adenomiomatosi della colecisti è il risultato della proliferazione
dell’epitelio della colecisti con formazioni di strutture simil-ghiandolari.
La litiasi coledocica è una patologia spesso sintomatica: la colica è il sintomo
più comune, la sintomatologia però può esordire con ittero e colangite,
caratterizzata da febbre con brivido, dolore all’ipocondrio dx e alterazioni
biochimiche.
EZIOLOGIA
La litiasi biliare si può dividere in 2 classi:
 Colesterolica
 Pigmentaria
Tra i fattori associati alla colelitiasi si riconoscono:
 Sesso femminile
 Età
 n° di gravidanze
 BMI
 aumento dei livelli sierici di trigliceridi
 bassi livelli sierici di colesterolo
 familiarità
 diete ripetute
 by-pass digiuno ileale e bilio-digestivo
 assunzione di derivati dell’acido fibrico (farmaci ipolipemizzanti)
Allo sviluppo di calcoli concorrono:
 Diabete
 Cirrosi epatica
 Angina pectoris
 Infarto del miocardio
 Ulcera peptica
PATOGENESI
Litiasi colesterolica
Ruolo del colesterolo
La bile è una soluzione acquosa nella quale il colesterolo, insolubile in acqua,
è veicolato all’interno di micelle e vescicole.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Esiste una capacità critica di tenere in soluzione il colesterolo da parte degli
acidi biliari e fosfolipidi, superata la quale la bile diventa supersatura in
colesterolo; anche quando è in eccesso può essere ancora tenuto in soluzione
in cristalli liquidi: in genere però si formano due fasi di cui una è formata da
cristalli monoidrato, l’altra da cristalli liquidi.
La supersaturazione biliare è il prerequisito per la formazione dei cristalli
di colesterolo e per la loro successiva aggregazione in calcoli.
Nella storia naturale della patologia si passa
da una fase di produzione di una bile
supersatura da parte dell’epatocita a quella
della formazione di cristalli di colesterolo,
alla loro aggregazione e infine alla crescita
del calcolo all’interno della colecisti;
l’aumentata secrezione biliare di colesterolo
(che si osserva in corso di litiasi biliare ma
anche nell’obesità, gravidanza, dislipidemie)
sembra essere la causa più comune di
supersaturazione biliare in colesterolo e
dipende dall’aumento della sua sintesi
epatica.
L’ipotesi di un apporto genetico è suffragata da studi epidemiologici che
hanno evidenziato come , in popolazioni con caratteristiche razziali
omogenee (ad es. popolazioni Maori), l’obesità non si associ alla presenza di
calcoli biliari di colesterolo secondo le attesa.
Ruolo degli acidi biliari
Nei pz con calcoli biliari di colesterolo il pool totale degli acidi biliari è
diminuito, mentre è aumentato quello dell’acido desossicolico rispetto a
controlli non litiasici correlate a un prolungato transito intestinale, che
favorisce il catabolismo dell’acido colico ad acido desossicolico da parte
della flora batterica. (Ridotto assorbimento intestinale di acidi biliari e
dunque riduzione del pool entero-epatico e necessità di sintetizzare nuovi
acidi biliari a partire da colesterolo aumentando la concentrazione di questo
nelle vie biliari).
Altri fattori
Accanto alla supersaturazione di colesterolo sono stati descritti altri
meccanismi:
 Presenza di composti nella bile che determinano un’accelerata
nucleazione dei cristalli di colesterolo
 Stasi biliare all’interno della colecisti, come fattore favorente
l’aggregazione dei cristalli
E’ stato infatti dimostrato che nella bile di soggetti litiasici il colesterolo
tende a precipitare più rapidamente (6-7 gg) rispetto a quella di soggetti
normali (oltre 15-20 gg): ciò è stato attribuito alla presenza di fattori
pronucleanti (in genere proteine di flogosi e muco).
I pz con calcoli hanno inoltre un volume della colecisti a digiuno più grande e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
in circa il 30% dei casi si associa uno svuotamento della cistifellea: questi
due difetti indicano una stasi della bile in colecisti che favorisce i processi di
aggregazione e la successiva crescita dei calcoli
A questi vanno aggiunti fattori che sono clinicamente rilevanti quali
vagotomia tronculare con stasi colecistica, malattie dell’ileo terminale o
interventi chirurgici di resezione dello stesso (si realizza una condizione
caratterizzata da aumentata eliminazione fecale di acidi biliari che non sono
riassorbiti per la mancanza dei siti intestinali di assorbimento), nutrizione
parenterale (stasi biliare).
Fattori protettivi sono moderato consumo di alcol (< 60 g/die) e l’uso di diete
ricche di fibre, particolarmente nelle donne.
Litiasi pigmentaria
I calcoli pigmentari rappresentano circa il 25% dei calcoli biliari: si
distinguono calcoli neri (black stones) e di color marrone (brown stones) e si
associano a emolisi cronica e alle malattie croniche del fegato.
I black stones sono composti da un polimero insolubile di bilirubina
mescolato a carbonato e fosfato di calcio; in genere questi calcoli sono
presenti nella cistifellea e si accompagnano a emolisi cronica (associata a
sferocitosi ereditaria, anemia falciforme e aumento dell’emocateresi)
I brown stones sono composti principalmente da bilirubinato di calcio,
palmitato di calcio e anche da colesterolo e si associano a infezioni delle vie
biliari; la loro formazione è ubiquitaria nell’albero biliare e in genere
recidivano nel dotto biliare.
CLINICA
LITIASI BILIARE COLECISTICA
a) Litiasi silente
I calcoli biliari possono restare asintomatici per tutta la vita ed essere
diagnosticati casualmente nel corso di un’indagine strumentale effettuata per
altri motivi; come già detto solo il 16 - 30% dei pz sviluppa i sintomi in 20 30 anni e solo il 2-5% necessita di intervento chirurgico per la comparsa di
complicanze (colecistite, pancreatite).
La colecistectomia profilattica è eseguita solo in casi ben determinati:
- Indicazioni certe
 Colecisti a porcellana
 Anomala giunzione colecodo-pancreatica
- Indicazioni dubbie
50. Polipi colecistiti > 1,5 cm
51. Calcolo > 3 cm
b) Litiasi sintomatica
Il viraggio della malattia verso una fase sintomatica è indicato dalla colica
(trasferimento dei calcoli nell’infundibolo o nel coledoco) piuttosto che dalle
complicanze (0,5% annuo).
Il sintomo specifico è la colica biliare (anche se “colica” è improprio, in
quanto il dolore è continuo).
Il dolore compare spesso di notte (specie dopo un pasto abbondante) o nelle
prime ore del mattino, è localizzato al fianco dx o all’epigastrio, può avere
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
irradiazione all’angolo scapolare dx (dovuta alla stimolazione del ramo
cutaneo posteriore del nervo frenico) o alla spalla dx; può persistere da 1 a 4
ore con intensità variabile e recede spontaneamente (talora è difficilmente
distinguibile da un’angina pectoris).
L’episodio può essere seguito da dolenzia all’ipocondrio dx.
Durante l’attacco acuto il pz può lamentare nausea e vomito.
Gli accertamenti biochimici evidenziano un aumento della bilirubina (non
oltre i 5 mg/dl).
Anche l’associarsi di più sintomi (intolleranza ai grassi e senso di peso al
fianco dx), definibili genericamente come dispeptici in un pz, possono essere
suggestivi di litiasi biliare.
Dal punto di vista patogenetico è probabile che l’incuneazione di un calcolo
nel dotto cistico rappresenti il primo momento a cui seguono alterazioni della
P all’interno delle vie biliari.
La colica può sia rendersi particolarmente frequente per un determinato
tempo e poi recedere del tutto ma anche manifestarsi improvvisamente.
In genere il sintomo recede con l’uso di analgesici o antispastici.
All’esame obiettivo vi è un possibile segno di resistenza all’ipocondrio dx.
Segno di Murphy positivo: l’uncinamento con la mano al di sotto dell’arco
costale dx (sulla emiclaveare dx = punto colecistico) in corso di inspirazione
profonda da parte del pz, nel caso di infiammazione della colecisti, evoca una
reazione dolorosa e l’interruzione del respiro; la colecisti infiammata viene
compressa tra margine inferiore del fegato e mano dell’esaminatore.
Complicanze
La presenza di calcoli può determinare irritazione e flogosi della parete
colecistica così come ripetuti attacchi di colecistiti subacute; nella bile di tali
pz sono stati frequentemente isolati batteri.
 La colecistite cronica è per lo più asintomatica per anni, ma può
progredire verso una malattia sintomatica o presentarsi con le
complicanze.
Dopo una colica biliare, se la sintomatologia non recede, si può sospettare
l’insorgenza di una colecistite acuta.
Nel 96% dei casi il dotto cistico è ostruito da un calcolo; la prolungata
ostruzione può determinare un progressivo accumulo di muco all’interno
della colecisti con formazione di idrope, spesso asintomatica anche se i pz
avvertono una certa dolenzia a carico del quadrante di dx e la colecisti può
essere palpabile come una massa che si estende fino alla fossa iliaca dx.
 La colecistite acuta è determinata dal diminuito assorbimento dei
liquidi endoluminali a causa dell’edema presente nella regione
dell’ostruzione per la compressione dei vasi sanguigni della parete
della colecisti (infiammazione meccanica), dalla formazione di
lisolecitina dalla lecitina biliare per l’azione delle fosolipasi
(infiammazione chimica) e dalla coesistenza di un’infezione batterica.
 L’empiema della colecisti si verifica quando il contenuto diventa
purulento.
Il quadro clinico è quello della sepsi con febbre alta, brividi, intenso dolore
all’ipocondrio dx, marcata leucocitosi neutrofila, prostrazione.
Il rischio di sepsi Gram- (E.Coli, Klebsiella, Spt, Stf e Clostridium) e della
perforazione è elevato pertanto i pz vengono avviati all’intervento chirurgico
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
con adeguata copertura antibiotica.
Nel 60-70% dei pz dopo il primo attacco di colecistite acuta la sintomatologia
regredisce spontaneamente: durante l’episodio il pz si presenta francamente
sofferente, respira superficialmente, è rannicchiato e spesso applica una fonte
di calore sulla parete addominale per alleviare il dolore.
L’addome è poco mobile ed è apprezzabile una resistenza al quadrante
superiore dx (dolore peritoneale dovuto alla stimolazione dei rami anteriori
del nervo frenico, che innerva il peritoneo diaframmatico, in giustapposizione
con il fondo della colecisti).
Oltre al dolore, vomito, nausea e anoressia caratterizzano la sintomatologia.
Il segno di Murphy è positivo.
Si osserva leucocitosi neutrofila (10-15.000 cellule/mm3) e un modesto
aumento degli enzimi di citonecrosi e colestasi.
 La colecistite enfisematosa esordisce come una colecistite acuta
(litiasica o alitiasica); l’infezione è sostenuta da batteri gas-produttori
(Clostridium perfrigens e E.coli) e si complica con ischemia o
gangrena della parete colecistica; la gangrena predispone alla
perforazione e può insorgere comunque su una colecistite cronica
senza sintomi premonitori.
 La perforazione nel peritoneo è un evento drammatico con elevata
mortalità (30%), anche se vi può essere un iniziale e transiente
sollievo del dolore all’ipocondrio dx (dovuto alla distensione
dell’organo).
 Possono formarsi fistole con organi adiacenti e la più comune è con il
duodeno, che permette il passaggio di calcoli nell’intestino (ileo
biliare) per l’impegno dei calcoli nella valvola ileociecale.
La migrazione di calcoli dalla cistifellea nel coledoco, dove si impegnano a
livello della papilla, può essere causa della pancreatite acuta biliare.
LITIASI BILIARE COLEDOCICA
Nel 10-15% dei pz con litiasi biliare della colecisti si osserva il passaggio di
un calcolo nel coledoco; l’incidenza aumenta con l’età e nel pz anziano fino a
punte del 25%.
Anch’essa può essere asintomatica per anni, i calcoli possono passare
spontaneamente in duodeno ma più spesso la sintomatologia esordisce con
colica e complicanze.
Sintomatologia
L’ostruzione graduale può portare inizialmente alla comparsa di ittero
ingravescente e prurito: in genere però la mancanza del dolore è più
caratteristica delle forme ostruttive neoplastiche.
La colangite acuta è propriamente tipica della litiasi coledocica e si manifesta
con dolore, febbre con brivido e ittero (triade di Charcot).
Nel 75% delle bilicolture sono presenti batteri e le emocolture sono spesso
positive.
La leucocitosi neutrofila è tipica con il consensuale aumento degli enzimi di
colestasi, citolisi e bilirubina.
Le forme non suppurative rispondono bene al trattamento con antibiotici
mentre per le forme suppurative, che si presentano con sintomi di estrema
gravità (batteriemia, confusione mentale fino allo shock settico) occorre
effettuare rapidamente la bonifica della via biliare per evitare che si formino
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ascessi epatici multipli, nel qual caso la mortalità è molto elevata.
La principale complicanza è rappresentata dalla pancreatite acuta biliare.
DIAGNOSI
Colecistite acuta - sunto:
 Dolore perdurante oltre le 3 - 4 ore
 Febbricola (37.2 - 38.3)
 Vomito
- Obiettività
 Massa all’ipocondrio di destra
 Resistenza alla palpazione
 Murphy positivo
 Nel pz anziano dolore e febbre possono essere assenti e la resistenza
all’ipocondrio di dx può segnare l’esordio
 Ittero nel 15%, anche senza calcoli nel coledoco ed ostruzione.
- Evoluzione
15. Idrope
16. Empiema
17. Perforazione
 Fistole
 Ileo biliare
Ostruzione coledocica - pancreatite acuta biliare:
 Dolore a cintura
 Subittero o ittero
 Accoccolamento
 Resistenza della parete
 Blumberg da + a +++
Biochimica epatica
Vi possono essere alterazioni di:
 Transaminasi
 γGT
si osserva spt in caso di coinvolgimento anche
della via biliare principale
 Fosfatasi alcalina
 emocromo con piastrine
 ↑ indici di flogosi (VES, PCR) in caso di colecistite o colangite acuta
 Leucocitosi neutrofila
 amilasi in caso di coinvolgimento pancreatico
 lipasi
 bilirubina
Ecografia
Permette, con un’altissima sensibilità e specificità, con bassi costi, sicurezza
e ripetibilità, di visualizzare calcoli anche di pochi mm all’interno della
colecisti.
I limiti dell’indagine sono in rapporto alla presenza di abbondante
meteorismo addominale, obesità e al mancato digiuno (colecisti contratta).
Immagini iperecogene nella via biliare principale indica una litiasi
coledocica; l’eco è infatti l’indagine di I livello in questi casi anche se la
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
sensibilità è inferiore rispetto a quella per la diagnosi di litiasi colecistica.
In presenza di sintomi e eco negativa o in presenza di via biliare aumentata di
calibro → colangioRMN
TC
Trova una sua utilità nella valutazione del contenuto di calcio del calcolo
stesso ai fini di un possibile trattamento di dissoluzione con acidi biliari.
RMN
Permette di identificare e ricostruire al computer le vie biliari e dunque
rappresenta uno strumento non invasivo per la diagnosi delle malattie delle
vie biliari.
I limiti dell’indagine sono legati alle dimensioni del calcolo.
Ecoendocoscopia
Permette di visualizzare la via biliare nel suo tratto retro duodenale e
permette la diagnosi di inclusi nella via biliare principale con sensibilità e
specificità proprie dell’ecografia.
ERCP
Rappresenta il gold standard per la terapia della litiasi coledocica
Conferma la diagnosi di litiasi biliare e permette di effettuare la papillo
sfinterotomia endoscopica e la bonifica della via biliare con estrazione di
calcoli.
In presenza di infezione della via biliare principale durante l’indagine è
possibile posizionare un sondino naso biliare che permette il drenaggio della
via biliare.
TERAPIA
Trattamento chirurgico
La colecistectomia (CL) per via laparoscopica è la procedura di I scelta
perché assicura il 92% di probabilità di risoluzione dei sintomi e il rischio più
basso di ricorrenza.
I vantaggi sono rappresentati da degenza breve, costi minori, mortalità
trascurabile, minor dolor post-chirurgico, minori conseguenze estetiche.
Controindicazioni alla CL sono rappresentate da calcolosi complicata, età
avanzata, comorbidità importanti, cirrosi epatica, obesità, gravidanza
precedenti interventi chirurgici addominali.
I pz con lesioni a carico della via biliare principale presentano importante
morbilità e mortalità perioperatoria (3%).
La disseminazione intraperitoneale dei calcoli (dal 7 al 17%) è legata
all’esperienza del chirurgo ma anche alla flogosi della parete colecistica e
può dare complicazioni che vanno dall’ascesso intra-addominale,
intercutaneo o sub frenico all’occlusione intestinale che mima un’appendicite
acuta.
I calcoli pigmentati si associano più facilmente a complicanze settiche.
Trattamento non chirurgico
La terapia medica di dissoluzione con acidi biliari (CDCA o UDCA) ha
indicazioni molto limitate; è teoricamente riservata a pz sintomatici, con
calcoli di colesterolo, eventualmente fluttuanti, della colecisti di dimensioni
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
inferiori a 10 mm, mentre la dissoluzione dei calcoli avviene in circa il 6070% dopo 12 mesi.
Lo svantaggio maggiore è l’alta percentuale di ricorrenza.
Pazienti con calcoli radio-opachi o di pigmento non hanno chance di
dissoluzione con la terapia con acidi biliari.
La terapia medica va riservata ai pz sintomatici che presentano
controindicazioni alla CL; il meccanismo d’azione con cui il colesterolo
viene solubilizzato è attraverso la formazione di cristalli liquidi (il dosaggio
dell’UDCA consigliato è di 10-12 mg/kg).
La litotrissia con onde d’urto è stata ormai abbandonata.
Sunto
- Litiasi silente:
 Expectant management (svantaggiosa x il pz che ha diarrea x ac.
Biliari che vengono tutti immessi nell'intestino perchè nn c'è colecisti)
- Litiasi sintomatica:
 calcoli di colesterolo < 1 cm:
 ursodesossicolico (10 - 15 mg/kg/day)
 calcoli radiopachi, > a 1 cm, fallimento tx medica, complicanze:
 colecistectomia laparoscopica
 Litotrissia extracorporea ad onde shock + UDCA (10 - 15 mg/kg/day)
 colecisti normofunzionante, calcolo singolo < 2 cm.
Se esiste una necessità di togliere la via biliare principale è necessario fare
una epatico-digiunostomia oppure una intraepatico-dotto-digiunostomia.
ALTRE
PATOLOGIE
DELLA
COLECISTI
Colecisti a porcellana
Si ha quando vi è una deposizione di calcio nella parete colecistica
nell’ambito di una colecistite cronica diagnosticabile, oltre che con
l’ecografia, con la semplice RX dell’addome
Alcuni studi hanno evidenziato una più alta frequenza di sviluppo di K della
colecisti e dunque può essere indicata la colecistectomia radicale.
Colesterosi della colecisti
E’ la conseguenza dell’accumulo di lipidi (esteri del colesterolo) nella
sottomucosa della parete colecistica in forma diffusa (colecisti a fragola) e
localizzata (polipi di colesterolo).
Spesso si associa alla litiasi biliare colesterolica.
Adenomiomatosi della colecisti
E’ il risultato della proliferazione dell’epitelio della colecisti con formazione
di strutture simil-ghiandolari che possono essere localizzate nel fondo, nel
cistico.
Colecistopatia alitiasica
E’ caratterizzata da:
 assenza di calcoli nella colecisti ma ricorrenti episodi di dolore biliare
 anormalità colescintigrafiche dopo infusione di CCK
 insorgenza della sintomatologia dopo infusione di CCK
 anormalità dei test di funzione epatica in relazione agli episodi
dolorosi
 aumento di volume della colecisti
Disfunzioni dell’Oddi si accompagnano a sintomi clinici simili a quelli
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
descritti; l’entità clinica sarebbe correlabile a disfunzioni motorie della
colecisti e l’ablazione chirurgia porterebbe alla scomparsa dei sintomi.
Colecistite acuta alitiasica
La sintomatologia è indistinguibile da quella litiasica
Fattori precipitanti sono vasculite, diabete, torsione della colecisti, adenok
ostruente il cistico, infezioni batteriche e parassitarie oltre a malattie
sistemiche quali sarcoidosi, malattie cardiovascolari, sifilide, TBC.
Il rischio è stato descritto anche in soggetti che avevano subito gravi traumi,
ustioni, o in donne post-partum con travaglio particolarmente estenuante o
dopo interventi chirurgici maggiori non a carico delle vie biliari.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Le malattie delle vie biliari
SINDROME E MALATTIA DI ALAGILLE
DEFINIZIONE
La sindrome indica una condizione multisistemica, a trasmissione autosomica
dominante, caratterizzata da marcata riduzione dei dotti biliari interlobulari e
da anomalie di gravità variabile a livello di diversi organi.
La malattia presenta lo stesso quadro epatico ma manca delle manifestazioni
sistemiche.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
E’ causata da un difetto molecolare del gene Jagged 1, che codifica per una
proteina transmembrana che attiva Notch, il quale ha un ruolo determinante
nella differenziazione cellulare durante l’embriogenesi.
CLINICA
E’ caratterizzata da cinque manifestazioni cliniche maggiori (ne bastano tre
per la diagnosi):
 Colestasi cronica con paucità dei dotti biliari interlobulari
 Anomalie cardiache come tetralogia di Fallot, PDA, DIV, stenosi
dell’arteria polmonare
 Facies tipica con fronte prominente, mento piccolo e appuntito
 Anomali scheletriche più spesso vertebre a farfalla
 Embryotoxon posteriore
Le manifestazioni cliniche minori comprendono anomalie renali (acidosi
renale tubulare, mesangiolipidosi), ritardo di crescita e pubertà, ritardo
mentale lieve, insufficienza pancreatica e anomalie del sistema
cerebrovascolare.
In una minoranza dei pz l’epatopatia colestatica mostra sin dall’esordio
carattere progressivo, con prurito severo, xantomi, malnutrizione, deficit di
crescita con necessità di trapianto di fegato intorno ai 4-5 anni.
La Malattia è più severa della sindrome.
DIAGNOSI
La diagnosi è basata sulle manifestazioni cliniche, sulla familiarità e
sull’analisi molecolare di Jagged1
Per quanto riguarda la prognosi la sopravvivenza dopo 20 anni è del 75%,
con fattori prognostici negativi rappresentati dalla presenza di grave
cardiopatia, colestasi severa e persistente.
TERAPIA
L’unico trattamento possibile è quello teso a contrastare gli effetti della
colestasi cronica.
Il trapianto di fegato è indicato nei pz con epatopatia terminale.
ATRESIA DELLE VIE BILIARI
DEFINIZIONE
E’ una grave malattia colestatica che ha un’incidenza di 1:8000-1:14.000 nati
vivi.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
E’ una patologia multifattoriale in cui sono coinvolti difetti della morfogenesi
dell’albero biliare, difetti circolatori e esposizione a agenti tossici o infettivi.
E’ caratterizzata da completa occlusione di tratti più o meno estesi delle vie
biliari extraepatiche e/o intraepatiche ad opera di un processo
necroinfiammatorio.
In 1/3 dei casi si presenta in forma feto-embrionale, con frequente
associazione con altre malformazioni e assenza di residui dei dotti biliari nel
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
legamento epato-duodenale.
Nei 2/3 dei casi si presenta in forma perinatale senza altre malformazioni
associate e con presenza di residui dei dotti biliari.
Si distinguono tre tipi a seconda dell’estensione:
 Tipo I: solo coledoco → forma correggibile
 Tipo II: dotto epatico comune
 Tipo III: dotti epatici dx e sx con frequente atresia delle vie biliari
extraepatiche → non correggibile
CLINICA
Sindrome colestatica a esordio precoce con feci acoliche per più di 10 gg,
marcata elevazione della γGT e epatomegalia con fegato duro.
Ogni neonato con ittero che si protrae oltre il decimo giorno, specie se
associato alla presenza di feci ipo/acoliche, deve essere valutato per atresia
delle vie biliari.
DIAGNOSI
È clinica e la conferma si basa su ecografia e biopsia epatica.
L’ecografia mostra la presenza di triangular cord (iperecogenicità triangolare
alla biforcazione della v.porta).
La biopsia mostra proliferazione duttulare, fibrosi portale e trombi biliari nei
dotti e nel parenchima.
TERAPIA
L’AVB non operata è una malattia fatale entro i due anni di vita per
insufficienza epatica e emorragie del tratto digestivo, con mediana di
sopravvivenza di 8 mesi.
L’epato-porto-enterostomia rappresenta il trattamento di scelta che va
eseguito entro i primi 45 gg di vita; se questo fallisce si ricorre al trapianto.
MALATTIA E SINDROME DI CAROLI
DEFINIZIONE e
CARATTERI
GENERALI
E’ una malattia congenita, autosomica recessiva, più frequente nelle F,
caratterizzata da dilatazioni sacciformi dei dotti intraepatici, che può essere
distrettuale o interessare l’intero fegato, e si associa a malattia policistica del
rene.
La Malattia è caratterizzata da ectasia duttale, causata dall’anomalo
rimodellamento della placca duttale a livello dei dotti biliari intraepatici più
grandi.
La Sindrome è il risultato dell’anomala differenzazione di tutti i dotti e si
associa a fibrosi epatica congenita.
CLINICA
Colangiti ricorrenti che iniziano in età pediatrica o giovane adulta.
Nei pz con Sindrome l’interessamento totale del fegato e l’associazione con
la fibrosi congenita comportano la comparsa di ipertensione portale.
DIAGNOSI
L’eco e la TC possono mostrare l’aspetto tipico dei vasi portali parzialmente
o completamente circondati da dotti biliari dilatati e iperecogeni.
TERAPIA
Se la malattia è localizzata a un lobo o a un segmento può essere indicata la
resezione chirurgica.
Il trapianto di fegato è indicato nei casi di colangite ricorrente o cronica non
responsivi al trattamento antibiotico o nella fase terminale della cirrosi.
FIBROSI EPATICA CONGENITA
CARATTERI
GENERALI
Comprende un gruppo di malattie causate dalla malformazione della placca
duttale dei dotti interlobulari che subiscono una progressiva distruzione a cui
fa seguito fibrosi.
Si può associare con malattie cistiche del nefrone o dei dotti collettori, con la
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ADPKP o ARPKD, con aneurismi cerebrali e anche diverticolosi del colon.
La patologia sembra essere causata da un difetto di composizione e funzione
di alcune glicoproteine.
CLINICA
Nei casi sintomatici si caratterizza per colangiti ricorrenti o con la comparsa
di ipertensione portale.
Nei casi associati a malattia cistica renale il quadro può essere dominato dalle
infezioni delle vie urinarie, dall’ipertensione arteriosa o da mancata crescita.
Nei casi associati a rene policistico danno renale e epatico precedono in senso
opposto (più è grave l’uno meno è grave l’altro).
La malattia può anche essere silente o costituire un reperto autoptico
occasionale
DIAGNOSI
L’ecografia mostra aumento disomogeneo dell’ecogenicità e la valutazione
dei vasi Doppler dei vasi portali evidenzia i segni di ipertensione portale.
La biopsia evidenzia un quadro di fibrosi periportale senza alterazioni
dell’architettura lobulare ma con malformazioni della placca duttale.
TERAPIA
La terapia consiste nel trattamento antibiotico delle colangiti ricorrenti, delle
complicanze dell’ipertensione portale e nel trapianto di fegato e/o rene in
presenza di malattia terminale.
MALATTIA POLICISTICA
CARATTERI
GENERALI
La ADPKD è una delle patologie ereditarie più frequenti al mondo colpendo
da 1/1000 a 1/500 nati vivi; è una malattia sistemica le cui manifestazioni
cliniche sono legate alla presenza di cisti renali e epatiche, aneurismi aortici e
cerebrali, diverticolosi del colon, anomalie valvolari e cisti pancreatiche.
La malattia è spesso asintomatica per le complicanze causate
dall’ingrandimento o infezioni delle cisti.
Il trattamento prevede l’aspirazione del fluido cistico e la sceloterapia, la
fenestrazione delle cisti, la resezione epatica e il trapianto di fegato.
La ARPKD è molto meno frequente della forma dominante (1/20.000 a
1/40.000).
E’ caratterizzata da malattia cistica renale, fibrosi epatica congenita,
disgenesia biliare con dotti biliari aberranti e/o cisti epatiche.
Vi è una terza forma, molto rara, determina da mutazioni nella epatocistina
che causa la malattia policistica del fegato isolata senza interessamento del
rene e altri organi.
DIAGNOSI
La diagnosi deriva dal riscontro eco di cisti epatiche in pz con:
 Età <30 aa: almeno 2 cisti in 1 rene o 1 cisti in ogni rene
 Età 30-59 aa: almeno 2 cisti in ogni rene
 Età >60 aa: almeno 4 cisti in ogni rene
COLESTASI ASSOCIATA A FIBROSI CISTICA
CARATTERI
GENERALI
La malattia è autosomica recessiva ed è dovuta a un difetto del CFTR, un
trasportatore del cloro AMPc-dipendente; il deficit di secrezione del Cl- porta
alla produzione di secrezioni mucose ispessite e viscose.
La FC interessa pancreas, apparato respiratorio, intestino, fegato, ghiandole
sudoripare e apparato genitale con presentazione clinica eterogenea.
Nel fegato il CFTR è presente solo nei colangiociti e il difetto secretorio
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
conseguente porta a ostruzione dei dotti con fibrosi e infiltrato infiammatorio
a distribuzione focale e con quadro di cirrosi biliare focale.
La colestasi è quindi causata dall’ostruzione dei dotti biliari extraepatici da
parte di un secreto duttale iperviscoso.
La malattia epatica in corso di Fc è presente nel 25-30% di pz, in genere è
asintomatica o può manifestarsi in età scolare o nell’adolescenza con
epatomegalia e alterazioni, modeste, dei test epatici; nel 10% dei casi si può
avere progressione verso la cirrosi biliare con ipertensione portale.
La malattia epatica è la seconda causa di morte dopo la BPCO.
Tutti pz con FC devono essere sottoposti a esami clinici e biochimici ripetuti;
in presenza di epatomegalia e/o alterazioni dei test epatici deve essere
eseguito un esame eco, che può documentare un quadro di steatosi o
ipertensione portale.
L’epatopatia da FC è comunemente trattata con UDCA (20 mg/kg/die) con
miglioramento dei test epatici, istologia e deficit nutrizionali.
Il trapianto di fegato è indicato nei pz con malattia terminale.
CIRROSI BILIARE PRIMITIVA
DEFINIZIONE
E’ una malattia colestatica cronica del fegato che colpisce le donne di
mezz’età di tutte le razze e che rappresenta lo 0,5-2,0% delle cause di cirrosi.
E’ causata dalla distruzione progressiva dei dotti biliari interlobulari da parte
di un infiltrato infiammatorio che porta allo sostituzione fibrosa dello stesso.
E’ una patologia autoimmune ma l’eziopatogenesi è sconosciuta; sembra
originare dall’interazione tra fattori genetici e ambientali.
EZIOLOGIA
Tra i fattori ambientali sono stati presi in considerazione batteri (E.coli, M.
Tubercolosis)o virus (MMTV, HTLV1) che hanno epitopi in comune con gli
Ag del complesso piruvato deidrogenasi o farmaci e agenti chimici
(idrocarburi e detergenti) che coniugati all’albumina sono in grado di
generare alti titoli di AMA (molecular mimicry).
PATOGENESI
La distruzione dell’epitelio biliare e il progressivo danno epatico che ne
consegue e che porta alla cirrosi è certamente causata da una risposta immune
di tipo cellulo-mediato.
L’infiltrato cellulare nella CBP è rappresentato da linfociti T CD4+ e CD8+
attivati.
MORFOLOGIA
Quattro stadi istologici caratterizzano il decorso della CBP con progressione
nel tempo (da 10 a 30 anni) dallo stadio I allo stadio IV di franca cirrosi:
 Stadio I (stadio portale): l’infiammazione rimane confinata negli
spazi portali e spesso e possibile osservare granulomi, che infiltrano i
dotti interlobulari, formati da linfociti, istiociti, plasmacellule e cellule
giganti
 Stadio II (peri-portale): l’infiltrato si estende dalla triade portale nel
parenchima periportale, i dotti biliari interlobulari scompaiono e si
vedono dotti biliari tortuosi senza lume (proliferazione atipica) che
oltrepassano la triade portale
 Stadio III (fibrosi): predomina la fibrosi che progredisce al punto che
i setti fibrosi congiungono le triadi portali adiacenti.
 Stadio IV (cirrosi) è caratterizzato da franca cirrosi
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CLINICA
Il 50-60% dei pz è asintomatico e la malattia viene diagnosticata mediante
AMA positivo o alterato AFP.
Le manifestazioni cliniche si hanno di solito tra i 35 e i 60 anni; l’astenia
profusa e il prurito sono sintomi comuni e appaiono in genere come primo
sintomo della malattia.
Il prurito è peggiore di notte ed è associato a pelle secca.
Può essere presente anche splenomegalia, che diviene più comune quando la
malattia progredisce.
Gli xantomi e l’ittero sono manifestazioni tardive.
Nei pz con ittero che hanno malattia avanzata di lunga durata si può avere
steatorrea ma la sua presenza unita ad altri segni di malassorbimento,
specialmente nei primi stadi, potrebbe far pensare alla malattia celiaca, che è
una condizione frequentemente associata, così come la sd sicca (gh. salivari e
lacrimali).
L’associazione con la sclerodermia, l’artropatia psoriasica e con la sd CREST
(calcinosi cutanea, fenomeno di Raynaud, dismotilità esofagea, sclerodattilia,
telangectasia) è ben nota.
Altre malattie autoimmuni associate sono le tiroiditi (Hashimoto) e le GN.
L’aumento della AFP nel siero è patognomonico della malattia (è più
specifico ma meno sensibile dell’aumento della γGT).
Le transaminasi possono essere normali o modestamente aumentate.
I livelli sierici di bilirubina sono di solito normali durante le prime fasi della
malattia ma diventano elevati quando la malattia progredisce e in tal caso
hanno importante valore prognostico.
L’iperγglobulinemia è molto frequente (soprattutto IgM).
I livelli di colesterolo sono elevati almeno nella metà dei pz (però ciò non
comporta rischio cardiovascolare).
Vi sono poi anche elevati livelli di cerulo plasmina e acidi biliari.
L’AMA positività è presente nel 95% dei pz con CBP, precede l’aumento dei
markers di colestasi e persiste in tutti gli stadi anche dopo il trapianto.
Gli AMA sono Ab diretti contro la componente E2 del complesso piruvato
deidrogenasi mitocondriale di tutte le cellule, ma solo i colangiociti sono
danneggiati; ciò sarebbe dovuto al rimaneggiamento che E2 subisce nei
colangiociti durante il danno apoptotico o dalle modificazioni che E2 subisce
solo nei colangiociti a causa di un agente esterno (infettivo o tossico).
DIAGNOSI
- AMA positività
- test epatici alterati (AFP, γGT, bilirubina, ALT)
- istologia epatica tipica (colangite cronica distruttiva non suppurativa dei
dotti interlobulari).
TERAPIA
La terapia si basa sull’acido urodesossicolico (UDCA) che determina
miglioramento dei test di laboratorio e del quadro istologico così come una
diminuzione della necessità del trapianto e riduzione della mortalità.
L’UDCA deve essere somministrato alla dose di 15 mg/kg divisi in tre
somministrazioni giornaliere dopo i pasti; nei pz che lo assumono fin dagli
stadi iniziali la sopravvivenza è uguale a quella della popolazione generale.
L’UDCA è un acido biliare con ridotte proprietà epatolesive rispetto agli
acidi biliari endogeni con i quali compete per l’assorbimento nell’ ileo
terminale; durante il trattamento terapeutico diviene l’acido biliare prevalente
costituendo il 40-50% del pool totale degli acidi biliari.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
L’UDCA promuove la secrezione endogena degli acidi biliari e riduce il
potenziale citotossico degli acidi biliari endogeni
- alterando e riducendo la produzione di citochine endogene
- proteggendo le membrane cellulari dalla rottura
- riducendo l’espressione di antigeni HLA aberranti
La colestiramina risolve il prurito in molti pz mentre gli antistaminici sono
utili solo negli stadi iniziali; nei pz che non rispondono alla terapia possono
essere utilizzati rifampicina o naloxone (antagonista oppiodi).
Il solo trattamento risolutivo è il trapianto di fegato.
La sopravvivenza a 1 anno è maggiore del 90%.
La ricorrenza di CBP è descritta nel 15% dei pz a 3 anni e nel 30% a 10 anni
dopo il trapianto.
PROGNOSI
L’evoluzione della CBP è eterogenea e molto lenta, con un tempo stimato di
evoluzione in cirrosi di 20-25 anni se si parte dalla stadio I-II fino ai 4 anni se
si parte dallo stadio III.
La sopravvivenza dei pz asintomatici varia tra i 10 e i 16 anni.
La sopravvivenza dei pz sintomatici è di circa 7 anni con prognosi peggiore
nei pz con malattie autoimmuni associate.
COLANGITE AUTOIMMUNE
GENERALITA'
Sono i pz con quadro istologico di CBP ma con AMA negatività e ANA e
SMA (Ab vs muscolo liscio) positività; decorso clinico, istologia e risp al
trattamento sono però simili alla CBP classica.
COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA
DEFINIZIONE
E’ una malattia colestasica cronica associata, nel 50-70% dei casi, a malattie
infiammatorie croniche intestinali, soprattutto la RCU (mentre il 3-8% dei pz
con RCU ha CSP).
La malattia ha una prevalenza tra 1-6 casi/100.000 abitanti (M:F 2:1) ed è
caratterizzata dall’interessamento dei dotti biliari intra e/o extraepatici con
lesioni infiammatorie fibro-obliterative.
EZIOLOGIA
La CSP è ritenuta una malattia autoimmune a eziologia multifattoriale e multi
genica.
La predisposizione genetica è suggerita dalla frequente associazione con
aplotipi HLA e dal polimorfismo di TNF2.
PATOGENESI
Nel danno dei dotti biliari sono coinvolti meccanismi immunitari sia di tipo
umorale sia cellulare; i p-ANCA sono stati ritrovati nel 25-85% dei pz con
CSP, dove possono rinvenirsi anche Ab anticardiolipina, antinucleo e
antimuscolo liscio.
L’epitelio biliare dei pz affetti da CSP overesprime gli Ag HLA II e ciò
supporterebbe l’ipotesi che la presentazione di Ag alle cellule T possa essere
il meccanismo di danno.
L’evento iniziale sembra dunque la presentazione da parte della cellula
biliare di un Ag di origine batterica conseguente alla patologica traslocazione
dal colon in soggetti immunogeneticamente predisposti; i linfociti T di
memoria, generati nel colon dall’infiammazione, infiltrano le cellule biliari,
proliferano e secernono citochine e chemochine con coinvolgimento anche
dei linfociti B e produzione di autoAb contro le cellule biliari.
Fibroblasti e cellule stellate reclutati dall’infiammazione sarebbero i
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
responsabili della fibrosi concentrica al dotto biliare interessato; i mediatori
dell’infiammazione e la fibrosi periduttale generano danno ischemico,
colestasi e atrofia del dotto fino alla scomparsa dei dotti biliari e alla cirrosi
biliare.
MORFOLOGIA
Possono essere considerati quattro stadi istologici:
52. Stadio I: danno dei colangiociti e infiltrazione linfocitaria dei dotti;
l’infiammazione, la fibrosi, l’edema portale e la proliferazione atipica
sono confinati alle triadi portali.
La formazione di lesioni a buccia di cipolla, caratterizzate da strati
concentrici di t. connettivo che circondano i dotti biliari, è una
caratteristica tipica e diagnostica
53. Stadio II: lesioni più diffuse con fibrosi e infiammazione del
parenchima periportale
54. Stadio III: setti fibrosi porto-portale, duttopenia severa con colestasi
intralobulare
55. Stadio IV: franca cirrosi
CLINICA
Il decorso della malattia è eterogeneo e variabile; circa il 40% dei pz è
asintomatico e la diagnosi viene posta sulla base dei test epatici alterati (AFP
e/o γGT): alcuni pz però possono avere già una malattia avanzata.
Circa il 20% dei pz riferisce i sintomi della colangite (febbre con brividi,
dolore addominale o ittero) alla diagnosi; gli episodi ricorrenti di colangite
possono durare gg o settimane, si risolvono spontaneamente o con
trattamento antibiotico o dilatazione endoscopica e successivamente vi può
essere un periodo asintomatico.
Quando aumentano i livelli di bilirubina e quelli di albumina diminuiscono o
quando si sviluppano sintomi persistenti come prurito, stanchezza, ittero e
perdita di peso i pz sono in fase avanzata.
DIAGNOSI
Il primo sospetto di malattia deriva quindi dall’evidenza di alterazioni dei
markers di colestasi o da ricorrenti episodi di colangiti in assenza di
ostruzioni dell’albero biliare o da entrambe le manifestazioni cliniche in pz
con malattie infiammatorie croniche intestinali.
La CSP progredisce fatalmente verso la cirrosi e l’insufficienza epatica.
I test di laboratorio evidenziano un profilo colestatico con livelli sierici di
AFP elevati e in genere un lieve incremento di transaminasi, mentre
l’albumina è in genere normale all’inizio e può essere poi diminuita nei pz
con malattia infiammatoria cronica intestinale attiva, il che riflette la severità
di tale malattia.
I valori di bilirubina aumentano progressivamente negli stadi avanzati.
Il 40-50% dei pz presenta iperγglobulinemia con incremento dei livelli di
IgM.
Importante è la presenza di p-ANCA, e nel 10-20% dei pz di ANA e SMA
Il primo sospetto clinico è in genere basato su segni biochimici o clinici di
colestasi in presenza di RCU mentre l’ecografia mostra vie biliari non
dilatate; a questo punto si procede con la colangio-RMN che in genere
determina la diagnosi definitiva; solo nei casi dubbi si ricorre all’ERCP.
Le caratteristiche colangiografiche sono dilatazioni e restringimenti
multifocali che coinvolgono l’albero biliare sia intraepatico che extraepatico.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TERAPIA
Non vi è alcun trattamento farmacologico dimostratosi efficace nella CSP;
può essere utilizzato UDCA in combinazione con la dilatazione endoscopica
delle stenosi dominanti.
Le indicazioni al trapianto sono simili a quelle per la cirrosi epatica; tuttavia
data l’eccellente sopravvivenza dei pz trapiantati con CSP molti medici
consigliano il trapianto dei pz con deterioramento della qualità di vita (fatica
intrattabile o prurito) anche in assenza di evidenza istologica di cirrosi, anche
come prevenzione dall’insorgenza di colangiocarcinoma.
La malattia ha lenta progressione (almeno una decade) dalla fase
asintomatica alla colestasi conclamata e a franca cirrosi; la sopravvivenza
media (in assenza di trapianto) è 12 anni dalla diagnosi.
Non è stato però ancora definito come eseguire screening e follow-up per il
colangicarcinoma.
DUTTOPENIA DA RIGETTO CRONICO
CARATTERI
GENERALI
E’ una grave forma di colestasi caratterizzata istologicamente dalla
progressiva distruzione dei dotti biliari interlobulari e settali e da arteriopatia
obliterativa “a cellule schiumose” che provoca l’obliterazione dei rami
dell’arteria epatica.
Si manifesta entro il primo anno dal trapianto, preceduta spesso da episodi di
rigetto acuto.
E’ caratterizzata da un inesorabile progressivo aumento di AFP, γGT e
bilirubina.
La diagnosi necessita di una o più biopsie epatiche che mostrino assenza di
dotti biliari in almeno il 50% degli spazi portali.
Spesso la diagnosi è posta solo al momento del re trapianto o autopsia poiché
le arterie con la caratteristica arteriopatia obliterativa “a cellule schiumose”
sono raramente comprese nei campioni bioptici.
La probabilità di successo terapeutico dipende dalla precocità della diagnosi
istologica, essendo maggiore quando meno del 50% dei dotti sono andati
distrutti.
Il tacrolimus ha portato a ottimi miglioramenti con il salvataggio dell’86%
dei pz con rigetto cronico e livelli di bilirubina inferiori a 10 mg/dl.
Il trattamento deve sempre iniziare prima che la perdita diventi irreversibile.
GRAFT-VERSUS-HOST DISEASE
GENERALITA'
E’ una complicanza maggiore del trapianto del midollo osseo.
Nella forma acuta la colestasi può manifestarsi con alterazioni dei parametri
biochimici o ittero franco; la biopsia evidenza la distruzione dei dotti biliari
interlobulari con atipie cellulari e associazione con endotelite La diagnosi si
basa su dati di laboratorio e su parametri clinici caratterizzati da
manifestazioni cutanee, oculari gastrointestinali e dei tessuti connetivi in
forma di LES.
La forma cronica si verifica dopo 100 gg dal trapianto con marcata
elevazione di AFP e bilirubina.
La biopsia mostra infiltrazione dei dotti biliari ad opera dei linfociti e
eosinofili, scomparsa dei dotti biliari interlobulari, marcata colestasi, fibrosi
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
portale e necrosi della lamina limitante.
Il trapianto di fegato deve essere preso in considerazione per i casi terminali.
COLESTASI DUTTULARE DA FARMACI
GENERALITA'
Alla base della colestasi duttulare sembra esservi un difetto genetico del
trasporto epatico e/o della metabolizzazione del farmaco; l’innesco di un
meccanismo immuno-mediato potrebbe essere consequenziale e determinare
l’evoluzione del danno.
Il quadro clinico e bioumorale è quello della colestasi, la quale in genere si
risolve lentamente dopo sospensione del farmaco, anche se vi sono sempre
più frequenti casi di evoluzione verso una cirrosi biliare nonostante la
sospensione del farmaco.
I casi a evoluzione cronica si possono manifestare:
- forma maggiore: persistenza di ittero, prurito, xantomi, xantelasmi e valori
di γGT e AFP elevati.
- forma minore: rimangono persistentemente elevati γGT e AFP, prurito e
ittero scompaiono
La misura terapeutica più importante è la sospensione del farmaco; il pz deve
poi essere seguito attentamente monitorando il quadro clinico e bioumorale
per il rischio di evoluzione cronoìica spontanea.
Il trattamento con corticosteroidi per brevi periodi determina un
miglioramento degli indici di colestasi mentre il trattamento prolungato con
UDCA è efficace solo nelle forme da clorpormazina.
COLANGITI INFETTIVE
CARATTERI
GENERALI
La colangite si manifesta clinicamente con dolore all’ipocondrio dx, febbre
con brividi e ittero (triade di Charcot), ↑ della VES, leucocitosi, ↑ γGT e AFP
e/o transaminasi.
Nelle forme severe vi può essere coinvolgimento sistemico con sepsi e
emocolture postive, torpore mentale, ipotensione e altralgie.
Colangiti infettive batteriche
Si sviluppano in genere come complicanza di patologie delle vie biliari che
determinano ostruzione al flusso della bile o reflusso del contenuto duodenale
attraverso la papilla; rappresenta una complicanze di pz con calcolosi
intraepatica o della via biliare principale, con malformazioni, stenosi
infiammatorie o neoplastiche delle vie biliari.
I batteri più frequentemente implicati sono aerobi come E.coli, Klebsiella,
Pseudomonas, Proteus e anaerobi come C. difficile e Bacterodies fragilis.
La terapia è antibiotica e la risoluzione dell’ostruzione è fondamentale per
evitare le ricorrenze o resistenza alla terapia.
Colangiti infettive virali
I dotti biliari intraepatici sono coinvolti nell’infezione da HCV nel 30% dei
casi; in genere i pz sono asintomatici e non si ha duttopenia però sono stati
riscontrati casi con quadro clinico e bioumorale di colestasi (prurito e ↑ γGT
e AFP) con quadro istologico in cui il danno dei dotti biliari è evidente.
Il CMV è patogeno per i pz immunocompromessi o trapiantati.
Colangiti parassitarie
Trematodi, echinococco, Ascaris lumbricoides sono patogeni per le vie biliari
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
intra e extraeptiche dove causano colangite cronica fibrosante; apprestano la
causa più frequente di colangiopatia nei pz con AIDS.
In tali pz il parassita più spesso implicato è il Criptosporidio.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI DELLE VIE BILIARI
COLANGIOCARCINOMA
DEFINIZIONE
E’ la neoplasia maligna che origina dai colangiociti; può insorgere lungo tutto
l’albero biliare e si distinguono due forme: quella intraepatica e quella
extraepatica.
E’ un tumore poco frequente, con un incidenza di 1-7,3 casi/100.000 abitanti.
L’età media di insorgenza è circa 65 anni con un rapporto M:F di 1,3:1.
EZIOLOGIA
Fattore eziopatologico principale è la stasi biliare: tuttavia anche altri fattori
possono essere messi in relazione con il suo sviluppo (calcolosi biliare,
colangite sclerosante primitiva, RCU ..)
PATOGENESI
Il colangiocarcinoma cresce in condizioni che inducono un’infiammazione
cronica dell’albero biliare con conseguente alterazione del microambiente
fisiologico.
Tra le condizioni predisponenti vi sono la colangite sclerosante primitiva (840% dei casi), infestazione da Clonorchis sinensis (Asia) e la malattia
fibropolicistica del fegato (Sd di Caroli, fibrosi epatica congenita e cisti
coledociche).
Inoltre sono stati identificate diverse citochine che sembrano in grado di
favorire i processi molecolari che portano allo sviluppo del tumore quali:
 proliferazione incontrollata
 resistenza alla morte programmata per apoptosi
 sfuggire ai meccanismi che governano la “senescenza cellulare”
 invasività, angiogenesi e la capacità di dare metastasi
MORFOLOGIA
L’aspetto istologico più frequente è rappresentato dall’adenocarcinoma
(95%) a cui corrispondono diversi quadri macroscopici: nodulare, papillare e
diffuso.
Le forme nodulari e diffuse, per l’abbondante stroma fibroso, hanno tendenza
stenosante e sono più frequenti nella regione ilare mentre l’aspetto papillare
prevale nelle neoplasie distali (ha comportamento meno invasivo e presenta
prognosi migliore).
Tali neoplasie tendono a diffondersi per estensione locale lungo i dotti biliari,
ma metastasi linfonodali e agli organi limitrofi sono presenti in circa la metà
dei casi.
Inusuale è l’invasione vascolare e la diffusione a organi extra-addominali.
Vengono definiti tumori di Klatskin i colangiocarcinomi, generalmente
sclerosanti con crescita lenta e insidiosa, che coinvolgono la convergenza
ilare dei dotti biliari.
Da un punto di vista morfologico le stenosi ilari vengono divise in 4 tipi
secondo la classificazione di Bismut
 tipo I: tumore non coinvolge la confluenza biliare primaria
 tipo II: tumore invade la confluenza primaria separando i due
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009


emisistemi biliari di dx e sx
tipo III: tumore coinvolge la confluenza biliare secondaria dx (IIIa) o
sx (IIIb)
tipo IV: tumore coinvolge entrambe le confluenza biliari secondarie
CLINICA
La maggior parte dei tumori ha crescita lenta e insidiosa: le manifestazioni
cliniche sono in genere tardive e sono rappresentate da ittero ingravescente,
prurito, dolore ai quadranti addominali superiori, febbre, perdita di peso,
nausea e vomito.
Nel caso di colangiocarcinoma distale, quando la stenosi è posta a valle dello
sbocco del cistico, la colecisti si dilata e diviene palpabile (segno di
Courvoiser-Terrier).
STADIAZIONE
Tx: la presenza del tumore non può essere accertata
T0: non evidenza di tumore
Tis: carcinoma in situ
T1: tumore della mucosa che invade il t. connettivo sub epiteliale mucoso (a)
o muscolare (b) del dotto
T2: tumore invade il connettivo perimuscolare
T3: tumore invade gli organi adiacenti (fegato, stomaco, colon)
NX: la presenza di metastasi linfonodali non può essere accertata
N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1: metastasi ai linfonodi pericefalopancreatici e ilari
N2: metastasi ai linfonodi peripancreatici, periduodenali, periportali celiaci,
mesenterici superiori
MX: la presenza di metastasi non può essere accertata
M0: assenza di metastasi a distanza
M1: metastasi a distanza
DIAGNOSI



Anamnesi
Esame obiettivo
Esami di laboratorio: si ha iperbilirubinemia, prevalentemente diretta,
con aumento dell’AFP e della γGT che possono raggiungere livelli
molto elevati con andamento rapidamente ingravescente.
L’aumento degli indici di colestasi senza ittero riflette l’ostruzione parziale
della via biliare principale o il coinvolgimento di un solo dotto biliare.
In genere si associa aumento delle transaminasi, anemia, tardivamente
riduzione del PT e ipoalbuminemia.

Esami strumentali: L’ecografia rappresenta il più importante test
diagnostico per la valutazione iniziale del pz: la dilatazione del
sistema biliare intraepatico in assenza di calcoli e dilatazione del
sistema duttale distale è indicativo di stenosi ilare.
La TC e la colangio-RMN permettono una migliore definizione della lesione,
una migliore stadiazione delle metastasi linfonodali e a distanza e i rapporti
con le strutture endoscopiche.
L’ERCP è sensibilissima nell’identificare anche le più piccole lesioni e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
permette uno studio dell’ilo accurato ma per il suo rischio di complicanze ha
in genere valenza terapeutica.
L’ecoendoscopia è una metodica molto sensibile nell’identificare le lesioni
neoplastiche, ma soprattutto nella stadi azione: consente di valutare con
precisione l’estensione delle lesioni e l’eventuale interessamento pancreatico
dei grossi vasi.
La diagnosi istologica viene effettuata mediante brushing o biopsie
endoscopiche: tuttavia difficilmente si effettua preoperatoriamente data la
natura pericellulare dei tumori.
TERAPIA
L’unica terapia radicale è rappresentata dall’intervento chirurgico resettivo;
purtroppo la percentuale di pz candidabili a un intervento chirurgico non va
oltre il 30% a causa dell’interessamento dei grossi vasi o un coinvolgimento
troppo esteso dei dotti biliari.
Solo l’intervento curativo è associato a un miglioramento della sopravvivenza
che è del 61-76% a un anno e del 21-28% a 3 anni, con una sopravvivenza
media di 21-24 mesi.
In pz non operati la sopravvivenza scende al 50% a 1 anno e al 10% a 3 anni.
L’ERCP è il trattamento palliativo più idoneo e si effettua tramite il
posizionamento di un endoprotesi di plastica o metalliche auto espandibili ed
è risultato eccellente nei pz con stenosi ilari tipo I e II.
Il trattamento percutaneo consente un miglior approccio alle vie biliari e il
drenaggio dalle bile nell’intestino o all’esterno anche se è gravato da rischio
di emorragia e perdita biliare.
Il trattamento chemio-radioterapico è inefficace in termini di
sopravvivenza.
La radioterapia da sola o in combinazione con il fluoro uracile può
migliorare dolore e stasi biliare.
La brachiterapia sembra dare buoni in termini di palliazioni dell’ittero.
TUMORI DELLA COLECISTI
DEFINIZIONE
Sono i tumori delle vie biliari più frequenti, caratteristici dell’età anziana (VIVII decade) con netta prevalenza del sesso femminile
EZIOLOGIA
Tra i fattori favorenti il più importante sembra essere la litiasi biliare; in circa
il 70-90% dei casi di cancro coesiste la presenza di calcoli.
Il rischio è inoltre maggiore nel caso di colecistite cronica e soprattutto di
colecisti a porcellana (esito di colecistite acute con deposito di sali di calcio
nel contesto della parete).
Anche anomalie della giunzione bilio-pancreatica, cisti biliari congenite,
polipi della colecisti, infezione cronica da Salmonella Typhi, obesità sono
fattori correlati con aumentato rischio di sviluppare il tumore.
MORFOLOGIA
Macroscopicamente il tumore si può presentare in forma poliploide o
infiltrante: la prima si presenta come massa vegetante aggettante nel lume ma
che contemporaneamente infiltra la parete, la seconda, a prognosi peggiore, si
presenta come ispessimento della parete spesso ulcerata.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
In oltre il 90% dei casi si tratta di adenocarcinomi ben differenziati.
La forma polipoide cresce lentamente fino a occupare interamente il lume e
infiltrare la parete con bassa incidenza di metastasi linfonodali.
La forma infiltrante e in particolare la forma anaplastica sono
particolarmente maligne e tendono a infiltrare precocemente la parete
attraverso i vasi linfatici e venosi e a diffondersi ai linfonodi regionali.
Frequente è l’infiltrazione dell’ilo epatico con ittero colestasico e possibile
l’invasione diretta anche del duodeno, stomaco e colon.
CLINICA
Sono in genere vaghe e aspecifiche: inizialmente i sintomi sono simili a
quelli legati alla colelitiasi (dispepsia e dolore all’ipocondrio dx): dopo
invasione degli organi adiacenti il dolore diviene un sintomo costante e può
comparire ittero e perdita di peso.
L’ittero è in genere un degno prognostico infausto perché indica una
progressione della malattia al di là della colecisti con coinvolgimento dei
dotti biliari extraepatici.
STADIAZIONE
Tx: la presenza del tumore non può essere accertata
T0: non evidenza di tumore
Tis: carcinoma in situ
T1: tumore invade lo strato mucoso (a) o muscolare (b)
T2: tumore invade il connettivo perimuscolare e non si estende al di là della
sierosa o del fegato
T3: tumore perfora la sierosa o si estende direttamente in un organo adiacente
o entrambe
T4: tumore si estende al fegato per di più di 2 cm e/o a più organi adiacenti
(stomaco, duodeno, pancreas,
colon, omento, dotti biliari extraepatici)
NX: la presenza di metastasi linfonodali non può essere accertata
N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1: metastasi ai linfonodi cistici, pericoledocici, ilari
N2: metastasi ai linfonodi peripancreatici (solo testa), periduodenali,
periportali, celiaci e/o mesenterici sup.
MX: la presenza di metastasi non può essere accertata
M0: assenza di metastasi a distanza
M1: metastasi a distanza
DIAGNOSI



Anamnesi
Esame obiettivo
Esami di laboratorio: Nel caso di coinvolgimento della via biliare
principale si avrà un notevole aumento degli indici di colestasi.
Tra i marcatori tumorali (anche se aspecifici) sono aumentati il CEA, il CA
19-9 e AFP.
Nel caso di coinvolgimento della via biliare principale si avrà un notevole
aumento degli indici di colestasi.
Tra i marcatori tumorali (anche se aspecifici) sono aumentati il CEA, il CA
19-9 e AFP.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

Esami strumentali: La diagnosi precoce di queste neoplasie è difficile;
solo nel caso delle forme poliploidi si può sospettare un K della
colecisti in fase precoce.
All’ecografia il K si può presentare come irregolarità della parete nelle
forme infiltranti, come lesione poliploide protrudente o come massa solida a
livello della loggia della colecisti; negli stadi più tardivi si può avere
interessamento del fegato per contiguità.
La TC e la RMN sono utili per valutare l’estensione della malattia e
soprattutto la disseminazione linfonodale.
La colangio-RMN viene validamente utilizzato in caso di ittero per lo studio
dell’invasione biliare da parte del tumore al fine di pianificare l’iter
terapeutico.
TERAPIA
L’unica potenziale terapia è la resezione chirurgica, ma purtroppo la maggior
parte dei pz (80%) non è resecabile in maniera radiacale.
Il trattamento palliativo, effettuato soprattutto per via endoscopica, può
consentire di risolvere l’ittero o la colangite mediante il posizionamento di
stent biliari.
La radioterapia o la chemioterapia possono avere un ruolo nel trattamento del
carcinoma della colecisti soprattutto come metodiche adiuvanti.
Solo la diagnosi molto precoce, per lo più occasionale durante un intervento
di colecistectomia per litiasi o colecistite cronica, può garantire una buona
sopravvivenza a 5 anni.
I risultati globali del trattamento del K della colecisti sono sconfortanti con
una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10% e una sopravvivenza media di 6
mesi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA PANCREATICA
ANATOMIA
Il pancreas è una ghiandola esocrina ed endocrina lunga circa 10 cm e con un
peso di 100g. È situato in posizione retroperitoneale davanti alla colonna e
dietro lo stomaco ed è costituito da testa, corpo, coda e processo uncinato.
La testa è situata più a destra accolta all'interno della C duodenale, il corpo
prosegue verso sx e la coda si avvicina alla milza. Il processo uncinato è un
prolungamento verso il basso della testa del pancreas.
È attraversato da un dotto principale di Wirsung che drena tutta la porzione
che deriva dalla parte ventrale nell'embriogenesi e il dotto accessorio di
Santorini che drena solo porzioni della testa e deriva dalla porzione dorsale.
Durante lo sviluppo le due bozze si fondono e i due dotti si anastomizzano, se
questo non avviene si crea il tipico pancreas divisum.
La vascolarizzazione prevede l'arteria lienale e le pancreatico-duodenali
mentre le vene convogliano alla vena porta o mesenterica superiore o lienale.
L'innervazione deriva dal plesso celiaco
FISIOLOGIA
Il pancreas ha la funzione di secernere il liquido pancreatico che è necessario
per la digestione dei composti organici introdotti col cibo e per alcalinizzare
il chimo acido proveniente dallo stomaco.
Il pancreas esocrino è formato da ghiandole tubulo-acinose ramificate
suddivise in lobuli da connettivo lasso. Le cellule acinali contengono all'apice
dei granuli di zimogeni contenenti enzimi inattivi che vengono secreti in
risposta a stimoli neuro-ormonali.
Oltre agli enzimi digestivi il pancreas secerne bicarbonato e acqua.
 Enzimi digestivi: vengono secreti in forma inattiva per poi essere
convertiti in forma attiva. Lo stimolo principale alla secrezione
enzimatica è fornito dalla CCK duodenale.
◦ Tripsina: secreta in forma di tripsinogeno e diventa tripsina per
azione dell'enteropeptidasi duodenale ma anche per una capacità
intrinseca dell'enzima di autoattivarsi. È una delle proteasi
principali che determina l'attivazione di molti altri enzimi tra cui
la chimotripsina e svolge il suo effetto digerendo le catene
polipeptidiche in frammenti più piccoli.
◦ Chimotripsina: altra proteasi importante attivata dalla tripsina
◦ Amilasi: serie di enzimi coinvolti nel metabolismo glucidico
◦ Lipasi: serve per idrolizzare gli acidi grassi
◦ Elastasi
◦ Callicreina
◦ Fosfolipasi
 Bicarbonati e acqua: sono secreti dall'epitelio dei dotti attraverso un
sistema di scambiatori basolaterali che fanno entrare il bicarbonato e
fanno uscire Na, all'apice avviene uno scambio HCO3- / Cl- con
liberazione di bicarbonati e alcalinizzazione del pH.
Lo stimolo a questa secrezione è fornito principalmente dalla secretina.

Il pancreas endocrino è costituito dalle tipiche isole di Langerhans
situate tra gli acini esocrini e costituite da cellule alfa che producono
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
glucagone e cellule beta che producono insulina e quindi controllano
il metabolismo glucidico. Esistono anche al tre cellule specializzate
nella produzione di somatostatina che inibisce la secrezione degli altri
ormoni e polipeptide pancreatico.
La secrezione pancreatica avviene secondo 3 steps successivi in base alla fase
della digestione:
- Fase cefalica: scatenata dalla percezioni di odori e gusti
- Fase gastrica: derivata dalla distensione gastrica a seguito dell'arrivo del
cibo e dal contenuto di peptidi.
- Fase intestinale: stimolo del chimo nel duodeno a secernere
colecistochinina e secretina.
FISIOPATOLOGI In generale i problemi pancreatici derivano da 2 condizioni:
A
 Attivazione intrapancreatica degli enzimi digestivi
 Difficoltà di efflusso dei liquidi pancreatici che ristagnano nei dotti
Nel primo caso la patologia tipica è la pancreatite acuta che scatenata da
diversi fattori eziologici porta ad un'attivazione intraparenchimale degli
enzimi dovuta all'autoattivazione del tripsinogeno che scatena l'attivazione di
tutti gli altri enzimi e innesca una vera e propria digestione del pancreas.
L'elastasi compromette la parete vasale causando emorragie ed ischemie che
peggiorano il quadro.
Le proteasi attivano anche la cascata coagulativa con rischio grave di
complicanze trombotiche e soprattutto CID provocando gravi danni
soprattutto a livello renale, polmonare e cardiaco. Il rene viene colpito nel
glomerulo e viene alterata la membrana a seguito della liberazione di
fosfolipasi, stesso discorso per cuore e per il polmone in cui si può presentare
un quadro di ARDS.
La produzione di callicreina attiva la bradichinina responsabile dell'azione di
vasodilatazione generalizzata con possibili complicanze tipo shock ed edemi
visto che c'è una trasudazione consistente di liquidi.
In più le lipasi a livello peritoneale provocano la steatonecrosi che consiste
nella necrosi degli adipociti con liberazione di grassi che si coniugano con Ca
e formano saponi, così il paziente può andare incontro anche ad ipocalcemia.
Il caso di ridotto deflusso del secreto è associato spesso ad un'insufficienza
pancreatica sia esocrina che endocrina visto che innesca una pancreatite
cronica che perdura nel tempo visto che il danno è progressivo.
Può esserci un'ostruzione organica al deflusso oppure un'aumentata viscosità
del liquido che determina un efflusso ostacolato e quindi un incremento in
entrambi i casi di pressione nel dotto di Wirsung.
Esistono condizioni esogene come alcol e fumo di sigaretta. L'alcol attraverso
la produzione di acetaldeide sembra depolimerizzare le proteine di membrana
e alterare il potenziale di azione di lisosomi e vescicole di zimogeni. Il fumo
sembra intervenire sulla ridotta produzione di HCO3- e sulla riduzione
dell'attività dell'alfa 1-AT oltre a inattivare l'inibitore specifico della tripsina
secreto fisiologicamente nel liquido pancreatico.
Fattori endogeni sono:
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009







Mutazione in eterozigosi del canale del Cl: responsabile in omozigosi
della fibrosi cistica. In eterozigosi la riduzione del cloro nel secreto si
associa a riduzione del sodio e quindi alla quantità d'acqua.
Mutazione del tripsinogeno cationico attivato in cui il sito di autoinibizione risulta spento per cui si converte sempre in tripsina
Mutazioni della proteina inibente il tripsinogeno
Sistema HLA: si pensa che durante pancreatite vengano esposti
sistemi HLA con antigeni propri del pancreas normalmente ritenuti e
per questo può verificarsi una reazione autoimmune.
Pancreas divisum
Ipercalcemia: per precipitazione aumentata di calcoli intraduttali che
ostacolano il deflusso
Displipidemia
L'atrofia del tessuto pancreatico, l'ostacolato deflusso e la reazione fibrotica
determinano una clinica che comprende :
 Ipertensione duttale
 Neurite delle fibre simpatiche algogene (a seguito dell'accumulo di
cell infiammatorie che riducono la barriera tra connettivo e tessuto
neurale)
 Ischemia pancreatica
 Dolore addominale
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PANCREATITE ACUTA
DEFINIZIONE
Si tratta di un'infiammazione del parenchima pancreatico che può essere
localizzata oppure invadere le strutture peripancreatiche oppure dare origine
ad un quadro di sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS).
La peculiarità di questa patologia è l'innalzamento di almeno 3 volte gli indici
sierici di amilasi e lipasi, il riscontro ecografico di edema pancreatico o
necrosi nei casi più seri e inoltre l'assenza dei tipici fenomeni regressivi che
caratterizzano la pancreatite cronica.

EZIOLOGIA
Litiasi biliare: è la causa principale in assoluto, deriva da
un'ostruzione al deflusso biliare con ittero ostruttivo e risalita della
bile verso lo sfintere di Oddi ed ingresso all'interno dei dotti
pancreatici. Se si considerano anche i fenomeni di microlitiasi
vengono compresi il 95% dei fattori eziologici della pancreatite.
Può capitare che l'ostruzione sia a livello dello sfintere di Oddi e dunque la
patogenesi è sostenuta solo dalla stasi del secreto.
 Alcol: è il secondo fattore per frequenza anche se il meccanismo è
ancora ignoto, forse interagisce con lo sfintere di Oddi determinando
uno spasmo. Inoltre sembra che danneggi direttamente le cellule
pancreatiche attraverso i suoi derivati tra cui acetaldeide.
 Farmaci: tra cui azatioprina
 Ipertrigliceridemia
 Ipercalcemia: perchè l'aumento di Ca intracellulare sfavorisce
l'autodistruzione della tripsina che resta attiva.
 Traumi e chirurgia invasiva (tipici i casi di pancreatite a seguito di
ERCP (colangiopancreatografia endoscopica retrograda)
 Infezioni
 Patologie ampollare tra cui anche neoplasie
 Fibrosi cistica
PATOGENESI
Il meccanismo attraverso cui si instaura la patologia vede una partecipazione
iniziale delle cellule acinali e in seguito una cascata di eventi a carattere
sistemico.
Il tutto deriva da un'attivazione intrapancreatica del tripsinogeno che si
converte in tripsina liberando un peptide (TAP) riscontrabile nelle prime fasi
nei pazienti con pancreatite.
Il fattore eziologico quindi determina un'attivazione della tripsina tale da
superare i meccanismi di autodifesa normalmente presenti come lo SPINK1
(inibitore pancreatico secretorio della tripsina) e il PAR-2 che inibisce le
proteasi secrete dal pancreas per limitare gli effetti dannosi.
Esistono anche casi di mutazione del tripsinogeno cationico e del sito di
autoinibizione della tripsina.
Anche il calcio gioca un ruolo fondamentale e il suo incremento sembra
esaltare il rischio di ridotta autodistruzione della tripsina e quindi
degradazione proteica. Nei casi biliari questo è ancora più accentuato perchè i
sali biliari stimolano l'entrata di calcio intracellulare.
A livello duttale sono presenti i meccanismi di clearance a favorire il
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
passaggio del secreto, nel caso di fibrosi cistica il secreto è viscoso e
favorisce il ristagno potendo evolvere in pancreatite.
La lesione del pancreas inizia con un problema principalmente vascolare
dovuto all'attivazione dell'elastasi che causa alterazione dei vasi capillari,
vasocostrizione compensatoria e riduzione della perfusione che innesca
ischemia. Queste azioni determinano un edema interstiziale del pancreas con
fuoriuscita di elevate quantità di liquidi all'interno del pancreas stesso e
all'interno della cavità peritoneale dove il liquido filtra. Questo liquido è un
essudato perchè deriva da un danno parietale e quindi si avrà un aumento di
albumina, LDH ed elettroliti, esponendo il paziente ad una disidratazione e
una carenza elettrolitica e proteica.
Casi di ischemia più severa possono dare necrosi acuta del pancreas.
Nel 50% dei casi la necrosi si sovrainfetta.
La tripsina attiva anche la callicreina a produrre bradichinina ad azione
vasodilatatrice e infiammatoria con richiamo del complemento e liberazione
di C5a e richiamo di cellule flogistiche. Queste secernono citochine che oltre
a peggiorare la situazione pancreatica si ripercuotono sul sistema e
soprattutto sul cuore, polmoni e reni in cui si verificano le complicanze.
Le complicanze sono dovute in primo luogo all'attivazione della coagulazione
conseguente all'infiammazione.
MORFOLOGIA
In generale si possono diversificare 2 forme:
 Pancreatite interstiziale: che si distingue per la presenza di edema
consistente a livello interstiziale più infiltrato infiammatorio.
 Pancreatite necrotica: aree macroscopiche di necrosi che possono
riassorbirsi da sole soprattutto se non sono infette, altrimenti bisogna
intervenire chirurgicamente. Talora si possono verificare fenomeni di
trombosi venosa. Spesso a seguito della patologie le aree necrotiche si
organizzano in pseudocisti che contengono materiale colliquato
contornato da tessuto fibrotico cicatriziale. Nel tempo la pseudocisti
viene riassorbita.
CLINICA
I principali sintomi sono:
 Dolore: all'epigastrio e agli ipocondri soprattutto di destra con
irradiazione a cintura lungo i fianchi e fino al dorso. È un dolore
intenso, trafittivo e continuo. Il dolore è dovuto a distensione della
capsula pancreatica, liberazione di sostanze algogene, essudazione,
distensione delle vie biliari e dei dotti pancreatici con edema.
 Nausea e vomito: segni precoci
Le complicanze più rilevanti sono:
 Pancreatiche: cisti, pseudocisti, ascite pancreatica, ittero ostruttivo
 Extrapancreatiche:
◦ Cardiovascolari: ipovolemia, insufficienza miocardica
◦ Polmonari: versamento pleurico, ARDS, insufficienza
respiratoria,
◦ Renali: NTA, ridotta perfusione
◦ Metaboliche: ipocalcemia, iperglicemia, acidosi
◦ CID
◦ Gastrointestinali: ileo adinamico, gastrite e duodenite erosiva
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
◦ Cutanee: necrosi lipidica
All'esame obiettivo i principali segni obiettivi sono:
56. Addome dolente e resistente nelle forme lievi
57. Addome poco trattabile e con molta dolorabilità e palpazione di
masse (pseudocisti) in forme gravi.
58. Versamento pleurico, febbre, tachicardia.
DIAGNOSI
 Anamnesi
 Esame obiettivo
 Esami di laboratorio: riscontro di amilasi e lipasi superiori a 3 volte la
norma. Riscontro di TAP nelle prime fasi nell'urina. Per valutare la
presenza di un'eziologia biliare basta rilevare gli enzimi di colestasi
come fosfatasi alcalina e gamma-GT oltre a incremento eventuale di
transaminasi e bilirubina coniugata.
Altre indagini prevedono la VES, PCR e l'ematocrito che è un parametro
essenziale per monitorare la malattia, una sua modifica prevede la necessità
dell'idratazione del paziente. Anche leucocitosi, iperglicemia, ipocalcemia.
 Rx: inizialmente dell'addome per rilevare in certi casi l'ileo
adinamico. L'Rx torace invece permette di identificare versamenti
pleurici o lesioni polmonari.
 Ecografia: addome superiore può mettere in evidenza eziologia biliare
se si vede il calcolo ma basta anche dilatazione delle vie; ecogenicità
irregolare in corrispondenza di aree di necrosi; presenza di raccolte
fluide intrapancreatiche spesso raccolte in pseudocisti.
 TC: indagine di secondo livello. È molto accurata e permette di
evidenziare con cura la presenza, l'estensione e la localizzazione delle
lesioni oltre alla possibile evoluzione. Può essere effettuata sia senza
che con mdc.
 MRCP (colangiopancreatografia a risonanza magnetica): valida e non
invasiva
 ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica): metodica
più accurata per lo studio del sistema bilio-pancreatico, tuttavia è
molto invasiva e predispone a pancreatite acuta.
TERAPIA
Fondamentale per fornire assistenza completa al paziente, limitare la severità
e le complicanze sistemiche, prevenire le recidive.
 Sedazione del dolore: FANS, meperidina, pentazocina. Da evitare gli
oppiacei a causa dell'ipertono dello sfintere di Oddi. Opportuno l'uso
di antispastici ma con cautela in caso di ileo ipodinamico.
Utile l'aspirazione nasogastrica del secreto gastrico per ridurre il rischio di
vomito e la sovradistensione addominale.
 Reintegrazione calorica e idrica: alimentazione orale deve essere
sospesa. Si passa per brevi periodi alla reintegrazione idrica ed
elettrolitica parenterale. Per lunghi periodi si passa ad una nutrizione
enterale con sonda nasodigiunale e digiunostomia.
 Prevenzione dell'ipotensione: terapia idrica endovenosa
 Monitoraggio funzione respiratoria: l'ipossia si risolve
spontaneamente di solito e può essere necessario solo in certi casi l'O2
 Limitazione dell'infiammazione del pancreas: pancreas a riposo,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
somministrazione di antiproteasici, rimuovere eventuali ostruzioni.
 Prevenzione complicanze locali e sistemiche: antibiotici a largo
spettro nei casi gravi in cui c'è una necrosi pancreatica con reperti
tipici di infezione, soprattutto nel caso di pancreatite acuta biliare in
cui la sepsi biliare è frequente.
Utile anche il lavaggio peritoneale che permette la prevenzione delle
complicanze cardiache e renali liberando il peritoneo dalle raccolte
enzimatiche dannose.
 Trattamento delle complicanze: le infezioni delle necrosi vanno
drenate con agoaspirazione eco o TC-guidata; la rottura del dotto
pancreatico può essere trattata con protesi; le pseudocisti possono di
solito essere lasciate aspettando che si riassorbano da sole
 Prevenzione delle recidive: eliminare l'agente causale e nel caso di
pancreatite biliare è necessario prima possibile fare colecistectomia
perchè si è visto che mantenere la colecisti porta a recidive molto
frequenti.
STADIAZIONE
I fattori che permettono di iniziare una terapia immediata in quanto indicatori
di patologia severa o di patologia che sta evolvendo in forme severe sono:
 Parametri clinici: paziente con più di 55 anni, ipotensione,
tachicardia, dispnea, oliguria, obesità.
 Parametri radiologici: TC, grading, Rx torace, versamento pleurico
 Parametri bioumorali: PCR, Hct, VES, TAP, IL-6 e 8
 Sistema a punti:
◦ Glasgow: leucocitosi, iperglicemia, iperazotemia, bassa PO2,
ipocalcemia, ipoalbuminemia, aumento LDH e AST.
◦ APACHE II: sistema che non esprime tanto la gravità della
malattia come il Glasgow ma mette in evidenza la criticità del
paziente. E infatti nel punteggio sono compresi i parametri
ematochimici, l'età e gli indici di compromissione degli organi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PANCREATITE CRONICA
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
Si tratta di una patologia cronica caratterizzata da un'infiammazione
persistente che esita in fibrosi pancreatica e insufficienza irreversibile
dell'organo sia esocrino che endocrino.
Si manifesta con crisi pancreatitiche acute ricorrenti in cui il sintomo
principale è il dolore, con il passare del tempo il dolore diminuisce e si
manifestano i segni clinici di insufficienza d'organo.
La classificazione di Verona vede:
 Forma primitiva o idiopatica (con o senza calcoli)
 Forma secondaria o ostruttiva (con o senza calcoli)
 Fibrosi pancreatica
 Litiasi pancreatica
La classificazione di Marsiglia-Roma prevede:
 Forma calcificante calcifica: alcol, ereditaria, iperparatiroidismo,
tropicale.
 Forma ostruttiva: neoplasie papillari, stenosi, pseudocisti
 Forma infiammatoria
 Fibrosi pancreatica
Si tratta di una patologia che colpisce più spesso i maschi con un'incidenza
che vede nei 2/3 dei casi l'abuso di alcol.






PATOGENESI
Fattori tossico-metabolici: alcol, tabagismo, ipercalcemia, abuso
farmacologico, malnutrizione (ridotto apporto calorico-proteico)
Fattori Idiopatici
Fattori Genetici: mutazione SPINK1, fibrosi cistica, pancreatite
immunitaria da mutazione del tripsinogeno attivato e inibizione del
sito di autodistruzione.
Fattori autoimmuni: esposizione prolungata di molecole HLA
anomale
Fattori clinici: postnecrotica, pancreatite acuta ricorrente,
vasculopatia
Fattori ostruttivi: pancreas divisum, ostruzione dello sfintere di Oddi
(neoplasie, stenosi...), ostruzioni duttali.
Esistono diverse ipotesi patogenetiche. Di base si pensa ci sia la
precipitazione intraduttale di aggregati proteici (plugs) sui quali viene
favorita la calcificazione e quindi l'ostruzione distale dei dotti pancreatici con
ristagno di secreti e conseguente attivazione intraparenchimale degli enzimi e
atrofia del pancreas da ridotta funzione visto che la secrezione è sfavorita.
Questa atrofia sfocia col tempo in fibrosi che interessa entrambe le
componenti.
Un'altra ipotesi è il ruolo chiave dell'autoimmunità e l'ostruzione dello
sfintere di Oddi.
- L'alcol sembra avere un'azione direttamente lesiva sulle membrane delle
cellule acinari e in più aumenta la secrezione peptica con riduzione di
bicarbonati e citrato e compromissione della litostatina che è la proteina che
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
protegge la precipitazione di plugs.
- La distrofia cistica della parete duodenale è sempre derivata dall'alcol e
determina un'ostruzione a livello dello sbocco dei dotti e ristagno.
- Il pancreas divisum non consente un collegamento tra dotto di Wirsung e di
Santorini per cui il principale scarico avviene nel dotto di Santorini attraverso
la papilla minor che non è a sufficienza grande per lasciar passare tutto il
secreto e dunque si ha un blocco.
- La groove pancreatitis è una variante in cui c'è un'anomalo drenaggio del
dotto del Santorini nel dotto di Wirsung il quale si sovraccarica e aumenta la
pressione intraduttale.
- La PC derivata da mutazione del canale del cloro CFTR in eterozigosi è
dovuta all'aumento di viscosità del secreto.
- La PC ereditaria deriva da un problema genetico al locus della tripsina in
cui viene alterato il sito di autoinibizione.
- La pancreatite autoimmune vede un intervento immunitario anti-self.
CLINICA
DIAGNOSI
La clinica della PC vede una serie di sintomi e segni di cui il principale è il
dolore. Il dolore è continuo, irradiato posteriormente a cintura e provocato
dalla distensione dell'organo a seguito dell'edema o dall'attivazione delle fibre
nervose che sono esposte ai processi infiammatori o fibrotici.
In una fase più avanzata il dolore svanisce e seguono fenomeni di
calcificazione nei dotti che portano ad un'atrofia del pancreas esocrino ed
endocrino manifestando steatorrea, maldigestione, calo ponderale, crampi,
gonfiore addominale e malassorbimento. L'alterazione endocrina si
manifesta con diabete mellito insulino-dipendente.
Le possibili complicanze della PC sono:
 Cisti o pseudocisti pancreatiche: derivate dalla raccolta di materiale
necrotico + succo pancreatico.
 Ascite pancreatica: quando le pseudocisti si rompono e si aprono
dentro alla cavità peritoneale andando a danneggiare le sierose.
 Ittero: nel caso l'edema cefalopancreatico o una fibrosi inneschi
un'ostruzione del coledoco intrapancreatico con conseguente
iperbilirubinemia coniugata.
 Emorragie: evenienza rara che consegue ad un'ipertensione portale
causata da trombosi della vena splenica che genera varici esofagee
che possono rompersi e dare emorragie.
59. Anamnesi
60. Indagini bioumorali:
 Per la compromissione sistemica: amilasiemia, lipasiemia, conta
leucocitaria, ematocrito, indici di colestasi, transaminasi, glicemia,
glicosuria, emoglobina glicata.
 Per la funzione esocrina: sondaggio duodenale con rilevamento
pH, volumi, amilasi, lipasi, chimotripsina; chimotripsina ed
elastasi fecali, presenza di grassi a livello fecale.
 Per la funzione endocrina: curva da carico di glucosio con
dosaggio di glicemia, insulinemia, glucagonemia; test di
tolleranza insulinica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
61. Indagini strumentali:
 Rx diretta dell'addome: uso marginale
 Ecografia dell'addome: metodica proposta come screening anche
se poco accurata per la difficoltà di analizzare un organo
retroperitoneale, comunque può mettere in evidenza ingrossamenti
e calcificazioni, utile talora associare un'agoaspirazione.
Può essere talora associato uno stimolo secretinico per evidenziare meglio la
situazione dei dotti.
 CPRE (colangiopancreatografia retrograda endoscopica):
metodica molto importante che permette di visualizzare bene il
dotto di Wirsung, tuttavia le possibili complicanze sono da tener
presenti e per questo si usa soprattutto come terapia.
 Ecoendoscopia: metodica in endoscopia associata all'utilizzo di
sonde ecografiche associate alla punta dell'endoscopio per
contatto transgastrico o transduodenale.
 TC: metodica elettiva di approccio alla PC in quanto con la
possibilità anche del mdc permette di visualizzare il pancreas e i
possibili danni vicini.
 TC spirale: strati più sottili di spessore ed alta risoluzione.
 RMN: oggi è la tecnica più accurata e precisa per fare diagnosi di
PC e visualizzare le eventuali complicanze. Ha una sensibilità
elevata come l'ecoendoscopia e inoltre ha la possibilità di vedere il
Wirsung come la CPRE
 CPRM (colangiopancreatografia a risonanza magnetica): metodo
molto accurato per studiare la situazione dei dotti. Molto spesso
ultimamente viene associata la somministrazione di secretina che
aiuta la secrezione pancreatica. È un'aggiunta che viene associata
agli esami più precisi.
TERAPIA





Controllo della fase di riacutizzazione: riposo del pancreas con
assunzione parenterale di sostanze fino a che il paziente non può
ricominciare una dieta per os, in più analgesici, antibiotici, inibitori
della secrezione acida e aspirazione nasogastrica.
Prevenzione delle ricorrenze: dieta ipolipidica, ipercalorica,
aumento di vitamine, astensione dall'alcol e dal fumo, assunzione di
estratti pancreatici, inibitori della secrezione gastrica, antiossidanti.
Terapia dell'insufficienza endocrina: somministrazione di insulina
piuttosto che antidiabetici visto che il paziente risponde bene
all'insulina.
Terapia endoscopica: la CPRE è la metodica non medica più
utilizzata a scopo terapeutico. Si può effettuare una sfinterotomia
dell'Oddi per facilitare lo svuotamento pancreatico nel duodeno,
estrazione dei plugs o calcoli o distruzione di essi attraverso litotrissia
ad onde d'urto. Altro meccanismo può essere lo stenting. Infine si può
ottenere il drenaggio di cisti sintomatiche mediante una
gastrocistostomia in cui si perfora la parete gastrica a contatto con la
cisti in modo da svuotarla e prelevare il contenuto gastrico.
Terapia chirurgica: da effettuare nel caso in cui il dolore sia
persistente e intenso e i rimedi precedenti non abbiano dato effetto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI DEL PANCREAS
CARCINOMA DEL PANCREAS ESOCRINO
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
Il carcinoma del pancreas è una neoplasia in costante aumento e rappresenta
il 3% di tutte le neoplasie. Colpisce prevalentemente i maschi e in una fascia
d'età compresa tra 50-70 anni.
È la quinta causa di morte per cancro visto che alla diagnosi di solito si
presenta già in fase avanzata e l'intervento chirurgico può non essere
possibile per cui ha una prognosi molto infausta con sopravvivenza a 5 anni
del 3%.




Fumo
Dieta povera di vegetali freschi e ricca di grassi
Diabete (anche se sembra più un cofattore o una manifestazione
iniziale del tumore)
Pancreatite cronica (soprattutto la forma familiare)
PATOGENESI
La cancerogenesi prevede una serie di mutazioni progressive a carico di
oncogeni ed oncosoppressori tali da innescare una proliferazione illimitata.
Il principale oncogene coinvolto è il k-RAS a cui seguono modificazioni
degli oncosoppressori come p53, p16 e DPC4. Sembrano alterati anche i geni
per la riparazione dei danni (mismatch repair). Inoltre sembrano implicati
anche ormoni e fattori di crescita liberati a livello autocrino e paracrino come
EGF e TGF-alfa.
MORFOLOGIA
Il tumore viene classificato in forme CISTICHE e NON CISTICHE.
- La forma non cistica in assoluto più frequente è il tipo tubulare / papillare e
molto più rari sono l'adenosquamoso, il mucinoso non cistico e
l'indifferenziato.
Sono tumori che insorgono dall'epitelio tubulare (80-90%) e bisogna
differenziarli dalle forme ampollari con prognosi nettamente migliore.
La maggioranza insorge nella testa (60%) il resto nel corpo (20%) e un 10%
nella coda.
Il tumore tende ad avere un'invasività locale elevata e alla testa dà un
coinvolgimento istantaneo del coledoco intrapancreatico con ittero ostruttivo
immediato, coinvolgimento del Wirsung e conseguente stasi del secreto e
atrofia del parenchima. In seguito può comparire invasione del duodeno e dei
vasi soprattutto portali oltre all'invasione del foglietto peritoneale con
conseguente carcinomatosi peritoneale.
Il coinvolgimento di corpo-coda tende ad invadere il mesocolon e il colon e il
tripode celiaco oltre all'arteria mesenterica superiore.
In generale è presente anche l'invasione del retroperitoneo e dei plessi nervosi
peripancreatici.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
La coda del pancreas diffonde a surrene sx e milza.
I linfonodi vengono colpiti attraverso il circolo linfatico e il circolo ematico
causa metastasi al fegato, ai polmoni e alle ossa.
- Le forme cistiche hanno una prognosi generalmente migliore e sono
confinate in modo da permettere l'intervento chirurgico.
Si dividono in 3 gruppi:
 Tumori sierosi: quasi sempre benigni
 Tumori mucinosi: variante benigna, borderline e maligna, colpiscono
più di frequente il sesso femminile
 Tumori intraduttali: anche in questo caso abbiamo forme benigne,
borderline e maligne.
CLINICA
La clinica del tumore è abbastanza aspecifica nelle fasi iniziali e diventa
manifesta nelle fasi tardive in cui le opzioni terapeutiche sono decisamente
scarse.
 Anoressia
 Dispepsia
Sono i sintomi iniziali del tumore che spesso non vengono considerati come
allarmanti e pertanto non si è portati a prendere in considerazione l'ipotesi.
 Ittero e prurito: segno importante perchè significa una localizzazione
alla testa del pancreas, uno dei pochi casi precoci sintomatici. Si
associa ad un'anamnesi negativa delle vie biliari per colica. La
cistifellea inoltre è dilatata a differenza delle forme litiasiche in cui è
irrigidita e poco compliante (segno di Courvoisier Terrier)
 Dolore: anche questo è un sintomo aspecifico e non precoce, è
addominale, continuo e irradiato a cintura posteriormente e ai fianchi.
 Calo ponderale: presente nelle fasi tardive nel 90% dei casi e dovuto
sia ad un alterata motilità gastrointestinale sia ad una anoressia.
 Diabete: può essere un sintomo precoce di indicazione tumorale come
la presenza di pancreatiti acute ricorrenti.
 Tromboflebite migrante: evenienza più rara ma possibile visto che il
tumore produce sostanze pro-trombotiche.
Le complicanze della fase tardiva sono dolore accentuato e persistente, ittero,
colangite, ileo meccanico da coinvolgimento duodenale e ileo paralitico da
carcinosi peritoneale e ascite.
DIAGNOSI
62. Anamnesi
63. Esame obiettivo (palpazione e visione di segni clinici tipici)
64. Ecografia: diagnosi di primo livello utile per vedere la dilatazione
delle vie biliari, la presenza di calcoli o la dilatazione della colecisti
tipica del cancro. Tuttavia il meteorismo intestinale non permette di
avere immagini ad elevata accuratezza.
65. TC: gold standard per la diagnosi di tumore pancreatico eseguita in
modo spirale prima senza mdc e in seguito con mdc. Permette di
vedere la presenza di neoplasia, l'invasione locale e la presenza di
metastasi linfonodali ed epatiche. Definisce anche i rapporti col
sistema vasale e quindi la resecabilità del tumore.
66. RMN: tecnica molto utile soprattutto associata a colangio-Wirsung-
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
grafia
67. ERCP: metodo invasivo per vedere i dotti e fare un'analisi citologica
appropriata. È importante nei tumori mucinosi che non possono essere
trattati con agoaspirato per frequenza elevata di matastatizzazione.
68. Ecoendoscopia: utile per svelare piccole lesioni che non si vedrebbero
con le altre tecnologie essendo gli ultrasuoni più vicini alla sede
patologica. Questa tecnica è spesso associata a FNAB cioè
agoaspirazione.
69. PET: indagine molto accurata per valutare le metastasi ma molto
costosa e impegnativa
70. Laparoscopia: esame utile per vedere l'estensione del tumore e
l'invasione locale e le metastasi epatiche.
71. Markers: poco efficaci, si può fare il dosaggio del CA19-9 ma per
valutare soprattutto la risposta alla terapia.
STADIAZIONE
Si utilizza il sistema TNM in cui vengono indicati 4 stadi del tumore mentre
dal punto di vista clinico-radiologico sono identificati 3 stadi.
 Stadio 1: neoplasia confinata al pancreas anche se può invadere il
duodeno e le strutture peripancreatiche ma non i linfonodi
 Stadio 2: invasione di duodeno, vie biliari e tessuto peripancreatico
senza coinvolgere i linfonodi.
 Stadio 3: coinvolgimento linfonodale
 Stadio 4: metastasi a distanza
Per il sistema terapeutico esistono:
 Stadio 1: resecabile e limitato al pancreas senza invasione vascolare
 Stadio 2: localmente avanzato
 Stadio 3: metastatico
TERAPIA
L'intervento curativo è esclusivamente chirurgico e i criteri di operabilità
consistono nella valutazione dello stadio della malattia (se è metastatizzata,
troppo estesa o con carcinosi peritoneale l'intervento non si può fare mentre
l'invasione vascolare non è detto che sia un criterio di esclusione) e le
condizioni del paziente.
Si può effettuare una pancreasectomia radicale con escissione di tutto il
tumore più tessuto peripancreatico e linfadenectomia.
Nei tumori esclusivi della testa si può fare una
duodenocefalopancreasectomia.
Nei casi di malattia localmente avanzata si tende a fare una chemioradioterapia neoadiuvante per ridurre la massa tumorale in modo da poter
permettere l'intervento chirurgico. A seguito dell'intervento si fa
chemioterapia adiuvante con cisplatino, 5-fluorouracile e gemcitabina.
Da considerare per i casi avanzati il trattamento palliativo attuato al fine di
ridurre la sintomatologia e migliorare la qualità di vita del paziente.
Per l'ittero si fa uno stenting, per la ostruzione duodenale si fa un bypass
gastrodigiunale, mentre per il dolore si usano oppiacei.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI ENDOCRINI DEL PANCREAS
DEFINIZIONE
CLASSIFICAZ E
CARATTERI
Tumori che si sviluppano nel contesto pancreatico per proliferazione delle
cellule endocrine associate al sistema neuroendocrino gastrointestinale
(APUD). Nella maggioranza dei casi sono tumori secernenti ormoni e in una
minor quantità di casi sono silenti.






Gatrinoma: tumore secernente gastrina. È il più aggressivo tra tutti gli
endocrini a causa dell'elevata capacità di metastatizzare. Si manifesta
con un aumento della secrezione acida gastrica che determina un
malassorbimento per riduzione del pH duodenale e una presenza
ripetuta di ulcere gastriche e duodenali che entrano nel quadro della
sindrome di Zollinger-Ellison. Metastasi linfonodali ed epatiche
frequenti.
Insulinoma: tumore endocrino più frequente e caratterizzato
dall'eccessiva secrezione di insulina e pertanto il quadro clinico sarà
dato da ipoglicemia a digiuno, obesità per introito continuo di
zuccheri ed anabolismo insulinico, crisi neurologiche.
Glucagonoma: tumore molto raro che si manifesta con secrezione di
glucagone che dà diabete, calo ponderale dovuto all'elevato
catabolismo e rash cutaneo.
VIPoma: tipico delle femmine che si manifesta con diarrea acquosa,
ipopotassiemia e ipocloridria.
Somatostatinoma: tumore che causa ipomotilità intestinale, ridotta
secrezione biliare e pancreatica e pertanto si verificheranno steatorrea,
litiasi biliare e diabete.
Tumori non secernenti: questi non possono essere evidenziati da una
sinotmatologia sistemica e per questo sono più occulti e si
manifestano in genere quando hanno dato un'occupazione di spazio o
hanno metastatizzato
DIAGNOSI
Esistono 2 steps diagnostici da rispettare:
18. Evidenza dell'ipersecrezione ormonale: rilevamenti di ormoni nel circolo e
di peptidi liberati dalla produzione ormonale.
19. Localizzazione del tumore: attraverso indagini strumentali con TC,
ecografia, RMN e arteriografia visto che i tumori sono altamente
vascolarizzati. Ecoendoscopia e scintigrafia.
TERAPIA
Resezione chirurgica unico trattamento curativo. Talora è utile ridurre la massa
attraverso un trattamento neoadiuvante.
Si possono fare metastasectomie, termoablazione e chemioembolizzazione.
Poi terapia sintomatica per limitare le conseguenze dell'iperproduzione ormonale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA DELL'INTESTINO TENUE
ANATOMIA
L'intestino tenue è la porzione più lunga del tubo digerente ed ha la funzione
di digerire e assorbire i nutrienti introdotti con la dieta. Inoltre ha funzioni
protettiva attraverso un complesso sistema linfatico e funzioni endocrine.
Ha origine dal piloro e prosegue fino alla valvola ileo-cecale.
Si suddivide teoricamente in duodeno, digiuno ed ileo che consiste nella parte
più distale vicino al colon.
La mucosa del tenue è peculiare in quanto presente numerosissime
estroflessioni dette villi i quali sono formati da una porzione apicale
(predisposta ad azione enzimatica disaccaridasica), una porzione centrale
(adibita alla sintesi proteica) ed una porzione basale che forma le tipiche
cripte nelle quali avviene la sintesi del DNA e la proliferazione controllata
delle cellule staminali che andranno a sostituire le cellule superficiali con un
turnover periodico.
La superficie di assorbimento è ulteriormente aumentata dalla presenza di
microvilli sulla superficie dei villi così da formare una superficie assorbente
di circa 200 m2. Seguono la sottomucosa e la doppia tonaca muscolare
circolare e longitudinale e in seguito la lamina peritoneale.
La vascolarizzazione è molto intensa e proviene dalla mesenterica superiore.
Il drenaggio venoso invece fa capo alla vena porta. Un blocco di un'arteria di
solito non è grave perchè c'è un ampio circolo anastomotico.
È presente anche una fitta rete linfatica che ha origine dal vaso chilifero
situato centralmente al villo che raccoglie principalmente i TG come
chilomicroni.
FISIOLOGIA
La digestione è un processo complesso che ha origine dalla bocca in cui c'è
l'amilasi salivare che scinde i primi grossi polisaccaridi come l'amido.
Prosegue nello stomaco con la pepsina che degrada le proteine e segue nel
duodeno in cui sotto lo stimolo della secretina e della colecistochinina
vengono secreti gli ormoni pancreatici adibiti alla digestione degli zuccheri,
proteine e lipidi.
La digestione intestinale avviene con 2 processi:
 Luminale: momento in cui il chimo proveniente dallo stomaco
incontra i vari enzimi e c'è una mescolanza
 Parietale: fase in cui gli enzimi attivi sulla mucosa dei villi
determinano le fasi terminali della digestione.
Anche la motilità è importante nella digestione perchè permette un aumento
di contatto tra i nutrienti e le cellule dei villi (motilità del tenue + motilità
propria dei villi).
L'assorbimento avviene a livello della mucosa con processi passivi o attivi e
transepiteliali o interepiteliali. I nutrienti possono entrare direttamente nel
circolo ematico e raggiungere il fegato oppure passare dal vaso chilifero.
- I CARBOIDRATI vengono digeriti inizialmente dalla saliva e poi nel
duodeno sono attaccati dall'amilasi pancreatica che li scinde in disaccaridi e a
livello della superficie degli enterociti del digiuno e ileo ci sono le
disaccaridasi che formano glucosio e galattosio che vengono direttamente
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
assorbiti con trasporto specifico attivo.
- Le PROTEINE sono digerite dalla pepsina nello stomaco e poi vengono
aggredite nel duodeno dalla tripsina, chimotripsina ed endopeptidasi
pancreatiche che le scindono in oligopeptidi e dipeptidi. Questi sono poi
trasformati in AA dalle peptidasi sul villo e assorbite con trasporto attivo.
L'albumina endogena viene degradata e riassorbita dal tubo digerente, se la
mucosa è infiammata o anomala si verifica una protidodispersione e quindi
ipoalbuminemia con rischio di edemi declivi.
- I GRASSI e le VITAMINE LIPOSOLUBILI sono digeriti in modo
complesso. Nel duodeno incontrano i sali biliari e le lipasi pancreatiche. I sali
biliari servono per emulsionarli e le lipasi scindono i TG. Gli acidi grassi
vengono raccolti all'interno delle micelle formate dai sali biliari e trasportati
al villo. I sali biliari vengono prodotti dal colesterolo nel fegato e come tali
sono riversati nella bile che raggiunge il duodeno e formano delle micelle con
un polo idrofilico esterno ed idrofobico interno deputato ad accogliere gli
acidi grassi. Una volta rilasciati questi sul villo i sali vengono riassorbiti a
livello dell'ileo terminale e ritornano al fegato per essere riutilizzati.
Una quota di questi viene espulsa con le feci ed una quota tale viene
risintetizzata dal fegato a partire dal colesterolo.
Le vitamine liposolubili seguono lo stesso percorso dei grassi e vengono
inseriti nei chilomicroni che entrano nel vaso chilifero e nel circolo linfatico.
La steatorrea si verifica quando c'è la presenza di batteri nel tenue che
normalmente non dovrebbero esserci. Questi vanno a deconiugare i sali
biliari dai grassi per cui si verifica una perdita di lipidi con le feci.
- L'ACQUA, il SODIO e le VITAMINE IDROSOLUBILI sono assorbiti
direttamente per via paracellulare o per via transcellulare dalla mucosa di
tutto il tenue e del crasso (parte dell'acqua). Le vitamine seguono
essenzialmente il passaggio dell'acqua tranne la vit B12 che segue un
processo proprio di assorbimento. Infatti viene associata ad un peptide
secreto dalla saliva (complesso R) che raggiunge il lume dell'intestino dove si
dissocia dal complesso R e si lega al fattore intrinseco prodotto dalle cellule
parietali dello stomaco e così può entrare nella cellula intestinale dell'ileo
terminale.
- Il CALCIO viene assorbito in tutti i segmenti del tenue in base alle
esigenze dell'individuo grazie alla vitamina D.
- Il FERRO viene assorbito prevalentemente nel digiuno e duodeno ma
prima deve essere solubilizzato dall'acidità gastrica se non è già assunto in
modo solubile.
Il tenue presenta anche una grossa capacità immunitaria grazie alla
disseminazione sulla mucosa, sottomucosa e in complessi appropriati cellule
linfatiche che rispondono ad attacchi estranei con una risposta immunitaria.
Esistono linfociti sparsi ma esistono soprattutto nell'ileo degli aggregati
nodulari detti placche di Peyer a forte azione immunitaria. Tutto questo
complesso forma il GALT (tessuto linfatico associato al gastrointestino).
È necessario che questo complesso sia regolato e funzionale perchè il rischio
grosso è che questi aggregati riconoscano come estranei degli antigeni self o
innocui dirigendo contro di essi una risposta esagerata con gravi conseguenze
per l'intestino stesso.
In più esiste anche una secrezione attiva ed efficace di IgA mucosali.
Sono presenti anche linfonodi e aggregati massimi all'interno della parete
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
dell'appendice. Sono contenuti linfociti, plasmacellule, cellule NK e
macrofagi.
Un'altra funzione che assolve il sistema digerente è la funzione endocrina
grazie alla secrezione di ormoni che regolano la secrezione liquida ed
enzimatica di tutto il tubo digerente (secretina, colecistochinina,
enteroglucagone, VIP, bombesina...). Queste cellule derivano da cellule
staminali che si replicano ed acquisiscono caratteri endocrini (cellule
enterocromaffini).
CARATTERISTI
CHE DI
ALTERATA
FUNZIONE
INTESTINALE
Tipicamente la ridotta funzionalità del tenue si esprime con una sindrome
clinica detta malassorbimento che si associa a sintomi e segni. L'enteropatia
definisce il processo morboso alla base del malassorbimento.
Per malassorbimento si intende un difettoso attraversamento della parete
intestinale da parte dei nutrienti.
I meccanismi alla base del malassorbimento sono 3:
 Ridotta motilità intestinale
 Contaminazione batterica del tenue
 Riduzione della superficie assorbente intestinale
Per consentire l'assorbimento i nutrienti devono essere a contatto con la
mucosa intestinale per un tempo sufficiente a permetterne le interazioni, se il
transito è troppo veloce non si ha assorbimento efficace, se il transito è troppo
lento si ha interazione efficace ma tende a svilupparsi una proliferazione
batterica con malassorbimento.
I malassorbimenti vengono classificati in questo modo:
 Intraluminale (pre-epiteliale): l'alimento non è pronto per essere
assorbito dall'intestino
◦ Deficit enzimatico: pancreatite cronica, fibrosi cistica
◦ Inattivazione enzimatica: sindrome di Zollinger-Ellison
◦ Deficit di sali biliari: epatopatia cronica, colestasi, farmaci
 Epiteliale (mucosa):
◦ Alterazione specifica (deficit disaccaridasi): intolleranza ai
carboidrati
◦ Alterazione generale (alterazioni del rapporto
captazione/liberazione dall'enterocita): sprue celiaca, morbo di
Whipple, sprue tropicale, gastroenterite eosinofila, mastocitosi
 Post-epiteliale (scarso deflusso linfatico ed ematico capillare)
◦ Ostruzione al deflusso linfatico: linfangectasia, traumi, linfomi
◦ Inadeguata superficie assorbente: morbo di Crohn del tenue,
intestino corto, enterite attinica, abeta-lipoproteinemia.
 Multifattoriale:
◦ Miscellanea: diabete, ipertiroidismo, amiloidosi...
Clinicamente esistono diversi apparati coinvolti nel malassorbimento:
1) Apparato digerente:
 Diarrea + steatorrea: associata ad un aumento della frequenza e
dell'entità della scarica fecale giornaliera dovuta ad un accumulo di
materiale che non viene digerito ed assorbito e viene secreto
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
direttamente. Tipicamente si manifesta con presenza di lipidi nelle
feci (steatorrea) e si diagnostica con presenza di più di 7 g di lipidi
nelle feci.
 Calo ponderale: dovuta al malassorbimento
 Meteorismo: sensazione di gonfiore addominale conseguente alla
fermentazione delle sostanza non assorbite da parte della flora
batterica intestinale che produce metano, CO2 e H2 e gonfia l'addome
 Dolore addominale: conseguente alla distensione viscerale e
attivazione dei nocicettori peritoneali.
2) Apparato emopoietico
72. Anemia megaloblastica: deficit di B12
73. Anemia microcitica: deficit di ferro
74. Emorragie frequenti: riduzione della vitamina K
3) Apparato muscoloscheletrico
 Osteopenia metabolica: deficit prolungato di vit D e calcio
 Atrofia muscolare: deficit proteico
 Tetano: deficit acuto di calcio e magnesio
4) Apparato endocrino
 Amenorrea, sterilità e iperparatiroidismo
5) Cute
 Dermatite diffusa ed ipercheratosi: deficit vitaminico
 Edemi: deficit di riassorbimento dell'albumina
6) Sistema nervoso
20. Neuropatia periferica distale sensitiva: deficit B12 e tiamina
21. Xeroftalmia: deficit di vitamina A
Per fare una diagnosi di una sindrome da malassorbimento si può fare:
 Indagine che rileva malassorbimento: dosaggio dei lipidi fecali o il
test allo xilosio per vedere se viene assorbito o se è presente nelle
feci. Oppure per verificare il malassorbimento di zuccheri particolari
si fa il breath test H2 che rileva i livelli di H2 espulsi con l'espirazione
a seguito dell'ingestione di zuccheri visto che questi non vengono
assorbiti arrivano nel colon e qui avviene una fermentazione batterica
 Indagine che rileva l'enteropatia: non si indaga sullo specifico
malassorbimento ma sulla incapacità generale di assorbire da parte
dell'intestino. Si può fare il dosaggio dell'alfa1-AT che aumenta nelle
feci, test con zuccheri.
 Indagine per diagnosticare in modo definitivo l'enteropatia:
biopsia perendoscopica nel caso si sospettino malattie diffuse a gran
parte della superficie intestinale.
Si può fare anche l'Rx addominale per vedere eventuali condizioni che
colpiscono in modo selettivo il tenue.
L'esame colturale delle feci è consigliato per evidenziare una qualsiasi
situazione infettiva, in alternativa può essere fatto il breath test H2 al
glucosio. Questo test rileva una presenza massiva di batteri nel tenue a causa
del picco precoce di H2 nell'aria espirata che non dovrebbe esserci perchè il
glucosio viene assorbito tutto e non arriva al colon.
La terapia generale per i malassorbimenti prevede un supporto nutrizionale
al paziente nei casi importanti. L'obiettivo è l'eradicazione della causa
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
scatenante.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIA CELIACA
DEFINIZIONE
La celiachia è una malattia autoimmune frequente che colpisce in media
1/250 persone italiane. Si caratterizza con una sindrome da malassorbimento
globale ed aspecifica dovuta ad una predisposizione genetica associata ad un
fattore ambientale scatenante rappresentato dal glutine.
EZIOLOGIA
Il glutine è la componente proteica delle farine di frumento, orzo e segale.
Esso è composto dall'aptene specifico verso cui è diretta la risposta
immunitaria che è la GLIADINA (fattore esogeno).
La gliadina è una proteina che viene ottenuta dalla digestione della farina e il
suo successivo catabolismo ad aminoacidi non provoca risposta immunitaria,
che invece provoca nella sua struttura standard proteica.
Questo infatti determina l'asintomaticità nel caso in cui la gliadina venga
assorbita per via transcellulare in cui ci sono le proteasi e gli enzimi
lisosomiali che la degradano. Nel caso in cui il passaggio sia paracellulare la
gliadina attraversa la barriera del villo e si va a trovare nel connettivo
sottoepiteliale dove si svolge la risposta immunitaria.
I fattori genetici alla base della predisposizione alla celiachia sono:
 HLA DQ2, DQ8 (e in minima parte anche DR3,5 e 7): questo
polimorfismo del sistema HLA è responsabile della comparsa di una
risposta autoimmune contro la gliadina, principalmente la presenza di
DQ2.
Non è detto che i pazienti con positività al test HLA siano celiaci, tuttavia una
negatività al test fa escludere l'ipotesi di celiachia.
I fattori di rischio per lo sviluppo di queste forme oltre ai polimorfismi genici
che sono necessari ma non sufficienti sono:
 Allattamento al seno
 Lungo tempo intercorso tra allattamento al seno e nutrizione con
glutine
 Infezioni nella prima infanzia probabilmente da Rotavirus
 Tempo di svezzamento ed introduzione del glutine (4 mesi)
I gruppi più a rischio di sviluppare questa patologia sono:
 Familiari di 1° grado di pazienti affetti
 Diabete mellito insulino-dipendente
 Sindrome di Down e Turner
 Altre malattie autoimmuni
PATOGENESI
L'ingresso della gliadina attraverso le tight junctions anziché per via
transcellulare sembra essere dovuto ad un aumento della produzione di
zonulina che è una proteina responsabile dell'aumento della permeabilità
delle membrane degli enterociti.
Una volta entrata viene catturata dalle APC con caratteristiche peculiari di
HLA-DQ2 che processano la proteina e la espongono sui recettori di classe II
permettendone il riconoscimento dei linfociti T gliadina-specifici.
Esiste un enzima che è la transglutaminasi che vede la gliadina e la lega
determinandone una rimozione di un gruppo amidico. In questo modo la
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
gliadina viene più facilmente riconosciuta dai linfociti T.
A questo punto si scatena la produzione citochinica da parte delle cellule T e
delle cell APC. Le ultime producono IFN-gamma mentre le prime producono
il TNF, IL-2 e IL-6 tipiche di uno switch isotipico tra Th0 e Th1.
Queste citochine sono le responsabili di un danno alla mucosa intestinale che
si caratterizza per aumentata produzione di NO ed apoptosi delle cellule dei
villi.
MORFOLOGIA
La mucosa dell'intestino tenue si presenta con 3 caratteristiche morfologiche:
 Appiattimento o scomparsa dei villi
 Iperplasia delle cripte
 Aumento dell'infiltrato infiammatorio (prima interepiteliale poi
diffuso)
CLINICA
Esistono diversi quadri clinici di celiachia che vanno da lesioni
sintomatologiche a lesioni asintomatiche che non vengono scoperte dal
paziente. In alcuni casi possono dare anche forme molto gravi con
complicanze.
75. Forma classica: si manifesta in generale con diarrea, steatorrea,
dolore addominale e calo ponderale. Nei bambini è frequente anche
la distensione addominale e il ritardo di crescita. Negli adolescenti
si possono manifestare anche bassa statura, anemia sideropenica e
deficit neurologici.
76. Forma subclinica: di solito non vengono manifestati i sintomi classici
ma ci sono anemia, dolori ossei e fratture patologiche, dispepsia,
menarca tardivo, amenorrea, menopausa precoce ed infertilità,
sintomi neurologici (epilessia, atassia e neuropatie periferiche),
alterazione di cute e annessi.
77. Forma silente: assenza di sintomi
78. Forma latente: malattia che regredisce a seguito di trattamento antiglutine e si ritrova una mucosa normale o con qualche cellule
linfocitaria.
79. Forma refrattaria: patologia grave che non risponde al trattamento
dietetico. È il substrato per lo sviluppo delle tipiche complicanze della
celiachia.
DIAGNOSI
 Anamnesi: nei pazienti sintomatici o nei pazienti parenti di primo
grado di soggetti affetti o nelle persone affette da altre patologie
autoimmuni e gruppi di rischio.
 Esame obiettivo: distensione addominale, dolore
 Biopsia: fondamento diagnostico in cui si devono rilevare le
alterazioni tipiche morfologiche. Tuttavia non è possibile basarsi solo
sulla analisi istologica visto che quadri negativi possono cmq
associarsi a forme in via di sviluppo o silenti.
 Analisi anticorpale: nella patologia vengono prodotti dei tipici
anticorpi diretti contro vari bersagli:
 Anti-gliadina
 Anti-endomisio: sono diretti contro la transglutaminasi
 Anti-transglutaminasi
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Questa indagine può essere fatta anche prima della biopsia ed indica i
pazienti che necessitano un'analisi istologica per la positività agli anticorpi
che da sola non basta.
Se c'è deficit di IgA si possono testare le IgG anti-TG.
In corso di deficit anticorpale si fa analisi HLA + istologia.
Bisogna tenere in considerazione che dopo terapia senza glutine per 3 mesi
scompaiono gli anticorpi tipici.
 Regressione lesioni dopo astensione dal glutine: si vede una
risoluzione delle lesioni a seguito della sospensione del glutine dalla
dieta.
 Analisi genetica: analisi di linkage sul HLA-DQ2 e 8.
 Endoscopia: rilievi tipici endoscopici sono
◦ Normalità
◦ Scalloping delle pliche duodenali (ad acciottolato)
◦ Pliche duodenali ridotte o assenti
◦ Aspetto a mosaico
TERAPIA
Dieta senza glutina mantenuta per tutta la vita.
All'inizio è meglio evitare latte e derivati e cibi contenenti avena.
Astenersi dall'assunzione di birra, mentre gli altri alcolici sono consentiti.
Attenzione ai farmaci, emulsificanti e stabilizzanti.
COMPLICANZE In una percentuale di casi non bassa i pazienti non rispondono alla dieta.
La mortalità per questa patologia negli ultimi anni è aumentata soprattutto
nelle persone con manifestazione oltre i 50 anni.
Le tipiche complicanze sono:
22. Digiuno-ileite ulcerativa
23. Linfoma intestinale a cellule T
24. Carcinoma dell'intestino tenue
25. Sprue collagenosica.
26. Celiachia refrattaria
Probabilmente la celiachia refrattaria, la digiuno-ileite ulcerativa e il linfoma
a cellule T sono 3 manifestazioni progressive di un'unica entità patologica a
prognosi negativa.
La celiachia refrattaria si identifica quando c'è atrofia dei villi, iperplasia
delle cripte e infiltrazione linfocitaria con una dieta aglutinata per più di 12
mesi. Ne esistono di 2 tipi istologici:
 Il tipo 1 prevede la presenza di cellule simili alla celiachia normale ed
è meno pericoloso
 Il tipo 2 presenta cellule T aberranti e si configura già come una
forma precoce di linfoma.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ALTRE ENTEROPATIE E TUMORI DEL
TENUE
SOVRACCRESCI Accumulo di batteri che si replicano nel lume del tenue a seguito di
TA BATTERICA intervento chirurgico e immunosoppressione. Questi oltre a determinare uno
specifico distacco dei sali biliari ai grassi provocano una sindrome generale
DEL TENUE
di malassorbimento.
Clinicamente si ha steatorrea, calo ponderale, dolore addominale.
Diagnosi con breath test di diverso tipo.
INTOLLERANZ Patologia frequente tra le malattie intestinali rare.
A AL LATTOSIO Consegue ad un deficit della lattasi presente sulla superficie del villo.
La causa principale è l'età che porta ad una progressiva diminuzione
dell'enzima stesso.
La clinica prevede steatorrea, meteorismo, flatulenza e dolori a seguito del
passaggio del lattosio in colon e fermentazione batterica oltre a
trasformazione in acidi grassi.
GASTROENTER Patologia rara che si caratterizza per l'infiltrazione di eosinofili all'interno
della mucosa del tenue in assenza di riscontro di eosinofili negli altri distretti.
ITE
Colpito spesso lo stomaco e intestino tenue.
EOSINOFILA
Nausea, vomito e dolori, enteropatia protidodisperdente e malassorbimento.
Terapia steroidea.
MALATTIA DI
WHIPPLE
Malattia rara causata dall'infezione da parte di Tropheryma Whippelii.
Si manifesta con artralgie, diarrea, dolore addominale, calo ponderale e se
non trattata ha esito infausto. Il quadro clinico può essere anche molto esteso
e polimorfo interessando le valvole cardiache, polmone e reni.
Diagnosi per riscontro di numerosi macrofagi all'istologia con granulazioni.
All'endoscopia la mucosa appare con placche lunghe e bianche.
Terapia con antibiotici.
LINFANGECTAS Difetto congenito dei vasi linfatici che si dilatano e rilasciano il loro
IE INTESTINALI contenuto nel lume intestinale determinando perdita di proteine e di linfociti.
Diarrea, steatorrea, ipoalbuminemia, ipogammaglobulinemia, linfocitopenia.
Alterazioni conseguenti della risposta immunitaria.
ENTEROPATIA
AUTOIMMUNE
Malattia che si sviluppa nel contesto di altre malattie autoimmuni ed è una
delle cause maggiori di diarrea intrattabile.
Presenza di autoanticorpi contro gli enterociti.
Decorso cronico con riacutizzazioni e remissioni.
Terapia immunosoppressiva.
GRAFT VERSUS Complicanza del trapianto allogenico a seguito della reazione delle cellule
HOST DISEASE linfocitarie attive dell'organo trapiantato contro i tessuti del paziente
ricevente. L'intestino è una delle sedi più colpite. Diarrea sintomo + freq.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
ENTERITE
ATTINICA
Patologia conseguente all'esposizione dell'intestino a radiazioni che causa una
necrosi epiteliale. Duodeno, ileo e cieco distale le sedi più colpite.
Il meccanismo patogenetico è legato al danno vascolare.
TUMORI DELL'INTESTINO TENUE
ADENOCARCIN Tumore del tenue più frequente.
Le lesioni preneoplastiche sono sicuramente i polipi adenomatosi sporadici, il
OMA
morbo di Crohn del tenue e le sindromi polipoidi (poliposi adenomatosa
familiare, sindrome di Peutz-Jeghers e poliposi giovanile).
Può presentarsi come lesione ulcerativa, vegetante, stenosante o infiltrante.
La sopravvivenza è correlata al grado di invasione.
Colpisce le persone soprattutto oltre i 65 anni.
I sintomi tipici sono nausea, vomito e dolore quando la lesione è vegetante.
Altri sintomi più generali sono anoressia e perdita di peso.
Diagnosi con esofagogastroduodenoscopia o ileoscopia retrograda. La TC
serve per una buona stadiazione.
CARCINOIDI
Questi tumori derivano da proliferazione delle cellule enterocromaffini e
danno una sintomatologia in base all'eccesso di ormone prodotto. Di solito al
momento della diagnosi sono già avanzati e hanno metastasi a distanza.
La lesione più tipica secerne serotonina e quindi gli effetti sono mediati dal
neurotrasmettitore e si verifica rash cutaneo transitorio, dispnea,
broncocostrizione, asma ed edema agli arti inferiori. Questi sintomi fanno
capo alla tipica sindrome da carcinoide.
Diagnosi con markers tumorali, radiologia ed endoscopia digestiva.
LINFOMI
Sono neoplasie frequenti e rappresentano il 7-25% delle neoplasie del tratto
gastroenterico. Rappresentano il 10% di tutti i linfomi extranodali.
Per essere un linfoma intestinale devono coesistere: assenza di linfadenopatie
periferiche, numero normale di leucociti nel sangue, assenza di linfadenopatie
mediastiniche, assenza di coinvolgimento di milza e fegato a meno che la
malattia non abbia invaso gli organi. Il coinvolgimento deve essere selettivo
del tratto gastrointestinale e dei linfonodi associati.
I pazienti con malattia celiaca sono a rischio.
Sono esofitici, polipoidi, ulcerosi o nodulari.
 Linfomi standard: sviluppo intramurale con interessamento dei
linfonodi loco-regionali nel 50%
 Linfomi MALT: interessamento dei linfonodi solo nel 30%, è a
prognosi migliore.
 Linfomi multipli polipoidi: tumori molto aggressivi con
interessamento linfonodale nel 30% ed invasione metastatica del
midollo osseo.
Possono essere a cellule T o B.
La sintomatologia è aspecifica e in maggioranza si hanno crampi intestinali,
dolore addominale e perdita di peso.
Diagnosi con radiologia, ecoendoscopia e TC per la stadiazione.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
SINDROMI
POLIPOIDI

Poliposi adenomatosa familiare (FAP): rischio di evoluzione in AK
del tenue nel 4-12 %. Correlato a mutazioni del gene APC.
Può interessare tutto il tratto gastroenterico.
 Sindrome di Peutz-Jeghers: sviluppo di polipi amartomatosi del tratto
GI con pigmentazioni muco-cutanee. Lo sviluppo di polipi è molto
più frequente nel tenue che in tutti gli altri tratti.
 Sindrome del Cronkhite-Canada: perdita del gusto, polipi intestinali,
perdita dei capelli e problemi di sviluppo.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
FISIOPATOLOGIA DEL COLON
ANATOMIA
Il colon è l'ultimo tratto dell'intestino ed ha una peculiare funzione di gestire
in base alle necessità dell'organismo il flusso di sostanze che provengono dal
tenue e quindi principalmente conservare acqua e sali.
Esso trattiene il volume come un serbatoio e trasporta il materiale rimanente
da eliminare verso il retto.
È sede di un'ampia flora batterica ed ha intense potenzialità immunitarie.
La mucosa del colon è formata da cellule epiteliali cilindriche che si
invaginano a formare delle ghiandole tubulari semplici che consentono la
secrezione di muco e sostanze protettive.
FISIOLOGIA
Trasporto di acqua ed elettroliti
Il colon accoglie al giorno circa 1500 cc di fluido e ne permette l'escrezione
di circa 150 g di feci, pertanto ha una potente azione riassorbitiva per quelle
sostanze che andrebbero perse.
Il processo di riassorbimento avviene a livello del colon destro e in
particolare nel cieco, pertanto il materiale passa la maggior parte del tempo
nel colon prossimale.
Esistono processi di riassorbimento attivi e passivi ma sono predominanti
quelli mediati da differenza di gradiente sia di concentrazione che elettrico.
La pompa Na/K permette una positivizzazione dell'ambiente interstiziale e
perciò attrae Cl- e HCO3-. L'acqua passa spontaneamente per gradiente
osmotico, mentre gli elettroliti positivi passano principalmente per via
transcellulare attraverso canali specifici o trasporto facilitato.
Avviene infatti il riassorbimento del 90% di acqua ed elettroliti tranne il K
che ne viene riassorbito solo il 50%.
Per rientrare nel circolo ematico le sostanze dal lume devono oltrepassare
l'epitelio, l'interstizio e la parete dei capillari.
Attività motoria
La motilità del colon è molto limitata rispetto al tenue e questo si spiega
anche per le differenti funzioni. Qui esistono 2 tipi di attività:
 Attività segmentaria: contrazione anulare preceduta da una
depolarizzazione delle cellule muscolari pacemaker che non si
propaga e serve per un rimescolamento del materiale colico. Prevale
nel colon trasverso e discendente ed è prevalente a digiuno.
 Attività propulsiva: ha invece una funzione di trasporto del materiale
verso il retto e si realizza a velocità variabile. Fattori che innescano
un'onda peristaltica sono la distensione radiale della parete intestinale
che stimolano un'attivazione della contrazione a monte ed una
distensione a valle per permettere la progressione del materiale.
Raramente l'onda propulsiva interessa tutta la lunghezza del colon e viene
definita movimento di massa e favorito dal pasto, dal risveglio e dal volume e
tipo di contenuto intracolico. Avviene con una frequenza di circa 4 volte al
giorno ed è correlato di solito allo stimolo all'evacuazione.
Le caratteristiche del tratto anorettale prevedono una costante continenza
mantenuta dalla contrazione dello sfintere interno e dall'angolo anorettale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Quando sopragiunge il movimento di massa si ha uno spostamento del
materiale fecale verso il retto e si rilascia lo sfintere interno, mentre per un
riflesso di chiusura si chiude lo sfintere esterno che entra a contatto col
materiale fecale. Se l'evacuazione non può essere effettuata la continenza
viene mantenuta dalla contrazione dello sfintere esterno e del muscolo
puborettale.
Durante evacuazione si ha rilasciamento dello sfintere esterno e rilasciamento
del pavimento pelvico con trasformazione dell'angolo anorettale in angolo
ottuso anziché retto.
Al termine dell'evacuazione il puborettale si contrae e riporta verso l'alto il
pavimento pelvico.
Flora batterica
Il colon è normalmente abitato da diverse specie batteriche che interagiscono
tra loro e mantengono un'omeostasi. I diversi ceppi vengono normalmente
tollerati dall'individuo ma in alcuni casi possono insorgere delle reazioni
autoimmuni.
Il loro ruolo è la produzione di sostanze nutritive per i colonociti come
acetato e butirrato provenienti dal metabolismo dei carboidrati non assorbiti.
Inoltre producono anche gas come idrogeno e metano. Esiste anche la
secrezione di sostanze tossiche come ammoniaca a seguito della
degradazione proteica.
Ci sono circostanze in cui la flora batterica si altera ad esempio dopo
all'assunzione di antibiotici che promuovono la selezione di ceppi resistenti
che hanno la meglio sugli altri e si replicano dando un'infezione come il
Clostridium Difficile.
Attività immunologica
Esistono 2 sistemi immunologici del colon molto attivi:
 Sistema intraluminale: caratterizzato dalla barriera offerta dal muco e
dall'integrità dell'epitelio. Le cellule esprimono TLR che scatenano
una flogosi a seguito del contatto con agenti estranei.
Oltre a queste caratteristiche le cellule secernono acqua e sali oltre a
citochine, defensine e NO.
 Sistema intramucoso: sistema suddiviso in
◦ Tessuto linfoide aggregato: a livello dell'interno della mucosa
l'antigene viene trasportato da cellule M specializzate che
mostrano l'Ag alle cellule APC che sn riconosciute da linfociti T
che organizzano una risposta immune cellulare ed umorale.
Questi linfociti una volta attivati entrano nel circolo linfatico e raggiungono il
circolo venoso per poi essere riportati all'intestino e fornire cellule del
linfoide diffuso.
◦ Tessuto linfoide diffuso: esistono cellule T helper che attivano
una risposta immunitaria e cellule T suppressor che hanno il
compito di sopprimere una risposta all'antigene evitando una
reazione esagerata.
CARATTERI DI
ALTERATA
FUNZIONE
- Anomalie del riassorbimento: incapacità di riutilizzare quei nutrienti che in
tal modo vengono eliminati con deplezione organica dell'individuo.
- Anomalie di motilità: nel caso del morbo di Hirshprung si ha un'incapacità
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
COLICA
di dilatazione dello sfintere interno. In caso di danno del puborettale e dello
sfintere esterno si ha incontinenza.
In generale le alterazioni della motilità in difetto o in eccesso sono
pseudoostruzione colica e stipsi nel primo caso e malattia diverticolare e
colon irritabile nel secondo caso.
- Alterazioni della flora batterica: a seguito di trattamento antibiotico o
immunosoppressione. Possono avere un ruolo patologico anche le variazioni
climatiche improvvise per alterazioni dell'equilibrio della flora o a seguito di
pasti con cibi anomali.
- Alterazioni della risposta immunitaria: si possono verificare delle coliti
acute autolimitantesi nel caso si sviluppi un'iperrisposta nei confronti di
antigeni luminali, sia esogeni che endogeni. Tuttavia la risposta suppressor
limita il danno.
Nel caso di inibizione della risposta suppressor si hanno delle risposte
immunitarie importanti ed esagerate che stanno alla base della patogenesi del
Crohn e della RCU.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE
INTESTINALI
MORBO DI CROHN
DEFINIZIONE
Si tratta di una patologia infiammatoria intestinale cronica che può
interessare qualsiasi tratto del tubo digerente dalla bocca all'ano anche se
risulta molto più frequente a livello dell'ileo distale e del colon.
Colpisce persone di diverse età e l'incidenza è in aumento soprattutto nelle
persone giovani, grazie all'accuratezza diagnostica e alla diagnosi precoce.
È la più comune causa di dolore addominale nel giovane.
Morfologicamente e clinicamente è una patologia variabile sia intraindividuo
che interindividuo.
Le tipiche presentazioni sono fibrosante, fistolizzante e infiammatoria.
La clinica prevede dei sintomi quasi sempre presenti ed una viariabilità molto
ampia di sintomi meno frequenti. I tipici sono diarrea (con o senza sangue),
calo ponderale e dolore addominale localizzato soprattutto in regione
mesogastrica.
EZIOLOGIA
In generale si tratta di una commistione di:
 Fattori genetici
 Fattori ambientali
 Fattori immunologici (alterazione barriera protettiva, alterazione
risposta nativa, alterazione risposta acquisita)
I fattori predisponenti per le IBD sono:
 Familiarità: avere un paziente di primo grado affetto è un rischio
molto maggiore di sviluppare la patologia rispetto alla popolazione
generale. Si stima che un genitore affetto ha una probabilità elevata di
avere figli con morbo di Crohn ma anche RCU per cui le 2 patogenesi
sono sovrapponibili.
È stata trovata una corrispondenza genetica con una mutazione sul
cromosoma 16 (gene NOD2/CARD15 che stanno alla base di una
trascrizione di una proteina che regola la risposta immunitaria nei confronti
dei batteri intestinali), ma anche 12,6 e 5.
 Fumo di sigaretta: è un fattore di rischio assicurato (ma soprattutto
per il morbo di Crohn)
 Appendicectomia: pazienti con la patologia hanno avuto una storia di
appendicectomia.
 Altri fattori: molto meno rilevanti come contraccettivi orali, dieta
ricca di grassi e povera di scorie.
Oltre a questi fattore predisponenti che determinano una suscettibilità
individuale si evidenziano fattori scatenanti la malattia come:
 Infezioni: da morbillo (che risiede per molto tempo nella mucosa
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
intestinale e induce granuloma), da micobacterium paratubercolosis.
E in periodo perinatale favorisce l'evoluzione verso il MC.
 Contenuto luminale: ipotesi che il fattore scatenante sia contenuto
libero nel lume intestinale.
 Flora batterica: sicuramente ha un ruolo se non scatenante
autosostentante l'attività immunitaria alla base della patologia.
PATOGENESI
Il meccanismo che provoca il danno riguarda in sintesi la risposta
immunitaria anomala ed esagerata contro antigeni normalmente tollerati a
seguito di perdita di tolleranza associata a condizioni predisponenti genetiche
ed ambientali. La risposta prevede un'attivazione delle cellule Th1 con
aumentati livelli di IFN, IL12, IL18, IL21 e TNF che dirigono una risposta
immunitaria anomala e incontrollata.
Perdita del gp180: fondamentale per il dialogo tra cell epiteliali interstiziali e
linfociti T helper per garantire la tolleranza orale nei confronti degli antigeni
propri o residenti. Si pensa che quest'azione sia provocata dalla attivazione
immunitaria che a causa delle citochine determina una traslocazione
intranucleare del recettore SOX9 con down regulation del recettore del
fattore gp180.
MORFOLOGIA
Dal punto di vista MACROSCOPICO le lesioni del MC si possono
suddividere in 3 caratteristiche:
 Possibilità di coinvolgimento di qualsiasi tratto dalla bocca all'ano
 Interessamento transmurale della parete intestinale
 Presenza segmentale delle lesioni con aree danneggiate a fianco di
aree sane.
Queste sono le peculiarità che differenziano il Crohn dalla RCU.
Il MC ha sede principale a livello ileo-colico, con minor frequenza a livello
solo ileale o solo colico.
La superficie interna mostra delle fissurazioni che sono ulcere serpiginose
diffuse in profondità ed estese maggiormente nei piani profondi rispetto alla
superficie. Esiste sempre un variabile ispessimento della mucosa e della
sierosa conseguente all'edema e alla congestione del circolo superficiale che
causa progressivamente fibrosi.
Le lesioni lungo il loro decorso possono presentarsi macroscopicamente in 3
modi:
80. Fibrostenosanti: forma tipica di progressivo restringimento del lume
intestinale a seguito del processo infiammatorio persistente con
evoluzione necrotica e sostituzione fibrosa. Chiaramente la
sintomatologia sarà di tipo occlusivo o sub-occlusivo.
81. Fistolizzanti o Perforanti: caratterizzati dalla formazione di aderenze
fibriniche tra le varie anse con l'espansione del processo
infiammatorio anche alle aree vicine e conseguente perforazione dei
visceri circostanti. Si parla infatti di fistole entero-enteriche, enterovescicali (con pneumaturia), entero-ureterali, entero-cutanee, enterovaginali. Nel peritoneo si fanno evidenti per deformazioni dello psoas
e dolore.
Spesso associati alla fistolizzazione sono presenti anche ascessi.
82. Infiammatorie: questo tipo si caratterizza per la presenza di aree
infiammate contigue ad aree sane a formare quindi delle protuberanze
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
edemigene infiammatorie della mucosa che assume l'aspetto tipico “a
selciato” o cobblestone. Spesso le lesioni infiammatorie possono
evolvere in fistole o stenosi.
Nello stesso paziente possono coesistere tutti e 3 i tipi morfologici.
Dal punto di vista MICROSCOPICO le lesioni tipicamente sono:
 Granulomi non caseosi
 Focali aggregati linfocitari e fissurazioni
 Infiammazione discontinua e transparietale.
Sono aspetti tipici del Crohn anche se l'assenza di granulomi non permette di
escludere MC.
Sono presenti spesso ulcere serpiginose (fissurazioni) che si approfondano
verso la sierosa.
Con la progressione delle lesioni si ha la formazione di fenomeni fibrotici e
stenosi conseguenti.
Le manifestazioni precoci e anche a seguito di chirurgia (visto che è una
patologia che recidiva a seguito di terapia chirurgica) sono le ulcere aftoidi
che sono piccole e superficiali.
Si può avere il riscontro di ulcere a “binario” o ulcere edematose con aspetto
“a selciato”.
Le lesioni che insorgono nel tratto superiore tendono ad autolimitarsi e a dare
una restitutio ad integrum. Inevitabilmente le lesioni intestinali tendono a
progredire verso complicanze e formazione di ascessi e stenosi.
Come evoluzione delle 3 forme di danno:
- Le forme stenosanti danno sintomi ostruttivi o di ostacolato transito
- Le forme infiammatorie danno sintomi di diarrea secretoria, essudazione
proteica, malassorbimento e deficit nutrizionali a seguito dell'alterazione
funzionale della mucosa.
- Le forme fistolizzanti tenderanno a dare ascessi, adesioni, fistole e scarico
di materiale nell'addome, nella pelvi e nel tessuto perianale.
CLINICA
La clinica del MC è di solito aspecifica nelle prime fasi e presenta dei sintomi
prodromici come calo ponderale, diarrea ricorrente (con o senza sangue),
dolore addominale ricorrente. Di solito il periodo di latenza tra esordio dei
sintomi e diagnosi è di 0-4 anni e in questo periodo vengono fatte diagnosi
erronee come colite o sindrome dell'intestino irritabile.
Nel bambino si può notare grazie ad un ritardo dello sviluppo.
In altri casi il sintomo d'esordio può essere una fistola perianale o
manifestazioni extraintestinali. Nel 10% dei casi avviene un esordio acuto e
repentino con forma simil-appendicite.
Con il passare del tempo i sintomi si fanno più stabili con diarrea, calo
ponderale, dolore (in sede periombelicale e in fossa iliaca destra), febbricola,
astenia, manifestazioni extraintestinali.
La clinica del MC è associata alla durata della malattia, alla sede, all'entità, e
alle caratteristiche di compliance del paziente.
Il fattore più importante tra questi è la sede visto che nell'ileo ci sarà
tipicamente una sindrome di malassorbimento o fistolizzazioni, nel colon ci
sarà diarrea o stenosi e nelle porzioni più basse ci saranno sintomi anali e
perianali che raramente danno una restitutio ad integrum.
I sintomi generali quindi sono:
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009








Dolore mesogastrico e in fossa iliaca destra
Diarrea cronica intermittente
Rettorragia e Tenesmo
Febbre
Massa addominale (soprattutto in fossa iliaca dx)
Calo ponderale (Deficit di crescita in pediatria)
Fistole perianali
Stomatiti aftose
Esiste anche una serie di sintomi extraintestinali che si associano al MC:
 Complicanze cutanee: pioderma gangrenoso ed eritema nodoso
 Complicanze articolari: artrite, spondilite anchilosante
 Complicanze oculari: uveite, iridociclite ed episclerite
 Calcoli biliari: dovuti all'aumentata permeabilità intestinale e ritorno
al fegato di una grande quantità di sali biliari che invece dovrebbe
essere escreta, questo determina sovraccarico biliare e la
sovrasaturazione può far precipitare dei sali di pigmento.
Oppure una patologia stenosante del tenue può ostacolare il trasporto della
bile e di conseguenza determina colestasi e possibile formazione di calcoli.
 Complicanze renali: tipicamente può insorgere una calcolosi, ma
anche un'idronefrosi.
 Adenocarcinoma del tenue e del colon (raro)
Nei pazienti giovani questi sintomi tendono ad essere più gravi e a
manifestarsi anche complicanze tromboemboliche che possono precedere di
molti anni l'esordio dei sintomi intestinali.
Le riacutizzazioni sono provocate da dieta, antibiotici, infezioni acute, fumo e
stress.
DIAGNOSI
27. Anamnesi: prevede l'anamnesi familiare e genetica, la presenza di
sintomi specifici.
28. Esame obiettivo: è importante perchè in presenza di certi segni con
certi sintomi si può facilmente ipotizzare un MC. La presenza di
dolore addominale continuo ed esacerbato in certe situazioni e diarrea
associati ad esempio a massa palpabile o fistole perianali e
manifestazioni extraintestinali sono segnali precisi di MC. Inoltre la
presenza di fistola entero-cutanea è l'unico segnale che è altamente
specifico per la malattia
29. Esami ematochimici: valutazione di anemia microcitica (per carenza
di ferro) e macrocitica (per malassorbimento di folati e B12), aumento
leucocitosi, PCR e VES durante l'infiammazione, ipoalbuminemia,
ipotrigliceridemia e alterazioni idro-elettrolitiche.
30. Endoscopia: esame importante che permette di vedere le tipiche
lesioni a selciato della forma infiammatoria o le ulcere a binario o le
stenosi in cui l'endoscopio non riesce facilmente a passare.
Tipicamente si fa una colonscopia o ileoscopia retrograda.
Utile talora anche la biopsia per riscontro di granulomi non caseosi
31. Radiologia: si fa la rx dell'addome per vedere i livelli idroaerei, la
radiografia specifica del tenue per vedere sede ed estensione delle
lesioni digiuno-ileali che rilevano ulcerazioni, stenosi; clisma opaco
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
con doppio contrasto per lo studio del colon; ecografia dell'addomepelvi soprattutto per vedere presenza di fistole o ascessi; la TC e la
RMN possono essere utili per lo studio delle complicanze.
TERAPIA
Non esiste una terapia specifica per MC visto che non si conosce esattamente
l'eziopatogenesi. Tuttavia si deve cercare di bloccare la progressione,
prevenire le riacutizzazioni e le recidive post-chirurgiche e trattare
preventivamente le complicanze.
 Corticosteroidi: utili per la fase di remissione a causa dell'azione
antinfiammatoria
 Immunosoppressivi: azatioprina e metotrexate
 Antibiotici: sempre per la fase di remissione cercando di annullare la
fase di sovracresita batterica.
 Terapia biologiche: vista la scarsa efficacia delle terapia precedenti
si è pensato di fare una terapia biologica mirata con ad esempio anti
TNFalfa che si è verificato avere effetti benefici. Alcuni effetti
collaterali possono essere le conseguenze della soppressione
dell'immunizzazione. È utile anche per la chiusura delle fistole
perianali.
 Per prevenire la recidiva post-chirurgica si ritiene necessario un
trattamento continuo con mesalazina, azatioprina o metronidazolo.
 Terapia chirurgica: indicata nei casi in cui i trattamenti precedenti
non abbiano effetto in pazienti con sintomi recidivanti ma anche in
individui con peritonite, ascessi e altre complicanze. Prevede la
resezione di tutto il tratto interessato. L'ileostomia definitiva è
riservato alle lesioni che interessano anche il retto.
RETTOCOLITE ULCEROSA
DEFINIZIONE
Si tratta di una malattia abbastanza frequente che colpisce le persone
soprattutto dai 15 ai 40 anni. L'interessamento è diverso dal MC in quanto in
questo caso viene colpito soprattutto l'ultimo tratto del colon e il retto è quasi
sempre interessato. La lesione poi può estendersi anche prossimalmente
causando lesioni al colon trasverso fino al sinistro e alla valvola ileo-ciecale
(in tal caso si parla di pancolite).
Tipicamente si manifesta con emorragie rettali ma spesso sono associati
febbre, ipoalbuminemia, calo ponderale e manifestazioni sistemiche.
La progressione determina un rischio aumentato di adenocarcinoma colonrettale.
EZIOLOGIA
È abbastanza frequente nei paesi sviluppati e pertanto c'è anche qui una
commistione di fattori ambientali, genetici ed immunologici.
A differenza del MC non si conoscono però mutazioni specifiche
predisponenti, tuttavia la base genetica è chiara per la predisposizione
familiare allo sviluppo della malattia. Parenti con MC o RCU sono più a
rischio di avere parenti che si ammalano.
 Fumo: a diff del MC il fumo è protettivo per la RCU
 Appendicectomia: protettiva per RCU a differenza del MC, e questo
avvalora l'ipotesi immunologica come patogenesi visto che nella
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
appendice cono concentrati follicoli linfatici.


Altri fattori: forse possono favorire lo sviluppo della malattia
contraccettivi orali.
Batteri
PATOGENESI
È evidentemente immuno-mediata sulla base dell'ampia risposta alla terapia
immunosoppressiva, presenza di anticorpi circolanti p-ANCA, frequente
associazione con malattie autoimmuni, aumento del numero e dell'attività
delle cellule competenti mucosali.
L'ipotesi è un'iperreazione nei confronti di antigeni batterici, virali o
alimentari.
MORFOLOGIA
L'aspetto MACROSCOPICO della malattia prevede delle differenza
essenziali con il MC. L'interessamento è esclusivo del colon e nella
maggioranza dei casi viene interessato il retto ma spesso si ha un'espansione
retrograda verso le altre sedi.
L'infiammazione è limitata alla mucosa e non è transmurale.
La superficie mucosa patologica si interrompe bruscamente per lasciare
spazio a quella sana. Quella lesionata presenta superficie granulare,
edematosa e numerosi pseudopolipi. La caratteristica tipica è una tendenza
spiccata all'emorragia spontanea e quindi il paziente si presenta sempre con
rettorragia.
Inoltre la mucosa lesionata è continua e non presenta aspetto a selciato come
il MC.
La sierosa e la parete in generale non sono ispessite visto che il processo si
limita alla mucosa.
L'aspetto MICROSCOPICO vede la presenza di un'infiammazione mucosa
e parzialmente sottomucosa con flogosi essudativo-emorragica che è
responsabile dell'aspetto granuloso della superficie interna. C'è edema.
L'infiltrato è rappresentato da granulociti neutrofili, monociti, linfociti,
plasmacellule, macrofagi ed eosinofili. Tipicamente i neutrofili si infiltrano
nelle cripte intestinali e determinano gli ascessi criptici. Inoltre viene
compromessa la secrezione mucosa (deplezione mucinica). Infine si ha una
distorsione delle ghiandole.
L'espansione delle lesioni è correlata direttamente al decorso clinico a diff del
MC.
In pazienti con RCU di lunga durata si ha una comparsa di displasia che può
essere di alto o basso grado. In caso di alto grado il paziente deve essere
monitorato attentamente per cercare di rilevare precocemente il possibile
sviluppo di adenocarcinoma, che in questa malattia risulta essere abbastanza
frequente e preceduto da polipi adenomatosi e villosi su cui si instaura il
cancro.
CLINICA
I sintomi d'esordio sono quasi gli stessi della malattia conclamata e per
questo si può affermare che non esiste in tale patologia un periodo
prodromico a differenza del MC. Il sintomo d'esordio molto spesso è
l'emorragia rettale associata o meno alle feci. Può esserci anche tenesmo,
diarrea e dolori addominali.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

Emorragia: tipico segnale di RCU che viene riferito dal paziente
come presenza di sangue rosso vivo con le feci. Se è separato dalle
feci si tratta probabilmente di una lesione che interessa solo il retto, se
è frammisto si parla di una lesione più estesa.
 Tenesmo: sensazione di evacuazione anche quando non c'è scarica
fecale, questo fa riferimento ad una grave infiammazione del retto che
determina una attivazione del riflesso di scarica anche per piccole
sollecitazioni.
 Diarrea: in questa malattia la diarrea è sia di tipo osmotico che di tipo
secretorio ma anche motorio. La diarrea è quasi sempre presente
tranne nelle forme coliche distali in cui può mancare. In presenza di
colite sinistra o totale la diarrea è sempre presente. Si può verificare
stipsi se la malattia colpisce il colon distale.
 Dolore addominale: è un dolore generale a tutti i quadranti
addominali e non scompare col riposo e nemmeno con le evacuazioni
a differenza delle malattie funzionali coliche.
 Calo ponderale: spesso associato e innescato da perdita di materiale
nutritizio per malassorbimento, anoressia e perdita di proteine.
Questi quadri clinici sono frequenti e di base nella patologia attiva, esistono
poi dei parametri ematochimici caratteristici come: aumento degli indici di
flogosi (leucocitosi, VES e PCR), anemia microcitica per perdita di ferro,
ipokaliemia e ipocloremia che determinano una alcalosi metabolica.
Nella colite estesa è più facile che si sviluppino delle complicanze anche
gravi che possono avere un'elevata mortalità:
 Megacolon tossico: si tratta di una dilatazione esagerata del colon
acuta a cui seguono manifestazioni di tossicità sistemica come febbre,
tachicardia, disidratazione e squilibri elettrolitici. È un quadro clinico
importante e richiede ricovero.
 Perforazione: complicanza del megacolon tossico
 Insufficienza multiorgano: causata dalla tossicità delle sostanze
ritenute con insufficienza polmonare, epatica e renale.
 Adenocarcinoma: tumore frequente nei pazienti che hanno da lungo
tempo RCU, è preceduto da una displasia ad alto grado. Il paziente
infatti deve essere monitorato e in caso positivo va sottoposto a
colectomia profilattica.
Esistono anche complicanze sistemiche come nel MC:
 Articolari: artriti e versamenti articolari
 Oculari
 Cutanei
 Biliari
 Amiloidosi
 Calcolosi
 Malattia tromboembolica.
STADIAZIONE
DIAGNOSI
La gravità della malattia viene posta in base a 6 criteri: numero di scariche
giornaliere, sangue nelle feci, febbre, frequenza cardiaca, anemia, VES.
 Anamnesi: domande sulla familiarità, genetica e comportamento e
presenza di sintomi riferiti dal paziente. Importante richiedere recenti
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
viaggi o alterazioni dietetiche o infezioni intestinali che possono dare
una sintomatologia sovrapponibile.
 Esame obiettivo: può mettere in evidenza delle masse addominali
(anche se sono più frequenti nel MC associate a dolore mesogastrico e
in fossa iliaca dx) o evocare dolori o possono essere visibili
complicanze sistemiche. La presenza di sangue nelle feci in pazienti
con meno di 60 anni e sintomi di diarrea, dolore e tenesmo sono
fortemente indicativi. Invece la presenza di fistole perianali depone
per MC.
Importante l'esplorazione rettale per fare dd con emorroidi, ragadi o masse
rettali.
 Esami ematochimici: esclusione di infezione, VES e PRC elevate,
ipoalbuminemia, riduzione del fibrinogeno, potassio e piastrine.
 Radiologia: importante l'esame al clisma opaco a doppio contrasto per
vedere ulcere e pseudopolipi. Esame radiologico importante per
evidenziare una dilatazione gassosa del colon e predire una
condizione iniziale di megacolon tossico.
 Colonscopia: esame fondamentale per permettere la diagnosi
definitiva. Visualizza le lesioni della mucosa ed esclude infezione da
CMV che può avere sintomi simili. Non si può fare diagnosi di RCU
senza aver fatto colonscopia. È anche essenziale per la diagnosi
differenziale con MC. Importante anche per il prelevamento di pezzi
bioptici. Durante la fase acuta severa si può identificare una o più
zone di sanguinamento, mentre nella remissione c'è riduzione del
pattern vascolare visibile.
TERAPIA
La terapia prevede inizialmente un'induzione della remissione e in seguito un
mantenimento e prevenzione delle recidive. In casi gravi e severi in cui non
c'è risposta farmacologica si opta per la chirurgia.
Forme lievi-moderate:
 Mesalazina: farmaco antinfiammatorio efficace in molti casi con
vantaggio di avere un'ampia tollerabilità e la disponibilità anche come
clisma.
 SAP: unione di un sulfamidico con un antinfiammatorio tipo
mesalazina o 5-ASA. Induce la remissione nel 80% delle forme
moderate-lievi.
 Corticosteroidi: utilizzati a scopo antinfiammatorio, sono molto
efficaci ma in alcuni pazienti possono indurre dipendenza continua
dagli steroidi e ricomparsa delle lesioni dopo sospensione. Vengono
utilizzati quando non c'è risposta a SAP e mesalazina.
Forme severe:
 Messa a riposo del colon + corticosteroidi endovena
 Ciclosporina nel caso di mancata risposta
 Infliximab: risposta biologica con inibizione del recettore del
TNFalfa, questa terapia induce remissione nelle forme severe nel 6080% dei pazienti.
 Nei pazienti con steroido-dipendenza si usano azatioprina e/o
metotrexate
Per mantenere la remissione si usa mesalazina, SAP o azatioprina (caso di
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
forme croniche.

Terapia chirurgica: riservata ai pazienti che non rispondono alle
terapie precedenti per 5 giorni di seguito. Le forme di megacolon
tossico e displasia severa sono direttamente trattate con la chirurgia.
L'intervento di proctocolectomia totale consente la guarigione.
Tuttavia il paziente richiedeva fino a poco tempo fa una ileostomia definitiva
che era molto limitante la qualità di vita.
Oggi si effettua una sacca ileale (Pouch) con utilizzo di una parte dell'ileo per
formare un sacco che funge da pseudo-colon in modo tale da evitare
l'ileostomia. Si possono verificare fenomeni di infezione della sacca
(pouchite).
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
SINDROME DELL'INTESTINO IRRITABILE
DEFINIZIONE
Si definisce come una sindrome facente parte delle patologie funzionali che
colpiscono l'intestino. È una combinazione variabile di sintomi
gastrointestinali cronici o ricorrenti non spiegabili con la presenza di
alterazioni strutturali o biochimiche.
È una patologia frequente che colpisce circa il 15% della popolazione ma
solo una minoranza di questi si rivolgerà al medico.
Ha un costo elevato dal punto di vista psicologico nel senso sia dei costi
sanitari dovuti a frequenti ricoveri, sia per conseguenze psicologiche dei
sintomi continui.
Il dolore è relazionato alla defecazione o a un cambiamento dell'alvo con
segni di distensione addominale.
Viene definita in modo diagnostico come un dolore o fastidio addominale che
dura per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi con almeno 2 delle
caratteristiche seguenti:
 Dolore migliora o regredisce dopo l'alvo
 Insorge in associazione ad una variazione della frequenza o della
consistenza delle feci.
In più possono coesistere altri sintomi come frequenza minore di 3 volte a
settimana, più di 3 volte al giorno, feci dure o molli, sforzo durante
evacuazione, stimolo impellente, distensione addominale, presenza di muco
nelle feci.
È una patologia che colpisce più di frequente le femmine.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
L'eziopatogenesi di questa forma è abbastanza complessa visto che sono
interessate alterazioni ereditarie ed ambientali. Le interazioni ambientali però
sembrano giocare un ruolo predominante.
La patologia si manifesta per un'alterazione della funzione motoria e
secretoria con un'associazione di disfunzione sensitiva derivante
dall'iperstimolo neuroendocrino sia da parte del SNA che del SNC.
 Ipersensibilità viscerale: situazione in cui la responsività con fastidio
o dolore addominale a seguito di una distensione è molto maggiore
rispetto alla normalità per entità fisiologiche di distensione
addominale. Questo complesso è favorito da un'iperattività delle fibre
nervose terminali e meccanocettori mucosali associata anche ad
un'iperattività a livello del SNC nelle corna posteriori sensitive. In tal
modo lo stimolo raggiunge con maggior facilità i centri corticali
superiori e dà una risposta cosciente sensitiva. L'intensità e la
frequenza del dolore si è visto che correlano col numero di mastociti
attivati nella mucosa.
 SII post-infettiva: ipotesi per cui a seguito di un'infezione il sistema
immunitario rende più responsiva la mucosa a seguito di normali
stimoli.
 Controllo neuroimmunoendocrino: lo stress, l'ansia, la paura, la
rabbia e la tristezza e altre sensazioni soggettive elaborate dal sistema
motorio emozionale a livello della corteccia prefrontale, amigdala e
ipotalamo sembra che stimolino l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009


CLINICA
DIAGNOSI
la produzione di CRF (corticotropin releasing factor), cortisolo,
adrenalina e noradrenalina che vanno a stimolare la degranulazione
dei mastociti sulla mucosa intestinale. Inoltre alterano la responsività
della mucosa aumentando la permeabilità e dunque la risposta
immunitaria ad antigeni prima tollerati. Così avviene una maggiore
liberazione di citochine che si ripercuotono sul SNC in modo
efferente e generano un circuito vizioso dove i sintomi emozionali
perdurano.
Profilo psicologico: si è visto che la maggior parte dei pazienti (che
richiedono intervento medico) hanno un profilo psicologico alterato a
seguito di modello di comportamento della famiglia, livello culturale,
traumi psichici o fisici.
Chirurgia addominale: si è visto che molti pazienti con SII hanno
avuto in passato interventi di chirurgia addominale o pelvica e questa
potrebbe aver influito attraverso diversi modi: ansia, antibiotici,
alterazione della flora batterica. Ma è possibile che gli interventi
derivino anche da un ricorso eccessivo al medico e quindi
un'interpretazione erronea dei sintomi.
Molto spesso si tratta di sintomi riferiti dal paziente come presenti da lungo
tempo e scatenati dal pasto mentre sono alleviati dall'alvo sia di solidi che di
gas. I sintomi maggiormente riferiti sono dolore addominale diffuso che può
molto spesso rivelarsi più un fastidio che un dolore vero e proprio mentre in
altri casi può rilevarsi un dolore acuto.
Spesso le ricadute sono associate a stress psicofisici e consistono in
alterazioni della frequenza o della entità dell'alvo, dolore e riduzione di esso
con la evacuazione.
Molto frequenti sono anche i sintomi come flatulenza, distensione
addominale, meteorismo e borborigmi.
Possono essere associati sintomi extraintestinali come ansia, cefalea, astenia,
disturbi urinari o depressione.
In base alle caratteristiche viene classificata in 4 gruppi:
 Stipsi prevalente
 Diarrea prevalente
 Quadro misto e alterno
 Inclassificata

Anamnesi: familiare, sintomi specifici (classificazione di Roma),
fattori scatenanti (stress di varia natura)
 Esame obiettivo: in generale le condizioni del paziente sono buone e
non ci sono sintomi d'allarme. L'addome può essere dolente alla
palpazione con meteorismo. In alcuni casi si può avere la tipica
“corda colica” riferibile ad un colon estremamente contratto e
dolorabile spesso a sinistra.
 Laboratorio: emocromo, indici di flogosi, esame delle feci (compreso
il microbiologico per escludere infezione), test allergici.
Con queste 3 operazioni è possibile risolvere la maggioranza dei casi clinici
senza intervenire con esami più invasivi e costosi.
Tuttavia nel caso insorgano segni e sintomi di complicanze è opportuno
procedere con adeguati accertamenti diagnostici.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
I sintomi e segni d'allarme sono l'anemizzazione, il sangue nelle feci,
l'alterazione improvvisa dei sintomi, il calo ponderale, la febbre, le
tumefazioni addominali e il risveglio notturno causato dai farmaci.
Queste situazioni vanno indagate per escludere malattie organiche
dell'intestino.
83. Nel caso della forma stipsi-prevalente bisogna supporre un ostacolo
meccanico con la colonscopia, un disordine metabolico con dosaggi
ormonali appropriati, oppure casi meno frequenti di stipsi con
rallentato transito e disordini dell'evacuazione con tempo di transito e
manometria ano-rettale.
84. Nel caso della forma diarrea-prevalente o mista si deve pensare alla
malattia celiaca e si fanno le indagini per vedere gli Ab antiTG e antiendomisio oltre ad una esofagogastroduodenoscopia e biopsia
duodenale; deficit di lattasi indagato con breath test al lattosio o dieta
priva di latte; infezioni parassitarie con coprocoltura;
iperproliferazione batterica con breath test; diarrea secretoria;
intolleranze alimentari con dieta priva degli alimenti in questione;
malassorbimento dei sali biliari.
La presenza di rettorragia benché spesso di natura emorroidaria richiede una
colonscopia. L'esame ecografico è utile per fare un'adeguata diagnosi
differenziale con le malattie intestinali croniche.
TERAPIA
La terapia una volta fatta la diagnosi prevede in primo luogo la rassicurazione
del paziente sulla patologia benigna, la spiegazione dello stato morboso e
della necessità in parte di convivere cronicamente con i sintomi del colon
irritabile. È utile effettuare una dieta particolare escludendo caffè, alcolici e
fumo e invitando il paziente ad assumere pasti regolari e non abbondanti.
È sempre opportuno valutare eventuali intolleranze alimentari.
 Il dolore viene trattato con antispastici ed antidepressivi, tuttavia nel
30% dei casi si ha remissione col placebo.
 Il meteorismo si tratta con probiotici o con antibiotici scarsamente
assorbibili.
 La stitichezza si risolve somministrando dei lassativi (lattulosio e
lattitolo), ma in prima istanza si cerca di far fare una dieta ricca di
fibre.
 La diarrea si cura riducendo l'introito di fibre, somministrando
sostanze che aumentano la consistenza fecale come caolino, evitare
dolcificanti e bevande gasate, si possono dare antibiotici non
assorbibili e colestiramina che cura un eventuale malassorbimento
degli acidi biliari e loperamide.
 Esistono anche nuovi farmaci come agonisti dei recettori 5HT4
stimolano liberazione di Ach e tachichinine, influenzando anche la
consistenza delle feci. Utile per la stipsi. Anche agonisti per il
recettore CCK1 in grado di accelerare il transito nel colon. Anche
antagonisti selettivi per i recettori NK2 che legano le neurochinine.
Viene ridotta la percezione del dolore.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIA DIVERTICOLARE DEL COLON
DEFINIZIONE
Viene definito diverticolo colico un'estroflessione della mucosa e
sottomucosa del colon in prossimità di loci minoris resistentiae. Si tratta di
una patologia molto frequente e si stima che 2/3 delle persone sopra gli 80
anni presentino questo stato che nell'80% dei casi risulta essere del tutto
asintomatico e scoperto per caso a seguito di esami per altri motivi.
In genere quindi i diverticoli sono falsi cioè rappresentati solo da mucosa e
sottomucosa e non da tutte le componenti della parete del colon, tranne in
alcuni casi di diverticoli congeniti.
Si definisce diverticolosi la presenza anatomica di più lesioni, mentre con
sindrome diverticolitica la presenza di segni infiammatori a carico dei
diverticoli.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
La mucosa del colon presenta delle porzioni occupate solo da mucosa e
sottomucosa in cui i vasi perforanti (vasa recta) passano dalla muscolare alla
sottomucosa e mucosa per irrorare gli strati più interni. Non essendo dotati di
muscolatura questi luoghi sono più deboli e possono dare origine ad
un'estroflessione verso l'esterno a seguito dell'aumento della pressione nel
lume intestinale o per una debolezza intrinseca della parete.
Questi 2 aspetti coesistono:
 Debolezza della parete (che spiega l'aumento di incidenza con l'età in
cui il collagene viene progressivamente sostituito dall'elastina)
 Aumento pressorio: nei tratti distali del colon (a sx) si hanno
movimenti molto più rari e infrequenti e così le pareti sono più
collassate e la pressione aumentata. Quando arriva un impulso
gastrocolico si ha dilatazione delle parti distali e passaggio di
materiale fecale.
Nelle popolazioni occidentali la dieta ricca di grassi, zuccheri ed alimenti
raffinati favorisce l'aumento pressorio a causa della riduzione della massa
fecale a differenza di una dieta che privilegia le fibre e che aumenta la massa
fecale e quindi dà dilatazione e riduzione pressoria.
Infatti la malattia diverticolare ha una frequenza maggiore negli occidentali.
La presenza delle lesioni è quindi influenzata da fattori ambientali, mentre la
sede delle lesioni sembra essere associata a fattori genetici.
In generale il retto viene sempre risparmiato e la porzione più colpita è il
sigma.
CLINICA
Prevalentemente asintomatico (80%).
Alcuni casi sono sintomatici (20%).
Dei casi sintomatici 15% sono attribuibili ai sintomi primari, il restante 5%
sono dovuti a complicanze della malattia diverticolare.
I sintomi primari sono simili a quelli dell'intestino irritabile con dolore
addominale aumentato dal pasto e ridotto dall'evacuazione, meteorismo e
alterazioni dell'alvo. I parametri ematochimici sono nella norma.
La principale complicanza è la diverticolite che si manifesta come
infiammazione della sacca diverticolare per ristagno di materiale fecale a
seguito spesso di stipsi funzionale. L'evoluzione di questa situazione può
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
contribuire alla genesi di eventi dannosi come infiammazione della mucosa e
possibile ulcerazione. Se la flogosi si estende alle strutture vicine si parla di
peridiverticolite.
In alcuni casi i valori infiammatori sono alterati e all'esame obiettivo si ha
dolore in una zona circoscritta. Il dolore è spesso costante, anche notturno e
severo e nei casi gravi richiede ospedalizzazione.
Spesso possono essere interessate le strutture vicine come la vescica dando
disuria.
L'emorragia è una complicanza molto rara però quando è presente spesso è
un segno grave che può portare a shock ipovolemico sia a seguito di rottura
del colon sia per perforazione delle arterie al margine del diverticolo.
Comunque nella maggioranza dei casi si risolve spontaneamente.
DIAGNOSI






TERAPIA
Anamnesi: nei casi di forme sintomatiche. In caso di emorragia da
diverticolo il sangue è rosso vivo o scuro e molto abbondante. In
genere non si associa dolore addominale.
Esame obiettivo: sempre nelle forme sintomatiche con palpazione
dell'addome.
Clisma opaco a doppio contrasto (Rx): diagnosi molto efficace. È in
grado di vedere le sacche diverticolari, la loro pienezza o meno in
base alla presenza del bario e la eventuale formazione di
fistolizzazioni in cui si immette il bario.
Ecografia
Endoscopia: rileva le lesioni infiammatorie e l'edema. Bisogna fare
attenzione alla fragilità della parete e quindi deve esserci una grande
accuratezza da parte dell'endoscopista
TC, RMN, Ultrasonografia: utili per rilevare le complicanze.
Nei casi asintomatici può essere adottata la dieta ad alto contenuto di fibre in
modo da aumentare la massa ed il transito fecale con riduzione della
pressione intraluminale. Si cerca di evitare la stipsi.
Gli episodi acuti sono trattati di solito con antibiotici e altri farmaci usati
nella sindrome dell'intestino irritabile.
In alcuni casi si può ripristinare la volemia attraverso infusione endoarteriosa
di vasopressina per controllare un'emorragia consistente.
Solo l'1% dei pazienti deve sottoporsi ad intervento chirurgico e le
indicazioni selettive sono: perforazione, peritonite, stenosi, fistole,
carcinoma, fallimento della terapia.
Si effettua una resezione e confezione di un'anastomosi senza stoma
protettivo temporaneo. Di solito è fatta una resezione segmentaria
(emicolectomia sinistra). Nei casi di emergenza si esegue l'intervento in 2
steps in cui si prevede anche la formazione di stomia protettiva.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
LE COLITI GRAVI
DEFINIZIONE
EZIOLOGIA
Si tratta di infiammazioni del colon che danno sintomi e segni sovrapponibili
tra loro non potendo differenziare le varie forme di coliti su base eziologica.
Le caratteristiche di una colite acuta sono:
 Diarrea con sangue (più di 6 scariche al giorno)
 Febbre (maggiore di 38)
 Tachicardia
 Dolore addominale
 Decadimento delle condizioni generali.
Come segni si possono valutare:
 Aumento della VES e PCR
 Leucocitosi
 Ipoalbuminemia
 Ipocloremia, ipokaliemia, ipocalcemia e alcalosi metabolica per
eccessiva escrezione di H+.





DECORSO
IBD (tipicamente la RCU)
Infezioni (shigella, salmonella, campylobacter, amebiasi, clostridium
difficile, escherichia coli enteroinvasivo, CMV.
Ischemie
Radiazioni
Farmaci (FANS, antiblastici, cocaina)
Le coliti gravi si differenziano in forme complicate e non complicate.
Le forme non complicate richiedono ospedalizzazione per mantenere
controllati i parametri fisiologici ed evitare comparsa di complicanze.
Le forme complicate invece prevedono complicanze locali e sistemiche.
La complicanza più importante a livello locale è data dal MEGACOLON
TOSSICO conseguenza rilevante della RCU, ma potenzialmente di ogni
colite grave. Si tratta di una dilatazione esagerata del colon trasverso a
seguito di una alterazione dei plessi nervosi intraparietali che non permettono
più una contrazione tonica della muscolatura. In questo modo il colon diventa
gigante e aumenta la sua permeabilità permettendo a tossine, batteri e
sostanze tossiche di entrare in circolo e potenzialmente causare un danno
sistemico multiorgano. Si associa a disordini elettrolitici, leucocitosi, squilibri
acido-base, febbre e segni di tossicità periferica.
Le forme di danno sistemiche invece comprendono eventi spesso fatali. Si
parla di DISFUNZIONE MULTIORGANO quando dalla parete del colon
le cellule infiammatorie passano in circolo e si verifica una sepsi per
disseminazione batterica. I primi organi colpiti sono chiaramente il fegato e il
rene. L'unica opzione è la rimozione del colon che è il fulcro della
infiammazione.
Meno comune il danno locale da EMORRAGIA e PERFORAZIONE.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
DIAGNOSI
TERAPIA




Clinica
Laboratorio (esami ematochimici)
Radiografia per vedere la dilatazione del colon
Sono da evitare le indagini che provocano una dilatazione dei visceri
per insufflazione di aria all'interno.
Colite infettiva da trattare con antibiotici.
RCU con antinfiammatori e cortisonici.
In ogni caso è importante ristabilire l'equilibrio idro-elettrolitico ed acidobase del paziente con infusione di soluzioni contenenti nutrienti. Necessaria
l'infusione di sodio, potassio e cloro.
In casi gravi è necessario mettere in atto u intervento di colectomia di
emergenza (caso di emorragia, megacolon, perforazione e disfunzione
multiorgano) ma risulta necessaria anche quando non si verifica una risposta
clinica ad una terapia medica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
STIPSI E DIARREA
STIPSI
DEFINIZIONE
La stipsi viene definita come una difficoltà, una insoddisfazione e una ridotta
frequenza dell'atto evacuativo.
In generale si parla di stipsi quando:
 Paziente riferisce di avere evacuazioni con frequenza minore di 2
volte a settimana
Oppure presenza di 2 sintomi tra i seguenti nel 25% delle evacuazioni:
 Sforzo evacuativo
 Feci dure
 Sensazione di evacuazione incompleta
 Sensazione di blocco o ostruzione ano-rettale
 Utilizzo abituale di manovre manuali
 Presenza di meno di 3 evacuazioni alla settimana.
Per quanto riguarda la stipsi acuta si tratta di una situazione di solito
consecutiva ad un intervento di chirurgia addominale e conseguente
ritenzione delle feci per qualche giorno, la situazione si risolve subito con un
lassativo blando.
La stipsi tende a colpire maggiormente le donne.
Esistono numerosi fattori dietetici che predispongono alla stipsi e che quindi
risolvendo la situazione con una semplice dieta corretta c'è scomparsa della
stipsi. La stipsi è associata ad una dieta povera di fibre che tendono ad
aumentare la massa fecale sia per materiale indigeribile sia per aumento della
flora batterica che produce i gas e stimola la distensione e il movimento di
massa. Anche un carente apporto di liquidi è correlato ad un rischio maggiore
di stipsi.
Inoltre anche disturbi psicologici soprattutto nell'infanzia o semplicemente
stimoli nell'ambiente lavorativo che necessitano una repressione dello stimolo
provocano a lungo andare una stipsi cronica con ritenzione del materiale
fecale nel retto.
EZIOLOGIA
Esistono 2 classi di stipsi:
 Stipsi idiopatica o primaria
 Stipsi secondaria: associata a:
◦ Alterazioni endocrine: ipotiroidismo, iperparatiroidismo, diabete
◦ Alterazioni metaboliche: disidratazione e cachessia
◦ Alterazioni neuromuscolari: Parkinson, Hirshprung, Chagas,
neuropatie, lesioni del midollo spinale.
◦ Alterazioni psichiche: depressione, ansia, psicosi
◦ Ostruzioni extraluminali o luminali: tumori, stenosi, volvolo
◦ Farmaci: anticolinergici (antidepressivi, antispastici,
antipsicotici), analgesici, neuroattivi (oppioidi, anti-ipertensivi,
antiepilettici), agenti contenenti cationi (supplemento di ferro,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
antiacidi, cationi)
◦ Infiammazioni: diverticolite, proctosigmoidite
◦ Lesioni anali: ragadi, ascesso, emorroidi.
◦ Alterazioni muscolari: diverticoli, distrofia miotonica,
sclerodermia.
PATOGENESI
La stipsi primaria o idiopatica avviene attraverso diversi meccanismi e viene
pertanto classificata in 3 diverse forme di stipsi FUNZIONALE:
85. Transito del colon normale
86. Inertia coli (deficit di transito colico)
87. Difetto della fase espulsiva
Spesso questi sintomi sono frequenti nel sesso femminile e sono poco
responsivi a blandi lassativi o assunzione di fibre.
- I pazienti che lamentano sintomi ma hanno un transito normale
probabilmente hanno un problema di percezione sensitiva dell'atto
defecatorio e spesso soffrono di disagio psicosociale.
Una forma a parte della stipsi con normale transito è la sindrome
dell'intestino irritabile.
- I pazienti con inertia coli hanno una riduzione della motricità intrinseca del
colon non tanto a riposo, ma soprattutto a seguito del pasto quando dovrebbe
esserci la distensione addominale e la partenza del movimento di massa.
Analisi accurate hanno permesso di vedere in questi pazienti una riduzione
del numero delle cellule di Cajal a capo della contrazione nel plesso
mienterico e sottomucoso.
È comunque importante dividere i pazienti con inertia coli in:
 Inertia coli vera: ridotto numero di contrazioni propulsive
 Ridotta motricità conseguente ad un aumentato numero di contrazioni
segmentanti e non propulsive soprattutto a livello del colon dx in cui
il materiale rimane per più tempo.
- I pazienti con problemi alla defecazione hanno una stipsi da modificazioni
morfo-funzionali del pavimento pelvico come rettocele, prolasso rettale,
mancato rilassamento del pubo-rettale e mancata apertura adeguata dello
sfintere anale. In quest'ultimo caso si parla di dissinergia addomino-pelvica
che è tipica della malattia di Hirshprung in cui ad un'aumento della spinta del
torchio addominale che causa un aumento pressorio si sviluppa un mancato
rilasciamento degli sfinteri.
DIAGNOSI
 Anamnesi: comportamentale, patologica remota, fisiologica,
farmacologica, alimentare e igienica.
 Esame obiettivo: ispezione, esplorazione pelvica e rettale per cercare
di escludere malattie organiche che possono dare stipsi come tumori o
stenosi infiammatorie.
 Test ematochimici: emocromo, glicemia, creatininemia, calcemia,
fosforemia, analisi di funzione tiroidea per escludere stipsi secondaria
da malattie metaboliche, endocrine e infiammatorie.
 Clisma opaco o colonscopia: per evitare che si tratti di un CCR in
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
pazienti oltre i 40 anni che non si sono mai sottoposti a screening.
 Adeguati regimi dietetici: a questo punto si sono escluse le cause
organiche e quindi si ipotizza un problema alimentare e si danno cibi
con aumentato carico idrico e fibre.
Se anche dopo questo test la risposta è inadeguata allora si diagnostica una
STIPSI FUNZIONALE.
A questo punto si analizzano altri fattori per vedere a quale dei 3 tipi
appartiene la stipsi del paziente:
 Studio del tempo di transito oro-fecale: esame utile che permette di
vedere se il tempo è sopra o sotto il paziente controllo. Normalmente
il valore più alto è 96 ore. Esistono pazienti con transito minore di 96
ore e perciò questi apparterranno alla prima categoria di transito
colico normale, mentre altri supereranno le 96 ore con tempo di stasi
maggiore per rallentamento sostanziale nel colon e colon-retto.
Questi pazienti avranno un'inertia coli.
 Manometria ano-rettale: permette di vedere le pressioni all'interno del
retto e canale anale durante varie situazioni sia a riposo che durante
sforzo di defecazione. Questo esame è utile per rilevare una
dissinergia addomino-pelvica tipica del morbo di Hirshprung.
I pazienti positivi al test avranno una stipsi idiopatica da alterazioni alla
scarica fecale.
 Test di espulsione del palloncino: utile a valutare la difficoltà
evacuativa.
 Defecografia: durante diversi momenti viene opacizzato il retto e si
fanno delle radiografie in diversi momenti per vedere lo stato della
dilatazione del retto, l'angolo ano-rettale, la mobilità del pavimento
pelvico.
 Elettromiografia: utile per vedere anomalie della contrazione dello
sfintere anale esterno e del pubo-rettale.
 Studio dei tempi di latenza dei nervi pudendi e perineali: utile per i
casi di alterazione neurologica di questi nervi.
TERAPIA
Per le lesioni secondarie è necessario risolvere le cause che hanno scatenato
la stipsi. Nelle stipsi idiopatiche è opportuno valutare le diverse situazioni.
Come regola generale i principi terapeutici della stipsi sono:
32. Dieta ricca di fibre e acqua
33. Pianificazione degli orari di defecazione soprattutto a seguito dei
pasti e al risveglio dove sono attivi i movimenti di massa
34. Utilizzo di lassativi osmotici salini.

In stipsi idiopatica con normale transito si opta per dieta adeguata e
defecazione controllata e pianificata. È opportuno valutare eventuali
fattori dietetici o igienici che possono portare alla stipsi.
A volte si richiede l'intervento di uno psicologo.
 In inertia coli si aumenta l'assunzione di fibre in modo tale da
aumentare la massa fecale e la produzione di gas da parte dei batteri
in modo da dilatare le pareti del colon e stimolare la genesi delle onde
peristaltiche. Nello scegliere il lassativo è preferibile un tipo non
assorbibile.
 In pazienti con alterata capacità espulsiva si consigliano liquidi e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

fibre. In certi casi si fa il biofeedback ed educazione al rilasciamento
degli sfinteri nel caso di dissinergia addomino-pelvica.
In pazienti con lesioni neurologiche benchè siano lesioni organiche la
terapia è la stessa delle forme idiopatiche nel senso che si consigliano
acqua e fibre ed eventualmente lassativi e stimoli rettali per avviare
l'evacuazione.
La terapia chirurgica viene attuata solo in alcuni casi specifici in cui non c'è
risposta alla terapia conservativa e pertanto i pazienti con stenosi idiopatica
del colon, stipsi severa e incapacità a vivere con il disturbo. Si può fare
un'emicolectomia o una colectomia totale con ileorettoanastomosi.
I lassativi sono farmaci che vengono indicati principalmente in età avanzata
per ridurre lo sforzo fisico durante evacuazione. I principali sono:
 Lassativi formanti massa (crusca)
 Lassativi osmotici (sali di sodio e magnesio, disaccaridi non
assorbibili come lattulosio e lattitolo)
 Lassativi emollienti (glicerina)
 Lassativi di contatto o stimolanti.
Importanza dell'evidence based medicine.
DIARREA
DEFINIZIONE
La diarrea non è considerata una malattia, bensì un sintomo di un determinato
stato patologico. Si intende diarrea un'aumentato contenuto di acqua nelle
feci che si manifesta come un aumento del volume fecale, una maggior
fluidità ed una maggior frequenza di scariche giornaliere.
Quasi sempre la diarrea si associa ad altri sintomi come dolori addominali,
tenesmo, gonfiore, dolori perianali ed urgenza all'evacuazione.
È uno dei sintomi più frequenti in assoluto e può derivare da molti fattori.
CLASSIFICAZ
Le diarree si possono classificare secondo diversi profili.
In base alla durata ci sono:
 Diarree acute: durano meno di 4 settimane e sono principalmente
dovute ad infezioni virali e meno di frequente hanno una patogenesi
non infettiva come da tossici o allergie.
 Diarree croniche: durano per più di 4 settimane e sono associate a
problemi infiammatori (malattia celiaca, infezioni persistenti o MC e
RCU) ma più spesso non infiammatori come deficit enzimatici e
sindrome dell'intestino irritabile.
In base alla patologia di base che l'ha scatenata si distinguono:
 Diarree funzionali: quando vengono esclusi tutti i possibili
coinvolgimenti di organi.
 Diarree organiche: si caratterizzano per breve durata, soprattutto
notturne, scariche continue, diarrea che non risponde al digiuno, calo
ponderale di più di 5 kg, aumento VES, ridotti livelli di emoglobina
ed albumina, peso fecale maggiore di 400 g.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Se sono presenti almeno 3 di questi parametri c'è un'affidabilità del 90% di
avere una diarrea organica.
 Diarree post-chirurgiche: associate in genere ad una riduzione
dell'assorbimento dei sali biliari.
In base al sito patologico colpito primariamente abbiamo:
 Colon: si contraddistingue per scariche di piccoli volumi, frequenti e
con dolori addominali spesso bassi che non regrediscono con
l'evacuazione, tenesmo e presenza di sangue nelle feci.
 Tenue: si caratterizza per dolori addominali alti con passaggio di
grandi volumi di feci.
 Pancreas: presenza consistente di enzimi pancreatici nelle feci.
In base alla patofisiologia si possono distinguere 3 tipi di diarree:
 Secretorie: c'è un'attiva secrezione di sostanze da parte delle cripte
intestinali con aumento del volume fecale e perdita di elettroliti.
 Osmotiche: diarree derivate da un aumento di soluti osmoticamente
attivi nel lume enterico che richiamano acqua e aumentano quindi il
volume fecale
 Infiammatorie: derivate da un'incapacità dell'epitelio di assorbire
visto che è danneggiato e rimpiazzato da cellule che non sono del
tutto mature.
Per quanto riguarda le caratteristiche poi le feci possono presentarsi acquose,
ematiche o steatorroiche.
CLINICA
Esistono sintomi locali intestinali e addominali e sintomi sistemici.
La diarrea si associa a dolore (che può attenuarsi con l'evacuazione),
tenesmo, incontinenza, presenza di sangue, pus e muco nelle feci.
I sintomi sistemici invece comprendono disidratazione, ipotensione,
tachicardia, nausea, oliguria, anemia, edemi, vomito, crampi addominali,
tachipnea e febbre.
La conseguenza più importanti di una diarrea protratta è chiaramente la
perdita dell'equilibrio idro-elettrolitico.
I sintomi sistemici della diarrea non indicano l'eziologia ma piuttosto la
gravità.
Nei casi di diarrea cronica infiammatoria protratta si instaurano anche deficit
nutrizionali.
PATOGENESI
Normalmente il tubo digerente ha una funzione cardine nel riassorbire i
liquidi che provengono dai tratti superiori. Al giorno si stima che ci sia un
introito di liquidi pari a 2000 ml e le secrezioni endogene sono responsabili di
7000 ml. In tutto quindi ci sono 9 l di liquidi che vengono riassorbiti nel
tenue (4,5 l) e al colon arrivano quindi 1,5 litri che vengono prontamente
riassorbiti per arrivare ad un massimo di espulsione di 200 g di feci al giorno.
L'acqua viene assorbita passivamente mentre gli elettroliti richiedono spesso
un trasporto attivo.
Nel tenue i villi sono divisi in una parte assorbitiva e in una secretiva, così
come nel colon la superficie epiteliale è distinta in una zona assorbente ed
una secretoria. L'assorbimento nel tenue degli elettroliti è favorito dalla
presenza di glucosio e aminoacidi, nel colon grazie alla presenza di acidi
grassi a catena breve.
Esistono 4 principali meccanismi di patogenesi del danno:
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
 Alterazione dell'assorbimento o della secrezione responsabili di
una diarrea osmotica o secretoria.
 Presenza nel lume intestinale di soluti osmoticamente attivi che
attraggono l'acqua dall'interstizio e causano una diarrea osmotica.
 Presenza di alterazioni della parete intestinale principalmente a
livello mucoso che non permettono un adeguato riassorbimento e
secrezione, si presentano feci con sangue, muco e pus. Responsabile
della diarrea infiammatoria.
 Alterazioni della motilità intestinale tali da compromettere il
contatto delle sostanze con la mucosa e impedire un efficace
riassorbimento. Quadro responsabile della diarrea motoria presente
nell'intestino irritabile e nelle diarree endocrine visto che gli ormoni
provocano sia un'alterata motilità, sia un'ipersecrezione mucosa.
Nel caso di una diarrea con caratteristiche untuose, pallida e con aumento di
viscosità si parla di steatorrea provocata da un malassorbimento di grassi che
può essere provocato da resezioni ileali oppure ridotte concentrazioni
intraluminali di sali biliari o enzimi pancreatici.
CARATTERI
GENERALI
Le diarree SECRETORIE sono conseguenti a fattori esogeni come virus,
batteri e tossine, ma anche endogeni come ormoni, neurotrasmettitori e acidi
biliari. Il meccanismo si basa sul legame del mediatore al recettore sulla
membrana degli enterociti e innesca l'attivazione di enzimi che producono il
cAMP, il cGMP e liberano il Ca, in questo modo vengono attivate delle
cascate chinasiche che portano alla fosforilazione di proteine di trasporto che
regolano il passaggio di Cl e K. Infatti avviene una netta secrezione di Cl nel
versante luminale e un assorbimento di K al versante basolaterale.
L'escrezione di Cl dà la spinta elettrica per il passaggio paracellulare di Na, K
e acqua e dunque si ha una diarrea dovuta ad aumentate secrezioni.
Clinicamente si ha un aumento del contenuto elettrolitico fecale con quantità
di feci molto abbondanti, il pH fecale tende ad essere alto per cui si avrà
un'acidosi metabolica ed una tendenza alla disidratazione.
Non è responsiva al test del digiuno
Le diarree OSMOTICHE sono derivate da un'aumentata osmolarità del lume
intestinale che provoca un netto richiamo d'acqua, maggiore rispetto
all'assorbimento di questa mediato dal sodio. Le cause principali sono
alterazioni dell'assorbimento dei carboidrati, assunzione di lassativi osmotici
e malassorbimenti.
In questi casi non c'è aumento degli elettroliti fecali, ma aumento degli SCFA
(acidi grassi a catena corta) che non vengono assorbiti e per questo motivo si
ha ipersecrezione (visto che i SCFA favoriscono l'assorbimento del sodio nel
colon). Si ha una risposta positiva al test del digiuno, il pH è basso, la
quantità di diarrea non è come la diarrea secretoria e non sono associati altri
problemi sistemici.
Le diarree INFIAMMATORIE si verificano a seguito di flogosi della parete
colica che possono essere di origine idiopatica (MC, RCU) oppure a seguito
di infezioni, farmaci, ipersensibilità, ischemia o radiazioni.
Il meccanismo patogenetico risiede nella presenza di un infiltrato flogistico
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
cellulare nella parete colica che provoca alterazione delle cellule che vengono
rimpiazzate da nuove cellule, le quali però sono immature e non riescono ad
effettuare un adeguato assorbimento. Tuttavia la secrezione delle cripte resta
attiva e quindi si ha una diarrea liquida. In più si associano le citochine che
stimolano direttamente la secrezione delle cripte.
Nelle feci si ha una espulsione di Na e Cl ma non hi HCO3 e per questo si
sviluppa una alcalosi metabolica nelle forme più severe. Si sovrappongono
tenesmo, impellenza, anemia, disidratazione, ipocloremia e ipopotassiemia.
Si ha presenza di sangue e muco e pus nelle feci.
DIAGNOSI
TERAPIA


Anamnesi
Esame obiettivo: esplorazione rettale ed ispezione per evidenziare
fecalomi o masse, distensibilità addominale ed evocazione del dolore.
 Esame delle feci: microscopico (presenza di leucociti indica
infiammazione), chimico (presenza di amidi, proteine e grassi che
indicano una diarrea da malassobimento o una presenza eccessiva di
enzimi pancreatici. La misurazione degli elettroliti permette di
rivelare il gap osmolare che indica la quota di elettroliti non assorbita
e non misurabile) e microbiologico (presenza di batteri e virus).
 Test ematochimici e urinari + breath test: sono indagini di seconda
scelta utili per vedere le condizioni sistemiche associate alla diarrea,
la presenza di eventuali sostanze urinarie che indicano un problema
neuroendocrino e il breath test che serve per diagnosticare i
malassorbimenti.
 Indagini strumentali: biopsie e colonscopia di fronte a diarrea acuta
ematica; radiologia nei cfr di diarree acute gravi per escludere
l'eventuale presenza di megacolon tossico.
Colonscopia nelle forme croniche solo dopo le altre indagini di laboratorio ed
ematochimiche. Anche clisma a doppio contrasto.
TC ed RMN come alternativa all'esame radiologico.
Nel caso di diarree croniche ematiche necessaria la colonscopia.

Correzione dei disordini elettrolitici attraverso soluzioni reidratanti
con elettroliti e glucosio. Nei casi gravi anche per via endovenosa.
Questa tecnica ha notevolmente ridotto la mortalità per diarrea.
 Dieta sana ricca di carboidrati e proteine, povera di fibre, latte e
derivati.
 Farmaci: gli antidiarroici oppioidi inibiscono la motilità intestinale
ma non agiscono sulla causa della diarrea e possono essere utili nei
casi di diarrea motoria.
L'octreotide, la clonidina e la colestiramina sono altre scelte farmacologiche.
 Antibiotici utilizzati nei casi di diarree infettive, che però in alcuni
casi preferiscono l'uso di probiotici per agire sulla propria flora
batterica intestinale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
TUMORI DEL COLON E DEL RETTO
DEFINIZIONE
I tumori che colpiscono il colon-retto sono una grave problema della
popolazione in quanto risultano essere la seconda causa di morte per cancro
dopo il carcinoma polmonare. La quasi totalità dei cancri si sviluppa su un
substrato di polipo adenomatoso con un intervallo di tempo di circa 10 anni.
Si parla di tumori benigni e maligni. Il polipo è una lesione protrudente
all'interno del lume intestinale e può essere:
 Mucoso, non neoplastico: infiammatorio, iperplastico, fibroso o
linfoide.
 Adenomatoso: tubulare, villoso o tubulo-villoso.
 Sottomucoso: carcinoidi, lipomi, noduli linfoidi.
L'evoluzione a cancro del polipo adenomatoso è abbastanza significativa e si
stima che quasi tutti i casi di carcinoma derivino da un precedente polipo
adenomatoso.
I polipi sono visibili ad occhio nudo e possono essere molti soprattutto nelle
poliposi, si differenziano in peduncolati o sessili.
I polipi iperplastici sono frequenti negli anziani e possono avere
caratteristiche simili ad un adenoma se sono abbastanza grandi.
I polipi infiammatori invece sono reperto quasi sempre presente nelle IBD
soprattutto nella RCU.
Il tasso di evoluzione maligna di questi 2 tipi di polipi è nullo.
POLIPI ADENOMATOSI
DEFINIZIONE
Si tratta di polipi neoplastici che hanno un potenziale alto di evoluzione in
tumore maligno e pertanto devono essere asportati. Non è però infrequente
che alla diagnosi il polipo si presenti già come adenocarcinoma.
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
Il meccanismo alla base della proliferazione è genetico e risulta essenziale
l'alterazione del gene APC che è un oncosoppressore che controlla il ciclo
cellulare, quando mutato la proliferazione è incontrollata.
MORFOLOGIA
Il polipo cresce espandendo la cripta dove sono contenuti gli elementi
staminali, ma non si limita a quello spazio ed invade tutta la cripta e l'epitelio
intestinale. La displasia che si trova può essere di diverso grado ed è
indicativa della progressione ad adenocarcinoma.
Il cancro è più frequente nei casi di:
 Variante istologica villosa piuttosto che tubulare
 Dimensioni maggiori di 2 cm
 Numero elevato di adenomi.
Gli adenomi villosi sono più frequenti nel retto e in genere sono anche più
grandi pertanto sono associati ad un maggior rischio di evoluzione maligna.
Gli adenomi tubulari sono frequenti nel colon (qualsiasi tratto), quelli
tubulo-villosi nel colon-retto e quelli villosi nel retto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CLINICA
Gli adenomi sono spesso asintomatici ma in alcuni casi possono comparire
alcuni sintomi soprattutto nel contesto dei polipi villosi che sono quasi
sempre sintomatici. Si può avere ematochezie e perdita di sangue nelle feci
(sia visibile che occulta), nei casi più gravi invece emorragia franca e
visibile.
In più si possono avere sintomi occlusivi per eccessiva grandezza del polipo,
cambiamenti improvvisi della defecazione, dolori addominali e prolasso
rettale. Negli adenomi villosi si manifesta spesso una sindrome ipersecretiva
con ipokaliemia.
DIAGNOSI
Lo screening nei pazienti con polipi viene effettuato con la ricerca del sangue
occulto nelle feci per rilevare eventuali sanguinamenti che indicano una
progressione tumorale.
Altre indagini più accurate sono il clisma a doppio contrasto e la colonscopia.
L'esame endoscopico è l'unico che permette di visualizzare il polipo e
determinarne la natura attraverso anche le biopsie.
TERAPIA
È essenziale considerare la polipectomia endoscopica come trattamento
curativo nei confronti di quegli adenomi in cui si riscontrano foci di
adenocarcinoma solo se:
 Il tumore non ha infiltrato la sottomucosa
 Il tumore ha infiltrato la sottomucosa ma lo spazio tra margine di
resezione e neoplasia supera i 2 mm e la neoplasia non è
indifferenziata.
Negli altri casi è indicato il trattamento chirurgico.
Gli adenomi se sono in numero minore di 10 vanno estratti con polipectomia
endoscopica, altrimenti è più opportuno fare una resezione del segmento
interessato.
POLIPOSI FAMILIARE
DEFINIZIONE
Si tratta di sindromi ereditarie a trasmissione autosomica dominante che si
caratterizzano per la presenza di numerosi polipi sulla parete del colon con
altissimo potenziale di evoluzione maligna.
Esistono 3 forme:
 Poliposi adenomatosa familiare (FAP)
 Sindrome di Peutz-Jeghers
 Poliposi giovanile
La FAP è la più comune e colpisce circa 1/10000 nascite e si manifesta
precocemente per cui è necessario fare uno screening di tutti i parenti di un
affetto a partire dai 10 anni. Si stima che la comparsa dei polipi sia completa
attorno ai 40 anni e da alcuni anni dopo è probabile che il paziente sviluppi
un adenocarcinoma. L'evoluzione verso il carcinoma è quasi assicurata.
Le altre 2 poliposi sono meno comuni e hanno un potenziale maligno minore
e sono costituite non da polipi adenomatosi ma da amartomi.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PATOGENESI
La patogenesi della FAP è caratteristica e ha permesso di valutare la
cancerogenesi in modo accurato. L'alterazione iniziale è a carico del gene
APC sul braccio lungo del cromosoma 5 che se alterato non riesce a
controllare la proliferazione cellulare.
Si associano poi altre modificazioni geniche che contribuiscono alla
progressione della neoplasia.
La patogenesi della Peutz-Jeghers vede invece la mutazione del gene STK11
mentre la poliposi giovanile mostra mutazione di Smad4.
MORFOLOGIA
Sono lesioni che si manifestano in tutto il colon, nella FAP può essere colpito
anche lo stomaco e il duodeno.
Esistono varianti come la sindrome di Turcot in cui il tumore si associa a
medulloblastoma e la poliposi adenomatosa familiare attenuata che consiste
nella formazione di una quantità minore di polipi e il cancro in tali soggetti
compare attorno ai 49 anni.
Nella sindrome di Peutz-Jeghers le lesioni sono soprattutto nel tenue e si
presenta con macchie pigmentate mucose su labbra, bocca e cute. Gli
amartomi possono essere causa di sanguinamento e anche di evoluzione
verso la malignità.
La poliposi giovanile è anch'essa associata alla produzione di amartomi.
TERAPIA
Consiste in uno screening accurato degli individui parenti di soggetti affetti
da FAP e in caso positivo richiede un intervento chirurgico necessario di
procto-colectomia con ileo-retto anastomosi e formazione di un reservoir
ileale. Per le forme meno frequenti è opportuno fare una polipectomia
endoscopica oppure asportare le porzioni interessate da un maggior numero
di polipi.
CANCRO DEL COLON E DEL RETTO
DEFINIZIONE
Il cancro del colon-retto è un adenocarcinoma frequente e aggressivo. Da
solo comprende il 90% dei tumori maligni del colon. È il tumore più
frequente di tutto il sistema gastro-enterico.
EZIOLOGIA
I fattori di rischio per lo sviluppo del cancro sono suddivisibili in ambientali e
genetici. Il cancro può insorgere su un substrato di 5 possibilità diverse:
88. Sporadico (80%): forma più comune che insorge a seguito dello
sviluppo autonomo di un adenoma nel colon che progredisce verso
adenocarcinoma. Normalmente si tratta di pazienti che hanno un'età
maggiore di 50 anni.
 FAP (1%): forma di cancro che colpisce pazienti più giovani, in
media dai 40 anni in su ed è una forma più aggressiva clinicamente e
associata ad un cariotipo altamente anomalo.
 HNPCC (5%): si tratta della sindrome di Lynch che consiste in una
forma di cancro non associato a poliposi ma derivante da mutazione
dei geni del mismatch repair preposti alla correzione degli errori di
duplicazione e trascrizione del DNA. Spesso i geni più colpiti e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
alterati sono hMLH1 e hMSH2 che portano ad accumuli di errori e
all'instabilità dei microsatelliti. La denominazione “non poliposica”
indica che i polipi sono presenti ma la loro progressione verso la
neoplasia è talmente veloce che non vengono rilevati.
L'età di insorgenza è precoce (attorno ai 44 anni) e può essere associato a
neoplasie extracoloniche come tumori dell'ovaio e dell'uretere,
dell'endometrio e della pelvi.
Si verifica soprattutto in sede prossimale alla flessura splenica ed ha un
cariotipo diploide normale a differenza della FAP ma un comportamento
clinico meno aggressivo.
 Rischio familiare alto (12%): i parenti di primo grado di pazienti
con CCR devono essere seguiti nel tempo in modo accurato perchè
hanno una probabilità di sviluppare la malattia molto più elevata della
popolazione normale.
 IBD: le lesioni neoplastiche si inseriscono in un contesto di lunghi
anni di RCU su mucosa piatta o su una massa.
Esistono anche dei fattori ambientali che sembrano predisporre allo sviluppo
del cancro anche se non sono stati accertati.
 Alcol: riduce i folati e predispone al cancro
 Fumo
 Cancerogeni ambientali che si accumulano a livello fecale e non
vengono esportati
 Dieta povera di fibre e di folati. I folati hanno un ruolo protettivo
nei confronti della prevenzione delle anomalie genetiche e le fibre
hanno la funzione di aumentare il volume fecale e quindi la velocità
di transito evitando il ristagno per lungo tempo di cancerogeni.
PATOGENESI
Il CCR è stato altamente studiato dal profilo genetico.
Si ritiene che i processi di alterazione genetica corrispondano per la forma
ereditaria e per la forma sporadica.
La base è l'alterazione del gene APC. Una mutazione germinale predispone il
soggetto a sviluppare il cancro nella sua vita, una mutazione somatica
determina un inizio di proliferazione e formazione di adenomi.
A questo punto l'evoluzione verso il cancro può procedere in 3 modi:
 Accumulo di mutazioni successive come k-RAS che consistono in un
ingrandimento dell'adenoma e da qui l'accumulo di anomalie
cromosomiche come aneuploidie ed instabilità che portano in ultima
analisi all'alterazione di p53 che promuove definitivamente la
proliferazione, l'antiapoptosi e l'angiogenesi. Si forma il cancro.
È la modalità più frequente.
 A seguito della mutazione di APC si verificano alterazioni dei geni
del mismatch repair ed in particolar modo anomalie del hMLH1 che
viene silenziato per ipermetilazione del promotore. Le caratteristiche
sono del tutto simili a quelle dell'HNPCC con alterazioni ed instabilità
dei microsatelliti.

Via del CIMP ossia progressivo silenziamento di geni
oncosoppressori per mancata rimozione di gruppi metilici
(ipermetilazione).
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CLINICA
DIAGNOSI
Il cancro nelle forme precoci e soprattutto che interessano il cieco e le
porzioni di destra può essere facilmente asintomatico, mentre a sinistra e
verso il retto dà più frequentemente anemia e sanguinamenti e alterazioni
dell'alvo.
In ordine decrescente la frequenza dei sintomi del CCR sono:
35. Sanguinamenti occulti
36. Sanguinamenti macroscopici
37. Anemia (da stillicidio cronico)
38. Dolore addominale (spesso diffuso e aspecifico o come fastidio)
39. Calo ponderale
40. Stipsi ed anoressia
41. Diarrea
42. Nausea e vomito
43. Tenesmo.
Le principali complicanze del tumore sono perforazione, occlusione,
invasione e compressione di strutture adiacenti e disseminazione locale al
peritoneo e agli organi vicini e metastasi a distanza tipicamente a fegato,
polmoni, encefalo e ossa.





Anamnesi: importante l'età e la comparsa recente di rettorragia e
tenesmo.
Esplorazione rettale: tecnica diagnostica di prima istanza per vedere
masse eventuali nella porzione rettale distale o anche per fare una
diagnosi differenziale con ragadi, emorroidi e fistole perianali.
Colonscopia: esame principale per determinare la presenza di un
polipo in tutta la lunghezza del colon. In generale è maggiore di 1-2
cm ed ha massa irregolare a differenza del polipo benigno, in altri casi
si può presentare come un'ulcera da cui c'è un sanguinamento attivo,
oppure come una superficie stenosante.
Biopsia: durante la colonscopia è opportuno prelevare del materiale
bioptico da analizzare e nel 95% dei casi sarà un adenocarcinoma,
mentre nei restanti casi sarà un linfoma o un carcinoiode.
Esami ematochimici: ricerca nel sangue di markers come l'antigene
carcinoembrionario e il CA19.9 ma hanno scarsa utilità diagnostica.
Valutazione di un'anemia.
Importante la diagnosi differenziale con patologie anali come emorroidi,
ragadi e fistole che possono anch'esse dare sanguinamenti; IBD che possono
essere sanguinanti; diverticolosi; sindrome dell'intestino irritabile; malattia
funzionale e infezione o infiammazione.
STADIAZIONE
La stadiazione viene effettuata grazie alla TC addomino-pelvica per
evidenziare anche eventuali metastasi o invasioni locali. Prevede l'uso del
TNM:
 Stadio I: T1/2; N0, M0 invasione della mucosa, sottomucosa e
muscolare. Sopravvivenza 80-100% a 5 anni
 Stadio II: T3/4; N0, M0 invasione del peritoneo. 50-75% vita a 5 anni
 Stadio III: qualsiasi T; N1-3, M0: invasione linfonodale,
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

sopravvivenza a 5 anni del 30-50%
Stadio IV: M1, invasione metastatica e sopravvivenza a 5 anni del 5%
TERAPIA
La scelta terapeutica va posta in base alla stadiazione. L'unico intervento
curativo è la chirurgia, ma non sempre è possibile a causa dell'invasione
locale e a distanza, oltre alla condizioni cliniche del paziente.
Quando possibile è necessario fare una polipectomia endoscopica, altrimenti
si passa a chirurgia.
Se la neoplasia è vicino al canale anale non si può fare una resezione del
tumore senza intaccare l'ano per cui si fa una escissione addomino-perineale
del retto con confezione di una ileostomia.
Alternative o supporti alla chirurgia sono:
 Chemioterapia: che può essere fatta in modo adiuvante per i casi di
stadio maggiore al primo e invece non deve essere fatta per il tumore
in stadio I resecato e confinato alla muscolare perchè il rapporto
rischio beneficio non è vantaggioso.
Questa può essere applicata anche nel CCR avanzato in stadio IV come
terapia palliativa.
Può anche essere usata con infusione diretta nell'arteria epatica per curare le
metastasi epatiche in alternativa a chirurgia o alcolizzazione.
 Radioterapia: si può effettuare una forma neoadiuvante per avere un
vantaggio chirurgico nella riduzione della massa in modo da poter
operare meglio.
PREVENZIONE
Vista la malignità e le caratteristiche aggressive del tumore è stato stilato un
programma di screening in base alle varie situazioni.
Per tutti i pazienti oltre i 50 anni è opportuno fare il SOF (ricerca di sangue
occulto nelle feci) ogni anno, oppure una colonscopia ogni 10 anni che è
sicuramente più accurata.
Chiaramente i pazienti con CCR familiare in parenti di I grado, poliposi o
presenza di adenomi, mutazione di APC e di uno dei geni del HPNCC o IBD
devono essere sottoposti più di frequente agli esami di screening con
colonscopia.
Nei parenti di primo grado è opportuno fare un'indagine genetica per vedere
eventuali mutazioni dei geni implicati nella patogenesi in modo da poter
monitorare la situazione in caso positivo.
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE DELL'ANO
CARATTERI
GENERALI
Si tratta di un tumore raro che insorge a livello anale e può essere confuso
con emorroidi e ragadi in quanto si manifesta con emorragie, dolore e fastidio
e gonfiore locale. È associato quasi sempre all'infezione da HPV 16. La
diagnosi definitiva si fa con biopsia. La terapia prevede escissione locale, ma
nelle forme invasive si fa chemio + radioterapia. Sopravv 50-70% a 5 anni.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
MALATTIE PROCTOLOGICHE
Si tratta di una patologia molto frequente che si manifesta clinicamente con
MALATTIA
EMORROIDARI ematochezie tipicamente prima o dopo l'emissione fecale.
Può associarsi a bruciore, prurito e fastidio perianale come sensazione di
A
corpo estraneo.
Anatomicamente consiste nell'ostacolato deflusso venoso a livello dei plessi
emorroidari interno ed esterno con degenerazione del tessuto connettivo di
supporto.
L'eziologia sembra associata a diversi fattori come la prolungata stazione
eretta, la stipsi, la gravidanza e gli eventi prolungati di aumento di pressione
addominale.
Viene classificata in 4 gradi che vanno da congestione vascolare visibile solo
all'esame proctoscopico, prolasso dell'anello emorroidario soprattutto durante
defecazione con remissione spontanea, prolasso più consistente senza
remissione spontanea ma possibile con manovre manuali fino al prolasso
permanente con indurimento del derma.
La principale complicanza è la trombosi che se è acuta provoca dolori molto
intensi.
La terapia principale è la legatura dei plessi o la sclerosi, associate ad una
dieta accurata e priva di alimenti speziati e bevande alcoliche. Vanno preferite
le fibre, in modo da favorire la fluidificazione delle feci ed evitare la stipsi
che provoca un'aumentata pressione addominale. Tuttavia è necessario che
non si verifichi fluidificazione eccessiva.
Sconsigliata anche la vita sedentaria.
Terapia topica anche con pomate di antinfiammatori, steroidi o anestetici
locali.
Patologia rara dovuta a ripetuti traumi e spesso associata a prolasso rettale
ULCERA
SOLITARIA DEL interno o esterno.
La lesione di solito è sulla parete interna anteriore del retto.
RETTO
I sintomi sono vari e vanno da fastidio a sanguinamento, tenesmo,
incontinenza o meno di frequente iperemia e lesioni polipoidi.
Terapia alimentare e fluidificante le feci.
PROLASSO
RETTALE
Il prolasso del retto può essere sia interno (quando tocca lo sfintere anale
esterno) sia esterno quando fuoriesce dallo sfintere anale. È visibile anche
macroscopicamente per la presenza di pieghe circolari a differenza del
prolasso anale che vede pieghe radiali.
I sintomi sono vari e vanno da fastidio, emorragie, sensazione di massa ma
spesso sono asintomatici. A volte si associa al parto e per questo si verifica
nelle giovani donne a seguito di perdita di resistenza del pavimento pelvico.
Infatti non è infrequente l'associazione con un'incontinenza.
Terapia per curare la stipsi ma dal punto di vista curativo è utile l'approccio
chirurgico transaddominale o perineale.
RAGADI ANALI
Ulcerazione longitudinale che interessa principalmente la commissura
posteriore del margine cutaneo-mucoso del canale anale.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
L'eziopatogenesi non è ben conosciuta ma può rappresentare un ulcera
ischemica da difetto di perfusione o riparazione forse a seguito di stipsi come
fattore predisponente. Lo sfintere interno risulta ipertonico e non si sa se sia
una conseguenza di una risposta antalgica o una causa di ridotta perfusione.
L'ulcerazione causa dolori acuti molto intensi durante la defecazione e
bruciori che persistono per molte ore dopo l'evacuazione.
La terapia prevede un approccio dietetico per avere feci più morbide o
approcci locali con pomate che alleviano il dolore ma anche che fungono da
riduttori del tono dello sfintere interno, sul quale si può agire anche attraverso
tossina botulinica e dilatatori anali.
INCONTINENZA Problema legato ad un'incapacità dell'individuo di mantenere volontariamente
una continenza a solidi e gas.
FECALE
Normalmente la continenza è garantita dai 2 sfinteri anali, dal muscolo puborettale, dal pavimento pelvico, dalla compliance rettale, dalla sensibilità anorettale e dal volume, velocità e consistenza delle feci.
La causa più frequente di incontinenza è una lesione al nervo pudendo che
non permette una percezione adeguata dello stimolo, spesso questa lesione fa
seguito al parto.
Per una diagnosi si fa anamnesi, esame obiettivo con ispezione anale per
escludere altre patologie organiche, la retto-sigmoidoscopia, l'endosonografia
e la manometria anorettale per vedere le differenze pressiorie.
La terapia prevede l'assunzione di cibi che aumentano la massa fecale. Inoltre
ci sono tecniche di biofeedback per cui il paziente viene istruito a precepire
una dilatazione di un palloncino all'arrivo dell'onda peristaltica e prevenire la
fuoriuscita delle feci attraverso contrazione dello sfintere esterno.
In altri casi il paziente preferisce effettuare dei clismi che consentano una
pulizia rettale completa in modo da essere sicuri che per qualche tempo non
ci sarà la defecazione.
FISTOLE
PERIANALI
Si tratta di una patologia abbastanza frequente specialmente in età giovane
nella sua forma isolata. Possono essere associate in certi casi al morbo di
Crohn. Si tratta di comunicazioni anomale tra la mucosa anale e la superficie
cutanea. In generale queste aperture si verificano in prossimità della linea
pettinata qualche cm al di sopra del margine anale in corrispondenza delle
ghiandole anali che sono ghiandole mucipare che emettono un secreto utile a
lubrificare la mucosa anale. Queste possono essere sede di ritenzione di
materiale fecale o traumi e corpi estranei e si infiammano andando a
raccogliere materiale purulento che si fa strada verso l'esterno formando il
passaggio fistoloso.
Si suddividono in fistole trans-sfinteriche, intersfinteriche, soprasfinteriche.
Le prime partono dalla linea pettinata e scendono fino alla fossa ischiorettale
a qualche cm dal margine anale. Le intersfinteriche escono di fianco al
margine anale mentre le soprasfinteriche vanno a interessare il muscolo
puborettale e sboccano a distanza dall'ano.
La diagnosi prevede ispezione, valutazione del passaggio fistoloso con
specilli ma facendo attenzione a non rompere la parete neoformata per rischio
di ascessualizzazione e creazione di nuove fistole. Oggi le tecniche meno
invasive e più usate sono la RMN e l'ecoendoscopia transanale.
La terapia prevede una pulizia dal materiale purulento, evitare la recidiva e
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
conservare la continenza fecale. Si può effettuare una fistulectomia ma per le
lesioni meno gravi si fa una fistulotomia (anche se meno efficace).
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
OCCLUSIONI INTESTINALI
DEFINIZIONE
L’occlusione è determinata dall’arresto della progressione del contenuto
intestinale con mancata emissione di feci e gas.
Si dividono in:
- funzionali
 Ileo paralitico
- meccaniche
 Da ostruzione
 Da strozzamento
EZIOLOGIA e
PATOGENESI
Occlusioni intestinali FUNZIONALI
Sono provocate da numerose condizioni che agiscono sull’innervazione dei
visceri splancnici o sulla contrattilità della muscolatura liscia quali:
- peritonite (reazione di tipo reattivo)
- interventi chirurgici sull’addome
- riflessi a partenza da organi extraperitoneali (ovaio, uretere → colica
ureterale)
- lesioni del midollo spinale
- farmaci (morfina, psicofarmaci, miorilassanti)
- emoperitoneo
- squilibri elettrolitici (ipopotassemia)
- disidratazione
Occlusioni intestinali MECCANICHE
Sono quelle più frequenti e delle quali bisogna fare per prima la diagnosi.
a) Ostruzione
Alterazione della pervietà del lume intestinale senza compromissione della
vascolarizzazione del tratto intestinale ostruito.
Cause
a) Parietale
Stenosi neoplastica
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
b) Intraparietale
Calcolo
c) Extraparietale
Compressione ab
Angolatura da briglia
estrinseco da massa
Nell’ileo biliare vi è un calcolo che occlude l’ileo; non è però la massa che
occlude ma è la reazione intestinale agli acidi biliari.
L’ileo biliare è la conseguenza di una fistola colecisto-duodenale che deriva
da una colecistite acuta suppurativa che si apre nel duodeno.
Interessa pz anziani e diabetici.
b) Strozzamento o strangolamento
Comporta la compromissione della vascolarizzazione del tratto intestinale
(perde la funzione peristaltica) interessato con possibile evoluzione verso la
gangrena e la perforazione.
Cause
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
a) da cingolo erniario
d) da invaginazione
b) da briglia aderenziale
c) da volvolo
L’invaginazione è tipica dell’età di sviluppo in quanto cambia il bambino
cambia il regime alimentare (bambino che si sveglia piangendo più volte): si
fa esplorazione rettale e si trova muco sanguinolento perché la parte erniata
provoca emorragia.
Il danno vascolare porta a un incremento di dimensioni (si ha blocco del
deflusso venoso); in tal modo sviluppa anche l’occlusione arteriosa con
conseguente ischemia.
Nel bambino si fa un clisma opaco così aumenta la P interna consentendo di
sbloccare l’ansa: infatti spingendo da fuori l’ansa non si sblocca ma
aumentando la P interna sì. Nei casi in cui non si risolve la situazione si fa
un'emicolectomia parziale.
La causa di morte in tali pz era lo shock ipovolemico
L’unica vera terapia in queste condizioni è reidratazione con terapia
chirurgica (in qualsiasi condizioni): il malato non deve andare incontro a
MOFs.
CLINICA

Dolore: il dolore è provocato essenzialmente dalle contrazioni
peristaltiche e infatti a seguito dell'occlusione l'intestino a monte va
incontro a un'ipercontrattilità per cercare di superare l'ostacolo e la
dilatazione del peritoneo provoca dolori colici crampiformi che si
esauriscono al termine dello spasmo. Il dolore nelle fasi gravi può
scomparire del tutto e questo indica una situazione grave di
scompenso motorio per cui l'intestino a monte dell'occlusione è
completamente dilatato e perde le funzioni meccaniche ed assorbitive.
Tanto più diffuso è il dolore e tanto più bassa sarà l'occlusione perchè la
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
peristalsi compensatoria interesserà una frazione maggiore dell'intestino.
 Vomito: è molto precoce più è alta l'ostruzione. Si divide in:
◦ Vomito gastrico: ricco di acido e rappresenta un'occlusione
sopravateriana che causa un'alcalosi metabolica e perdita di
elettroliti.
◦ Vomito biliare: occlusione sottovateriana con perdita di
bicarbonato e bile e quindi acidosi metabolica.
◦ Vomito enterico
◦ Vomito fecaloide: occlusione molto bassa che provoca
fermentazione batterica delle sostanze presenti nel tubo digerente
e quindi è fortemente maleodorante. Finchè la valvola ileo-cecale
rimane continente le occlusioni del colon non provocano vomito.
 Alterazioni sistemiche: squilibri elettroliciti dovuti alla dilatazione
intestinale a monte dell'ostruzione con conseguente alterazioni della
permeabilità e passaggio di elettroliti negli spazi circostanti e
secrezioni di sostanze che dovrebbero essere assorbite.
 Meccanismi di compenso: tachicardia, oligo-anuria e insufficienza
renale, tachipnea, stimolo simpatico ed adrenergico conseguente
all'ipovolemia.
DIAGNOSI
1) Anamnesi
- Stipsi cronica?
- Assunzione di psicofarmaci o oppioidi?
- Interventi chirurgici pregressi?
- Recenti cambiamenti delle abitudini dell’alvo?
- Alvo chiuso
 a feci
→ subocclusione
 a feci e gas
→ occlusione
- Caratteristiche del vomito
 alimentare → occlusioni sopravateriane
 biliare
→ occlusioni sottovateriane
 fecaloide
→ occlusione sede distale (aspetto delle feci)
- Dolore
 di tipo colico → occlusione meccanica (intestino a monte tenta di
superare l’ostacolo attraverso un'iperperistalsi)
 continuo
→ ileo paralitico e occlusione meccanica in fase
tardiva con dilatazione del segmento a monte che esaurisce le
proprietà peristaltiche
 assente
→ alcune occlusioni funzionali
2) Esame obiettivo
Addome
- Distensione
 localizzata a certe aree
 generalizzata
- Iperperistalsi
 occlusione meccanica
- Assenza di peristalsi
 ileo paralitico
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009

occlusione meccanica in fase tardiva
N.B. Alcune volte si può trovare la regione della fossa iliaca dx
completamente vuota; l’invaginazione ileo-ceco-colica ha svuotato la fossa
iliaca dx (massa palpabile nella regione sovraepatica e poi “nulla”).
Soprattutto nel post-operatorio è molto importante l’uso del fonendoscopio
per controllare la ripresa della peristalsi.
Ricerca di ernie
- Cicatrici laparotomiche?
Esame generale
- disidratazione
 cute secca, anelastica, pallida
 lingua asciutta e impanata
 sete
- ipotensione
- oliguria
a) Palpazione
- non si ha contrattura di difesa
- (+ spesso) dolente la palpazione profonda
- masse palpabili?
Vi possono essere reperti specifici
 fossa iliaca ds disabitata +
 massa in ipocondrio ds
Invaginazione ileo-ceco-colica
 fossa iliaca sin. disabitata +
Volvolo del sigma
 distensione asimmetrica dell’addome
b) Percussione
- timpanismo diffuso o localizzato
c) Auscultazione
- iperperistalsi o peristalsi assente
3) RX addome diretto
- Ileo paralitico
 Colon dilatato
 Ileo dilatato
 Aria in ampolla rettale
- Occlusione meccanica alta
 Livelli idroaerei (percepibili anche con la manovra del ballottamento
all'esame obiettivo)
 Cornice colica non visualizzabile
 Non aria in ampolla
Se l’occlusione è alta il colon funziona (fino a che non sopraggiungono le
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
complicanze legate a alterazioni vascolari): dunque il pz può riferire di essere
andato di corpo.
- Occlusione meccanica bassa
 Cornice colica dilatata fino al sigma
In genere è causata da una neoplasia del retto-sigma o da diverticolite (è la
causa più frequente di emorragie digestive basse e di occlusioni meccaniche
basse)
- Ileo biliare
N.B. In caso di ileo biliare viene sempre operata l’occlusione e
 Aerobilia
mai la fistole (è ad altissimo rischio)
 Calcolo
 Distensione ileale
4) Gastrografin
5) Clisma opaco → può essere terapeutico nell’invaginazione
6) Ecografia, TC (all’eco se c’è aria non si vede niente)
N.B. Il Gastrografin ha ottimo effetto nel stimolare la peristalsi e la
ricanalizzazione quando l’occlusione non è totale.
TERAPIA
- Ripristino della volemia
- Sondino naso-gastrico
- Intervento d’urgenza → occlusioni meccaniche
ERNIE
GENERALITA'
N.B. L’ernia diaframmatica
può dare occlusioni
intestinale e sintomatologia
dolorosa
N.B. La linea di Spigelio è la
linea che delimita i muscoli
pelvici; è l’unico punto
dove non ci sono muscoli:
attraverso le fasce tendinei
si possono evidenziare le
ernie.
a) Ernie congenite
Il sacco ed il contenuto sono presenti alla nascita, o il sacco preformato viene
abitato dopo la nascita
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
b) Ernie acquisite
Si formano dopo la nascita attraverso la dilatazione di formazioni anatomiche
particolari quali:
- canale inguinale
- anello femorale
- anello ombelicale
- forame otturatorio
- linea alba
- triangolo di Petit
- quadrilatero di Grinfelt
- iato esofageo del diaframma
c) Ernie dirette
Si formano quando il viscere raggiunge direttamente il sottocutaneo
d) Ernie indirette
Si formano quando il viscere raggiunge il sottocutaneo attraverso un canale
naturale o percorrendo vie patologicamente costituitesi.
PERITONITE
GENERALITA'
Si parla di peritonite in un caso di infiammazione acuta del peritoneo.
EZIOLOGIA
1. Classificazione eziologica
a) Primitive o spontanee
Tipiche dell’infanzia (pneumococciche o streptococciche) o di malattie
croniche quali la cirrosi.
b) Secondarie
- Batteriche
- Chimiche
- Granulomatose
 Iatrogene
 Tubercolari
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
PATOGENESI
2. Classificazione patogenetica
a) Senza perforazione
b) Con perforazione
- Post-traumatiche
- Non traumatiche
- Post-operatorie
Nelle ferite da arma da taglio/punta non sempre si riconosce bene la lesione
(c’è un buco piccolissimo); però il pz è peritonitico (il corpo ha perforato
l’ansa).
3. Classificazione per sede
a) Diffuse
b) Circoscritte
- Ascesso sub frenico
- Ascesso appendicolare
- Ascesso diverticolare
- Ascesso pelvico
CLINICA
Sintomi
- Dolore
89. esordio: improvviso per le forme perforative (a “colpo di pugnale”
nella perforazione duodenale), più subdolo nelle forme non
perforative o localizzate
90. sede: diffuso nelle forme generalizzate, a sede scapolare nell’ascesso
subfrenico, in fossa iliaca dx nell’ascesso appendicolare o sx in quello
diverticolare, pelvico o sovrapubico nella pelviperitonite
- Nausea, vomito
- Alvo chiuso a feci e gas
- Febbre
DIAGNOSI
1) Anamnesi
2) Esame obiettivo
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
a) Ispezione
 stato generale compromesso
 agitazione
 respiro superficiale
b) Palpazione
44. contrattura di difesa della parete addominale,localizzata o
generalizzata di vario grado fino alla rigidità (addome “ligneo” o “a
tavola”)
45. segno di Blumberg: dolore “di rimbalzo” alla repentina interruzione
della palpazione profonda
c) Percussione
Scomparsa dell’aia di ottusità epatica nella perforazione
d) Auscultazione
Peristalsi assente
3) Esplorazione rettale
Dolente
4) Parametri vitali
 ipertensione (fasi iniziali), ipotensione (fasi tardive)
 tachicardia
 oliguria
 tachipnea
5) Laboratorio: leucocitosi
6) RX addome diretto: falce d’aria sottodiaframmatica (perforazione),
livelli idroaerei (ileo paralitico o ostruzione meccanica bassa )
7) Ecografia, TC: evidenze raccolte (addome acuto → deve fare sempre TC
TERAPIA
- Ripristino della volemia (manovra che determina la sopravvivenza del pz)
- Monitoraggio e supporto delle funzioni vitali
- Intervento d’urgenza, possibilmente dopo avere stabilizzato il pz
- Aspirazione e drenaggio per via eco-TC guidata in caso di peritoniti
circoscritte.
APPENDICITE ACUTA
GENERALITA'
L'appendicite acuta è un'infiammazione dell'appendice che si verifica a
seguito di un'ostruzione del lume del viscere conseguente a:
 Iperplasia dei follicoli linfatici
 Presenza di un coprolita che causa un'infezione
 Corpi estranei o stenosi infiammatorie.
Il muco continua ad essere secreto e favorisce la proliferazione batterica con
danno alla parete appendicolare che può progressivamente rompersi e causare
una perforazione con conseguenza quasi sicura di peritonite.
In genere è associata a nausea ed anoressia oltre al dolore che può essere
variabile in base alla posizione dell'appendice. Normalmente si riscontra un
segno di Murphy positivo. Esistono anche altre tecniche come positività al
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
segno dello psoas, positività del Bloomberg su tutti i quadranti
progressivamente in caso di perforazione, temperatura corporea alta ma che si
eleva molto di più in caso di perforazione e peritonite.
Al clisma opaco il lume dell'appendice non si riempie di mdc.
Il trattamento tipico è l'appendicectomia sia per via laparoscopica che per via
laparotomica. Il primo non viene effettuato nei casi di peritonite diffusa con
ascessi multipli.
Forme anatomo – cliniche di appendicite acuta
a) Flemmonosa
b) Catarrale
c) Gangrenosa
Possibili sedi anatomiche dell’appendice. Punti di dolorabilità
dell’appendice
La malrotazione intestinale porta alla formazione di diverse membrane
peritoneali.
Un appendice può simulare tutte le patologie possibili e immaginabili
ADDOME
ACUTO
Indica uno stato di dolore acuto addominale che necessita molto spesso di un
intervento chirurgico per ristabilire la situazione.
Le cause principali sono:
 Peritonite: dolore acuto che insorge in genere in una porzione precisa
dei quadranti addominali dai quali si può risalire all'eziologia in modo
ipotetico e grossolano. Il dolore deriva sostanzialmente dall'irritazione
del peritoneo parietale in cui sono contenuti numerosi nocicettori.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
L'addome risulta intrattabile alla palpazione della zona specifica con
resistenza e dolorabilità sia alla palpazione sia a rimbalzo (segno di
Bloomberg). La peristalsi è mantenuta anche se nei casi più gravi si può
verificare un'occlusione intestinale che limita nelle fasi finali la peristalsi.
 Perforazione: il paziente riferisce dolore diffuso a tutti i quadranti, ha
nausea e vomito a causa della distensione addominale massiva.
Nelle prime ora l'addome è trattabile, dopo qualche ora compaiono le
contrazioni difensive del retto dell'addome e il segno di Bloomberg.
All'auscultazione scompaiono i suoni di attività peristaltica. All'Rx si
visualizza la tipica falce d'aria sottodiaframmatica.
In poco tempo il paziente diventa tachipnoico, tachicardico e ipoteso a
seguito della perdita di sostanze ed emorragia.
 Occlusione acuta: paziente si presenta con alvo chiuso a feci e gas,
vomito, dolore che in base alla diffusione indica l'altezza
dell'ostruzione. La continua produzione di secreti intestinali e
l'incapacità assorbitiva associata al vomito provoca squilibri idroelettrolitici ed acido base che portano in molti casi a shock che risulta
essere la principale causa di morte.
 Affezioni vascolari acute
 Cause ginecologiche
Il dolore dell'addome acuto è utile per identificare le varie cause.
Se il paziente ha un dolore intermittente e molto intenso (spastico) che lo
rende irrequieto e cambia continuamente posizione si tratta di una colica
renale o biliare. In certi casi si può trattare anche di un iperperistaltismo da
occlusione intestinale.
Se il dolore è intenso, continuo, di tipo viscerale e poi parietale che non
permette al paziente di muoversi a causa del maggior dolore si tratta di un
dolore peritonitico associato anche a riduzione della peristalsi.
Anche l'irradiazione del dolore è importante nei parametri diagnostici.
L'esplorazione rettale dovrebbe sempre essere parte integrante dell'esame
obiettivo per vedere estensioni peritonitiche (ad es.) al retto.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
EMORRAGIE DIGESTIVE
DEFINIZIONE
Le emorragie digestive possono essere
- superiori (origine a monte del Treitz) : 85-90%: è in genere evento
drammatico
- inferiori (origine a valle del Treitz) : 10-15%: è meno allarmante
L’angolo del Treitz si forma quando il
duodeno diventa digiuno ed è sospeso dal
Treitz
legamento
del Treitz che parte dal pilastro
diaframmatico dx.
EZIOLOGIA
Le cause più frequenti sono:
- Esofago
 Varici
 Esofagite
 Sindrome di Mallory-Weiss
- Stomaco
 Gastrite acuta emorragica
 Gastrite acuta erosiva
 Ulcera peptica
 Gastropatia congestizia
- Duodeno
 Ulcera peptica
 Duodenite acuta erosiva
- Tenue
91. Volvolo
92. Invaginazione
93. Diverticolo di Meckel (causa principale nei bambini di emorragia
bassa)
94. Infarto intestinale
- Colon
 Polipi, carcinoma
 Colite ulcerosa
 Diverticolite (causa principale negli anziani)
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
 Colite ischemica
- Retto
 Emorroidi
 Neoplasie
PATOGENESI
Le patologie prevalenti sono le varici esofagee (10%) e la malattia peptica
(47%); già l’osservazione di pz che presentano emorragia digestiva permette
una prima diagnosi:
- se il pz si presenta confuso, sonnolente si tratta in genere di sanguinamento
da varici esofagee; ciò è dovuto all’encefalopatia epatica che si instaura a
seguito dell’iperammonemia.
- se il pz si presenta agitato, lucido, preoccupato si tratta in genere di una
malattia peptica.
La sindrome di Mallory-Weiss (7%) è caratterizzata dalle fissurazioni
esofagee che si verificano in seguito a episodi di vomito forzati; tali
fissurzioni sono longitudinali e possono interessare anche la sottomucosa
determinado emorragie.
Per quanto riguarda le varici esofagee oggi non vengono eseguite più
operazioni chirurgiche (anastomosi porto-cavali) ma si ricorre direttamente al
trapianto di fegato in modo da risolvere la causa (cirrosi epatica) che ha
portato all’ipertensione portale.
La gastropatia congestizia è anch’essa legata all’ipertensione portale. Ma
anche gastropatia da FANS ed erosiva da stress elevati.
Il volvolo è la torsione di un’ansa intestinale sul suo asse vascolare:
 se incompleta si ha un aumento della P venosa e quindi emorragia
 se completa si ha infarto intestinale
L’invaginazione ileo-ceco-colica è una patologia clinica del bambino; l’ileo
si invagina nel colon con ostacolo al deflusso venoso e si inturgidisce l’ansa
invaginata.
Appena si sospetta la patologia si fa clisma opaco e in genere si riesce a
risolvere la situazione.
La colite ulcerosa (11%) può dare emorragie molto gravi.
I diverticoli del colon (43%) rappresentano un’estroflessione della mucosa e
sottomucosa (pseudodiverticoli) in zone di minor resistenza della parete del
colon in corrispondenza dell’ingresso dei vasa recta (arterie) in tratti del
colon sottoposti ad elevati regimi pressori; nel diverticolo si forma coprolita
che irrita la mucosa dell’anello dove passa il vaso perforante; è una delle
cause più frequente di emorragia e anemizzazione nelle persone anziane.
La proctite attinica (6%) è dovuta alle radiazioni (più frequente in passato)
L’angiodisplasia (0,5%)è una patologia subdola e di difficile diagnosi che
può interessare tutto il tratto gastroenterico (dallo stomaco fino al retto) in
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
maniera multicentrica; si caratterizza per emorragie che si verificano
saltuariamente. Principale causa di emorragie occulte.
CLINICA
1. Sintomi diretti
46. Ematemesi
47. Melena
48. Enterorragia
49. Ematochezie
50. Sanguinamento occulto
a) Ematemesi
Vomito di materiale ematico causato da un sanguinamento abbondante
(almeno 1 L), a monte del Treitz.
Il sangue emesso può avere due aspetti:
- Rosso vivo: con assenza di coaguli, che riempie rapidamente lo stomaco
inducendo il vomito ed è espressione di sanguinamento rapido e grave
(assenza di metabolizzazione)
- Caffeano: sangue più scuro e misto a coaguli, indicativo di un più lungo
periodo di soggiorno nello stomaco, dove subisce l’azione dell’acido
cloridrico, per cui l’emoglobina viene convertita in ematina, conferendo al
sangue il tipico aspetto a ”fondo di caffè” (espressione di sanguinamento
lento ma grave)
b) Melena
Emissione di feci liquide che assumono un colore blu piceo (nero come la
pece), di aspetto catramoso, per la presenza di sangue digerito e maleodorante
(scatolo e indolo), a causa della fermentazione da parte dei batteri nel sigma.
Tale sanguinamento può insorgere in qualunque punto del tubo digerente,
purché il tempo di transito del materiale ematico sia sufficientemente lungo
da consentire la trasformazione dell’emoglobina in ematina da parte dei
batteri intestinali e la concentrazione del bolo (sangue digerito).
Segno di emorragia massiva se associato ad ematemesi.
Le principali caratteristiche sono:
- è associata ad emorragia medio-alta;
- è espressione di un sanguinamento non eccessivo;
- un piccolo sanguinamento circoscritto può dare melena anche per 5 giorni.
A volte se il sanguinamento è massivo si verifica una effetto lassativo del
sangue in intestino e quindi una velocità di transito maggiore e incapacità di
trasformare l'emoglobina in ematina e così si ha un'emissione di melena
rosso-vivo che può simulare un'ematochezia.
c) Enterorragia
Emissione aborale di sangue rosso vivo, che tende a coagulare; è espressione
di una emorragia bassa (o alta con iperperistalsi); può assumere valenze
diverse in rapporto alle feci:
- enterorragia+diarrea+muco e pus → RCU o MC
- sangue frammisto a feci → sanguinamento dell’ampolla rettale
Una tipica sede di enterorragia è il diverticolo di Meckel dove possono essere
presenti isole di mucosa gastrica che a seguito dell’ipersecrezione gastrica va
incontro a ulcerazione.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
d) Ematochezia
Presenza di sangue che bagna la superficie delle feci o emesso al termine
della defecazione; è espressione esclusiva di un sanguinamento ano-rettale a
valle dell’ampolla.
e) Sanguinamento occulto
Emissione cronica di un piccolo quantitativo di sangue (50-100 ml) commisto
a feci, rilevabile solo attraverso indagini di laboratorio.
2. Sintomi generali
 Pallore
 Tachicardia
 Ipotensione
 Dispnea
 Lipotimia
 Exitus
- Emorragie massive acute:
 instabilità emodinamica (riduzione della P arteriosa dal clinoall’ortostatismo > di 10 mmHg)
 shock emorragico conclamato
- Emorragie croniche:
 anemia sideropenica
DIAGNOSI
1) Anamnesi
Si cercano le cause che possano giustificare una emorragia:
- Assunzione di antinfiammatori
- Assunzione di steroidi
- Assunzione di alcool
- Traumi
- Recente chirurgia maggiore
- Vasculopatia
- Epatopatia
2) Esame obiettivo
Atteggiamento
- vigile, ansioso
- obnubilato, indifferente o agitato
Cute
- pallida, sudata
- itterica
Parametri vitali
- pressione arteriosa
- polso
- diuresi
- respiro
N.B. I punti dove si vede più facilmente lo stato anemico sono il palmo della
mano e il frenulo della lingua (soprattutto nelle persone di colore).
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Il sistema più semplice per riconoscere un pz disidratato è la pressione
bimanuale del bulbo oculare: il dito infatti si affonda maggiormente.
3) Esami più approfonditi
- Sondino naso-gastrico: sangue in stomaco permette di diagnosticare
emorragia alta, assenza di sangue non è detto che escluda l'emorragia alta
perchè potrebbe essere emorragia duodenale con piloro competente. Tuttavia
se viene prelevata anche bile in assenza di sangue si può escludere emorragia
superiore.
- Esplorazione rettale: se c'è melena è quasi possibile escludere emorragia
bassa visto che per provenire dall'intestino l'emorragia dovrebbe essere scarsa
e con transito intestinale rallentato.
- Ispezione ano-perineale
- Ispezione oro-faringe
- Feci/ Materiale emesso col vomito in visione
- Auscultazione di rumori peristaltici: accentuati nell'emorragia alta.
4) Esami di laboratorio
- Esame emocromocitometrico: evidenzia l'emorragia solo dopo qualche ora,
utile invece per le emorragie croniche di lieve entità.
- Esame biochimico completo
- Valutazione parametri emocoagulativi
- Rapporto azotemia/creatinina è elevato nelle emorragie alte e ridotto in
quelle basse.
N.B. L’emocromo non è un esame fedelissimo subito dopo l’emorragia;
subito non si trova niente dopo l’organismo mette in circolo acqua e si avrà
diminuizione di Hct.
5) Esami strumentali
- Esofagogastroduodenoscopia
- Pancolonscopia: principalmente per le emorragie inferiori, ma senza
alterazioni gravi dei parametri emodinamici, in tal caso si fa un'angiografia.
- RX tenue con m.d.c.
- Angiografia
- Enteroscopia con videocapsula: utili nel caso di emorragia occulta a seguito
di emorragia continua ma negatività all'EGDS e alla pancolonscopia.
- Enteroscopia con doppio pallone: stesso discorso della precedente.
EGDS
E’ un’indagine diagnostica di I livello nelle emorragie digestive alte; rende
possibile diagnosticare la sede e la causa del sanguinamento e consente di
intervenire terapeuticamente durante la stessa seduta.
Pancolonscopia
E’ un esame diagnostico di I livello nelle emorragie digestive basse; consente
anch’essa di visualizzare direttamente la sede e la causa del sanguinamento e
di intervenire con procedure terapeutiche.
Tubo digerente con m.d.c.
E’ un’indagine diagnostica di II livello; è indicata nel caso che l’endoscopia
digestiva risulti negativa o a completamento di altre indagini diagnostiche;
impedisce però la esecuzione di un angiografia successiva.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Angiografia
E’ un’indagine diagnostica di II livello; è indicata nel caso che l’endoscopia
digestiva non sia diagnostica e nei sanguinamenti cronici.
TERAPIA
La prima e principale manovra diagnostica è risolvere l’ipotensione (bisogna
espandere la massa ematica).
Poi bisogna capire l’entità e la velocità dell’emorragia tramite il SNG (lungo
circa 54 cm che va nello stomaco), si aspira e si mette a caduta.
In seguito bisogna controllare che i sistemi principali siano perfusi (attraverso
catetere vescicale vediamo se la diuresi è conservata).
Se il sanguinamento è dovuto a varici (pz cirrotico, itterico confuso) si
utilizza un particolare sondino che appunto permette di effettuare tamponi
nell'esofago e nella parte superiore dello stomaco in cirrotici; consiste in un
tubicino di gomma flessibile dove vicino all'estremità distale (4-5 cm) sono
posizionati due "palloncini" e all'estremita prossimale (quella che rimane in
mano al chirurgo per intenderci) sono posizionate tre diverse aperture. Viene
infilata attraverso le cavità nasali e tramite il "palloncino" più distale ancorata
sotto il cardias. L'altro "palloncino" viene gonfiato per andare a fare
pressione sulle pareti dell'esofago e bloccare l'emorragia in atto. Tramite il
tubicino inoltre si riesce ad aspirare liquidi (sangue spesso, ma anche vomito
fecale) dallo stomaco per ripulirlo ma anche per farli analizzare.
Le principale complicanze sono date dalla formazione di un escara nel naso e
dal fatto che non può essere tenuto più di 24 h per rischio di emorragia
esofagea.
C’è anche una sonda più grande che permette il passaggio di ingesti.
Terapia medica
- Ripristino volemia (fluidi, sangue)
- Farmaci: antiacidi, antisecretivi (antiH2, omeprazolo) e riducenti flusso
splancnico (vasopressina, somatostatina, ocreotide), PG (nei confronti della
gastropatia erosiva sanguinante soprattutto da FANS), beta-bloccanti (per la
prevenzione del sanguinamento da varici esofagee visto che riducono la GC e
inducono vasocostrizione splancnica)
- Sondino Naso Gastrico: lavaggi con H20 fredda
Terapia endoscopica dell’ulcera peptica
- Terapia iniettiva
 adrenalina soluzione (1:10.000-1:20.000)
- Terapia sclerosante
 adrenalina + polidocanolo
 polidocanolo
 etanolo
- Sonde termiche
 elettrocoagulazione
 Laser (Nd:YAG)
- Terapia meccanica
 clips metalliche
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
Terapia endoscopica delle varici esofagee
- Terapia sclerosante
 polidocanolo
 cianoacrilato
- Sonda di Sengstaken-Blakemor
- Legatura chirurgica
Terapia radiologica
- Infusione selettiva di farmaci vasocostrittori
- Embolizzazione selettiva
Terapia chirurgica - indicazioni
- Fallimento terapia medica e/o endoscopica
- Recidiva emorragica dopo terapia endoscopica
- Emorragie massive non controllabili
Il problema più grande dei pz con patologie esofagee è la disfagia (pz non
mangia).
Ora vi è la nutrizione parenterale ma fino a qualche anno fa bisognava che il
pz assumesse alimenti.
Le strade erano due:
- dilatazione pneumatica della stenosi risolve solo stenosi benigna da reflusso
(stenosi circolari)
- attraverso guida fa alimentazione
L’ultima terapia è quella di bucare lo stomaco e inserire sondino per
alimentare.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CHIRURGIA Digestiva
ESOFAGO
MIOTOMIE
Interventi che consistono nel taglio di alcune fibre muscolari esofagee e
vengono utilizzati per curare problemi motori come acalasia, spasmo
esofageo diffuso e diverticolosi.
La miotomia consiste in un taglio delle fibre seguito da una lieve erniazione
della mucosa per ricoprire il muscolo leso con nuova mucosa.
- In acalasia viene effettuata una miotomia a livello della porzione bassa
esofagea al fine di riportare la pressione dell'esofago a livelli standard e
ridurre la contrazione del SEI. Il taglio viene effettuato con una lunghezza di
5-7 cm sulla parete esofagea e proseguito per 2 cm nella parete anteriore
dello stomaco.
Questa pratica richiede al termina una plastica antireflusso perchè il SEI
risulta incontinente.
- In spasmo esofageo diffuso si fa una miotomia esofagea toracica lunga
estesa all'unione tra il terzo superiore e medio e il SEI.
- Il diverticolo viene tolto attraverso una diverticulectomia associato però ad
una miotomia che parte dal colletto e raggiunge il SEI.
Consiste in una plicatura del fondo gastrico all'esofago terminale in modo da
PLASTICHE
ANTIREFLUSSO configurare una barriera anatomica anti-reflusso. Viene utilizzata nei pazienti
con MRGE che non rispondono alla terapia medica, che rispondono alla
terapia ma una volta sospesa riprendono la sintomatologia, pazienti con
ridotta compliance alla terapia e pazienti con complicanze come Barrett o
stenosi. Ma è utile anche per i pazienti che subiscono una miotomia del SEI.
Ci sono stati diversi autori che hanno proposto modifiche all'intervento, oggi
la tecnica più usata è una plicatura che richiede solo l'utilizzo della parete
anteriore del fondo gastrico. Importante è anche la lunghezza del cappio, in
quanto se è troppo lungo tende a dare un'incapacità di rilassamento del fondo
gastrico con gas-bloat-syndrome.
ESOFAGECTOM Consiste in un intervento demolitivo in cui viene asportato tutto l'esofago. Le
indicazioni sono neoplasie esofagee maligne, ingestione di caustici che hanno
IA TOTALE
causato grosse stenosi, megaesofago scompensato e perforazioni.
Si può effettuare in 3 modi:
 Esofagectomia toracotomica: vengono fatte 3 incisioni, una a livello
del 5° spazio intercostale da dove viene estratto l'esofago, una
addominale in cui viene prelevato il viscere da trasporre in esofago ed
una cervicotomia in cui viene preparato l'esofago cervicale
all'anastomosi. In generale per l'anastomosi viene utilizzato il colon o
lo stomaco. Nel caso di patologie benigne viene utilizzato il colon
sinistro formando una esofagocolon-plastica cervicale ed una colonRiassunti GEM - Luca Croci - 2009


gastro-plastica toracica.
Esofagectomia transiatale: metodo sempre più usato a causa della
sua minor invasività e netta riduzione della morbilità e mortalità
intraoperatoria. È utilizzata soprattutto per le lesioni benigne visto che
per le maligne non è possibile effettuare un'adeguata linfadenectomia.
Esofagectomia transiatale laparoscopica: si effettuano 5 incisioni a
livello addominale e un'incisione cervicotomica sinistra.
ESOFAGECTOM Si tratta di interventi utilizzati nei casi di stenosi peptiche del terzo inferiore
dell'esofago o adenocarcinoma del cardias e del fondo gastrico risalente in
IE PARZIALI
esofago associato alla gastrectomia.
Al massimo si arriva a livello della vena azigos. Il resto viene sostituito con
colon sinistro o con un'ansa digiunale.
ESOFAGOGAST Sono interventi molto invasivi e grandi che interessano una toraco-cervicolaparotomia per estrarre totalmente l'esofago e lo stomaco, vengono indicate
RECTOMIE
nei casi molto gravi di ingestione di caustici ma soprattutto per gli
adenocarcinomi gastrici risalenti per un lungo tratto esofageo.
Sostituzione con il colon sinistro (esofagocolon plastica cervicale +
colodigiunostomia addominale)
CONSEGUENZE In genere la sostituzione dell'esofago con il colon o lo stomaco non dà
problemi nel senso che la mancanza dell'esofago può essere sopperita da
un'alimentazione in stazione eretta o seduta visto che è abolita la peristalsi.
Il colon viene usato nelle patologie benigne, lo stomaco privilegiato nelle
maligne.
Problemi conseguenti certi sono il reflusso GE nel moncone esofageo rimasto
e questo viene trattato con una fundoplicatio gastrica.
Altre complicanze possono riguardare la nutrizione che causa spesso un calo
ponderale a causa della vagotomia e della sensazione di ingombro
mediastinico per l'uso del viscere sostitutivo.
TRAUMI
I traumi esofagei sono esterni, iatrogeni o da ingestione di corpi estranei. Se il
danno è modesto si può fare terapia conservativa, altrimenti si effettua
chirurgia in breve tempo, se entro le 12-24 ore si può fare sutura diretta della
lesione. In caso di ritardo si effettua un drenaggio del mediastino ed una
nutrizione parenterale totale aspettando la guarigione per seconda intenzione.
La mortalità resta alta.
STOMACO
RESEZIONE
GASTRICA
Si tratta di un intervento in cui viene tolta una porzione dello stomaco e in
generale riguarda la resezione del tratto antro-pilorico.
Le indicazioni prevedono una gastrite erosiva emorragica, neoplasie gastriche
antro-piloriche e complicanze dell'ulcera peptica gastrica o duodenale come
emorragia, perforazione e stenosi.
Asportazione della regione antro-pilorica con porzioni del duodeno
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
prossimale associate a 2/3 dello stomaco. Questo implica l'annullamento delle
cellule che producono gastrina, fattore intrinseco, alterazioni vagali e
anomalie anche a livello della mucosa secernente acido.
La continuità viene ripristinata in 2 modi:
 Anastomosi gastro-duodenale (Billroth I): attualmente è stata messa
da parte perchè il rischio di ripresentazione di un'ulcera o una
neoplasia nel moncone di duodeno rimasto è elevata.
 Gastro-digiunostomia (Billroth II): intervento usato primariamente
in questi casi e la porzione gastrica rimanente viene messa a contatto
con il digiuno ma anche qui ci sono complicanze come la gastrita
alcalina da reflusso di bile a livello del moncone gastrico residuo che
può predisporre a displasia e carcinoma.
Questo problema viene ovviato grazie ad un passaggio della bile a 60-70 cm
dalla giunzione gastro-digiunale.
GASTRECTOMI Viene effettuata nei casi gravi di adenocarcinoma gastrico insorto nel corpofondo e gastrite erosiva emorragica non trattabile con i farmaci.
A TOTALE
Consiste nell'asportazione totale dello stomaco e si ristabilisce la continuità
tramite:
 Esofago-digiunostomia terminolaterale su ansa Roux
 Esofago-digiunostomia terminolaterale su ansa omega.
Il duodeno è sempre escluso in questi casi per ampia probabilità di recidiva
della patologia di base.
CONSEGUENZE







Diarrea: dovuta ad una compromissione della motilità intestinale da
vagotomia inevitabile e all'aumentato transito intestinale dovuto alla
mancanza del serbatoio gastrico.
Malassorbimento: associato sia alle cause della diarrea sia a ridotta
secrezione bilio-pancreatica per assenza degli ormoni intestinali
inducenti. Necessaria una dieta con piccoli pasti ad alto contenuto
energetico.
Anemia: sia megaloblastica per assenza di fattore intrinseco e ridotto
assorbimento di folati, sia microcitica per ridotto assorbimento di
ferro.
Dumping syndrome: tachicardia, vertigini, lipotimie, sudorazione a
seguito del pasto, probabilmente dovuto a svuotamento troppo veloce
che porta ad un aumento di osmolarità intestinale e richiamo di liquidi
verso l'intestino con conseguente ipovolemia sistemica.
Gastrite alcalina
Recidiva della patologia di base
Maggiore incidenza di litiasi biliare: forse legata ad un difficoltoso
drenaggio biliare e colestasi che favorisce la formazione di calcoli.
DUODENO
ENUCLEAZIONI Asportazione extramucosa di formazioni benigne come fibromi, adenomi e
leiomiomi, talora è efficace fare una duodenotomia.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
RESEZIONI
In caso di patologie maligne del duodeno che colpiscono il bulbo si fa una
resezione gastrica con ripristino anatomico secondo Billroth II.
In caso di patologia che colpisce la terza e quarta porzione della C duodenale
si fa una duodenectomia totale resecando i legamenti.
Nel caso di lesione della porzione discendente si deve fare una
duodenocefalopancreasectomia per i rapporti stretti col pancreas.
Nelle ulcere duodenali si fa una gastroresezione secondo Billroth II.
PANCREAS
DUODENOCEFA Intervento molto frequente indicato in varie occasioni come neoplasie della
LOPANCREASE testa pancreatica che interessano inevitabilmente anche il duodeno, neoplasie
duodenali che interessano il tratto discendente, ampullomi maligni.
CTOMIA
La tecnica prevede la resezione del duodeno e della testa del pancreas
lasciando il corpo-coda.
Viene interrotta la via biliare e la via pancreatica che richiedono una
derivazione. Infatti viene effettuata una derivazione digestiva gastrodigiunale, una derivazione biliare coledoco-digiunale ed una pancreaticodigiunale in modo che i secreti digestivi possano arrivare all'intestino.
Nell'intervento di Whipple viene tolto anche l'antro gastrico ed è la modalità
più utilizzata.
Esiste una variante che è l'intervento di Traverso-Longmire che risparmia
l'antro gastrico e il piloro in modo da evitare il reflusso di bile nello stomaco.
DUODENOPANC Intervento con le stesse modalità precedenti però indicato nei casi di
REASECTOMIA neoplasia o interessamento pancreatico non limitato alla testa ma che si
espande anche al corpo e alla coda.
TOTALE
Asportando in toto il pancreas non si fa l'anastomosi pancreatico-digiunale.
PANCREASECT
OMIA DISTALE
Viene effettuata nel corso di neoplasie cistiche che colpiscono la parte distale
oppure pancreatiti croniche, pseudocisti, fistole e traumi pancreatici.
Nel caso di neoplasia maligna è necessario asportare anche la milza per le
possibili invasioni locali.
PANCREASECT
OMIA CON
PRESERVAZION
E DEL
DUODENO
Intervento indicato solo in alcuni casi in cui ci sia una neoplasia pancreatica
cistica benigna o pancreatite cronica fibrocalcifica.
È una metodica poco affidabile anche perchè su una pancreatite cronica può
insorgere un adenocarcinoma e quindi va fatta solo durante chirurgia.
INTERVENTI
PALLIATIVI
Sono metodiche che si mettono in pratica quando il tumore è a stadio molto
avanzato e già diffuso per cui non si può operare.
Si può effettuare una derivazione biliare per risolvere l'ittero nel caso di
tumore cefalopancreatico con anastomosi coledoco-digiunale o epaticodigiunale o posizionamento di uno stent per via endoscopica.
Per la via alimentare si effettua una gastro-digiunostomia anche per via
laparoscopica.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
CONSEGUENZE Anche se la testa del pancreas non sembra possa provocare disturbi in teoria,
praticamente si è visto che il paziente va incontro a malassorbimento,
anoressia e calo ponderale. Questi dovuti ad aumento della velocità di
transito, diminuita secrezione pancreatica.
Si associano anemizzazione e dumping syndrome.
Nel caso di resezione del pancreas distale (corpo-coda) possono insorgere
problemi endocrini come diabete da mancata secrezione insulinica.
INTESTINO TENUE
SEZIONE
BRIGLIE
Le operazioni chirurgiche più frequenti del tenue sono le correzioni delle
briglie aderenziali attraverso una resezione dei frammenti fibrinici che si
sono formati tra le anse e che possono aver dato origine a ostruzione
intestinale da torsione, strangolamento o compressione.
RESEZIONI
Il tenue va incontro a resezione nel corso di neoplasie, IBD non rispondenti
alla terapia medica o complicate o in caso di necrosi da ischemia o infarto
intestinale.
Ove possibile è preferibile non togliere l'ultima ansa ileale e la valvola ileocecale a causa delle maggiori complicanze a seguito di questa operazione.
Si può fare un intervento di stricturoplastica nel corso di MC che serve per
dilatare il lume intestinale in un contesto di stenosi infiammatoria. Si effettua
un taglio a livello longitudinale nella porzione antimesenterica e poi si sutura
in modo trasversale così da aumentare il diametro.
Le conseguenze dell'intervento sono meglio sopportare se la resezione
colpisce di più il segmento digiunale piuttosto che l'ileale visto che nell'ileo
c'è assorbimento dei sali biliari che quindi evita diarrea e della vit B12 che
evita anemia.
Il tenue ha una grande capacità adattativa e risponde alla resezione
aumentando il volume e l'efficienza dei villi, pertanto si considera utile in un
primo momento dopo l'intervento fare una nutrizione parenterale totale
(NTA) ma pochi giorni dopo iniziare subito una nutrizione enterale per
favorire la compliance gradatamente selezionata.
Solo 50-70 cm di intestino sono sufficienti per permettere una dieta orale ed
interrompere la NPT, meno di questa lunghezza insorge diarrea da intestino
corto e diventa necessaria la prevenzione dei fattori che predispongono a
diarrea e malassorbimento come la secrezione acida (antiacidi come
omeprazolo), colestiramina per aumentare l'assorbimento dei sali biliari.
Se la situazione non migliora entro 12 mesi si deve fare una NTA.
TRAPIANTO
INTESTINALE
Intervento non molto utilizzato. Va ipotizzato nel caso che la resezione
intestinale non dia risultati e che la NTA dia complicanze come infezione,
trombosi ed endocarditi.
Viene prelevato il tenue da cadavere oppure solo alcuni tratti da un donatore
vivente.
Il rischio di rigetto è alto ma con i nuovi farmaci si riesce a controllare.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
STOMIE
INTESTINALI
Sono interventi che continuano ad essere fatti anche se meno frequentemente
vista la capcità di eseguire delle ricostruzioni rettali.
Si può eseguire una ileostomia (casi di malattie infiammatorie intestinali
gravi) ed una colostomia (neoplasie rettali e anali).
In entrambi i casi si tratta di una derivazione esterna delle feci che vengono
raccolte in un contenitore apposito legato alla stomia.
L'ileostomia consiste in un'esternalizzazione della porzione distale dell'ileo in
fossa iliaca con la sierosa del viscere che si va a suturare con il peritoneo
parietale in modo da evitare la retrazione.
Vengono prodotti al giorno circa 500-800 ml di feci quasi continuamente e il
paziente calibra la volemia con la secrezione di aldosterone, tuttavia in alcuni
casi è possibile avere gravi perdite elettrolitiche.
La colostomia è eseguita affrontando la sottomucosa colica con il derma
senza estroflessione come per l'ileostomia. In questi casi l'espulsione di feci è
più moderata e avviene durante i movimenti di massa per cui può essere più
controllabile e gestibile.
COLON E RETTO
RESEZIONI
Sono interventi effettuati a seguito di neoplasie o IBD.
Esistono diversi tipi di resezioni:
95. Resezione anteriore del retto: operazione in cui viene asportato il
sigma o sigma+parte del colon discendente e parte del retto. La
resezione del retto può limitarsi alla zona peritoneale oppure più in
profondità nella zona pelvica.
Maggiore sarà la profondità e minore sarà la capacità di fare un'anastomosi
efficace con il colon.
La ricostruzione si esegue con anastomosi tra colon a monte e porzione
residua del retto.
96. Anastomosi coloanale: se l'ano resta integro può essere interessato da
una anastomosi con il colon in modo da evitare di fare una stomia. In
generale si recide la porzione superiore della mucosa anale per
preservare lo sfintere anale. Non si tocca la muscolatura.
97. Intervento secondo Hartmann: resezione del sigma-retto con
colostomia. Utile in casi di operazioni d'urgenza come perforazione
ed occlusione.
98. Amputazione addomino-perineale: asportazione completa di tutto il
retto, canale anale, cute perineale e confezionamento di una
colostomia definitiva. Nei casi di neoplasie maligne invasive.
Le conseguenze sono incapacità di riassorbimento ed aumento del volume
fecale. È un fenomeno temporaneo che può persistere in caso di
emicolectomia destra per mancato riassorbimento dei sali biliari.
COLECTOMIA E La colectomia consiste nella resezione completa del colon a seguito di
PROCTOCOLEC neoplasie maligne, sindrome poliposica familiare (FAP), malattie
TOMIA TOTALE infiammatorie idiopatiche non controllabili con terapia medica ed
eventualmente situazioni ereditarie come l'HNPCC.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
L'interessamento anche del retto determina una proctocolectomia.
Il ripristino della continuità intestinale avviene con una anastomosi tra ileo
distale e retto nel caso di una colectomia, oppure nel caso di
proctocolectomia avviene una un'anastomosi tra ileo e canale anale qualora
questo sia integro e funzionalmente attivo.
In quest'ultimo caso è spesso necessario ricorrere alla formazione di una tasca
ileale (pouch) costituita da una porzione di ileo che viene sezionato
longitudinalmente in porzione antimesenterica e viene poi anastomizzato
insieme a formare una sacca che viene poi collegata al canale anale o al retto.
La tasca deve arrivare al piano perineale senza sforzi e trazioni eccessive e
con una vascolarizzazione adeguata.
Le complicanze di questi interventi consistono in un aumento della scarica
fecale a causa del mancato riassorbimento per mancanza del colon e quindi il
paziente ha necessità di evacuare circa 5-6 volte al giorno in media.
Un altro problema insorge nel caso di infiammazione della sacca ileale
(pouchite) che si verifica a seguito di metaplasia mucosa dovuta ad
abbassamento dei villi ed iperplasia delle cripte. Può manifestarsi con sangue,
dolori addominali e febbre.
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009
BIBLIOGRAFIA
- Longo, Fauci, Kasper, Hauser, Jameson, Loscalzo. Harrison’s principi di
medicina interna. 17esima edizione
- Coordinamento nazionale docenti universitari di gastroenterologia. Manuale di
gastroenterologia. Unigastro
- Materiale didattico utilizzato a lezione dai professori e disponibile per gli
studenti di medicina
- Appunti di lezione
Riassunti GEM - Luca Croci - 2009