Sciacallo - Comune di Este

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Sciacallo - Comune di Este
LO SCIACALLO – di D. GILROY
cast:
Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Riz Ahmed,
Bill Paxton
regia: Dan Gilroy
distribuzione: Notorius Pictures
durata: 117'
sceneggiatura: Dan Gilroy
fotografia: Robert Elswit
scenografie: Kevin Kavanaugh
montaggio: John Gilroy
costumi: Amy Wescott
musiche: James Newton Howard
Trama:
Lou non riesce a trovare lavoro. Un giorno assiste per caso a un incidente stradale e ha un'illuminazione:
si procura una videocamera e da quel momento passa le notti correndo sui luoghi delle emergenze, per
riprendere le scene più cruente e vendere il materiale ai network televisivi. La sua scalata al successo lo
rende sempre più spietato finché, pur di mettere a segno uno scoop sensazionale, arriva a interferire
pericolosamente con l'arresto di due assassini...
Recensione:
Apprezzato al festival di Toronto e alla IX edizione del festival del cinema di Roma, "Lo sciacallo Nightcrawler" è il sorprendente esordio alla regia dello sceneggiatore Dan Gilroy ("The Bourne Legacy"),
che segue le orme del fratello Tony Gilroy (pure lui anzitutto sceneggiatore, quindi dietro la macchina da
presa dai tempi di "Michael Clayton"). "Lo sciacallo" stupisce perché esente dai principali limiti delle
pellicole dirette da autori che nascono come sceneggiatori. Di solito in esse alla cura del plot e dei
dialoghi non corrisponde eguale brillantezza nella messa in scena. "Lo sciacallo" si distingue invece per il
vivido impianto scenico, in cui una fotografia dai colori saturi accompagna efficacemente il ritmo
trafelato della narrazione.
L'intera pellicola si regge sulla memorabile performance di un Jake Gyllenhaal dimagrito dieci chili, mai
così scatenato e invasato come nei panni di Lou, un disoccupato (che, all'inizio, ruba per vivere) mosso da
indomita ambizione. E' una versione acida dell'American dream. Lou si aggiorna, studia instancabilmente.
La sua volontà di realizzazione non conosce freni. Non possiede scrupoli. Quando inizia a riprendere
video di incidenti stradali, li prova a vendere a una tv locale e decide di farne un lavoro: ha inizio
un'eccentrica scalata al successo, anche grazie alla complicità di Nina (Rene Russo), la responsabile
dell'emittente, che condivide la sua voracità di immagini crude e dirette. Eppure Lou, per quanto sicuro di
sé, agisce di riflesso: la sua intraprendenza è automatica, come scatenata dall'esterno. Il dramma del
personaggio è che alla mancanza di scrupoli corrisponde assenza di consapevolezza, carenza di senso
della correlazione fra la realtà, le proprie azioni e il proprio sguardo. La modifica italiana del titolo per
una volta appare una licenza felice: Lou è sciacallo in quanto si avventa sulle vittime della violenza altrui
per cibarsene a proprio uso e consumo. La caratterizzazione di questo personaggio deviato e isolato è
prossima, per intensità, a quella di De Niro in "Taxi Driver".
Da qualche anno, piattaforme come YouReporter consentono a tutti di improvvisarsi cronisti d'assalto.
L'accessibilità del mezzo, la possibilità di istantanea diffusione del prodotto, fanno sì che anche i
principali network di informazioni abbiano preso ad attingere a fonti amatoriali. D. Gilroy racconta il lato
oscuro del giornalismo, ponendo l'accento su come l'istinto alla spettacolarizzazione (della violenza in
primis) sia giunto a prevaricare su ogni senso etico. Tutto ciò è concausa anche di un appiattimento dello
sguardo: si genera un livellamento sull'immediato, sulla superficie, perdendosi necessità e capacità di
approfondimento. Sono gli stessi argomenti, in fondo, su cui rifletteva De Palma in "Redacted".
La caustica disamina del cinismo dei mass media si incrocia con il tema della crisi economica avvenuta in
un contesto culturale dove sembra smarrito il senso d'appartenenza alla società. E' nel contesto di un
mondo di individui pronti ad azzuffarsi che si compie la riflessione di Gilroy sui mezzi di riproduzione e
manipolazione mediatica della realtà (non più solo delle opinioni). La gente ha bisogno che il proprio
risveglio sia accompagnato da immagini scioccanti, e Nina ha il famelico bisogno di immagini quanto più
esplicite possibile. Così come la coazione a ripetere si è sostituita all'obiettività della cronaca, alla ricerca
dello scoop maggiore fa seguito la possibilità di intervenire a modificare subdolamente la realtà, per
rendere il racconto più accattivante. Come si trattasse di un set, Lou non esita a spostare un cadavere per
rendere migliore l'inquadratura, o a spostare a proprio piacimento, sopra un frigo, magneti e foto di
famiglia.
A una prima parte in cui il racconto procede per eventi giustapposti, fa seguito una seconda in cui un
intreccio thriller più classico è portato alle estreme conseguenze, in una parte finale i cui colpi di scena
scatenano un'iperbole di senso. Anche a livello stilistico, si avverte una certa influenza di De Palma:
l'atmosfera, spesso di sulfurea ironia, ricorda tratti analoghi dei thriller depalmiani degli anni 70 e 80.
Come in "Omicidio a luci rosse", il fascino di guardare la violenza in azione porta a interagire con essa lì per impedirla, qui per riprenderla o addirittura provocarla. Simile è pure l'esasperazione dei personaggi,
che si ferma giusto un attimo prima della caricatura.
Il film ha certamente imperfezioni. Le potenzialità del rapporto fra Lou e Nina non appaiono pienamente
sviluppate; nella seconda parte, non tutto appare perfettamente controllato e in generale a Lou sembra
tutto troppo facile. Si tratta di limiti benvenuti a fronte soprattutto del ritratto di una Los Angeles più nera
che mai, che si aggiunge alla fosca galleria di pellicole ambientate in una città che, sin dagli anni 40, il
cinema statunitense ha eletto a scenario privilegiato per rappresentare la brutalità metropolitana.
RECENSIONE da OndaCinema.it