gattaze - Comune di Urbe

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GATTAZE
e la sua antica Cappella
Biancangela Pizzorno
Il nucleo storico di Gattazè -frazione di Acquabianca - presenta
un paesaggio estremamente suggestivo e, nel contempo, assai
complesso, dove il visibile si intreccia con l'invisibile, dove il
presente si lega, ancora oggi, in modo indissolubile con un passato
non solo vicino, ma anche molto, molto lontano. Il visibile si legge
nelle “cassine” interamente in pietra, ricoperte di scandole.
Costruzioni grandi, per famiglie numerose: austere nella loro
semplicità portano nomi suggestivi, quali: la Menta, la
Carrubina, gli Agrifogli,...: oggi, purtroppo, in totale abbandono
e rovina. E poi rovine, ormai illeggibili tanto il bosco le nasconde,
le avvolge e le consuma. Sono i resti del Palazzo di Caccia dei
Marchesi Raggi; gli stessi della Badia di Tiglieto.
Gattazè, infatti, apparteneva al suo vastissimo territorio, anzi
al suo nucleo originario, il più strategico: il crinale alle spalle di
Genova, dove il suo nome non appare, ma è implicito in “tutti i
monti che convergono l'acqua al monastero”, al monastero di
Civitatula -come precisa nel 1131 una delle più antiche donazioninato sulla piana alluvionale dell'Orba, nel Bosco di Tiglieto.
Molto, molto più tardi, nel 1648, l'Abbazia di Tiglieto e tutti i
sui possedimenti passeranno in enfiteusi perpetua al Cardinale
Lorenzo Raggi e da questi ai suoi discendenti.
E più tardi ancora, grazie al Marchese Gian Antonio Raggi,
impegnato a curare i possedimenti e soprattutto le “multas
cassinas” della stessa Badia, Gattazè prenderà la sua identità
storica. Siamo agli inizi del Settecento, prende il via lo sviluppo
del suo “arcaico” nucleo, di cui il Palazzo di Caccia dei Raggi
diventerà il volano: il suo punto di riferimento, di forza, di legame
con la stessa Badia, nel fondovalle.
Quel volano poi, sul finire dell'Ottocento, perderà di forza.
I tempi, infatti, sono cambiati: le ferriere del fondovalle si
spengono, nasce una nuova viabilità che non affronta più di petto la
montagna. Per Gattazè, nata sull'itinerario di una delle più
importanti vie “marenche”, poi strada del sale, del ferro e del
legno, fu l'inizio del suo declino.
L'incendio improvviso, nella notte dell'estate del '68, che ridusse
in rovina il Palazzo e la casa del fattore, decretò la sua fine.
Rovine che possiamo riscoprire nell'interezza della loro struttura,
grazie alla documentazione fotografica: le prime fotografie, siamo
all'inizio del Novecento.
Gattazè nel suo pieno sviluppo, la sua comunità è numerosa e
vivace, grazie alla presenza di tanti bambini.
Il Palazzo di Caccia si presenta come una grande costruzione,
con tante finestre e quindi tante stanze. Una casa per signori come
sottolinea il suo nome. Imponente si erge in posizione dominante da
uno spiazzo strappato alla foresta, condiviso con la vicina
Cappella, risparmiata dal fuoco.
La Cappella di Gattazè, pubblica e privata nello stesso tempo,
dove si celebrava la messa tutte le mattine, quando i Marchesi qui
soggiornavano, nella stagione estiva, dal Settecento e in particolare
per tutto l'Ottocento. Benedetta nel 1793, dal vicario parrocchiale
di Tiglieto, era dedicata a Nostra Signora delle Grazie.
Scopriamo la sua struttura circolare in pietra, sappiamo della
sua elegante cupola in mattoni. Rotonda, come si addice al luogo
di culto, porta una croce incastonata sulla roccia arrotondata, che
chiude la copertura conica, ricoperta di lastre di pietra.
Una costruzione che evidenzia un alto livello tecnico, sembra,
infatti, richiamare le maestranze antelamiche; le principali
protagoniste dell'architettura medioevale a Genova, in stretto
contatto con i costruttori Cistercensi.
Dopo il rogo, si erge salda tra le rovine che lentamente vanno
scomparendo sotto il bosco, che ogni anno si infittisce. La forza
invisibile della selva dell'Orba è rimasta, ricupera i suoi spazi,
raggiunge la Cappella e la racchiude nel suo verde abbraccio.
Austera, richiamando l'arcaico percorso, che le corre accanto,
sembra aver ripreso, nel suo totale isolamento, quell'invisibile
identità che pur le apparteneva, ritorna, infatti, come luogo
dell'ultima sosta, quella tanto ambita, sotto il Dente: la cima del
crinale alle spalle dell'approdo di Voltri.
L'ultima sosta del pellegrino, l'uomo “viator” del Dodicesimo
secolo, che, attraversati i passi alpini dell'Europa Occidentale,
scende l'Alto e Basso Monferrato, e, desideroso di raggiungere in
fretta i luoghi santi, affronta l'Appennino a Molare, risale il
percorso luminoso dell'Orba, all'interno della sua fittissima Selva.
La via dell'Orba, la più veloce per raggiungere il mare, una
direttrice di marcia frequentata da tempi remotissimi. E proprio su
questo strategico percorso, i monaci, nel deserto della Selva,
fonderanno nel 1120 la prima Abbazia Cistercense in Italia.
“Gattazzè: sì, il suono che conserva una barbarica
asprezza...Un nome comunque che è, da tempi immemorabili:
forse addirittura da quelli dei Longobardi, re Liutprando a
caccia col suo seguito, la regina Teodolinda; venivano dalla
pianura del Po, queste erano le loro selve,..”
da Prima del Fuoco di Camilla Salvago Raggi.
La Cappella di Gattazè evoca quei tempi leggendari, tanto sono
lontani. Amantata di sacralità esalta la fede del pellegrino, saldo
nel suo passo stanco.
Architettura Rurale nel Parco del Beigua.
Guida alla Manutenzione e al Recupero – Marsilio 2008
In rovina, stremata dal tempo delle stagioni, come un faro che
non vuole spegnersi, resiste, e carica di storia ancora racconta....
Prima parte. Luglio 2012
In collaborazione con la Biblioteca Civica di Urbe
Lucia Pizzorno, Sara Pignone e Serena Ramorino
www.comune.urbe.sv.it/