I rischi di una scelta tra Great e Little Britain
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I rischi di una scelta tra Great e Little Britain
22/3/2016 I rischi di una scelta tra Great e Little Britain Il Sole 24 ORE Stampa l'articolo Chiudi 22 Marzo 2016 I rischi di una scelta tra Great e Little Britain di Leonardo Maisano C’è voluto l’acume di un politico navigato per esemplificare in un’alternativa secca il destino di Londra. «Il 23 giugno ha scritto l’ex premier John Major, l’uomo che negoziò il Trattato di Maastricht con relative clausole di opt out per il Regno Unito l’alternativa è fra Great Britain e Little Britain». Ridotta ai termini minimi di uno slogan, la scelta referendaria è questa. Il rapporto di PricewaterhouseCoopers per Cbi, (la Confindustria britannica), lo conferma per la prima volta in modo inequivocabile, mettendo un costo secco a Brexit e quantificandolo fino a 100 miliardi di sterline e un milione di posti di lavoro. Anche nello scenario migliore, quello che implica, dopo l’uscita britannica, un rapido accordo con Bruxelles per ovviare all’immediato innalzamento di un muro di dazi e tariffe attorno alla Manica, il prezzo sarà pari a importanti frazioni di Pil e con la prospettiva di non recuperare mai più il terreno perduto. Le maggiori banche d’affari da mesi producono ricerche che analizzano l’impatto del divorzio eurobritannico su settori specifici dell’economia, blasonati think tank come Open Europe e il Centre for economic performance si esercitano in simili studi, solo il documento CbiPwC però sembra aver la forza di stracciare il velo su un’infinità di equivoci, prodotto della disinformazione sistematica che punteggia questa campagna elettorale. “Project Fear”, il progetto paura che il governo di Londra è accusato di aver messo in moto per spaventare gli elettori, inducendoli a rigettare Brexit, non tiene il passo, in realtà, con l’esuberante mistificazione che opera chi vuole il divorzio dall’Ue. Una ridda di calcoli abbozzati, qua e là, traccia l’alba dorata di un giorno che verrà quando il Regno riprenderà in mano il proprio destino, liberandosi dai lacci e lacciuoli dell’edificio comune. Non è così e non sarà così: la prospettiva di un futuro in tono minore per i sudditi di Elisabetta non è solo il Progetto Paura dell’esecutivo di David Cameron, ma è una certezza. Con molte variabili, forse, ma una certezza. L’impatto diretto sull’economia dell’Unione europea sarà, proporzionalmente, molto minore rispetto al prezzo che pagherà Londra per aver tagliato i legami con Bruxelles. Quello sulla credibilità politica dell’Ue, orfana di un partner chiave e Londra è partner chiave essendo la seconda economia dell’Unione e un pilastro del sistema di sicurezza e difesa occidentale rischia di essere dirompente. I Ventisette, perduta per la prima volta una capitale, appariranno come i soci di un club con lasse regole di membership, esposto al vento dell’interesse politico particolare, incapace di reggere alla spinta populista. Una casa fragile da cui meditare l’addio. Se il prezzo di Brexit per Londra si valuterà in quote di prodotto interno lordo, per Bruxelles il prezzo di un divorzio britannico si misurerà in quote di credibiltà, nella tenuta stessa, crediamo, dell’Ue per come la conosciamo ora. Senza il pragmatismo di Londra, l’impoverimento “culturale” delle dinamiche europee continentali si avvertirà, infatti, oltre ogni aspettativa. A tre mesi dall’apertura delle urne britanniche questo è lo stato dell’arte di una tenzone che, se finirà con la temuta rottura, lascerà sul terreno solo sconfitti. Se, al contrario, finirà con un “sì” popolare all’Europa riformata che David Cameron ritiene di aver negoziato si sarà fatta chiarezza all’interno dell’Unione. Impermeabile all’euro, ovviamente impermeabile a Schengen, impermeabile soprattutto a ogni possibile fuga verso nuove forme di integrazione, la Gran Bretagna si sarà accomodata anche formalmente nel cerchio più largo dell’Ue, godendo dei vantaggi del mercato interno senza condividere gli ideali di un’autentica coesione politicoistituzionale europea cara alle capitali continentali. Il meglio di due mondi, http://www.ilsole24ore.com/art/commentieidee/20160322/irischiunasceltagreatelittlebritain070035_PRN.shtml 1/2 22/3/2016 I rischi di una scelta tra Great e Little Britain Il Sole 24 ORE dice David Cameron e dal punto di vista britannico, è considerazione incontestabile. La realtà è che il “meglio di due mondi” non basterà a risolvere i motivi profondi che hanno spinto, con avventurismo e spregiudicatezza, il capo del governo di Sua Maestà a indire il referendum esponendo il suo Paese, l’Europa, il mondo intero al rischio della crisi che sarà innescata dall’onda lunga di Brexit. Il Tory party che Cameron diceva di volere riunire è più diviso che mai come confermano le cronache da Downing Street e Whitehall in queste ore con un crescendo di dimissioni ministeriali e relative polemiche. I conservatori rimarranno eternamente spaccati sul senso stesso dell’Europa. Non c’è referendum che possa risolvere una querelle questa sì assai poco pragmatica e fortemente ideologica che tutti amano mimetizzare con grandiosi aggettivi, ma che, in ultima analisi, impone di scegliere. Fra Great e Little Britain. 22 Marzo 2016 P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati http://www.ilsole24ore.com/art/commentieidee/20160322/irischiunasceltagreatelittlebritain070035_PRN.shtml 2/2