Matteo Bandello, o, Vita italiana in un novelliere del cinquecento
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Matteo Bandello, o, Vita italiana in un novelliere del cinquecento
''^n, ^r\;if '':-\*^ 'NààL •^ ,&* ^/ ,*?\ -'^^?^. ^ ,f'vrrif-'(.K,^.|:1 "^^sÉm..^ J' ,* . ki Rnr .nH "''^'K'K^' ^„.^^^, t7<:^^ sSis^^S^^ •Ti- li - vi Vì.^'). Proprietà letteraria. ERNESTO MASI MATTEO RANDELLO VITA ITALIANA IN UN NOVELLIERE DEL CINQUECENTO BOLOGNA DITTA NICOLA ZANI iqOO. -^j\viCtS RùIL^^^l^^.^ CAPITOLO Dal Boccaccio Di al Boccaccio quella che diede più duraturi Di fu, scrive durante fatto, se il il Bandello. opera vasta tutta la varia e I frutti più numerosi e Decamerone ('). Symonds, secolo il XV novellatori i com'è furono numerosissimi, perchè ad altro, era principalmente rivolta ogni attività non furono però poco del letteraria importanti, il non noto, letteraria, Sermini, il Manetti, Sabadino degli Arienti, Masuccio Salernitano, Poggio Bracciolini, Lorenzo compenso, (') II, Renaissance in Italy rahle portion the Masi. « and Decameron Magnifico. Per pieno Rinascimento, e cioè in Chapter X. il — Italian Of Boccaccio's the one ihat Literatnre legaci/ bore the nel the »ios( richest — se- Part consideiras frtfif, ». 1 —2— colo seguente, la nota fondamentale è data dalla novella ed i (^), per così dire, una novellatori sono lange, dei quali lungo sarebbe ricordare fa- nomi i soltanto. Basti che ogni regione italiana, quasi ogni città contribuisce a questa fioritura: Toscana col Firenzuola, tini, il Lasca, Machiavelli, e coi il che tocca Nelli, e fino al Bargagli, Roma XVII, ma romano col Decamerone d' elezione e di Senesi Forsecolo il del Molza modenese, dimora, Ferrara cogli Ecatommiti del Giraldi, Venezia colle Piacevoli dello Straparola, i Diporti del Parabosco, nate dell' Erizzo; Lodi col Da Gior- le Gadamosto, Vicenza il maggiore senza alcun dubbio novellatori del Ginquecento e meglio d'ogni altro afferma l' quello di col Ran- Porto, Gastelnovo di Scrivia con Matteo dello, notti tutti i che più e assoluta prevalenza, specie nella novella romanzesca, supe- dell'Italia riore. Perchè questa prevalenza? L'ha detto (1) « The Norella, ns in cit, Ice. cit. kei/noie of the England by il Renaissance u-as striick the Drama » — Svmonds Ca- b;/ the — Op. —3— nello in quel suo pur tanto ingegnoso tevole i scrive è, il sistematico, ma libro sul Cinquecento. « No- paradossale e come Ganello, che nostri poeti epici del sommi i tra Cinquecento appartengono air Italia superiore, alla slessa regione appartengano anche del più notevoli tra i Po La regione novellieri. i armi fu la più disputata dalle e dalle am- bizioni dei potenti d'allora; qui ci fu più sviluppo di vita reale pubblica e privata; e qui più poemi, romanzi e novelle, che la tarono (') e quanto le tutte in esse, fermandosi egual E la rappresenta- grado? 11 Settembrini, ai tre novellatoi'i, (') Il che veramente XVJ, sui moltissimi del secolo dice dello, al Lasca, al Giraldi, a rappresentarono novelle quella vita pubblica e privata? meggiano rappresen- ». Ma come rono furono ci Carducci che in vari luoghi delle « al il pri- Ranprimo suo opere applica questo fatto non solo la ragione storica, ma, comjiiendo la teorica Herderiana dell'azione, che su determinati svolg'inìonti storici esercitano grafia, studia il i luoghi, fatto, di cui parla il il clima e l'etno- Canello, anche relaziono alla configurazione del suolo e ad condizioni fisiche. in altre simili —4— ritrae nomo 1' renze, il terzo in Italia, l'uomo novella più che liana del la » ci ritrae che Più « la vita ita- la meno perchè forse », troppo esatta. Settembrini, commedia Fi- in (^); ed tutto vera stesso Cinquecento uomo 1' mondo nel gran frase da essere del giusto è dire collo secondo il di mo- essa vincolata e trattenuta dall'imitazione dei delli classici. Ciò non significa che anche tutti i la non suoi travestimenti classici, nel vivo, ed il commedia, con tagli spesso Gaspary adduce un esempio tanti, in cui la realtà è messa a nudo con una franchezza e profondità così rapida, che certo fu mai conseguita dalla novella con tutte prolissità di chiacchierona interminabile. Chi — — lo potrà? — Il « Chi disporrà Tu, io, i risponde confessore, confessore ? sue Trattasi male devota. Ligurio. chiede Callimaco. danari, la cattività nostra, la loro. Io dubito, obbietta (') il pura, non le nella Mandragola del Machiavelli d' indurre al Lucrezia, la giovane sposa, onesta, fra Nicla, Settemubtni, Lezioni di che Ictt. per mio ital. Voi. II. detto — la —5— non parlare al confessore. cotesto è rimedio. — Dimmi. voglia anche a ire a condurre alla madre » che ('). — — È un lampo Ed Farvela orrendo, un bagliore istantaneo su striscia e getta un buio ancora più orrendo. Se non che, noia acuta- mente il Gaspary ma tenza artistica bensì, realtà e modernità, capita alle ardimenti con dessa è commedia appresta alla quando la novella, ('), vivo appunto del senso quella di che Cinquecento, specie Machiavelli, siffatti di rappresentazione. Al teatro la novella fornisce in genere gli ele- maggior menti di Lasca slesso, realtà e modernità, volendo vantare un commediografo moderno, già più del mani minore po- con Menandru e commedia alla d'amore. La novella però dà proprio bene e male, e il donna Boccaccio; e alla ampia [)iù all'intrigo commedia il suo ammassando, Scena VI. (1) Mandragola. Atto (-) G.^SPARY, Storia della Leti. Hai. pag. 231, 262, 263. e la tessitura sua, li. non disse ch'egli imitò Terenzio, sibbene il come buon tale l'azione della novella procaccia ancora parte nella sicché — Voi. II, Tarte II, sovrapponendo, avviluppando circostanze su circo- comporre un vero stanze, senza per questo che abbia che la la perspicuità necessaria al teatro, fa la commedia Mandragola del Cinquecento (se da essere perderne Symonds il della prevalenza (^) XV dunque innegabile, e non solo vede nel ma può vedersi altresì Leggende di santi si poesia nella l'andare della novella; e lo stesso degli del tipo di Ginevra quanto alle tissime pitture, la leggenda, ad Gaspary, Op. Op. cit., cit.. loc. cit. poemi loc. cit. novelle; i Almieri Umanisti scrivono in versi; gli stessi (2) i Orlando Furioso, talvolta in- poemi popolari (1) arti Rappresentazioni Sacre a e, è teatro, nelle terrompono l'azione per dar luogo novelle in latino; XVI non volendo, pigliano, le e sono in gran parte novelle drammatizzate; sono novelle il poche parole tirannica della novella nei secoli romanzeschi, intri- ('). Ciò che nota belle. sì eccettua così facilissimo e quasi impossibile stringerne in l'argomento si del Machiavelli) riesca cata e faticosa, filo intreccio, arti belle, esempio di S. mol- Ago- San Gimignano, sLino del Gozzoli a Sodoma detto del vanni non sono svolgono d' Lippi del in i guenza a Prato, realtà se Bene- non un d' Gioaltro novelle dipinte, le quali una chiesa, oratorio. La conse- cosa indurre da questo fatto? pili logica e di S. dicendo, via e loro incidenti sulle pareti d' un claustro o Che Monte Olivato, quella a Or- qiiella di S. sola del Carpaccio a Venezia, quella di S. più semplice parrebbe questa vale a dire, la novella essere stata molto nel gusto di quel tempo e le belle arti essere state allora, e con grande loro vantaggio, molto più strettamente congiunte alla letteratura che quantunque la novella, quecento, sia già assai ogni altro tempo, in massime quella meno opera del Cin- artistica di quello che nelle mani del Boccaccio, ed abbia in- vece molte delle parti che mente critica, straniera, le contesta; tant'è vero dei maggiori poeti non ha certa talvolta, del mondo, che da gravare lo la special- che uno Shakespeare, mano sulla de- bole trama della novella italiana per farne sbalzar fuori il dramma umano verità e varietà. in tutta la sua molteplice —8 Tati' altro invece e ben più ampie singolari sono le conseguenze, che ben più e ne se vollero derivare, e possiamo vederle raccolte appunto nel Symonds, che, sebbene nimità, di dottrina e di affetto potè trattenersi dal ( dopo d' averla pieno sia scrittore pure non all' Italia, anch'esso fare equa- d' novella della proclamata moralmente turpe, inogni differente al bene od alta idealità, d'ogni profondità psicologica, d'ogni passione e d' ogni poesia storica del nostro d' arte si montando vede a popolo il italiano la letteratura e 1' o- per verità notevolissimo, grande quantità di novellieri e di novelle se il che dal Boccaccio a apparisce nella storia della e fatalità fatto, spicciolate, può di che meritava. Che monta, di quella d' temperamento nazionale, per cui avrebbe avuto nella novella pera destituita una specie ) Cinquecento, nel soprattutto male, al deve spiegare la tradizione occhio, che in tutto secolo letteratura altra quante letteratura simbolica medievale, XYI italiana guisa puramente tutte il ; se si ri- letteraria, si forme di le comuni alle razze neolatine, (Moralizzazioni, Bestiari) sono piene di —9— non racconti, rado di inzeppati di lubriche san- toccherie; che allo scomporsi della vecchia società feudale, già inspiralrice delle canzoni di gesta e dei romanzi d'avventura, fableau il scettico, mordace, irriverente s'impossessa della materia di quei racconti e ne trasforma lo spirito, precorrendo la novella, quale poi, in uno stadio coltura, la troviamo bella, ornata, vanni Boccaccio? dalla tradizione può (^) Che monta, puramente mento necessario pientesi lungo di quella sopraffa il se in secolo Gio- anche uscendo un quale risulta- della trasformazione sociale, com- XIV, mercè l'avvenimento che Dante chiama ovunque pomposa, letteraria, la novella si gran parte considerare in avanzata più di la gente nuova, la quale « le vecchie famiglie, direbbe il Carducci, custodi della tradizione eroica » e attornia le signorie, livellanti e Ghibellini, « sotto la lor dittatura Guelfi grandi e plebe »1 () Che monta, se questa mescolanza di elemento signorile e bor- ii) Bartoli, / Precursori del Boccaccio — Letteratura Italiana, Voi. 3; Cahudcci, Oj)ere Storia della — Leti, e Storici. (2) Carducci, Opere — Discorsi Lett. e Storici. Discor;>i — — 10 ghese è dessa appunto che produce affermctzione fermazione non solo di altresì d' un il Decameroìie, ma fatto storico, un uomo bastevole quindi a determinare da per sé cipio d* una intiera tradizione letteraria? dizioni sociali susseguenti, che separa la società d'assecondare sità borghesi sempre vella, il piiì, nuova Le con- (') umanistica, tradizione quella finché in pieno Rinascimento la pittura, poema il la almeno cavalleresco, d'ogni tramonto supremo nell'ideale quasi tutta la coscienza morale novella diviene in Italia continuamente fra ne diana, il del manifesta meglio È quello che della mancò al e più vita 2. ideale com'è, quoti- largamente contrad- in Italia. proposito le giuste considerazioni del Gaspart, Voi. li- spontaneo le brutture, le dramma la Cinquecento, frutto più gli accidenti ogni altro la corruzione, (1) no- dell'arte di tutta la letteratura del secolo, e avvolta, d' neces- gusto d'una società mista di amorosa, e che nel concentra la prin- senza neppure quel tanto d' idealità artistica, che eleva rica il dal popolo, la afforzano signori e coltura la che più genio, di af- Vedi in Op. cit. — dizioni, rissimo; 11 ma che monta, ripeto, tutto preferisce dimostrare che la novella che una conseguenza danna della di per lo si dai contesti originalità di contenuto. A è per noi critici stesso Boccaccio o sentirli, tutto i con stranieri, comparazioni, di im- è ci a cronica infermità l'immenso materiale, che in opera novella la meno tanto studio d'indagini, e hanno messo non Si storia. putata a colpa, nazionale, le questo? natura ed una giusta con- Curioso è poi che mentre tutto Ve- che ninna apologia potrebbe negare. ogni quasi nostri novellatori è derivato dal fableau. non ha nulla di suo, salvo leganze ciceroniane (che snervano anzi, si le Lo e- dice, la giovine e sana vigoria del fableau) la lubricità dei particolari e la irreligiosità. vellatori si salva, neppure E il nessuno dei nostri noSacchetti, che indub- biamente atteggia nelle sue novelle aneddoti e personaggi contemporanei, neppure il Bandello, così lontano in ordine di tempo dalla letteratura dei Iròveri e così {*) pienamente tuffato nel suo Cinquecento — Bei— Dunlop-Lie- Vedi: Landau, Die Quellen des Decamerone tràge zur Geschichte der Italienischen Novelle (^). — Anche e di queste esagerazioni che non procede per giustizia. Certo, siero umano genera mento il via neppure come un fungo, perchè si 12 il la critica discreta, prima nulla nella storia del pen- e quindi nella storia della letteratura così, ed anche come forma Novellino^ le visioni di i e le al Decamerone, leggende, largamente diffuse la strada alla a parlar di fonti^ dalle delle plebi cristiane, direttamente quali dimostrato, son tanto lavoro di rimaneggiamento, che secoli in letterarie ed orali, delle colate e Trouvères x^ag. 80, 83, J51 — E — da è la co- principal- Fin du XIII Siede per V opposto vedi Bartoli, Storia della Letter. Hai. Voi. cursori del Buccaccio, ecc. ecc. il infinite ribollite Vedi der Prosadichtungen. mente: Histoire Littèraire de France — fa varie grande quell'immenso crogiuolo, che BUECUT-G eschichle derivi Cinquecento, è il quelle, dalle quali essa attinge, tanto è tradizioni Ma Divina Coìnmedia. novella italiana fino a tutto più presto detto che componi- di Conti d'antichi Cavalieri^ e via Dante nella coscienza avevano aperta la fatto Boccaccio è venuto su dicendo, hanno aperta la strada come ha sistemi, di 3. Cap. X e i : Pre- — popolare, scienza ratteri tanto contemporanei nali, tanto si 13 si — vale giova e mescola insieme E rispecchia di e fatti e in essi traveste ricordo erudito e ciò che è mediata. di i ca- tradizio- ciò che è sua osservazione im- anzi appunto per questo che essa pure non in tutto, e la vita sociale del ma tempo. in gran parte, la storia CAPITOLO La cornice li del quadro. Dovrebbe quindi bastare quello che fu ed sempre nuovo nulla vero, sotto il quau'l' anche, esteriore, notando sole, poniamo, con cui mai esservi il si d' intieramente tenipo puri in cerca di dare un unità organica alle sue novelle, la peste, che tre in cui giovani s'incontrano, lano, ove si recano a la le sette sul villa potere poco; così grande con cui l'arte è del la Boccaccio vecchia forma, e tanto 1' si vaghezza dee i Fieso- essere in- ombra prove- in nirgli dal Libro dei Sette Savi, gli donne colle non novellare, ma venzione tutta sua, che dimostri la stessa cornice Boccaccio sola Firenze, la chiesa, è e sarà tolto ben l'originalità, trasfigura quella ha esso riempiuta di per- 16 sooaggi e di vita del tempo suo del resto considerare Non ('). Boccaccio nelle il può si ridicolag- gini de' suoi pretesi imitatori. L'arte sua è di or- dine composito, suo stile, altra che. nelle noi gente, periodo, a fa se quasi sgomento, in quillità, mai. fu ampie che il del volute diavolo dietro, Giovanni della in lui, lente e ha Quello stesso tran- com' era detto dai suoi contemporanei, era arte squisita, che idoleggia sé stessa, varia d'ombre, di luci, e accarezza e vera delizia interiore. Ad modo ogni e eh' egli raffina ciò è secondario in un' opera letteraria cosi vasta, mille rivoli tanti ma e alimenta generi tanti nella la novella si sola discosta Sacchetti stesso, che gli è così vicino, è già altra cosa. Scarta cioè diversi letteratura da la lui, cit. nel novella sempre più l'elemento d'arte, e acquista un'altra originalità, quella Gaspary, Op. in Europa. Se non che in quella di tutta appena, ripeto, (1) eru- sovrano, ha una azione che dilaga per tempi diversi, e non Italiana, ben come quella del Boccaccio, che novellatore, poeta, dito, artista con Voi. II, P. I, pag. 42. che 17 le viene da un sentimento più prossimo alla realtà contemporanea, con sempre minore inlerposizione di preoccupazioni finché artistiche, giunge a si Matteo Bandelle nel secolo XVI, che schiettamente dichiara non aver arto, non narrar per narrare. Non « non lingua, stile, voglio dire, scriv' esso, che queste mie Novelle siano Fiorenlin scritte in E volgare, perchè direi manifesta bugia. io non ho (che stile il e bene se confesso) mi sono assicu- dandomi a credere che rato a scriver esse Novelle, l'Historia e cotesta sorte di Novelle possa dilettare in qualunque lingua Lombardo trove: « Io son fini ho de la scritto, ornamento essa sia scritta » Liguria nato.... e in e non per iiìsegnar a la lingua memoria de le cose Lombardia a come ma degne li al- con- parlo, io altrui, Volgare; che E (^). né cosi accrescer solo per tener mi sono parse d' essere scritte » (). (1) La prima ]);ute delle Novelle del Bandelle (Lucca, Hnsdrago, 1551, e di nuovo in 1710). Il (•) piilita Bandello Baxdello, Londra per S. Harding-, ai lettori. Novelle. Parte prima. — Dedica ad Sforza Bentivo^lio. Ma-^i. 2 Ip- — — 18 L' ideale artistico del Boccaccio è raccolto nel- r età del Rinascimento, di cui è egli il mediato profeta, dai grandi maestri delle non stiche e dall'Ariosto, essa cerchi sempre parodiarne lo dolo, l'organismo, in cui suo novelliere, e sazietà, il pla- quantunque ha egli temi certi suoi rifarne, stile, varian- incorniciato il rimaneggi a li si d'ogni giuoco fa umana, l'amore finalmente, che carne contro Io spirilo, la tirannia dell' susseguenti si previdenza Boccaccio è nel ribellione dei tempi nuovi contro contro arti motto, l'arguzia, la burla, l'accidentalità inaspettata, che della im- sempre imitatrice del Boccaccio e professi si dalla novella, più medio il dell'istinto evo, umano ascetismo, e nei novellatori materializza, sempre sfrena si piij, senza neppure che quell'ideale redima alquanto irresistibili fatalità, finche nel secolo XVI occupazione maggior cilio di le di religione ne riapparisce nel Bandelle qualche predi leggi morali e nel Giraldi rispetto a certe convenienze, che Trento aveva insegnato puramente, poniamo, principale bersaglio di alla e che, se disciplina tutti i nostri si il quel Con- guarda ecclesiastica, novellatori, — non può si come dire, — Ganello, che fosse il tuUo un'apparenza, un'intonaco, un' ipocrisia e solo Quanto alla forma, la novella del non ha modelli por 19 classici. Ha un meno, pretende averlo, lo novella comincia l'imitazione si modello e con finisce il colorito della lui e il lepore, mentre pei- avvolgimenti del lingua, lutto sta nei complicati gli altri arti- riduce ad esteriorità inconcludenti, salvo nei Fiorentini e Senesi le grazie, la ricchezza, o, Boccaccio. Pre- grande composizione tende, dico, perchè la stica della Cinquecento solo il (^). periodo e delle cadenze boccaccesche. Prevale fra siasi cornice, imitazioni la ricerca d' una qual- le in cui inquadrare tazione quasi costante, dal Pecorone, Cap. ir, Voi. Lasca e novelliere; imi- misterioso autore pag. Più in Cap. V. In altro luogo del suo cit. lo si cerca e Giornale — Vedi 19. XV, ed ora Giovanna. del Giraldi. al Canello stesso espressamente ne conviene. il (•) al Canello. Op. (1) libro Gorra, (') il Il più Storico si della ostina a celarsi. Lelterafitra in Studi di Critica Letteraria. Pecorone Bihliot. delle Scuole Iteti. di — Vedi Haliana. I. Della Ser Giovanni Fiorentino in Ili, n. 15. 20 Oggi, che tanto cento e primo del predilige l'arte del Quattro- si dimenticano non solo rappresentazioni fatte ma le Novelle, immediate della può bensi avere qualche alquanto ingenua originalità profonda idealità, di quella, nei quadri, nelle statue e civile? Sia chi Pecorone^ pagine il di si e d'espres- movenze sione, per schiettezza e sobrietà di per carnale forme, per forza di che arte, ornamentale sorella è d' allora, vita esteriorità ma invecchiata, si ancora queste d'un' con vera intenzione d'arte, mai perchè Cinquecento, e per s'ammira che tanto nelT architettura sacra vuole l'autore del Proemio al proemio é certo una delle più graziose questo novelliere, un' anticipazione pros- simissima del più puro Quattrocento; eppure chi sa a quanti giungerà nuovo del tutto! Pecorone Il comincia dunque cosi: « Per dare alcuna di refrigerio e di consolazione mente quello che tito io, mi si nel passato muove scintilla sente a chi nella tempo ho già sen- zelo di caritatevole amore principiare questo libro, nel quale trattaremo d' giovine uomo e d' ferventissimamente una fanciulla, innamorati i 1' quali un a, un furono dell' altro, — come per — presenle polreie udire; e seppersi lo segreta me lite giogo dello -21 mantenere leggiadra inventiva, la vaga ragionamenti mitigar la fiamma che presente il morati sepper si amore, sfavillante materia di seguire e che portare me a maniera insieme il dieder udendo libro, e la inna- gli per tenevano dello ardente amore, del quale smisuratamente ardevano. Perchè ritrovandomi a Dovadola, come e sfolgorato e cagione da poter io fortuna, dalla caccialo e nel presente libro leggendo potrete avendo inventiva sì vedere, dire, co- minciai questo negli anni di Cristo 1378, essendo eletto per grazia Papa il sommo vero e Urbano VI, Pontefice per « Egli ebbe in divina nostro Italiano; regnando serenissimo Carlo IV, per Boemia, e imperadore e la la Dio grazia re re dei Romagna di Romani. nella città di Forlì munistero, dov' era una priora con più suore, un le quali erano tutte di santa e buona e perfetta vita» fra le quali ve n'aveva suora Saturnina, savia e bella, la una ch'aveva nome la quale era giovine, costumala, quanto la natura fare pifi; ed era di tanto onesta l'avesse e potuta angelica vita» — che — 22 priora e l'altre suore la larissimo amore portavano le E e riverenza. fama la lezze e onestà sua risplendeva per tutto delle belil tant'era compiutamente dalla natura ben Per che ritrovandosi qual aveva e ben in nome Auretto, savio, sentito, pratico in ogni cortesia udendo la gran cosa, parte nobil fan) a quello di di questa che il costumato aveva, graziosa innamorò, non nina, subito se ne dotata. aveva speso qual il paese; un giovane, Fiorenza in singo- e Satur- l'avendo mai veduta, e pensò di farsi frate, e di venire a P'orli e porsi per cappellano di questa priora, per avere più agio di veder costei, morato di ciò i fatti e quindi, lei. E così prese per come molto a picciol intendente, per stare inunistero; e seppe in fortemente sì tempo della suora meglio che a sé per e inna- acconForlì interposita cappellano a questo tenere savi e prudenti modi, e' venne della priora e di tutte l'altre mente partito era suoi e fecesi frate e vennesene a persona venne che sì Saturnina, in grazia e in suore, a cui e amore massima- egli medesimo. Ora avvenne voleva che detto frate Auretto risguardando onestamente il più 2:5 — volte la detta suor Saturnina, ed ella lui, e gli Amor, che a cor occhi più volte riscontrandosi. insieme gentil ratto s'apprende, legò costoro per modo, che da lungi sorridendo s'inchinavano; così seguendo Amore, più e più volte e presero si per mano, e scrissonsi e favellavansi insieme molte volte. E moltiplicò tanto queslo amore, ch'eglino una presero per partito d'essere a sieme ri al parlatorio, moto quale il era ora certa in luogo in- assai e soletario: ed essendo quivi venuti, e ra- gionaTido, ordinarono di venirci ogni di una volta E pre- per potere distesamente ragionar insieme. son questa regola, che ogniuno di lor due devesse dire una novella ogni loro a dì, consolazione e piacere, e così fecero ». La novella cui sterioso, in il è in questo due cuori loro ardore segreto, e se due del secolo il d'innamorati ci un sfogano s'immagina queste convento XIV, queste due figurine così fortemente disegnate e poste a riscontro dell'altra in condizione insieme rattenuta, cosi nù- gergo interno di figurine, staccantisi su della fine caso d'animo la più così 1' una intensa mediocre e fantasia •24 ricompone nanzi al e colorisce quale il sia dato Più largo abbozzo di idea l' Gimigniano Maria Vergine del 1540, né sì (^). scrive ( Lasca erano ancora al per Madre Chiesa, con eterna gloria allo antico e i sco Impero e allentava anni gli Figliuol Quinto stringeva e bellissima neir ultimo di Gennaio un desinare, (1) si di popolo trovarono in giorno casa di di Cesare il freno Marte, di Francia; città France- quando Fii'enze, festa una non meno Sonetto del mese di Gennaio. e governava Galli erano custoditi e retti allora da nella generosa di Cristo di terzo Carlo re della cinquanta condotti. dell'invitto Primo, Serenissimo di termine passato vicario e al Folgore di ) il per successore di Pietro, Pagolo santa vita vuole che si dell'altissimo il e IiUroduzionc la Avevano già « Nel tempo dunque che la maggior personaggi case, da un sonetto incarnazione fruttifera con Cene del Lasca, di cui novellare nelle S. fantasticare Cinquecento è del abbia presa suggeslloo, di- umana ad un tempo. delizia estetica e fiorentina quadro più là dopo va- — lorosa e nobile che 25 ricca — quattro giovani de' primi e donna vedova bella e pii!i terra gentili della per passar tempo e trattenersi con un suo che per lettere fratello, non solo in aveva pochi e cortesia ma Firenze, in carnai pari, Toscana; per- tutta ciocché oltre l'altre sue virtù era musico perfetto, e una camera teneva e d'ogni sorta di canzonieri fornita di scelti, slrumenti lodevoli, sapendo tutti que' giovani, chi più e chi meno, cantare e sonare. « Ora mentre che attendevano a darsi e piacere, cominciò per sorte che in poco il rono ed a chiuse tempo il folta, si ore alzò per tutto un braccio som- sonare e in si mettere una neve maniera che messo, di lasciato di voci e co' suoni essi e colle il giovani i cantare, di un bellissimo cortile ciò veggendo^ camera venuti, usci- si si diedero a trastullarsi colla neve. La qual cosa sentendo padrona di casa, la quale era awenevole nierosa, le cadde nell'animo di fare al agli altri giovani mente un assalto piacevole; ma- e fratello una sua nipote e una sua vicina, quattro maritate, che per varie cagioni e e presta- e chiamò quattro giovani donne, due lìgliastre, la siu; tuu'e per di- — versi rispelli — 26 trovavano allora in casa seco; no- si e belle Lulle, leggiadre e bili Le glia. avevano fìgliasire della mercatura, villa. E in facciamo in un uGzio e quel della vicina ce n'andiamo con tutte tratto un numero grandissimo ma « Piacque grandissima ben di vennero cortile, il indi troveranno malconci. fatte e il fanti, sode palle; e la di prestezza che chetamente rispondevano giovani mal governi suo vassoio o che andatesene con tetto, sì due gran paniere empi- battevano ancora, e posalo il combattono, ne toccheranno sotlo, si sopra tre vassoi e i e facciamo parlar suo a tulle quante, alle finestre, dove neve, e dipoi vorranno rivolgere e misero in assetto, e colle si sul terrazzo e rono di che per una volta tante, fallo sendo di fra loro terribile. Essi si risponderci; care, in sul tetto, e n'andiamo, con esse a que' giovani, che mie fantesche insieme, le palle di finestre della corte ce una guerra meravi- aVinegia: e l'altro disse: io ho pensalo, fanciulle che noi spacciatamente alle a marili loro, per negozi i uno a Roma quel della nipote era in graziose a' pie di sua paniera, si sopra tra loro ogni ne il com- iìnestra affacciarono a — un 27 — cominciarono tratto succinte e sbracciate, e qua e di a ià meno quali, quanto parve loro confusamente trarre tanto non sapendo davano; sicché il risolversi, stavano fermi buone di culti c^po in guar- e toccarono pallate nelle tempia, nel viso, per lo petto e per tutta la sona. Pur veggendo che poi daddovero, gridando rivolsero, si minciarono insieme una scaramuccia mondo zevole del ma ; peggio, perchè nel mente, i la e co- più sollaz- giovani ne andavano col erano chinarsi una nello schifare per- donne facevano le ridendo e i piìi E meraviglioso. ^ir iuipiovviso, in quel subito, alzando su, giovani, aspettavano, se lo caso strano e il a' di palla, sconcia- colti l'altra gli ve- niva a investire; e spesse volte avvenne che alcuni di loro, sdrucciolando, paliate toccavano a un facevano meravigliosa quanto bastò loro comparabile. le finestre, se lasciando i E di caddero; onde otto o diece tratto; festa, la neve, fatto, e di che le per un terzo ebbero un quella donne d'ora piacere in- mancala, serralo ne andarono a scaldarsi e a mutarsi, giovani nella corte a grido, imbrodolati e molli. tutti quanti — 28 — giovani veggendo sparite « I donne le e le fi- nestre serrate, lasciato la impresa se ne tornarono in camera, dove trovato acceso un buon fuoco, chi attese a rasciugarsi, chi a che di quelli camicia. dalle ebbero a mutare si Ma poiché si potendo non dati, donne farsi scalzare così per infino furono rasciulti essi pace dar mal conci, furonvi e dello e riscal- essere pensarono alla stati vendi- di carsene, e di concordia tornatisene chetamente nel s'empierono cortile neve, e credendosi intorno tarle, al tutte le trovar mani le e fare le loro vendette; scherniti, se ma in qualche di lato nel salir che corse sì ne ritornarono egli era già restato in i in la scala uno camera. si stante, E per- ragionavano a spasso; e mentre cominciò per spesse volte veggiamo, che la neve si verte in acqua, a piovere rovinosamente, di che risolverono di starsi quivi fos- giovani, rima- nevicare, tra loro si disputava del luogo, come di donne sprovvedute serrarono l'uscio delia sala; onde d'andare seno che da quelle non tanto celarsi sero e sentiti e veduti; chè il fuoco, s'avviarono pian piano per assal- non poterono sti e per la che sorte, con- modo sera, e — fatto portar de' e raccendere — 29 lumi, perchè di già il fuoco, diedero si s' era rabbuiato, a cantare madrigali a cinque voci di Verdelotto e d' certi Arca- delte. « Le donne, poiché ebbero scampato elle mala ventura, attendendosi a udirono per ventura e allegre, ridevano si insieme di cose piacevoli di coloro; e nel ragionare ma non scaldare, giovani i cantare, discernevano altro che un poco d'armonia; onde desiderose mente alcune di d* intender loro, che se massima- parole, e le ne intendevano e se ne dilettavano, deliberarono per consentimento tutte e d'accordo, perciocché cinanza liti la tutti che giovani i messaggiera: quanti, o per parentado o per vi- la qual E così la cosa i contentissimi in sala, donne furono onoratamente grezza e onestà ricevuti. od padrona giovani più che volentieri, e colla donna cantati sei chiamassero, per amicizia, erano domesticamente so- praticare insieme. vennero si di fu fatta accettarono prestamente dove dalle ne altre e con grandissima alle- E otto madrigali, poi che essi ebbero con sodisfacimento e piacere non piccolo di. tutta la brigata, si misero 30 un a sedere al fuoco, dove arrecato di così sotto que' giovani, avendo di camera un GenLo Novelle, braccio, il fu tenendolo e domandato da una quelle donne che libro egli fosse. Alla lui rispose essere più il utile, E doro. di che fosse mai bella voce e buona E stato messer San Giovanni Bocca- le Santo bene, rispose un'altro di loro, piacque e sogghignò. co- favole di coniposto; queste, disse, sono Giovanni Boccaccio, anzi quale di perchè il mi aveva giovane grazia nel leggere, fu d'intorno pregalo che qualcuna ne volesse dire a sua scelta; ma ricusando, egli, voleva prima, quando un'altra delle le parole, disse e che torre ciascuno leggendo diectì, verrebbe a rebbe la si la sua, fornirsi, che altri donne, leggesse ripigliando dovesse una giornata; atteso che erano essi che a ogni uno tocche- sua volta. « Piacque assai la proposta di costei e cosi tre la che si men- contendea delle giornate, che chi voleva quinta, chi la e chi la settima, terza, altri la sesta, altri la quarta, venne voglia pale di mettere ad effetto allora le era venuto nella alla donna princi- un pensiero, che allora fantasia, e senza dire — fattosi chiamare ne fuoco, dal altro, levatasi — 31 andò impose loro ordinatamente quel camera, in servitore di casa e il leva che essi facessero, e tornatasene famiglio, il che tanto, e ella vo- suo luogo, al là dove ancora, si disputava, con bella maniera, e tutta festevole, così prese a dire. Poiché che nostro senno o nostro avvedimento, valorosi gio- tra la il compagnia, la necessità, non pensata a ragionare stasera la questo fuoco condotti, mi pregarvi che io di fare sono forzata chiedervi e mie donne, tesse, e disse. il che di fare le i fidanza ho tanta che man- non giovani promettendo ogni cosa che per loro tornasse comodo, ella si tutti po- seguitando Voi udite come non pur piove, anzi diluvia cielo e però la grazia che senza partirvi di questa sera di cenar mio voi uomini, quel tanto che mi piacerà. « Per la qual cosa giurando insieme a nella benignità e cortesia loro, so cheranno il intorno una grazia: facciate dico, perciocché le e più ha qui vani e voi leggiadre fanciulle, ci per giornata della fratello e che qui fiir n;i altrimenti, dovete, vi degnate meco domesticamente, amicissimo vostro insieme. sarà e col Intanto 32 - pioggia dovrà fermarsi, e quando bene ella se- la camere guitasse, giù a terreno sono tante che molli più che Ma agiatamente. cenare, ho io voi pensato, favole le il vi sete, intanto che passare allegramente leggendo non tempo, venga del come piaccia, vi e questo sarà non ancora Boccaccio, del scritte alloggerebbero l'ora ne quando fornite, che né più belle né più gioconde né più sentenziose se ne possano dicendone da noi, seguili non saranno nò se una la ognuno tanto belle saranno neanche né tanto per ma ritrovare; la trovandone sua; con qualche viste contento; sendo utilità né tanto soffistiche, astratte e udite, non poco piacere capricciose. E voi, giovani, buone coi non solamente Latini o Toscani, poeti, Greci altresì, gegneranno di farsi semo ora per ai umanità, siete pratichi da non dover materia di dire. E le e ingegnose, avete tutti lettere d' e porgere, per persone noi delle tra le quali, né tanto buone, non novità e varietà ne dovranno volta, e mancarvi invenzione mie donne ancora onore; e per dirne carnevale, nel Religiosi di rallegrarsi; e s'in- la verità, noi qual tempo i ma é lecito frali tra loro fanno — 33 commedie al pallone, recitano rappresentare colle calze chiuse in fianco. il questi gamba giorni te- spada e colla darci piacere novellando? al come non quest'altro che voi sapete, quell'altro di poi è fratello e non avendo tempo ma ranno piccole; una settimana questi altri due giovedì degniate di venire a cenare simil- vi mente con mio ma verrà, Berlingaccio, e però voglio e chieggovi di grazia che sera vegnenti, Chi ce e ne riprendere? Stasera è giovedì, potrà con ragione si feste, Perchè dunque a noi sarà sconvenevole disonesto e le si da uomini, colle berrette di velluto in vestirsi sta, e travestili suonano, monache ancora non ballano e cantano; e alle disdice, nel — di meco, perciocché stasera, a pensare le vostre favole sa- due quest'altre sere, tempo mi parrebbe che avendo una nell' dovessero dir mezzane, e nell'altro, che sarà sera di Berlingaccio, grandi. E la così ciascuno di noi, dicendone una piccola, una mezzana e una grande, farà di sé prova nelle tre guise, oltre che ternario è tra gli in sé principio, Questa Masi. la altri mezzo perfettissimo, il nun)ero richiudendo e fine ». gentile invenzione del Lasca; in cui 3 — 34 tanto ha messo dei costa mi, dei sentimenti e della tempo civiiia del in Firenze, e ad essa fa riscontro importante, non fosse che pel contrasto, pream- il bolo degli HecatommUl oouero Cento Novelle vanni Battista Giraìdi vale dei che addirittura brigata di geniilnomini e gentildonne, pati al sacco di Roma 1527 del s'imbarcano a un Gira!di non è 11 e agitato, del Pecorone, uè un vagabondo Bandello. che sotto È un finti anche Papa amenità di « farlo, nomi Borgia, costumi, ad castigo 1^1) come 1' Lasca, autore avventuroso come e degli del mettere di in Duca Valentino che novella e le loro se scrive novelle lu- però di professa altri, vizio, coi'rezione a dei onore anzi dell'autorità pontifìcia e della S.inta Chiesa pag. osa il famiglia, a il professorone accigliato e severo, non meno briche come burlone non un giovane passionato il raccon- della lunga navigazione. ozi gli si che scara- Civitavecchia per Marsiglia, e ingannano, tandosi novelle, Gio- tempo g fìnge una del suo storici fatti Cinzio, di Romana (') » ; il tutto condito A, D'Ancoxa, Varietà Storielle e Letterarie, Serie -239 e sgg. 2, — d'un dottrinarismo di vigore — platonico, alquanto gravoccio e ravviluppato in uno che 35 stile d'imitazione boccaccesca, non manca, ma che non ha nulla da ed evidenza del Pe- fare colla pittoresca semplicità corone e colla grazia ed il Le solenni ed ansiose scompaiono quasi nel altresì della piccola torno le brio delle Cene del Lasca. Giraldi sollecitudini del Bai^idello, il quale fa a meno macchina da aggrupparvi novelle, quale abbiamo at- vista nel Pecorone, nelle Cene, e negli Hecatommiti, e invece d' imitare in ciò di il amplia Boccaccio, ripiglia ed Masuccio Salernitano e ad ogni il sistema sua novella premette una dedica ad un gentiluomo o ad una gentildonna della più spesso accennando alle amicizie, alle parentele la suo alta società del qualità, agli alle uffici, personaggi, dei tempo, ai quali novella è dedicata; sempre poi alle circostanze, ai luoghi, alle occasioni, nelle quali raccontata, non attribuendo a non quello d'averla tenuta a Risuscita per tutto intiero tal guisa un mondo sé la merito, altro mente novella fu e se trascritta. nostri occhi di gente, atteggiala, sullo sotto ai sfondo storico del tempo, nella sua vita quotidiana — e, 36 — per quanto in tuttociò possa di collocare essere un'opera letteraria in chissima miniera di tempo, in cui fu tentato, altre letterature che vizio reso segna pel la nostra, ma pili come ab- se, non fu pari al ser- (^j. Questa risurrezione, della vita contemporanea, che, senza alcuna possibilità di paragone con gli altri le che non perde anche la gratitudine artistico sou giovate si nulla della sua importanza, biamo veduto, ric- un progresso purtroppo di cui una storia preziose, notizie pienezza tanta di realtà, oltre a dischiiudere alla immenso, d'artefatto pur riconoscere che questo sforzo e rifatto, bisogna novellieri massimamente del Cinquecento, nel novelliere del tutti riscontra si Randello, com- posto di ben dugento diciannove novelle e altrettante lettere di dedica, da queste quattro cagioni in quanto il Cinquecento civiltà italiana del (1) principali: è non solo Rinascimento, storico altresì, in cui la libertà Cf. Vir.LARi, Arte^ storia pagg. 289-90. un valore trae e ma il tutto dal tempo, colmo della il italiana filosufia. suo momento precipita Sagf^i critici, — a mina anche Riforma Protestante la centro di quella il quanto con e — 37 Bandello vive proprio colà dove il catastrofe compie si svolgono, può si e tutti sotto dire, immediato continuo, gonisti di tutto il amici, loro i gran dramma, o od prossimi; dalla durata finalmente, condo ogni più. è nato verso il probabile dopo il 1560 pili congettura, Italia I, Novella clie ir)54, Bandello. fino apparisce ó8. Dedica a Leonardo vi di- clie in ancora questo tempo era vivo ancora e pure: Scriptores Ordinis Praerlicatoruni, Toni. novelle. Ecuard- Quetif, II. ( Lutetiae Pa- risiornm 1721). Mazzucchei.li, Seritlori d' Italia. Voi. lustri, I. Galeani Napione Tom, V, Torino, UE Lucca per Vincenzo Busdrago, Vedi Part. al Francia Cenacolo. Dalla prefazione poi alla Parte delle novelle, edizione di scriveva se- era già nel Convento delle Grazio in Milano, (jiiando nel 1497 il in più (•}. Ginevra Rang-oiia Gonzaga. Dice pingeva il che ottuagenario JBandello, Novelle^ Parte (1) quanto, in 1480, ha vissuto in 1542 ed è morto inspi- confidenti loro i dalla prota- i loio i si contatto in quanto sono in quella suoi occhi; i persone, con le quali è e in particolari di essa i qualità delle ratori luoghi, dai civiltà; sposta si di Cocconato, P/eniontesi Briolo, 1787. II, Il- — 38 Maggior materiale le Ad storico sue dediche, che non ogni assai più modo tra le conteiìgono quindi sue stesse novelle dediche che non inventi ed ('). e novelle racconta in questo senso il Gian, studiando nell'archivio Gonzaga di Mantova !e relazioni tra Pietro ebbe a dire apparirgli tore di storie che Bembo il Randello molto più di novelle scegliendo meglio, che si ed Isabel'a Gonzaga, (-J. Vediamo di scrit- fatto possa, fra tanta congerie di racconti e tanta folla di personaggi. (1) Symonds, Op, (2) Giornale storico della letteratura italiana. Vittorio Ciak, Pietro Bembo e cit., loc. cit. Isabella Gonzaga^ Tom. IX. CAPITOLO III Uomini, donne e tempi nelle novelle del Bandello. Tra 1497 e 98 Leonardo da Vinci, il pressura delle continue sollecilazioni il Moro, compiva Convento nei il alunno (') in il Milano Matleo (\). era queslo convento di Domenicani (^), circa di Lombardo. Moro., suo segretario, in « Lodovico anni ArcJi/v. Stor. dot. di Lod. — Una data diciaseile — Anno lettera a del I. Cantù. — penultimo di giugno l'opera del refetorio delle Gratie principiata.... (3) lo Neil' chiamano Echard vlrf7//('/o riori, Fra i maestri di gli scrittori è e Quktif. Monti sugli teologia del una breve 1407. finisca » — Scriptoves cit. di Stato in Milano sono Mss. del Padre Vincenzo Aiied- Marchosino Stanga, Item de solicitare Leonardo Fiorentino perché {') Co.sì la grande affresco del Cenacolo delle Grazie in Bandello, giovinelto ('-), di scilo volumi tre scrittori, i supe- Convento dolio Grazie. vita di Matteo, del qualo 40 ove, già da due anni, era oltre Priore Vincenzo Bandello, quel medesimo, cui suo si la nota froitola, raccontala dal Giraldi nei dal Vasari e nelle Vite, secondo Romanzi Leo- quale la zio, riferisce nardo per vendicarsi delle importunila del Priore lo avrebbe ritratto nella faccia del Giuda. gio- Il vine Bandello riferisce una novella raccontata dal grande artista in mettere il al una suo lavoro, e ce Monti pure dice che scriptus fuit delle tante pause, che solea ». E « descrive cosi: « Più lo adolescens Inter soggiunge in nota: quum ejus patruus Fr. nostri Priorem agere coepit. Veruni Vinceutius sdem Avunculi laborum partes « alìtninos Forte anno 1495 Coenobii Mattliaeus eju- (juia in totiusordinis regimine a primis sequeiitis anni sustinuisse constet, ejus dinem ingressus per mur ». riporta una propria di Vincenzo Bandello lettera scritta agli editori ad or- suspica- aiinos aliquos praecessisse Nella bicgrafia ad- contigit, it il Monti romani del Vasari nel 1759, in cui smentisce con buoni argomenti il preteso aneddoto Leonardesco. Vincenzo Bandello era familiarissiino del Principe, era già celebre per le sue di- spute su]V Ini lìiacolala pugnavano, e per Coucezione, elio aspetto. Ciò è confermato viris Illustribus Ordinis Matteo, scrivo nel 1517 « i di piìi era bellissimo — da erat facie ningsia et venusta e venerando Leandro Alberti: Praed. Lib. Domenicani op- I, ». — fol. clie, 47 — di — De intrinseco di che Vincenzo — 41 — volte a r ho veduto e considerato, andar buon bora e montar su mattina la ponte, percbò '1 Ce- il nacolo è alquanto da terra alto: soleva dal nascente sole fino a non l'imbrunila sera pennello di mano, ma scordatosi messo mano, e dicava. L' ho anco veduto ghiribizzo lo toccava il ) ( sue figure giuil capriccio da mezzo giorno, Era in componeva, terra pennello ed una andar altrove. il se, le partirsi di ad una di quelle figure Gratie haverebbe bora una e tal secondo che nirsene dritto a le Gratie, il v' Sole è in Lione, da Corte vecchia, ove quel stupendo Cavallo pigliar e subito di di il Cenacolo.... » C). Mal per lui! Basdello, Novelle. Parte nevra Kaiiofona Gonzaga. '1 ve- e ponte due pennellate dar o quei Cardinal Gurcense su asceso ed I. ed partirsi ne alloggiato vecchio, il abbattè ad entrar nel refettorio per veder (1) il solamente contemplava, con- siderava ed esaminando tra quando mangiare ed non che dimorava e tutta via due bore del giorno, il il Se ne sarebbe poi bere, di conlinovo dipingere. stato dui, tre e quatro dì, mai levarsi le quale il si detto Giacché parlando Nov. 58. Dedica a Gi- — 42 — con Leonardo ed informandosi gnsse Duca, il i compensi taccagno Cardinale parvero Leonardo e narrando poi una novellelta ignoranza. piamo Ora dai Diari appunto che il quello di di soverchi ne se disdoro a conferma dello, il il quale ci fa 1497 era (') e racconto del Ban- del creazione e nelle lunghe soste, i sap- vedere quasi cogli occhi nostri divino artista nella febbre vagheggiava sua della Gurgense Cardinale tutta la realtcà del al vendicò, Marin Sauudo alloggiato al convento delle Grazie nel ciò pa- gli lavoro durante fantasmi della sua mente e della le quali o cane armonie della simmetria prisca; quelle perfezioni, che furono la ricerca ed il le ar- ideali tormento di tutta la sua vita. Quando Leonardo compie sono passati dal fatale (1) e 1' Cenacolo, tre 1494, principio delle giori colpe e dei maggiori Moro, il errori di anni mag- Lodovico il espiazione, già cominciatagli colla morte Citaz. dell' UziELLi in Leonardo Gentildonne Milanesi^ pag. 5 in Nota. da Vinci e tre — 43 della moglie, quella Beatrice d'Este, di cui canta r A li osto: Ch'essa Ma toccherà viver/i, tutti i ricchi duci il suo congiunto, qual, coni' ella poi lascerà il mondo, Cosi degli infelici andrà nel fondo, e l'espiazione, dico, anni colla battaglia finire i si di fra circa altri Novara, che una prigione suoi giorni in jioi, consideriamo nel Moro il ( altrettale pei (') compirà e giusta espiazione per non lice, punto, il avrà forza di far seco felice Fra Il ben che quaggiìi moii sol del Per quel che che lo manda francese. contemporanei, ai di (^) quali il e più popolata Londra, gran mecenate in una (') il allora di capitale Parigi e la dubitò già il Giovio, Traduz. Doiuenichi. Ora Magenta, / Visconti e gli altri Jlisloria del suo di con fioien- Ariosto, Orlando l un'oso. Canto XIII, Stanza Ne ni- ric- di artisti e di letterati, una corte splendida da gareggiare con (') Moi'o parve un principe buono, liberale, munifico, straricco chissima Vera stranieri; poiché è assai dubbio se abbia avvelenato pote Gian Galeazzo) a nostre colle idee chiamalor tre ()'2. teixpo. conferma quei dubbi. Vedi: Sforza nel castello di Paria. — Lorenzo tina di tenne d'Este trice suo buon il marchesa e nonostante rivalità di favorite, e come una nuova lingua italiana il i eroine delle Novelliere nel della contemporanei, che avevano Moro, mentre con Chiesa la e forse Lucrezia Crivelli, versi il ma trono, Tom. Grafie. delie arti che, Archivio Storico Lombardo^ (1) la (^). ta\a a ghermire Coiìtenfo ma come gran lume Saffo, e Del rimanente, conosciuto pe'suoi Bea- non quanto una Cecilia Gallerani, quest'ultima Bandelliane, lodata genio, amata dal marito, più energica la man- Mantova, di ambiziosa, si che e (') bella e ingegnosa, (-), sorella Isabella, / Magnifico il finché visse tale, 44 bieche s'aiu- — CaxtÙ, Il Tom. XVII. — VI. Ibid. cominciare a Ljjzio e Reniek, Delle relazioni d' Isabella d' Este Gonzaga con Ludovico Muri (^) e il Beatrice Sforza. 2 gennaio 1497. cenzo Calmela nell'elogio lieto paradiso in Menghini Tom. I, ymro (3) — di Alla sua morte, dice VinSerafino Aquilano: de « tenebroso inferno la corte se conver.se » Le rime di Serafino de' Ciminelli dall' Aquila Bologna, 1894, pag. Visconti — 12. Ardi. Stor. Bandello, Scipione Atellano. Novelle. E pure nel Renier: Lombardo Serie Parte I, Nov. 3. II (ia- Tomo Dedica a 3. 1j. 45 non dal Randello, lo un usurpatore fatto proverato di mai più (^), muover gli mantener- cielo e terra per castello di che ditore, del Milano a Bernardino da Corte, un tra- vendette lo la Francesi ai nel allorché s'abbandonò agli Svizzeri, che rono in asso a Novara nel 1500, rimproveri, che altri (1) ma presente di imperiuni ». Cosi il Mantnae Quarto. Di questo prezioso mancante di frontispizio. di questo volume. Vedi La coltura che Gonzaga e raro — il A e le di M'ir- opuscolo Bologna, Vedi: Estratto in Appendice in Giornale storico della tura Italiana^ Voi. 34, Fase. 100 101 zaga. sogliono si un esemplare nella Biblioteca comunale esiste gli tutti Bandello nella: Parentalis Ornilo prò clarisfu'mo Imperatore Francisco chione lascia- lo di gli o 1499, Lodovicus Sfortia paiermtm siiorum proditione « amisit tacciasse si custodia poco accorto, allorché confidò di af- avrebbero rim- Egli stesso avrebbe capito che lo visi. nulla consideravano per — Luzio e Kenier relazioni letterarie d' Isabella V^ Lettera- d' Este — Gon- pag. 83 pubblicano la lettera di condoglianza, Bandello scrive da Milano il 4 Aprile 1519 per la morte del Marchese Francesco. Quella al Marche.se Fe- derico suo successore era già nota. Nell'estate del 1519 il Bandello era in Mantova raccomandato da una tera di Cecilia Gallerani, r anniversario della morte rentalis OrOitio, Marchesa di let- Bergamina. Per Francesco recitù la Pa- 46 probabilmente non avrebbe capito fare, Ed Bandello il più e più stesso, Sforzesco nell' anima, sventurato principe volte verbo e lo dice tradito rimprovera esso pure di essersi tuti'al più gli dato a Bernardino da Corte Ma vediamo Convento. Fra 1506 il e e fi- (-). novellatore nostro il (\ì. fuor del 1512, cioè fra la prima il seconda e definitiva cacciala dei Bentivoglio da e la Bologna per opera Giulio di Giovanni voglio, figlio di Alessandro Benti- 11, II e marito nozze d'Ippolita Sforza, pronipote vico Moro il si (^], essa Milano, ove stabilì in aveva grandi possedimenti. La loro ben presto una corte principesca; Ippolita specialmente, donna (1) Burckhardt, La sciinen/o. Part. pag. I, Tom. XVII, Luzio e civiltà 54 — stello di fuisset, Milano, ( la moglie divenne Alessandro secolo del Itnl. e ed Storie. del Tiina- Lo-ulardo. Beatrice Sforza. al Moro cit. Dice clie di affidare arx mediolanensis nemo Bernardinum Curtium nefandissimae crimine sugillaret (3) Lodo- grande ingegno e di Archiv. Vedi; Parentalis Oratio Gonzaga aveva chiesto casa di Eknier, Delle relazioni d'Isabella d' Este Gonzaga con Lodovico (2) seconde in ). « a Qnae Francesco lai si prodictionis ». LiTTA, Bentivoglio di Bologna. Tavola Y. il Ca- tradita omnium — cultura, mecenalessa la quale tulio — 47 vera Bandello, del alla novelliere è dedicato, e le cui sem- il bianze, con quelle del marito, veggonsi ancora Luini tratte dal rizio (^). Bandello era Il ad cosi caro loro (ma parmi chiesa nell'antica che Ippolita, Mau- S. famigliarissiaio casa in maldicenza la fondamento) nessun con di ri- mor- ne morò. Certo uno il Bandella, quantunque non frale, stinco di sanlo e a più ripreso s'accusa stesso ed in vecchiaia si mostra pentito ma anche trascorsi galanti, tempo pel corrivo in fatto di costumi, se v' vita, non mai tale suoi suo, così ha scandalo nelle anche un come ha il gnora di (') [) stizi.i poeta rappresentarlo a Giacosa nel suo dramma: La Cos'i in Itali/. dicendo, mi pareva d'aver trattato con gin- Bandello. Non cos'i parve al signor cenzo Sjjampanato, che gentilmente mi accnsa verso il Si- Cliallant (^). Symonds, Sketches and Sludies il nella ad ogni modo, che storica- nìenle licenzii fatto egli dei sue novelle, non mi risulta che ve n'abbia sua è frate novellatore. Ciò riconoscenza per le Prof. non toglie nnlla molte cortesie, che il Vin- di severità alla mia Prof, Spanipa- — Or ecco ritorno da il Bandello 48 in casa dei Bentivoglio di un importante missione Gonzaga, contessa dito per trattare di Caiazzo, presso Barbara a cui era stato spe- matrimonio (negoziatore un matrimoni è spesso, e bisogna dire garbo un Il e fortuna) fra Barbara, figlio di Bandello una il figlia dei momento appunto sua Bentivoglio ed ai Bentivoglio ma ambasceria, radunata in sala è gata d'amici, gentiluomini, letterati, il quel in tutta la bri- artisti, soldati, che giornalmente frequenta diplomatici, ha ci conte Roberto Sanseverino. riferisce in disparte risultamento della che di casa la dei Bentivoglio, ed essi vogliono mettergli a parte di questo segreto di famiglia ed La questione ziato, ora che è questa: devesi si è saputo che averne consiglio. continuare 1' il nego- arcivescovo Sanse- verino, zio di Roberto, vuol maritarlo alla sorella del Cardinal vorisce e che questo parentado? per riguardo iiato Cibo al il Papa Leon X Tutti concordano Papa, specie tratlandosi di fa- che fuoru- mi ha dette nel suo lavoro assai pregevole: Matteo Baitdelìo e le sue Xovelìe nel Cinquecento. bino e Scala, 1896. — Kola — Ru- 49 quali scili, Benlivoglio,. è prudente desistere, i a conforto di tale conclusione, Lodovico ambasciatore di Buondelmonti dei come conclusione i d' una cagione a Fi- molta esser data così grave, che salotto dei pratica trattenimenti del soliti Benlivoglio, in cui per lo più feste, di lettere e di si parla ne politica; salotto è per i ma molta loro amici per averne consiglio. Il guisa espressione non di tal di socievolezza solo di piaceri e intima e cordiale, ed è nato qui prima di passare in altri di famiglia formalità eleganti, di elevata coltura gentili, d'arti, ha bensì vedere dai Benlivoglio messi a parte degli affari di storia Questa narrazione non ('). ha bensì e ha importanza; ne Alamanni, vecchia la Amedei, e degli renze di tante sciagure interrompe narra Firenze, ed dove con Francia, beni e mali della civiltà cinquecentista l'hanno appunto recato per primi fuorusciti italiani (1) Bandkllo, il Bandello e gli Novella I. Dedica a altri (-). Novelle. Parte I, Ippolita Sforza Bentivoglio. (2) Bandello, Novelle. Parto li, monsignor del Carretto. Parto Masi. II, Novella Nov. 40. 37. Dedica a Dedica a Ma4 - Cambiamo 50 Siamo scena. tra 1525 il Lambrate nel campo della Lega contro mentre tore Carlo V, si d'un Gonzaga troviamo guito che e costami^ siasi sfratato, ma il non che riero egli Ivi (-). dama Anna di s' 1' aver stesso già significa assisa Polignac. Parte III, novella regina di Navarra. Molte altre 10. guer- di Giovanni dalle incontra con Rodolfo Gonzaga. Parte IV, nov. GÌ. Dedica a Dedica a Margherita novelle in proposilo potrebbero citare. Cf. pure: Ferrai, Loremino e si che, ad esempio di tanti al- cela la tonaca di frate sotto tri, Al se- (^). Bandello, che il stenta a riconoscere, perchè dice egli mutato habito Impera- l' assedia Milano 26 a e de'' si Medici la Società cortigiana del Cinquecento. Bandello, (1) Novelle. Parte I, Nov. 41. Dedica a Ki- nuccio Farnese. Vedi in Giornale Storico della Lett. (2) e Kexier — La coltura e le relazioni lett. Ital. — Lezio di Isabella d' Este Gonzaga. Pubblicano una lettera dell'oratore Mantovano a Koiiia, Francesco Gonzaga, del 26 al dello. Da .sfratato, è fjuesta apparirebbe che se 1526, diretta il Papa non Giugno il il Ban- Bandello non s" ò però rimasto frate per forza. Alla sua dimanda di essere liberato dell'abito e dalla dine 1" Maggio Marchese Federico, che anch' esso protegge si disciplina dell'Or- porge favorevole. Federico insiste Ì526. Il 4 l'oratore a Roma manda un il preven- tivo delle spese occorrenti per condurre innanzi la pra- 51 Bande Nere con e ora in opera, dopo lungo e forzalo campo volte spedito al K il rimesso Machiavelli, Niccolò degli alleati. impossibile accordare con precisione contemporanea della presenza Bande Nere e di Giovanni di Niccolò Machiavelli, ebbe quale il occasione allora con ambedue, acconciò i suo a fatti dale le ma dalle ha ciò poca importanza, perchè mi par certo che dello, più ozio, e Ban- il trovarsi di non modo, d'altro preoccupato che di mettere a fronte questi due uomini, l'uno, l'ultimo dei grandi condottieri Italiani, l'altro il politico, che d'una vagheggiava r ordinamento nale, con a capo possibilmente cetto per la speranza un tentennone tuto tirare ad tica. tanti ideali milizia nazio- i Giovan- signor il ed ora tanto più era infervorato nel suo con- nino, se fra d' indurvi Papa Clemente VII, di quella fatta una risoluzione si mai po- fermo ('). fosse e tenervelo Pare che (|uesta riuiauesse interrotta. Forse per il sacco di Koiiia del 1527, in cui laut' altre cose, grandi e ])iccole, andarono Liizio ed (') Voi I, Cf. il travolte. Cosi alineno Vir.LAKi, Xiccolò Machiavelli Lib. congetturano il Kenier. I, Cap. Vili. Voi. e i Ili, Lil). II, suoi Icinpi Gap. XVI. — Il Machiavelli, invitato da Giovanni Bande dalle Nere, svolge egregiamente a parole sua la ordi- nanza della milizia, qaale l'aveva già divisala nel suo libro dell'Arte della ma quando Guerra, un (remila uomini, vanni, radunali disporre secondo le sue teorie, « più di due bore a bada (scrive Giovanni dalle stesso il ci il dinare. Tuttavia egli ne parlava fuor di e con modo mi credeva dà da tenne al sole Randello facile, di leggero, di voi fornirla così tosto, cavar nare. tutti E che le che io sue sima ragioni mi noi di fastidio, e che dei modi so, discorsi e ordinare diceste: Bandello, io voglio andiamo a tamburini e forme, con un batter ordinaste desiriti- si d'occhio gente quella ammiratone grandis- di chi vi si ritrovò. Voleste poi nissi a ne nulla detto air hora al Machiavelli che l'aita in vari e sì chia- che M. Niccolò non era per rasse e lasciasse far a voi, in con potergli or- bene sì udendo, haver potuto quella fanteria Hora veggendo allo parole sue mostrava la cosa esser le sì glieli Bande Nere, ricordandogli caso) e mai non gli venne fatlo ramente Gio- che desinar con voi e vi menaste anco io il ve- Ma- 58 chiavelli. Come M. Niccolò, desinato, fu voi rivoltato pregaste che con una de lo cevoli novelle si sue pia- le volesse ricreare. Egli che è ci Onde discreto e cortese, disse di farlo. vi me scriverla » volessi io novella è delle più grassocce, e signor Giovanni, gran piacesse assai, tanto buon altro disgrazietta incominciò: « Io, di dell' ('). in ordinanza mio, a La al donne, belle Machiavelli, il signor ed capisce che mostrò d'aver preso cortigiano, parte la sua che più piacque si dilettante huomo narrò una piacevol novella, che non poco commetteste che a e porto da buona senza ferma opinione, che se questa mattina voi non mi levavate d'impaccio, che in campagna sole. al primo piacere che da rii:evuto, e l'ultimo » spero tutta (-). A noi ancora E non voi (la via, è ci perciò vostra che non noi poco imporla pere la subita astuzia, con cui troveremmo il questo mercè) debbia il ho esser seguito, e sa- la scaltrita e piace- vole Domicilia Raineri ingannò suo marito, Cocco (1) Bandello, Norelle. P.nrte Giovanni De Medici. («ì Ibid. Parte I >;ovella JO. I, ^Novella 40 Dedica ;ì. - 54 Bernardozzo. Ciò che più vale occhi non solo gli ma Lega, spettacolo lo del due tempo, Bandelle medesimo e nel e in il più delle compagnia sotto campo della il Niccolò e grandi giudizi del fìgui-e frate guerriero guerrieri e di dei sciatori e sentir l'eco sul più qui Giovanni dalle Bande Nere Machiavelli, al seguito aver è amba- contemporanei grande pensatore del Cinquecento. Altrove Bandelle espone, per bocca di Desiderio Scaglia, e insieme col Berni ed altri mini, un'amenissima nei giardini Fregoso sul lago di Garda, alcune di Discorsi del Machiavelli, e tore di tante moralità, « è immonde e di vituperio parte per gentiluovilla dei massime dei la lo scrit- profonda im- massime tali meritevole d'eterno biasimo di ('). prima, Unendo questo si vede giu- chiaro che del Machiavelli lo facevano già passare, parte e tristo tempo, com'era (1) e assale, lui, novelle, immortale » all'aneddoto gli scritti ne aggiungendo che divulgar ufficio diabolico, dizio letterati il suo. Ibid. Parte III, tolomeo Canossa. per visionario in Uomini, che dal Papa Novella 55, Dedica al un al- Conte Bar- — 55 r aUimo fratacchiolo viveano morale graiile contraddizione più nella tuffali e religiosa, fla- come nel proprio elemento, che cosa potevano intendere di chi com'erano pigliava li sprezzandoli osava dir loro: che ai siete preti e d'esser ( ma ) tali indirizzate tutta questa vostra e rigore il d'arretrarsi illazioni, « un almeno ad che » ? La forma gli è indifferente, patria rigenerata pote- l'amor del a nessuna spaventose delle fino ad un gli sugge- certo segno pur d'elevarsi all'ideale d'una per opera d'un legislatore vrumano, superiore ad ogni vincolo morale, nico, se vuole, una nuova il purché distrugga Italia fine alto metodo non consentivano governo di quello cosa che l'esame della nuda realtà riva? di- maggior obbligo il scrittore, a cui del dinanzi pure siale avete corruzione vano intendere d'uno vero profondamente e ('). i tiranni e so- tiran- fondi Prescindendo da questo ideale, Machiavelli resta un enigma indecifrabile e tale fu per la maggior parte de' suoi come vediamo anche (1) Ferrai contemporanei, dal Novelliere del Bandello, Vedi in proposito un notevole in Archivio storieo ilalianOy .'irticolo di A. L. Tom. Vili, Serie V. 50 ili cui Machiavelli apparisce sotto le due forme il Jel visionario l' impotente e del freddo teorico del- iniquità. Ma se il quello che per fondo della società del Cinquecento è il dato e fatto tult' altra, e ha Machiavelli delle sue teorie, la descritti e ridescritti magnificenza, ciale di Roma tova Verona ('), superficie la nessun documento può farne testimonianza del novelliere del sono ed accettato visto la culla il ('), Napoli lusso, Corte dei della vita (^), Ferrara p), {''% Venezia ("), Gonzaga cui splendore, lo vissuto nell'intimità delle più grandi Milano e della ampia Bandello, in eleganza Milano (\\ più. è Mane famiglie di so- che di Mantova, quando Firenze non era già più l'unico centro d'irradiazione della coltura del (1) Nov. Bandello. Novelle, Parte II, 4-2. (2) Ibid. Parte I, Nov. 9. (3) Ibid. Parte I, Nov. 45. (') Ibifi. Parte I, Nov. 30. ("•) Ibid. Parte II, Nov. 50. («) Ibid. Parto II, Nov. (~) Ibid. Parte III, Nov. Z\. 7. Rinascimento, ci Parte ITI. Novella 51. 57 rappresenta, per esempio, fra le pareli domesliche dame del lempo, cuUissime le grandi io sviluppo d' individualilà e che medio evo aveva vile, il e in Uilto anche d'azione loro interdetto. Di quelle suo descrizioni delle principali italiane tra la line del Quattrocento e del Cinqueceato cito alcune, per suo stile ondeggiante fra ha « Quali Per Roma donne praticano più i di tutti: (juivi d'ogni sorta scono, così latine, il le morali consumatissimi: quivi belli e buone ciò una volti l'arti, elle e cólta cosi cervelli di Quivi più patria volgari: pittori nel co- elevati lettei'e fiori- quivi naturali e si : e veggiono marmo ca- i conflatori col metallo gittano Ma per non raccontar d'una in vivi, e che vogliono. e filosofi miracolosi. Ci sono scultori, che i occhi discorso Roma? come greche sono jnreconsulti eccellenti, vano della Roma comune ingegni dei mondo, essendo quel di cogli diversità delle cortigiane della Corte di tutti saggio immediata introduce munemente concorrono principio il visto proprii e rende un' impressione sul vivo. città convenzionale il chi rettorica e la realtà di ci- in perfezione tutte ci sono, di ma- — — 58 niera che in ogni specie di virtù, eccellente, chi vuol farsi Roma. E per vada ad imparar a ciò che (come dice ringejinoso Sulmonese) avviene assai spesso che un medesimo terreno produce Roma rosa e l'oitica, così anco a buoni e tristi. Ma lasciando ci sono uomini resto, parlerò il la delle cortigiane, che per dar qualche titolo d'onestà all'esercizio loro, cortigiane ma la meno s' » hanno usurpato questo nome ('). E qui il di divaga, discorso figura di preterizione, in cui finisce, non è significante. In ben diverso modo descrive Milano, e da contentarne anche oggi ogni più altiero chaitvinismc ambrosiano. « Milano, e ogni dì in Italia si die' egli, può vedere, una è ha pochissime pari in come lutti sapete, di quelle città qualsivoglia cosa, che a rendere nobile, popolosa e grassa una si ricerchi, perocché dove cata, l'industria degli uon)ini lascia che di tutto ciò necessario, cosa (') Loc. cit. alcuna che si la che natura è città man- ha supplito, che non alla vita desideri ; dell'uomo anzi di è più — V* ha aggiunto — 59 natura insaziabile la morbidezze tutte le delicature e altri secoli questo in tutti i mondo, ha con lor conviti, e par loro di non vivono pagnia. Che diremo della con abbigliamenti, pompa tanti veggia qual in Per corsieri, intagli, come di sessanta in da quattro (') il (lire, a La le lusso. da cavalli, e Milano era Vinegia siano tante quattro si (')? su- vede? ove più da due infinite se seta Veneziane sfoggia- l'eccezione di la regola. che bravissimi ricchissime coperte di Ma tanti d'oro finissimo, con fiera ([oAV A scensa ^ in cui le maggior donne nei battuti, città di Milano ognora ne troveranno, con vani) tirate com- talora in porta, par che oggidì tutte innorate in vi- preziosissime? gioie Ascensa nella città si sa perbe carrette, ricchi 1' delle ori quando una gentildonna viene tanti inesii- non saper mangiano sempre e fregi, ricami, trapunti e E nostra età, nel- sono singolarissimi e splendidissimi vere, se si le nell'abbondanza e delica- nostri Milanesi i tezza dei cibi che la fatica e pericoli gravissimi investigato. mabil loro con orientali, meravigliose e prezzate cose che r incognito agli mortali dei Venezia, vuol — — 60 e d' ot'O frastagliate e di tanta varietà distinte, quando che le donne carreggiano per meni un si come costume de* Romani, quando con domite provincie contrade, par le trionfo per la città, che già fu dalle vittoria Roma e regi debellati e vinti a tornavano. Sovienmi ora ciò che l'anno passato io vidi (') in Borgo Nuovo dire illustrissima all' gnora Isabella da Este Marchesana si- Mantova, di la quale andava in Monferrato, essendo allora morto il Marchese Guglielmo, per condolersi con quella •Marchesana. Ella nostre gentildonne, volte che sieme ella è tante onoratamente fu come sempre è carrette stata cosi che non le () In queste pompe (•) (') Op. e in tanti piaceri e ^''edere è qui usato cit., loc. cit. Isabella, : pag. 80. 1" ve- che nel sì belle car- domestichezze essendo pei' seii/ir dire ininiediatainente e la Itelaz, che avea vedute uso delle in- delicatezze, in queste Vedi: Luzio llenier. La coltura Milano, introdusse nota adunque le erano ciedeva resto di tutta Italia fossero altrettante rette. tutte pomposamente adornate, disse a quelle signore che nute a far riverenza, dalle E reggendo venuta a Milano. ricche visitala carrozze iu ìett. ecc. le carrette di Koiua. — li» — le donne — 61 Milano avvezze, sono ordinariamente di domestiche, umane, piacevoli, e naturalmente in- amare clinate ad ad e continovo sull'amorosa ciò che ai E vita. e me, a star per se non che dirne costumi che e alle gentilezze loro; natura la ha negato un idioma conveniente alla in beltà, effetto parlar milanese ha una certa pronunzia, che rabilmente gli l' industria rale difetto supplire, perciocché che non con volgari e farsi dotte comodaLO e e più amabili mi- il praticare limando la lingua, piacevole le con al natu- poche ce ne sono sforzino con la lezione si il orecchi degli stranieri offende. Tut- non mancano con tavia elle di ne sento, pare che niente manchi loro io a farle del tutto compite, gli amate, essere de' buoni buoni libri parlatori, apparare uno ac- linguaggio, il che rende a chi pratica con molto loro » ('). Più concedendo a semplici esteriorità pittoresche descrive Napoli. « Deve oggimai a ( dice per bocca d'altri e parlando a una « grata e di- lettevole (1) compagnia r>AM>i;r,Lu, », Novelle, radunata lue. cit. in tutti una voi villa di — — 62 deve Ippolita Sforza Bentivoglio presso all'Adda) oggimai a per veduta o per udita esser voi, o tutti Napoli, che fu sul chiaro, quanto la citta di del mare Tirreno fondata, che per sono, ove gliarsi, 1' che uomo a poche nosLra Italia ci possa quei piaceri e diporti pi- Napoli stagione dell'anno del paese ed amena, sia dilettevole vero in questa il lilo si agiatamente assai pigliano, come anco per bella e piacevole città. 1' per sì chi a ogni delicatezza la amenissimo Quivi in sito diletta della una spaziosa e ben coltivata campagna, leggermente ai suoi diporti può allargar masse per aprichi e la mano. Altri che bra- da natura e dall'arte maestre- volmente adornati monlicelli, colli di aranci, cedri, limoni e d'ogni altra sorte di soavissimi e odoriferi pieni, frutti ruscelli valli fruttifere abbondevole e di pomposamente di e varietà mille vestite, trastullarsi, in ne troverà, che quasi di sé fuori tutto paese di Pomona, di Flora, di Bacco, di Pallade, di tepidi favonii salutiferi zefTiri giudicherà. Ma esser e sempre cristallini di di colori tanta copia il leggiadro di Cerere, freschissimi nido ed e albergo chi poi dei piaceri di terra ferma — fosse fastidito; ed il 63 — amasse con spalmate barche per o cupo tranquillo pelago mare or quindi quinci discorrere, e per non perigliosi scogli, e gratissime isolette diportarsi, e fertili e ricreamenti stulli prendere, che Glauco sue marine gregt];e l'amo mia e con patria veder lettasse ai glielo potrà tanti si che all' che la E dare? miracoli zolfatara spelonca della le con prestar di chi poi si padre de' poeti esser il effetti produce, sibilla di- quanti natura, più che vedrà il asciugatoio, tanti salubri bagni, l'orrenda tricata tra- con inferno conduce, se in quelle vorrà diportare, vedrà gli bili per qual luogo meglio della Pozzuolo produce, ove fìnse la via seguaci suoi le reti suole, (') quei or Cumea, laherinto di Dedalo, le piscine bande mira- fumoso ed in- l'artificioso Luculliane, le ro- vine mirabilissime del suo grande e finestrato palazzo, le case e chiese di nel che mare sommerse, la (') natura ha Finge napoletano. Pozzuolo per fabbricate, cliG parli terremoto e tante meravigliose caverne che quanto più in Annibale Macedonio, gentiluomo — — G4 quei luoghi dimorerà, più bramerà io vi vo divisando, dei baroni e principi del ceri, ed per altresì piena d'uomini la mirabili per sì essere la della maggior parie reame usa tempo quivi dimorare, del cose Essendo dunque Napoli di vedere. maniera che le varie più la già parte detti pia- famosissima città i prodi cavalieri » letterati e di ('). Dalle ritmiche cadenze di questa prosa poetica, che nella sua preziosità alquanto goffa si vorrebbe, vede, arieggiare la maniera dal Boccaccio e del Sannazzaro, torna a più umile più e stile breve, toccando con pochi cenni di Venezia: « Vinegia, come ciascuno può tempo dimorato, si che sapere, sia vi è città mirabile per lo qualche sito ove trova, tra quelli stagni marini fondata, e bellis- sima per i veggiono edificati. molto glia, molti magnifici e ricchi palagi che libera, può come più e star mio sia di solo aggrada, che non lo riprenda, o (1) a poi, ove ciascuno, andar gli K Baxdello, giudicio, che od v' è città si vo- accompagnato, nessuno che ne mormori, come loc, cit. stato si qui si che fa, — esche un gentiluomo nou mena una squadra se un avaro, servidori seco, dicono che egli è con Iroppa coda, diranno che in quindici di vuol logorare e se egli è prodigo, e che sue le poi un'altra cosa in Venezia, che numero Non di cortigiane » lo infinito del tempo, tanta parte anch'esse del della vita del Bandello. Sono molte cipalis*ime in quali chiamare, come fa le Giulio si fondo Cinquecento, e sia di che prin- potrebbero altresì Scaligero Or (-). quelle rappresentino la superficie soltanto, lato soltanto, che cosa si Bandello, (') I. o, nei bene, quaitaliana del signore ne meglio, un può immaginare, quanto a figure femminili, di più (1) dame novelliere e questa società pure alto, di più spiccato, di loc. cit. C. Scaligeri, Poemata. Heroinao ad Mattheum Bandoli um. Masi. su e delle Cesare suoi versi, le eroine Bandelliane il dopo contemporanee Napoli, Venezia, alle grandi Italia, sca- tornare, assai impressioni di Roma, Milano, lunque un è ci seguiremo nell'illustrazione dello saggi sia Vè facoltà. Q). broso argomento, preferendo questi di 5 — più energico, e insieme più culto, di elegante più graziato, di 66 e più di gentile ag- eroine delle Bandfìlliane? Di alcune bastano i nomi a scarsa notizia della storia tempo: Isabella questo Gonzaga Colonna, stanza politica più letteraria e di Giulia Ippolita Sforza Bentivoglio, Co- Rangone Fregoso, Ginevra Rangone GonGonzaga Manfrone, zaga, Lucrezia Castiglione. S'è detto molto altre la Gonzaga, Esle d' abbia chi nomino, non che Ippolita Torelli male queste di argomentando usavano dalla libertà di linguaggio, che ed appunto e tollera- vano, e a quest'accusa ha contribuito non poco novelliere del Randello con certe in da notare che non sono velle dedicate a narrale. Di tali Ma prima si gran dame o parla, Per darne esempio, possiamo ci manca più peggiori quando la Gonzaga compagnia liberamente il e no- Randello resta fra si le di in loro presenza citerò la novella corte d'Isabella d' Este Poi che le argomenti ripugnanti certi nota anzi che <^' novelle narrate loro presenza e a loro dedicate. tulio è il uomini. unrraia alla che incomincia: delle parlare, donne che quando 67 — loro, » — siamo a presenza la ch' altro bel fioretto pagnia dire, si segno che venuta sentirono Madama fuori. volendo ( Onde colà, ov' ella già s' cose a ragionare » alcuno Isabella d' Este lei si quella abbaiare, giar- cominciò di varie del Rina- per esten- ('). dell' anche donna ambiva virile. « Donne uomo, pari e se una donna di più, era d'aver mente ed animo simili, scrive anche del colore che per questo la il Burckhardt, potevano loro circoli no- di quelle del Randello, senza loro fama ne genio predominante cala. 11 era allora, la lode però, a cui la benissimo lasciar raccontare nei velle era n'andammo eroicamente guerriera, come Caterina Sforza, un'eccezione ) del scimenlo, era nelle classi elevate a com- loggetta L' educazione delle donne, nell' età sione della Gonzaga ce levali era sotto la dino assisa e quivi con qual- cagnoletti i lutti « finisce: e in restasse pregiudi- tali riunioni non è l'effeminatezza moderna, vale a dire quei riguardi delicati (') per certe supposizioni, per certe suscettibi- Bandello. Nocelle, Part. I, Nov. 30. — lità, per certi 68 misteri, .... ma coscienza della la propria forza, della propria bellezza e di condizioni piene sociali canto di Perciò ac- pericoli e di minacele. formalismo più compassato, scorgesi qual- al che cosa, che nel nostro secolo avrebbe aspetto 1' d'inverecondia, mentre noi non siamo più in grado che di farci un' idea di ciò contrabbilancia questi svantaggi, la potente personalità delle dominanti allora sito in Italia » Burckhardt adopera il prò della religione cattolica, leva addurre, dovendo Papi la religione sognava proprio che l' argomento che, il buon Muratori narrare gli ritta. essere conti Ed le il braccio di Burckhardt: « ben tal di serie discussioni sugli in fondo, bi- Dio la solide tenesse dovevano tali rac- non potevano persino occuparsi argomenti più gravi (1) Burckhardt. Op. C-) Ibid, Parte V, Cap. IV. cit, so- razza dalle convenute formalità, a soqquadi'o, e in per scandali, basi di società, che ad onta di non uscivano andavano non era andata il donne Allo stesso propo- (^). esempio, di Papa Borgia, cioè che se con di tutti Parte V, Cap. VI. (^). CAPITOLO IV Segue E argomento. lo stesso come forse esagerato porre a riscontro delle gentildonne, e quasi a significare un lato opposto della società cinquecentista in Italia, le cortigiane, perchè tale antitesi si ritroverebbe nella società d'ogni tempo e non avrebbe nulla né di caratteristico, uè di speciale. Peggio ancora che esagerato, parmi afl'ermare come fa Ganello, che la corti- il giana significhi nel Cinquecento ricostituzione della famiglia vero che fra tra il secolo la sciolta XV e ('). una progressiva Ad ogni democrazia del modo vizio si è va XVI, costituendo una specie d'aristocrazia galante di donne, le quali per eleganza, lusso, coltura e gentilezza di (') Canello. Op. cit. Capo. II. modi si distinguono — compagne. dalle loro narrando stingueva dalle — Già altre questo nuovo culto ha i Borgia, di- fionestae. Ma dei cortesanae le Burcardo, diarista il vaticaneschi spassi gli 70 suoi scettici, il Bandelle, ad esempio, che non vuol sapere di queste sottili un luogo nome distinzioni ed in di una Corlegiana è in altro dice che questo lustra ed un' usurpazione luogo dice anche come anco mano con ogni Roma a fa si onesto vocabolo modo non si ol ma i Veneziani ed altrove, (le) Gortegiane » trapassano parigine dei tempi romantici, il a dar carattere e singolarità così e che chiaramente più quelle donne son quel che sono, « (/), le chia- P). Ad Lorelles che non basterebbe Gortigiane alle del Rinascimento. Finora esse non furono conosciute che rime d'amore, hanno pure in le commedie, buon i numero novellieri. le loro per le Oggi si lettere ad amici, amanti ed ammiratori, « documento diretto (come fi) i'iiele n scrive il Baxdello, Ferrai, che fu XoL-eUe, Parte Bandelle Ibid. Parte III, Nov. 31. li. il primo a pubbli- Nov. 51. Dedica a Mi- — carie) del ("') CLiltLira di pre pensare, di sentire e di queste donne le pifi modo — 71 Da queste >. lettere Cortigiane del Cinquecento scono, scrive ancora Ferrai, il della « frutto di sem- fippari- quella società politico-letteraria, dove l'altitudine a conce- gustare pire e a forme non svariate bellezza la meno fu polente dell' inclina- zione a spezzare ogni legame di lunga costume e di severo ». Non è tradizione luogo qui lermi delle molte, belle e curiose più nelle artistica va- di raccolte n(),tizie su questo scabroso argomento nei lavori del Ferrai, del Biagi Basti del Luzio ('), che da del Graf O, (1) men Lettere di Cortigiane del secolo Dante, Ferrai come n. Bongi (=). lavori è confermata e dimostrata tali nei suoi particolari la più o breria del (^), Fu 1884. 9, inesatta ed oggi hanno ripubblicato per XVI — criticata i intiero giusta preten- Firenze, Li- l'edizione del signori Matini e Orlando il Codice, da cui sono tratte, nella loro Bibìiotechina Grassoccia. ["} - Un'Etera lioniaua (Tullia d'Aragona), Firenze Paggi - 1897. (3) Pietro Aretino {*) Attraverso ('') Tullia d'Aragona, in illustrazione degli Annali di Gabriel Giolito il De e la Corte dei Gonzaga. Cinquecento. Ferrari, anno 1547. sione in coleste donne a rinnovare, tanto in sorgimento di classica antichità, non solo conde amiche dei poeti Diotime dei tempi che indica gio- le Aspasie eie le Alcibiade; di Pericle e di ciò bisogno di cercare nelle stesse irre- il golarità dell'amore una lettuale e morale, ed è soddisfazione certa pur qualche intel- cosa. Bandello, a cui non isfugge alcun lato della 11 del vita ma latini, ri- Cinquecento, queste donne, ma parecchie parla volte di se è mite all'Imperia, la corti- giana famosa, che, morta giovine nel 1511, quasi non appartiene altre, al ad Isabella de Luna, ne suo tempo, vitupera avanzo esempio, cortigiania Spagnuola, che aveva afQuito a tempo dei Borgia (^). Pare, ripeto, che creda a tutta quella vernice nuove delle l'Imperia e e il etère. la letteraria (^) poter alta rivaleggiare e d'Isabella con Tullia (') Bandello. Novelle. Parte li, (2) Bandello Xovelle. Parte III. a poco artistica descrive veramente l'etèra è suo tempio, ch'egli descrive, parisce ben più Roma egli Comunque, quando sua dimora, quella di e l'Imperia ap- de Luna d'Aragona, Nov. Nov. 51. 42. e da astro 73 maggiore il Bandelio non parla. uomini servitori, firmamento, di quel torbido Da prima una che e donne, sitatore e lo scortano s' pesca; dappertutto velluti, Nel gabinetto della dea drappi d' oro sciiiera inchinano riccio sovra di al sontuosità vi- sale, princi- tappeti broccati, cui di con grandi inchini, poi stanze, gabinetti addobbati con simi. ma finis- mura coperte le una riccio, di cornice d'oro e azzurro uitramarino, con entro vasi d'alabastro, di porfido, di serpentino, e cofani, intagliati, un lumi di poesie volgari e latine, ha studiato belle e compone non Essa è lettere con insoavemente seduta in tutto il lo musica di perchè la lei sonetti è e 1' non « non ti madrigali. fio- e di senten- un ser- dispaccia, perciocché qui è più brutta cosa del tuo viso Notevole è pure che signora Ambasciatore quale, stupito di tanto lusso dicendo: e vo Strascino di Siena dosi bisogno di sputare, sputa nel viso ad vitore, e spendore della sua lo rente bellezza e dinanzi a Spagna, verde tavolino coperto di velluto sopra un liuto, una cetra e carte forzieri il ». Bandelio, come sto, descriva la vita delle cortigiane a s'è vi- Roma e a — 74 — Venezia principalmente, perchè a Roma, società di preti, e finiti Borgia, la dama non gran a corte, durante di papato il Gialiano de' Medici di rara fortuna X Leon vive (-), fa Isabella il c'è. di dei e Di veder apparire Leon X, si la moglie rallegra Colonna Rangone, appartata. Cibo dei Bibbiena Vittoria (J). Bianca convento. papati i in quella sta come un in benefattrice la di Qualche apparizione Gonzaga, *ma insomma la delle corti di Mantova, Urbino, Ferrara, gentildonna non c'è (^). Così è a Venezia, rna per altra cagione. Qui pure l'etèra prominente, è vede, perchè la il e costume la gentildonna non si e le institnzioni politiche tengono, a cominciare dalla Dogaressa, lontana e nascosta A (•*). Milano invece il Bandello (') Lettere di Principi^ ecc. I, 16. (-) Bandello, Parte Novelle. II, ci parla nov. 34. bensì Dedica al conte Lodovico tlangone. (3) Cap. ('') i!Ai, Gregoeovius, Storia di Roma nei M. E, Voi. Vili, 4. Cf. MoLMEXTi, La Dogaressa di Loren^ino de' Medici cento. e la Società Veiiesia. L. A. Feu- cortigiana del Cinque- della bt^llissima Caterina di S. Gelso que XII; a Luigi sconti, (^) bensì parla ci furono, secondo (o della filosofìa sua seconda sue in la battaglia francesi, irresistibili su seduzioni conlessa di Cellant gante politica; la terza Bandello, parla ci ; la la che campo la prima seconda le bensì della mano omirimpan- si un'intii- è una mostruosità criminosa insomma donnette le caratteristiche etère (1) ; slessa visitò al che armava (^), nuccia in un matrimonio tutte e tre (') della esperimentaudo tulli amami; ma cida ai piopri Pavia di decisiva l'ascondi?) quella Ilalia, Bonnivet ragione la dove storia, discesa prima e dopo imperiali e Branlóme, il slessa, le cui dal I Vi- Clara di che ben può essere quella grazie state descritte a Fi'ancesco che piac- (') eccezionali, ; ma non del Cinquecento. Novelle^ Parte IV, Nov. 8. Dedica a Paolo Pansa. (') Ibid. Parte IV, Nnv. 15. (3) Viii<iiLi, Dopo la Storico Italiaìio. Serie V, Milfìiio, la fa tomo III. Il confondere (1) al Dedica a Clara Visconti. hatlar/lia di tomo VI, 1890. Verri, Brantnnie Pavia, la cliiania Verri con nna Cicrici. Bandki.lo, Xovelìe. Parte I, Nov. 4. Archivio in Clat Storia ice^ il di che - — 76 L'azione delle quali sulla moralità del costume, se non è forse valutabile fra tanta generale corru- zione, lo è bensì nelle lettere e lettere, dalle alle quali giano di Baldassar d'Aragona, di amori (^). negli Asolani ai sé maestri Veneziani non colonne opere e nelle v' ha quadro gradini cui, fra le classico, non appariscano figure neri e e ornati di più fila del Cinquecento, sui forn)e dalle capelli d'oro, i di terre- moda di perle le cortigiane ai ('), Molza giorni di d' di dagli dagli occhi la nuca e insomma Bandello; del problema, il da (1) A. GUAF, Op. cit. (2) L. A. Fkurai, Lorenziiio de' Medici in un tempio etère nostri santi, donne dietro le grandi dei opulenti, raccolti quale discute altresì col messo Tul- Nell'arte, la procacità di certe figure donna parla da abiti spendidi, del Bernie- ben più di le Corte- e di capitoli dei documenti schi, e alle novelle, stri nel Speron Speroni discende si discusse Castiglione, nei Dialoghi di anche pretendono cortigiane, e sottilmente sono lia Nelle arti. quintessenze del petrarchismo e del- l'amor platonico, Bembo, nelle il ri- Alessandro ecc., già citata. — 77 Dumas solvo con figlio favore in Signora la delle Camelie, e prudentemente cortigiana, della lo ri- aggiungendo però, che « una rondinella non primavera fa ». (') Non meno importanti e rappresentative dei co- stumi, delle idee, dei costumi, dei pregiudizi e dei sentimenti tempo sono del Randello ed altri fanatismo Novelliere sul che dominerà rante il esprimono tutto primo quarto che a più riprese nel per le scienze nelle ciurmerle dei e del Cagliostro, e sul dal opinioni il suo occulte, secolo seguente e finirà du- il XVIII secolo le Mesmer moto Protestante, che XVI del secolo fin era scoppiato in Germania. Del fanatismo per superiorità beffarda e le scienze occulte parla con con profonda osservazione psicologica cosi: « Tra le infinite qualità di pazzie che travagliano, affliggono l'anima mia e e del corpo l'incantesimo ciocché a (1) me e spesso rovinano l'uomo, credo siano delle io del- che l'alchi- principali; per- pare che in queste due, quanto più Bandello, Novelle. Parte cesco Maria Molza. I, Nov. 50. Dedica a Fran- — la persona tanto più Che s' esercita, 78 quanto s'affatichi vi e più s'invecchia, vi desideri d'esercitarle. molte altre specie di pazzia non pare che di avvenga, veggiendosi che mille occasioni e massi- mamente l'invecchiare fa che nomo ad 1' altro ri- volge l'animo e di sé slesso seco sovente gogna. che dell'alchimista non avviene; Il quante più quanto più quanti prove, sofistici vede i ingegni quinta essenza, che la cosa sia, rame in per io buon oro, o almeno in bito scusa l'arte, e dirà la tintura fatta, il fuoco esser slato di troppo forte; di ingannando sé stesso, ed insieme con la consuma Clavicola di mille altri occultati libri tesori nel la su- ben esser carbone, mille ar- l'effetto, non altri roba e e il o di inganni vita, la con que- fumo. Quell'altro con Salomone (se d' che so cangiato Luna, con Mercurio ste lor ciancie si risolve in la tristo modo che con ritro- purgalissimo E nondimeno, non seguendo gento. o me non o vero tiene per fermo aver fa, riuscire, più s'anima a seguir l'impresa, e spera vare quale il esperimenti [)iù suoi ver- si egli la fece) e incantagioni spera ritrovare seno della terra, indurre la con gli sua — donna al tatore — suo volere, saper andar da Milano a moki 79 altri effetti i Roma segreti dei un allomo, in E quanto mirabili. principi, più e far l'incan- trova ingannato, più nel fare incantagioni si persevera, accompagnato trovar ciò che cerca Quanto al che a questo (^) sempre dalla speranza ». moto Protestante il di Bandelle è di Germania, an- avversissimo, non sì però che non l'attribuisca alla mala e alla ignoranza dei superstizioni, che preti, alle stolte van predicando, all'ingorda avarizia al traffico delle del gi(ìcondo indulgenze, all' Curia, inerte indifferenza 1' uniuà della Chiesa invoca una riforma nel seno e per opera della Chiesa stessa (1) .sig. della Leon X. Crede impossibile ormai frenare quel moto e ristabilire ma vita (^); Banpello, il tradizionale concetto dei rifor- Novelle. Parte III, Nov. S9. Dedica al Carlo Atellano. (-) Randello, Novelle. Parte Leandro Alberti. Parte III, nov. I, Nov. 10, stoforo Bandelle. Parte III, nov. 25. Su questa incuria, come su Leone X. s'è molto esagerato. Vedi ora X e la sita politica. Dedica a Fra Fra Cri- Dedica a Girolamo Cittadini. Leone 14. Dedica a altro il pecche liliro di del Nitti 80 che misti italiani, nel secolo XVI ma entro quell'agitazione novatrice, che è l'ortodossia, solo il dà luogo i È ma vi sive reazioni, coloro dita fede, stessi, nei anime che dura per forza quali Polo, dal religio- timore per associano, si ita- Concilio il Gonlarini, capitanato dal dal Sadoleto, da Vittoria Colonna, sissime, del- moto originalmente liano di riforma religiosa, precedente di Trento. limili a d' ecces- all'intorpi- d' inerzia, la cultura umanistica ha sovrapposto un buono strato d'indifferenza, come, ad esempio, Pietro anche il Bandello, giacché, uscite devote, non mi ture morali, unite ad mento religioso Comunque qua nonostante so figurare un vero sia, non tratti Bandello altro per accenno, la e gran dame, (U V. CiAN, senti- le Un decennio vifct mercè i varii politica, la vita di cortigiane, della spigolati toccato corte e della società signorile, la guerra, le disinvol- profondo e sue certe tante da questi pochi importanti argomenti: l'arte, tori, e direi (^). e là nel novelliere del quali ho, se Bembo, la i pensa- letteratura di Pietro Bembo. 81 dell'amore, i pregiudizi e deliri correnti, teggiamento della coscienza italiana riforma Protestante, gione il s' si Dunlop abbia chiamato riflette il che inutilmente grandi contemporanei DuXLOP-LlEBRECHT, Op, Masi. quale caratteristiche, e secondarie, m novelliere il del suo e vi proietta tutta quella folla di particolarità e di figure storici di fronte alla intende già con quanta ra- Randello uno specchio magico, nel secolo l'at- e sì {'). cit. principali cercherebbe nei CAPITOLO V Segue lo stesso arg-omento. Per intendere anche meglio che scrive il tista quell'ammasso personaggi, che di casi immenso devoli relazioni fatti più i ('). ogni si Angelo illu- e primi i i ha per Solerti, la 1 volti, la vita, le coi vicen- non vedrebbe allora che Si della società, per questo novella famosa Nuova Antologia, ma storia, personaggi della Un buon esempio (f) zione classe nomi, generali minuti, e non solo ma quella e la storia, e dei secondi cercare, cono- scere, discernere i e teatro strar gli uni e gli altri, riscontrando solo ciò cinquecen- novellatore il atteggia su quel suo documenti di Dunlop, bisognerebbe penetrare, ag- girarsi fra tutto folla di verità la di i più più prominenti, ogni professione, >]renere V;/o e t'ascio. 1 d' illustra- Parisina luglio 1893. in — Ogni mestiere, ogni — 84 ogni vizio, e, direi, troppo spesso nel Cinquecento questa avesse signiQcato di abilità il velliere del Bandello i parola non hanno (^), se no- nel loro rappresentanti. Symonds, che s'è provato ad enumerarli, Il n' ha riempiuta una pagina sana È vero forse ciò ch'egli dice: tazione sterminata essere le virtù, fatta più paurose profondità manere (1) non son e questa a rappresenleggieri, tocchi dell'anima tutti. umana ri- inesplorate e per lo più tutta quella gente A. Graf, Attraverso al Cinquecento. Op. Cfr. in cit. proposito le opportune e satiriche considerazioni di Raffaele Mariano nella sua Memoria su Francesco D'Assisi aJcitni dei suoi sogg.) Ivi istile il pia Prof. è soltanto (In e Nota, pagg. 66 e Mariano osserva che questa virfà in moda da David Strauss, Rinascenza fu rimessa di poi da Riccardo non recenti biof/rafi Wagner (che pei Wagneristi autentici un musicista, bensì un rivelatore e finalmente dal Nietzsche (che è filosofo il ])agnia) e condusse alla riproduzione religioso) della com- recente del super- uomo, a cui esclusivo beneficio e godimento devono servire il mondo della cultura e dello spirito e le sue gioie delicate e squisite, perchè egli solo, il superuomo {der Uebermensch) rappresenta T eccellenza, l'abilità, la forza individuale, tuttociò, vale a dire, che in si chiama virtù. istile Rinascenza — — 85 una ridda confusa, urtandosi, mescolandosi, ballare come maschere di carnevale, nella scapigliata de- mocrazia del vizio ('). Ma non può, a mio cre- si dipinge da chi un in un'età intiera; non si voce e più lo ascollato, da gente, novelliere del Bandello, popolo e dalla novella, esigerle componimento breve, che per raccontato a viva un novelliere può profonde molto dere, esigere analisi psicologiche suppone si massime nel che uno per spasso di corta durata interrompe l'azione ordinaria che della propria vita. Quello in intensità, riguadagna, il Bandello perde parmi,neir ampiezza della un Richardson, rappresentazione, e d'altra parte un Dickens, un Balzac, un Zola, un Dostojewski, Cinquecento in pieno un fenomeno V ha di italiano, nonostante di stile e scorrettezze di tutti sto del romanzesco, svolgentesi {*) — Symonds, Parte II. nostri novellatori del Po e 11 il goffaggini Bandello genio ed di nell'Italia Jìenaìtisaitce in Jlali/. Cliap. X. certe lingua, più di gran valle davvero inesplicabile. più che, i sarebbero — ha gu- il preferenza nella superiore, e al Italiaii Lilerature. 86 tempo, cicli In cui il Bandello scrive, già uscito cavallereschi e modificato nelle forme contenuto da una civiltà già che pili dai nel e matura, e già accennante in bene ed in male a fenomeni di decadenza ed a mutazioni. Se come clamare il suo amico, Leandro Alberti è troppo dirlo col velliere un Ariosto in Symonds per tutte le sue varietà, spesso lo confonde sempre consegue il (1) — De comico coli' italiana in intonazioni, le riescite proporzioni Bonouiae, del o osceno, Non ripugnante. troppo ma più spesso del v'n's Illnstribus Ordinis Praedicaforiim. unum no- innalza al tragico o troppo coli' orribile confonde, non solo sex in s' alle e se che, però svolgimento da talvolta alle complicazioni e Non sempre e (^); suo il è la novella gradazioni altresì tale intreccio e romanzo. certo prosa, mentre rappresenta da solo dà oserei quindi pro- Bandello un Petrarca redivivo, secondo il che scrive l'orse d'amore non lirico lo Ra- — Libri congesti auctore Leandro Alberti Bononiensi. 1Ó17. « Carmina vernacula composita Franciscnm Petrarcliam protinus revixisse omnes et affirmare possunt. » ut testari — belais dello e Talvolta la sua tal' altra pare Swift, non che è invereconda, dei fatti diversi dei nostri gior- od una cronicaccia nali stomachevole. sudicio col novella uno — 87 d' una nostre delle Corti d'Assise; piacevolissima letteratura, che noi, così severi ai novellatori del Rinascimento, diffondiamo a migliaia di copie, possibilmente colle illustrate figurine, nei casti seni delle famiglie, e a cui per antidoto contrapponiamo tutt'al più libro di lettura scritte in testa Ma se tragico, il né popolare o le massime eroiche, agli esemplari di calligrafia. Bandelle non sa essere né altamente schiettamente comico, nondimeno quello spazio intermedio, che sta e la un soporifero commedia (^), e in cui si fra tragedia la roman- mescolano zesche avventure e fortunosi intrecci in di casi, te- naci amori e resistenti ad ogni disastro, nei quali il patos sentimentale tenera pietà, o condizioni è in giuoco la vita, e e le loro eroine, o (1) si Symoxds, Op. eccitando disperate, che schiacciano quasi cit., sfoga, per loc. cit. nelle i prodigio più la loro quali eroi fanno sì — 88 — che pervengano a salvamento, un grande vela veramente maestro si ; rivela non Bandello il artista ri- si un grande e solo pel suo genio, ma per forza delle stesse vicende della sua vita, piij pros- simo al sentimento dell'arte moderna, e naturalista, di tutti i romantica Cin- prosatori e poeti del quecento. Quanto alla storia, chi questo novellatore crederebbe un quadro ma Europea? liana soltanto, trovare storia di non negli stessi storici di professione. Saggi di indagini delle leggi, che nano, non mancano di certo, e basta grandi nomi del Machiavelli del Ma, nel primo specialmente, coi quali vilis, come dottrine e lo sa. si Una fa e i fatti sperimento e la fatti filoso- gover- ricordare i Guicciardini. sono un'anima riprova delle siano racconciati ad arbitrio, Dio sintesi di semplici fatti che non esca Ita- Nel Cinquecento son rare queste sintesi e questi aggruppamenti di fìa della storia, in contemporanei, dalle loro conseguenze dirette e im- mediate, non è frequente nel Cinquecento e indica non solo l'uomo, che ha avuto sempre grosse faccende e che è bene addentro alle nella mani pò- — suo tempo, litica del mento ma anche che è modernità, di — 89 della tendenza particolare era s' 1550) ove vedessero si cose, credo io ne che Bandelio, quando il una la nostra età sia degne di stupore, accadono ('). di compassione S'è veduto a nostri pertinenti al culto divino e de i il differenti e quale, molto più che in nessun la verso certo e mirabili di dubbio un grande ingegno. d' Francia, in stabilito non segno « Se mai fu età (scriveva già un presenti- qui di quelle, altra, cose e di biasimo dì ne le santi cose circa e la fede cattolica, quante sette, dopo che Martino Lutero ha uasciute contro ; vivere de santi e i quante Padri qua da i le corna, provincie, e il antichi e generalmente dal pub- buoni, dal nascimento di Cristo di in quelle genti, Le due sono spezzato tanti Dottori osservato, variamente vivono; che hoggi (1) loro, alzate e città huomini approvato, blico consenso de in Chiesa la edizioni di Lucca che e di da di la maniera Chiesa Londra stampano questo periodo in forma, che non dà nessun senso. Ki- tengo elle deblia legg'orsi cosi. — separate si ma sono altrettante loro, non ne sono, per vivere buono, lo spirito — 90 ne de la libertà che giudicano, sforzandosi ciascuno di trovare qualche error nuovo esser differenti — Ne questa nostra età veduto tutta la Soria e disfatto i Mammalucchi, de Vienna d'Austria l'Europa, mercè de si le fanno haver quelle con- sparso, perare l'imperio di Gerusalemme ('). (•) che saria Mi permetto che i maggiori. a le bastante forze e il ricu- a reame il Angioini ed di rabberciare tra sangue Ghristiano stato gli dì un cantone petto Costantinopoli Tra ogni Ghristia- tutta ogn' bora il de ed discordie Turchesche, tanto hanno di di setta Rodi, aspettandosi Quelli che doveriano opporre crudeltà pigliato debellato che hoggimai è stata ridotta in Principi christiani e haver e fatto in peggio con vituperio indicibile de mondane ha Ongaria, 1' trade di grandissimi danni, nità, insieme Soldano con la il quelli particolare tutti Turchi i vinto Belgrado, soggiogata la più parte assediata e poi cose le sono in de affettioni le quanti le sette, libertà la Arago- periodo anche qui, che nelle edizioni di Lucca e di Londra resta in aria. - 91 nesi quaiHi fatti d' si sono? di tempo ha bora da nel regno di Napoli modo che bene tre e gli arme — fatti spesso Napoli in poco Milano cambiati. qnattro signori Sforzeschi ed ora da Francesi ed ora da Spagnnoli s'è veduto comandare. In Hlspagna i popoli hanno preso l'arme contro natori; parte di passata ne le ai Navarra da mani suoi gover- i casa la Albret d' Spagna degli Aragonesi e tutta Tedeschi è soggetta. è sangue proprio de Il la casa reale al re suo di Francia è stato rubello ed il Duca dore Borbone fuggito dal Re è accostato. s' stor di di Roma di Habbiamo veduto Tedeschi e di Roma crudelissimamente essere spogliate le Chiese, violate la quelle crudeltà essercitate che L' modo che Alemagna manilo con di e le sé sue diete. L' Francia bora sono stati sforzati a non e stata saccheggiata, monache, si e possano tutte imma- Goti altre volte furono più i tra pure accordo gran Pa- comprata da Carlo Imperadore la libertà pietosi. il Impera- l' Spagnnoli prigione, haver ginare, di a in si comprar divisa si Imperadore guerra ed bora vede. la I va consu- e il Re in tregua, Veneziani pace dal Turco e sono dar- — gli 92 — parte de le terre che in acquistate. Il Re Lavante d' Inghilterra, havevano s' tributario de la Chiesa, e che cosi dotta e cattolicamente ha scritto contra gli errori a' nostri di da nati, passioni e disordinati appetiti vinto, s' proprie le è alla Chiesa nuova heresia, suscitando ribellato e fattosi capo di ne l'Isola una nuova setta ed un nuovo modo di E vivere non più visto o udito. certo noi possiamo dire che pochissime età hanno veduto cosi subite mutationi, come né so a che fine le cose debbiano terminare, perchè mi noi veggiamo tutto pare che andiamo di male in peggio Christiani sia più discordia che mai La conclusione è di nel tempo, in cui si nulla di peggio sia tutti vive, s' i di, il che e (') ». tempi, perchè ha il tra tutti sentimento che mai avvenuto prima o possa avvenire di poi e che qualche definitiva catastrofe debba essere imminente; il dimostra che la che leggenda del finimondo è perpetua ed ha radice nell' (1) animo umano, non Bandello, Novelle. Parte III, Domenico Gavazza. in la sua profezie o pau- Nov. 62. Dedica a 93 rosi segni potrebbe Ma esteriori. essere più — il compendio pieno e non storico conto tien di casi anche d'un ordine diverso dallo strettamente politico, il che rado di interviene agli del storici Cinquecento. Parecchie delle novelle del Bandello sono pu- ramence disquisizioni mano, come del di Rosmunda Longobardo Alboino re casa di Savoia rato vendetta la (% V rifatte di storiche, ('), le seconda e la morte origini della quelle dei marchesi di Monfer- (^), uccisione Buondelmonte di e il prin- cipio delle parti Guelfa e (rhibellina in Firenze la Pia de' Tolomei drada e Poppi C'). ciliano (1) (2) le la (''), Romano Ezzelino da {% Lorenzo Bandello il Novelle, Parte III, (3) Ibid. Parte II, Ibid. Parte I, Nov. Nov. 27. I. (5) Ibid. Parte I, Nov. 12. (6) Ibid, Parte I, Nov. 18. (•) Ibid. Parte II, (**) Ibid. Parte I, (^), Magnifico alla Ibid. Parte IV, Nov. 19. (•<) Nov. Nov. 11. 22. buona Guai- virtù della origini dei conti Guidi Nov. {*), dei conti di e il Vespro Si- corte di 18. Na- poli C), — 94 Cesare Borgia in cendo, molli tutti di di greca orientale, esempio O, Romana {% il da chesco del romana, e Sofonisba (^), cui oltraggio, Baldassarre già non sapessimo quello che e in si ad Lucrezia quantunque platonico Randello, è esposto Giro, (^), Castiglione V ideale Gonzaga, Lucrezia ma storici, nessuna importanza. Meno ancora Seleuco narrare ricordi e e via di- (^) rifacimenti d'antichi e celebri episodi i storia Romagna accenni altri poca ne hanno — fatto dedicato a e petrar- guisa, che se poteva osare in coteste conversazioni cinquecenliste, ci sarebbe da meravigliarsi che cato quello che tocca col storie, a nobile narratore al nella Secchia medesimo racconto cui la iscagliò in testa (1) Ihid. Parte II, Nov. 52. Ibid. Parte IV, (3) Ibid. Parte III, Nov. (<) Ibid. Parte II, (5) Ibid. Paite Ibid. Parte II, (') Secchia Bajnla. montesi Illustri, I, Tom. del Tassoni a Scarpinello canta- ciabatta per farlo tacere (8) (6) sia toc- Renoppia per poco non regina una Rapila non Nov. Nov. Nov. Nov. 11, 9. uf). 41. 21. Canto Vili. V. ('). — Cf. Napione, Pie- — se non che l' importanza storica del Novelliere non del Randello es- consiste già in queste rifritture, com'ebbi a notare, nell'uditorio bensì, novelle e nelle notizie che un po' per po' per diche, cortigianeria, la un che natura, un alle de- il Baudello dediche laudatorie. sue nelle sue attaccata è po' per esercizio di rettorica soleva accumulare delle dediche Soniiglierebbero parecchio in questo alle ma del Goldoni, il Mecenati per propiziarseli, umile delle sue dediche chiamava non Goldoni rigido infelice la povertà. Il meno di del Goldoni, parla in tono Tommaseo ne Bandello invece, facile contentatura amichevole, con bensì da cortigiano consumato, che sa mando ed signori, in ma dica, forme vuoisi mette si anzi adopera sere lodato. che il quasi tono di chi il tiattare alla pari viver del coi con lettere poco più di una ventina sono dirette Gonzaga cenati e padroni, e va pur uni or con frasi gran essi ed loda, perchè vuol es- Su dugentodiciannove sonaggi delle case i tono troppo e solo pel il quantunque per certo che lodare fa ai per- Fregoso, suoi me- e notato che gli altri di costoro di de- il or con gli Bandello ha con- 96 — vissuto quasi tutta la vita. Le — altre sono ad amici, dai quali non poteva aspettarsi che ricambio d'affetto e di cortesie. \ CAPITOLO VI Segue argomento. lo stesso Nelle dediche, nei preamboli, nelle circostanze od occasionali del racconto, locali ma spesso estrin- seche ad esso; in tutta questa parte del novelliere Bandello, del naggi, perso- in Leonardo da Vinci, Alessandro ed quali Ippolita non solo c'imbattiamo, Bentivoglio, Gio- Machiavelli, Niccolò vanni dalle Bande Nere, nelle più gran dame tempo, ma pene- esempio, della cortigiane nelle triamo quasi nella più intimità, vita giornaliera di Isabella villeggiature di Porto, della Cavriana, ora e qua e timi, là in Masi. il per il di Marmirolo, nel suo palazzo Calandra, Castiglione, il voga, Gonzaga, ora nelle sue compagnia sempre r Equicola, l'Agnello, in del il di Rocca Mantova; di de' suoi più in- Ceresaro, Capilupi e il Negro, tanti altri. 7 che il Bandelle va nominando, allorché ricorda i bei giorni passati a Mantova, durante la splendida gioventù d' Isabella, più il compiuto perfetto e Era tipo di principessa italiana nel Rinascimento. « mio costume, scrive il Randello, andar due o volte la settimana a farle il me giorno riverenza e quivi cose di varie le occasioni Nel suo ». (') tova Isabella andava e loro se- tra Man- palazzo di raccogliendo già buon gusto' ragionavano, bora bora in presenza di quella ed intelligente tutto ne stava... ove sempre erano signori e gentilhuomini, che condo tre (^) più col più viva solleci- colla tudine capilavori d'arte moderna e geniali imitazioni d'arte antica (^). tnre ove 1' recava si caldi, scrive a si fatta (') ancora estate « per fuggir gii intensi il Bandello, che stagione per Randello, nelle villeggia- Altrettanto lo stagnar Parte Novelle, de Nov. I, in l' 30. Mantova acque si Dedica al marchese Pirro Gonzaga. (2) Non dovette essere compiuto che verso Vedi M. Minghetti nelle sue Donne Arti al secolo (3) XV e XVI. Gian, Pietro Bembo — e italiane il nelle 1527. Belle N. Antologia^ giugno, 1877. Isabella rico della Leti. Ital. Voi. IX. Gonzaga in Gior. Sto- — bora leggendo, dolcissimi suo è bora disputando, musici ed piacevoli (come diportandosi sentono,.., — 99 ed cantar e sonare, giuocbi facendo » bonesti costume) bora sentendo bora altri (^). Nes- sun' arte gentile, nessuna forma di cultura è estra- nea a questa gran lettere latine e volgari e di dei cui eroi rati, col amantissima pure donna, romanzi appassionatamente con discute Boiardo Visconti, col tende a sbalzi, com'è il Alle ("). solito delle d'interruzione Bandello, (1) Giov, hanno sempre mille (^). lettere at- diversi pro- diversi motivi Pure anche novellare elegante- Novelle. Parte Nov. II, (2) Archivio Sloi: Lombardo. vico e Beatrice Sforza. Si XVII. Lezio e Ke- Voi. d'' Este Gonzaga con Ludo- provvedeva di In una sua lettera a G. Brognolo del lo incarica di cercarle libri: prosa, che contengano « batalie, tanto libri 17 iu Instorio Franza », Vedila nel rima quanto et in fabule, cussi li jìaladini Lezio, / Precettori d' tabella d' Este. / Precettori d' a Venezia. settembre 1491, de moderni, come de antiqui et maxime de (3) Dedica a 5. Giacomo Calandra. NIEK, Delle Relazioni d' Isabella di lette- gran signore, e delle più ingegnose, cbe, fra mille positi di studi, di di cavalleria, Isabella.^ op. cit. — mente le — 100 gradisce e sentendo narrare qualche bella strana avventura, non raro che è Madama abbia a scrivere: « me a Randello il rivolta mi disse: Randello, questa historia è una di quelle che non istarà male — perchè Il fra cotante io le si si avea palesemente oscenità feste Ferraresi mostrato d' sciatori e signori, lezza descrive (1) Bandello, le le ma nozze la Corte, disgusto per la suo il per tutta di stata lodata che assistevano questi di il E una commedia Plautina, che rappresentava, e n'era Molti altri ». narrano, quand' essa non di Lucrezia Borgia, in presenzi si (^) scrivi. dà arie di casta Penelope, pur quella che nelle triviale giornata troncano quando essa ritorna, per- si chè Isabella non è la promisi di scriverla troppo scurrili, ripeto, è presente, o che tu a Randello centri : fra Novelle. P. IV. (*]. di i piìi Nov. da amba- 2. colta socievo- curiosi quello Dedica a Luigi Gonzaga. (") Archivio Stor. Ital. Voi. 2, Serie Notizie su Isabella Estense. Luzio, / 1." Append. D'Arco Precettori., ecc., cit dove riporta una lettera 9 gennaio 1502 del Capilupi, che accompagnava la Marchesa. — Gallerani, che Cecilia di moderna col titolo di non era, se — 101 Bandello il Saffo ma ('), che favorita di Lodovico la magnifica non altro Moro. Essa il pure, fosse in Milano o in villa o ai bagni d'Acquario « per fortificar la debolezza dello stomaco, era di continno da molti gentilhuomini e gentildonne visitata sì per signora che come è, Milano in tetti ed i pittori i musici disegnano, naturali questionano, ed i compositioni recitano; di di verlù [qui d' pure ab uà ingegnosa) il udir disputar si la che (1) Bandello, (2) Dell' assoldare. do più com- sua in filosofi i i stréuneri, di l'arte del cantano, gli de archile cose poeti le loro e d'altrui modo che parola è che Novelle. P. IV, ciascuno che adoperata di verlù diletti, truov;i al suo appetito, perciò dì il e militari verluosa e tutto sono ritruovano, si ragionano, (') che Milano di pagnia. Quivi gli huomini soldo piacevole altresì ingegni elevati e belli che quella esser o cibo sempre Nov. 18. nel senso ragionare od convenevole a la presenza — di Heroina qaesta 102 -. cose di gentili si ragiona » piacevoli, vertuose o ('). Alle « honorate e sontuose milla Gonzaga col Marchese della Tripalda, convennero « quali luoghi di altri nimenti Lombardia, del di d'Italia Baroni e gran », letterari e musicali, si ridere » ('). li alle Regno oltre a' soliti tratte- trovarono « gioco- quali assai fecero gli spettatori Questi piacevoli personaggi spesso gurano nella vit;i e Gentilhuomini, segnalati personaggi latori e buffoni, nozze » della Ca- di società, fi- rappresentata nelle novelle del Bandello, e di parecchi dei più celebri dice il nome: del Calcagnino giocolatore, che bef- fava tutti e non poteva sopportar esso cola beffa (^), del (1) di più pic- Gualfenera, del Gonnella (pro- morì per la un' atroce burla fattagli dal suo signore {*], nipote di quello paura la Baxdello, Boccaccio) che del Novelle. P, I, '^ov. 21. Dedica allo Sforza Bentivoglio. (2) Ibid Marchesa (3) (•<) di Ibid P. IV, Nov. 5. Dedica ad Antonia Bauzia, Gonzaga. P. I, Nov. 3. Dedica a Scipione Attellano. Ibid. P. IV, Nov. 17, 26. — 103 Bergamo del Fracassa da Bergamo in cui (^), Napione volle ravvisare il dando dell'Arte, l'Arlecchino, di tal il Bandello il se si un una trovata non una formazione da cui forse me- il come fatta potesse essere letteraria istantanea, e e successiva, al invenzione f); questa pretesa comico tipo Gandino pure da famosa maschera della commedia prototipo della rito di del (^), lenta sentì invece inspirato Bandello a quell' aurea sentenza, che ben po- trebbe servir d' epigrafe sintetica ad un gran teatro ad un gran novelliere, qual' è comico il e con cui comincia e finisce la novella di Ser dino Bergamasco: « Questo mondo è suo, Gan- una gabbia piena d'infinite e varie specie di pazzeroiii e molti di coloro, sono i i quali più pazzi, pensano si come testimonii chiaramente mostruosi I nei quali vede si portata è del ». secolo Ibid. P. IV, (2) Ibid. P. (3) Piemotifesi Illustri. I, l!Jov. 24. Nov. precedente, un congegno, scattano portenti e maraviglie, e fra (1) più saggi i a le opere loro senza altri banchetti ogni essere 34. Tom. V. 1' una d' onde e l'altra - s' hanno intermezzo per spettacoli, 104 cedono il danze, musiche, lotte, XVI meno luogo nel secolo a affaticanti magnificenze. Bianca Milano d' Este, per certe vedova sue Sanseverino, venuta da è liti, a signoroni molti « accarezzata e festeggiata con sontuosi banchetti, musiche ed « Questo, avrà cliente! paga! ») desinare ed una cena dunque più un ricordano. detto Ma luculliana. accessorio è il chi, gli sé, chi so le diede un non cibo Il buongustai i che lo d' estate, se in è ne città, gl'invitati stanno insieme giorno e a mezzodì hanno già ballato, sen- recitale tito e notevole con un caldo soffocante, tutto fra da Scipione Altellano, che e Fra ». avvocato. Benedetto Tonso, (povera dal suo altri, honesti intertenimenti altri una dopodiché farsa e fatti molti piacevoli giuo- si mettono a novellare ('). In Verona, Cesare Fregoso, generale della Serenissima, ospita gentiluomini Veneziani, che van in città, ora a (1) magnificamente Bandello, Garda presso Noveìle. P. Baldassarre Castiglione. I, il i Veronesi 44. i capitando, ora Lago. Quivi Nov. e Dedica i al Freconte goso hanno una sima. « Vi si detta villa una l' desinare e una dello descrive un tervengono bellissime « gentilhuomini e e bel- sponda Pomona, e l'altra pomposamente adornano e Flora mariti, Montorio, splendidis- gode l'amenità del pescoso lissimo lago, che ne Bacco 105 ». Il Ran- cena, a cui in- dame Venetiane con e dame Veronesi ». i 11 desinare fu bellissimo. « Oltre le carni domestiche vi si mangiarono gelli come tava, mescolando variamente, secondo che conve- di tutti quei selvaggiumi, così d'au- quadrupedi, che la stagione compor- nevol pareva a Messer Antonio Giovenazzo, maestro di casa, di tutte quelle maniere di pesci, fontane in abbondanza fanno, con produce — i il famoso Benaco ». Il i che quelle più delicati, che gusto già si raffina, cuochi non sono più servidorame anonimo, e spunta già un precursore dei Vatel e dei Brillat-Savarin. Ma anche qui è notevole che questa lieta bri- gata a mezzodì ha già fatto un' infinità di piacevoli giuochi, ha ha inghiottito (1) ballato lutto Banbello, cesco Torre. senza curarsi del caldo, quel po' po' di grazia di Dio Novelle. P. II, Nov. 10. ed ['). Dedica a Fran- — 106 — sua moglie Ippolita Alessandro Bentivoglio e vanno Rò dai in villa BorgheUo al due giorni con gran comitiva. « desinare, essendo il d'Austro spirava) in una gran e vi stanno secondo dì dopo Il caldo grandissimo (che ridusse si sala di quei vento la compagnia che vi sono, la tutta Palazzi il quale era assai fresca e guardava sopra un molto grande ed ameno giardino lunghi, buon con che sarebbero bastanti In sala cavallo. quella pergolati chi d'ogni corso al tanto ragionava, chi giuocava a tavoliero, e chi a scacchi, chi sonava, chi cantava, e chi grado ». Ippolita l'Araanio, e tenendo faceva chiama il Cittadino, in mano un il che più ciò a quattro sé Castellano e Vergilio, al sesto il gli era a letterati, Bandello deìV Eneida, legge alquanti versi e propone e con quei quattro discute dubbi e qnesiti ('). È società del la Rina- scimento cólta sul vivo. Pare che nulla manchi a questa superfìcie levigata, elegante, «juesta intimità bonaria, in cui (') Ibid. P. II, severino. Mov. 55. si socievole, a trovano accomu- Dedica a Margherita Pia San- — — 107 perchè nate classi diverse, l'organismo dei governi lettere, r avvenimento della borghesia, che il ed è cosi che di cui è si segnano signorili è già stato fin dal secolo antecedente cipali fattori, ricchezza, le l'arte, la 1' umanesimo uno dei prin- composto quello, Burckhardt chiama l'uditorio dei novella- tori del Cinquecento. Ciò che divenga in questa società vecchio il ideale cavalleresco dell'onore e dell'amore; a che mescolanze e, per dir meglio, a che confusioni dia luogo, a che inaspettate conclusioni riesca, è im- portante conoscere e nulla può rivelarlo meglio di certe novelle del Bandello. voia s'innamora per gtiuolo. Una duchessa di Sa- fama d'un cavaliere Spa- Per poterlo vedere si finge malata, d' ac- cordo col medico di corte, e guarita per un falso miracolo di S. Giacomo di Gallizia, ottiene dal marito di andare in pellegrinaggio per ringraziare il santo. L'amore e la devozione s'aiutano e tutto va a seconda, finché gli amanti sono bruscamente separati; la poco Duchessa di poi alla di nuovo a Torino; guerra; essa reggente ed il il Duca capo del Consiglio di reggenza perdutamente invaghito — 108 — Essa lo respinge ed di lei. detta fa trovare Duchessa l'accusa. per ven- proprio nipote nella stanza della il mano e di sua zelante strarsi malvagio il dell' lo uccide, onore del Duca La misera donna dovrà un anno adultera, « se fra a fine di campione che combatta per lei avvalorare e esser arsa un e dì mo- non come ritrova Sta per spirare ». il termine fatale e nessuno s'è presentato, quan- d' ecco giungere combattere per (le donne! non cavaliere Spagnuolo. il vuol lei si Prima uomo prudente però da sa mai!...) accertarsi nocenza della Duchessa e senza che essa nosca, si fìnge frate e ascolta Fattone certo, combatte, Scompare libera. ignoto, e la sua la uccide di l' della inlo rico- confessione. accusatore e la Duchessa non crede a tanta fedeltà, finché rimasta vedova e tornata in Inghilterra, viene tutto alla si cui di corte scopre, e matrimonio era con l' nativa, il bel cavaliere un ambasceria Spagnuola, amore ha un felice fine nel ('). E impossibile, parmi, mescolare (') Bandello, Novelle. P. II, Kov. 44. maggiormente — — 109 tempi, costumi e sentimenti cavallereschi che più liani, e circostanze, del cavaliere, ita- più spic- falso miracolo, la falsa il Duchessa, coli' che più e accorgimenti, ironie sua equivoca virtù, la dell'accusatore, la scelleratezza disparati: ideali medievali catamente cinquecentiste: devozione della più eroismo cauto il innamoramento per fama alla Giuffrè Rudel, col pellegrinaggio amoroso, con la lunga fedeltà, con l'accusa sventata mercè di Dio, manifestatosi nella punitrice dino. L'ideale cavalleresco zolo, un ornamento non di racconto; che un fron- resto è strappa di all' italiana, il velo a Trento, che il vero, XVI, e odora di moralità principesca del secolo religione giudizio spada del pala- è più il il di ribellione protestante, menzogne, tante ripara almeno o agli di che di Concilio scandali più prominenti. Peggio è nel racconto di monsignor Filiberto da Virle, che per amore di Madonna mette star muto per tre anni. Entrato del re di Francia, questi grossa somma vita a chi non a chi riesca. Zilla pro- in favore assegna per bando una guarirà Filiberto, L' andare della pena la novella è — donna è onesta cavalleresco; la liere difficile poetico, quando Madonna sciupacchiare amor ch'essa bensì, valleresco, dal ed re, in mazza ma in e' Costui tale racconto e a dure mori ed egli le guanto, ad prove ('). ideale ca- E dove serraglio di leoni. fantastica, che vuol cavaliere, Il cinque sette, poi di riportarle da fi- Don Giovanni l'amore d'un arte o a caso, Bandello. un l' esige. pendio il di recargli la testa di ne reca nella fossa dei leoni. (1) in d'una donna prima imponendogli la una donna am- per amore di mori ed entra Trattasi qui pure mettere motivo ch'essa veramente è che malamente svapora sette il concedersi il nisce questo ideale nella novella di Emanuel? lei. accordo colla ritrosia di esperimento, e col bizzarro morale del secolo Ma di per indurlo a parlare è un fa a Filiberto è punita piiì cava- non pensa che a guadagnare Zilia mercato non punto prima di il ricompensa di tanto sagrifìcio in somma promessa grossa Ne e ritrosa; ardente e pronto a tutto per sarebbe vii 110 lei lasciato un cadere fondo della novella è ca- Novelle. P. Ili, Nov. 17. — valleresco, se non che vanni riporta bensì assesta non prenda a alla seconda prova guanto il un tempo pari in — Ili alla ceffone, le affinchè ap- preziosa la morale giustissima, cavalieri; correzione vita dei ma crudele, per giuoco rischiare Don Gio- ma, come pedagogia amorosa, più da facchino, che da cavaliere (^). Queste mescolanze sono nei costumi del tempo e per conseguenza sono nella mescolanze e in pari tempo tore; dall' mente un suguali de' e lati per Io i che dimostrare, d' di Bevilacqua con una quali non son poi un ricca un Borromeo con una dote, ri- fornaia, una contadina, d'un sei'va (^); e dall'altro lato gli fanno dimostrare nel caso delia Ibid. P. Ili, i Galeazzo Calvo Marescotto del Marchese di Saluzzo con (1) contrasti, sposa abbia la matrimoni con un' ortolana, novella- fanno ridere dei matrimoni di- finimondo, purché cordare del Nov. 39. Il sfìhichte der italienischen Contessa di Cel- Landau (Beitràge zar Ge- novelle) ricorda a proposito di questa novella la liallata dello Schiller, intitolata: Der Handschuh. (2) Ibid. P. Ili, Nov. GO. Dedica a Lorenzo Strozzi. 112 d'una Greca ardente figlia lant, plebeo, sconsigliare un gentiluomo donna d'altro sangue chessa d'Amalfi, che gue (^); dall' e sposa il duchessa della du- maggiordomo, suo due amanti per opera dei ammogliarsi con quello in deve quale il principesco,' vendicata casato l'offesa al atavismo, dell' fatalità le d'un usuraio e dei nel san- fratelli della ('). Questi due racconti del Bandello, tragici vera- mente, aprono novelliere. fesa alla Quanto fedeltà della al coniugale novelle. L' astuzia, arma il (') l' impulso alla fedeltà vedesi ora offesa tema alle più allegre come una giusta rap- questa del resto è tradizione di Basdello, d' Este, Novelle. P. marchesana di Nov. Ibid. P. (3) Ibid. P. II, Nov, 12. I, I, Nov. Mantova. (2) 26. of- dei deboli, in tal caso, se usata dalla donna, è lodata Ma 1' essere vendicata colla (^), coniugale e fornire anzi suo nel matrimonio, ora vedesi scusare ogni sensualità presaglia. appariscono quali le crudeltà selvaggia pili a considerare altre contrad- la via dizioni del tempo, 4. tutti Dedica a Isabella — 113 i comici e novellatori nostri A cento soltanto. da notare s' quanto altresì che concetto proposilo vendetta della ma della quali ormai pubblica e di Geliant, ('), che il esempi, di sopra, quale, la il privala del (^), due accennati i contessa cesso, sul patibolo d' racconti è lontano dal nostro per dopo un pro- l'assassinio dei propri ganzi finisce, duchessa Cinque- del Randello offre mollissimi del basteranno quello dei Rinascimento aveva ancora nel novelliere sia non e e quello degli uccisori della Amalfi e del suo amante, i quali in- vece, a vista dello stesso Bandello, (questa novella è una sotto pseudonimo il stesso più delle poche, in cui mette in scena sé stesso Bandello « a loro parve a di Delio) a vista, lor dello andarono ove beli' agio proposito, dico, non essendo chi ci volesse prendersi cura per via di giustizia di cacciargli » C). (1) Cf. Fekuai, Loremino de' Medici e la Società corti- giana del Cinquecento. (2) Vedi pure (3) Di dar loro Masi. la INovella la caccia. 33 della P. Novella cit. II. P. I, Nov. 20. I, CAPITOLO La Novella degli Le due novelle VII. AmaDti Veneziani. Bandello del sono dive- clie nute più celebri pei rifacimenti dello Shakespeare Byron sono quelle e del di Ugo Parisina. e Romeo Giulietta e di Quest'ultima Bandello il raccontare da Bianca D'Este Sanseverino, marchese Niccolò del rito di III d'Este, immediata d'Este Un (M. ancora e paragone tra le Bandello e del Byron non è zioni del nipote tremendo ma- della novella italiana;, Eandei.lo, Novelle. Op. vivace cit. si ma P. I, in casa due narrazioni del possibile. grande poeta inglese sono momento. Egli ricama, (') fa Paiisina, mostrando così di attingere dalla tradizione lerti. il e può di Le altera- ben poco dire, sull'ordito chi ricorda quella su- Nov. 44. Vi. Angelo So- — blime creazione, in quella descrizione tremante, Parisina cui colloqui d'amore; quella confessa quasi suo il l'uccide — 116 delitto, col solo giardino, del convulsa, s' sognando, notte, in cui, ed inoltra ai marito l'ascolta e il fulminar dello sguardo, che risplende nel buio della stanza nuziale; quel giudizio solenne, a cui essa assiste immota, smar- occhi aperti e fermi, mentre l'amante rita e cogli come un arcangelo e figliastro s'atteggia scacciato dal suo paradiso; quel che vede estremo supplizio l' condannata ad lazzo ducale, ziante, il assistervi tramonto di di da una donde scoppia ribelle, Ugo, sole, e Parisina del pa- finestra un grido così stra- che chi l'udì pregò Dio fosse l'ultimo per cuore, da cui era tutto quel piccolo e uscito, gone né tratta nel che ripeta, v' è dolore e d'amore, possibilità aggiungere dei quali dà che altresì presente caso di due sentimenti uno di para- né con chicchessia. é giusto affatto opposti, d' la poesia non col Bandello, Comunque, ricorda, stupendo dramma, così rapido, cosi incalzante e così pieno di deve convenire chi si artistici piena ragione romantica byroniana, e dell'altro il na- — 117 turalismo prosaico del Bandello, sua grande potenza e la come in tutta l'energia ciò, Ma differenza so- che nella poesia del morale della passione mentre nella novella del Bandello in Parisina. dato il come arte in sé e Una suggestione di un'arte diversa. stanziale sta quale ha pure il Byron in è Ugo, è per contrario fondamento comune d'una Bandello quanto passione violenta, che, tanto nel nel Byron, trascina matrigna e figliastro al delitto, Byron c'è nel il colpo fulmine di l'amore che scoppia spontaneo, proco, e a cui è forza cedere romantico, irresistibile, reci- come a un destino; nel Bandello invece c'è la prepotenza dell'istinto, che in Parisina cresce a stringe nelle spire poco infernali a poco, e della avvolge e seduzione un giovanetto sensibile, a cui sottrae via via bertà d'arbitrio quello che d' e piìi gli di resistenza. Scelga ogni li- ognuno piace di questi due svolgimenti un identico soggetto. A me basta dire che nel Bandello (e non credo d'esagerare) è mirabilmente potente la gradazione, per cui la nella donna, invade a poco a poco e di piccola favilla divampa in passione, nata anche l'uomo incendio divoratore. — 118 Più largo campo a offre la novella origini si perdono Ero e poeta il i divisi dal quali dopo soccombono o trionfano, La morte apparente per narcotico mezzo della leggenda savio re, La saga Brettone (') che degli questo si se ne rias- amori di racconto di umana cru- d'avventure serie romanzo greco. al donna per infermità nadiffonde in Occidente per Salomonica della moglie del morta per fuggire fintasi nel CUges di risale della turale Tisbe, Tri- destino o dall' una lunga il studio su Gaspare quattrocentista che ed amori tre e Renier, bello Darla Q), ricorda due amanti, deltà, Rodolfo Le sue ('). nei traccie indole tempi dei Piramo Leandro, (^). di varia Romeo notte prime vicende nel suo le Visconti, Paido nella le e stano ed Isotta sunse questioni di Giulietta e Siinrok ne vede antichi di — ne impossessa e coli' Cristiano di Troyes IJaxdkllo, Xovelle. P. II, Nov. nel 9. amante. trovasi già secolo XII. Dedica a Giro- lamo Fracastoro. (-) SiMROK. Die qitellen des Shakespeare. p) Archivio storico lombardo. Serie seconda, voi. HI, anno 188(3. — Passa in Luni dall'Alberti riferita (la (') — forse per inflasso Italia, tradizione 119 che città i normanno, rovine sulle rioUo nuova forma nella novella sotto Giannozza e XV poemetto durante il Gaspare Visconti, donde di XVI, secolo si Ma- di Salernitano e nel Masiiccio di di Normanni, approdando, scambiarono per Roma:; poscia nel secolo elabora colla trasmigra, nella Giulietta e Romeo di Luigi da Porto del 1524, nella Clizia di Gherardo Boldiero del 1553 e nella novella di Matteo Bandello, forse scritta stampe nel 1554 Questo coli' ma divulgata per le edizione del Busdrago. cenno della lunga strada, che la ma- prima di una novella ha percorso innanzi giungere al Bandello, ho riferito teria di prima, meno altre, delle sue novelle, ch'egli non e una per al- può valere per molte inventa, bensì raccoglie e rifa dalla tradizione novellistica popolare. Ma appunto perciò non so spiegarmi le Milan Todeschini, due critici della Giulietta Romeo (') e furie del valenti, del Descrittioiie di tutta Italia. Da i quali per Porto, se e del amore la pi- — — 120 gliano col povero Bandelle, lo trattano di plagiario maligno, e O Io colmano che cosa entra qui distanza stesso di tempo contumelie di letterarie il Se plagio? a ripigliano tanti argomento, ciò non altro tratiare lo come ha significa, notato bene Giuseppe Chiarini breve così a ('). suo dotto nel la- voro sulla tragedia dello Shakespeare, se non che XVI nel secolo storia la era diffusissima in Italia, tarla letterariamente provarono in furono molti, e che e primi i poiché il Da Randello erano non solo contemporanei, e una novella Luigi (1) Da tizie su un'altra a (^), Romeo si Porto, e il (-). ma amici, Gherardo Roldiero Da Porto e la ("), novella di a cura di B. Bressan, premessevi le no- Luigi da Porto di Giacomo Milan e seguite da critiche lettere Le Monnier, (') trat- del Randello è dedicata appunto a Lettere storiche di Luigi Giulietta e due Porto a Ci Italiani gli Romeo e Giulietta di del prof. G. Todeschini. Firenze, 1857. Chiarini, Rotiieo e Giulietta in Xuova Antologia. Serie III, voi X. 1887. (3) La novella (i) La Giulietta e diero. 23 della parte III. novella 11 della parte Komeo al II. Nella dedica della Fracastoro nomina un altro Bol- — 121 e questi nel novelliere d' una terza novella Bandelle del quale la ('), è narratore non è non se | un medesima leggenda altro aspello della stanze, che né ch'io sappia, il Milan, uè non già slesso tenia, e Non sta kespeare è il fatto in favore del tragedia la dello Sha- più prossima alla sua novella che ad diversità che, tutto italiane, fonti francesi è idealità come con una tinta che è novella un una la Bani^ello, Novelle. P. no- prosaica, avventure realtà, benché uno svolgimento ed di non aveva mai avuto Ma non altro nella naturalezza di quelle strane romantica la poesia, alata nell'Ariosto, prima del Bandello. prende e tutto romanzesco diventa, particolari, ed mentre nell'opera del grandissimo Bandello del e lo stesso (1) ma adoprale forse dallo Shakespeare, con inglesi, ripeto, gara letteraria sullo di di plagio. che ogni altra delle tante vella altri, evidente è cosi so a chi spetti la palma, Bandelle poeta Todeschini, nò il hanno osservato) qui d'una specie trattarsi (circo- aspetto II, Il Bandello, della leggenda basta. Nov. 41. 122 (tanto la studiava e n'aveva occupata la fantasia), prende quello cioè che variamente apparisce nella Catalina Gaccianemico maritata contro sua il colpita voglia, amanti Veneziani, Elena E veritcà dei contrasti e di mare, la i drammatici canali, nave di vedonsi le i si aggiunge sente, pii!i che del funerale di ad un tempo, che lo i-ende gli antichi. (') sei mesi e di Elena, Ban- il non sappia esprimere, per un inconsciente presentimento, romantico turalista pit- il mentre annotta, portata al sepolcro, tutto un insieme, che dello ro- suoi palazzi, le sue Gerardo, che dopo faci al suo orizzonte di laguna il di viaggio rientra in porto, lontano in cui alla sentimentalità, alla toresco dei luoghi, Venezia, ponti, la novella degli Gerardo, e manzesco delle avventure, i morte ap- sepolcro risveglia- nelle braccia dell'amante. chiese, di donna la giorno stesso della cerimonia nuziale e dalla spaventosa solitudine del tasi e nella (^) Ginevra degli Almieri, storia popolare di parente Boccaccio del Decamerone, Giorn. X. Nov. 4. e moderno nafra — novella Qiiesla nonostante che ha Amanti degli ma fra quelle altresì un che inconseguenze certe non di particolare, in certi vuoti e e finito, contraddizioni, e originali, novelle in ge- le Randello del però Veneziani veramente potenti parti distinguono non solo fra la nere, le — 123 e nell' in- sieme un'aria d'abbozzo, che sempre più mi con- fermano codesto diversi una tema il come specie, di dissi, e Romeo essere gara letteraria stata fra' no- contemporanei. vellatori Checché vero è GiidicUa di aspetti sotto trattare e ritrattare sia dì ciò, già persino da bel principio il lo nel studio colorito del leale e del storico, che, sino Bandello pretende dare al scriv' esso, si di suo racconto. « Nell'inclita trovarono blici due città di Venezia, (come per gentiluomini pub- documenti del severo Magistrato degli Av- vocatori del Comune fin oggidì si può vedere) quali, dei beni della fortuna abbondevoli, i i loro palazzi sovra rimpetto all' uno il Canale l'altro. chiamava Mes. Paolo, il Il t^rande, avevano quasi padrone dell'uno quale aveva i disi moglie con — una figliuola ed un — 124 figliuolo senza che Ge- più, rardo era detto. L' altro gentiluomo era chiamalo Mes: Pietro, che d'una sua moglie non trovava, eccetto si dici in quattordici una sola il cui anni ( che fuor d'ogni credenza dì crescendo in era altri figliuoli fanciulla di nome Elena fu bellissima, mirabilissimamente età, tre- ) ogni e sue le native bellezze accresceva. » Gerardo, giovinotto stava suir amorosa vita, tica galante, per montava fante cui circa di teneva vent' anni, che certa pra- allora quasi ogni « gondola e passava in dì il con suo il canale, en- trando in un canal piccolo, che radeva la casa del padre ne Elena, e sotto d' passava, questa tempo facendo muore il madre la padre suo il di lei, solito cino e viaggio. » Mes: Pietro, impensierito era rimasta la fan- prega un altro gentiluomo, che abitava avea quattro pagnia alla sua. vispe e allegre domeniche venissero consentire che le « Facevano quando erano insieme, In Elena e dopo alcun di della trista solitudine, in cui ciulla, d' essa casa se finestre le le di molti vi- figliuole a a far com- cinque giovanette, giuochi convene- — — 125 giuoca- voli al sesso e all'età loro; e tra gli altri vano di alla forfelta, che palla si che intendo che era un giuoco gettavano una 1' all'altra; e chi la lasciava cader in terra senza poterla s'intendeva aveva gliare, quella nialo diciasette in venti o d'alcun tre, e tutte ventun forfetta, ora 1' onde una ora insieme correvano innamorati loro ed c.inale passavano. Il e ai non mezzanamente dispiaceva né ancor provato aveva Elle, a cui per le molto vista degli amanti loro che curandosi, stavano fiori od altre simili sovente nel l'altra e spesso lo che ad Elena, che semplicis- rose, usato. erano tutte che in gondola per altri era, ritirandole d'età di balconi per veder sima turbava, pi- e per- fallo sorelle anno, innamorate, giovine giuocar della gli fatto giuoco. Erano le quattro il nell'aria ferme fiamme amo- le e se forte vestimenta al ne, giuoco più di gioia recava la la alle cosette, palla, poco finestre; d' Elena e talora secondo la stagione, gettavano agli innamorati loro, quando passavano per di sotto una ai balconi. Avvenne che una festa delle quattro sorelle, molestata da Elena, per- chè non si voleva levar dal balcone, così le disse: 126 Elena, se tu gustassi parie cere, che noi gustiamo a finestre, alla croce di come volentieri vi tu ma non mercanzi?. che parole a pure a chiamarle fanciullescamente cu- ti una semplice gar- tu sei Elena, non mettendo mente dicessero, attendeva e dimoreresti così ci intendi ancora di questa t' pia- qui a queste trastullarci Dio! nostro stiamo noi e punto reresti della forfetta; zona e non questo di se al Venne una molestarle. le giuoco, festa, nel cui giorno, impedite per altre cagioni, le quat- non poterono venire, tro sorelle Elena. Del che s'affacciò rimasa ella ad una delle petto alla casa delle diportarsi con a che finestre, compagne malinconica e trista sovi-a Quivi se ne stava tutta sola e dolente varsi colle sue consueta. ciulla di la Or tal ecco che dimorando maniera, a' lor sue di canaletto. non si la tro- tempi semplice fan- avvenne che Gerardo con vide guardò £Osì_a gendo, a quello alle il dirim- compagne, com'era a quei sua barchetta passando, finestra e la era la caso. fanciulla Ella, ciò volse e con allegro viso, compagne più volte innamorati, cominciò a alla veg- come aveva veduto fare guardarlo. Del che — 127 Gerardo meravigliatosi (che mai più a quella forse non aveva posto mente, o non veduta) amorosamente guardava fosse fare lungo di molto andato innanzi, postole Gerardo, disse quale, al quella bella come con fantasia lieti bianti e cortesi accoglienze attentamente giava?.... Finse Gerardo non considerazione e disse piano radendo quasi dal balcone, ove il la casa. giovine vigando soavemente con come vide la bella Non la Elena, vo' io indietro s' vi gio- sem- vagheg- veder chi e va pian era Elena levata vide, la non non aver avuto le fante: al è costei .... volta la gondola ei così fante della barca: il mirala caro padrone, avete voi vanelta, e pensando che ella, un giuoco, quasi ridendo riguardava Passò via lui. ed lei; quale na- il sua barca scoperta, così con lieto viso cominciò a riguardarla. .... Ella, che allora fano fiorito all'orecchio, gondola fu sotto odorifero fiore, lasciò venir giù. fatto il più si trovava quello vicino giovine al pigliato il bel modo vago garo- come levatosi, balcone, lievemente Gerardo, oltra avvenimento, un il la bello ed che potè, lieto di così fiore, ed alla — giovane — 128 condecevole fatta riverenza, esso fiore più e più volte allegramente baciò. L' odore vago Elena in così forte fiore e bellezza la di del punto entrarono nel cuore del giovine, che ogni che in quello ardesse, altro ardore si smorzò, e con tanta forza Elena l'accesero, che mai non dico ad estinguerle, a scemarle, ramente onde Gerardo alla vaga che semplicissima non pure .... di fanciulla era, fiamme le più ma ed fece tratto della bella fu possibile, in minima parte sé stesso intie- Ma ella, petto agli dono. ancora il amorosi aperto non aveva, quando Gerardo strali dinanzi alle finestre di lentieri lo vedesse, come se il. lei passava, ancor che vo- né più né meno mirarsi insieme fosse Frequentava ogni dì, e veniva fatto di veder perciocché jfesta, lei guardava, lo un giuoco. stato quattro e sei volte l'innamorato giovine quel cammino, in un in Elena^ se il mai né non giorno, dì il gli della non essendo ancora la fanciulla, destato amore, riputava i giorni del lavo- rare non che ardentissimamente amava, viveva in pessima esser convenevoli al suo giuoco. Gerardo, contentezza, non ritrovando via di veder la sua — innamorata e meno manifestar gendosi ma struggevano; meno, non piacere quando atti sto, ma e più Gerardo, che del una compagnia scusa, l' festa in questi termini, ora giuoco entrare alla porta. intendeva. atti fosse della vista di a Egli, alquanto minciò a domandare: cominciò si dalla distorsi dì, pie per la via d' essa compa- Essendo sorelle. prima era casa Per que- forfette, altra lasciato dalle festivi avvenne che un amante a in cuore nel solamente. delle con or balia d' Elena, che voler lo si fondamento, come a Venezia dir la acerbamente contentandosi delle quattro lo sconsolato di veggendo Gerardo, ed avria di della gne disturbata, vedeva, la a lungo andare, sentiva per non esser nei giorni or con sì e strug- ingegnava s' poco di simili ella piccolo, il festa che poteva voluto che egli venti volte vedere, ardendo la fiamme che quelle di con parole o lettere di poterle prò, con quei migliori Non — suo amore: e così il senza scoprirle 129 la cosa andando di terra, o costuma, vide stata balia di lui, Elena, lontano balia, balia; e picchiar da lei, ma per la co- il pic- chiar che ella all'uscio faceva, nulla del chiamare Masi. 9 — 130 onde essendo aperta del giovine sentiva, S'affrettava ella entrò dentro. giunger chiamava indietro, voltatasi vide s'era saputo studiare di giunto tenutasi com' tosto sì di quale subito serrar vi era non menar che fosse i piedi, attese Come della porta, e quivi nel cortile per alcuni servizi porta, tanto porta, giunse. la Gerardo, che ella fatto aveva, la di casa, e la in volendo chiuder tuttavia. Ella, pur giovine il prima che entrasse la balia la porta, scesa perchè il giovine, il il sul soglio fu egli ri- scorse Elena, che abbasso, o fosse la soverchia allegrezza che ebbe di vedersele vicino, per isvenimento che che se ne che fosse occupasse gli la cagione, di ^veline e andò in angoscia, che il cuore, o tal maniera tramortito cadde in terra, e così in faccia divenne pallido, che pro- rassembrava prio insperato ed un corpo morto. orrido A spettacolo la balia questo sì ed Elena smarrite ed una fante che con Elena era in corte, cominciarono tratta da non so che, se dosso, via piangendo ed ma la a gli chieder gitlò aita. Elena, piangente prudente balia tantosto la ad- fece levar a mezza scala entrar in una camera: poi, — 131 — dimenandolo postasi attorno a Gerardo, e picciandolo, chiamava per nome, il che nnlla rispondeva, dalla fantesca dentro e chiuse l'uscio. come quella che giovine, l'aveva per e Pietro che sero 1' per mabile: udito Amava casa Volle giù. il aitata, la balia lo ed era, altri tirò svenuto dolente Mes: intender Pietro la tutto narrò. Egli, che cortese soavemente levare e portar di sopra, ponendolo sovra ove usata ogni paterna cura in balia, cor- che acci- balia puntual- cui era, fece famiglia, della a gentiluomo lo dirottamente piangeva. Mes: dente fosse stato questo, mente veggendo e del proprio latte nudrito sospiroso pianto della il stro- occorso caso sentiva dolore mesti- questo in e un aita e il pietoso giovane ricco letto: di quello, e veggendo che rimedio nessuno non giovava, deliberò farlo condurre in casa di Mes: Paolo, padre del giovine; e postolo in gondola e fatto passar canale, mandò un balia ad messo insieme con discreto accompagnare Gerardo ed far intender il caso come al padre il la di lui era occorso. Mes: Paolo, inteso l'incidente e veduto il figliuolo, che morto pareva, quasi che vinto dall'estremo dolore, poco 132 mancò non ch'egli anche sero le lagrime, che che gliuolo sparse, una cora che egli avesse non meno di padre, l'afflitto della madre figliuola che an- già maritata, che potè gli giovine abbandonar il minciò a respirare vine, la e a medici che in era e cori- e fecero, smarriti uno spiriti cercavano. che Così Gerardo co- poco a poco a riaversi, sé ancora gli son qui: che vuoi? in tutto e credeva termine, tuttavia la forse in sé e veduto dove era esser nel chiamava, balia e risponIl gio- rinvenuto non era, immaginazione aveva che dietro corso, e lingua snodare, così balbettando, di- flgliuol mio, io e nella adunque pianti ceva: balia, balia. Ella che quivi era, deva: figliuolo con ogni diligenza attesero pratico, dopo molte fatiche tanto come ; giovine portato nella sua camera ben fi- e di tutti quei di casa fu con vari argomenti a rivocar vitali lamenti Gerardo unico cato nel letto. Quivi venuti alcuni speziale fos- carissimo innanzi sommamente amava. Con e quello del egli riputava qaai pietosi i modo vedesse a quel si e che un ciascuno pensilo fece, Ma isvenisse. alla balia medesimo ma tornato che padre e madre e 133 la sorella col rnarilo, che purenli ed amici allri il erano chiamali, ed siali letto atlorniavano, pendo per qual cagione (come ebbe pure occorso) ricordava del caso conoscimento che vide non a parlar con la balia Per questo prirle. di empì mandalo tutti quanto che desiderava noi fastidio suoi d' incredibil piacere. di modo e di- mole- E do- che cosa fosse da' medici quel di sco- entrando in altri parlari padre e dal stata quello i tanto si esser quel luogo atto cendo che più alcun male uè stava, sa- non che colui né aveva afQitto e l' fuor di sé cavato, rispondeva noi sapere. » Potè confidarsi da solo a solo fìnaliiienle balia, iuìplorandola mediatrice ai alla suoi amori. Ma viste do- quale delle cinque giovinette, da lui menica Mes: Pietro, era balcone della casa al di l'amata da lui? Stabilirono pertanto colla d'accertarsene la domenica seguente. Ma la balia a farlo apposta in quella domenica Elena con un prelesto si scusò colle quindi e volle che tutte la balia, di lei, di si amiche non scoperse da di poter scoprire sé, che, esser sola. sospettava l' appena arcano, vista Temeva fuor ma che Elena spuntare la — 134 gondola di Gerardo, « allegrò s' recuperata sanità mano un si mazzetto di Parve chiara che alla balia, l' fosse Elena: due lor innamorata il d'animo fossero camera d' di dimmi, veduto figliuola, il maritarsi, suo che cosa passato per mazzi sera ho te, di se tuo a dire che ti fiori padre d' esser subito entrò ne stava e Oh il a chi va dì e lo risapesse alle fì-r disse: le il nella alla quella che canale? il quando fare, amante, è onesta figliuola, a star tutto gittar giovine parentado tra veduta fare? Che hai tu da partire con che ora è ella Gerardo senza dubbio di onorevolmente il della qfiest' atto, Elena, che ancora se neslra vagheggiando lui lieto riso al perchè conoscendo potersi molto certi e quello, nel pas- fiori, con con Aveva volesse rallegrare. sarle di sotto la gondola, gittò. e che con fanciulleschi pareva quasi atti in tuLla io t' ho giovine, bella ed finestre e chi viene! già mai ! Miio ti concerebbe di maniera, che avresti invidia ai morti. La giovine, per questa agra prensione quasi fuor di sé non sapeva né stessa, ardiva di far motto; tuttavia veggendo balia, in ri- viso la ancor che agramente garrita l'avesse, non — . — 135 esser perciò adirata, buttatele braccia le collo, al e quella fanciullescamente baciata, con parole soa- vissime cosi chiamano Nena, (che così le disse: le nutrici) madre mia Veneziani i dolcissima, io vi chiedo umilmente perdono, se nel giuoco che ora Veduto m'avete giocare, credo, errore. ne Ma abbia io che se desiderate viva, vi piaccia un e di poi, se vi parrà poco udir che io che noi fatto, io allegra la giocando abbia datemene quel castigo che più fallilo, pare convene- vi Sapete che Mes. mio padre faceva venire vole. feste qui in casa le quattro me mia ragione, sorelle, che qui le di- rimpetto albergano, acciò che di brigata giocando insieme ci trastullassimo. Elle m'insegnarono giuoco il dissero che assai finestre, e alle della piìi dilettevol quando i trarli simili a questo loro: con il che assai cui elessi di voi che passasse giuoco giocare spesso; mi era andar per ca- rose, fiori, garofani e altre modo giocare con esso mi piacque, mi vedeste quale ci e poi forfetta: giovini passano nale in gondola, cosette, primieramente poi fu il e tra giovine, giocare, lo per sì che io gli non me so altri, con il vorrei perchè — di c'è errore, tener da che lattato condurre ad il dall' altra come il onde ad Elena ben meno dimorai e stata vista desidero faccia il di E ed bene, onore ho latte casa suo bello il sua più di figliuolo, e sua, perciò non io util suo, da e che io mio proprio: siccome anco desidero affaticherei, conosca. E modo distese, si l'amo come io ed accarrezzata. il casa in domestica ogni tua contentezza, m' in figliuola, mio del io banda del Canal grande ha sempre sono gli semplice- quale è figliuolo di Mes: Paolo, che due anni: per questo pre quanto con- giovine che ora è passato, e che Gerardo ed agiato palazzo, mi potè se cominciata impresa^ la ottimo fine; tu sappia, chiama, tutti Non asterrò. udendo tuttavia maniera rispose: carissima mia questa si ripigliarmi: e senza alcuna malizia, la fanciulla parlasse scherzo vo' ne balia, la deliberò di si io me io riso il mente e giuoco vogliate cotal — 136 su e tanto per te e per lui sem- quanto per persona, che oggidì questo che ragionamento alla fanciulla la balia in fece conoscer inganni che sotto quel giuoco amoroso scendevano, e quante vohe le si na semplici giovinette — ed 137 donne restano altre — dagli uomini gabbate. Fé- donna cela anco capace, quanto ciascuna lunque grado si sia, debba stimar con ogni diligentissima cura mente le disse, di I onorale quello l' Ultima-/ conservare. quando l'ebbe qua- i altre cose assai di- mostrate, per venir all'intento suo, se ella volesse con onesto roso, modo giuoco poiché cuore far di terminar questo suo giuoco amo- sì nomava, che Io che fattamente, dava le il diverrebbe ella sposa del suo Gerardo. La giovane, ancor che sem- pura plice e fosse, non meno, essendo di comprese intieramente natura, balia le disse; e destatosi in lei di ciò tutto buona che l'amore la che a Gerardo portava, e preso vigore, rispose alla balia che era contenta prender quello qualunque piuttosto che Venezia si Recata anch'esso e colla fosse. al si altro per suo marito, gentiluomo che in » giovine dalla balia questa risposta, dichiara arcicontento di sposar Elena compiacente balia s'accorda e maritarsi in segreto. Il perchè di di veder Elena tutto questo mjstero non ò detto, e non se ne vede alcun se non quello di non perder tempo in altro, formalità. i — Elena, sia in Mes: che quindi Aspettano 138 -^ vezzeggiamento sagace fra dopo qualche ingenuo due amanti: « i (come balia la eccovi, chiama la eccovi qui al capo di questo letto presentante padre di il Consiglio dei Pregadi: allontanano con pretesti serve e famigliari e la Pietro, l' esclama Randello), il immagine rap- Regina del Cielo con Gloriosa la figura del suo figliuolo nostro salvatore in braccio. I quali io prego, e voi altresì pregar dovete, che che insieme matrimonio, al presente, per contraere, diano mezzo ed ottimo glior fine. » siete, buon per parole di principio, Detto questo, la balia disse le belle parole, che in simili secondo mana la lodata Chiesa, Gerardo cosi si e di sogliono a comunemente: regolarità non poco da desiderare, è di una semplicità stupefacente, novella tien in e di sposalizio una naturalezza e quello che nella dietro a tale cerimonia, è ancora, se possibile, pila semplice e più naturale. due amanti sposalizi, sua cara Elena diede l'anello. » Tuttociò, se, quanto lascia buona consuetudine della cattolica Ro- dir alla mi- e sposi passò una contentezza senza così pari per ma La alcun « la vita dei tempo no iosa — un fortuna che troppo in alcuna, 139 massimamente e — Elena ed amanti, gli giammai, nuovo disturbo e rardo persona tranquillo stalo . non lascia impedimento a Ge- apparecchiò; acciò che, se circa due anni erano felicissimamente insieme vissuti, cominciassero un poco a gustar l'amarissimo fele della disavventure, che quanto quella più dolce tieri ella nel si più bello della tanto più vive, volen- suole repentinamente mescolare. Era in nezia consuetudine ordinaria che ogni vita, anno Vei si- gnori Veneziani, volendo mandare alquante galee a Baruti, quelle con pubbliche grida facevaao bandire, acciò che coloro che avevano piacere cotal viaggio, alla con ceno Repubblica, ne di far pagamento che face\ano prender una che potessero più piacesse loro. Mes. Paolo, padre di Gerardo, desideroso, che il come generalmente buoni padri sono, figliuolo suo cominciasse avvezzarsi ai traf- fichi della neggi della di i mercanzia, e città, si facesse pratico nei accordatosi Gerardo, senza avergliene del fatto prezzo, a ma- nome motto, ne prese una. Si ritrovava Mes: Paolo in casa buona quantità di robe per Baruti, e quella voleva che il fi- — 140 conducesse, ed altra gliiiolo colà rnercadanzia re- casse per Venezia, pensando con questo non poco accrescer le sue facoltà gliuolo, e lasciata ogni famigliari, della detto, cura solamente egli accordata galea, la si vole, e rimasi soli padre il quello attender figliuol mio, le robe mandar delle cose essendo ed che Paolo levate le Mes: in casa a ta- dopo figliuolo, il s' Paolo: tu abbiamo per a Baruti, e in qua riportar di quelle mer- cadanzie, delle quali abbiamo bisogno spaccio, per questo accordato una galea a yada a vedere del minci oramai ad ho questa io nome e vi trovano a tuo, avveduto e quella nazione. esercitarti e stra città, l' provincie Tu che tu mondo ed onoratamente gli sveglia diverse mattina fine uomo flirti che delle cose che più agevolmente città, maneggi ai venne Mes: fu, fi- modo che del ragionamenti così disse alcuni buono a Ora avendo, Signoria. casa; e desinalo che sai, poi dar moglie al e intelletto, e è coslunii vedi tutto che quelli che fuori il fa pratico; l' uomo veder di co- varie questa di in questa e no- hanno conversato, ora in Levante, ora in Ponente e in altre parti, - - 141 quando ritornano poi a casa bene i fatti di pratici e questi tali sono eletti a diversi che nulla curano, il vedi, accorti, non avviene se non starsene tutto di cattiva vita. quelli di dì oziosi il Comunemente mesi o sette sei che magistrali ed uffici che viaggio di Baruti dura fatto dico, Il con donne e praticar uomini di gran maneggio, tu repubblica. della nome loro e portano hanno che e al più. Pertanto, figliuolo caro, mettiti ad ordine di tutto quello che ti del lutto provvedere. li bisogna daremo quello Signore Iddio A per assetto ci Quando ai spirerà gran meraviglia di allegando vani pretesti, irritato offre, si il Leonardo accetta cero. Elena poi sarai ritornato che nostri, Messer nostro Paolo, Gerardo, ricusa, e allora padre il nome Leonardo, amaramente lagnandosi io ». volge al genero, di esso in sua vece e casi che viaggio, cotal del di figlio, viaggio e di goderne i gli far profitti, lutto lieto la proposta del suo- Se non che intanto Gerardo ha confidalo ad così la proposta del padre, per non scostarsi da lei, ma come essa, il che suo rifiuto non vuol esser cagione a Gerardo ne di dissenso irrimedia- 142 né bile col padre, di - troncare speranze della sua gioventù lo in le sua fortuna, della e tutte fiore incuora ad esser degno del nome, che porta, e a fare dre. il dover suo verso sé stesso e verso L'amore ha uno fatto dei suoi solili prodigi; della bambola, la quale lanciava fiori nella donna dalla finestra gondola dell'innamorato, ha di alto e forte pa- il una fatto Gerardo, perdo- e sentire, i nato dal padre, scioltosi con grandi lagrime dagli ajDbracciamenti della moglie, monta sulla galèra e parte. « il Lasciamolo andare al viaggio suo, continua Bandello, che ben lo rimeneremo poi a mento. Erano già circa mesi che Gerardo era da Venezia, quando Elena, che annoverava partito r ore, sei salva- i giorni, le settimane speranza del ritorno del caro e i mesi, marito, e stava in tutta ne gioiva, parendole un'ora mill'anni che tardasse a ritornare, e con la fedel balia diceva: ranno quindici dì o venti alla più mio desideratissimo sposo sarà al lunga, che in Venezia. porterà, oltre le niercadanzie, mille € mi disse non passe- belle il Egli cosette, suo partire, che a voi recar voleva 143 molti cari doni. E non sapendo che una sé stessa consolando, contro s'ordiva, che d'estremo malinconia cagione finita lei, lei l'amorosa giovane andava così veggendo come le e e fuor che in casa non avea governo posito, di quella nisse contra il dubitando suo Il la figliuola era oltra venuta avvenente, accorta volere era) deliberò maritarla. padre età di- modo bella, donna a pro- non avve- cosa troppo tempo bisogno a ritrovar genero conveniente a perché essendo ricco e nobile, e tile seco di che già avvenuto ( il Né di in- 1' di che ed dolore sarebbe. tela^ gli quella, gen- figliuola la fó' e bellissima, molti della qualità sua, volentieri sarebbero per parentado congiunti. si adunque Mes. quale di Pietro, tra gli altri, ricchezza piacque, e seco con e parenti si e mezzo il convenne che giovine vedria Elena, e dì della nobil di domenica le il un giovine, famiglia dei Scelse più il gli comuni amici, seguente sabato il il vegnente darebbe l'anello Fatta piacendogli, questa deliberazione, facendosi l'apparecchio grande per le future nozze, Mes. Pietro disse alla figliuola quanto per maritarla conchiuso aveva. Di questo - 144 così iasperato e annunzio tristo quanto tanto doloroso era, (che Elena ad dimane dirle: la si- piazza di I gnoria S. , Marco impiccare vuol 'fare ti due tra le sulla colonne) alte divenuta dolente, e senza fine da sione che trafìtta, egli, nulla al padre fierissima ma andò ad sontuosamente delicati cibi alla nobiltà ordinare ed alle era condecente. ciò La del cominciò, a far il maggiore, che iraaginare I E non sapendo il più uomo ritrovar ordine e del genero già camera con sua pianto dirotto si possa; modo né consolar modo né far già mai ; si volesse, manifestar al e era la via alcuna seguente dì non fosse sposata questo, avvenis.se ciò che berava non di essendo sabato, veruu possibile che la balia a per fuggire che faceva secondo che ricchezze di lui e sera le beli' celebr.ite, poco cercò. Ritiratasi poi alla potesse, che altro veduta e piaciutagli. Elena nulla stata dal giovine la balia, né nozze fossero con le 11 non pensava, pensò che che più altro mestiero, acciò pas- rispondere. potè da vergogna fanciullesca procedesse, disse, modo ella oltra ella — deli- padre che I ' maritata era, non ardiva, non già per tema che — quello in lei incrudelisse che volentieri morta. sa- rebbe; ma monio contratto, di Fu — 145 perchè dubitava, palesando non offender suo il matri- il Gerardo. quella notte, con aita della balia, per uscir di casa e andarsene braccia di quanto fra lui chi volesse di la trovar gettandosi, Gerardo peva se questo che per a al farlo fosse mente quella notte trebbe così di leggiero la notte, più sereno e carco di rare. di ma non sa- poi stelle, le quando il la nuovo giorno, uscita di camera, attese a far quei si come la il liberarla. E in la mai balia, servigi per la modo veruno, vero doglia sua di quella d' Elena, vide che rimasa era sola, non Masi. notte la caso della disperata gio- sapeva determinare a che fosse buono a minor passione appartenevano, tuttavia farneticando e chimerizzando sovra vane, e non annove- misera Elena travagliò, senza prender riposo. Venuto lei po- cielo è il tutte quelle sua era incredibile e inestimabile. Tutta casa che a pensieri i passarono, Credete pure e persuadetevi che la sconsolata e Ora piaciuto. uno raccontar in nelle e consapevole e lei era passalo, marito uno suo suocero, s' non la era quale, essendo tutta 10 — 146 quella notte spogliata, combattuta da strani e mal- vagi pensieri, serrò dentro di mera, e così vestita come salì, e suso era, quanto più onestamente potè, vesti menta attorno, poi raccolti sieri in uscio l' uno, e non sposar colui, che già il propose di non voler s' più letto suo acconciò le pen- suoi i cuore di dover il padre proposto non sapendo quando Gerardo ca- il tutti sofferendo le della le aveva, e seco tornasse, si Né vivere. bastandole l'animo con ferro sé stessa uccidere, né strangolarsi (non le essendo veleno sé ristretta, ritenendo sì anco fattamente, oppressa che restò quasi morta, e che le sta vagando, Venuta porgesse 1' quasi ci del tutto ora del levare, andò mera per far che Elena trovar la porta aperta, picchiando più e più svenne, essendo persona smarriti spiriti a aita, gli s' l' balia la volte ritrovò e po- lor abbandonarono. abbigliasse, la in dolore, dal non tutta che seppe e potè, fiato più il mani) alle e alla credendo chiavata, forte ca- onde battendo, né v'essendo chi rispondesse, Mes. Pietro, questo sentendo, alla tere, fu per camera venne. Ora, dopo forza l' uscio sospinto il a lungo batterra. En- 147 Irato padre con il suo il levò grandissimo, si e misero mente piangendo, mandava La al cielo. balia, misera- il Non nuovo sposo rimedi che Elena rinvenisse, La ma fu esaminata quale disse che la notte aveva, e dimenatasi, fosse stala inferma e la figliuola come Assai adoperati tutto il per. indarno diligentemente, Elena in Fu mandalo parenti. e for- persona era infiniti balia mera, fino strida gridando ed urlando come cose furono fatte e fece. padre, che acerbamente non piangesse. per medici, per far romore le dolenti sennata, addosso se le gittò. casa, vestita Il come morta. il aprire fatte Elena povera la starsi letto camera, e in videro le finestre, tutti sovra altri assai si la travagliato se di gravissima febbre che quando essa uscì vegghiava; ma di ca- nel segreto ella per fermo teneva che da infinito dolore soffocata fosse si morta ed acerbissimamente piangendo, non poteva dar pace. Lo sconsolato padre lagrimava dirottamente e cose diceva, che a pietà i sassi, non che gli avrebbero uomini. mossi Ora dopo mille rimedi usati, veggendo che nulla alla giovine giovava, giudicarono i medici che da un i sottil 1 . \ — 148 catarro distillato dal capo al cuore fosse la giovane Tenuta adunque da della goccia pericolata. per morta si che ordine pose quella onorevolmente da sua pari portata a Castello in Patriarcato, e marmo un la conobbe, fu mai non che mescoli, e sempre non Ora vedete avvengano, e consi- può aver una compiuta si allegrezza, general pianto di seppellita. casi fortunevoli talora derate che tra quella alcuna sia col del piacere stesso giorno non si Gerardo arrivare avria È viaggio potuto si dolce mele tanto dolcezza la può gustare. Doveva quello nezia con la sua galera, suo non tristezza dell'amaro assenzio distemperato, che il avello di degli avoli suoi, che era fuor della chiesa. chiunque i tutti fosse sepoltura alia posta in Così la sfortunata giovane, con come sera il al lito quale desiderare, che ritornando Ve- compito aveva felicemente, tanto presso piiì non ricchissimo. lodevole usanz-i) a Venezia, ogni volta che navi galee tornano dai lor lunghi viaggi, e mamente quando onoratamente vengono che gli amici e parenti riceverli, a mllegrarsi vanno che con loro buona in massispediti, contro a e prospera — fortuna siano tornati. ed Andarono adunque a ricever con altri cittadini assai vegnente Gerardo, non veniva, il — 149 allegrezza quale sovra ogni altro tanto perchè ritornasse ispedito, quanto che sperava riveder rissima e da lui quell'ora in ogni sovra e desiderata consorte. che giovini Ma che egli dava sepoltura. e la sua al lito ben ca- amata cosa non sapeva misero il lieto ricco altra il giungeva, vede quanto a quella si nostri pensieri al lito tra tempo a punto che le funebri esequie dell' infelice Elena 1' Così s'ingannino. una si Arrivando adunque e la mezz' ora di notte, terminavano, videro da lunge si splendore che di quelli gli accesi torchi il i quali darono a chi loro incontro erano venuti, dire questi molti tanti lumi giovani, i a quel in chiaro rendevano. Vi fur che da Baruti tornavano, lessero i quell'ora. quali domanche vo- Erano tra sapendo l'infelice caso della sfortunata Elena, dissero che dovendosi quel medesimo dì maritare, era trovata nella sua camera morta, stata e mattina che senza dub- bio allora le dovevano dar sepoltura. loroso e pieno di pietà annunzio, la non A ci così do- fu per- 150 — movesse a — non sona che si Ma Gerardo povera giovane. i mente semi colmarsi dolore e tanto fu come mente lo interna quanto miseraforza di disbri- potè, tosto piìi pietosi che doglia struggeva: tuttavia tanto ebbe stette saldo, e miracolo con e sola- n'ebbe tanto che gran lagrime le della non tulli ma trafitto, potè contener l' sovra pielà, di senti non palesar gridi che si compassione gatosi dai suoi della galera e da quelli che incon- erano andati (che a Venezia tra per onorarlo gli tornarono) egli '^ sopravvivere fermissima alla a modo nessuno voler deliberò si sua amata opinione fosse avvelenata per che non sposar specie il che si paegli morte desse di (non avendo ancofa determi- nato di che morte dovesse morire) vederla, così morta quella restar morto: come ma era, non poter aprir l'avello, pensò che suo amicissimo deliberò an- Elena giaceva e dare, ed aprire la sepoltura ove lera, che colui, Ma prima dre per marito voleva darle. fine ai giorni suoi giovane infelice la s'avvelenasse o con altra Portava egli Elena. e poi a canto a sapendo come solo del Gomito era, fidarsi, e della a ga- quello — r istoria da dell'amor suo quanto parte, manifestò. Il far palese, Elena tra quanto intendeva gli 151 il gli scandali che gendolo fermato in questa opinione, sto ad ogni sua voglia ma nare, con Presero poi due senza barchetta, e lasciata la cura della nella casa del Gomito, menti trali cato. a far quanto atti in barca, Era si neir avello, e s' galera provvidero desideravano, il coperchio, chi mirati due, non avria troppo ben più rassembrasse morto, o Rinvenuto poi in sé piangendo, lavava e il al rien- Patriar- il il corpo della avesse tutti discernere chi marito o Gerardo, baciava di ferra- Gerardo entrò gli potuto il chi quando apersero abbandonò sovra modo che a indi condussero a Gastello fermato abbando- Venezia, e smon- circa la mezzanotte, sepolcro, e moglie, di si 1' compagnia una altra più lor piacque, ne vennero a tati veg- una medesima fortuna. lui correre essi ma offerse pre- si non e disposto seppe, aprir sepolcri potevano nascere, ci e voler morire, quanto sconfortò, Gerardo, che non volesse andar ad per occorso era e seco tacendo di fare, Gomito onde chiamatolo moglie. la amarissimamente viso e la bocca — della sua donna. in tal ufficio dai trovato, teneva ma non egli Gomito che temeva Il Sergenti dei pur detto sapeva si era Gerardo fuor di l'amico — 152 Gerardo che a levare. uscisse, somma In tanto che essendo sforzato dal- sé, mal grado a partirsi, a d' esser Signori della notte seco_portarsene la moglie, e di quello volle soavemente così le- vatala fuori, chiusero l'avello e in barca ne por- tarono la giovine. Quivi di nuovo Gerardo al lato della donna bracciarla e baciarla. Gomito ripreso tar ai il 1' avello. sentire E in lei alcun che mi morta. Entrato per i dove, por- fine cre- ajla Gomito, deliberò ri- Gerardo levare donna, gli_parve movimento, onde fa sperare il volesse rivolgendo la barchetta della /Gomito: amico mio caro, costei, agramente dal che Patriarcato, né sapendosi abbracciamenti dagli saper mise poteva di ab- si essendo veri consigli d' esso tornarlo dentro verso Ma di questa follia, quel corpo e non dendo non e saziar si sento io che Gomito in ella non al so che in ancor ragionevol fortunosi casi che sovente statosi agli amanti, pose la disse di non sia sospetto, avvengono, acco- mano sotto la sinistra — mammella — 153 della giovane, trovata e carne la al- quanto lepida e sentito alcuno picciolo hallimento del cuore, disse a Gerardo: Padrone, e troverete costei non esser del tutto morta. felice annunzio Gerardo, sovra il lutto lieto, pose natura la veramente spiriti e disse: smarriti viva: che fa- pur buon animo e non dubitate mancherà di far mano la gli remo noi? Noi faremo bene, soggiunse fate così suo mo- rivocar costei è A il cuore, che tuttavia accresceva vimento, volendo qui tastate il Gomito, che non si ogni provvigione necessaria: non è costei da esser riportata nell' arca a verun andiamo a casa mia che non è modo molto lontana: ho mia madre, donna attempata e di : io buon avve- dimento, e così a casa del Gomito se n'andarono. Gola giunti forte sentiti e conosciuto che arrivò tito. alla porta picchiarono, e Gomito, che il del suo figliuolo, fatto la la vizi e olirà mandò senza esser da modo dalla porta aprire. cara madre, prima volta madre nulla ne aveva sen- in casa, la La buona vecchia, lume, fece la furono 11 fantesca visti, accender il Gomito, abbracciata la fantesca lei lieta del ritorno a far certi ser- egli e Gerardo por- — — 154 tarono in una agiata camera un buonissimo disvestita in fuoco e scaldati dei panni consapevole tutto resa Elena e buona vecchia) la e quella stropicciare. Così dola, tanto attorno vi si poco ricuperando ma che da gni di lei il si abbracciava poco a suo il Ge- rivenuta, era ciò evidenti se- sì soverchia gioia ba- colmo ritornata che fu a sé giovane e inleso dal marito e dal Gomito l'oce come allegrezza, contento era stata mancò non isvenisse un pensasse e credesse il tre- dolcissimamente e ma e vero se vedeva. Gerardo, con fuor dall'avello poco r conobbe oppure sognava, se vita, corso caso ^ stessa a e gio- la sé appieno non sé calde lagrime spargeva; I in gli occhi vedere, ciava la cara moglie e di la che affaticarono risentirsi e tornare ancora in non sapeva giovane la fregandola e riscaldan- mante lingua. Aprendo poi rardo, attesero mezze parole con balbettante e dir alcune il (avendo già del lini soavemente a poco a poco a riscaldar vane cominciò a acceso Poi, letto. posero la dei seppellita che, tra la altra volta. poter narrar e tratta paura e Ora chi l'allegrezza due amanti, sarebbe in ed grande 155 errore, perchè in effetto la millesima lor compiuta gioia ^^^^V^^ M non si potrebbe parte della esprimerei- — 156 Essendo adunque in ova da si pistacchi, fresche, E malvagia. ritornata, sé già approssimandosi preziosissima e confetti 1' aurora, fu Elena pregata che riposasse e con tutti sempre novella, com'è, così diffusa e circostanziala volge ora a narrare del si lice mito di collocare gnato Gerardo palesare di il della necessità, eh' esso mostrarsi, esso tanto accendersi resta se non ' la sorella e il s' nel padre, non jnal fatto e si Ciò è altro; Gerardo ginocchia un Tolta il riconcilia parlargli ripugnantissimo contrasto, che a cosa. fatto, ad accasarsi, pensi intende, co- il momento il matrimonio. pure gettarsi alle rivelargli ogni / fe- Go- e del Gerardo cominciare a padre di il Elena presso Gerardo, sino a che venga di opportuno ^, del viaggio e dei grossi guadagni, e quindi passa a dire della determinazione di ecco Ge- ritorno di rardo alla casa del padre, a cui dà conto ) sonno soave ristorasse alquanto ». La ed con cibata fu del po' di non padre e meraviglia vecchio si poi tutto del e rassegna coi al due sposi, quando sata e vede cogli occhi suoi quel prodigio di bel- sa che Elena è di così illustre ca- — lezza. Come si 157 rimeltaiio — regola in nozze quelle jilquanto affrettate, non portare a messa sposa, che passa por forestiera, la è detto. Tutto riduce a si con grande sfarzo di vesti e gran seguito di gentildonne, di parenti e d' amici, dopodiché vella potrebbe esser finita, se anche trovasi in chiesa curiosità, dal padre era tratto da giovine, a cui il Elena promessa slata avea dovuto piangerla per di riconoscer non che, no- la A che poi e costui pare Elena e uscito di chiesa corre tosto morta. dal Patriarca e fatto aprire l'avello, lo trova vuoto. Ne nasce, minaccia fra si di Gerardo può credere, un diavoleto, che prima un duello con spada finire in e lo sposo deluso, poi finisce dine del Consiglio dei Dieci dinanzi i quali sentenziano che ai Elena spetta e targa per or- Magistrati, per mille buone ragioni a Gerardo. Questa in sostanza, come ognun vede, vella di in tal GiuUetta Romeo condotta a senso è un avant-goiU dei venuti in moda nei quali i di e finir verso la fine lieto fine, drammi no- ed lagrimosi, secolo del la XVIII, personaggi sembrano sempre a un pelo stritolati sotto il peso e la complica- — 158 zione delle loro sciagure, poi tutto viene in chiaro e mondi per finisce tutto secondo possibili, Anche Dott. Pangloss. meglio il nel dei pratica del filosofìa la poema nel migliore di Paulo e Daria di (Raspare Visconti, a cui ho accennato due amanti sopravvivono, a notare per le fonti, e ciò è i molto importante può aver alle quali sopra, pii!i ricorso il Randello in coleste sue prove e riprove sullo stesso argomento. Originalissimo ad italiana cente, è il modo ogni per la novella carattere di Elena, la fanciulla inno- drammatico mo- r ingenua vera del teatro derno, tant' è che ha piìi d' una comune colla Shakespeare, con linea Miranda della questo profondamente diverso che di un ambiente ha dello di prosaica realtà di poetico mente Tempesta se esala da non una il ed essa stessa non profumo, fresca e è collocata in che perfetta natural- bellezza di donna, inconsapevole ancora della propria potenza e che si apre all'amore, raggi del sole. come un La vecchia novella fanciulla sciocca, l'Alibech, fiore sotto ai ha la italiana che diviene ed è preda del monaco Rustico, cioè del romita, primo — furbo, che incontra, semplicità; ma il — 159 quale V ingenua, l' abusa della sua tosto innocente Elena rompe questa tradizione della sensualità grossolana, frequente nei nostri novellatori ( nel Bandello stesso roman- in particolare) e precorre la sentimentalità tica, meglio Giulietta, più ancora, direi, di Giulietta; della e ben nazione più ideale e compiuta dell'amore, non senza però vella Bandelliana. e le poche necessariamente delia novella un a simo dà dall' esser e è altresì, cui è studiato mi sembra, il la poesia di con guest' Elena non quelle che a oltre dall'andamento totale nient' altro* che. Eleiia Giulietta^ Notevolis- l'analisi graduale, carattere di Elena, novità quale è per eventum, cosi nell' totale, rado comuni. Tutto ila- più frettolosa e fcstinat ad azione tura dei caratteri, di zionali e lo con anche questa assai importante nella novella classica liana, la na- proviene forse dalla no- modificata di ri petizione l'incar- vampa certa somiglianze, affinità e risultano le tutta di genio il facendone trasformò, turalismo schietto, che che Bandello, inteso, del Shakespeare dello cosi il come uscenti da carattere di nella tipi pit- tradi- Elena in- — vece è qui una minutezza con studiato — 160 una e lentezza singolare, dal contrasto primitivo fra essa e le quattro l'amore, mento al primo al in amiche, già destarsi in lei modo ancora misteri iniziale nei del- di questo senti- inconscio e quasi istintivo, suo confonderlo imprudentemente coi suoi giuo- chi bimba, da rivelano la ai diversità, bimba manifestarsi in pari del e turbamenti, che finalmente all'abban- sentirsene donarglisi tutta e e la forza primi la donna sentimento tempo con trasformata tutta in tutta della e la zione e del sagrifìcio, di cui la ne nella pienezza ma passione, dell'abnega- nobiltà la e le donna, veramente amante, è capace. Siamo già ben lontani dal tipo coraune della donna della novella o della commedia classica italiana, siccome col Gerardo, l'amante di Elena, ci allontaniamo pure del giovine, per lo più ricalcato Monaco del Boccaccio o sul dragora del Machiavelli, viamo piuttosto tipo Callimaco mentre in XVII della Gerardo romanzi pastorali e degli comune Paganino sul un precursore quasi dei teneri amanti dei gici del secolo dal da Mantro- immediato e mitolo- amanti sentimentali, — lacriniosi e subitanei dei borghese del secolo — IGl romanzi della tragedia e XVIII, compresa cuore e bilità, di cui questi lo sveiiiineiito; sincope di la colmo cioè della il usano ultimi sensi- abusano ed a tutto pasto. Se a ciò aggiunga si dell* indole e usanze delle studio lo costume,' del domestiche sociali e Veneziane nel vita gaia e amorosa dei giovani, che qui quale Cinquecento, i viaggi e gli questi ultimi, oneri, ai quali tutti e di prepararsi che il ; se i il dovere aggiunga massime nella lato il traffichi, e degli aspirare partite, il meravi- della scena Jìnale, mentre già annotta, veggonsi, tempo, da un i di altresì Bandello trae dal paesaggio gliosa città, la banco, massimi degli onori hanno si il per Repubblica, considerati uffici della come fra è degli uomini molti accenni descritta, e da quella maturi e dei vecchi, divisa dalla risulta in di lontano e cui ad un funerale di Elena, dall'altro nave di Gerardo, che rientra nella laguna, in- contrata dalle gondole e dalle barche degli amici, bisognerà concludere, che questa novella glia da sé Masi. non solo nel novelliere del fa fami- Bandello, 11 — ma fra tutte 162 — novelle del le incongruenze ed errori Cinquecento. Più che condotta di v' ha, qualcosa d' abbozzato, di non finito che vella, del ogni ra gione sufììd ente d' matrimonio qui pure il in questa no- rende difettosissima. Basti ricordare la mancanza ripeto, Elena di perno di e al la segretume che è Gerardo, racconto, e non ha alcuna del delle terribili ragioni, per cui doveva esser tenuto segreto l'amore di Romeo Montecchi per Giulietta Gapuleti. Basti ricordare la soppressione del cotico, la quale rende misterioso e cabile (non so che cosa il di tre lungo svenimento, inespli- medici ne penserebbero) resistente a lutti rimedi, i Elena, e per cui essa è sepolta per morta, menpoi una boccata d'aria picciature singolarità fresca e alcune stro- sulla persona bastano a farla rinvenire. Gonluttociò in i quasi nar- la novella non perde nulla e de' suoi pregi ed della sua è per questo, che tanta dimenticanza delle novelle del Bandello, volendo pure analizzarne almeno una un po' sleso, ho creduto di doverla preferire a tante altre, sicconìo quella, che più mio credere, la a di- di laute tendenza geniale, altre la rivela, piega a artisti- — camente tulli gli l' divinatrice, che sorga e debbagli — distingue il Bandello da Cinquecento e che mi pare novellatori del i 163 essere slata fecondata ingegno anche dalle vicende della sua come (') Op. dice « il Symonds, Bandello' cit. loc. cit. s life è una novella was vita, Del- che, essa slessa itself a novella ». ('). Symonds. I CAPITOLO La L'umile Milano, e fra fiirailiarità era già che il 1506 e nella più alta società con dei bel sesso, la amichevole Lega contro Carlo V, non il so sua pretensione di discendere da molto appassionato di nazione, donde un' innata tendenza di razza, Randello cerca compenso ed equilibrio in altro Randello, pure Goto, e martire della fede. Così tore e viceversa; quello danno il morto a santo bilancia in sostanza, il che Nimes peccasi sa- Privilegi impe- in seguito alla famiglia titoli e poteri rebbe poi verificato riali cortigiana di un uomo nuovo od un avventuriere. Non un Bandechil, Goto un più 1512 ab- il principi, capi militari e diploma- della quel che valga a cui tra 1525 e 26 nella il campo nel tici vita del Bandelle. frate, biamo veduto Vili. in lui stesso I — — guerre feudali, perduti nelle e 166 una Bandella era entrata dei Visconti, perchè sposa in casa dei Torriani ed guirono le parti ('). Torriani dei civili Bandelle i Checché di sia ne Matteo ciò, Bandelle usciva dunque di nobile e ricca glia di Gastelnuovo di Scrivia, colà studi sotto la guida di Messer fu messo da giovinetto Vincenzo Bandelle, Gonvento delle di Lodovico a tempo in cui, nonostante le Lodovico notissima. cit. Due Non Mero. il tra il Novelle. P. I. volte, sue tempo Bandello, (3) Alberti, De Viris Illustribus Nov. 28. Nov. (^). Mat- preci- scaltrezze, 1499 e Ibid. P. HI. il l'Ordine catastrofe po- rinarrerò (2) Concorda quel di- le Concezione, lutto della (1) zio lo e disgrazie della famiglia di teo Bandelle furono a ('), familiarissimo V Immacolata Domenicano, gran personaggio pitò presso quale, di litica, primi Domenicani, nel dei divenne poi nel 1501 Generale Le prime ruine i Gerardo Ganabo Milano il fami- e teologo celebre per contro sostenute spute priore Grazie, Moro il in e, fatti se- una loOO, il storia Moro 23. Dedica a F. M. Trovamala. Ordinis Praedic. Op. Monti nella vita del Bandello. Ms. del K. Archivio di Milano, cit. 167 perdette e riperdette sempre Ducato; il 1' due per opera e tutte e ultima volta per Gian Giacomo di Trivulzio, suo personale nemico, gran soldato ita- malauguratamente liano, Sequestrati beni i d'allora, orione in come attesta morte di Matteo nanza (). appena G. G. ('). Fin nel!' Ora- scam- essi, dimora quivi alio zio, Carlo De' Kosmini, 0) Bandello Francesco Gonzaga, Mantova, presero iiniirese e alla vita di Sforza, quelli dei Bandello pati a Quanto dello Trivulzio, probabilmente il anche in Castelnuovo di partigiani ai Luigi XII ne gratificò Francia. al servizio di cittadi- e Generale eietto Dell' istoria intorno alle militari Trivulzio, Voi. I, Lib. Vili, pag. 333 e 3G5. « Gli concedette le sostanze confiscate di quei sudditi suoi di Vigevano, Gaiate, Castelnuovo Tof- tonese, Chiavenna e Melzo, che per favorire la Lodovico Sforza II le causa di eran dichiarati ribelli alla Francia decreto di Luigi XII ha la data di 1500. Voi. II, De s' Documenti, pag. 293. Lione 15 ». l^uglio Bandello, Canti XI, lodi de la S. Lucretia Gonzar/a di Gazitelo e del Vero Amore col tempio di l'udicitia e con praticamente descritte; Agen, altre Reboglio. cose per dentro 1545. Canto VI, l)ag. 96 retro. (-) Bandelli, Parentalis Oratio, ed biliuni pars, .scripta, quae Mantuatn cit. « Magna Sft)rtianis rebus favebal, a Gallis petiit; ubi sumnia comitato nopro- oinneis — 168 — dei Domenicani, percorse rapidamente cia, la Spagna, Borgogna, la Fran- la Germania per la riformare l'ordine, che pare n'avesse bisogno Tornò per presiedere prese un Sant' Easlorgio in frati via la generale consiglio Milano di e dopo Roma, passando per di Questa volta Matteo lo seguì. Non stette fra Milano, Genova, e forse di ri- Firenze. come prima, pretendono, perchè prima del 1505 molti ('). Matteo Pavia per ca- gione di studi: certo era a Genova nei 1504, per- chè da Genova scrive nell'ottobre tello Andrea composta in morto colà il Bandelle Gonzaga tateqne mandandogli Corsi, latino Giovan di di peste C). al nel la da vita Battista Convento Francherebbe suo confralui Cattaneo» ov'era stesso, la spesa di fermarsi exceint. Ita iirbs Mantuaiia ea tempestate novi- temi)orum Suardos, Strozzios, fuit patria llinc ejectis Castileoneos, Mantuae Malatestas, Turrianos, Malclavellos, Guerrerios, Malaspinas, Orassos, Bnndellos, atque alias Italicas fainilias civitate doiiatas videmus (') Alberti, Op. (2) Il sito di ijli >. cit. Mazzucchelli, Scrittori ecc. Voi, questa dimora di Genova, cita il II, uoinini illustri di S. Domenico. Col. 478, tazione non ho trovata. Debbo bensì all' in Piò, Voi. ma propoI, De- questa ci- amichevole cor- — 169 — ad esaminare lungamente questo Da inedito del Bandeilo. una novella anche sciva posto con Ed una zione d'arte. novellatore nato gli riului com- tutt' altra inten- da ciò eh' era sentimento e tutt' altro ancora lavoro novella veramente, anzi un vero romanzo fratesco, è codesta vita del Cattaneo per quadro lo strano intreccio di casi, pel stumi che pei offre, contrasti psicologici, nella novella e che perciò l'accostano un vero romanzo. d" illustre e d' una vita genovese, famiglia tempo con un i una che stesso s'era già ardore assai pure sedici anni compiuti, sua che tesia dello egrej^io ad più giovinetto intelligenza a buttato superiore quattordici fa di tutto Henedetto Croce all'amorosa 1' la nep- a estro di farsi disperazione per sua. all'età celeste, gli salta Domenicano, con gran famiglia, rari più grossi affari della sua casa Tocco d'improvviso dalla grazia frate di un è d' precoce, vitalità così anni trattava già e nel Cattaneo Il co- di della da distrarlo lettura di un l»el codicetto, di sua proprietà, contenente questa inedita vita del Cattaneo, scritta dal Bandeilo, da cui si rilevano pure importanti notizie biografiche sue. Vedi: Apjiendice I. — 170 qQest' idea. Ai frati stessi pare imprudente e pre- matura e Ma oppongono. si notte accorre al convento e con lagrime supplica maggio del 1504 d'essere convento con parecchi e poiché frati, fra il dito di Dio, lo scongiuri, gli piglia a ingiurie e legnate dolore Il preso il figliuolo strascina a forza padre del rallentò, riprese la via del convento, i le parenti, frati, (1) i voli Appena indomito ». J. B. la vi- fraticello dove per disperati solennemente, e la Cattanei vita. Codice cit. il convento il i Cat- sua san- Nonnulli fratres (Inter quos ego aderam) adventarunl com- chiome parenti lo lasciarono. In giugno del 1504 taneo professò fami- convento, del fuori l' il il preghiere, con Priore ed e se lo riporta a casa prigioniero. gilanza le Randello, ed acciuffato per lo della vane padre il il voca- stabilirono e armati assale nottetempo e servi ('], tenacità del suo pro- glia mutossi in furore. Riescite amici del quali Randello ammisero giorne delia sua vestizione. le lacrime, Priore il di Idi nell'improvvisa zione del giovinetto e nella posito i di con e Agli accolto. ravvisarono tutti preghiere da Milano tornò giorno, di egli Genuam — devozione sua la tilà, fervenle, erano crità negli studi — 171 meraviglia la Bandelle, giovine esso pure, di grande amicizia. città è desolata; ninna cautela a quasi tutti; d' muore in il riducono si muoiono uno, a uno a profetizza stesso la sé dacché punto, s* era ('). Banrlello scrisse : Invitis pn- « Eeligiouem convolavit, in Praedicatoruni ad A di peste Sul suo sepolcro (') reu1,il)us, Il peste; la la Domenicani morte e quaranta giorni vestito frate, scoppia Albaro. Cattaneo il tutti. spopola; niun rimedio, la possibile. I San Francesco di strinse al Cattaneo si Intanto morbo il ingegno, l'ala- l' qua quadraginta dumtaxat diebus exercitus, morte praeseita, sevissima pesto intercmpta bel codicetto d' breve descrizione. È scrittura italica, che sognante '22 cartaceo il me consultato, e oro e Novitii — X cm, 25 — Questo Studi Elegante 36. l'egregio inSuperiori in — in pergamena, con caratteri filetta- Frontespizio con fregi a co- con uno stemma toccato inscrizione in 1 — giudica del secolo XVII. Legatura tura e fregi d" oro, C. 1" B, F. cit. numerate, con altro bianche non numerate, in pi'incipio e in fine. lori Cod. Prof. Cesare Paoli, di paleografia nell' Istit. di Firenze, da Carte ». uu opera inedita del Bandello merita una in penna. V" è questa maiuscoli, minuscoli e Ord corsivi: coKS UAPTAE CATTANE! | Gonueusi Vita edita a Fratre | Mattueo dandello oastuo- I | : Praedicat: — Bandello fu dei pochissimi che scamparono Il e — 172 r anno dopo segui lungo Firenze a viaggio, il Roma, fermandosi, Io zio a S. Maria Novella. Si può anche il tempo questa dimora, di d'estate del 1505, poiché xovENSi EJUSDE ord: I di fissare all' incirca verso cioè Bandello fine la scrive che nomìiiatim dicata Ven.° Patri F.ri Andrene Corsio Genuensi 3*. il Convento nel | amicorum optimo — | ce. 2', Epistola di M. Bandello che fa da proemio alla vita Com: del Cattaneo. Matteus Basdellus de CastroF. An- « F. novo Ordinis. Praedicatorum Vitae Regularis drene Corsio silentii me I Genuensi ejusdem Ordinis | disrunipere cogit inimodiciis memor. Mattile! peccatoris esto | S. P. D. Clanstra amor ecc. fin: » Albarii, ex villa nostra S Lncae, idibus Octobris, A°, a Christi Nat. quarto supra quingentesimum atque millesimum. in Vitam Religiosissimi B. Cattane!. — Vita per fratrem | della tem omnino milii « .J. B. — terris La ». | — e'. | Ioanni.s « Reli- Genuensi* Castronovensem C*. 4 13*. | Genuensem Libro primi> Cattane!, Com: preclaram mor- — Finis — 13 è bianca. ~ sit. lacipit liber secundus degens !u | Andream Corsium animo ut nihil Explicit primus ita ero firmo et constanti timendiim liber vitae etc. Com: | feliciter inchoat. Fin Fratris Ioannis Baptae Cattane! Freni Com. Vita » etc. | Mattlieum Baudellum | Ord. Predicai ad eiusdem Ord, Explicit epistola 4% dentro una cartella a colori C". giosissimi Fratris | — Adolescentis — ce. 14*-22'' Lib. 2° Fin: cu! tam charus fuit Vedi: Append. na alloggiava quei in giorni Convento nel stesso Marc' Antonio Colonna, reduce dalla vittoria riportata suir fatto Alviano accadde Torre alla Vincenzo di S. 17 d'Agosto del 1505 il Data importante, perchè ad essa primo amore ('). si questa distrazione amorosa ad una leggerezza di Ma bisogna vita poema amoroso) a parole, è d'amor la e' (autore pel è Nardx — il estre- terrestre, la lirica di Istoria della città — e P. e' un di platonico è non altro in tema più infelicissimo, perchè che l'inspirò, Novelle Rime di Qui certo siamo Chi era dessa? Dalle ricerche (1) cin- morale del Cinque- novellatore, che, se il platonico e per — Bandello — Fra tante quale l'amor luti' altro. giovinetta, accenna frale novella. Nel Bandello stesso la frale e poeta lirico scala a Dio, e il Cattaneo, po' troppo riflettere. cento c'è l'amor platonico ed il un in costumi un mità contradditorie della petrarchesca e collega di Matteo Bandello. Si direbbe che, a cosi breve distanza dalla tragedia del quecentista. e questo I. — morì l'anno dopo. fatte di Nod. Diva Violante Borromea Fiorentina. nessuna iden- Firenze. 18. Lib. IV. Dedica alla — m' tifìcazione assoluta in lode di Lucrezia — 174 è Ma riescita. Gonzaga poema nel Bandelio il la de- signa così; Le Per guida il Viole in 1' Arno sparte Ciel a' tuoi prim' anni diede, Che mentre fresche La ragion sempre furo in ogni parte assisa stette in sede, Tal che veracemente allora Da Con questa immagine altri delle luoghi del poema e dunque indubbiamente Violante e che è patria non fusti por tra gli amator sinceri e giusti (). v' ha Viole delle la Rime designa in Trattasi (^). una donna che ha nome di Ora fiorentina. in tutte le di nome lai dediche delle e Novelle che un'unica donna, specificatamente nominata: Diva Violante Borromea Fiorentina, e questo nome ha riscontro nei Poemata Cesare Scali- di Giulio gero, che, conosciuto in Mantova (') pag. 95 (-) Bandello, Canti ret. XI De le il Bandelle, lo lodi ecc., cit. ri- Canto VI, e 9G. Rime di Matteo Bandelio, tratte da un un Codice della K. Bildioteca di Torino e i)ubblicate [>or la prima volta dal dott. Lodovico Cost;i. Torino, Pcnnba, 1810, So- netto 3G. 175 anni vide, molti entrambi ('),e dopo, cantò in latino nae del Bandello, Ninfe la quale si Agen, ove dimoravano in le nominando Nymphaeele prima per lagna nei versi e terre lontane; esatto di quello tificazione, se che dello il che è come vedremo, (-) la Scaligero, che il i lei per correr appunto un ricordo assoluta, mi sembra probabile e tre sarebbero così amori platonici rispondenti alle tre età della lità le in realtà era accaduto. L'iden- non è dunque meno molto per lo tra Diva Violantilla Bonromea ab Etruria, Bandello troppo presto s'è partito da mari Heroi- vita, del Bandello, giovinezza, viri- e vecchiaia. (') Vedi: Bordonianae, Joseplii cit. Scaligeri. Confutationes Fabiilae dal Bayle. Diction. Historique et Crit. Art. Bamlello. (^) E il .T. C. ScALiGERt, PoeiiinUi. Nj-mphae indigenae. Bandello stesso, che suggerisce allo Scaligero questi nomi, eh' egli Novella D' Arco. .30 certamente della Parte II non conosceva. Vedi nella la dedica al conte Niccolò CAPITOLO Amori Era in e vicende. una volata platonica soltanto e tutto IX. od una scalmana giovanile quel primo amore del Bandello? Non parrebbe. Nell'anno seguente, 1506, raggiunse seguì poli ed a Cosenza, Roma lo zio a Sovra a Na- d'onde stavano per passare Grati il Che ti 1' aviso havesti amaro converse in pianto Poi che trista ombra Che fra le stello in il le il (-), lieto gioco, TVo/e oppresse, Ciel di porre elesse. Dico raggiunse^ perchè nel poema segna una data dell'innamoramento ed lodi^ ecc. (-) indi quando Sicilia, (1) (^), Il Canto I, Bandello è al 3 d'aprile. Canti XI de si fa narrare nel poema. Per questo il da altri la propria storia racconto è sempre in seconda persona singolare del verbo. Masi. le p. 9, retro. 12 178 Il — povero giovine fa per morire a giacque preso di tata notizia, e tale inaspet- strana infer- così mità, che lo credettero avvelenato: Onde l'alma reina.... Del bel smeraldo pretioso e caro La polve ber ti fé' con suco pieno D'altri rimedi et altre polvi et acque, Com' Da a' medici allhor curar piacque. ti quest'ultimo verso pare che burli di questa cura ma fantastica, Randello il la fede si nel- l'occulta virtù di certe pietre preziose durava ancora. Vero che a procacciarsi è veleni bisognava aver regine tal lusso di contrav- per amiche! E chi era la pietosa infermiera? Beatrice questa fu che Nacque e fu d' Aragona moglie del gran re Corvino Nientemeno! Rimasta vedova, ritirata alla al Né Corte degli s' ('). era appunto allora Aragonesi di Napoli, ed Randello usò ogni sorta di amichevoli cortesie. sia chi (1) Canti pensi a male o XI de le Lodi^ ecc. rimugini — i Canto VI. ricordi di — Antonio e Cleopatra! il caso, e nella 179 - Il Bandello Rime scrive: Se ricca perla Cleopatra ha ma Per un amante fu; Contro previene stesso velen aita '1 sfatto, darme donarme tu per fai Ricco smeraldo in polve a ber disfatto. Quella d'amor lascivo ardendo a tale La perla die che fu di lei signore, Con speme di tener l'antico regno, Tu mossa sol da generoso core A me che nulla vaglio infermo Di grandezza real davi Ma ci volev' altro che polvere le cuoia davvero e poiché gono mai sole, gli il gli avea ingiunto Matteo (') disgrazie le di tirar non ven- morì appunto allora anche lìime si morendo fa dire nel cit. Sonetto poema 73. L. Alberti, Op. nobio Montisalti, in frate lo cit. « 94. è a lei delicata. Quo factum divi C). : Vedi ancora sonetti 72 e vigilia paucis diebus oegrotavit vecchio il Nessuna delle novelle del Bandello (2) un pelo pel cui corpo dovette riportare a Napoli, siccome zio, E a ('). smeraldo di male del Bandello! Fu dunque e frale pegno tal est ut in Coe- Augustini, postquam anno domini 150G functus sit septagenarius et suo jussu (sic enim jussit antequam 180 Dopo — gran percossa e grave danno si Mille solcasti mari e mille fiumi. L'Italia e Pranza ed altri luoghi E Dalla sempre le Viole furon teco, il fissità di questo pensiero distorlo alquanto la politica e Luigi XII prodromi della Lega (-), di valsero Francia mentre a forse Nel no- studi. gli del 1508 lo troviamo in alla corte di (i). tuo cor se uè portaro seco Perchè vembre sanno. il a Blois ordiscono si Cambrai, che la i Repub- blica di Venezia, coli' acquisto di città nelle Puglie, nel Milanese e nelle Romagne e della ribelle Pisa, aveva in certo e contro di lei fu conclusa nel Neil' anno seguente il colla protezione modo provocata dicembre del 1508 (^). Bandello pubblicava in Mi- lano una traduzione latina della novella boccac- spiritum efflaret) delalum ejus corpus Neapolim per Eusta- chium Bonouiensem et ilattheum Bandellum, ejus potem.... in tempio Divi Dominici sepelliendum XI De (1) Canti (-) Bandello, le lodi\ ecc. Canto VI, Xovelle. P. IV, Nov. IG. ne- ». loc. cit. Dedica a Gero- nimo Bandello. (3) De Leva, Storia di Carlo V. Tomo 1", Capo III. 181 cesca di Tito Gisippo e aveva fatto sarei lontano ad Petrarca per il — inntazione credere dal Griselda la e non altro suo ('), qualche a quanto di viaggio in Francia in questi anni medesimi, perchè, senza che ne egli si possa distinguerli più parla Gambrai volte nel 1510 è stituiscono e questi anni i gi<à gli uni dagli perchè e la sciolta, altre altri, Lega leghe si di co- Bentivofjlio, (dei quali era certo in un agente diplomatico Bandelle il riebbero Bologna nell' 11 per opera dei ) Francesi, e nel 12 la riperdettero per sempre. Importante è la descrizione ch'egli suo viaggio nel 1508 dall' Alpi fino a fa del Blois. « Il nel viaggio vero, scriv' esso, è stato assai lungo, dalle Alpi sino alla corte, per essere delle continue e (1) Titi Romani il verno molto faticoso per cagione altissime Egesipjìique storia, in latinum versa novensem, or. nevi e degli Athenieitsis indurati amicorum hi- per F. Malthenm Bandellum Castro- praed. noviinatiiìi dicala clarissimo adulescenti Philippo Salilo Gemiensi juris Caesarei ac Pontificii alumno. La dedica al Sauli reca la data del data della edizione è del dicembre libretto settembre 1508. La 1509. Di questo raro un bell'esemplare ho trovato nella biblioteca comunale di Bologna. — 182 ghiacci, che cavalcando di continovo forza pestare. La medesima Questo bene vi si in è che ci può cavalcare mano fatica prova si cammino il trovi tanto fosse molesta. agiati e Savoia la camminando, perchè devolmente provveduti conviene non (') ». Ad che 11 si tuoi cavalli sono che soffre abbon- altro viaggio posteriore allude di ciò di tutto dedica Domenico a d' alto affare, che si Sauli, occu- di lettere, di filosofia platonica, incontrò in Lione col dava ancora a Blois mercante che ogni quelli personaggio anch' esso commerci, i può. si alla fatica d' sei a in un'altra lettera s' con l'oro Francia tu e comodamente sì è grandissimo alleggiamento e è sicurissimo, e alloggiamenti poi Gli cosa servito, che meglio essere di ritorno. al di giorno e di notte sovra ogni credenza per pava cal- senza sospetto di trovar fra via cosa ch'ai camminar in è Bandello, alla corte letterato e filosofo ; un di il Luigi quale an- XIL Un frate diplomatico, poeta petrarchesco e scrittore di novelle poco edi- (1) Bandello, Xovelle. P. IV, Isov. 16. — ficanti; E due figure derlo fra il 1511 e politiche dei per caratteristiche del 12, durante le ultime Ultime per Bentivoglio. gli Sforza, alla fido Cinquecento (^). del loro incontro? Propenderei a cre- tempo il 183 fortune non loro, causa dei quali restò per sempre Bandello. il Nel 1512 la battaglia di Ravenna, che toglieva definitivamente la signoria di quella voglio, restituiva di Bologna Milano al I, nuovo Marignano gliela che Francesco la vittoria di la tenne re di Francia, ritolse. del figlio Moro, Massimiliano Sforza, che malamente fino a Benti- ai Il con Triulzio spinse il re a bandire tutti gli Sforzeschi e fu tra questi il Bandello, che riparò a Mantova sotto la protezione di Francesco e di Isabella Gonzaga forse da lui conosciuta alla corte del spesso vi d' essa Bandello, (•) si recava a visitar Novelle. P. II, Sauli nel Giornale Ligustico: Alcune lettere di D Nov. 6, Anno VII (-), Moro, quan- la sorella (^), Vedi intorno o al e Vili. A. Neri. Sauli. L Nov. {') Ibid. P. (•') Luzio e Kenier, Buffoni, Nani 28. e Schiavi ai tempi d' Isabella Gonzaga d' Este in Nuova Antologia, ÌG agosto o 1" settembre 1891. — 184 Massimiliano nel 1513 alla Corte di Mantova dagli eventi sbalestrato a dello, come di questa ancor zaga, pii!i vedemmo, già delle altre Ran- il familiarissimo soltanto di secondarie corti Ora Sforza. politici, diviene gran donna e non nomi i — ma lei, dei Gon- dei quali riempiono d'ora innanzi sottentrano ai Gonzaga finché Bandello, novelliere e la vita del per Fregoso, prima in i il lui Italia, poi in Francia. In questo tempo però che per dotto oratore uomo e per d'alto Del novellatore mano) nella parla, né biografi, Sarà la né le sue Rime delle e si chia- corti, nes- del tempo. ma basta lardi, d' cortigiana. (così epistolari sua celebrità dì più sue novelle, e vita brigate liete dei palazzi, dei castelli suno conosciuto Leandro Alberti nel 1517) affare nelle è per poeta petrarchesco latino, (di ciò soltanto lo loda non egli che amore, stampate le sol- tanto nel 1554 e nel 181G, passino manoscritte da una ad altra dama, da gentiluomo, nella forma, le novelle uno ad di cui altro s' letterato o ha ancora per un saggio autografo nella Biblioteca di — Tolosa, indirizzato Rime e per le in 185 — Cardinale al un codice d' Armagnac Biblioteca di della da Mar- Torino, colà recato nel corredo di nozze gherita Francia, di Emanuele Filiberto allorché ('), sentanti della « presa, come ben e più. forma dei più compiuti rappre- cortigiana vita dice il larga significazione di vita » ('), di basta questo, dico, per rav- uno visare nel Randello venne sposa vi (') Graf, nella sua duplice forma di coltura e di e della quale dettano Baldassar Castiglione nel XVI, secolo del Corlegiano e i precetti monsignor Della Casa nel Galateo. (1) Nella Bibliotecji del Collegio di Tolosa è un ele- gante codice autografo tltolata: \j' Il istori a di innamorata sita poi e stato inviato dal di una novella del Bandelle inti- Odoardo Re d' Inghilterra moglie. Bandello al Pare D' Armagnac, cui vella è dedicata. Vedi: Gazzera, Notizie intorno Mss. di cose italiane conservati nelle Alice et l'esemplare stesso la ai no- Codd. Biblioteche del Mezzodì della Francia, premesse al Trattato della ed — Torino, Stamp. Keale, altri inediti scritti di T. Tasso. dignità 1838, pag. 69. (-) dello (^) Napione, Edizione Pienioììlesi Illustri. Op. cit. Ri/ne del Ban- citata. Graf, Attraverso Antipetrarchismo. il Cinquecento. Petrarchismo ed — C'era però chi Bandello trovava a Mantova, una — 186 perfetta alla forse ridire, contro cui si cortigianeria del l' svelenisce Arcidiacono di il Bandello con stizza personale, così insolita in lui, che non .mi par dubbio ch'egli miri a vendicarsi d'un ne- mico scovi, preti, monache, Domenicano, a cui di non risparmia ve- Certo nel Novelliere ('). frati, e quelli stessi dell'Ordine egli appartiene, mira persone. L* arcidiacono doveva adunque aver Bandello perchè superiori ai fu riferito dell' di ma non Mantova od male dei Ordine fatti a del difendere l'amico suo con una lettera del 15 pubblicata da Alessandro documento Luzio, altri Domenicano, Gonzaga presta Isabella prende aprile 1518, stu- pendo, che suona cosi: « Revcrendissimis Coìigregationis (1) et diffmitoribiis Fratrum Praedicalonim. Bandello, della P. Ili, Dominis Vicario Novelle. P. chiamandolo I, di che, se costui vedesse quella Nov. 30. Nella novella 42 l' arci/anfano, dice nuovo novella, lo metterebbe in mal' aspetto presso altre persone ed egli sarebbe di nuovo forzato di mettergli alle spalle Isabella e è forse lo scrittore del T Equicola, che documento seguente. — « Reverendissimi in 187 — Christo amici nostri paùres, lionor .... « Le virtù et opti me havemo che qualità sempre conosciuto nel Ven. Frate Matlheo Ranmodesta dello et la religiosa et esso aver continuamente tenuto che città poi '1 vi è questa nostra in dimorato nel convento de P.P. de Sto Dominico sono noi et da sapemo che vita state di qualunque persona da bene judicio non ponno date et commendate per se che da sorte tal di et non grandemente essere lauil Però vero. havendo noi inteso che V. P. erano altrimenti state mate, il bon infor- che conoscemo essere falsissimo, ce seria parso appresso noi stesse mancar del debito nostro se cun questa nostra non havessimo fatto ampia fede a quelle delli boni portamenti del pre.*" frate Matteo, quali veramente sono bene et virtuosa persona sono tali che da ogni da degni di grandis- sima commendatione. Noi adunque pregando V. ad demetter ogni sinistra opinione havuta di esso se per caso alcuna ne havessero, credemo, quanto più potemo, vedo raccomandato et P. charo, le il che però non pregamo ad ha- come ricercano le — inoumerabili sue virtuti, cosa degna di a noi del quale li sé, — 188 che faranno ne sentiremo che faranno summo piacere, ultra qualche obbligo, rendoce ancor noi ad ogni lor offe- comodo piacer et paratissime. « Mantue, XV Speravano gli esuli Sforzeschi 1518 » aprilis Massimiliano (con anacronismo (') nell' singolare ma mavano ancora Ghibellini), venne porte di Milano e fin sulle imperatore quello li chia- spiantato tornò indietro. Rimasero dunque a Mantova, o andavano e venivano celatamente certificato altro d'Isabella, amore Fatto (^). ricorre del Bandello. è in che, nonostante questo il tempo un La donna, che glielo inspira, è nelle Rime e nel Poema nascosta pseudonimo Mencia, derivato dal fiume Manto- di direbbe un fiasco in lingua in tutte le regole. si povera oggi si fin Lo confessa con tanto candore, che bisogna credergli! Direi (1) chela A. Lozio, / Precettori d' Isabella d' Este. Appunti e documenti, pag. (2) il che vano; amore purissimo però, platonico vuole, quello anzi che sotto 45, in nota. Bandello, Novelle. P. I, Nov. 28. — signora è maritata cane perduto ride maggior possibile tutto naso sai con onore e nel questo non voglio suo buono malgrado, sue novelle. E scusare la teniamogli occultato con tanta cura il mito di Amore e conto nome massima cara Psiche gettargli la pietra? del Bembo per la È (^). il altresì al tempo dei XVII ed Rime. Sonetto (-) Ibid, Sonetto XXI. d'avere dell'eroina; di dei te- gentiluomo, amore vuol Quanto Morosina, (1) caso tal moda. Con discre- novellatori, Bandello, che rifa in novella il nella sua vita è migliore delle applicazione della massima che escluso al Bandelle. Ma, il niamogli conto del silenzio, obbligo tezza e mistero, ai Cinquecento vantaggio, che era di il ma (^), Buttarsi {*). ; piange un (^); idealità platonica è in di cavarsela s'avea anche Mantova da viene e un pappagallo morto (-), amanie un modo va ; — suo poeta non dà retta sospiri del fedele 189 il non vecchio al resto, tranquilli perchè amori tempestosi del altri. (•) Ibid. Sonetto XXVII. (') Ibid. Sonetto XXXI. (^) Laxd.vu, Beitrage zur Geschiclite der Italianisclien Novelle, p. lOG. Banuello, Nov. 6 della P. I. — Molza per un' Colonna Vittoria U un — consolarlo a etèra, esita a scrivere 190 una quasi sonetto persino santa, C). Bandello doveva aver ottenuto di far ritorno a Milano, perchè da Milano scrive a Federico nuovo marchese zaga, di Mantova, primo il padre Forno vo (1) non eroe, se come meno, Seti., 1' (*), amiiversario dice il vinto al- battaglia della Virgili, Un Gomaga^ pag. Non 47. La : coltura In nota. credo. E se sigg. I po.ssa dovessi e le che sposò pend. (^) il Castiglione. D'Arco, Notizie II, Doc, Cfr. taglia di cit. Luzio e Renier Lucrezia Gon- arriscliiare una ipotesi, per Ippolita To- Era damigella di Isabella. Archiv. Star. Ital. Voi. 2°, Ap- pag. 318. Ldzio-Eenieb, Francesco Gonzaga alla bat- Fornovo in Archiv. Nella Parentnles Oratio cit. Star. Ital. Serie V, il Bandello vaota delle lodi e delle comparazioni rettoriche Gonzaga lett. Ital. relaz. Lett. di Isa- essere direi che le maggiori probabilità sono ('-) di sonetto di Vittoria Colonna, Eassegna Xlir, 251. Vedi in Giornale Storico della zaga. suo di non vincitore, pensano che questa Mencia relli, morte (^). Voi. 34. Fascic. 100-101 bella composta lui della Tasso, Gon- 20 marzo 1520, il mandandogli l'orazione funebre da per non quali dei di Tomo il VI. sacco Francesco coi più grandi capitani dell' antichità e fa dire — Siamo al principio della e Francesco I rivalità Mercè le Duca di Milano; la perduta dai Francesi nel 22, ve la lotta continua e nel tale e 25 Bicocca, della lo pon- Moro, è figlio del battaglia e mantiene. la battaglia di V mi- vita armi imperiali Francesco Sforza, ultimo tificie, Carlo fra e al principio altresì della litare del Bandelle. fatto — 191 Ma Pavia, dà prevalenza agli imperiali, che Francesco Sforza Girolamo Morone pensano a con liberarsi, la congiura famosa, degli incomodi protettori. Trescò in essa il Bandello? Mi parrebbe che nel poema ciò con lui i fa dire si di sì, stando a rammemora da chi casi passati: Elegesti r esigilo per non dare Esigilo e morte a tanti, che tu sai, Ti volle 11 Leiva gran partiti fare E fur le sue promesse larghe assai, Ma non ti puote il buon voler cangiare Che giusto Povero Che a Carlo Vili: in ». mantenne sempre mai. restar ricco senza « Si Mantuae Regno Napolitano nobis si e fido esser volesti Append. II. prima honor e stima. hic Princeps stetisset, actura prò Aragoniis mehercule erat de 192 Così per Saper non scoprir quanto bramava Leiva, che tenevi in mano, il. ma Lasciasti Insubria, Non s'acquetò prava la voglia quel Marino insano, di Che s'avisto non eri allhor dava ti In poter de l'armato e crudo Hispano, Ond'habito cangiasti Lasciar caro nido il Facesti quanto a te Ma si e fusti astretto si diletto. convenia, quel Duca Sforzesco che Ov* iron Che le de fé' ti promesse tutta Non tenne a ti fece? via, le volte piìi di mente ch'era diece? in tua bal'ia Pagargli l'opre così false e biece. Ma Il Certo va ch'ingrato prence serve. cos"i cui voler al ben Bandello il fu di rado serve La sua vittime. le tra (') stanza in Milano fu posta a sacco dagli Spagnuoli, i suoi manoscritti trafugati e dispersi costretto a rifugiarsi a presso al i Roma (^). esso f ), il padre nuovamente Gonzaga che, come abbiamo veduto, seguì campo Lega, della De (1) Canti XI, (2) Bandello, indi le lodi, ecc.. a Viterbo 1527 VL Canto Novelle, P. II, Nov. 11. nel Dedica ad Emilio degli Emilii. (3) Ibid. Colonna. P. I, Nov. 52. Dedica al Card. Pompeo 193 — Sacco di — « non molto dopo il Lega coir imprudente Roma » ('), quando Cognac Clemente VII di avea attirala quella estrema rovina sulla sua capiTutti tale ('). questi sono fatti compendiati dal Bandello nell'ottava seguente: Che (piando Ov'è d' campo de il Stava accampato o Che poteva E quando Andò Dal il poi v" era gente tanta, nemico trarne fore, Thoscana tutta quanta sossopra con E Roma la lega Santa, Insubria la città maggiore, sì gran furore saccheggiata fue, allhora Col Gonzaga facesti ognihor dimora (•^). Gonzaga, passò il servizio di Luigi Ban- dello a quello di Cesare Fregoso, capitano al servizio dei Veneziani, Verona, prima Romagna, in poi in cognato del Gonzaga, perchè entrambi e avevano per moglie due sorelle Rangoni, Ginevra e Gostanza; (') ('^) Anche matrimoni Ibid. P. I, Nov. 41. architettali dal Dedica il Bandello descrive velle e nel Poema. Ma la il Kinuccio Farnese. :i Gregorovius, Storia di Roma Bandello e nel Sacco di M. L'., Roma sua narrazione, fra Voi. Vili. nelle le non ha alcuna speciale importanza. (^) Canti XI, Masi. De le lodi, ecc., No- tante, Canto VI. 13 — dei quali si — 194 compiace a ragione, perchè di Cesare e Gostanza Fregoso tutta la vita ('). le Adorno, tentò ma Andrea Genova, ormai per rimase Cesare Fregoso, esule genovese, rivale agli al servizio e della famiglia volte piiì impresa di l' Boria troncò sempre in rimanere sue speranze e dovette contentarsi di un capitano Re del prima dei Veneziani, poi al servizio Francia. In qualità di segretario, di Muse, sé e alle come cupandosi di politica se non suoi signori ed Ran- suol dire, e non oc- quanto conveniva da apparisce il Verona, dello stette parecchi anni coi Fregoso, in vivendo a fiore certe sue ai lettere del 1532 dirette ad Alberto Serego C), nelle quali parla delle Solimano, e pose (^), (^) di Carlo V, De op- e Fregoso. Bandello, le lodi, ecc. Giuseppe Biadego, Tre lettere inedite e pubblicate nel Preludio De Leva. Op. cit., Tom. della di Bib. M. Ban- Com. di (Ancona) Anno VII, n. 14 del 30 luglio 1883. (*) si apprestando una resistenza, per la quale delle tolte dalla Corrispond. Serego Verona dei Turchi con che fortemente Vedi LiTTA, Famiglie Gonzaga Canti XI, (-) gravissime minacele III. — Solimano non osò muover e — 195 sii Vienna, come voleva, minacciato lui stesso da Andrea Doria sul mare, dopo poche farsi paura fazioni guerresche, alla larga, forse in Italia, tavano a gran battaglie e stragi era capito, sicché « che il il ove s'aspetTurchi, di non Bandello ne ride, parendogli, Turco co l'imperator giochino al'ascon- darola, che hora siano vicini più belle bagatelle conclude che il ». Turco hora siano lon- et tani mille miglia et certamente le Questo rilirò. si Nella stessa « ritira si non io a vidi mai lettera però la volta di Costantinopoli » e questo fu, per allora almeno, più importante Sforza, che Milano, il la ('). Ma in Italia, guerra divampò Bandello un'altra volta di morto Francesco V chiamò erede Carlo il del Ducato di nuovo ed ecco anche fra arme ed armati, seguito di Cesare Fregoso, che al Veneziani puni- i rono severamente, persino col bando, (che poi per intercessione condonalo) per avere senza ti) gheria al 1686. Ibid, Lett. del IG divenne Francia dell'ambasciatore di turca ott. nel il gli fu loro consenso accet- 153-2. 1540-11 Una e parto dell' rimase tale Vufino — tato un comando 196 — Re nell'esercito del Le im- ('). prese di Cesare Fregoso, prode, dotto ed elegante soldato Italiano (^), le avesse celebrate poco si conoscerebbero, se non Bandello nel il poema suo e nelle sue novelle. Rotta il se la guerra del ma Piemonte, l' 1536, impresa i Francesi invasero sul nascere, falliva in Guido Rangone, radunato un randola, in cui, dice Bandello, era « il tutta la nobiltà italiana » loro soccorso. Il esercito alle Mi- non (^), fior di il conduceva lo principale personaggio, dopo Rangone, era Cesare Fregoso con e lui Guido stava Bandello, che di frate veramente non ha ora nulla. Di lando, si non narra se vede l'altra dei fatti ch'egli comandanti, di guerra, passa da fortezze, fra le mischie, per tutto, in continuo (1) XVI di guerriero, II, De le lodi, ecc. Ibid. P. II, spalti al- delle d' essere stato o d' es- le milieu du pag. 68. Bandello, Novelle, P. Canti XI, (3) Chap. piij atteggiamento Zeller, La Diplomane Fran^aise vers siede, (2) che il ma, novel- una tenda segue sugli li in Nov. 15. II. Nov 10. P. IV. Nov. Canto IV. Dedica a Luigi Gonzaga. 25. ^ sere uom Quanto non chiesa di Fregoso, al — 197 ricorda neppure C). si Bandello il narra nel poema, che, liberalo Torino dall'assedio in quale l'ordine di S. Michele e gli conferì Avignone, tolo di carezze e di onori lo Qui conquistò Racconigi, rasio, e poi si ove era rimandò disfece preso e Carignano, andò suo Re, il il colma- in Piemonte. Barge e Briche- chiuse in Gherasco, ove, benché in- fermo, fece così ostinata resistenza, che ne uscì con lutti gli onori di guerra, lui e la sua gente. Pel ginevra ritornò allora vamente onorò (che la al Re in Dellìnato, perchè era presente maggiori in cuore, colloquio) gli aggiunse ufTici al maggiori doni, e che nuo- sua virtù e con parole umanissime Bandello dice d'aver stampate il Mon- fra i quali è da notare il seguente, a cagione delle conseguenze, che per lo slesso Bandello ne risultarono. Al Fregoso adunque: Il cortesemonte re Uh concieJe gli vescovato ricco e singulare Che por mi de Acciò si li snoi fij:liuoi gli diodo possa a chi vorrà mostrare Ch'appresso tanto Re, Una sincera fò, stat' è in un saldo core (1) Ibid. P. II, Nov. ]5, IG, 17, 18, {•) Bandello, Canti XI, De honore (') li), 20. le lodi, ecc. Canto IV. — La tregua alla lotta almeno col 198 di Nizza del 1537, se fra la Francia alla vita militare e l' del Impero, pose Bandelle. Fregoso a Castelgiuffredo, ove Rangoni vivevano insieme non pose coi le mariti Si due Bentivoglio dello) (1) ('), (altro Gonzaga matrimonio e fatto ritirò sorelle di di XI de le e nome Camilla dal che avevano presa ad educare. Canti fine Gonzaga Fregoso e con una giovinetta bellissima, Lucrezia, orfana di Pirro fine Lodi, ecc. Canto II, pag. 24. Ban- CAPITOLO X. Castelg-iuffredo, la dimora in Francia ed A sentire bergo di gentili. Ma il il rifugio finale. Bandello, Castelgiuffredo era tutte le E il virtù, di tutti gli affetti l' al- e studi per parecchi de' suoi abitatori era vero. sesso forte (se si toglie Bandello) era rap- il presentato da personaggi, abituati di lunga mano a mescolarsi in tutte le più torbide faccende della vita e della politica cinquecentista e nemmanco la solitudine campestre, le occupazioni letterarie e la compagnia di belle e virtuose donne pare li disto- gliessero del tutto dalle loro vecchie abitudini. Di questo tempo appunto, cioè nel 1538, Luigi Gonzaga fatto e Cesare Fregoso furono accusati d'aver avvelenare, per invidie e rivalità Francesco Maria Della Rovere, Duca 11 bruito affare fu abbuiato. In una di militari. Urbino. lettera di Ce- — Doge sare Fregoso al 1539, esso nega ogni chiede — 200 partecipazione messo a confronto d' esser che satori; confronto pure, che fosse a delitto al Ma accusato. e suoi accu- dei non avvenne poi torto 5 maggio Venezia del di ('). il E sia cognato Luigi Gonzaga era muso da queste imprese, poi- ché si che sa s' era offerto berarlo di Pietro Strozzi la Ginevra all' Imperatore per che quando, mortagli e, Rangoni, passò a seconde nozze con una Anguissola, tenne mano appunto cognato al Anguissola per assassinare Pier Luigi Farnese Per fortuna il buon Bandello non tregende. Egli vive a maestro di sé e alle latine lettere li- e (-). entra in queste ed è Muse, greche pacifico e di filosofia all'orfana di Pirro e di Camilla Gonzaga, raccolta come (^) dissi, dalle Seeassi, due Ledere sorelle Conte del (Padova, Cornino, 17C9) Voi. goso al Doge. tino. Pref. (2) tnonte fatti — Lezio, ». fuso con Castiglione la lettera del Fre- Pronostico Satirico di P. Are- XXXIII. Questo è un altro Gonzaga, r Se non (^). BaJdassar Keca Vedi Affò, Vita di Luigi Gonzaga^ appunto, perchè (^) Un I. Rangoni il altro Luigi Vedi Lettere e detto « Rodo- V Affò narra i cosidetto liodoinottte non sia con- Gonzaga. della molto illustre signora^ la signora 201 che, a farlo apposta, questa giovinetta di raro in- gegno e di più rara bellezza, somiglia, come due che fu in Fi- primo amore del Randello. Se lo fa pre- goccie d'acqua, a quella Violante, renze il poema: dire dalla ninfa Eridania nel come vedi .... De E simili si Che ti fur l'ombra a Arno fur si fresche e di SI tosto cangiaro fa di L'immagin m' e al chiaro sole tra Viole (')• il viole, soave odore, bel colore Al tramontar del lor nativo Questa che guai, i Rime scrive: mammole Di quelle prime Ma viso schietto. il in ripa ali" egli Stesso nelle Che vago aspetto, dolci e amari si Che da prim'anni iSoffristi il bei lucenti rai. i parrà veder ti Onde Ed questa, vederai tua prima fiaaiina la me sole, quel eh' ella vole appreseiita in mezzo al core. Donna Lucretìa Gomaga de Gazuoìo con gran — lìoste. anno); Vinegia, — 1Ó5'2. Outensio Landò. Vinegia, Giolito, tori, Lett. X diligentia nuovamente in raccolte et a gloria del sesso femminile febbraio Sette libri de Cathaloghi. 15u"2; Catìiulog. de i Canti XI de le Lodi, ecc. Canto etc. più famosi j)recet- pag. 5G3. (Il luce (senza data di 7, pag. U. — 202 ~ Veggio queir aria del bel viso santo Con la tenera età, Che la dolce Erano quelle quegli stessi dello E gnancie stesse biondi d'oro schietto! è da troppo artista ormai vecchio e rose, latte (") Come Adesso E s'eri Hor sei, Il Ban- peggio: e arso e sfatto più tosto abbruscierai prima cenere di fatto, in faville ardenti volerai (3). questo dunque l'ultimo amore del Bandelle, l'amore della vecchiaia, e quello solo, che è da pubblicamente confessato nelle Novelle e suoi versi sioni del (1) (^). Non poema Rime cit.. si può negare che Rime (e e delle Sonetto in queste ultime, XXXVI. Canti XI de de Lodi, ecc. Canto II, pag. 35. (3) Cauti XI de [*) Affò, Memorie di le nei certe espres- (2) Lodi, ecc. Canto tre miglia Gonzaga. Memoria di frone. re- non sentirsene preso! gli fa Che quanto secco legno lui di (i). ad una simile trappola del destino? l'essere È rinfresca occhi e ben arcate ciglia nere, quegli stessi capelli sistere con quella grazia, memoria ognor I, pag, 7 retro. celebri principesse della fa- Donna Lucrezia Gonzaga Man- — del resto, amori tre i — 203 mescolali e confasi) non può negare che non si sempre convengano ad un amore che non ha culto per quanto adombra la sono ad arte bandelliani idealità e tutto non in la bellezza terrena, se Dio ed è verità e la bellezza di Non scala per elevarsi a lui. può negare si altresì che quest'ultima vicenda petrarchesca del vecchio alquanto singolare e frate è Ma non derne. un eroticismo quanto tanto nipote de' suoi Così indegno, pili facendo, e molti 1' di nelle le Novelle, Lucrezia molto aver mal quali Gonzaga. Isabella nunziando (1) il A lei poema, il Bandello han preannuncia immortale Gonzaga le Stanze, Randello, Povino, di « Novelle. ('). che P. II, crezia Gonzayra di Gazzviolo. io, Nov, il in fatto, Cin- Rime le ha tempo prima, còme l'opera, sforzato di renderla lei, letto in e della ospiti dà segno, parmi, di conoscer ben poco quecento e ri- come schiavo Bandello il senile, trattasi della sua discepola. si venir voglia di per questo se ne può tnirre argo- mento per denigrare d' fa e celebrato il poema cui s'è Alla sorella di scrive pure an- dice, IX. in lode ho Dedica a Lu- — -^ 204 composto della vostra'aobilissima riverita e da me sorella, dal santissimamente amata, mondo la siyiiora Lucrezia, le quali in breve saranno pubblicale » ('). Ciò dimostra non solo essere una semplice gher- da editore ininella Paolo jda la prefazione posta Fregoso, Battista del 1545, in cui pretende tratto e di nascosto del averlo un concetto del unica tempo il poema edizione nascosto sot- di Bandello dato -ma -dimostra insieme che è neli' poema al alle stampe, Bandello del suo, apertamente confes- sato a gloria di chi loda e di chi è lodato, e una d' ridicola cantilena di vecchio frale, imbertonito una bella ragazza. Il petrarchismo capitale del Cinquecento; tutta è non compenetrata e tutta egualmente. L'amore la è il perpetua, e Arturo Graf cita dèi Nelli nelle Salire: letteratura in e la discussione proposito i ' questi dotti e cosi pesto e trito, Che ormai non Nov. (1) Ibid. P. (2) A. GitAi'. Op. I, piìi si 57, cit. ne cortigiana L' amore ó definito cosi .spesso Da fatto vita sociale la tema un è conosce egli stessi) (''). versi — Ora dei 20Ó dal guai politici quali poema il importanza) è pieno e donde contempla- che avrebbe danni dell'odio, delle cupidigie i poema, di bellezza, d' in concetto fondamentale il una giovinetta, miracolo virtù, e discendente due famiglie dei benefattori ingegno e imparentata con le della t-. che volgare, come non è è tntt' altro volgare impersonarlo storia molta trae alla dell'amore, dell'idea discordia, e questo, che è del tempo (della del Bandello assorge il zione astratta a riparare — e di e mecenati del Bindello. Ma rile in Gastelgiuffredo, che formava la delizia del Bandello, non durò molto; sparve per gradi, prima tre anni tempeste travolsero e parte in ma formano questa successiva di in nelle loro dolce nido lettere del Ban- il scritte di persona dei suoi signori, mina ci (') Amadio Konciiini, Parma Lettere d' uomini' nel R. Archivio di Stato. in- e dispersione La della piccola brigata di Gastelgiuffredo Q). vate in di- poi private, persona propria, e parte suo pugno, E più. che sfolgorarono giocondo novellatore. Alcune dello, al per cagioni per cagioni pubbliche e politiche, del colta e signo- tutta questa intimità di vita t'ìlitstri Voi. I. sto- conser- Sono di- — ria dice il vedasi Sino alla fine resto. l'interna vita suo tenore ordinario: mini, di arrivi stanza Gonzaga della due 206 belle del piacevoli gentiluo- di signore, di Novellara, fra Isabella, sorella di quale discussioni, frutta, neppure platonico il Fregoso Gostanza per mutar aria; di la non Bandello deve è delle libri, ad esempio, scambio dolci, formaggi, ai quali insensibile A un (^). tratto andarsene a Gastiglione segue Cesare, suo marito, af- dalla terzana; Ginevra, moglie di Luigi zaga, muore terrata, si può dei doni, di flitto pochi giorni in Co- di altre l' sorelle sia la più bella, ricerche Capitoli del Berni, 1540 luglio continuare nel castello visite Lucrezia; j^iovine del non e è ancora sot- che Luigi passa ad dire, con Caterina Anguissola; due le Gon- altre nozze gentili sorelle, Lucrezia e Isabella Gonzaga, se ne vanno a Gazuolo, lasciando nebre e di Bandello, Castelgiuffredo, pianto che » tieii rette al conte Agostino figlio di come d'occhio Laudi di se colmo non anche Piacenza, di te- bastasse, il la politica, il quale era una Fregoso. Poggiali. Memorie per Lett. di Piacenza. Voi, (1) ej « la Storia 2. Lettere dal 12 maggio all'ultimo di luglio 1540. — 207 accenna misteriosamente che qualche cosa di nuovo s'agita e rumoreggia « da Certo, e la parte di non da quella parte Ponente Q) gua, durata anche troppo, fra Francesco stava per rompersi e Francesco con armamenti, con Turco col Repubblica i suoi partì per da e quella di V, s'apparecchiava già stretta chiamando a raccolta G febbraio 1541 il (-) ed avea compagno Antonio Rincon, un avventuriere Spagnuolo, al servizio della anni in qualità d' Francia, col re Cristianissimo ai (superando Francesco I tempo) c'era finalmente Repubblica di unirsi partirono al 1' danni tutti alleanza del Turco di i Carlo V, ed ora pregiudizi riescito. nendo da Venezia, dov' era ed insieme stato alla volta Lettere 13 agosto 1540, 12 marzo Lettera di Cesare Fregoso. Rincon, ve- a sollecitar di (-) del suo Il Re, raggiunse li) tal quale da il agente francese andava e veniva da Costantinopoli per stringere di e Carlo Fregoso dei primi. Questi Cesare da Castiglione e tre- desiderata con la lui tanto Venezia) amici. I I (quella alleanze, La soltanto. ». il la Fregoso Francia, pi- 1541. data scritta dal liandellb in persona 208 gliando, come dice Fregoso il « per la via di Svizari » insidie dell'Imperatore, dar caccia a questo la una sua In affine Corte la tornare, il un pezzo suo audace nemico e ('). Il Fregoso il È (*). scrivendo al cugino Landi, notizia, che, facea Francia a Venezia, sempre di ad entrar nella Lega per indurla alle disponevano a si Rincon per Costantinopoli come ambasciatore (^), giorno seguente il Nel giugno già (^). sfuggire di che da 25 erano a Lione e ripartivano per lettera Costanza Frejoso può dare suo di l'ultima la povera marito e del Rincon, perchè tornati insieme dal Cenisio, affine d'imbarcarsi a Torino per Po, il giunti che fu- rono, poco distanti da Pavia, al punto d'affluenza del Ticino nel Po, gli sgherri marchese del del Vasto, governatore di Milano per Carlo V, li tru- cidarono entrambi. Quest'orrenda e sfacciata vio- (1) Quella sopra (2) Vedi: citata. De Leva, Op. cit. Tomo 2, pag. 636 per le insidie antiche, e per quelle a cui acceiino Diplomane (3) di Op. cit. KoxciiiM, Lett. mano {*) ecc. cit. del Bandello 17 Ibid. Lettera di Bandello 29 giugno : Zeller, La Chap. Vili. 1541. Lettera di marzo Costanza Fregoso 1541. Costanza Fregoso di mano del — — 209 lazione del diritto delle genti, di cui l'Imperatore, per quanto dosso s' non adoperasse, la responsabilità, fu potè principio di il di togliersi una nuova guerra, e l'ultimo colpo di fulmine altresì su Gastelgiuffredo ed vedova Fregoso di Cesare protezione del Venezia cesco suoi abitatori i (-). re Ma mise si tosto Francia e intanto di alla sotto la riparò a Re Fran- appunto, mentre colà apparecchiava si La sventurata ('). guerra, assoldando ca- pitani e milizie italiane e impossessandosi presa or di questo ur di quel territorio, che po- tesse tornargli utile durante battersi in Italia, l' una guerra da com- accadde che anche la mene tutte le alleanza franco-turca, in cui trare di sor- si cercava fare en- prudente Venezia, ponessero verno della Serenissima sulle traccio di del- go- il una spe- cie di vasta cospirazione, che dall'ambasciata Francia stendeva fino nei recessi del le governo. fila Questi più gelosi segreti erano piiì misteriosi s'accorse che i suoi rivelati e procedette con (1) Ziu.LKu, Op. cit, Cliap. Vili. {•) Vedi in Zellek, Op. cit., una letter.a dell'Amba- sciatore francese a Venezia G ottobre 1541. Masi. di 11 — rapido rigore contro i più ma ;iUi, Non traditori. potè colpire condannò iu mandò ne cogli altri fu spietato; tre a morte; altri tre cedendo i — 210 contumacia, e pro- altresì contro le famiglie dimoranti che, nel territorio della Repubblica, aveano più intimi l'.ipporii e confiscò i familiarità beni «iella coli' ambasciatore francese, Fregoso famiglia dallo Stato Costanza Fregoso e gli irrequieti esuli fiorentini Gostanza miglia si il fido Randello come vedemmo, Francesco grandi servigi vedova ed ai di Cesare Strozzi, due i ('). con rifugiò in Francia colà e bandì e 1 suoi figli fece, fa- Già, seguitò. la aveva Fregoso. sua la rimeritati Ora alla a quel che pare, i sua le più onesle accoglienze, sicché, stando solo a quanto riferisce il Bandello nelle sue novelle, la vita di (juella un castello posto (1) Vedi ili in Zei.i.kr, cit. (-) ronne. Tomo a B;is3ens, in vicinanza di Agen Op. X, XI e XII, pasTomo VI. De Leva. cit. Cliap. sim. Ro>rANix. Sfor/'a Dociiin. di l^enesia. Op. vede che signora in Francia era addiritura Dimorava abitualmente principesca. si (^), ed ivi III. Ora capoluogo del Dipartimento di Lot e Ga- — la visitavano i 211 — più fjrandi personaggi della Corte, Maria Margherita, sorella di Francesco J, varra, sorella del suo successore Enrico esse, cia tempi diversi, ili la Da quanto italiani, narra il Bandello, quella molti esuli Italiani, condizione e che capitassero la società, più cospicui i Francia in Fregoso la per che, Go- di realtcà) pure stanza Fregoso frequentavano gentihiomini con e II, più alta nobiltà di Fran- Alla corte (che tale era in ('). Na- di tra è, su^ la (^). i alta che raduna intorno a sé, contribuisce maggiormente a diffondere in Francia usi e costumanze lingua nostra della e persino pei dini, il quali ("). anche inverno di e gusto il e la moda della nostra letteratura essa faceva venire ortolani dalla Spesso dimorava nella ('). Talvolta (1) Randello, {^) Ibid. P. ir, Nov. 44, 45, (3) Ibid. P. Novelle. P. Il, IL Nov. 40. si villa recava di Bassens alla corte Nov. 37-40. P. IH, Mov. 4(5, Op. cit. ') Ibid. P. II, Nov. 47. (5) Ibid. P. II, Nov. 49. ( iW. 47, 48, 49. Dedica alla conte^isa Anna Polig-nac. P. II, nov. 40. Cf Fekkai, L.irexzino dk' DK'I. (^) taglio e la coltivazione dei nostri giar- Toscana l' italiane, Mk- — in Parigi ribellò (^). 212 come quando Tal' altra, vicina città la nel 1548, Bordeaux per cagione di delle gabelle, e vi fu ucciso furor di popolo a luogotenente generale del Re, signor di Moulins Gostanza per iscbivare « Fonlfroid. « perchè et Quivi Badia la uno e lutto da dì il (^) luoghi sono ci sitata ». Enrico II, Lorena, il I, Vescovo e, le poiché, di nominare Ettore Gostanza, (^), si di Bandelle, il far san- di bellissimi di caccie.... era signori e baroni vi- La famiglia avea dunque ricuperato Francesco lità di il dei signori suoi figliuoli circonvicini i tutto l'antico splendore, di scrive ha molte castella con giurisdizione gue Badia castello della fermatasi, è d' tumulti » perigliosi i un a Saint-Nazaire, ritirò si certamente per quali furono morto Agen, re propose al secondo Fregoso, poiché questi era ancora metà delle rendite (1) Ibid. P. Il, Nov. 39. (2) Martin, Histoire de France. (3) Bandello, Novelìe. P. II. Tomo Nov. 43. di papa figlio di fanciullo, assegnato vescovato fu fiduciariamente delle, riservata la continuate da 1550 Giovanni nel il le libera- al Ban- alla famiglia Vili. -^ 213 Fregoso (^). Così è che aflermino Domenicano dell'ordine per divulgare lo Bandello il checché Vescovo, ma, e i Bandello passato pei- è suoi biografi i Protestanti confermino scandalo d'un Vescovo Cattolico, me che scrive novelle oscene, a il -- sia sialo pare assai dubbio che A buon Vescovo veram.ente. conto esso, che tante cose dice di non ne parla sé, mai. Anzi, scrivendo ad Ettore Fregoso, gli dice: « da qui a poco tempo saprete non questo honorato vescovato di Agen, si governa (') luogo »; ed in altro mancare poter vi che per voi dice espressa- mente: « Eitore Fregoso, dai re Cristianissimo no- mato sommo al Pontefice per Vescovo di Vescovato era dunque Il titolare del il Bandello forse ebbe prò forma di modo gerente, alcunché alla famiglia dei insomma che Certo è ch'egli non amministrò mai scovato, non si di ». ed vicario faceva al (^) co- Bandello. nessun Ve- mosse mai dalla casa della signora Costanza, non sorpassò mai ECHAHD. Op. (1) QUKTIF (2) Bandello, (3) Ibid. P. Ili, et Ettore, titolo Fregoso, non Agen la cit. Novelle. l\ li, Nov. 63. sua condizione, non Nov, 31). — ma dico di servitore, Ripete in luoghi sopravvanzate al e stampa le sue poema il tutte dimorò in Francia, oltre all'opera, Fregoso, dei divenne Ettore, Giano, quali Ageu L'argomento, che del Bandello gratulazione, petrarchesco dei a e III la 2\ che del. fosse conferma l'eroina vescovato del poema, del l'ideale Bandello, Lucrezia Gonzaga il A Monsignor i cit. il del primogenito al ManBau- Che contraria- domenicani, Giano biografi primogenito, stampati nel 1545 in calce di Paolo Battista non quale per rileva si dai ni al ita fatti dal Bandello e chiamatile Tre natività della figli vuol dedurre dalla lettera di con- si quanto affermano non Cesare toli ne a tre al- (^). Vedi: Quetif et Echaed. Op. (') novelle. che dava, (non so frone, gli scrive, dirigendola: mente le primogenito, e il poi in realtà ragione) vescovo di e nel tempo, che occupazioni all'educazione e sé d' Italia le carte Queste l'istruzione Gostanza, a saccheggio degli Spagnuoli e mette la ordine per di venire fa si Fregoso. solita frase, che, la e la liberalità vive e alle muse, in di cortigiano di casa moltissimi mercè l'amicizia — 214 : Capì- Parche del sir/nor Cesare Fregoso, poema Fregoso a tutto il e dalla prefazione volume. — 215 -^ deUo Ghienna ili ha alcun valore, perchè non (M, ragionevolmente nessuno crede all'autenticità delle che lettere, e tutti le raria di di Lucrezia furono pubblicate nel 1552, hanno in Ortensio visse parecchio conto d' Laudo, tempo bandito per sospetto un' impostura che e poi fini d' eresia casa nella fuori Del (). di che è, quella lettera per vedere che nuova Sconoscenza, della quale non si mente sospettare Lucrezia Gonzaga, donna, che in sua vita non ebbe sa se buono o mal suo può ribaldo, che di violenza in si infelicissima altra fortuna poema non trovò unita ad si un violenza, di delitto in Lettere di Lucretìa Gonzaffa già (-) Vedi Affò, Memoria di Lucrezia Gonzar/a S. il Giampaolo Man- (') pure: gratuita- Maritata, grado,, a frone, condottiere Veneziano, satira fede. (per quanto piccola possa parere) se non in sua lode di Matteo Bandello. leggere d'una buona e non di una congratulazione in chi resto, basta trattasi lei d' Italia, sa che voce corse in Italia a proposilo della dignità del Bandello! Fatto lette- cit. cit. Vedi Bongi, Annali di Gabriel Giolito de Ferrari e Ireneo Sanksi. Bracali, 1893. Il Cinquecentista Ortensio Laudo. Pistoia. — delitto, sua vita finì la 216 — carceri nelle dopo essere scampalo Ferrara, duca del patibolo, al di che mille volte meritava, ad intercessione della virtuosa sua e sventurata lo amò con una trimonio di non parla lei, mente vi il di santa. che forse disapprovò, poema nel di il nella opulenta e splendida al 1560 dimora i di suoi Go- vecchissimo, (^). novella di lieto fine una novella 1545, per pubblicare a e stanza Fregoso, Matteo Bandello finì realtà Bandelle parlarne. Occupato a raccogliere È una Del ma- benché sicura- 1538, lavorasse attorno fin verso probabilmente circa il nel poema, né altrove. Finge né non avere occasione scritti e quale lo compatì e la rassegnazione mai anzi di finire moglie, la sua essa stessa, a cui vita, ma in non mancano peripezie d'ogni sorta. Buona però, inoffensiva, morale, starei per dire; certo incomparabilmente più morale del suo novel- liere, il (1) quale fra parti, nelle quali Dalla Prefazione all' lumi del Novelliere fatta in edizione Lucca certo che al 1554 era ancor vivo. dei il Bandello è primi tre vo- dal Busdrago appare — — 217 nobilmeiUe onesto, ne scrittore elevalo, virtuoso e ha nelle quali è ignobilmente e trivialmente altre, Questa immoralità spicca licenzioso. quel fondo in va cui morale cristiana di necessità di Cinquecento è fatto di E spiana, lo contrasti; d'immoralità dall'accusa fende da sé a più riprese con giorni, che narrarlo. male il Ma scusa, che il sta nel fare Cinquecento il costume, anche suoi raffinamenti magnificenze. Quando brutali divertimenti una Lucrezia Borgia, (•) II. IUndello, P. III. (-) Nov. Luzio G cultura di si vede poteva ma Novelle. P. Italia, so- ai è nostri corrotto, nonostante sue tutti i esteriori e le in che grossolani e trovare un' Isabella I, fiacchi almeno questa ha in di- male, non nel il ed è ad un tempo assai rozzo, l'ideale si nuovo fismi, principale quello, rimesso a Italia in Bandello ma il raffina di più. lo il ('), non Italia in pulisce, lo Se non che collocata. tali su piii religiosi, e di uffici soltanto. Altrove è più scabro; artistico tanto Nov. 17, non sollazzo, Gonzaga 19. P. II, (^), Nov. 2. Eeniku. Biijf'oiii, Xaiii,, ecc. cit. Relazioni d'Isabella con Lndovico e Beatrice Sforza, citat. — Uno ^ quando una vede qual genere di si lettera privata osar di quando risposta, Bibbiena, il riderne e continuarli vede si poteva in schei'zi scriverle ma ed èssa non adontarsene, nella — 218 che in eleganti suburre, insieme con Cardinali e Vescovi, consentiva condotto fosse ostaggio che stampi? come mera- li Q), novelle del Cinquecento le un cenziose e che le giovinetto e figliuolo Corte di Giulio alla vigliarsi suo il frale Bandello Il Domenicano almeno siano scriva e le ha la li- coscienza delle proprie colpe. Negli ultimi dimostrata sua virili la tre canti eccellenza redentrice, zione religiosa e si muta donna la dell'amor amala si perfezione cristiana, trasfi;?ura l' inspira- il poema pentimento e di in dopo aver platonico, la donde scaturiscono un doloroso inno in poema, del "uida santa la alla sport ardito e innocentissimo era per lei passare a piedi il Po gelato insieme con e Renier. CuUiira già citata. (*) — e le Bandello. Novelle, Parte Archiv. della Società Voi. IX, A. tìinlio II. sue damigelle. Vedi: Luzio relazioni letterarie d'Isabella ecc. ecc., Romana Luzio Federigo Gonzaga^ I, nov. IG. di Storia Patria. oslngr/io alla corte di — patria celeste. quale il poeta zioni, e la La via si sua — 219 redenzione, della mette, è sparsa tutta rappresentazione per tenta- di poetica la ha una singolare rassomiglianza e quasi identilii col celebre Excelsior del Longfellow. ad un tempio, che è prima ser si confessa, degno si il deve giungere poeta un monte, cima ad in comunica, di salire alla sta volta è 11 monda si mèta, ed per es- modello que- il Purgatorio Dantesco, imitazione rara un Cinquecentista. Finalmente in ma pentito, assolto, riJDenedetto, la divina misericordia gli consente di entrare (e non è poco per l'autore del novelliere) nell'allegorico tempio di quattro virtuose donne, Beatrice sabetta insieme con Pudicizia, Aragona, d' Eli- Gonzaga Duchessa d'Urbino, Ippolita Sforza Bentivoglio, Ippolita Torelli Castiglione, e là aspetterà quelle che ancor sono in vita, Costanza Raii- gone Fregoso, x\rgentina Doria Fregoso, Margherita Pio del suo (') Sanseverino, Lucrezia Gonzaga, l'eroina poema ('). Per mal che vada, Bandelle Canto XI. Forse a maggior contraddizione colla licenziosità delle Novelle viene al il BandoUo un comunemente trattato di Etica dedicata a attribuito Marglierita, — 220 — s'è messo, con tante belle signore, in pagnia! Ma è soltanto questa tempio del cui sia Petrarchismo cinquecentista, arrivato, impudica nudità sono due punti estremi della uno dei Regina di documenù Francia: dal Mazzucchelli, e il novelle due i vita italiana del lati, anzi Cinque- Bandello sono più significanti e compiuti. ma si le io, maggior con- il cento, di cui l'opera e la vita del non è la piiì cred' quale del trapposto. Così però sono espressi i Pudicizia di una barocca invenzione, bensì superlativa burletta, nella loro buona com- è un errore di copista, rettificato tratta invece dell' pide, tradotta dal Bandello in Italiano. Ecuba di Euri- APPENDICI APPENDICE I. Religiosissimi Fratris loaunis Baptae CaUanei Ge- nuensis Vita per Fratrem MaLtheunì Bandellum Cislronovensem Ordinis Predicatorum ad Fratrem Aiidream Gorsium Geiiuensem ejusdem Ordijiis, feliciter inchoat. codice inedito, posseduto — da (Estratto wi da Benedetto Groce). Ioannis Baptistae Cattanei, cujus praeclaram mortein ne perpetuati! dixeiim vitam, scribere adorai sumus, Augustinum Cattaneum ex nobili et patricia Cattaneoruia gente satum... Natus est nono Calendas sextiles anno a salutifero Christi partu quadringentesimo octavo supra millesimum et genitorein fuisse constat octogesiraum. Ferunt enim obducto edituni. Quod apud plurosque, qui thodoxain fidein sum omen membrana circa Deum pensi habent, nialuin niliil et capite et or- adver- {Messo ben presto in banco dal libertà, di cui godeva, fecero sì, che: coepit vanis se immiscere amoribus et voluptatum illecebris oppido delectari. Ma padre i putatur. troppi danari e la precoce tocco dalla grazia divina, cominciò a macerarsi di giuni e di penitenze Frate Domenicano). ed A di- a volere farsi ad ogni costo Fratribus autein diutissime est repulsus, non quia sua^ aut aliorum saluteai desiderio flagrarent amplecti, ... non sed ne temere tote et in- — eum — 224 apud majestatem dimacularent colluvione, et adolescentem senioris animadversiouis reum facerent, si tunc facile susceptuni, nec nostrae piofessionis pondus inconsulto recipieutes, et se vinarli levitatis telligens, ve) destitutor post modum, vel corruptor aut tepidus extitisset. Verbis itaque et pollicitationibus per totum Fratres sacraa quadragesima} detinuere, ut ejus tempus ejus animum periculo proposito perseverantia probaretur. . . ipso in sancto Transacta deinde Resurreetionis solemnitate sanctisriima Fratres creber- rime pulsat, petitque, ne se sancto desiderio fraudent, se non inani cogitatione, non levitate, non puerili mota hoc sed tantum fine moveri, ut salvare possit animam suam, mille esse in mundo pericula, seque satis supraque ejus versutias caliere, se diu saeculi strictus catena fallaciisque deceptus libertatem iam aflPectare. Celebrabatur tunc temporis Mediolani congregationis nostrae senatus coque Prior noster contulerat. Verum enimvero quoniam, absente Priore, recipi inter nos adolescens minime poterat, rei series Mediolanum ad Priorum scribitur rogaturque ut Fratri Nicolao Fabiensi superiori detur venia quo illum habitu ordinis induere valeat. Venia exorata rogatisque in Capitulo sententiis omnium fere suflFragiis admissus est, etsi plerique obnunciaverint eum ita adolescentulum non debere recipi affirmantes. Sed quoniam Prior in dies expectabatur (jam enim celebratus fuerat expletusque senatus noster) visum est Fratribus ejus receplionem adusque Prioris adventum differri. Idibus igitur Maji Prior et una secum nonnulli Fratres (inter quos ego aderam) Genuam adventarunt. Quod eum primuin cognovit Adolescens, iterum gravius instat, nullamque requiem Fratribus permittit... Pi'ior quum eum allocutus fuisset nutare nos qui vidissetque eum nulla ipsius vacillatione eo veneramus acciri jubet nego- tiumqne proponit. Re itaque agitata, unaniiniter adinissus est, statutaque dies, qua io Conventu recipi debere. Fiiit e vestigio haec nota adolescenti, qui tanto profuiiis est gaudio, tantaque anioenatns letìtia, ut saepissime de jucunda ejus hilaritate habitus senno. Erat raihi cum suetudo, niultaque quandoque sit a nobis eo adeo mediocris consibi obiectabain, quasi inconsiderate habitura Religionis peteret, quaa ita fir- missimus ipse (vera loquor) destruebat infirmabatque rationibus, ut tnusantem redderet, non me modo, que hoc unum scio quod nihil scio, sed plures alios, qui hujus gratia cum eo sermonem habuere, Quum igitur optatissimus et faustissimus illusisset dies, quo devotus adolescens in conventu. ... recipi deberet, dum missarum sacra fierent, pedetentim versus conventum proficisci increpit. Quippe dom^sticos ne id scient pie sancteque fallere summo ardcbat studio, dictum non sibi a genitore suo fuerat (intellexerat namque eum religionis teneri desiderio) ne pedem conventu inferrent, qui longo fatigatus convicio assensum praebuerat Quartodecimo igitur Calend. lunias, qui dies erat solis, in conventu admissus est 60 animo atque intentione ut tres quatuorumve diebus in sseculari veste detineretur, quo re ipsa comprobaretur an verbis facta quadrarent atque ut genitori in ca^terisque parentibus si quid obiicerent, libere respon- dere posset. Vix coenobium adolescens ingressus fuerat, cum ejus Gcnitor id una cum Hieronismo rescivit, et ipso gnisque clamoribus claustri etiam limina concitoque gradu, filio advenit, ma- complet, Priorem alloquitur conqueriturque: filium sibi eripere velimus, nondum atamen falso asseruit) ex se Fratrum imprudentia, qui puberes ad Religionem invitent, quos satius esset domu ad parentum curam remittere. Responsum sibi utpote qui epbebis excessisset. Masi. (id Mirari 15 — •226 Ioannem Baptistam ex ephebis excessisse jamque et Religioni fore quam aptissimus. Bene quoque visus est de filio sperare Fratresque adolescentis bonam habituros curam effecturosque ut brevi de ipso magna superapturus gaudia. Nullis tamen est adolescere verbis Augustini indignatio sedari etsi plui-d in medio obducta data profluebant leprimique potuit, quae facore debuissent satis, quaì etiain cuivis curioso et obstinato ora pr*clusissent dimonuissentquo animum a priori sententia. Abscessit Augustinus cuin Hieronimo extreina minatus, ni Ioannes Baptista illi restituatur. Mox, ut ipsi abiere, Cattaneus et Stephanus, duo ex Augustini filiis adventarunt, quibus eum visendi atque alloquendi copia, abunde lachryma?, sed sint ex eorum ita suis facie eos verbis largiter et adolescens est consolatus, ut qui eum a sancto proposito dissua- ferme ipsi suasi suri veuerant, remanserint. Augustini gener Francus Grimaldus et infestivo ingenio, qui Aderat subagresti honao eosque verbis et contumeliis progressus est adeoque in maledicta se effundit Francus itaque Grimaldus ubi eum Ioanne Baptista colloquium habuit, multaque nitro citroque dieta fuere ferme e linguis redditus est et qui paulo ante vastis vociferationibus simis admodum omnes se terruisse optimi adolescentis credebat, rationibus paucisvictus Grimaldus noster, discedunt et duo quos dixi Ioannis Baptista^ germani, secum tacite submurinurantes ejus inconcussam mentem et mirantur et estollunt Verura enim vero tyrunculi Genitor, ubi se filios generumque elusos videt, sevius denuo bellum fìiio parat, singulaque assiduo cogitatu meditatur, quiii juvenera illicere possint atque secum fermissime deliberat vel extrema pati potius vel eum ad perditionem trahere. Revertitur itaque ad Conventum et una secum universa ferme Cattaueorum pròest Discedit — 227 genies obsident invictissinii animi adolescentern. luel- oleum mellita, qu£e vel saxa litaque verba et super unditjue emollissent, scque spatium colligendi Respirandi effundunt. tyrunculo teiiipus minime conce- sed urgent, instant, premunt, cogunt, atque mi- ditur, nantur; heu generosi quo meruit poenain iuvenem senes, si multis fallitis unum? ^Minime tamen eorum vel minis, vel pollicitationibus motus est adolescens {Segue una discussione interminabile tra il padre, il figlio, gli aulici^ i frati^ il Priore, inutile anch'essa a smuovere il giovinetto. Convengono di farlo condurre da tre frati., facto? fra i sed qua3 quali gloria carsi Bandello., in il vento., donde., colla vestra secondo nonna., vano anche questo il la viri, est, si una casa succursale al con- desiderio del padre., potrà abboc- madre tentativo). e la sorella. Itaque Ma riesce inconsideranter quodam sacrari! liostio patefacto Aucum duobus filiis et genero plurimisque aliis conspirationis consciis armata manu vi ingrediuntur ut fit a fratre gustinus extrema minantur ni D. Ambrosii aditum praastabat, eis patefaciamus. Erand apud me postici claves, quas illieo in sinu reposui. Sed quid contra tam validam annatorum manum, inermes nos agere poterauius? Mea certe arma, non venabulum et lancea, non et gladi us, non pugìo et graphius, non ea denique sunt, quibus humanis etfuditur sanguis, sed ea qua) vocantur spiritualia arma, et in primis crux Chrìsti, sicasque et graphia vibrantes posticum deinde quodam in sacello stilos et pugilares, calami, libri, lucerna, ca";- teraque hujusmodi studiosorum arma.... Tres eramus imbelles numero, sine viribus Ne n temperari fa- ira.... Francus Grimaldo pugionis capulo me in occiput percussit. Fratrem Silvestrum Cattaneus et Hierouimus ex Angustino geniti multis ictibus (inaniter tamen) cecide- 'cile nec reprimi potest stricti ensis OOs runt. Fi-atri Angelo de Pellice Laico, qui ante hostium stabat, scapulare a quodam ex coniuratis sica dilaceratus est. Sustinuimus aliquandiu, egre tamen, eorum impetum, sed tandem propriis deturbati sedibus loco eessinius. Sed quid plura? Ex eis quidam Ioannem Baptistam per cassariem rapiens, renitentem eum et magnis vociferantem clamoribus, veluti gangetica cervie lactentem foetuin per silvas tigres opacas abducit, Extractum ex tempio ado~ sic ex sacr;ivio extrahit lescentem domum deferrj coeperunt Quferitabat ingeniosus adolescens evadendi viain.... Itaque intentatum relinquebant nihil quod fugas obstiteret, sed custodiis ita dam omnia firmata erant ut ne tuto se committere posset nitore et germanis ad fenestris qui- Postridie a ge- mensarum forum ductus est il- licque eatenus detentus quoad erogandis pecuniis finis Qaid faeiat Ioannes Baptista, qui omnia quo reverti ad nos posset? Fugam custodia claudit, sed grande doloris ingenium est miserisque venit solertia rebus. Contendit ab eo genitor ve! minis vel precibus extorquere ne nostrum amplius ad conventum veniat, neve coeptam prosequatur provinciam. Vis est itaque adolescens haec non aspernari, sed corde omnia meditabatur, ut quam primum Ordinis habìtum assequeretur. Pater ut filium segni us agere videt, magni gaudi plenus remansit, atque custodiam minuere occepit, quod ut sensu solers Christi miles, nactus opportunum tempus, custodibusque deceptis, concito gradu venit ad Fratres, rogavitque enixissime ne se linquerent, sed tamdiu exoptatum habiimpositus.. .. volvebat animo, i tum ei traderent, periculum. sertim, ne se sua? Verebantiir si constantiae nonnulli ex evidens dedisse senioribus pra--- tnne reeeptus fuisset ad majora novanda facinora ejus genitor incitaretur. Prior quoque itidem formidabat. Ea propter domum reverti illuni compel- — quem lunt et 229 debue- e vestigio Ordinis habitu vestire hanc rem in aliud differat tempus hortantiir. Vidisses tune adolescentem deinisso vultu pedibus domum ire, corde tamen manere. Perendie deiiide bora prandii denuo revertitur eamdernque rem identidem petit. Eratit complures qui tunc euin recipienduin oninino esse affirinabant nulloque pacto tam longa rant, ut conperendinatione eoruin eum esse detinendum, sed sententia babita Tandem erat timor qui est post longas bujus siones a Patribus conscriptis ut superior timebant, non ubi rei discus- cum primum Ioannes Baptista adveiiisset in nostram reciperetur societatem decretus Posterà est. pusculum dun noctis occiperet crecum omnia ad vota die, rediit adolescaus, cui successisse disesseinus, supplices tendens ad sidera pai- mas Deo Opt; Max. immortali immortales gratias suo modulo egit. Nani possem verbis consequi quo prò animi ardore, qua devolione, quo mentis affectu Orbabitum peteret. Dubitantibus quibusdam ne dinis denuo raperetur eique dicentibus an timeret, sic requam diu pretextam Lane gero. At si me sacro habitu vestro indutum videro, ita ero spondit: timeo equidem firmo et mendum constanti animo, ut nibil oiiinino mibi ti- sit. Incipit liber secundns viiae fiatris I. B. Cattanei Ordinis Praedicalorum. Anno simum a partu Virginis quarto supra quìngcnte- milesimum ad undenas Calendas lunias. lulio Secundo Pont. Max Romana3 Eeelesi;« Preside et Maet ximiliano babenes Imperii Romani moderante, Ioannes Baptista nostra in sacr;e roligionis est. [Segue la descrizione militia dcUa fuìizione per ascriptus la vesti- 230 un frate, un lunghissimo — zione fatta da che malato, discorso di quel frate sui che e il teneva le veci del Priore vot'\ Cattaneo sta per pronunciare, la risposta di esso finalmente sono narrati fratesca. i primi giorni della sua Quindi continua:) Verum enim vero dum vita pestis omnìuque tumultuarie in urbe ageseptimum Idus Junias, qufe dies est Veneris, prò majorum imperio devitandaeque pestilentitc gratia Albarium me contuli. Est atque Albarium Villa in Genuensi agro omnium meo judieio amoenissima, duobus minibus passuum a Genua distans, ubi coeli saafFatim pullularet rentur, ad luberrima est temperies, situs amoenissimus, itemque iucundiosimus, coelum hyeme temperatuin, estate ge- lidum fleuntibus semper lenissimis auris, nisi quando hiberno byberno, temperies, flante interdum Borea, aliquantuluin frigidior redditur, sed hujus loci amoe- nitatem cum scribendo verbis assequi quum plurimae minime valeam, ne fiam praetrermittam. riduculus, Albarii igitur venustissimae, Conventus nostri S. Mariae de Castello Fratres locum et ipsi habent villulaque non insuave: postridie ilaque quam bue me contuli, Frater Ioannes Baptista cum fiatre Paulino Maiolo Genuensi economo advenit, advenereque reliqui fratres qui illic deputati fuerant; erauius duo de viginti capita duobus exceptis villicis. Disposueiamus omnia ita recte et ordinate, ac si in conventu fuisseinus, divinas laudes, inissarum solemnia, comunes orationes nostro prò modulo et prò Pifoìiiio tutti i sint loci angustia muore di peste e villae e il dissimo, Girolamo, villa e cerca domum secum et agitabamus. poiché suoi confratelli, compreso assistito e ctiruto alla civium quideni {Intanto sema nessuna il Fra cautela Cattaneo, l'avevamo pericolo dclV infezione era gran- uno dei fratelli del Cattaneo, accorre persuaderlo) ut, relictis Fratribus, pergeret, (juo peste vitaret, cui non ab- — 231 nuit modo, sed quod ampliori admiratione dignus est, in liaec verba respondit: frusta niteiis, Hieronirne, et in cassuin laboras arenaeque semina mandas. Decrevi omnem quam Frate cum è colpito di peste paìi per il eis ed cum Fratribus. in {Intanto nn aìtro morì Priore aduna il i princi- Eram ego Bandello) dum haec agerentur, cum Fra- deliberare {continua tre vitam victurus suin religione vivere et chi debba assisterlo). in fructiceto villae nostrae, sede- Ioanne Baptista bamusque ambo super quemdam puteuin atque variis de rebus invicem eolloquebamur. At qui ubi haec magno cognovi, perculsus timore, mentis formidinem, vultus pallore manifestavi. Tum adolescens: illustris ne dubita (inquit) mi Matthee; nondum venit bora tua, bono esto animo, spera in Domino et fac boni« timorem tate et ipse te enutriet, pelle e pectore verbi- sque meis erede. Scio quid loquor. Illacrymans deinde inultisque einissis suspiriis: at ego (dixit) infra quattriduum, tetrum hoc corpus relinquam dignaque factìs Tu praemia reportabo. hoc anno peste non morieris; ego, uti spero, ad beatorum regna proficiscar. Morien- dum nam uiihi omnino est, tibi meam animain (etsi commendo me amorem, quem vi- currenti equo non sunt adhibenda calcaria) oroque, ut inirificum venti fiet, iiiihi in etiain cum primum hominem si rium tuum mortuo habes, quod serves, exuero, totum tunc psalte- mihi persolveris funerique meo parentari cura- operam veris, adhibueris bus. » Kon remansit mea ut itidem ab aliis in facie bis auditis fratri- sanguinis gutta, sed mortuis simillimum videbar. Quis scribere, quis cogitare, quis stias et cordolium referre posset mentis mene mole- acerbissimum, nisi qui aliquando carissimo socio privatus fuit? Tsunquam tantam cedinein in ejus conversatione habui, dul- quantum tunc moerorem ex ejus verbis accepi. Sed dum rediissem 232 ad me atque animo ejus verba volntassem, coepi eum reprehendere ac arguere, quia bis nugis animum adhiberet. Eum nam inconsulto et ut saepe fit ex imaginatione loqui aibitrabar. Quapropter ejus verbis non facile credebam, sed ipse magis ac magis quae dixerat asseverabat. Quaerenti vero mìhi quonam pacto baec sciret: « quid, inquit, ad te? » Ncque mirum neque impossibile inciedulis hoc videatur, quod Deus Opt. Max potens huic adolescenti mortem revelaverit, sit ex lapidibus suscitare filios ouum Abrabmae, idque quamplurimis saepenumero manifestaverit. Cre- omnibus Fratrem Ioannem Baptistam visionem aliquam habuisset, quod ut credam, id quod scripturus sum me cogit. Celebrabatur eo die Beatissimorum Apostolorum Petri et Pauli vigilia omnesque ieiunabamus. Dum ergo advesperasceret meque ini templum, orandi gratia, conferrem, in vestibilo, quod claustrum a sacrario distermi nat, eum multis foedatum lacrymis atque de tempio egredientem offendi quem eum salvare jussisem beneque sperare: Jacta, inquit, est alea. Dura; peregerunt pensa sorores, ha^e sua retrofila revoluunt; utinam solus ego mori duntaxat deferem, sed complures alii decedent. Vidi nunc plerosque ex fratribus nostris ad conventum nostrum S. Marite de Castello pheretro mortuos efferri, quos omnes nominatim aguoseo; coeterum ne inconsiderater loqui me pntes, crastina die eum primum dilucidabit. Fratrem quemdam peste infectum comperies. His dictis ipse in celia, ego vero in templum perreximus. Non solum autem mihi, sed et aliis quibusdam hxa quie scripsi enarravit. Postiidie eum aurora totum jam jam ciarere orbem accepisset, proficiseerque in villam, in xisto conveniens me Frnter Joannes Baptista: « lieus, inquit, Frater Matthee, tradidisti ne oblivione qua; esterno vespere tibi dixi ? » Apprenhendens deirde me manu. ditur ab — 233 Fratrem Paulum approbatum demonstrans, qui glandulam ingulnarìam Andreas ducensque in claustrum atque digito Vercellensem, virum longo Religionis jugo medico, ostentabat: « disce, in- Ponzonio, prjBstanti jam verum esse quod locutus sum. » Eo die, omnes fiatres sacratissimum Christi corpus cuni lacryniis et maxima cordis contritione sumpserunt. Post prandium autem dum fratres nonnulli in nemore, quod in Villa versus orientem emìnet, sub quadam castanea quit, molti in lierba consedissent, Fratrer Joannes Baptista (ut postmodum intellexi) ante omnium pedes humi humi li fle- bilique vocula ab omnibus veniam deprecatus est. Ad- prostratus, si aliquid contra eos deliquisset mirati sunt Fratres singularem ejus actum, sed cujus gratfa factus esset ignorabant. Exnsculati os autem, optimum adolescentis ingenium enixe vere laudabant et extoliebant magnifico. Abscessit deinde ab eis laito jucundo vultu, seque in cella eontulit et quod pestileritem aegrotaret aegrotationem illieo declaravit. Advenerat ea bora Hieronimus, qui eum secum ducere volebat, ea adductus ratione quod adolescens antea visus fuerat acquiescere, sed divino gestu Consilio crediinus, ut nane adolescens adversa passus sit valetudinem, quando a Fratrum consortio dimoveri et debebat. Verum nullus fratrum sibi persuadere pote- quamquam Fra- rat, eum tres Pantaleo et Agapitus Genuenses manibus propriis juxta pestis contagione focdatum, pubem glandem inguinariaiu umtrectassent, fun- debat abunde hlcr^-mis dolore, lamentabat. . . seque . gravi Cum primam cnpitis vero afilictari suam in cellam ductus est (descenderat nam ex cella in claustrum ) Christo Op. Max. se commendans in lectu se jamque iiivaleseebat et incrudescebat mor- bus, nnllai rationes medicorum, nulla j)liarmaca pro- reelinavit. derant, pestilentia' vis lucdullitus inliaerens, pedeten- — 234 — tim emergebat in robur, virulentuinque venenum totum per corpus diffundebat devotus adolescens innosam. Mirum revit ferre. febriebatque ingenuus febreni et vehementem et atque aeru- tempera- est quarn cito a lachrymis experitque gravissimum morbum forti aninoo Nani ubi in lecto se posuit, visus est onmeni abiecisse moerorem circa ; secumdam vero noctis ho- Agapito ad ejus cellam me contuli quesiviqee quam recte se haberet, tanta siquidem sibi me devinxerat charitate ut ad eum accedere minime pertimescerera fidebam tunc (ut ingenue dicam quod sentio ) haud parum ejus verbis, quibus hoc anno me pestem non perpessurum affirmavit, quippe qui mihi prffidixerat, commodum compleri intuebar. Videns au- raui cum Fratre ; tem Fratrem Agapitum ac me ipsum foedatum la- chrymis: ecquid, inquit, illacrymatis ? Ridens vero serenaque nos intuens facie: convalescebo, inquit, brevi et quidein ocius opinione, nani mihi medicus Quod ego audiens, cum, transBxus dolocoepissem durius fiere, tuia alt ille: quid est, Fratres, ut tanto vos dolore conficiatis ? Stat sua cuique dies, impievi cursum, qui a Domino datus est, est Christus. rìs iaculo, plura loqui, jam lingua balbutiebat et somnus sensus oppresserat febrisque in ardore aestuabat. Dimisimus igitur illum et ad cellas volentique gravior nostras profecti sumus. Postridie, qui dies erat soli ingens civium et matronarum Genuensium ad nos factus est concursus, qui onines uno ore obsecrare orareque nos coeperunt ut separeremus nos summo mane ab iis, qui ea omnes nos pestilentia; teterrima e vestigio mederi lue infecti erant, alioquin morituros nullamque magis rem quam fugam.... Plerique igitur matronarum precibus acquiescentes in Postquam nemore sub d'o sibi tiguriola construxere in nemus profectus sum. vestes et omnia, qua? nobis nostrum piis — 235 -- necessaria, a pieiitissimis erunt quibusdain mationis delata, quie nostrani salutem ita affectabant ac Adeiant genuissent, reperi giique viri, qui proprias si nos et nobiles plerique egre- certatini vestes offerebant modum nosque sperare adhortabantur. Rebus in lume compositis in tres partes divisi sunius. Prior cuin quin- que fratribus una degebat, infecti peste, et qui eis astabant, maioreni loci partem occupaverant. Nos qiii septom eranms, nemus possidebainus. Villa omnibus communis erat {Ad uno ad uno gli appestati muoiono tutti e il Frate Cattaneo con essi). Extat nieum in ipsum epithapliium, ejus sepulcro affigenduin, quod ne quis illud desideret, hoc est: Viator pientissime, tanietsi properas, hoc te deinde quod scriptum tissinutì indolis, optin>i saxum rogat, amenique ut se aspicias, Adolescenti specta- legas. est, ingenii, Fratri Joanni Bapt. Cattaneo Genuensi Augustini Cattanei Genuensis patritìi fìlio, qni duni vix quintam excessisset trie- teridein, atque ejus geuas nondum pubescens lanugo vitiasset, invitis parentibus, nem ad Prajdicatorum Religio- convolavit, in qua quadraginta dumtaxat diebus exercitus, suinmaj virtutis et probitatis atque bene instituti animi inditia dedit, morte nutu, infra quattriduum sevissima prajscita, peste divino interrempto, Frater Mattheus Bandellus Casti onovensis socio benemeriti dcflens dono dedit, dicavit posuitque lubentis- sime. Anno supra quintesimum atque millesimum Cai. Quintiqua die iniqua eum mors abstniit. Care viator, libiis, abi. a salutifero Marita Virginis partu, hoc volebam, n>scius ne esses. Vale quarto APPENDICE F. Malthei lalis Baudelli Oralio prò Ord. clariss. II. Pr?edicalorum Imperatore Gonzaga Marchione Mantnéie IV, da un rarissimo opuscolo, siìizio, e — mancante Pareri- Francisco (Estratto di fronti- appartenente alla Biblioteca Comunale di Bologna). .... Accepto Fi-anciscus a Venetis tlorentissimo Parmensi agro ad Tarrum fluvium consedit. Affuerunt continuo a Lodovico Batta<*'lia Sfortia validae militum copite. lain , Taro Carolus qui tenebras et funus Cisalpinae Galli» minitabatnr Apenninutn tenebat: incendioque Pontreinulum absunipserat: vi sibi viani facturus, si qua ire vellet bona venia non liceret. Insederat exercitu, in Italovum Tum exercitus Gonziacus pugna Dux sinistram sa;pe Tarri testatus fluminis fore ut ripatn. vel una qaìe instare vidcbatur: Galli suaj vanitatis ad- vìrtutem non esse, nioniti facile intelligereut Italicam ut ipsi falso pra3diccrent, oninino extinctaui : Venetis quorum iniussu prtelium committere integrum non erat, certain victoriam pollicetur. Ubi igitur legatisi sibi eo Galli dextero Tarro sine strepitu cessere, ut jam et clamore pro- Italiani exercitum in procinctu stan- tem ex adverso intuerentur, subito bombardarum iaetu aderti sunt quiescentom incessere. Gonzaga ut ferox — 238 erat atque pugn;e avidus « quid stamus, in(juit? Incessentium sunt haec: non abire volentium ». Erant in Venetis castris Legati Melchior Trivisanus et Lucas Pisanus. Tum Trivisanus ad Gonzagain conversus : age igitur, et quando aliunde vis orta est, eatur quo liostium vocat iniuria. Utero imperio, et quod Deus benevertat pugnain capesse ». Nec uUa deinceps mora « fuit. Canentibus signis uno tempore pluribus est locis Gonzaga autem omnium pri- in hostem procursum. hostem transfixit hasta: fuitque circa eum prosperrima pugna. Ita autem equo sublimis ferebatur itaque fortiter pugnans. mus in adversam aciem invectus, : uunc sapientissimi Ducis, nunc fortissimi niilitis muuere fungebatur: ut Gallorum metus ad regem usque, qui in medio erat agmine persuaserit. Qua ille suo- rum consternatione perculsus regia exivit insignia, ut minus in dubio pugu£e eventu esset nobilis. Galli in aperto discrimine destituti ex metu et desperatione audentiores effeoti, multa vi connixi pugnam restituunt impressione eos pene terga dare compellunt. Cecidere tunc ex Gonzagse exercitu multi viri illustres: inter quos Rodulphus Francisci patruus factaque in Italos et manu promptus eonstantissime pricmagnum hominibus documentum dedit: quanto vir Consilio liando potior quam esse debeat probis vita sine dignitate. viris dignitas sine vita, At Franciscus quum rem ad magnum aliquid audendum triarios reddiisse videret, ratus traballi hasta accepta et ad fortissimos comrailitones, qui eum freqnentes cingebant conversus: « eia, commilitones fortissimi, Tum me duce, in cousertissimum ipse primus advolans obvios quosque solotenus prosternit. Nec defuerunt commilitones Duci dixisses Eridanus ruptis aggeribus fata arbores, mapalia armenta pastoresque agmen irruite. » in medios hostes foeda colluvione trahentem. Ita acie restituta Gallum 239 loco subiiiovet et in fuga vertit Borbonio Xotho, qucin per se egit in castra captivo autem Gallo ademptis, qua est hostis proficisci. Quod si abducto. Gonzaga Iinpediinentis voluit coactus co die Sfortiani debitarn navassent operam et levis armatura Venetus equitatus, ut Franciscus ordinaverat Gallum a tergo esset adortus, captivus profecto apud Gonzagam Carolus pulcherrimann illustrasset victoriam. Quanta autem indole, (quanta fortitudine, quanto animi ardore Franciscus eo die pugnam commiserit, pugnaverit, inclinatam aciem solus restituerit, hostes palanteis egerit, scio me ora- non posse. Illud testatum coiapertumque omnibus esse nenio prudens inficiabitur Carolum retione consequi Gonzaga inter Gallos cruento ense maximam stragem edentem vidit, ad eos qui circumstabant dixisse: « si Mantuse hic Princeps prò Aragoniis in regno Neapolitano stetisset, actum mehercuie erat de nobis ». gein ubi Tentavit autem Carolus misso ad Franciscum Argentoni Principe eum sibi conciliare: promisso illi qua- tuor Civitatum in Italia imperio et perpetuo stipendio. Sed Franciscus vare, aures nunquam nibil potius promissis regiis se quieturum setta. Victus itaque puit. Quum apud nisi ducens quam non fidem adhibuit: Italia in libertateni Carolus Ticinum versus Stratellam agri Ticineum ser- testatus as- iter arri- oppidum negocio capi, idque maxime Gonziacus dux appeterat: Lodovicus Sfortia ita tralientibus fatis fuit in causa ut Gallus Hastam consedisset ])0ssetque vel brevi incolumis pervenerit. Assequutus est Gonzaga, fugato regc omnium simarum claris3Ìmo domita([ue gentium bellacis- amplissimam. Celebre ejus tota Italia nomen esse; nullum illustrius facinus pnudicari. Quod si laudatur omnium ore Annibal quando cum Romanis bellaverit; estque in pniecio Marius quando Cimbris fuderit et in coelum tollitur Caesar ferocia, victoriam \ — Galiorum quod ferocissimam laudatioixe, 240 quibusve gent,em honoinin qua subagit; Gonzaga titulis di- gnani ceusebiinus, qui Carolum, regein potentissimum Belgavum, Celtamm, Aquitanoruinque exercitum flo- rentem, Italicis eliam ductoriljus et militibus instru- Parthenopem ingenti elatum magnosque eiBautem spiritus, vicit, debellavit. in fugam veitit, Italiaeque possessionem decedere coegit ? ideo in Italia, ubi dumtaxat, quemadmoduin cturn atque ob devictam superbia, Imperator AnnibaI vinci Itali possunt, ille Gonziacus Dux ubi Tarrensi pugna feliciter est de- aiebat functus: : Novariam cum victore exercitu profectus Dutn Novariae sederei, Veneti ob rem ad Tarrum Assedio ,. __ gestam omnium suarum costrenue ^ di Novara ,,. piarum iuiperium illi deerevere, daturque ut summi imperatoria titulo fungerei. Missa civitatem obsidione arctissima cinxit. , sunt et publica signa cum argenteo usque, duobus ad id patritiis cello et Georgio Hemo. Erat sceptro Novariam destinatis, Petro Mar- Novariensibus Ludovìcus Valesius A.urelianensis Dux, quera postea Francoruni regem vidimus, vir militari virtute et pruprtesidio dentia in Gallis ea tempestate summus. Carolus autem valido circa Hastam coacto exercitu totis viribus adnixus est obsidionem solvere, caduceatoribus saepe numero missis, qui brevi se liostibus afFuturus uuntiarent, ut da summa rei cum bis deeerneret. Ad haec dissipandos rumores curavit: fore ut brevi Novariam copias admoueret. His enim vanis terroribus persuasuni habuit posse fieri, ut obsidio metu solveretur. Sed ea fuit unius Gonzagse constantia, cui publico Ducis Sfortiani Venetorumque decreto commissus erat, ut diligentissime auimadverleret, ctando represscrit. ne quid Italica li- Galiorum conatus cunNcque enim imperatoris eam esse bertas detrimenti caperet, ut — laudem esse, in 241 pugnandi quod duin plerique veterum soluin existimabat scilicet et cupìdum recentium ni- proni fuerunt. se et alios facile pioecipitaiunt: sed Consilio et prudentia rem bellicani felicius admi- niis nistrari putabat. dum Meminerat IM. Varroiieni coliegani non audit infelicissime apud Cannas pugnasse. Mi- nutiuin quoque Magistruni Equituni, cui cum Fabio Max. Dictatore ajquatuin fuerat imperia m, pene ciun omni exercitu circumventum legerat. Domesticas quoque majorum laudes disciplina militari partas, resque ab illis felicissime Consilio semper administratas sciebat. Et profecto pugnam ubi semel commiseris, teque alea3 dederis, frustra Fortuna m rebus accisis accusabìs. Ita sedendo bellum Novariense Gonzaga confecit. Age vero qu» nain hostium. strategemata tanta esse potuerunt, Gonziaci ut imperatoris militarem scientiam effugerint? Qui eonatus, quos ille virtnte non superaverit? Qua3 seditiones, quas summa aucto- non compresserit ? Quoe bella, quie felicitate non confecerit? Quid ejus laborem in negoeiis com- ritate memorem, in periculis fortitudinem, industriam in agendo, celeritatem in conficicndo, in providendo consilium ? Qui\3 tanta in hoc uno fuerunt, quanta in reliquis omnibus imperatoribus non fuerunt. Erant in Germani, aliique multi diversarum nationum homines, quos summa auctoritate Franciscus semper dicto habuit obsequentes et inter se coniunctos, adeo ut in illius castris nunquam sit tumultuatum. Nihil, viri Manthuani, aut fìngo, aut amplio. Video multos heic astare, qui eo bello sub Gonzaga ordines duxerunt, qui sub eo militarnnt. Vos igitur appello, qui in ea obsidione egregiam illi navaslis operam, quain et rei neejus exercitu Itali, Epirot;o, Dalmata;, Helvetii, cessitas exigebat et virtus vestra quoque, Joaunes Gonzaga, cur Masi. pollicebatur. Te non appellem, qui eo 16 OjO Gallis suppe- tempore, jubente fratre, Allobroges, ne tiam ferrent, dornuisti? Yos igitur omnes Ecquem unquam Imperatorem non dico vìgilantia, legeritis, aut ab aliis videritÌ3, sed testes cito. prudentia, pari aut ipsi pari per voa fando acceperitis. Scio non de- me elinguem frigidumque judieabunt. Et non ea ego sum eloquentia, non eo dicendi futuros qui profecto lepore prteditus, ut tantam rem prò dignitate possim. Adnotabo proinde loca scitu tractai-i coramemoratio- neque digna, eaque vestros ante oculos ponam. Alii vero, quibus Romanae facundiae majestas arridet, en- comia parabunt. ut qux ego meo more epica lingua exasciavi, ipsi Romana quandoque dolent. Casterum, ut unde digressus sum redeam, G alias spe retinendaì Novarise frustratus, urbem reliquit. Quam Gonziacus Imperator statim Lodovico Sfortiae restiluit. Illud vero praeterire nullo modo possum, tanta eo bello fuisse Francisci innocentiam, tantam temperantiam, tantam fìdem, tantam facilitatem, tantaiDque humanitatem, ut instar miraculi habitum sit, imperatorem pene adulescentem, qui magnis priwesset exercitibus, juvenile aut teuierarium viri Mantuani, quam gessisse nihil. Recordamini, supei-ioribus annis Maximilianus Caesar Patavium obsìderet, quibus calamitatibus Vicentinorum Verouemsiumque ager sit a sociis affectus, quot rapinas, quot incendia, quot funera, quot devastationes Civitates illte pertulerint, ut si liostis circa muros esset eaatramentatus, non plura timere debuerint. Atqui Franciscus ita Xovariam suum diixit exercitum, ita illic duos pene menses consedit, ut non modo rnanus tam numerosi ezercitus, sed ne vestigium quidam cuique pacato nocuisse dicatur. Renovavit Bellisarii summi Ducis inemoriam, qui bello Gotbico numerosos exercitus per Italiam ita pacate diixit, ut milites pendentia ex arboribus poma tan- — 243 gere non auderent. Jain vero ita faciies aditus ad eutn inilituni omnium etiam feiimma liac linmaoitate putatis, existìinari summos intìmosque autem ejus Inter Fideni tjljstruxerit. gregario tum seinpcr futre ut quam etiam a^que sibi quantam sotios liostes saiictissimam enim ^urelianensis Novariam ad. Carolum se conferret, Francisci fide acceiita profectus est. Sed nulli niirum «336 deliet eam sibi Franeiscum pene adulescentcn» ftucthoritatem comparasse, quam ne veterani quidam Iinperatores et multis bellis exerciti vendicarunt. Cuju8 €nim unquam imperatoris in obeundis negociis labor major? Cuius in agendo solertia par^ In rebus dubiis judicarunt? Ludovicus ut Vereellas derelictnrus consilium? In subeiindis periculis presentius prudentior, fortitudo constantior^ Apud audacia inilites, apud den'qie apud omneis. CUJU3 auctoritas plenior, gravior, firmior? Novaria itaque Franciscus Sfortiano Imperio restituta et inter Oallos ae Insubreis pace confocta Vereellas ad Calolum regem visenduni proficiscitur. Carolus liumaniasime Franciscum compieOnoranze e trionfi XU9 multa de illius virtiite, di Francesco Gonzaga socios, apud etiani ipsos hosteis et fide, fortitudine, felicitateque prajfatus, iniris illum laudibus decoravit. Rcdiit deinde Franciscus Novariam ad exercitum, duobus a rege nobilissim's equis donatus, (quorum primus aureis mille fuerat a Carolo emptus; dimidio iniiius alter. Ita Gonzagti) virtus etiam apud liostem acerrimum fuit in precio. Profecto deinde Venetias summa est omnium Barbadieus Dux Bucentauro navi illum exei[)i voluit, et triumphanti similem per mediani urbem ad aedes regali apparatu publice instructas develii. Bucentaurum vero purpura et auro insternere in liujusmodi pompis Veneti consuevcrurit, qua- nuiic remo, nunc velis. sae[)iu3 remulco laetitia execptu3. Augustinus — 244 agitar. Sedebat Princeps in puppi auro stiata. Assidebat Patiiciorum ordo destra levaque majestatis et atque Tubaj, tib"teque silentii plenus. alia genus id Bucentaurum sub urbana precurrebat navigia. Haec publico sumptu auleis instrumenta circuinsonabant. et festa fronde in Topiarii operis rifice exornata A visebant. altiuscule surgebant: modum prora quorum mi- pulpita fastigiis pueri puellasque eleganti forma cnltuque exquisitissimo titi inflexa puppi et alii men- alios genios latenti machina subnixi puro aptoque aere iibrabantur. Hi aurea svstra, rum dearumque gestabant tbyrsos, aliaque illi insignia. Deo- Inferiore grndu adulescentes in tritonum et nymi)harum species figurati, qualiscumque statu suo tantum uno concentu subvebebant. Aurea ad hsea signa toto navigio defixa ventoque ajritata; et in primis vietrices ipsius Gon- tam voluptuosum, quod merito buie uni zagse aquiliB speataeulum praebebant propemodum ut nullnm sit comparari possit. Cymbarum offici! aliu i Bucentaurum tanta vis sequebatur gratia ac spectandi studio, ut quam longe lateque toto stagno iert prospectus tegerent aquaj fiequenti eomitatu. st£e rei peritus Quam diligentius versas agnoscat ab ea, dam rei pompam, si quis vetuhaud multum di- spectet, quam veteres scriptores in Quiritium triumphis prodidere, etsi rei quonformai Habebat, fateor, aliquid ille currus et vieti Reges ac duces. Habebat per multum tota pompa, in qua uibium simulachra, aurum, argentum factum inftctumve ac signatura, clypei, tela, signa aerea et marmorea hostibus adempia, lecti trìdiversie. ante curruni clinares aurei atque statuse et alia eximia? artis precii permulta. Trecentos ac viginti triumpbos Romano Im- rerum scriptores enumerant. Sed unus Gonzaga si tempora consideres antiquitatem illam omnem admirationis plenam pneeelluit et ne perio incolumi optimi — verbo invidia sit, 245 omnium triumplios oequavit. Arcus, currus, eleplianti, tigres, leones et ignota abditarum gen- tium animalium uni Gonzngoe majestati cessenint. Sequenti anno Ferdinandus Junior NeapoGuerra litanum regnum magna ex parte eiectis «elle Pu^'lie Gallis reeuperaturus videbat, nisi Vergi- nius Ursinus magni in re militari nominis in Apulia se Gallia convinxisset. incussit, ut Nam tantum terroris quamqne Neapolitauas Ferdinando arces ab hoste re- cepisset, de retinenda tanien urbe soUicitus ad exter- nas opes coactus sit confugere. Veneti igitur ad id bellum Gonziacutn imperatorem veluti belli Gallici ducem mittunt. Quem heic rerum exitum, quemve cventum expectatis? Suscepit liane provin- fatalem ciam Franciscus aiacriter: ratus quod evenit futurum. eundum vero Alexandrum sextum Pontificem maximum Romce adoravit, a quo per summum Iiono- Inter rem est reeeptus atque de donatus. nisset, Roma discedens more christiano aurea rosa quum Paulum Vitellum, egregium in Regnum perve- Sconfitta dueem, qui Gallorum stipen- jj Paolo Vitelli a pud Venussiam in ^^ ^ Venosa .,• •/•,.• r lugam vertit illius mihtibus magna oceidione oecisis. Sub Gonzagaj accessum Aragonia? res adeo aucta' sunt, ut non multo post castra castris sint utrinque collata. Tandem Galli nnius Gonzagaj opera in Atellanam urbem se recipere compulsi sunt. Erat Gaiìorum prorex Giibertus Bompenserius ex Borboniorum Principum sanguine Francisci sororius. Qui missis ad eum saepenumero nuntiis, ningnisque belli dia faciebat, -, . illi gam propositis ad pra^miis Gallorum Gonza- j Francesi tentano corrompere Quum ., ^ il Gonzag^a stipendia traliere est adnixus. vero viderent Galli se d iitius egni possessionem tueri non posse mallent(iuc omneis — 24G "^ quam Aiagonios Gbtulenmt: modo destituto, posteri rerum potiri, Campania; reli-' provinciarum iiiiperiuui Gonzaga» in eo Regni fjuarninque Caroli ille sequeretur, Gallorum stipendia Ferdinandoque Venetis reiictis fidem inererent. ipseque ac 3> ejus. Sed nullis Gon- zaga poUic'tatioaibns, nulla nobilissimi regni cupididominandi ambitione ab incoeptis dimo- tate, nulla veri potuit. Firmaverat enim sil)i animo Ferdinandunv O magnani regno paterno avitoque ejectum restituere. inauditamque Gonzagiij constantiam! fidem integerriiaam, o virum o'ternis laudibus in coelum efFerendum! Omnia nimirum babet qui nihil concupiscit, e» quidem ceitius quam qui cuncta possidet. Solet enim dominium x'erum collabi; honstì mentis usurpatio nullum tristioris fortuna^ recipit in cursum. Cinxit itaque Franeiseus Atellanam urbem obsidione omnium maxima et ita cinxit ac circumvallavit, ferro fameque afflixit, ut Galli omnes in deditioncm venerint. Ita incolumi regno Ferdinando restituto Gonziacus dux Mantuam triumphans revertit. Ca'terum Veneti seu nimiam Francisci autboritatem, seu ne ad hosteis dofìceret, quum tamen ille omni suspitione careret, seu aliam ob causam, qua} ignoretur, seu, quod plerique asserunt, in Frunciscum In^ratitudin*» variti dei COll€«**ltl ing'"»ti illi iinperium sintiquarunt. ^f>>n in omni Veneziani l^^que Civeis verso il Gonzaga Quicquid republiea bonos ma- versari quis nescit? pi;i}teroa agimus in vita, sumus vulgi semper diversa aut potius perversa scntientis. Ubi igitur Francisco nunt atus cst^ Venetiis illi antiquatum esse imperiuin, ut erat animo in lance generoso et ad modestissime ita omnem tulit, imperium nihil eflFecerit, fortuna* aleam paratissimo, id testatus et publice gessisse, ut nibil et privatim se unquam cogitaverit, quod non ideo Reipublicio Venetas sa- — lutare existimaverit. 247 Ncque — de Venetorum ultra in- gratitudine queri, tanta erat animi constantia, substi- Gessit deinde iinperiiim nuit Maximiliani Caisaris jussu, qui Franciscum plurimi faciebat. Ludovicus quoque in Italia Francesco Gonzaga ^^ servizio dell'Imperatore Sfortia copiaruin suarum omMassimiliano nium Ducem illuni creavit, g ^j Lodovico Sforza magno adjecto pendio. Qui si militia^ sti- Francisci Consilio bello Gallico uti hunc diem Sfortianum nomen durasset. Gallorum enim mores institutaque militarla nemo uno Gonzaga meiius noverat, qui ter cum eis conflixerat, semperque victor extiterat. Et profecto militaris disciplina tanto aliarum humanarunì rerum scientiam anin scivisset quanto in humano corpore pedibus teire solet, prajstantius citus ipsi habetur: praisertim quamvis ingentes quum sine sint, nulli rei obcoecato Polypliemo comparar! possint. caput ea exer- magis quam Ostendit id Dario Alexander Macedo, Themistocles centra Xersem, ad versus Tigranem Luculius et Pliarnace Ptolomeoque devictis Julius Cicsar. Item contra Rhadagasium Stiiicon et sa^pius superatis Gotliis Bellisarius. Itaque duin Ludovicus Sfortia, qui omni re semper sapientissimus est habitus, plus ni mio domesticis quiin busdam induiget, dum a Gonzaga in alios transfert suosque omneis perdidit. Quo vero tempore ad versus Gallos apud Alexandriam rSfortiani infeliciter pugnarunt, cajpitque Ludovicus fugam in Gernianiain raeditari. (^uod non egit Gonzaga ut Arx imperium, se inediolMn^nsis sibi crederetur? Qua? si tradita fuisset^ nemo Bernardinum Curtiuiu proditionis fantissiuKO crimine sugillaret. Postquam vero Sfortiani omnium ne- paterno atque avito exciderunt imperio, venitque Mediolanum Lodovicus, ejus nominis XII Francorunv — rex, 248 quem ex omni ad Italia dinasta; accesserunt, ^^ eum visendum Franciscus Francesco Gonzaga ^^ contulit. Susceptus est a rege mira comitate et niansueal nuovo tudine ornatusque annuo stidi Francia l'e pendio. Putavit enim rex ex IiUÌ'*'i XII omnibus Italia3 principibus, qui officii gratia ad euro venerant, rerum gcstarum gloria neminem GonzagtB esse anteferendum. Ut autem illum Visita di . peculiari aliquo munere demereretur, eum lionestavit. Rediit in apud ququem invidorum quorundam milltia cìscus petebatnr. Profectus spectum regis venit, adeo quem non eum delationibus Fran- Gallias, ubi in videbat, oratione usus idonea et suggerebat, jussu in con- nihil a se alienatum quam placavit, adeo apertissime diluit, ut regis divi Michielis Gallias Lodovicus sit innocentia illi omnia auctum sti- obiecta illi pendium. Potuisset Franciscus domi se continere. sed in Gallias, ut honorem suum tueretur, proficisci maluit. Quo tam pieno fiducise bonae Consilio non regis modo animum propensiorem sibi reddidit, sed maleTolorum ora reterno clausit silentio. Et sane ita se in adversis i-ebus, quid aliud est quam ssevientem fortunam in adjutorium sui pudore victam convertere? Veneràt Mediolanum Lodovicus rex, quo tempore Cassar Borgia, Alexandri sexti Pont. Max. filius, Forum Livii, Forum Cornelii, CaBsenam Faventiainque subegerat. ÌMagnus prolude laui^i XII «^oncursus Italorum Principum ad e Cesare Borgia regem est factus, ceu ad vindicem a Milano gerere insieme aali altri principi italiani malorum omnium, ^^ ^'''^' ^'^ tur italici ^''^''^ quaj a Pontifica principibus et popu- imminebant. Circumstabant igi- regem viri plerique illustres nominis et in bis Hercules Estensis, Ferra- 249 riae Dux et dus ignoto — Frauciscus Gonzaga, quuin Valentinus a nullo expectatus dictus est liabitu et animos eorum, qui ademaestoque silentio aliu3 alium intueri, mussitare et pene a se ipso abduci. Quum vero Borgia, ut erat regnandi cupidissimus Consilia in perniciem multorum agitare diceretur atque iniposturain multis facere vellet, omnesque suspensi animo essent, unus adesse. Defixit rei novitas rant, Franciseus Gonzaga invicto causam animo omnium ambitionem princeps egit: itaque audiente rege BorgiiD contudi, ut ille in melius Consilia mutaverit. Ca^terum quum Hispani duce Consale Ferrando Agidario, viro Columnensibus etiam maxime juvantibus Neapolitanum regnum omni pene ex parte e Gallorum manibus cripuissent, velletque Lodovicus Francorum rex tam nobilem ignominiam ulcisci, novas contraliit copias summunque copiarum omnium imperatorem Franciscum Gonzagam deligit. Venerat enim Lodovicus in eam spem, ut nihil tam difficile, tam arduum foret, quod non ille summa virtute et felicitate confortissimo, ficeret, nisi nec certe regis spes inanes cassa^que fuissent, quorundam Gallorum superbia, qui dedignabantur, eas illi inteix'idisset. Italo parere Franciseus vero animo reputans quam susciperet provinciam, omnia preparat. Cum ea enim gente belligendarum sibi esse sciebat, qui:e sit nationum omnium gentiumque consensu fortissima. Nam minime ignorabat Romaaos quo tempore rei militaris gloria florebant, quum decem annis Gallias domuissent, plus negocii cum Hispanis liabuisse. Dncentis enim annis vix est Hispania in provincia formam reJacta, si a primis Scipionibus ad Augustum Casarem annos memoremus. Accepto itaque impeiio Franciseus ad exercitum se contulit. Proeesserant Gallorum copia unius Gonzaga ductu in Hethruriam bellum circa Caietam bello necessaria jO — reparatUMc eratque Italia universa ia novissimi bujus ceitaminis eventuin erecta, quum repente assertur Alexandrum sextum Pont. Max, veneno, quod alteri paraverit, hausto mortuum esse. Morte di Romam Alessandro Borgia Pio^ectus Franciscas sedulo dedit operam ut comitia, novo deligendo est pontifici Pontifex Fianciscus dieta, libera essent. Creatus ex sorore Pii II nepos, qui inemoriam Plus est dictus. Per ^"^ ^'^* Gonzaga exercitum in Latiuin traPio III et ipse in avuneuli duxit, die, obiitque Pius III sexto et vigesiino qua sedere incoeperat. Julianus deinde Sixti IV nepos est suffectus. Franciscus Giulio II interim ad Lirim castra habebat Hispanorum motus repressurus. Verum ubi loca est speculatus P^^*"- ^^s^- Francesco Gonzaga nel Genovesato contro gli Spagnuoli adversam ^'i^l'^q"e "P'*^^ ^^^ ^'^ fluminis ^^^^^ *^"^"^ "^^^*- Gallorum consilium "^ primoribus omnibus ostendit nemini dubium esse debere, si Lirim traiciant, quin ea res male verteret Gallis. « Sunt, inquit Gonzaga, palustria haec loca et circa ripas restagnantis fluminis alveus nusquam fere se pra?bet vadabìlem, nisi qua Hispani ex adverso insederunt. Appetit jam hyems, ut nulli non piane appareat, quin Lfeic sedennobis omnia t«mpus sit iniquiora facturum. proinde et frigore miles per irritos conatus conficietur. Quod si mibi audientes eritis, ego vobis nullo tibus Fame confectum dabo. Tutius itaque et ad bellum reparandum multo conducibilius orit, si in Marsos et Peliginos exercitum duserimus, atque in bis terris stativa adepti sub tectis reliquum lyemìs negocio uegocium egerimus. Mox sub vcrnus tempus ex integro bellum reparabimus duces dicto audientes minime ». in Apuliam At fiierunt. caeteri Quod digressi Galloi-um ubi Fran- ibi ciseus intellexit publicis tabulis illis in maxime discrimine testatiis poni. Erat ipse Gonzaga tum febriculosu3. Valetudinem igitur causaGallis tus, relieta Gallici exer- rem ab est, pgr contrasti co""!! altri capitani francesi ^ comando ^^^^^^ citus cura, in patriam iter deflexit. Ostendit Franciscus recte eventus rei illieo Nam dum consuluisse. Liri assident, in Gallis mediumque Galli consultant, qua vi, quove loco esset fluvius suprimo sentiri caepta est. Sequutus morbus. Postremo hyemis intempcries. Quibus brevi Gallici exercitus pars multo maxima est perandus, fames inde nialis Conati inntilis facta. tlumcn traiicerc, Hispanis deinde magno gatta-Ma del Liri perduta dai Francesi vieti proelio posses- Regni exeiderunt, sione ab invietissimum Gonz^gam vera Fiorentini, quibus Petrus potestatem redacturi pr*feeerc. Ivit iUe • re(iue ipsa est pra'dixisse. Sodcrinus cnpiis eo mense, quo diva Osanna Post liaee preerat, Pisas ìq Gonzagam Fiorentiam comprobatum suis omnibus Francesco Gonzaga An- dreasiaciV'los petiit. Magistratus ^j comando ^gj Fiorentini omnes il li obviam processere, omni civitatc ad videndum ef- contro Fisa fusa. Quumque csset in Pisanos excrcitum ducturus, a Lodovico rege revocatus, infecta re magno sui desiderio Fiorenti nis Mantuam relieto. rediit, Sperabant enim eo duce Pisanis leges dare. Quod protVcto evenisset, si ille in provinciam esset profcctus. Designatus fuerat Pont. Max, ut paulo superius dixi, Julius secundus Ligur. Hic secum reputans quantum Ecclesim reltus GonzHga; autboritas eondueere posset, cujns ea tempestate a])ud omneis nomen maximo erat in precio, missis ad eum legatis Eieonoram, ejus filiam, aitate, forma moribusque liorentissimam, uxorem ])etiit Fran- — 252 cisco Mari;t Urbis praìfeeto atqne Urbini regulo. Erat autem Franciscus M. Julii ex Matrimonio ^''^^^re nepos. Celebrataj sunt Eleonora Gonzaga nuptioe singulari pompa atque QQn d' appa><itu, nullo Francesco Maria Della Rovere, Duca d' Urbino non adhibito Paulo genere. magnificentiie Bononiam ^^^"^ '^"^^"^ P^^*^ Julius esset ad officium revo- • caturus, Franciscum Gonzagaui imperatorem decernit, cujus auspitiis Bononia iniperiuin suscipcret. Potiererum Bentivoli, qui unius Gon- bantur in ea urbe atque adbortatione cedere zagiB opera Pont. Max. bis contentus fortuna deli- potestatem Bononia berarunt. Ita in Julii Nec rediit. summus ea tempestate ecclesiastica^ bertatis li- assertor, Francesso Gonzaga summa et perpetua dignitate, Gonfaloniere 1"* inter Christianos est madella S. ferum ^^'"^' Romana Chiesa Eum instituit, claveisque, et claudit inermis, armato Franciscum eniin ferendas felicissiuiumque Sequutum deinde est bonestavit. E. vexilli- dedit; militibus signum Lygnsticum bellum omnium peCum eo enim hoste agen- riculosissimum. Guerra quem bellacissimum esse congens ista oliui Romana din arma, quam pene niajus est invenire, quam Genova ^"'^ erat, stat. exercuit R. quibus ipse coelum aperit sane salutiferum di S. Nam vincere. Vindicaverant se populari tumultu Genuenses in libertatem, nobilitate omni ostracismo notata. EieFrancorum rex natriaj ctos itaque Nobileis Lodovicus restitutinus simulque rebellanteis Lygnres in ordinem reducturus omnem spem in uno Gonza^^a ita omnia illius arbitrio fieri nian- Victoria; visus est collocasse, ut daverit, seque et exercitum erit. Qua ille omnem provincia egregie illius fidei est permi- defunctus. Nam — 253 — Apennino ìnsinuatusque in vallem Porcoberam, mine Poiciferain dicunt, iiiontem Genua3 imininentem validissimo tìrinatiiin pra'sidio, primo congressi! coepit. Fractns autem Lygur nobili hac pugna in deditionem venit. Quumque omnes regi insignem hanc traieeto quaiii victoriam gratularentur, Gonzagam esse, cui ipse ingenue unum fateti tam nobilis Victoria adscribi deberet. Fatebatur enim clarissimus rex Gonzagam non modo victorirp participem, sed piane authorem. Hujus ductu ac Consilio Apenninum superatum. Hujus labore ac Hujus virtute in munitiones liostium nulla pene occidione confectum. stimonio Quid auteni hoc te- certius? CiBterutn, ut talia penetratum. astutia ac prudentia bellum nullo pene labore, namque ad reliqua progrediatur oratio, celel)ramu3, non con- paren- Le'^'a dimus historiam, in ultimis Gallina contro Venezia et Germania^ finibus opportuna Julii Pont. Max. authoritate, Margaritiiì foeminas rarissimaj Maximiliani Ca!saris filii« opera, simul et Britannorum vadatione, Legatorumque Hispanorum interregis ventu, bellum Lodovicus adversus Venetos decrevit. Delectus stati m est Gonzaga, qui priinus Venetos bello lacesserer. Id impigre Gonzaga pncstitit, ad Casale majus (est id in agro Cremonensi oppidum opulentum et nobile) deduetis copiis. Quo expugnato et in potestatem redacto adversus Bartholomoeum Alvianum, qui celebre apud Italos nomen liabebat exercitiim duxit. Erat Alvianus omnium, quos nostra a;tas viderit, ferocissimus. Faetiosus autem quamque maxime. Venetis vero ea tempestate militabat. Ubi igitur audivit Gonzagam Casale majns in fidem recepisse, fcrox animi et sui impatiens in eum convitia iecit enormibusque illum verbis praescidit. Positis autem castris ad Pontem Mollinum in agrum Mantuanum se — insinuare curabat, ut averterei. Itaque 2.'. — 4 Gonzagam ad Gonzaga suos defendendoa de certior omnibus factua belligerandi non oblatrandi teinpus adesse ratus, con^'^'^ Francesco Gonzaga j pg Bartolommeo d'Alviano condottiero dei Veneziani abduserit. Auxit agro Crenionensi, Alvianun aciem explicuit et ita hominis ferociam repressit, ut pa'-^dversus rum captivum manuque promptus, relieto abfuerit, quin eum successus Gallia pra?3ens mota Venetos Laud nieuno congressu, quod de l'eli- aninios, contra res infeliciter diocriter fregit. Ita hoc quo omni Venetorum exercitu speranduin esset facile apparuit. Paulo auteni post Lodovieus I»ex' Abdua trajecta uno oniaium memorandissimo prjelio cum Venetis debellavit, eaque omnia qure illi de Bri-xianis, Cremonensibui, Bregamensibusque possidebant, in potestatem recepit. Sed quo die commissum est proelium ancipiti morbo ex maximis laboribus contracto Franciscus laborabat. Rem tamen Gallicani astu consilioque juvit. Post iriemoi'abilem illam pugnam mili- Franciscus tum Maximiliano Caesari, tum Lodovico Regi. Sed vi morbi incrudescente, dcbilitatoque corpore, coactus est militiam deserere et relictis armis se toturn ad reipublic* regimen. ad su:v urbis ornatavit raentum convertere Quum propinquum sensisset (Franciscus Gonsaga) publicis testamenti tabuMorte di se morti Francesco Gonzaga ^'^ eonditis, a secretis sacerdotem, quem conscientia- babebat more Cliristiano pecomnibus, divinìssimo Euebaristiiv sacramento sumpto, aliisque rite peractis, Inter coniugis, fìliorum, fratrum, cognatorumque ampiexus, decessit. Referunt voeari ad se jussit, expiatisque catis inilu qui aderant. vultu eum semper placido, animo- — 255 que ilio laretur, invìcto niortìa hoiam, duni jussisse sacerdotibiis Evangelicas historia^ pars sibi qui intrepide pniesto- astabant, legeretar, qua; captivitatem, cruciatus, flagella, irrisiones, ut illa Cliristi mortemque continet. Interim ipse signa multa bene instituti animi et qui Divin^e se voluntati parte exhiberet, ostendit obsequentetii oiuni est '"ì INDICE Capitolo I. — Dal Boccaccio Ban- al Pag. dello Capitolo Capitolo II. III. — — La cornice del quadro Uomini, donne . — Capitolo V. — Capitolo. VI — Capitolo VII. — La novella Capitolo Capitolo Capitolo Vili. — La (Segue lo stesso mento) (Segue lo stesso mento) (Segue lo stosso mento) de g\\ 69 » S3 » 97 » 115 argo- Amanti » 165 ...» 177 . IX. — Amori X. — Castelgiuffredo, la dimora vicende Francia ed il ri- .... » 199 I » 223 II » 237 fugio finale Appendice Appendice » argo- vita del Bandello. in 39 argo- Venesiani e » Ban- dello IV. 15 tempi e nelle Novelle del Capitolo 1 » FINITO DI STAMPARE IL DÌ NKl.LA TIPOGRAFIA XV SETTEMBRE MDCCCC DELLA DITTA NICOLA ZANICHELLI IN BOLOGNA ^ ,^ R lA ' ^v '