S. Maria Maggiore Roma S. Maria Maggiore Basilica Ulpia

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S. Maria Maggiore Roma S. Maria Maggiore Basilica Ulpia
Roma S. Maria Maggiore
Basilica Ulpia
S. Maria Maggiore
L’interno della basilica, come si presenta oggi ci offre una
immagine assolutamente estranea alla basilica paleocriatiana.
Basti osservare le finestre ad arco acuto del catino absidale; le
pareti della navata conservano la maggior parte del rivestimento
musivo originario raffigurante le storie di Abramo Giacobbe e
Mosè e sono databili al V secolo. Il soffitto è opera
cinquecentesca di Giuliano da Sangallo, il pregevole pavimento
marmoreo, opera dei maestri cosmateschi ha subito restauri nel
Settecento.
S. Maria Maggiore
L’interno della basilica, come si presenta oggi ci offre una
immagine assolutamente estranea alla basilica paleocriatiana.
Basti osservare le finestre ad arco acuto del catino absidale; le
pareti della navata conservano la maggior parte del rivestimento
musivo originario raffigurante le storie di Abramo Giacobbe e
Mosè e sono databili al V secolo. Il soffitto è opera
cinquecentesca di Giuliano da Sangallo, il pregevole pavimento
marmoreo, opera dei maestri cosmateschi ha subito restauri nel
Settecento.
Sono visibili il campanile romanico, le cupole delle cappelle Sistina
e Paolina e la facciata anteriore all’intervento del Fuga che
progettò la nuova loggia delle benedizioni caratterizzata da una
decisa spinta verticalistica e un carattere barocco
La sistemazione della parte absidale risale alla seconda metà del
Seicento su progetto di Carlo Rainaldi
All’interno la compostezza delle forme e dei ritmi classici, la
forte luminosità giocata come elemento architettonico, la corsa
prospettica di tutti gli elementi verso l’abside, ma con un effetto
di monumentalità e grandiosità sconosciuto ad altri coevi episodi ,
tra i quali quello di S. Sabina
Roma. S. Sabina
S. Apollinare in classe
519
Sant’Apollinare è la più conservata delle basiliche
ravennati. All’interno grossi piedistalli sottoposti
alle colonne , valgono ad isolarle in basso, come in
alto i pulvini, da una diretta relazione tra il loro
valore figurativo e la loro funzione di sostegno.
I cristiani scelsero per il loro tempio gli elementi vitali delle culture precedenti sposando nella chiesa la scala umana dei greci e la coscienza dello spazio interno romano.
Erano estranei sia all’autonomia contemplativa greca, sia alla scenografia romana.
La chiesa cristiana non è l’edificio misterioso che cela il simulacro di un dio, in un certo senso non è nemmeno la casa di Dio ma il luogo di raccolta e di preghiera della
comunità. I cristiani si ispirarono più alla basilica che al tempio romano, perché la basilica era la struttura sociale del mondo edilizio precedente. Ed è anche naturale che
essi tendessero a ridurre le proporzioni della basilica romana perché una religione dell’intimo e dell’amore poneva l’istanza di una scena fisica umana, creata a scala di
coloro che doveva raccogliere e spiritualmente innalzare. Questa fu la trasformazione quantitativa e dimensionale; la rivoluzione spaziale consistette nell’ordinare tutti
gli elementi della chiesa sulla linea del cammino umano.
Se mettiamo a confronto la basilica Ulpia e una delle prime chiese cristiane come S. Sabina
Il tema paleocristiano si esalta e si esaspera nel periodo bizantino. Esemplare l’architettura ravennate. In S. Maria Maggiore o in S. Sabina architravi e archi riposano
solidamente sulle colonne , stabilendo una continuità tra elementi portanti e portati. In S. Apollinare questo tempo si fa più affannoso, precipitano i valori verticali si
esaltano tutti i riferimenti orizzontali. I pulvini costituisco una cesura
Roma . Santa Agnese
fuori le mura
Roma . S. Lorenzo
fuori le mura
In una rassegna schematica e incompleta dell’architettura
del medioevo italiano, avrei potuto ignorare quei tre secoli
dall’VIII al X che non presentano una formulazione spaziale
definibile attraverso l’illustrazione di uno o due esempi.
Tuttavia è possibile individuare alcuni elementi strutturali e
iconografici che caratterizzano la produzione edilizia
ecclesiastica di questi secoli.
1. La sopraelevazione del presbiterio
2. 2. L’ambulacro o deambulatorio che continua il gioco
delle navate intorno al coro
3. Appesantimento delle pareti , accentuazione visiva di
carico e sostegno evidenti in S. Pietro a Toscanella
4. Il gusto del materiale grezzo,laterizio, ciottoli pietre
scabre, usati con immediatezza primordiale di grande
efficacia espressiva.
Queste innovazioni comportano la negazione della
concezione bizantina dello spazio , l’interruzione degli
orizzontalismi, la rottura del ritmo univoco lungo l’asse
longitudinale che a partire dalla basilica di
Sant’Apolinnare era stato oggetto di ricerca da parte
degli architetti.
Sopraelevare il presbiterio significa spezzare la lunghezza
dell’ambiente.
Innestare l’ambulacro vuol dire articolare l’edificio,
renderlo più complesso a svantaggio di una visione
unitaria
Iniettare nella scatola muraria il senso di un
appesantimento, di una incombente gravità e sostituire
al cromatismo bizantino materiali grezzi e naturali
implica il capovolgimento dell’intento spaziale e dei suoi
aggettivi decorativi
Verona. Santo Stefano
S. Maria in Domnica
Roma
S.Maria in Cosmedin
La chiesa romana presenta, come le basiliche bizantine due
absidi laterali. L’abside e gli archi sorretti da colonne che
scandiscono la navata hanno un valore prevalentemente
pittorico. Ha nociuto alla chiesa l’eliminazione del matroneo
sin dal XII secolo
Roma
Santa Prassede
S. Pietro in Tuscania
L’interno VIII
secolo
La facciata
Nella chiesa di S.Pietro è accertata la presenza di maestranze
lombarde. Ma è significativo lo stile lontano dalle tradizioni
romane. La navata ha dimensioni ampie che conferiscono alle
pareti valore di masse, sottolineato anche dalla dentatura che
raccorda archi e sottarchi e a differenza dei pulvini ravennati
impegnano tutto lo sviluppo dell’arcata al sostegno della massa
muraria. Le colonne sormontate da rozzi capitelli , perdono così
ogni valore di ritmica scansione spaziale per accostarsi alla più
possente funzione dei pilastri che si ritrova ne presbiterio.
Questi pilastri rinforzati da mezze colonne , già accennano ad
assumere pianta composita , cosicché ogni elemento scarica il
peso che direttamente gli incombe, indicando perciò, nella
continuità delle linee la continuità dei pesi e delle resistenze
dalla origine alla conclusione.
Nepi. Castel Sant’Elia
Nell’interno le tre navate sono scandite da colonne e
capitelli tratte da edifici antichi e propongono il ritmo
basilicale compassato delle basiliche romane. Tuttavia
gli archi a risega simili a quelli di S.Pietro a Toscanella
denunciano la funzione strutturale degli archi
evidenziando il sistema statico della fabbrica
Milano Sant’Ambrogio
La maggiore novità dell’architettura romanica sta
nell’introduzione delle volte a crociera. La volta a crociera
nasce dal problema di determinare il raccordo tra due
volte a botte che si intersecano ad angolo retto; ed in
questo aspetto puramente tecnico aveva avuto notevoli
precedenti nell’architettura classica e in quella bizantina.
I costruttori si proposero il problema, più originale e
fecondo dell’architettura romanica, di coprire di volte le
basiliche. Prima tentarono volte sui brevi spazi delle
navate minori, lasciando a tetto la navata maggiore, poi
anche su questa gettarono volte a botte, a crociera e
presto anche a costoloni. Per sostenerle collegarono in un
tutto le sparse membrature architettoniche già note ai
maestri comacini, pilatri compositi, contrafforti, archi
trasversi alternarsi di sostegni di forma diversa e di
diversa area sulla nave maggiore e sulle navatelle.
S. Ambrogio sull’antica basilica ambrosiana del
386 nella seconda metà XI secolo
A Milano l’antica basilica ambrosiana , fondata da Ambrogio nel 386 doveva ancora conservare alla fine
del secolo VIII la sua struttura a colonnati; quando nel 784 si costruì accanto alla chiesa un monastero
benedettino, il primitivo presbiterio, diventò insufficiente alle cerimonie della nuova comunità religiosa.
Allora, l’antica abside venne demolita e fu ampliato in un grande vano rettangolare terminante in una
nuova abside.
..La massa della nuova basilica e delle navate minori con i matronei realizzate nella seconda metà dell’XI
secolo, pesante per membrature raccolte, oscura per le anguste finestre non serve soltanto a sostenere
la spinta, bensì ad esaltare l’ampiezza e la somma luce della navata maggiore, pur essa più robusta che
agile. Pilastri compositi dividono le navate, alternati di forma e grandezza.. E ad ogni campata
corrispondono nelle navate minori due campate, delle quali i piastri minori reggono gli archi e le volte a
crociera.
Milano. Sant’Ambrogio
Differenziata negli indirizzi dei vari paesi e entro ciascun paese nelle cento scuole locali, l’architettura romanica
costituisce, dopo la fine dell’impero, il primo periodo in cui la civiltà di tutta Europa si agita sincronicamente, in nome di uno
stesso rinnovamento dell’organismo edilizio.
Gli spazi medievali analizzati sinora sono fondamentalmente variazioni di uno stesso tema. Il pacato ritmo paleocristiano ,
l’accellerazione dei bizantini, l’interruzione barbarica dei ritmi sono espressioni di aspirazioni diverse che si manifestano
entro schemi costruttivi sostanzialmente simili; anche negli edifici a schema centrale, il rivolgimento di un spaccato
paleocristiano, come abbiamo per esempio in Santo Stefano rotondo a Roma, oppure la fluenza dilatata dell’oriente portano è
vero a risultati spaziali profondamente distinti, ma la differenza non è accentuata da radicali rivoluzione dell’organismo
architettonico. Quando invece si giunge al romanico , non si tratta più solo di una nuova età spaziale determinata da una
originale sensibilità del vuoto architettonico e del tempo e del cammino dell’uomo in questo vuoto; siamo di fronte ad un vero
e proprio terremoto organico che, dopo avere criticamente riproposto nei tre secoli precedenti tutti i problemi dell’edilizia
paleocristiana e bizantina, sconquassa questa edilizia creando qualcosa di integralmente diverso.
Finora la chiesa cristiana, se la vogliamo dominare ricostruendola plasticamente con un bozzetto di cartone, è una struttura
semplicissima: bastano pochi rettangoli per formare pareti, pavimento e matroneo, e tutto è a posto. Variano la lunghezza, la
larghezza e il numero delle navate, e il castello di carta si farà più lungo o più corto a seconda dei casi e delle preferenze….
In questo rapido profilo delle concezioni spaziali possiamo assumere che , per ciò che concerne l’organismo edilizio , un
bozzetto basta per il tempio greco, uno per la basilica longitudinale romana fino al romanico.
Ma provatevi a costruire un bozzetto di Sant’Ambrogio o di Cluny.. Non bastano più i cartoni ; non basta più allargare e
ridurre le dimensioni dei vuoti, aggiungere o sottrarre una colonna o un pilastro, trattare le pareti ora bianche lucenti, ora di
materiale di colore, ritagliare finestre più grandi o più piccole . Non basta formare calotte per le absidi , per le esedre, per
le cupole. Ci vogliono altri strumenti per rendere anche schematicamente le crociere romaniche, i pilastri poligonali, i
costoloni, i contrafforti. Il cartone servirà certamente, e sarà cartone pesante perché erte sono ancora le murature
romaniche; ma, prima delle pareti bisognerà costruire col fil di ferro le strutture essenziali della struttura romanica, là
dove le forze statiche si localizzano e si distribuiscono.
Con un soffio di vento, cadrà il vostro modello della chiesa paleocristiana e bizantina perché composto di piani di cartone
giustapposti l’uno all’altro senza incastro; ma nella chiesa romanica l’organismo strutturale, quei fili di ferro che confitti al
suolo si innalzano al soffitto, attraversano diagonalmente le campate e si ripiegano a terra, non cade ad un soffio di vento
perché i suoi elementi sono strettamente legati. La lunghezza della chiesa non potrà essere ad arbitrio, ma sarà multipla
delle campate centrali; la larghezza delle campate laterali non sarà a piacimento, ma dovrà ridursi ad un sottomultiplo della
navata centrale.
Siamo di fronte all’organismo romanico caratterizzato da due fatti: il concatenamento di tutti gli elementi dell’edificio, e la
metrica spaziale. Per ciò che riguarda il primo carattere , si può dire che l’architettura cessa di agire in termini di
superfici, di pelle e si esprime in termini di strutture e di ossatura.
Il lento graduale concentramento delle spinte e delle resistenze, l’assottigliarsi delle murature man mano
che per successive prove e riprove, si matura la coscienza, quasi direi muscolare , delle membrature ,
l’abolizione definitiva dell’arco trionfale, ostacolo all’unità della chiesa, la scomparsa dell’atrio e perciò il
maggior pensiero posto nelle facciate che accompagano lentamente la distribuzione spaziale interna; tutti
questi elementi nella loro interdipendenza, fanno si che l’edificio romanico sembri un organismo in risveglio,
che acquista sicurezza in se e nella dialettica delle sue forze, a coonfronto del corpo inerte sia pure
splendidamente austero, dei primi templi cristiani , o di quello imbrillantato, magnificamente vestito, ma
immobile della chiesa bizantina.
La civiltà barbarica e primitiva dell’VIII-X secolo aveva strappato i paludamenti bizantini e aveva messo a
nudo la maschia rozzezza del corpo strutturale. Ora il corpo si fa organismo, prende atto della sua unità e
della sua circolazione, si muove.
Spazialmente l’organismo romanico si manifesta attraverso una metrica che ha un suo preciso parallelo nel
sorgere contemporaneo della metrica nella poesia letteraria. Il sistema di Santa Sabina è una-a-a-a-a-aindefinito; in Sant’Apollinare esso si fa più affrettato aaaaa; si articola in un b-a-b-a-b in Santa Maria in
Cosmedin ma è un articolazione che riguarda solo le pareti, che non si esprime trasversalmente. In
Sant’Ambrogio invece il sistema non è un semplice a-b-a-b-a-b, ma data l’importanza gerarchica dei pilastri
che si prolungano nei costoloni delle crociere è un A-b-A-b, in cui, attraverso i secoli la A diviene sempre
più maiuscolo, il b sempre meno importante.
Il significato sostanziale dell’apporto romanico sta nel fatto che non si parla più in termini bidimensionali,
ma in unità di campate tridimensionali in se stesse, in se stesse racchiudenti spazio interno.
Per questa ragione spazio e volumetria della scatola muraria si uniscono espressivamente in modo sempre
più stretto. Se il passo dell’uomo era uniformemente cadenzato nella chiesa paleocristiana, slittante nella
bizantina, ritardato con cesure che rispondono ad esigenze puramente emotive in Santa Maria in Comedin,
qui a Sant’Ambrogio, nel duomo di Modena, a San Zeno a Verona, nelle cattedrali romaniche di Francia ,
d’inghilterra di Spagna e di tutta Europa il cammino dell’uomo risponde a sollecitazioni psicologiche assai
più complesse di una univoca direttrice (Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura) .
S. Michele a Pavia
S. Pietro in Ciel d’oro
Facciata a capanna
S. Abbondio a Como
Facciata a salienti
S. Fedele a Como
Duomo di Modena
1099 architetto Lanfranco
La facciata segue il profilo
dell’interno, spartita da poderosi
contrafforti che nella loro forma
esprimono la resistenza alla
pressione interna degli archi
delle navate e danno slancio alla
struttura. Alte arcature
appoggiate su colonnine
scompartiscono la facciata
caratterizzata da una teoria di
architetti pensili sovrastati da
una galleria ad archi su colonnine
che creano un motivo di scansione
chiaroscurale tipico del romanico
lombardo emiliano con una ricerca
di effetti anche pittorici
nell’alternanza dei materiali usati,
marmi chiari di diverse tonalità.
Questa ricerca ritmica
caratterizza
L’architettura romanica a Modena, Parma e Piacenza ha caratteri prevalentemente lombardi. Nel
1099 Lanfranco iniziò la costruzione del duomo di Modena. I contrafforti e i salienti sulla facciata
indicano sul piano la spartizione interna . Entro questa più ampia scansione le alte arcature segnano
una ulteriore divisione di spazi, che la loggetta e la cornice di archetti riprendono moltiplicando in
più rapidi valori pittorici. La loggetta
Duomo di
Ferrara
Duomo di
Cremona
Duomo di
Parma
Duomo di
Piacenza
San Zeno a
Verona