Centomila gavette di ghiaccio

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Centomila gavette di ghiaccio
tratto da “Centomila gavette di ghiaccio”
di Giulio Bedeschi
─ La ritirata nella sacca ci pareva un disastro ─ proseguì il colonnello; ─ invece è
stata una tragedia senza nome, della quale soltanto ora siamo in grado di
cominciare a renderci conto. Anche le altre divisioni sono giunte svuotate, nella
disgrazia noi non siamo neppure stati fra i più sfortunati. Non avete ancora idea di
quello che è successo durante le marce, vedevamo ciò che accadeva intorno a noi,
ma spesso non ci accorgevamo di quanto avveniva a chilometri da noi, nella notte,
nella tormenta, nei paesi durante le soste: la colonna era lunga molte decine di
chilometri, spesso discontinua, i reparti russi attaccavano la coda composta dagli
uomini sbandati e più stanchi, li isolavano e li catturavano; nel corpo della
colonna, battaglioni distanziati, reggimenti interi hanno perduto i contatti, hanno
sbagliato strada e sono caduti in blocco nelle mani dei russi. I morti in
combattimento sappiamo chi sono, gli assiderati caduti sulla neve li abbiamo visti,
in tutto rappresentano una cifra minima al confronto del numero degli assenti:
mancano generali, colonnelli, molte decine di migliaia di soldati, reparti al
completo che sono rimasti prigionieri. Una tragedia che non poteva essere più
grave e dolorosa, figlioli. […]
La situazione è caotica, anche più indietro i servizi non funzionano. E pensare che
da due settimane, la radio russa va comunicando che l’esercito sovietico ha
rinserrato in sacche, senza possibilità di scampo, centoventimila italiani in via di
progressivo annientamento. Povere famiglie nostre…