Un breve profilo di Santa Teresa d`Avila a cura dell`Ordine Secolare

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Un breve profilo di Santa Teresa d`Avila a cura dell`Ordine Secolare
Un breve profilo di Santa Teresa d’Avila
a cura dell’Ordine Secolare Carmelitano -Terni
Santa Teresa d’Avila: elementi biografici
E' una delle figure più importanti della spiritualità cattolica. Nasce ad Avila in Spagna nel marzo del
1515 e muore ad Alba de Tormes nell'ottobre del 1582.
Possiede una personalità completa perché unisce al vigore del carattere l'amabilità, la giocosità,
l'ironia, la delicatezza, il senso pratico, il coraggio, tanto che viene chiamata la più donna tra le
sante.
Dopo la prematura scomparsa della madre a circa dodici anni, subisce una specie di sbandamento,
nulla di moralmente grave a causa del frequente contatto con una cugina che la induce alla
frivolezza ed al più superficiale spirito mondano. In quel tempo ama molto l'eleganza, la moda, le
acconciature, i profumi. Prende anche l'abitudine di leggere i romanzi cavallereschi, vere e proprie
soap-opera del tempo. Quando entra nell'educandato agostiniano per volere del padre conosce una
monaca agostiniana che le fa scoprire la vocazione religiosa. Entrata a ventuno anni nel monastero
carmelitano dell’Incarnazione di Avila attraversa un periodo di strani malesseri, di cui i medici non
riescono ad individuare la causa e finisce in catalessi per quattro giorni. Torna in vita grazie ad un
intervento miracoloso di S. Giuseppe, di cui diventerà grande devota.
A quel tempo l'ambiente monastico era molto aperto e tollerante anche a motivo delle rigide regole
ereditarie, quindi facile a conversazioni frivole e mondane. Così per un periodo finirà per trascurare
l'orazione che costituirà poi uno dei punti di forza della sua riforma. Con vari segni di
disapprovazione interni ed esterni Dio le fa capire la vanità del tempo trascorso in inutili
conversazioni. Finisce così per troncare ogni tipo di relazione formale e inizia a riprendere
l'orazione in modo impegnativo. Così compie il gran salto e vola fino ai più alti gradi dell'orazione,
tanto da irradiare intorno a sé luce di edificazione cosicché molte delle centottanta suore del
monastero dell’Incarnazione iniziano a seguirla.
Avrebbe voluto darsi alla predicazione mentre imperversava l'eresia luterana, ma come dice lei
stessa “ero solamente una donna”, perciò impossibilitata ad esercitare il ministero della Parola.
S'impegna allora ad osservare con ogni possibile perfezione i consigli evangelici (povertà,
obbedienza, castità) dandosi con questo pensiero alla riforma del Carmelo, affrontando numerose ed
incredibili difficoltà causatele dai suoi nemici e dal Demonio. Il Carmelo diventa centro irradiante e
sale della terra da cui ascendono preghiere e sacrifici che, come pioggia benefica, si riverseranno
sull'Umanità intera.
Orazione e penitenza diventano gli elementi fondamentali della sua riforma monastica (che verrà
effettuata prima in ambito femminile e poi maschile), a cui si aggiungono alcune virtù come
temperanza, ed anche buon senso e sano realismo. Nell'agosto del 1562 viene fondato il primo
monastero riformato ad Avila, intitolato a S.Giuseppe, cui seguono quello di Medina (1567),
Malagon e Valladolid (1568), Toledo e Pastrana (1569), Salamanca (1570), Alba (1571), Segovia
(1574), Beas e Siviglia (1575), Caravaca (1576) Villanueva de la Jara e Palencia (1580), Soria
(1581), Granada e Burgos (1582).
La prova più sofferta deve affrontarla quando l'Inquisizione si interessa della sua opera
riformatrice. Il libro della Vita viene sequestrato, i noviziati chiusi, i capi della riforma incarcerati,
lei stessa reclusa in monastero con il divieto assoluto di uscirne. Reagisce da par suo iniziando una
fitta corrispondenza con numerose autorità, scrivendo lettere di fuoco, sicura di aver operato per la
sola maggior gloria di Dio ed alla fine la situazione si sblocca venendo riconosciuta ufficialmente la
riforma che sarà chiamata teresiana. Questa porterà ad una separazione tra l'Ordine dei Carmelitani
Calzati e quello dei Carmelitani Scalzi.
La caratteristica principale del Carmelo riformato consiste principalmente in: perpetua clausura,
ufficiatura di preghiera con due ore di meditazione giornaliera, digiuni ed astinenza dalle carni,
quaresima da metà settembre a Pasqua, penitenze lasciate alla discrezione di ciascuna. Viene così
attuata quella forma di apostolato che la geniale riformatrice ha ideato: una vita offerta in sacrificio
per la salvezza delle altre anime ed un apostolato tutto interiore indispensabile premessa a quello
esteriore.
S. Giovanni della Croce, suo discepolo, fonda a Duruelo il primo convento della riforma maschile
(1568). L'impegno del ramo maschile sarà, oltre a condividere la Regola col ramo femminile, quello
di occuparsi in parte dell'apostolato esteriore. Dopo Duruelo sorgeranno altri monasteri: a Pastrana
(1569), a Mancera ed Alcalà de Henares (1570), Altomira (1571), La Roda(1572), Granada e La
Penuela (1573), Siviglia (1574), Aldomovar del Campo (1575), El Calvario (1576), Baeza (1579),
Valladolid e Salamanca (1581), Lisbona (1582).
Le opere principali di S.Teresa
1) La Vita, in cui Teresa parla dei quattro modi di irrigare il giardino, ossia dei quattro possibili
gradi di orazione. Il simbolo dell'acqua ha un significato ben preciso: indica la passività e nello
specifico le quattro forme passive dell'orazione, che si esplicano nell’ascoltare con crescente
attenzione silenziosa il Dio che è Presenza. L'acqua per irrigare il giardino o si cava
faticosamente dal pozzo, oppure per tirarla fuori dal pozzo si può usare una ruota a catena
chiamata noria, a cui sono attaccate le secchie che di volta in volta pescano l’acqua dal fondo
del pozzo, oppure si può ottenere scavando una derivazione da un ruscello od infine si può
acquisire senza sforzo da un'abbondante pioggia. Questi quattro modi di orazione vissuti in
prima persona da Teresa diventano sempre meno faticosi, man mano che si passa da un grado
di orazione all'altro, mentre hanno un sempre maggior effetto benefico sulla persona.
2) Il Cammino di Perfezione, in cui parla in modo esteso dell'orazione e del modo di prepararsi ad
essa, gettando le basi per l’opera successiva, il Castello Interiore. Teresa si rivolge direttamente
alle sue figlie spirituali che le chiedono insistentemente indicazioni precise sul modo di
praticare l'orazione. Ella le conduce come per una strada alla fonte d'acqua che è la perfezione
dell'orazione, mostrando di volta in volta i possibili ostacoli e le scorciatoie. Innanzitutto
l'orazione vocale recitata con formule brevi:basterebbe il Padre Nostro, di cui Teresa fornisce
una spiegazione molto originale. In questa opera Teresa dimostra inoltre di essere una profonda
conoscitrice dell'animo femminile con dei passaggi davvero ironici e divertentissimi.
3) Il Castello Interiore, dove Teresa parla in maniera ancora più completa e sublime dell'orazione
e dei suoi gradi. L’opera viene scritta su ordine del suo Superiore, perché il libro della Vita,
dove Teresa aveva già affrontato il tema della orazione, era stato nel frattempo sequestrato
dall'Inquisizione. Non ricordando più l'argomento già trattato e non sapendo come fare, Dio le
fa una grazia di una splendida visione; desiderando ella descrivere un’anima in uno stato di
grazia Dio le mostra un meraviglioso globo di cristallo in forma di Castello suddiviso in sette
stanze o mansioni. Ma ecco che all' improvviso il cristallo si oscura divenendo nero come il
carbone e le bestie velenose che prima si agitavano intorno al Castello irrompono dentro,
apportandovi desolazione e rovina:la condizione dell'anima in peccato mortale . Nelle prime tre
mansioni vengono descritti i pericoli, gli ostacoli, le contrarietà, le aridità che si possono
incontrare nel percorso di ascesi e vengono raccomandati santo timore ed umiltà; nelle quarte
mansioni vengono descritti i sentimenti soavi che ci procuriamo da soli nel pregare, i gusti
spirituali che invece vengono da Dio, l'orazione di raccoglimento; nelle quinte mansioni inizia
l'unione con Dio che sfocerà prima nel fidanzamento (sesta mansione) e poi nel matrimonio
(settima mansione).
4) Le Fondazioni, in cui descrive la fondazione dei suoi vari Carmeli poveri ed austeri. Con essi
Teresa mostrerà il suo zelo apostolico essendo il frutto più bello dell'Amore. Il primo convento,
quello di S. Giuseppe in Avila, era diventato nel frattempo un modello di santificazione ed
aveva destato l'ammirazione del Generale in visita ai monasteri di Spagna. Sul carro, a piedi,
sulla mula, guadando fiumi, sotto la neve o in giornate torride, sana o ammalata, Teresa è
sempre entusiasta e trascinatrice nel corso delle sue fondazioni. Alla fine, tra maschili e
femminili, fonderà in tutto trentadue monasteri. Anche questa opera è stata scritta per
obbedienza.
Le opere minori
1) Le Esclamazioni: è dopo la comunione che la Santa scrive queste pagine. Un fiume impetuoso
centuplicato in vivacità, un incendio moltiplicato in ardore. E' un grido di amore e un sospiro
per il prolungarsi dell'esilio.
2) Costituzioni: è la Regola che lasciò la Santa Madre ispirandosi alle osservanze introdotte nel
primo monastero riformato, quello di Avila, apportandovi i miglioramenti che il nuovo spirito
richiedeva e consultando vari dotti religiosi. Vi si trovano congiunti sapientemente dolcezza e
rigore. Severa nei casi in cui si attenta deliberatamente all'inosservanza della perfezione,
materna nei riguardi delle inferme, saggia nel raccomandare l'esercizio dell'amore vicendevole
tra le monache.
3) Modo di visitare i monasteri: questa opera viene scritto su richiesta del Padre Girolamo
Gracian, perché gli servisse da guida per il suo incarico di Visitatore. Essendo di animo mite
ed accondiscendente, si lasciava un po' trascinare da certi caratteri debordanti. In questa opera
aleggia la stessa saggezza e prudenza, senso di praticità e moderazione che animano le
Costituzioni.
4) Scritti vari: si tratta di autorizzazioni, promesse, atti di rinuncia, allocuzioni, risposte, promemoria, istruzioni, pensieri.
5) Poesia: sono dei versi che Teresa ha improvvisato, pur non essendo poeta, perché la poesia è il
linguaggio dei mistici. Vi sono momenti particolari in cui il linguaggio poetico coglie meglio di
ogni altro momenti indicibili. L'oggetto delle poesie è sempre Dio, il desiderio di essergli
vicina ed il rammarico di starne lontana. Alle volte riguardano momenti di festa, in occasione
di vestizioni, professioni e velazioni o per onorare qualche santo o per solennità come ad
esempio il Natale.
6) Le relazioni spirituali: sono il completamento naturale del libro della Vita, scritte o su fogli
separati o su un quadernetto. Le grazie straordinarie che Teresa vi racconta sono state scritte in
obbedienza al Divino Volere, che si manifestava in vari modi ed attraverso diversi intermediari,
come ad esempio: la visione della SS. Trinità, l'abbraccio di Gesù deposto dalla Croce, lo
sposalizio spirituale, la transverberazione.
7) Pensieri sull’amore di Dio: è questo il titolo apposto dal Padre Gerolamo Gracian sopra un
opuscolo che la Santa Madre scrisse intorno ad alcune frasi del Cantico dei Cantici di
Salomone. In questa opera Teresa si dilunga inoltre su che cosa consista la vera pace e sulle
orazioni di quiete e di unione.
Il Libro della Vita
E' stata predisposta dagli studiosi una suddivisione dell'opera in cinque parti.
Nella prima (capitoli 1-10) accenna ai suoi genitori "virtuosi e timorati di Dio" che le hanno destato
il senso della pietà ed una particolare devozione a "Nostra Signora", tanto che alla morte della
madre supplica la Madonna davanti ad una immagine sacra, con molte lacrime, di farle Lei da
madre. Intanto prende l'abitudine di leggere libri cavallereschi e da ciò iniziano a raffreddarsi i
suoi buoni desideri ed a manifestarsi mancanze in vari ambiti. Nel libro Teresa avverte i genitori di
far attenzione all'età adolescenziale in cui si è portati più al peggio che al meglio.
Entrata per volere del padre come educanda nel monastero agostiniano della sua città, dopo un
primo sofferto periodo di ambientamento, comincia a trovarcisi bene e nonostante alcune persone
la disturbino dall'esterno con messaggini, diremmo oggi, riesce a riprendere le buone abitudini della
prima età e capisce quanto sia grande la grazia di esser posta in compagnia di persone buone.
Le parole lette od ascoltate le fanno comprendere alcune verità dell'esistenza: la vanità del tutto e
delle cose del mondo, la brevità della vita, il pensiero a cui oggi non siamo più abituati: quello
dell'inferno. La scelta dello stato monacale inizialmente avversata dal padre, l'abbraccia più per
timore ed opportunismo che per amore. Il suo temperamento amabile, affettuoso, simpatico, fa sì
che tutte la cerchino. Si convince che per uscire dalla mediocrità deve accettare il distacco dal
mondo. Grazie alla lettura di un libro regalatogli da uno zio, apprende l'orazione di raccoglimento.
Ha frequenti crisi di pianto e ama raccogliersi in solitudine. Il Signore la introduce poi nell' orazione
di quiete e qualche volta in quella di unione, ma lei per inesperienza non capisce e non ne
comprende il grande valore. Ricomincia a trascurare l'orazione e passa circa vent'anni in una specie
di mare tempestoso tra cadute e ripensamenti. Un giorno vede in monastero una statua del Cristo e
ne rimane profondamente colpita tanto che in una occasione si commuove così fortemente da
gettarsi ai suoi piedi ed in un profluvio di lacrime supplica Nostro Signore di darle la forza di non
offenderlo più. Inizia le prime esperienze di orazione mistica rappresentandosi Cristo nella sua
umanità all'interno di sé nei momenti in cui Egli è più solo.
Nella seconda parte della Vita (dal capitolo 11 al capitolo 22) spiega i quattro modi dell'orazione
che lei apprende inizialmente a fatica, sempre accompagnati da croci, anche se diverse. Per rendere
comprensibile la cosa si serve di alcune immagini:l'acqua attinta dal pozzo (primo grado di
orazione), l'acqua cavata con la noria (secondo grado di orazione), l’acqua deviata da un ruscello
(terzo grado di orazione), la pioggia (quarto grado di orazione).
Primo grado di orazione: il primo grado di orazione (metafora del pozzo) esige grande fatica si
incontrano aridità, noie, disgusti, distrazioni e sconforti. Occorre armarsi di coraggio e
perseveranza, senza voler anticipare i tempi di elevazione dello spirito, aspettando umilmente e con
pazienza che ci pensi Lui. In fondo è nella nostra natura tutto questo. Bisogna non forzare le cose
con il rischio di mettere a repentaglio la salute. Occorre altresì non indurre altri all'orazione finche'
non si è purificati interiormente dalla grazia e quindi si è ancora privi di virtù, trascinandoli verso
l'incertezza ed il turbamento. Bisogna non enfatizzare le pene sofferte e far tacere l'intelletto.
Secondo grado: l'orazione di quiete. Si vive un raccoglimento più intenso, un'attenzione silenziosa,
un ozio santo, senza ragionamenti, un abbandono come quello della Maddalena ai piedi di
Gesù.Non sollecitare in questi momenti né la volontà, né l'intelletto, nè l'immaginazione, perché
possono danneggiare. Si vivono momenti di grandissima gioia, accompagnati da lacrime in
abbondanza. Le virtu' interiori crescono in modo incomparabile, ma quando questi momenti
finiscono e' inutile sforzarsi di riprenderli con la volontà, accettando con fiducia e spirito di
adattamento tutto quel che viene.
Terzo grado: la contemplazione. Il Signore in questo stato aiuta il giardiniere quasi sostituendolo.
La volontà', l'intelletto e la memoria si assopiscono, si vive una specie di morte.
Si vivono momenti di glorioso delirio, di celeste follia, di vera sapienza,di godimento
deliziosissimo. Si dicono molte parole in onore di Dio, senza ordine, si scoppia di gioia, vorremmo
che tutti partecipassero a tutto questo. Si improvvisano poesie in maniera spontanea. Si arriva al
punto di non riuscire più a sopportare questa gioia. In questo grado di orazione cresce più
profondamente l'umiltà, la volontà si lega più fortemente a quella di Dio. Si diventa Marta e Maria
insieme.
Ai capitoli 23-24 della Vita, la Santa confessa che sentendosi assai migliorata e più forte si mise a
cercare persone dotte e spirituali, temendo di illudersi ed essere ingannata dal demonio, ma
tergiversa, finché giunta alla spossatezza si chiede tipo di orazione stia praticando e di essere
illuminata sulla natura di questa orazione. Procedendo comunque nell'orazione senza sapere se ciò
sia un bene od un male, rendendosi però conto che quanto le capita non dipende da un suo
comando, non potendo neppure fare resistenza, si decide a contattare una persona molto elevata in
spiritualità che comincia subito a trattarla con risolutezza esigendo che ella debelli subito quei
difettucci da cui non ha la forza di liberarsi, all'istante. Ciò la mette in crisi crede di non riuscire a
progredire. Un’altra persona laica la solleva dalla momentanea crisi trattandola a sua volta con
grande umiltà e carità, intrattenendosi con lei con molta pazienza.
Questa parte del libro della Vita costituisce un punto nodale del cammino di Teresa verso
l'orazione. Tra crisi ed angustie riesce con l'aiuto di un padre gesuita a discernere finalmente il suo
vero stato interiore. Questo padre le dice non solo che non avrebbe dovuto lasciare l'orazione, ma
che avrebbe dovuto attendervi con tutte le proprie forze e le profetizza anche ciò che Dio avrebbe
fatto di lei. Grande cosa è avere una guida che sappia capire veramente un'anima. Teresa suggerisce
come oggetto di meditazione: la Passione di Gesù. Viene lasciata libera in tutto senza altro obbligo
che quello di proporsi per amore. Un altro padre gesuita le consiglia di non sottrarsi a qualche
penitenza e di recitare il Veni Creator per alcuni giorni . Riceve per la prima volta la grazia del
rapimento.
Ai capitoli 25-31 della Vita, Teresa parla di varie grazie mistiche, delle prime apparizioni di Gesu',
del contatto diretto con Lui che la guida, la consiglia, le ordina, la corregge. Da notare che queste
grazie non costituiscono un segno sicuro di santità, che è invece la perfezione nella carità. Teresa
attraversa anche periodi di tormento: Dio permette che il demonio la irretisca con frivolezze, la
fede sbiadisce, l'amore si fa tiepido,rifugiarsi nella preghiera le crea maggior angoscia, è presa come
da un'irritazione verso tutti. Per questo non bisogna mai ritenersi sicuri di aver acquisito la virtù, di
essere staccati completamente dal mondo. Dio vuole che non ci sia altro in noi seno umiltà e
contrizione. Teresa racconta poi la grazia della transverberazione.
Ai capitoli 32-36 della Vita, Teresa ha la visione dell'inferno. Prende spunto dalle francescane
scalze del monastero di Avila per accarezzare un progetto, quello della riforma del Carmelo e viene
incoraggiata in questo proposito durante una visione dal Signore stesso. Iniziano subito le prime
difficoltà e dopo molte peripezie giunge finalmente alla fondazione del primo monastero: quello di
S.Giuseppe di Avila. Negli ultimi capitoli della Vita (dal 37 al 40) tratta di altre grazie ricevute e
delle future profezie sull'Ordine delle carmelitane scalze.
Il Castello Interiore
Tratta dell'orazione e causa indiretta della stesura di quest'opera fu il sequestro del libro della Vita
da parte dell'Inquisizione. P.Gerolamo Gracian racconta che durante un colloquio con la Santa
Madre si parlasse dell'orazione e di come ella ne avesse scritto così bene nel libro sequestrato.
Questo fu il pretesto perché il Padre, suo superiore, le comandasse di riscrivere sullo stesso
argomento un altro libro. La Santa inizialmente ne rimase costernata supplicando il padre di
esentarla da questo impegno per lei molto gravoso a causa dei suoi numerosi impegni, delle sue
infermità e della poca memoria. Ma il Superiore rimase irremovibile e così la Santa per obbedienza
iniziò pregando il Signore di illuminarla o almeno di farle ricordare ciò che aveva precedentemente
scritto.
Ponendo mano alla penna, alla Santa viene in mente di considerare l'anima nostra come un castello
meraviglioso, terso come il cristallo composto di molte stanze superiori ed inferiori. Il nostro
intelletto, acuto che sia, non potrà mai penetrare questa realtà né si rammaricherà di questa
ignoranza. Per conoscerlo meglio dovremmo entrarvi, perché se questo castello è dentro di noi
questo non vuol dire che già ci siamo dentro. Molti non se ne curano. Per entrarvi l'anima deve
raccogliersi in se stessa, ossia praticare l'orazione. Senza di questa l'anima abituata a vivere tra le
cose esteriori non conosce neppure il suo stato paragonabile a qualcosa di storpiato o paralizzato. La
porta d'ingresso dunque di questo castello è l'orazione e la meditazione. Chi ogni tanto vi si dedica
finisce per entrarvi portandosi dietro una serie di impedimenti che la ingolfano e che le impediscono
di accedere alle altre stanze e di rimanervi a lungo. La santa poi racconta che in una visione il
Signore le fece vedere lo stato di un'anima in peccato mortale.
Le stanze del castello sono come una pianta ricoperta di foglie, al cui centro c'è un midollo
abbastanza saporito. Il castello è illuminato da una luce che proviene dal centro, ove risiede la
stanza del Re. Per noi è così importante conoscerci e per questo non c'è cosa più necessaria
dell'umiltà. Con essa potremo conoscere la grandezza di Dio e la nostra piccolezza, la Sua immensa
ricchezza e la nostra miseria. Errore sarebbe anche insistere troppo sul nostro "conoscimento",
perciò usciamo da noi stessi e rivolgiamo lo sguardo a Cristo nostro bene ed ai suoi santi: da loro
impareremo la vera umiltà.
La stanza più lontana dal centro è anche quella meno illuminata e bisogna stare attenti a scoprire le
insidie del demonio facendoci scambiare tenebra per luce, come ad esempio prendersi la libertà di
fare qualche penitenza in più e di rovinarsi la salute, o l'andare a cercare tante piccolezze e difetti
negli altri, fatto questo che rende inquieti e nuoce al rapporto di amore con le sorelle.
Per avanzare nelle seconde mansioni, essendo ancora ingolfati da passatempi, affari e distrazioni
mondane, occorre perseveranza. Il Signore che vede non mancherà' di aiutarci nelle parole di
persone buone, nelle prediche, nelle buone letture e anche in altri modi come prove, malattie,
intuizioni. Ma non bisogna mai dimenticare che il demonio contrasta in tutti i modi e con mille
difficoltà questo nostro impegno, facendo apparire quasi eterni i beni del mondo, mostrandoci la
stima in cui siamo tenuti, sollecitando ricordi cari alla nostra sensibilità', suscitando falsi timori
sulla nostra salute, per un po' di penitenza che si pratica. Se qualche volta si cade non bisogna
avvilirsi, non cercare subito le consolazioni e lamentarsi delle aridità. Inoltre non è di pregiudizio al
raccoglimento il disbrigo delle occupazioni quotidiane, purché non si abbandoni l'orazione.
Terze mansioni: non fidarsi né della stretta clausura né della penitenza che si fa, e neppure del
continuo esercizio dell'orazione e del ritiro assoluto dal mondo. Teresa consiglia di conservare
sempre il timor di Dio, per non fare la fine di Salomone. In queste mansioni il Signore ha dato la
grazia di vincere le iniziali difficoltà, e si desidera ardentemente non offenderlo, evitare le colpe
anche veniali, amare la penitenza, impiegare bene il tempo, esercitarsi in opere di carità verso il
prossimo, essere regolati nel parlare e nel vestire. Attenzione però alla mancanza di umiltà perché
quando si incontrano le aridità per lo più dipende dal fatto che non si sopporta con pazienza di
trovar chiusa la porta della stanza del Re. Occorre perseverare nella spoliazione e nell'abbandono di
ogni cosa ritenendoci servi inutili e mai si creda che Dio sia obbligato a darci favori come premio
per ciò che si fa.
Un'anima veramente umile se non riceverà consolazioni, otterrà comunque una grande pace e
regolarità. Attenzione a chi si crede di essere in grado di insegnare agli altri col fatto di esercitare da
molto tempo professione di virtù e per questo avere tutte le ragioni per essere sensibili alle prove
che Dio manda loro. Egli fa toccare con mano la loro miseria facendo conoscere chi veramente sono
e non mancheranno di riconoscere quanto siano imperfetti. L'umiliazione di vedersi così sensibili
per cose di scarsa importanza renderà la loro imperfezione bene accetta, più che per la causa che
l'ha prodotta. Imperfezione è anche quando rimane in noi una certa inquietudine da cui non avremo
ancora saputo liberarci, vivendo nella piena libertà di spirito.
Procuriamo non solo di essere ritenuti miserabili, ma di esserne persuasi. L'umiltà è l'unguento di
ogni ferita. La preoccupazione per la salute del corpo poi potrebbe costituire un inganno; meglio
lasciare la cura di esso ai superiori. La perfezione non è di chi ha più' delizie, ma di chi ama di più
ed opera secondo giustizia e verità. I favori che procedono da Dio producono amore ed energia e
coloro che saranno arrivati a questo stato cercheranno di esercitarsi molto nella prontezza
dell'obbedienza e nel rinnegare la propria volontà. Sarebbe auspicabile avere per guida una persona
che non ha le nostre stesse vedute. C'è il pericolo che si possa tornare indietro se le nostre forze non
sono ben fondate sulla roccia non tanto riguardo ai patimenti subiti nel mondo, ma a quelle
tempeste suscitate dal demonio, e che sa così ben ordire a nostro danno.
Quarte mansioni: in questo stato il soprannaturale si fa più presente; Teresa annota la difficoltà di
poterle spiegare. Non è regola assoluta l'esser dovute passare per forza attraverso gli stati
precedenti. In questo grado di orazione, in mancanza di altre tentazioni, il demonio può
intromettersi nelle consolazioni di Dio. Sarebbe molto meglio piuttosto che entrandovi vi scatenasse
la guerra. Teresa parla anche della differenza tra i gusti ed i contenti spirituali, vale a dire tra
l'orazione di raccoglimento e l'orazione di quiete. Nella prima siamo noi a procurarci sentimenti
soavi, nella seconda pur cominciando da noi, essi finiscono poi in Dio. Teresa ricorda poi che
l'amore non sta nei gusti spirituali, ma nel contentare il Signore in ogni cosa, sforzandosi di non
offenderlo, pregare per l'accrescimento e la gloria di suo Figlio e l'esaltazione della Santa Chiesa.
Per far comprendere meglio la differenza tra queste due orazioni riprende l'immagine dell'acqua e
dice che bisogna figurarsi due fontane: la prima viene alimentata per acquedotti, la seconda da una
sorgente che sgorga senza rumore; mentre la prima lo fa con rumore, la seconda tende a dilatare
l'anima riempiendola di beni ineffabili.
La dilatazione di cui sopra si riconosce anche dall'energia di cui l'anima si sente ripiena, ha grande
fiducia nel futuro destino eterno ed accresce il timore di offendere Dio senza essere servile. La
santa raccomanda specie nel periodo di raccoglimento di non tralasciare l'orazione perché è una fase
molto delicata; e qui fa l'esempio del bambino che comincia a poppare: potrebbe fare la fine del
bambino che si discosta dal seno di sua madre. Attenzione però anche al pericolo opposto a causa di
troppo lunghe veglie, orazioni ed austerità. Questa mansione è quella in cui le anime vi entrano in
maggior numero.
Quinte mansioni: Teresa chiede che le venga dato dal Cielo abbastanza lume da potersi esprimere e
farsi comprendere non vi sono termini umani sufficienti a spiegarle. Sono pochissime le anime che
vi entrano. Qui l'anima non è assopita come nello stato precedente, ma addirittura addormentata e
profondamente, tanto da non formulare alcun pensiero. E' come una morte molto deliziosa, non
rimanendole altro del corpo se non un flebile respiro. E' come una persona svenuta. Se nello stato
precedente potrebbero entrare illusioni, intromissioni demoniache sotto forma di luce, qui non
possono entrarvi neanche le "lucertolette" più piccole. Qui si ha l'unione piena con Dio, restano
fuori solo i sensi esterni. I sentimenti che Dio produce all'anima non sono paragonabili alle
ebbrezze ed alle consolazioni della terra. Essa prova una gioia, una soddisfazione, un diletto, una
pace che solo Lui può dare.
Il segno sicuro che si tratta di vera unione sta nel fatto che non solo non vede e non sente nulla, ma
quando torna in sé, avverte dentro di sé una traccia della presenza di Dio talmente indelebile da
rimanere tale dopo molti anni. Proseguendo l'argomento fa l'esempio del bruco che si costruisce il
bozzolo per poi trasformarsi in farfalla. Così l'anima si sente tanto trasformata da non riconoscersi
più. E qui inizia la sofferenza dell'esilio, il disgusto per il mondo ed il desiderio di abbandonarlo.
Solo nella successiva mansione sarà tanto sottomessa al Divino Volere da accettare di buon grado
questo esilio l'amore verso Dio la renderà così soggetta da non desiderare che una cosa: che Egli
faccia di lei tutto ciò che vuole. La sposa viene introdotta nella cella vinaria, ordinando in lei la
carità.
La santa parla anche di un altro tipo di unione, più evidente e sicura di quella ed è quella con la
Divina Volontà. Ciò comporta grandi lotte: se il bruco deve diventare farfalla bisogna che
l'uccidiamo noi. Ella afferma che per le consacrate fare la Divina Volontà consiste nell'amore di Dio
e del prossimo con i fatti e ammette con grande pena ed umiltà di esserne ancora molto lontana.
Ricordarsi inoltre che certi doni vengono dati non solo per noi stessi, ma anche per gli altri, ecco
alle volte il demonio si accanisce così tanto per non volere che il bene si spanda. Elenca anche
alcuni esempi di carità: consolare un'ammalata facendo propria la sua sofferenza; digiunare per dare
a lei da mangiare; rallegrarti se senti lodare un'altra persona; godere delle virtù delle sorelle; sentir
pena di qualche loro difetto come se fosse tuo cercando anche di coprirlo.
Seste mansioni: la vista dello sposo colpisce così grandemente l'anima che ogni suo desiderio è di
tornare a goderlo. Non meno grandi però sono le prove che d'ora in poi ella dovrà' sopportare, sia
interiori che esteriori. Mormorazioni, allontanamento di amici che finiscono per diventare nemici,
giudizi malevoli, discredito con i confessori non più disposti a confessare. Persino le lodi diventano
motivo di tormento per il contrasto con la propria miseria e le proprie colpe, così da ritenersi buoni
senza ragione. Inoltre infermità gravi e di ogni specie, pene interiori. I confessori ritengono, specie
se si scopre qualche imperfezione, che ci si trovi di fronte ad un soggetto alterato nell'animo. Ci si
trova in uno stato di aridità tale da credere che sia tutta fantasia. La persona teme di non essere in
grazia di Dio, parendole di non avere neppure una scintilla di amore. Se prega è come se non
pregasse; l'angoscia la tormenta in maniera intollerabile. Che fare? L'unica maniera di sopportare un
po' tutto questo è darsi alle opere di carità o ad attività esteriori. Si strugge in desideri, la pena che
ne sente è deliziosa e soave. Si è disposti a soffrire tutto per amore, accettando croci e fuggendo
soddisfazioni e conversazioni del mondo. Altre volte si avverte una sottile infiammazione simile ad
un delizioso profumo che si diffonde per tutti i sensi. Altre volte il soggetto avverte delle parole, ma
per non sbagliare, specie in persone di debole immaginazione, vi sono segni sicuri della loro
autenticità: sono parole che hanno una sovrana potenza, perché si sentono, ma contemporaneamente
fanno. Ad esempio: non affliggerti! E subito avverti una grande pace e tranquillità; restano poi
impresse nella memoria in maniera indelebile.
Dio parla all'anima anche per via di visione intellettuale: sono parole chiare e segrete che si
intendono con l'udito dell'anima. Esse rimangono bene impresse e rendono l'anima più umile,
disinteressata, generosa. Il Signore viene a sancire il fidanzamento con i rapimenti facendola uscire
dai sensi. L'anima viene come bruciata dopo aver languito per tanto tempo nel desiderio
dell'Amato e risorge come la mitica fenice, purificata di tutte le sue colpe. In questo stato il Signore
potrebbe rivelarle qualche segreto celeste o accordarle delle visioni immaginarie, ossia percezioni di
cose naturalmente irraggiungibili avute con l'immaginazione. Le rimane un ricordo d'insieme senza
una memoria chiara di ogni specifico oggetto. Queste grazie possono essere ricevute da sole od in
presenza di qualcuno. In questo caso non bisogna affliggersi: se lodano o mormorano è sempre un
guadagno. I voli di spirito sono una specie di rapimento: all'inizio si prova una certa paura perché lo
spirito viene rapito all'improvviso, senza preavviso con molta velocità e veemenza. Ti senti portar
via senza sapere dove stai andando, non sei più padrone di te stesso. In questa mansione i rapimenti
si fanno molto frequenti ed inaspettati. C'è il desiderio di uscire da questa vita, dove tutto annoia, e
di ritirarsi in solitudine. Se da una parte ci si sente sicuri, dall'altra si vive nell'angustia per paura
dell'inganno. Il dolore per i propri peccati aumenta in proporzione dei favori ricevuti. In questo stato
inoltre si può cadere nell'inganno, assorti come si è, e c’è il rischio di non pensare più a Gesù ed alla
sua umanità. Il demonio potrà tentare l’anima anche in questo stato di elevazione, ma ne uscirà con
grande vantaggio per lei, mentre il maligno ne resterà confuso. La visione intellettuale invece
consiste nel sentire molto forte la presenza di nostro Signore, ma senza vederlo né con gli occhi del
corpo né con quelli dell'anima. La visione immaginaria invece si verifica quando nostro Signore si
rivela nella sua santissima umanità, o quando era sulla terra o dopo la sua resurrezione, con una tale
rapidità da pensare ad un lampo. Succede alle volte che Dio mostri in se stesso di essere una Verità
tale da eclissare quella che si trova nelle creature e comprende così cosa voleva dire David quando
nel salmo afferma che ogni uomo è bugiardo. L'anima che arde di desiderio alle volte è investita da
un raggio di fuoco tale da ridurre in cenere tutto ciò che si trova nella nostra bassa natura, tanto che
in quei momenti è impossibile ricordarsi di noi stessi.
Settime mansioni: Chi può finire di raccontare le misericordie e le magnificenze di Dio? Non solo
riguardo a ciò Teresa ha finora raccontato, ma anche a ciò che sta per dire. Solo conoscendo le sue
comunicazioni possiamo lodare la sua grandezza. Quando il Signore si degna di aver pietà di quanto
quest'anima patisce od ha patito finora, la introduce in questa mansione, ove in visione intellettuale
scopre le tre Persone della SS. Trinità. Ciò che crediamo per fede ella la conosce per vista. La Santa
con meravigliosa acutezza poi distingue l'anima dallo spirito, pur non sapendo nulla di teologia
mistica. L'immagine del matrimonio spirituale è quella che più di tutte si avvicina a questo tipo di
unione, ma non la esaurisce completamente. Il Signore si compiace di mostrarsi all'anima nella sua
Umanità, prendendosi cura delle cose di lei e lei delle cose di Lui come se fossero le proprie. Tra
fidanzamento e matrimonio c'è sopratutto la differenza della inseparabilità: l'anima nel suo apice
diviene una sola cosa con Dio. Non si distinguono più le due entità. Ci sente trasformati al punto di
non riconoscersi più. Non desidera altro che di compiere il divino Volere, se perseguitata nel suo
intimo prova vivissima gioia, non desidera più di morire, ma di vivere il più a lungo possibile per
servire il Signore e farlo servire da tutti. Scompaiono le aridità e le inquietudini e l’anima non va
più soggetta ad alcuna estasi e se qualche volta le capita di andarci non è più come con i rapimenti
di prima. Più si sente favorita, più diffida e teme di se stessa. Le capita anche alle volte di
commettere delle imperfezioni. Prova grande tormento alla vista di anime che si perdono. Unione in
una parola vuol dire conformità alle sofferenze di Cristo. Fissando con amore lo sguardo sul
crocifisso ogni cosa diventerà più facile. Tutto Signore è in tuo potere e nulla possiamo senza di Te.
Il libro delle Fondazioni
E' il libro più interessante e più riuscito dal punto di vista letterario. Scritto su ordine di un padre
confessore, fu redatto in diverse tappe. Traspare il carattere amabile e giocondo di Teresa,
leggermente ironico, sereno e piacevole, con descrizioni curiose e concise, lungo itinerari pieni di
stanchezze e traversie.
Ella prova inizialmente talmente vivo il desiderio di compiere opere che fossero la prova tangibile
della virtù dell'amore, che un giorno in una comunicazione con nostro Signore si sentì dire:
"Aspetta un po' figlia mia e vedrai grandi cose". Nel prologo dell’opera accenna al gran bene
dell'obbedienza, da cui dipende l'avanzamento nella virtù, l'importanza dell'umiltà, la sicurezza del
buon cammino e la pace del cuore. Ciò le viene confermato in un'altra comunicazione:
"L'obbedienza dà forza".
La stesura di quest'opera all'inizio le sembra quasi impossibile, essendo sovraccaricata di impegni
ed occupazioni; si scusa poi per la scarsa memoria per cui finirà di omettere cose di grande
importanza. L'opera segue solo in parte la cronistoria continua e dettagliata della fondazioni dei
vari monasteri; Teresa si sofferma su vari argomenti, a volte dei veri e propri capitoli: avvisi alle
priore, l'orazione, le rivelazioni, i trasporti di spirito, la cosiddetta melanconia, la storia di una
conversa, la vita e la morte di una santa religiosa.
Inizia col monastero di S. Giuseppe in Avila, spiegando come alcune monache, da poco entrate in
esso e ancora legate al lusso ed alla pompa che vigeva al monastero dell’Incarnazione, in breve
tempo siano state strappate da queste vanità e siano giunte a tanta perfezione da restarne lei stessa
edificata. Esempi di rara solidarietà, obbedienza, fede e generosità. Il Signore la esaudisce così nel
suo desiderio di salvare anime con l'apostolato dell'orazione.
Avvenne poi che, siccome il monastero di S. Giuseppe non era soggetto all'Ordine e nel timore che
le venisse ordinato di rientrare in quello dell'Incarnazione dove vigeva la Regola mitigata, il
Generale venuto da Roma, gioisse invece molto nel vedere il loro modo di vivere, che era quello
della Regola primitiva. Volle anzi che la riforma si estendesse di più, dandole così ampie facoltà di
fondare nuovi monasteri femminili. Dopo alcuni giorni da quando il Generale era partito, la Santa
gli inviò una lettera con la quale chiedeva che fossero fondati anche conventi di frati e lui le mandò
la licenza di fondarne due. “Ma ero solo una monaca scalza”, afferma, senza l'aiuto di nessuno.
La fondazione del monastero di Medina avvenne tra tante peripezie e la casa destinata allo scopo fu
occupata a mezzanotte della vigilia della festa dell'Assunta. Ma era tutto da sistemare e senza
perdersi d'animo, con l'aiuto di altre persone, Teresa e le sue sorelle spirituali lavorarono fino
all'alba celebrandovi infine la messa. Il monastero di S. Giuseppe di Medina del Campo seguì le
orme di quello di S. Giuseppe in Avila ed il Signore fece sì che fosse fornito sia di chiesa che di
sostentamento.
Il monastero di Malagon fu fondato grazie alla liberalità di una signora. L'insediamento avvenne il
giorno delle Palme e dopo essere rimasta in quel luogo circa due mesi, Teresa fu spinta a fondare
quello di Valladolid.
Qualche tempo prima che si fondasse il monastero di S. Giuseppe in Malagon, Teresa aveva avuto
un contatto con un cavaliere che le aveva offerto spontaneamente e di buon animo una sua tenuta,
con casa orto e vigna, vicino il fiume, ma un po' distante da Valladolid. La Santa accettò con
qualche perplessità. Dopo un po' il cavaliere morì, con richiesta di perdono a Dio, ma senza avere il
tempo di confessarsi. Il Signore disse a Teresa che gli aveva usato misericordia per quella
donazione, ma che soffriva molto nel purgatorio, le disse inoltre di far celebrare al più presto una
messa, ma per adesso lei non poteva, dovendosi ancora recare nel luogo in cui sarebbe dovuto
sorgere il monastero. Recatavisi ne rimase molto disillusa perché quello era un luogo insalubre che
richiedeva oltretutto un grande dispendio di soldi. Nonostante la stanchezza, Teresa ritornò in città
afflitta dal pensiero, ma chiamando alcuni operai per cominciare a erigere i muri della clausura.
Recatasi a messa vide durante la comunione il cavaliere morto con viso splendente ed allegro, quasi
anticipandole la risoluzione del problema. La situazione in cui versava Teresa venne a conoscenza
di una signora del posto, la quale vedendo i grandi inconvenienti a cui avrebbero dovuto sottostare
le monache, le propose di cedere a lei quella casa in cambio di un'altra migliore e di maggior valore.
L'inaugurazione avvenne il giorno di S. Biagio con grande partecipazione di popolo.
Ecco poi come avvenne la fondazione del primo convento degli Scalzi: si era deciso con Padre
Antonio di Gesù, priore del convento di S.Anna in Medina e fr. Giovanni della Croce allora tra i
calzati, che sarebbero stati loro i primi, qualora si fosse fondata una casa sotto la Regola primitiva,
ad entrarvi.
Un certo cavaliere di Avila venne a sapere, non si sa come, del progetto ed offrì alla Madre una casa
situata in uno sperduto villaggio chiamato Duruelo. Per giungervi Teresa dovette affrontare mille
peripezie e poco prima di notte vi arrivò. Trovò la casa ingombra, sudicia e poco ospitale. Ma i
due frati, molto amanti della penitenza, come l'ebbero ispezionata, ne rimasero soddisfatti. Qui
iniziarono, dopo qualche ritocco, a condurvi una vita molto fervorosa, iniziando anche a predicare
nei villaggi vicini, senza sandali, dove la gente era priva di istruzione religiosa.
Avvenne poi la fondazione del monastero di Toledo verso cui la Santa Madre ebbe sempre una
particolare affezione, per la sua povertà', per le difficoltà incontrate nel volerlo erigere e per alcuni
fatti edificanti ivi accaduti.
Dopo che furono terminati i lavori a Toledo, Teresa stando a refettorio cominciò a pregustare la
gioia di passare qualche momento in compagnia di nostro Signore, ma non ne ebbe il tempo gli
vennero a dire che la principessa di Eboli desiderava che si fondasse un monastero a Pastrana.
All'inizio non voleva accettare perché le sembrava prematuro lasciare Toledo, ma dopo essersi
consultata anche col suo confessore accettò. Era un buon eremitaggio e dopo aver ottenuto la
licenza dai due Provinciali, fu accolta con gran cortesia dalla Principessa e da suo marito. Ma dopo
la morte di lui, la vedova voleva entrarvi da religiosa. Questo desiderio della Principessa non era
molto realistico, perché avrebbe dovuto sottostare alla nuova Regola, considerando il suo carattere
autoritario e capriccioso. Allora cominciò a mettere a dura prova la pazienza delle monache, fino a
quando Teresa decise di lasciare il monastero e tutto quello che era stato donato per trasferirsi a
Segovia, dove intanto ne era stato fondato un altro, con il rammarico degli abitanti del luogo.
Il rettore dei gesuiti di Salamanca scrisse nel frattempo alla Santa per dirle che fondare un
monastero in questa città sarebbe stato molto utile. Il luogo era assai povero ed all'inizio Teresa
esitò, ma poi pensando che anche quello di Avila non era meno povero, accettò dopo avere ottenuto
la necessaria licenza dal vescovo della città. Arrivò con una sola monaca dopo un faticoso viaggio
intrapreso di notte con un freddo acutissimo. La persona che l'attendeva disse che purtroppo la casa
era ancora occupata dagli studenti, ma saputo che senza la presa di possesso la fondazione non
poteva aver luogo, tanto fece che il padrone la sera stessa costrinse gli studenti a lasciarla di mala
voglia. Quella notte per timore di loro ritorsioni si chiusero in una stanza dove c'era della paglia con
due coperte date in prestito. La compagna di Teresa, presa dalla paura, disse alla madre che cosa
avrebbe fatto se si fosse trovata accanto una morta e la madre rispose dicendo che avrebbe pensato
il da farsi solo quando ciò fosse accaduto e che per ora sarebbe stato meglio dormire. In quel
monastero le monache non si trovavano bene, perché troppo umido, freddo e vasto. Il peggio era
che non c'era al momento neanche il SS. Sacramento. Esse erano afflitte solo per questo motivo. Il
prelato del luogo venuto a conoscenza di ciò, fece richiamare la madre dal monastero
dell'Incarnazione dove nel frattempo era stata richiamata, mentre le monache trattavano con un altro
proprietario per l'acquisto di un'altra casa. I lavori di adattamento si protrassero oltre misura, mentre
l'affitto della vecchia casa era scaduto. Si trovarono a traslocare che pioveva a dirotto, mentre nella
nuova casa il tetto non era stato ancora sistemato ed il giorno seguente doveva avvenire
l'inaugurazione. Anna di Gesù pregò Teresa che parlasse al Signore per questo, almeno per
sistemare gli altari in cappella. Ed appena si fu ritirata sollevando gli occhi vide il cielo tutto
coperto di stelle.
Il monastero di Alba de Tormes fu fondato su sollecitazione dell'amministratore del Duca d'Alba e
di sua moglie. Inizialmente Teresa non era favorevole all'idea, perché si trattava di un luogo molto
piccolo e quindi scarso di rendite, ma il suo confessore la riprese dicendo che non era bene rifiutare
per questo quando anche il Concilio lo permetteva.
Il monastero di S. Giuseppe in Segovia fu fondato su input del Signore. Mentre un giorno era in
orazione, Teresa ebbe dal Signore un ordine in tal senso, assicurandola che avrebbe avuto la licenza
dal suo superiore senza problemi, quantunque avesse al momento degli impedimenti. Abitava in
Segovia una vedova la cui vocazione era stata sempre per la vita religiosa. Provvide lei stessa a
trovare una casa in affitto entrandovi poi con la figlia da monaca e conducendovi una vita
esemplare. Sorsero in seguito nuove difficoltà che si protrassero per mesi, finché non fu comperata
una nuova casa.
La fondazione del monastero di Beas dimostra che quando il Signore vuole una cosa, benché gli
esseri umani siano recalcitranti, diventano senza accorgersene suoi strumenti. Alla fondazione di
questo monastero è anche legato un episodio bellissimo: la conversione di due ragazze figlie di un
cavaliere di quel luogo poi entrate in quello stesso monastero. Avvennero altri fatti straordinari a
loro favore e per intervento divino. Grazie a questi fenomeni si poté fondare questo monastero.
A proposito della fondazione del monastero di Siviglia Teresa s’intrattiene nel parlare della figura
di Padre Gerolamo Gracian, una delle più importanti della Riforma carmelitana.
La Santa annota come le fondazioni furono erette tutte con grandi difficoltà e varie tribolazioni.
Esse furono molte, di diverso genere e di lunga durata, ma alla fine tutto si risolse nel migliore dei
modi. Teresa annota anche che le fu di sollievo, ad un certo punto, il divieto da parte del Padre
Generale di erigere nuove fondazioni, desiderando di finire i suoi giorni in pace.
Il monastero di Caravaca fu fondato grazie alla determinazione di due giovani donne, dopo che
ebbero ascoltato una predica di un Padre gesuita. Fu il padre di una di loro che per questo cedette
volentieri una parte della sua casa. Il paradosso capitò più tardi perché proprio quella giovane
dovette uscirne per essersi ammalata di "melanconia", che indebolisce ed oscura la ragione.
Il monastero di Villanueva della Jara: dopo la fondazione di Siviglia passarono quattro anni senza
che si fondassero altre case per via delle persecuzioni insorte contro gli scalzi e le scalze. In questo
periodo la Santa Madre era a Toledo per via della persecuzione ed un ecclesiastico di Villanueva
venne a trovarla, con una lettera del Consiglio Municipale, pregandola di accettare l'idea di fondare
in quella località un convento con nove ragazze, già raccolte in una piccola casa presso un
romitorio dove aveva l'abitudine di soggiornare una donna di nome Caterina in fama di santita',
discendente da un'illustre famiglia. Grazie a lei fu eretto il convento. Sopravvisse circa cinque anni
da quella data e fu sepolta nella chiesa costruita vicino dov'era la sua grotta.
Palencia: appare chiaramente in questa fondazione come l'intervento diretto e reiterato di nostro
Signore avesse la meglio sul precario stato di salute della santa Madre, e su vari preconcetti ed
incertezze . La casa venne aperta in località S. Maria della Strada. Le fu rivelato anche che la
presenza di quella fondazione avrebbe giovato molto a riparare le offese che in quel luogo venivano
compiute.
Soria: Quando la Santa Madre si trovava ancora a Palencia, le recarono la lettera del Vescovo di
Osma che ella aveva conosciuto quando si trovava Toledo e che era stato per un periodo suo
confessore. Egli le proponeva di fondare un monastero a Soria su richiesta di una signora del luogo
rimasta vedova senza figli e con molti beni. La cosa andò a buon fine anche grazie al carattere della
benefattrice, dolce, generoso e penitente.
Burgos: nonostante l'insistenza di alcuni Padri Gesuiti, che da diversi anni la pregavano di fondare
un monastero a Burgos, Teresa non si decideva. C'erano stati in verità nel frattempo altri problemi
oltre a questo. Teresa era carica di malanni e Burgos era città molto fredda. Dopo il ritorno da Soria
con un viaggio assai penoso le sembrava temerario intraprenderne uno nuovo per di più molto
lungo. Inoltre il Provinciale non lo avrebbe permesso. Teresa cambiò parere quando il Signore
stesso le disse di sforzarsi di farlo nel suo nome. Vi era in quella città una santa vedova che aveva
dato già due figlie al monastero di Valladolid e ne avrebbe date altre due a quello da fondare. La
Santa si dilunga molto nel raccontare i particolari dell'acquisto della casa, per mostrare che per varie
ragioni si trattò piuttosto di un miracolo, compreso il fatto che malgrado il monastero fosse all'inizio
sprovvisto di rendita, non per questo sarebbe mancato in seguito del necessario.
Brani scelti dalle opere di Santa Teresa d’Avila
"Voi non tralasciaste nulla per rendermi subito tutta vostra, e nemmeno posso lamentarmi dei miei
genitori, perché in essi non vedevo altro che virtù e grande cura del mio bene".
"Appena trascorsa quell'età, cominciai a conoscere le doti di natura di cui Dio mi aveva favorita e
che mi dicevano esser molte...avrei dovuto ringraziarlo, ma non me ne servii che per offenderlo."
(Vita,1,8)
"Farci vedere povere ed esserlo soltanto nell'esterno, non nello spirito, sarebbe un ingannare il
mondo" (Camm.,2,3)
"Se nel confessore doveste riscontrare qualche vana tendenza, abbiate tutto per sospetto, e benché le
sue conversazioni siano sante, guardatevi dal tenerne..."
(Cammino di perfezione,4,13)
"Non fidatevi né della stretta clausura, né della penitenza che fate...Tutto questo è buono; ma non
deve bastare a farvi smettere di temere".
(Castello,III Mansioni,1,4)
"Il Signore vuole opere. Vuole ad esempio che ti curi di perdere quella devozione per consolare
un'ammalata a cui vedi di poter essere di sollievo...". (Castello,V Mansioni,3,11)
"...E' un nulla sorelle quello che abbiam lasciato. E' un nulla quello che facciamo o possiamo fare..."
(Castello, VI Mansioni 4,10 )
"...Venne a trovarmi un religioso francescano, gran servo di Dio...,che aveva i miei stessi desideri
per la salute delle anime...". "Era tornato da poco dalle Indie, e cominciò a raccontarmi dei molti
milioni di anime che laggiù si perdevano per mancanza di istruzione religiosa".
(Fondazioni,1,7)
"Ho constatato che vi è più spirito e maggior allegrezza interiore quando il corpo sembra privo di
comodità, che non quando si è comodamente e sontuosamente alloggiati"( Fondazioni,14,5)
"Non si può comprendere la gioia che si prova in queste fondazioni quando ci si ritrova in clausura,
lontane da ogni persona del mondo. Qualunque sia l'affetto che ci leghi ai secolari, nulla eguaglia
l'incomparabile contento di trovarci sole"
(Fondazioni,31,46)