TORQUATO TASSO Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544

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TORQUATO TASSO Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544
TORQUATO TASSO
Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544 dalla nobildonna toscana Porzia de’ Rossi e dal nobile
bergamasco Bernardo Tasso.
Il padre era uomo di corte e poeta, autore di un poema cavalleresco (l’Amadigi). Al servizio del
principe di Salerno, fu costretto a seguirlo in esilio quando questi dovette abbandonare la sua terra
per aver partecipato ad una congiura contro l’Inquisizione.
Anche per Torquato inizia una lunga serie di peregrinazioni che lo porterà da Napoli a Roma e poi
alla corte dei Della Rovere a Urbino. Successivamente sarà a Venezia, dove, all’età di 15 anni iniziò
un poema sulla prima crociata (il Gierusalemme), prima idea di quello che sarà poi oggetto del suo
capolavoro.
Nel 1560 si trova a Padova, dove frequenta la prestigiosa università, centro più importante degli
studi aristotelici.
Nel 1565 fu assunto al servizio del cardinale Luigi d’Este nella prestigiosa corte di Ferara (più tardi
entrerà al servizio del duca Alfonso II).
La corte di Ferrara, fin dai tempi dell’Ariosto, amava particolarmente la letteratura cavalleresca, per
questo Tasso fu probabilmente stimolato a lavorare sul suo poema dedicato alla prima crociata. Vi
lavorò tra il 1565 e il 1575.
La Gerusalemme Liberata
La prima idea di comporre un poema ispirato alla prima crociata Tasso la ebbe nel 1559 a soli 15
anni, quando si trovava a Venezia con il padre.
Tornò sul progetto, nel frattempo abbandonato, nel 1565 dopo il suo arrivo alla corte di Ferrara,
dove venne assunto al servizio del cardinale Luigi d’Este, e lo terminò nel 1575.
Formatosi in un’epoca, quella controriformistica, in cui l’arte era dominata dalla rigida obbedienza
alle regole formali ispirate ad Aristotele, Tasso accompagna la composizione del poema con una
serie di opere teoriche in cui si sforza di definire un modello di poema eroico ben diverso dal
poema cavalleresco di Ariosto, considerato troppo libero e irregolare.
Partendo da Aristotele, Tasso afferma che mentre la storiografia tratta del “vero”, di ciò che è
veramente accaduto, la poesia tratta del verosimile, cioè di ciò che avrebbe potuto avvenire.
Quindi, il poema epico, per essere verosimile deve trarre ilo proprio soggetto dalla storia, cosa che
gli conferisce autorità e prestigio, ma, distinguendosi dalla storiografia, deve conservare un margine
di finzione. Di conseguenza non va scelto un soggetto storico troppo vicino, che impedirebbe al
poeta l’intervento creativo, ma neanche troppo distante nel tempo, perché ciò lo renderebbe
estraneo al lettore.
Le teorie in voga durante la Controriforma affermavano che la poesia deve avere una carattere
morale e pedagogico. Tasso accetta questo principio, senza rigettare del tutto le teorie
rinascimentali, che sostenevano che la poesia deve produrre godimento estetico. In sostanza, per
Tasso, la piacevolezza deve essere uno strumento per trasmettere i contenuti morali e religiosi.
Questa piacevolezza è data soprattutto dall’elemento meraviglioso presente anche nella
Gerusalemme Liberata. Ma non si tratta di un meraviglioso fiabesco e fantastico come quello del
romanzo cavalleresco, perché questo danneggerebbe il verosimile.
Tasso propone il cosiddetto meraviglioso cristiano: interventi soprannaturali di Dio, degli angeli e
delle potenze infernali, che appaiono verosimili perché fanno parte delle verità della fede.
L’argomento e la struttura del poema
Tasso abbandona i classici temi dei romanzi cavallereschi derivati dalla materia bretone e carolingia
per rivolgersi alla materia storica: la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati guidati da
Goffredo di Buglione nel 1099.
L’argomento era tale da coinvolgere il pubblico dell’epoca, infatti la necessità di una nuova crociata
si era affacciata nel mondo occidentale fin dalla conquista turca di Costantinopoli (1453), ma era
diventata sempre più attuale nel corso del ‘500 quando la potenza turca era arrivata al suo culmine e
minacciava direttamente le coste italiane e i commerci mediterranei.
Quindi non belle favole collocate in un tempo mitico, ma una storia urgente, seria, che deve
coinvolgere la coscienza dei cristiani di fronte a un pericolo attuale.
Dunque il poema di Tasso è lontano da quel tono ironico, talvolta comico, dal tono talvolta
colloquiale tipico del Furioso, e si rifà piuttosto a modelli dell’epica antica, dall’ Íliade all’Eneide.
Rispetto alla pluralità di eroi e di azioni che si intrecciano nel Furioso, la G.L. punta verso l’unità –
così come prescrivevano le regole di Aristotele:
- l’azione è unica: l’assedio e la conquista di Gerusalemme
- uno è l’ eroe centrale: Goffredo di Buglione, il comandante della spedizione. E’ vero che a
lui si affiancano molti altri eroi, ma essi sono spinti da forze disgregatrici (l’amore, la gloria
individuale) che li spinge ad allontanarsi dall’impresa. Sarà Goffredo che, contrastando
queste spinte centrifughe, riconfermerà l’unità del capo cristiano (e l’unità strutturale del
poema)
Il poema è composto da venti canti, in ottave, la strofa ormai classica della poesia epico-narrativa
italiana.
L’intreccio
Al 6° anno di crociata Dio volge lo sguardo verso l’esercito cristiano e vede che i principi hanno
abbandonato la loro impresa comune per inseguire i propri interessi personali. Manda quindi
l’arcangelo Gabriele da Goffredo di Buglione, l’unico rimasto fedele al dovere, per incitarlo a
prendere il comando della guerra.
Sotto il comando di Goffredo i cristiani pongono l’assedio a Gerusalemme. Durante i primi scontri
si segnalano gli eroi principali: Tancredi e Rinaldo tra i cristiani, la fanciulla Clorinda e il feroce
Argante tra i musulmani.
Tancredi si innamora, non ricambiato, di Clorinda.
Satana vuole contrastare l’impresa dei crociati e manda in aiuto dei pagani le sue schiere di demoni.
Altro strumento demoniaco è la bellissima maga Armida che fa innamorare di sé vari guerrieri
cristiani, riuscendo a imprigionarli nel suo castello presso il Mar Morto.
Sarà Rinaldo, che nel frattempo era stato allontanato dal campo per aver commesso un omicidio, a
liberare i compagni nel momento più critico per i cristiani, assaliti dai predoni arabi guidati dal
sultano Solimano.
I cristiani muovono all’attacco di Gerusalemme per mezzo di una grande torre mobile.
Il vecchio tutore di Clorinda rivela all’eroina le sue origini cristiane. Nottempo Clorinda e Argante
escono dalle mura con lo scopo di incendiare la torre d’assedio. Compiuta l’impresa, Argante riesce
a rientrare tra le mura, mentre Clorinda è sorpresa da Tancredi, che non la riconosce. Ne segue un
drammatico duello che si conclude con la sconfitta di Clorinda che, in punto di morte, chiede di
essere battezzata.
Dio rivela a Goffredo che l’unico modo per conquistare Gerusalemme è reintegrare Rinaldo
nell’esercito. Ma egli è stato reso schiavo della maga Armida, follemente innamorata di lui. Due
cavalieri, Carlo e Ubaldo, si mettono alla ricerca del palazzo della maga, sulle isole fortunate e,
dopo aver superato mostri e varie insidie, riescono a convincere l’eroe a ritornare al campo.
Disperata per essere stata abbandonata, Armida decide di vendicarsi e si unisce all’esercito pagano.
Con la furibonda battaglia finale e i duelli tra i principali eroi (Tancredi-Argante, RinaldoSolimano, Goffredo-Emireno) si conclude il poema. Goffredo pianta il vessillo crociato sulla città
santa e si reca in preghiera al Santo Sepolcro.
L’uno e il molteplice nella Gerusalemme Liberata
Secondo il critico letterario Sergio Zatti nella struttura ideologica del poema tassiano esiste
un’ambiguità di fondo: il contrasto tra la tendenza unitaria, proprio del poema eroico (secondo
l’interpretazione del Tasso delle unità aristoteliche) e quella alla dispersione del molteplice,
caratteristica del poema cavalleresco di tipo ariostesco.
Si è detto che l’unitarietà (la concentrazione verso la conquista di Gerusalemme, il riferimento ad
un eroe centrale, Goffredo, che ha il compito di riportare i “compagni erranti” verso il dovere…) è
caratteristico del campo cristiano, mentre il multiforme sarebbe invece caratteristico dei pagani.
Secondo Zatti, invece, non si tratta tanto del contrasto tra due religioni diverse, ma di un confronto
tra due tendenze culturali tutte interne al mondo cristiano occidentale: i pagani, infatti, sembrano
essere portatori di una concezione laica del mondo, molto vicina ai valori rinascimentali
(l’individualismo, l’uomo artefice del proprio destino, la tolleranza per il diverso, la ricerca del
piacere…); i cristiani, invece, sembrano essere portatori dei valori tipici della Controriforma (le
aspirazioni individuali subordinate all’obiettivo religioso, l’accettazione dogmatica di un’autorità
che impone delle verità non discutibili, l’intolleranza verso il diverso, la soppressione dell’erotismo
in nome di una severa moralità…).
I valori rinascimentali sono visti come forze demoniache. Infatti a Dio non si oppone Maometto, ma
Satana; il pericolo non è tanto un’altra religione, ma sono piuttosto le spinte che portano alla
disgregazione dell’unità dei cristiani (la Riforma protestante?).
Ma i valori “rinascimentali” sono presenti anche nel capo cristiano: molti eroi abbandonano il loro
dovere per inseguire i propri sogni di gloria o l’amore. Si tratta appunto dei “compagni erranti” che
verranno ricondotti al dovere della loro missione da Goffredo, il capitano che avrà il compito di
ricondurre le spinte centrifughe dell’individualistica ricerca della soddisfazione personale
all’unitarietà del dovere collettivo.
Se nel programma di Tasso c’è un tentativo sincero di adeguarsi ai codici religiosi, morali, politici e
artistici della sua età (il rispetto dei dogmi fissati dalle autorità religiose e politiche, il modello
artistico fissato dall’aristotelismo…), in realtà si avverte nel suo poema il fascino della “devianza”,
della molteplicità, rappresentato dai valori rinascimentali. E’ evidente infatti la simpatia per gli
sconfitti (come Argante, Clorinda e Solimano) e per gli eroi “deviati” (Tancredi e Rinaldo),
personaggi più ricchi e complessi rispetto a quei personaggi, come Goffredo, che incarnano
pienamente i valori della Controriforma.
Lo spazio e il tempo
In questo modo risulta un poema che è in bilico tra la compattezza unitaria del poema epico antico e
la varietà “caotica” del poema cavalleresco rinascimentale: l’unitarietà (lo spazio unico
dell’impresa, rappresentato dalla Gerusalemme assediata; la centralità dell’impresa bellica) è
sempre messo in crisi, anche se mai disgregato, dalle storie parallele degli eroi che si allontanano
dal campo di battaglia inseguendo desideri individuali.
Ne risulta uno spazio che, se non è lo spazio infinitamente vario e labirintico del Furioso (che va
dall’Europa, all’Asia, all’Africa, fino alla Luna ed è rappresentato simbolicamente dalla “selva”in
cui i cavalieri si aggirano alla ricerca sempre delusa degli oggetti del desiderio), non è neanche
quello compattamente unitario dell’Iliade.
Lo spazio della G.L. è uno spazio limitato al cui centro si pongono la città assediata e il campo
cristiano, ma attorno al quale si pongono dei “luoghi eccentrici”: sono i luoghi verso i quali si
dirigono gli eroi che, spinti dal desiderio individuale, si allontanano dalla guerra (la campagna
pastorale in cui si rifugia la principessa pagana Erminia, innamorata, senza esserne ricambiata, di
Tancredi; il castello della maga Armida, sul Mar Morto; il giardino di Armida, nelle lontane Isole
Fortunate…).
Lo “spazio della devianza”, oltre ad essere più o meno lontano dallo spazio principale del campo di
battaglia, ne è anche assai diverso: è uno spazio idillico, disegnato secondo i moduli classici del
locus amoenus tipico della poesia pastorale.
Anche il tempo narrativo è diverso da quello ariostesco: non c’è più il tempo sinuoso determinato
dalla pluralità dei fili narrativi che costringevano il narratore a continui salti temporali, necessari per
riannodare i fili narrativi lasciati aperti.
Il tempo della G.L. è decisamente più lineare, concentrato nel suo preciso svolgimento cronologico.
Si tratta inoltre di un tempo ristretto: così come l’Iliade narra una fase relativamente breve della
decennale guerra di Troia, allo stesso modo la G.L. si concentra sulla fase finale e risolutiva della
Prima Crociata.