Lettera ASFOR nr. 1-2
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Lettera ASFOR nr. 1-2
F o r m a z i o n e M a n a g e r i a l e anno XIV n. 1-2 gennaio giugno 2002 • Spedizione in abb. postale, articolo 2 - Comma 20/C - Legge 662/96 - Filiale di Milano In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Roserio - Milano, detentore del conto, per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa. Registrazione Tribunale di Milano n. 312 del 15-06-1985 Direttore Scientifico Claudio Poli • Direttore Responsabile Mauro Meda La Formazione Manageriale nell’Italia che cambia. Il ruolo e le proposte di ASFOR Atti del convegno celebrativo del trentennale di fondazione (Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001) 1971-2001 30 anni per lo sviluppo del sistema formativo manageriale italiano Lettera ASFOR N. 1-2/2002 LA FORMAZIONE MANAGERIALE NELL’ITALIA CHE CAMBIA. IL RUOLO E LE PROPOSTE DI ASFOR SOMMARIO EDITORIALE Claudio Poli Presidente ASFOR SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Convegno ASFOR in occasione del 30nnale di fondazione “La formazione manageriale nell’Italia che cambia. Il ruolo e le proposte di ASFOR” (Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001) • Introduzione Paolo Cantarella – Amministratore Delegato FIAT S.p.A. • Relazione introduttiva “Il ruolo dell’ASFOR per lo sviluppo della formazione manageriale” Claudio Poli – Presidente ASFOR • Management Development in the Net Economy Bob Mountain – Chairman di Executive Development Network • Tavola Rotonda “La formazione manageriale in Italia: aspetti critici e tendenze evolutive” Relazione introduttiva Vladimir Nanut - Vice Presidente Vicario ASFOR Interventi Franco Angeli – Presidente AIF, Associazione Italiana Formatori, Editore Enrico Auteri – Presidente Isvor Fiat Federico Butera – Presidente Assoconsult, Presidente Butera & Partners Luciano Modica – Presidente CRUI, Conferenza Italiana dei Rettori Andrea Pininfarina – Presidente Unione Industriale di Torino e componente Giunta Confindustria Francesco Verbaro – Vice Capo di Gabinetto del Ministro per la Funzione Pubblica • Il ruolo delle Regioni per la costruzione di un Sistema formativo efficace Enzo Ghigo – Presidente della Regione Piemonte e Presidente della Conferenza delle Regioni • Il ruolo della formazione manageriale per lo sviluppo del Paese: le proposte del Governo Mario Baldassarri – Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze • Conclusioni Claudio Poli – Presidente ASFOR 1 2 5 6 6 9 11 12 14 15 16 18 18 22 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT Past President • Il contributo alla Società di una Associazione delle Istituzioni di formazione manageriale Elio Borgonovi – Past President e Consigliere ASFOR, Direttore SDA Bocconi • La formazione manageriale fra Scilla e Cariddi Claudio Dematté – Past President ASFOR, Presidente SDA Bocconi • ASFOR un costante impeno per una formazione manageriale seria:ricerca e sperimentazione Gianfranco Gambigliani – Past President ASFOR • Ricordi e brevi riflessioni sulla formazione manageriale Franco Giacomazzi, Past President ASFOR, Politecnico di Milano • Il ruolo della formazione manageriale nel settore del credito Mario Lacchi – Past President ASFOR, Direttore Centrale a.r. del Banco di Napoli • ASFOR una Associazione impegnata a sostenere lo sviluppo della formazione manageriale Gabriele Morello – Past President ASFOR, Direttore ISIDA 24 25 26 27 29 30 SEZIONE 3 - RICERCHE • Ricerca ASFOR: L’attività di formazione dei soci ASFOR per le Pubbliche Amministrazioni “Report 2001” 31 • Ricerca AGDP - ASFOR: “I Giovani Dirigenti: nuovi bisogni formativi e nuove metodologie” Le evidenze di una indagine diretta 38 • Ricerca ISVOR FIAT “Lo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa” Salvatore Garbellano, Docente Senior ISVOR FIAT S.p.A. 43 SEZIONE 4 - NOTIZIE • Protocollo d'Intesa tra Dipartimento della funzione pubblica e Associazione per la formazione alla direzione aziendale (ASFOR) – “Qualità dei servizi formativi delle scuole associate aderenti ad ASFOR, che svolgono attività di formazione per la Pubblica Amministrazione” 50 ASFOR • Gli Organi Istituzionali 52 • Gli Associati 53 • Gli Associati: aree/settori di intervento 55 Editoriale I n generale la celebrazione dei trentanni di vita per una associazione è da sempre un passaggio importante perchè ne dimostra il radicamento nella Società e nella Comunità Scientifica o professionale. Ovviamente queste considerazioni valgono anche per ASFOR, che dalla Sua costituzione (9 dicembre 1971) si è posta la mission di “sviluppare in Italia una vera cultura manageriale e nel contempo consolidare il Sistema delle Istituzioni formative”. L’idea che nel 1971 ha portato alcuni illuminati “formatori” e “uomini di cultura d’impresa”- voglio qui ringraziarli per la lungimiranza della loro azione e ricordarne i nomi: Piero Bontadini, Antonio Cucciniello, Aldo Fabris, Pietro Gennaro, Gabriele Morello, Federico Maria Pacces, Giorgio Pagliarani e Sergio Zoppi - a creare la nostra Associazione è stata la necessità di avviare in Italia una concreta riflessione sul ruolo della formazione quale strumento efficace per supportare il cambiamento allora in atto; ma anche la necessità di sviluppare un percorso italiano capace di interpretare le nostre specificità Culturali e di Sistema Economico e non solo di trasferire esperienze di management maturate in altri contesti. Già in quegli anni andava maturando all’interno di ASFOR l’idea di rendere la formazione sempre più collegata ai mutati bisogni della business community e quindi costruire un'offerta formativa dinamica, qualificata e capace di interpretare, attraverso adattamenti continui, l'evoluzione della domanda. Il percorso non è stato sicuramente agevole, in generale il Sistema Formativo ha sofferto della mancanza di una chiara linea di sviluppo in grado di fornire i necessari “supporti”, non solo di carattere economico ma di strategia e di indirizzo, che rappresentano la forza di altri Sistemi Formativi europei. In questi anni ASFOR- attraverso gli Associati e i tanti colleghi che hanno lavorato con passione e tenacia- ha portato avanti una serie di battaglie, fra queste: • la qualità delle Istituzioni formative (qualità della faculty, dei professional, dei supporti didattici..); • la certificazione dei programmi Master (il nostro progetto di "Accreditamento dei MASTER" avviato nel '89 va in questa direzione: di favorire la diffusione delle buone prassi e stimolare un processo continuo di miglioramento qualitativo, di autodisciplina e di maggiore trasparenza nel mercato della formazione manageriale); • la spinta al confronto con l’internazionalizzazione e la globalizzazione dei processi formativi: l’associazione è socio fondatore, con le altre maggiori associazioni europee, di EQUAL European Quality Link; • la costruzione di percorsi formativi specifici per singoli settori: Grande Impresa, Piccole Medie Imprese e Pubblica Amministrazione attraverso il reale trasferimento delle “buone prassi”. E più in generale la necessità di porre al centro dello sviluppo dei progetti formativi i reali bisogni delle Imprese Pubbliche o Private e degli Individui, che forse non sempre sono stati messi al centro di tali interventi. Tale “percorso” non è ovviamente concluso, ma nella “Società della conoscenza” la vera formazione- quella che serve alle Imprese ed agli Individui e che trova negli strumenti dell’ICT una fortissima accelerazione- non può più limitarsi a specializza- III Editoriale re e ad addestrare risorse umane ad occupare ruoli rigidi e precisi, ma deve fornire agli individui strumenti conoscitivi per leggere una realtà mutevole e complessa, chiavi di ragionamento per interpretarla, per elaborare strategie di cambiamento e di cooperazione. La formazione manageriale deve saper generare nuove competenze - ma anche trasmettere valori non solo “economici” ma “etici/comportamentali” - perché sempre più il successo delle Imprese dipende dalla capacità di saper valorizzare le idee e le conoscenze dei propri collaboratori, che sono i veri “partner” nella creazione di valore. In tale ottica la formazione diventa uno strumento indispensabile per la valorizzazione del potenziale umano. Ma questo difficile processo richiede che la formazione sia con forza e determinazione sostenuta a livello politico-istituzionale. E che tutti i soggetti coinvolti, le Istituzioni Pubbliche, Governo, Parlamento, Regioni e Province, il mondo Accademico, le Imprese, le Società di Consulenza e i Formatori, sappiano sempre più dialogare e costruire insieme - attraverso un “rete sistemica” - le necessarie e ormai più inderogabili risposte ai diversi “bisogni formativi”. Ed è forse questa la più delicata sfida per il futuro della nostra Associazione: concorrere a costruire un Sistema Formativo che sappia rappresentare e rispondere i bisogni del nostro Paese, e che sia una vera leva di competitività. Claudio Poli Presidente ASFOR IV SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Sezione 1 Atti del Convegno ASFOR in occasione del 30nnale di fondazione ”LA FORMAZIONE MANAGERIALE NELL’ITALIA CHE CAMBIA. IL RUOLO E LE PROPOSTE DI ASFOR” (Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001) rivoluzionano i tradizionali gradi aziendali – punta alla crescita del nostro patrimonio di competenze individuali e collettive. Perché quelli che ci servono non sono più solo collaboratori bravissimi nell’applicare le norme e nel raggiungere risultati predefiniti, ma “professionisti” che capiscono le esigenze, sanno scegliere gli strumenti giusti, sanno adottare le soluzioni più efficaci e credono nell’innovazione e nell’eccellenza. Lo stesso obiettivo, il cambiamento della cultura aziendale, è quello che stiamo perseguendo con lo sviluppo della leadership individuale, perché persone di qualità esigono e presuppongono capi di qualità, non semplicemente “manager” che distribuiscono compiti e controllano la loro esecuzione, ma “leader” che sanno valorizzare i propri collaboratori e stimolarli a dare il meglio di sé. E in questa prospettiva, per dare concretezza ad un modo nuovo di lavorare con le persone e per le persone, abbiamo avviato un processo di rinnovamento delle posizioni manageriali, oltre il 20% dei nostri ranghi dirigenziali, inserendo molte forze giovani. Tutto questo non saremmo riusciti a farlo - e non riusciremmo a farlo, perché di progressi ne abbiamo fatti tanti, ma tanti ancora ne dobbiamo fare - senza la formazione. Noi consideriamo la Formazione una leva strategica per il cambiamento e conseguentemente stiamo investendo risorse crescenti: erano l’equivalente di 40 milioni di euro nel 1990; sono stati 144 milioni di euro nel 2000; saranno complessivamente 180 milioni di euro quest’anno (con un’incidenza sul monte retributivo del 3,7%). Ma nel fare formazione non guardiamo soltanto al presente e al futuro prossimo, alle persone che già lavorano con noi, ma abbiamo sviluppato una strategia di lungo periodo. Guardiamo anche più lontano, guardiamo per esempio anche alla formazione di una nuova leva di manager per un futuro meno immediato. Abbiamo creato Fiat Gra.De, una società che è nata espressamente per “far fare” a laureati neoassunti in tutto il mondo un percorso di 5 anni, durante i quali i giovani, oltre a frequentare corsi di formazione, sono chiamati a maturare esperienze di lavoro in tre diversi settori (Fiat Auto, CNH e Iveco), in tre diverse funzioni (progettazione, produzione e commerciale), in tre diversi Paesi e continenti. Da questo programma emergeranno persone con un bagaglio veramente multiculturale che – se ne avranno le capacità – le aiuterà a diventare i futuri leader del Gruppo. D’altra parte, questo è ciò che i giovani ci chiedono: di essere formati, di poter crescere rapidamente sul piano professionale, di essere messi a contatto con realtà operative diverse, possibilmente in giro per il mondo. Offrirgli questa possibilità è il modo migliore per attrarli, per essere scelti come azienda nella quale andare a lavorare. Per molti aspetti, è in questa stessa logica che da un paio d’anni abbiamo promosso – con l’Unione Industriale di Torino, l’Amma, la Camera di Commercio, la Scuola Camerana - un altro Introduzione Paolo Cantarella, Amministratore Delegato FIAT S.p.A. Signore e Signori, è veramente un piacere per me portarvi il saluto della Fiat e il mio personale nell’aprire questo convegno celebrativo del trentennale dell’Asfor, fondata proprio a Torino il 9 dicembre 1971 con la prima sede presso la Fondazione Giovanni Agnelli. Ed è un piacere anche ospitarvi in questa sede che da oltre ottant’anni – emigrate le linee di produzione nell’allora modernissimo stabilmento del Lingotto – è divenuta il cuore della nostra “fabbrica di competenze”: - dapprima dedicata alla formazione di un’elite di quadri operai, con la Scuola Allievi Fiat; - successivamente, da trent’anni, con l’Isvor, proiettata allo sviluppo professionale e manageriale di tutti i nostri dipendenti, dai quadri tecnici più specialistici a quelli direttivi – qualcosa come 40.000 persone l’anno in media solo in queste aule nell’ultimo decennio. Sarebbe del tutto pleonastico soffermarmi su quanto la formazione sia importante: lo sapete bene quanto me, per ruolo e per mestiere. Mi domando però, per assurdo, che cosa sarebbe stata la Fiat se, in questi anni, di formazione ne avesse fatta di meno o non ne avesse fatta per niente. Sicuramente non sarebbe cambiata la figura degli operai e non avremmo fatto la “fabbrica integrata”, che è un sistema decentrato, fondato su delega, controlli più agili, maggiore sviluppo professionale e comunicazione diffusa. Una realtà complessa i cui gangli fondamentali, le Unità Tecnologica Elementari (UTE) non svolgono solo attività standardizzate, ma hanno anche compiti di crescente responsabilità che richiedono conoscenze e capacità di lavorare in team. Senza una formazione efficace, non saremmo riusciti a portare avanti un processo di globalizzazione, che in dieci anni ha visto crescere quanto produciamo all’estero dal 17% a quasi il 50%, formando un centinaio di migliaia di persone in Brasile, Polonia, India, Stati Uniti, Cina e, naturalmente, in Europa. Ovviamente, non avremmo potuto far crescere le nostre reti commerciali, fondando la professionalità dei venditori non più sulla pura e semplice conoscenza dei prodotti, ma sulla capacità di stabilire relazioni solide e durature con i clienti, perché si è capaci di interpretarne i bisogni e si sanno proporre loro soluzioni allargate ad un ampio ventaglio di servizi. Soprattutto, non avremmo potuto avviare un profondo cambiamento della nostra cultura aziendale, del modo in cui le nostre persone interpretano e svolgono il loro ruolo e si sentono partecipi e responsabili di un impegno comune all’eccellenza. Questo è l’obiettivo che ci siamo posti con il progetto “professional”, che - con la creazione di nuove figure e qualifiche che 1 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR programma rivolto ai giovani, il Progetto Allievi 2000 per la formazione professionale. E’ un modo per affrontare un altro problema che sta diventando ormai molto serio per l’industria e non solo qui in Piemonte: la carenza di tecnici d’officina. Col Progetto Allievi 2000 è stato un po’ come far rinascere la Scuola Allievi Fiat, un’occasione per i giovani – e sono già circa 500 - di scoprire che esistono opportunità di motivazione e di qualificazione anche in fabbrica. Il senso di questo sforzo è chiaro. Noi vogliamo costruire e stiamo costruendo una Fiat che è lontana mille miglia da quell’azienda di tanti anni fa e che forse ancora qualcuno di voi ha in mente, un’azienda monolitica, in cui si insegnava alle persone ad essere molto brave nell’eseguire, ma anche passive, obbedienti, diciamo pure un po’ “grigie”. Il grande ricambio generazionale e culturale che stiamo portando avanti va in tutt’altra direzione. Va nella direzione della mobilitazione delle intelligenze, della spinta all’assunzione di rischi, della realizzazione personale nelle professioni, anche attraverso un costante arricchimento e “rinnovamento delle conoscenze”. Perché lo sappiamo tutti: questa è la chiave di volta della competitività in un mondo che cambia, che si complica, che crea rapidamente obsolescenze. Ma questo impegno nella formazione non può prescindere da due considerazioni, forse non nuove ma pur sempre importanti e, direi anzi, decisive. La prima considerazione: non sono solo le aziende a dover credere nella formazione; ci devono credere anche i diretti interessati. Ci devono credere e devono investire su se stessi, continuando ad imparare, consapevoli che su questo punto si giocano il loro futuro. Che la formazione sia un dovere, e non solo un diritto, non è un principio che abbia ancora fatto molta breccia, o almeno non ancora come vorremmo. Credo che sia un preciso compito dei manager – a partire da chi di formazione e di gestione del personale si occupa – essere molto fermi su questo punto, o meglio molto coerenti: • premiando chi si impegna ad imparare; • responsabilizzando le persone alla scelta di che cosa imparare e con quali strumenti, e se possibile, sfruttando al massimo le grandi opportunità dell’e-learning. La seconda considerazione: fare formazione è solo una faccia della medaglia, l’altra si chiama “risultati”. Dobbiamo responsabilizzarci a valutare l’apprendimento per i ritorni che dà nella realtà quotidiana all’interno dell’impresa, verificando che dai “semi” nasca una “pianta”. La formazione ha un senso solo e soltanto se è una premessa ad una migliore execution. Questo è il grande sforzo che dobbiamo fare: lo dobbiamo fare come sistema imprenditoriale, agendo con efficacia nelle nostre imprese, ma dobbiamo farlo anche a livello di sistema-Paese, di sistema scolastico. Nei diversi Sistemi abbiamo bisogno di una formazione più vissuta, più sentita, più valorizzata e una formazione misurata nella sua efficacia. Perché solo così diventa un investimento che crea valore sociale, da un lato, e valore economico, dall’altro. Qualche giorno fa la Commissione Europea ha pubblicato il suo Rapporto sulla Competitività nel 2001. In generale l’Italia non ne esce particolarmente bene. Ma c’è un punto in cui siamo molto più distanti rispetto ai nostri partner, insieme alla quantità di investimenti in ricerca e sviluppo, questo riguarda i livelli di preparazione della popolazione attiva. E’ una sfida che riguarda tutto il Paese. E’ una sfida che riguarda anche le imprese che per quanto stiano facendo di più per aggiornare le competenze dei propri collaboratori, non lo fanno ancora a sufficienza nel campo della formazione professionale. Quello di accrescere i nostri sforzi in questo campo è un impegno a cui non possiamo sottrarci. Ed è in questa prospettiva che auguro all’Asfor - che celebra il trentennale di vita - di giocare con le idee e le proposte, di cui discuterete oggi, un ruolo trainante nell’interesse stesso delle nostre aziende e più in generale del nostro Paese. Relazione introduttiva con un intervento formativo che aiutasse i manager ad adattarsi al nuovo contesto. Nacque così il centro Crotonville, che oggi si definisce «la principale Business School “Corporate” del mondo». In tale contesto l’Europa invece va a rilento, si investe poco in formazione e le grandi aziende stanno cominciando solo in questi anni a creare Corporate University, fatta eccezione per Fiat che ha creato, quasi trent’anni fa, la prima Corporate University d’Europa, Isvor Fiat. Per quanto riguarda l’Italia occorre aspettare qualche anno per veder considerato quello del “manager” come un ruolo critico, da qualificare non solo con una formazione di base sui temi gestionali propri del ruolo, ma soprattutto con una specializzazione, in grado di creare i presupposti per la diffusione di una cultura manageriale matura. Del resto non c’è di che stupirsi. Tutto il tema della formazione, nella sua complessità, è stato per anni trattato come un tema secondario, focalizzando l’attenzione Claudio Poli, Presidente ASFOR e Amministratore Delegato Isvor Fiat Nel 1971, quando nacque Asfor, Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale, ci ponemmo l’obiettivo di far maturare in Italia una cultura manageriale rimasta più che in altri Paesi a livello embrionale, eccessivamente scollegata rispetto ai cambiamenti della Business Community e con un’offerta di formazione da qualificare attraverso adattamenti continui all’evoluzione della domanda. Per molti anni in Italia la formazione manageriale ha dunque tardato a svilupparsi, è sufficiente pensare che la costituzione della prima Corporate University negli Stati Uniti risale ai primi anni Cinquanta. Erano gli anni in cui la General Electric decise di accompagnare il processo di de-centralizzazione della società 2 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR soprattutto sugli aspetti legati al sostegno delle fasce più deboli dei lavoratori, rilegandolo come un “di cui” del più ampio capitolo delle politiche sociali, in tema di mercato del lavoro o in tema di istruzione. Le cifre sulla spesa di formazione in Italia e negli USA sono indicative di come il divario sia ancora enorme: - oggi gli Stati Uniti spendono circa 420.000 lire in formazione per occupato; - l’Italia spende in formazione circa 114.000 lire per occupato. E ancora oggi non si hanno statistiche omogenee né a livello nazionale né a livello europeo, che ci possano aiutare a capire quale sia il diretto “contributo” che le aziende danno, quante siano realmente le persone, nei vari comparti produttivi, che fruiscono di formazione non finanziata da organi istituzionali, e di quale formazione fruiscono nei vari comparti produttivi. Colpa, senz’altro anche delle aziende, che non sono abituate a fare regolarmente un bilancio sociale per far emergere questo dato. Colpa anche del fatto che la maggioranza delle aziende italiane, di piccola o media dimensione, praticamente, di “formazione diretta” non ne fa. Se in Europa è coinvolto in formazione mediamente il 10% degli occupati, in Italia è solo l’1,7% dei dipendenti che finora ne ha fruito. Solo il 47-48% delle aziende italiane in totale fa formazione. Ma se ci riferiamo in modo specifico alle PMI, il ritardo appare clamoroso: quasi il 70% delle aziende minori dichiara di non aver fatto negli ultimi due anni neanche un’ora di formazione per i propri dipendenti, come emerge molto chiaramente dal rapporto elaborato dall’Istituto Tagliacarne. E le grandi aziende? Lo ha già detto l’ingegner Cantarella e lo ribadisco anche io, le grandi aziende fanno certamente molta più formazione (il 77% delle aziende con oltre 100 dipendenti a fronte del 30/27% delle aziende con meno di 15 dipendenti). Ma sono poco più di 500, le grandi aziende in Italia, e investono in media solo lo 0.5% del monte retributivo. Certamente va loro riconosciuto che è un impegno fino ad oggi sostenuto quasi totalmente “in proprio”, anche a fronte della “complessità” delle procedure e degli strumenti legati alla formazione finanziata. Alle grandi Aziende, va anche riconosciuto un importante ruolo sociale. Infatti molto spesso le persone che accedono più intensamente a corsi di formazione in azienda sono quelle più giovani, durante i loro primi anni di inserimento. E molto spesso sono proprio quelle persone che le aziende di dimensione inferiori poi selezionano, quando hanno ormai un po’ di esperienza e un buon livello di competenza. Così la formazione fatta e le competenze costruite migrano dal sistema delle grandi imprese a quello delle imprese minori, creando un circolo virtuso. D’altro canto questo è il riflesso del mutato panorama di business che impone di guardare alla realtà delle nostre organizzazioni con occhi diversi. Le imprese hanno confini più incerti, si sviluppano secondo forme reticolari: insiemi di unità legate da rapporti interorganizzativi di diversa intensità e consistenza. All’interno delle organizzazioni a “rete” sono decisive la flessibilità, la tempestività, la capacità di innovare e la diffusione rapida del sapere, del know how, delle competenze. Nella “impresa rete” cambiano radicalmente le relazioni tra azienda, fornitori, clienti, partner, competitor. Nel mercato globale la pressione competitiva è aumentata e aumenterà ancora in maniera esponenziale: così all’organizzazione classica, fatta di strutture, macchine, procedure mirate alla produzione e vendita di beni e servizi si sostituisce la “learning organization”, vale a dire una “organizzazione estesa”, in cui si produce e si condivide, e dove si diffonde apprendimento. La centralità della conoscenza non è più solo uno slogan ma è divenuta una realtà. E questo non vale esclusivamente per il mondo del business. Vale nella ricerca, vale nella scuola, nei servizi sociali, e vale a maggior ragione nella pubblica amministrazione, che è sempre più una cerniera fondamentale tra le varie componenti della società. In quanto un sistema pubblico adeguato, che marci al passo del sistema sociale è un’esigenza inalienabile per un Paese moderno. Ancor più lo è per un Paese come il nostro, denso di risorse intellettuali e creative, di competenze e di volontà, ma povero di risorse primarie e – di capacità organizzative e di innovazione. L’ultimo rapporto della Commissione Europea sulla innovazione (“Quadro di valutazione dell’innovazione 2001 in Europa” – giugno 2001) parla chiaro e ci confina, assieme al Portogallo, in area “retrocessione” quanto alla somma dei 17 indici di innovazione. Tra questi indicatori- oltre a quello relativo all’incidenza sul PIL della spesa in R&S (Italia al 11° posto sui 15 EU) - la “formazione durante l’arco della vita” (long life learning) occupa un posto di rilievo, e l’Italia ha solo un indice 5,2 sulla media dei paesi UE (= 100). Anche se Francia, Germania e Spagna sono molto lontane, rispetto ad esempio alla Svezia o alla Gran Bretagna. Non è una situazione confortante, che smentisce nei fatti le dichiarazioni da tutti condivise circa la centralità del fattore “uomo” nelle nuove organizzazioni. Se l’uomo è, o tende a diventare, la principale fonte del vantaggio competitivo, sempre meno lavoratore-dipendente ma sempre più partner, coinvolto e motivato ad aderire alla filosofia aziendale per creare valore, esso è anche il principale “asset aziendale”, la risorsa strategica su cui più di ogni altra è necessario investire. Rosabeth Moss Kanter, nel suo ultimo libro “E-volve” sostiene che il futuro appartiene a chi possiede le tre C: 1) i Concetti, la migliore conoscenza e le idee più recenti; 2) la Competenza, la capacità di agire sugli standard più alti in ogni luogo; 3) le Connessioni, le relazioni migliori che forniscono l’accesso alla conoscenza degli altri. Il risultato economico dipende direttamente dalle competenze che l’individuo possiede. Va da sé che lavoro e apprendimento devono trovare sempre maggiore integrazione e che la formazione rappresenta per le organizzazioni lo strumento per portare l’apprendimento a sistema. La formazione di ieri - mandataria, episodica, orientata ai contenuti, svolta quasi esclusivamente con soluzioni tradizionali non ha più spazio nel mutato contesto. La formazione oggi deve adattarsi a questa nuova realtà: l’intervento formativo non è più solo un evento singolo, quasi occasionale, legato a un bisogno contingente, ma diviene un processo continuo, in cui fondamentale e strategica diviene una corretta gestione della conoscenza. In quanto la “conoscenza” è un processo le cui fasi di alimentazione, selezione, organizzazione, condivisione e riproduzione sono cruciali. Le organizzazioni sono chiamate a evitare che le “conoscenze” diventino obsolete e parallelamente a capire quali “competenze” siano strategiche e da sviluppare. Per far ciò occorre partire dalla valutazione delle conoscenze già possedute per comprendere quali siano i gap rilevanti. Conseguentemente individuare le priorità su cui intervenire e le persone a cui rivolgere l’azione di sviluppo, finalizzando i piani di formazione. Le organizzazioni sono chiamate a sviluppare “strumenti e percorsi” per la corretta valutazione delle competenze, quali 3 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR dai programmi di training che le aziende predispongono per la formazione continua dei propri dipendenti (quindi scuole, università e società di formaz. a distanza valgono circa tre miliardi di dollari). La platea americana è destinata ad allargarsi ulteriormente, tanto che fra 3 anni il mercato dell’e-learning costituirà probabilmente il 23% di tutta la spesa nazionale per la formazione. Il boom dei training cosiddetti “soft skill”, cioè le abilità comportamentali (come le qualità manageriali o la capacità di leadership) arriverà fra 3 anni, quando i fondi per la formazione online verranno equamente distribuiti tra le due macro aree: ”Management” e “IT- uso degli strumenti informatici”, che attualmente costituisce la maggioranza dei corsi acquistati. Cambia anche la maniera di interpretare il ruolo dei formatori, non più esperti in una sola disciplina e basta, ma dominatori di un intero processo, capaci di una visione d’insieme che garantisca l’allineamento tra le persone, le strategie e i valori aziendali. Ad esempio, il coinvolgimento sempre più ampio dei “manager” dell’azienda cliente nelle attività di formazione (finalizzato a valorizzare la conoscenza “implicita” accumulata durante le attività professionali svolte dalle risorse nel corso degli anni) vuol dire realizzare una vera complementarietà dei ruoli. Dove il formatore presidia con professionalità gli aspetti di “metodo”, avendo una conoscenza più generale dei contenuti, mentre il management e gli esperti della linea sono impegnati e partecipano allo “sviluppo delle specifiche di contenuto”, oggetto di apprendimento così come alla definizione dei piani e delle priorità. In generale, la formazione di oggi, quella che serve alle Istituzioni, alle Imprese ed ai singoli/cittadini, deve: • attribuire maggiore importanza alla misurabilità dei ritorni in termini di apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla quantificazione dei benefici economici; • ottenere un elevato coinvolgimento del senior management aziendale (come sponsor e in qualità di docenti nelle attività); • rafforzare la crescente autonomia dei lavoratori nella scelta dei programmi e delle attività di formazione per sviluppare le competenze; • avere chiare finalità di business e consapevolezza dei risultati attesi: le iniziative di formazione devono contribuire a produrre miglioramenti di performance misurabili. Ad esempio, in termini di produttività o facilitando e accelerando importanti iniziative aziendali, come l’introduzione di una nuova linea strategica (ad esempio, alleanze strategiche e acquisizioni per accelerare la globalizzazione). Oppure aiutando l’organizzazione a essere la prima, o tra le più veloci, a lanciare un nuovo prodotto o servizio. In quanto l’essenza dello sviluppo della leadership è costituita dalla capacità di realizzare risultati; • essere coerente nel sistema di sviluppo organizzativo: non è possibile separare lo sviluppo del management dai valori, dalle strategie e dal sistema organizzativo in senso lato (norme, cultura, storia, processi operativi, sistemi, comportamenti ecc.); • iniziare dal vertice: il committment del vertice aziendale è fondamentale perché le persone fanno grande attenzione a come si comporta chi è al vertice dell’azienda; • collegare le competenze ai risultati: lo sviluppo delle competenze deve essere correlato ai risultati; • utilizzare una pluralità di metodologie (blend) di apprendimento: offrire attività specifiche personalizzate sulla base delle variabili tecnologiche, geografiche, socio-organizzative del cliente. Forse, a chi ha vissuto la lenta e lunga marcia della formazione sistemi di mappatura e dizionari, che descrivano le conoscenze e le declinino rispetto ai diversi livelli di possesso degli individui. Mappe della conoscenza che consegnino linguaggi e parametri comuni di riferimento e siano in grado di individuare i diversi aspetti costitutivi del valore delle persone: le competenze, le responsabilità, i risultati, il management review, la leadership, il potenziale. Cambiano quindi le logiche e le modalità della formazione. La rilevanza del know-how per la competitività, la crescente necessità di creare “allineamento” tra persone, valori e strategie aziendali: l’importanza strategica del knowledge management (dei sistemi di gestione sistemica delle conoscenze), la maggiore diffusione delle nuove tecnologie dell’apprendimento, hanno modificato in modo profondo le logiche e le modalità della formazione nelle grandi organizzazioni. La formazione oggi non può più limitarsi a “specializzare” addestrando risorse umane a occupare ruoli rigidi e precisi, ma deve fornire agli individui strumenti conoscitivi per leggere una realtà mutevole e complessa: chiavi di ragionamento per interpretarla, strumenti per elaborare strategie di cambiamento e di cooperazione. La formazione deve, cioè, essere vista come processo volto a sviluppare strumenti conoscitivi e culturali più ampi, che consentano alle persone di migliorare la comprensione dei vincoli organizzativi, di valutare le conseguenze delle azioni intraprese, di saper cooperare, cercare nuove vie, attivare processi di cambiamento. Questo è lo scenario in cui la formazione è chiamata a muoversi. Certamente non da sola, ma come parte sempre più rilevante di politiche delle Risorse Umane, centrate, non più sulla gestione, ma sulla valorizzazione del potenziale umano. La formazione cambia attraverso uno spostamento dal “training” al “learning” che implica alcuni passaggi: • dal trasferimento di skill tecniche alla costruzione di competenze core; • dal learning by listening all’action learning; • da interventi su singoli dipendenti a interventi su gruppi di dipendenti, clienti, fornitori; • dall’utilizzo di docenti e consulenti esterni al coinvolgimento e utilizzo dei manager docenti di linea; • dall’evento one time a un processo di apprendimento continuo; • dalla costruzione di skill individuali, alla risoluzione di problemi del business e allo sviluppo di competenze funzionali all’”impiegabilità”; • dalla formazione “compatta” (un intero set integrato di conoscenze su una determinata disciplina) alla formazione “granulare” (moduli o bit di conoscenze integrabili e combinabili, per assecondare esigenze diverse di aggiornamento); • dall’erogazione in un preciso luogo fisico (aula) a quella in un luogo virtuale grazie allo sviluppo dell’e-learning, fino alla possibilità di creare spazi dedicati all’apprendimento direttamente nei luoghi di lavoro. Questi passaggi sono cruciali se si vuole che la formazione metta radici e cresca nella cultura delle aziende. Non a caso i principali motivi, oggi, della non-formazione, indicati da una ricerca di Confindustria, sono l’impossibilità di allontanare il personale dal posto di lavoro e la mancanza di offerte formative valide. A questo proposito, una recente ricerca di Gartner, società di consulenza americana, afferma che il mercato dell’e-learning americano, ad esempio, raggiungerà entro la fine dell’anno la cifra di 7,2 miliardi di dollari, di cui almeno quattro deriveranno 4 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR manageriale nei decenni passati, questa accelerazione, questa esplosione di contenuti e di richieste a carico della formazione, parrà inquietante e magari irragionevole, ma così non è. Questa è la linea su cui si svilupperà, o meglio si dovrà sviluppare, la nostra “mission” di Associazione che vuole essere rappresentativa della migliore management education del Paese, e coerentemente anche il nostro business di Società che credono nel ruolo strategico della formazione manageriale. E a chi ha ancora dubbi vorrei ricordare, concludendo, queste parole di George Bernard Shaw: “L’uomo ragionevole si adatta al mondo; quello irragionevole fa di tutto per adattare il mondo al suo sogno”. Ne consegue che “il progresso dipende dall’uomo irragionevole”. E forse questa è stata la vera motivazione che ha portato nel 1971 alcuni “uomini”, dotati sicuramente di una forte propensione al cambiamento e all’innovazione, a creare l’ASFOR. Management Development in the Net Economy • Programs integrated with other HR systems. • Learning programs integrated globally. • Learning programs linked to organizational development. • Integrates ideas from outside company. Thus the process of management development in “the best” corporations in 1997 was seen as a convergent activity focusing managers on specified behaviors and skills. The web turned all that around and made management development a divergent activity. My experience has been that most web companies are not well run organizations nor do they provide worthwhile models of leadership development. Most successful internet leaders were developed in more mature companies. However the phenomenal financial success of web based companies has captured the imagination of a generation of business leaders. Here’s what Gary Hamel, the well known strategist, has to say on the subject: “Stewardship verses entrepreneurship: that’s the fundamental distinction between mediocre mass and the revolutionary wealth creators. Stewards polish grandma’s silver - they buff up the assets and capabilities they inherited from entrepreneurs long retired or long dead. Devoid of passion and imagination, they spend their time trying to unlock wealth by hammering down costs, outsourcing inefficient processes, buying back shares, selling off bad businesses, and spinning out good ones. But in the new economy, investors don’t want stewards. They want entrepreneurial heroes - innovators who are obsessed with creating wealth. Stewards conserve. Entrepreneurs create.” (HBR September-October 1999). And few entrepreneurs are more influential than Michael Dell. He writes: “At Dell we have achieved approximately 54% compound sales growth since fiscal year 1992. During that period there was only one year when our sales grew. At less that 30%.” This “Hypergrowth is driven by internal speed and urgency, by the need to preempt competitors swiftly and to exploit opportunities. Each new opportunity, when first recognized, has many unknowns embedded in it. For this reason Managers should accept mistakes philosophically and rapidly learn from them.” “Comparatively speaking, hypergrowth companies lack a past of sacred strategies or long established practices and procedures. This enables them to improvise as they go. Hypergrowth companies are quintessential learn-bydoing organizations. Their survival depends on swift adaptation. Because resources and people are stretched, they may not have excessive formal or structural systems in place. Without these extra layers, hypergrowth companies place fewer Bob Mountain, Chairman di Executive Development Network In May of 1997 I had the honor of addressing in this very space a convocation of people coming together to celebrate the 25th Anniversary of the founding of ISVOR. At that time my task was to trace the development of large corporate learning systems, or corporate universities, and to identify the key success factors, which enabled these learning systems to contribute significantly to business success. I would like to summarize those findings so I can use them as a starting point to describe the impact of the net economy on the practice of management development. I began by noting that most organizations do not have formal systems for management development. In most companies managers learn their craft by observing other managers. Where there is a strong management culture and where strong management systems are in place, and where the business environment is stable, this can work pretty well. In the United States management development began to evolve as a discipline in the dynamic period after World War Two. In large corporations like AT&T and Standard Oil there were steep management hierarchies. Hierarchies of competencies were developed for each level of management. Prospective managers were carefully screened against this set of competencies and development programs were offered to build appropriate skill sets for the new managers. As time went on some of these hierarchies of competencies became highly elaborate and overly proscriptive, yielding rigid bureaucracies. To many it seemed that management development had become and irrelevant formalism. In the 1980’s there was a spurt of energy injected into management development when it became the vehicle of various CEO’s to transform their company in such initiatives as Total Quality Management and Corporate Re-Engineering. In the 1990’s Action Learning became the “nouveau vague” in management development. It is based on the powerful idea that leaders will learn best while doing challenging, breakthrough projects. Like its predecessors in the 1980’s Action Learning programs often had a lot of impact but by itself it was not an adequate method to fully develop the managers and leaders of corporations. These are the key success factors we found in exemplary world class management development programs in 1997: • Linked to current practice and research. • Programs reflect company values. • Hierarchy of functional competencies. 5 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR limits on their people’s intellectual creativity and ability to implement new ideas. As a result, their people work smarter.” From Wisdom of the CEO by Michael S. Dell, 2000. However the new economy has its critics and Jim Collins, Stanford lecturer and author of Built to Last, points out a dark side, “Built to Flip. An intriguing idea: no need to build a company, much less one with enduring value. Today, it’s enough to pull together a good story, to implement the rough draft of an idea, and – presto!— instant wealth. No need to bother with the time-honored method of most self made millionaires: to create substantial value by working diligently over an extended period. In the built-to-flip world, the notion of investing persistent effort in order to build a great company seems, well, quaint, unnecessary—even stupid”. Fast Company, March 2000. So we can summarize the differences in the two sets of values If you are developing stewards it is logical to try to achieve a common skill set, a common, predictable set of behaviors, a common mindset. If you are trying to develop entrepreneurs you must cultivate diversity so that the process of natural selection can operate robustly. And indeed the web itself has become a fantastic tool kit to support individual exploration and divergent learning. We can find on line programs, simulations, assessment, chat rooms, libraries, on line enrollment and record keeping and authoring tools. Praja is the most powerful web based tool I have found. It is an integrated web based learning platform and personalized desk top that supports virtual action learning and virtual seminars on a world wide scope. It: • Integrates and manages web based instruction, video and audio clips. • Personalizes display depending upon participants expertise, learning style, and what % of the course has been completed. • Creates summaries of lectures, reports and interviews which can easily be retrieved and searched. • Supports virtual work and discussion groups through sophisticated chat rooms. • Allows participants to quickly and easily create media material using powerful authoring tools. Interestingly enough, web based tools can be applied to convergent management development as well. A fine example is the first line leadership program developed by IBM, which focuses on thirteen leadership behaviors and systematically instills these behaviors in new supervisors over the course of a year, using on line assessment, learning modules and coaching combined with a two week face to face program. Siemens uses this multi modal year long format at all five of its management development programs. The International Masters Program in Practicing Management is the most powerful innovation in management development in the last twenty years. It is an eighteen month program which explores all of the essential dimensions of global leadership. It makes almost no use of the web’s capabilities. It would be an interesting exercise to image how the program might develop if it were to utilize some of these tools. So, where are we today? ■ There is general consensus that corporate learning and leadership development are strategic corporate imperatives. I believe the interest and excitement which E-learning has generated in the corporate environment has strengthened this consensus. ■ Organizations are becoming increasingly simple and transparent to allow for the very broad and defuse exercise of leadership. This allows companies to be fast and responsive. The leadership pool in need of development is dramatically expanding. The example of fast, web companies and the instrumentality of the tools they produce has helped to make this so. As the potential application for web based tools in management development becomes more and more evident I believe that the demand will be for learning systems which are simple, efficient, robust and strategically focused. Tavola Rotonda Vladimir Nanut, Picture 1 Stewardship • • • • • • • • • Reliability Stability Loyalty Incremental Improvement Service existing business model Local silos Resource allocation Deliberate sequential processing cool Entrepreneurship • • • • • • • • Change Ambition Breakthroughs Create new business model Globally interconnected communities Resource attraction free market of ideas, capital and talent Fast parallel processing hot Vice Presidente Vicario ASFOR, Presidente Commissione per l’Accreditamento Master ASFOR e Direttore Scientifico MIB School of Management di Trieste “La formazione manageriale in Italia: aspetti critici e tendenze evolutive” Affrontare il tema della formazione manageriale nel nostro Paese non è certo un compito facile per un’ampia serie di ragioni, ad iniziare dalla stessa difficoltà di definire i contenuti e i confini di Relazione introduttiva 6 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR ciò che si può intendere per formazione manageriale. Tenuto anche conto degli obiettivi e dei vincoli dell’odierno convegno, si è ritenuto quindi opportuno sviluppare alcune considerazioni di carattere generale che potessero rappresentare degli utili riferimenti per la discussione nella tavola rotonda dedicata a questo tema. In tale prospettiva si può osservare innanzitutto come la formazione manageriale possa essere esaminata da due differenti prospettive: a) quella di tipo quantitativo; b) quella di tipo qualitativo. Sotto l’aspetto quantitativo si tratterebbe di valutare l’ampiezza delle attività formative di contenuto economico-gestionale realizzate nel nostro Paese, considerando parametri quali: numero di giornate/ore di formazione per addetto, investimenti in formazione realizzati dalle aziende e dagli utenti, numero di imprese e/o dei relativi dipendenti che fanno ricorso alla formazione, e così via. Tali parametri, intesi in senso assoluto, potrebbero fornire indicazioni sicuramente interessanti ma parziali: confrontati con gli analoghi valori degli altri Paesi sviluppati, essi potrebbero invece consentire di verificare se il livello quantitativo della formazione manageriale in Italia sia in linea con quello degli altri Paesi nostri concorrenti, fornendo così degli elementi di giudizio più significativi in senso comparativo. Purtroppo su questi aspetti non vi sono molti dati disponibili: le rare ricerche che riportano talune dimensioni quantitative a livello nazionale (es. Union Camere-Istituto Tagliacarne) o a livello europeo (es. Cegos France) contemplano cluster specifici dai quali è difficile trarre delle indicazioni significative sul reale volume di attività di formazione manageriale realizzato. Tuttavia, da quanto si può desumere dai seppur parziali e frammentari dati reperibili sulle diverse fonti, la realtà italiana non appare certo brillante, soprattutto se paragonata alla situazione dei Paesi più evoluti con i quali competiamo. In particolare, il numero delle imprese che fanno sistematico ricorso alla formazione manageriale e il numero di ore di formazione realizzate per ciascun dipendente, nonchè il budget complessivo che le imprese destinano alla formazione, appare nel nostro paese sensibilmente al di sotto di quello degli altri paesi europei industrializzati e molto lontano dai valori della realtà statunitense. Riteniamo però che una tale situazione rappresenti comunque il connubio di due realtà differenziate: - Da un lato, vi sono le grandi aziende - sia a controllo nazionale che straniero - le quali si può ragionevolmente supporre che investano in formazione manageriale risorse quantitativamente non molto dissimili da quanto fanno i loro diretti concorrenti europei ed extraeuropei. Tale affermazione, pur non essendo suffragata da dati certi e verificabili, corrisponde anche all’osservazione della realtà e alle esperienze vissute dal MIB School of Management, Business School che ho l’onore di dirigere, nelle sue attività di executive education e nei rapporti con il sistema delle imprese. - Dall’altro lato vi è l’ampia congerie delle PMI (che come è noto comprende più del 90% delle imprese italiane) le quali fanno pochissima formazione manageriale (spesso fanno pochissima formazione tout court). Da una ricerca condotta nel 1999 dall’Istituto TagliacarneUnioncamere risulta addirittura che il 76% delle PMI non avverte neppure la necessità di fare formazione. E tra quella minoranza che avverte tale necessità, la gran parte fa riferimento a contenuti che concernono conoscenze di metodologie e strumenti di tipo specialistico (in particolare nelle aree operative) oppure aspetti basic come lingue straniere (soprattutto inglese) e informatica. E nei casi in cui si fa riferimento alla formazione manageriale vera e propria si richiedono interventi più vicini al concetto di consulenza che di formazione, prezzi bassi, orari improbabili… Ma alla fine i diretti interessati, cioè gli imprenditori e i loro più stretti collaboratori, non trovano comunque mai il tempo per partecipare: ci sono sempre problemi contingenti più importanti e/o più urgenti! Nel suo insieme la situazione della formazione manageriale nel nostro Paese evidenzia dunque una grande contraddizione: la parte più dinamica e vitale del sistema imprenditoriale, quella che negli ultimi vent’anni ha rappresentato il vero motore dello sviluppo economico italiano, risulta anche quella che meno usufruisce della formazione, in particolare di tipo gestionale. Pur dando il giusto rilievo ai fondamantali processi di learnig by doing che contraddistinguono in misura considerevole i meccanismi di apprendimento nelle PMI, rimane tuttavia il fatto che nelle aree gestionali non direttamente presidiate e controllate dalla componente imprenditoriale (concentrata spesso soprattutto sul prodotto e sul processo produttivo) vi è una limitata capacità di innovazione e di miglioramento, stante l’impermeabilità del governo aziendale alle nuove competenze e ai nuovi stimoli che la formazione manageriale è di norma in grado di apportare. Anche prescindendo dalle conseguenze che tale realtà può comportare sul livello di efficienza e di efficacia delle imprese considerate, lo scarso utilizzo della formazione può avere seri riflessi sulla stessa validità della formula imprenditoriale (di successo) delle PMI italiane. E’ noto infatti che i nuovi scenari dell’economia globale mutano continuamente i vantaggi competitivi delle imprese, richiedendo una costante revisione/aggiornamento delle combinazioni produttive, onde ripristinare i fattori di successo e quindi la stessa possibilità di evoluzione e di sviluppo dell’azienda. A nostro avviso questa situazione dovrebbe preoccupare le autorità pubbliche competenti ben più dei problemi della flessibilità del lavoro o di altre questioni che agitano il dibattito sullo stato del nostro sistema economico-produttivo. Passando invece a considerare la formazione manageriale italiana sotto l’aspetto qualitativo, si tratta di valutare se l’offerta che proviene dalle nostre strutture formative sia adeguata rispetto alle odierne esigenze dell’utenza e se, in un’ottica più ampia, presenti caratteristiche di qualità equivalenti alle iniziative analoghe realizzate nei Paesi nostri concorrenti. Anche visto da questa angolazione il problema si presenta estremamente complesso, date le molteplici variabili che si possono considerare. In un parziale ed arbitrario tentativo di semplificazione e di schematizzazione si possono enucleare comunque tre distinti aspetti: 1. la qualità degli erogatori 2. la qualità dei prodotti/contenuti 3. la qualità della delivery 1. Per quanto concerne gli “erogatori della formazione manageriale” nel nostro Paese, essi possono essere sinteticamente raggruppati nella seguenti categorie: - Università - Business School - Corporate University - Centri di formazione professionale (pubblici e privati) - Consulenti - Altri operatori Per quanto concerne le Università, va rilevato che fino ad oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, esse hanno fornito soprattutto tramite le tradizionali Facoltà di Economia, prevalentemente una formazione di base, scarsamente collegata ai fabbisogni di 7 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR negli ultimi anni anche laddove è partita da zero. In taluni casi, grazie anche ad accordi con le Business School statunitensi o di altri paesi occidentali, sono state infatti create delle strutture di qualità e di livello internazionale che sono riuscite ad ottenere persino l’accreditamento europeo EQUIS (European Qualità Improvement System). competenze manageriali richieste dal mercato. Solo da poco, in conseguenza della riforma degli ordinamenti (Laurea di 1° e 2° livello e Master Universitari), alcuni atenei iniziano a pensare a nuove offerte più vicine alle esigenze delle varie organizzazioni produttive. Analogamente, se facciamo riferimento al concetto di Business School di derivazione anglosassone, vediamo che sono ben poche le istituzioni formative italiane che possono rientrare in tale categoria. Esse devono infatti possedere uno status di tipo accademico (es. avere una propria faculty, fare un’adeguata attività di ricerca, ecc.), ma differenziarsi dalle Università per il tipo di offerta, molto più orientata alle competenze manageriali e alle logiche del problem solving. In molti casi, come dimostra la stessa esperienza di ASFOR, nel nostro Paese sono sorte molte Scuole di management che hanno supplito lodevolmente alla mancanza nel nostro sistema educativo di tale modello istituzionale, realizzando soprattutto dei corsi post lauream (Master) per giovani laureati che dovevano ancora inserirsi nel mondo del lavoro. Le Corporate University rappresentano a loro volta una realtà piuttosto rara nel panorama formativo nazionale, stante anche il limitato numero di grandi aziende che operano nel nostro sistema economico. Storicamente solo alcuni grandi gruppi, come Olivetti, ENI, IRI, FIAT e Telecom, hanno realizzato solide strutture interne per la formazione manageriale dei propri quadri e dirigenti. Ciò che infatti caratterizza una Corporate University è, oltre alla consistente dimensione della struttura e all’ampiezza delle attività formative realizzate, un ampio ventaglio di attività complementari (tra cui ricerche, studi, progetti), che sono simili a quelle di norma svolte dagli atenei. Accanto alle tipologie considerate, operano nella formazione manageriale varie altre istituzioni che offrono programmi programmi diversi per contenuto, durata, destinatari, ecc. Non marginale è certamente anche il ruolo dei consulenti (singoli, associati o società), i quali abbinano in molti casi alla formazione interventi del tipo progettuale o consulenziale. Nel complesso è molto difficile fare una valutazione di merito sulla qualità degli enti erogatori considerati: ognuno ha le proprie caratteristiche, i propri punti di forza e i propri punti di debolezza. Ciò che possiamo rilevare è che pochissime di tali istituzioni formative possiedono una certificazione e/o un accreditamento (nazionale e/o internazionale) che ne attesti o ne garantisca la qualità intrinseca secondo degli standard oggettivi e comparabili. Ad esempio, se consideriamo le Università, vediamo che solo da pochissimo tempo hanno iniziato a porsi il problema della qualità e dei relativi strumenti di verifica capaci di superare le tradizionali loigiche di autoreferenzialità. Molto è tuttavia da fare, ed è ancora lungo il cammino da percorrere per conseguire dei risultati adeguati in questa direzione. Prescindendo dal mondo accademico (che richiederebbe un discorso a parte), e volendo comunque fare delle osservazioni di carattere generale, possiamo rilevare come per le altre categorie di erogatori considerati si evidenzino alcune chiare problematiche: • limitate dimensioni; • scarsa capacità di produrre proprio know how; • modesta proiezione internazionale. Se non si lavora per superare queste limitazioni si rischia di confinare il nostro sistema di formazione manageriale in una posizione di debolezza e di inferiorità rispetto ai nostri principali competitors, e forse non solo di essi. Se devo infatti portare l’esperienza della mia Scuola, il MIB School of Management, nei suoi molteplici e costanti rapporti internazionali, in particolare anche con i Paesi del centro e dell’est europeo- impegnati nella fase di transizione verso l’economia di mercato- devo rilevare gli enormi progressi che la formazione manageriale ha compiuto 2. Relativamente alla “qualità dei prodotti dell’offerta di formazione manageriale” realizzati in Italia, valgono le stesse considerazioni già fatte per gli erogatori in merito alla difficoltà di verificare il livello qualitativo, stante l’enorme varietà dei programmi formativi presenti sul mercato. Se adottiamo una segmentazione sulla base della classica trilogia: - sapere, cioè conoscenze saper fare, cioè competenze saper essere, cioè comportamenti possiamo tuttavia osservare come nel nostro Paese siano ancora relativamante poche le iniziative di formazione manageriale sulle tematiche più innovative (quelle che concernono le competenze più sofisticate e i comportamenti), iniziative presenti invece in misura rilevante nei Paesi più avanzati. Ci riferiamo, ad esempio, a temi come il change management, la leadership, il knowledge management, l’imprenditorialità interna, la creatività, ecc. Anche per quanto concerne la capacità di passare dai classici contenuti generali e/o specialistici per offrire prodotti flessibili, ovvero contenuti con un marcato grado di personalizzazione in base alle specifiche esigenze del cliente, la situazione italiana non evidenzia una posizione di avanguardia. 3. Se si considerano infine le “modalità attraverso cui vengono erogate le attività di formazione manageriale”, non possiamo ugualmente fare a meno di rilevare come l’offerta formativa nazionale sia ancora largamante caratterizzata dalle metodologie di tipo tradizionale, quelle cioè che vedono nelle aule didattiche la loro sede di svolgimento, mentre limitate risultano le modalità più evolute come la formazione a distanza (e-learning) e la formazione esperenziale sul campo (outdoor training, action learning). Inoltre, nella grande maggiornaza dei casi osservati, in particolare nella formazione a distanza, si fa largo uso di materiale didattico importato da altre realtà (soprattutto da Gran Bretagna e Stati Uniti), eventualmente con qualche adattamento al contesto italiano. Mentre, in generale scarso risulta tuttora il materiale di produzione nazionale, anche se fra i Soci ASFOR vi sono già delle consolidate e significative esperienze in tale ambito. In definitiva, sulla base degli elementi considerati (ancorchè non scientificamente documentati), si può concludere che la formazione manageriale in Italia presenti più ombre che luci, nel senso che i punti di debolezza prevalgono sui punti di forza, soprattutto se si tiene conto che parliamo del quinto/sesto paese industrializzato al mondo. E’ perlomeno problematico ritenere che si possa mantenere il passo con i Paesi leader senza disporre di un sistema formativo all’altezza delle sfide emergenti dalla competizione globale. Dal momento che in tutte le sedi viene ribadita la criticità del fattore umano nei processi di sviluppo aziendale (ma non solo), non è immaginabile che le nostre imprese possano evolvere e progredire senza potenziare ed aggiornare le risorse cognitive del capitale umano in tutte le aree critiche. Ad iniziare dalle competenze di tipo imprenditoriale e manageriale che governano tutte le attività e i processi. In questo scenario merita segnalare infine alcune tendenze evo- 8 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR lutive della formazione manageriale osservabili a livello delle organizzazioni produttive e a livello dei singoli individui. Nel primo caso, accanto alle valenze già ampiamente sottolineate, si evidenzia sempre di più il ruolo della formazione per attrarre e mantenere i talenti, cioè le persone dotate di alto potenziale e quindi in grado di apportare un contributo particolarmente significativo all’azienda considerata. Ciò significa che se non si offrono a questi soggetti reali possibilità di crescita e di aggiornamento professionale, anche attraverso qualificati momenti formativi, diviene difficile sia convincerli ad entrare in azienda che successivamente a rimanervi. Sempre a livello delle organizzazioni, si rileva un crescente rapporto sinergico tra le aziende utenti e le strutture formative, nel senso che da un tradizionale “rapporto fornitore-cliente” si sta passando ad un “rapporto di partnership” in cui si realizza una costante intenzione virtuosa tra i due organismi, che decidono di collaborare su più fronti in un’ottica strategica e non più solo contingente. In concreto, azienda e istituzione formativa definiscono insieme progetti di ricerca, programmi formativi, iniziative congiunte in vari campi, ecc., cercando di complementare le rispettive risorse e di massimizzare i reciproci benefici. Sul piano dei “singoli individui”, invece, si osserva una crescente responsabilità delle persone nei confronti del proprio percorso di crescita professionale. Ciò significa che i soggetti, oltre che usufruire delle eventuali iniziative promosse dalle organizzazioni in cui operano, devono farsi carico del proprio patrimonio di conoscenze e competenze e quindi anche del loro costante arricchimento e aggiornamento. Solo così, infatti, essi potranno mantenere un vantaggio competitivo riconoscibile dal mercato e non rischiare un deprezzamento o un’obsolescenza del proprio valore professionale. Per conseguire tali risultati gli individui dovranno sempre più allontanarsi dalle pure logiche della formazione per dirigersi verso il più ampio concetto di (auto) apprendimento; dovranno inoltre superare le angustie e i limiti delle competenze tecnicospecialistiche per approdare al livello delle competenze intellettuali, vere matrici di quell’ apprendimento flessibile ed innovativo che è oggi richiesto nelle nuove situazioni lavorative. E in ogni caso, a chiusura di questo intervento, vorrei ricordare che nella formazione, ovvero nell’apprendimento, non c’è un punto di saturazione, si può sempre continuare ad imparare e a crescere. E che ASFOR vuole favorire il consolidamento di una Formazione manageriale italiana che sappia leggere le sfide della globalizzazione attraverso le “best practices” i punti di forza del nostro Sistema economico, culturale e sociale. Interventi sati da un mondo che poteva essere considerato relativamente stabile nella vita di un individuo a uno sempre più altamente dinamico. Da qui l’esigenza di una life long learning, o formazione permanente o continua, e la necessità d’affrontare una serie di problematiche come il rapporto tra la formazione, i temi del mutamento sociale, economico, organizzativo, tecnologico e lo sviluppo delle risorse umane, ovvero il problema dell’interazione tra il mondo della formazione e quello del lavoro. Le rilevanti conseguenze che derivano da questo quadro complesso e ad alta intensità ideologica fanno parlare M. Ruffino, direttore di IRSEA–Istituto di Ricerca sulla Società e l’Economia dell’Apprendimento, di “nuova” formazione continua, “tecnologia d’apprendimento alla ricerca di un equilibrio tra esigenze di mantenimento di competitività delle imprese e garanzia del diritto individuale di accesso al sapere”. Quali sono le conseguenze di tutto questo? A mio avviso tre, come è stato sottolineato in più interventi alla tavola rotonda: • si deve creare un collegamento continuo tra scuola-università-mondo del lavoro. Non a caso negli ultimi anni si è andato sviluppando l’utilizzo di nuove metodologie didattiche, tra cui la “simulazione d’impresa” e gli stage; • il docente come il formatore e il manager devono diventare anzitutto dei motivatori all’apprendimento e quindi dei facilitatori dell’apprendimento. Sin qui, sottolinea l’Isfol in un volume del 2001, “non è stata prestata adeguata attenzione alle problematiche relative all’apprendimento”; • ogni individuo non deve disporre solo di conoscenze nozionistiche ma anche - e quasi sempre soprattutto - di “pensiero critico” (il Professor Nanut, nella sua relazione, ha sottolineato come non siano più sufficienti le “competenze tecniche” ma sia necessario sviluppare quelle “intellettuali”), per non opporre resistenza al nuovo, adeguarsi al cambiamento, “Formazione Manageriale on line: quale futuro” Franco Angeli*, Presidente AIF–Associazione Italiana Formatori, editore Preciso subito che non solo condivido il quadro che è stato tracciato dei significativi cambiamenti che occorre introdurre nella formazione manageriale in Italia ma, scrivendo ai primi di dicembre la sintesi di quello che doveva essere il mio intervento sul tema assegnatomi, avevo iniziato sottolineando come l’e-learning poteva essere correttamente valutato solo dando un quadro generale di quanto è cambiato nel mondo della formazione. Peter Drucker già in un libro che ho pubblicato nel 1979 sosteneva che “viviamo in un’epoca in cui i miti si consumano rapidamente e le risposte tradizionali appaiono sempre meno in grado d’indicare le soluzioni ai problemi reali”. E ne Le sfide di management del XXI secolo (1999) concludeva affermando che la vera rivoluzione che caratterizza la nostra epoca non è quella tecnologica, che è piuttosto un’evoluzione, ma “l’autogestione” che ogni uomo deve apprendere a fare di se stesso, “una rivoluzione del costume umano” proprio perché l’adeguarsi al cambiamento e gestirlo richiede alla persona, specie al knowledge worker, atteggiamenti nuovi e senza precedenti”. In questo quadro, a mio avviso, devono collocarsi tutte le riflessioni e valutazioni sulla formazione, o meglio sull’education, tanto più se si rammenta che il termine “cambiamento” è spesso percepito in senso limitativo, mentre esso è continuo: siamo pas- (*Contributo di Franco Angeli successivo alla tavola Rotonda in quanto l’autore non ha potuto partecipare ai lavori) 9 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR come un modo rapido ed economico per raggiungere i potenziali fruitori del prodotto formativo, intendendo in questo senso le reti prioritariamente come canali di distribuzione di massa. L’efficacia didattica della telematica, tuttavia, si concretizza non tanto nel sostituire il telefono o il servizio postale quanto nella capacità di realizzare nuove forme d’interazione a distanza, attraverso l’allestimento di aule virtuali che consentano al singolo un’attiva partecipazione alle lezioni dalla propria residenza, sede di lavoro o di studio. La rete, quindi, intesa non soltanto come strumento di trasmissione dei materiali ma anche e soprattutto come “luogo” dove dar vita al processo d’insegnamento/apprendimento. Un approccio educativo basato sui modelli dell’apprendimento collaborativi, dove i contributi individuali e l’esperienza pregressa dei singoli giocano un ruolo decisivo nella crescita collettiva del gruppo. Naturalmente, a mio giudizio, la formazione on line risulta tanto più efficace quanto più è inserita in un “pacchetto”, che può comprendere mezzi e soluzioni diverse, a seconda delle singole esigenze ed opportunità, ed anche riunioni periodiche e contatti fisici personali. Si parla così di CAI-Computer Assisted Instrucion e di multimedialità, quando si prevede l’impiego di diverse tecnologie (floppy disk, CD–Rom, CD-I, ecc. e, perché no, libro tradizionale) come base della formazione (il cosiddetto TBTTechnology-Based Training). Il TBT è molto diverso dall’approccio tradizionale d’insegnamento: è un modo di presentare informazione tale che chi la seleziona possa apprendere da essa. L’impiego della tecnologia per produrre apprendimento e supporto continuo come parte delle applicazioni del computer comporta molto più in termini d’integrazione e d’interazione della formazione tradizionale. Creare interattività e costruire programmi che assicurino a chi impara libertà e controllo del processo richiede, ovviamente, un nuovo e radicalmente diverso approccio alla progettazione e redazione del materiale formativo. E ancora l’apprendimento mediante computer consente una continua revisione delle conoscenze di base, favorisce un approfondimento interdisciplinare alle varie tematiche, oggi indispensabile, e agevola la comprensione delle varie materie in funzione di un ragionamento globale legato alle proprie esigenze e ai propri target specifici. Non meno importante è la sua capacità di valutare e di consentire l’autovalutazione del discente in qualsiasi momento. Altre prerogative positive di sicuro interesse sono rappresentate dalla possibilità di ripercorrere il ragionamento seguito per giungere alla soluzione di un problema, di simulare situazioni reali e d’immagazzinare dati di facile reperimento. Si aprono così ampi spazi, sia in ambito scolastico che formativo, alla personalizzazione dei percorsi d’apprendimento e d’insegnamento, come sottolinea ancora l’Isfol in un volume del 2001. In particolare si aprono spazi d’azione per la progettazione e la concreta realizzazione di pratiche di personalizzazione formative e si viene così a costituire il presupposto formale ed operativo che porta a dare reale praticabilità a un’esigenza pedagogica e didattica sempre più presente nel dibattito sull’education. La personalizzazione è, del resto, considerata lo strumento elettivo per presidiare il rischio d’insuccesso formativo e per favorire la life long learning e dunque costituisce una risposta concreta a fabbisogni che abbiamo visto presenti in qualunque fascia di utenza, non necessariamente in condizioni di svantaggio. Tutto questo spiega la crescita della domanda di formazione on line (una società milanese di formazione ha comunicato che il suo fatturato proveniente dalla formazione on line è passato dall’1% nel 1999 al 47% nel primo semestre 2001). Ma anche sottolinea i problemi di qualità e di certificazione dei corsi e dei se possibile anticiparlo, percepire le possibilità offerte non solo dalle innovazioni “ottimizzanti” ma anche da quelle “dirompenti”. In altri termini deve essere capace di affrontare velocemente e gestire con efficacia anche situazioni non prevedibili e pianificate. Quando si parla di education occorre distinguere tre grandi fasi: • la scuola d’obbligo (insieme alla scuola materna e agli asili nido) in cui si deve sviluppare anzitutto la motivazione all’apprendimento; • la scuola professionale e l’università, che devono facilitare lo sviluppo delle potenzialità dei singoli individui, orientarli correttamente, rafforzare la loro motivazione all’apprendimento, prepararli all’entrata nel mondo del lavoro; • la formazione, nell’accezione propriamente intesa, in cui occorre tenere presenti la distinzione di tre gruppi: I) i giovani che stanno entrando nel mondo del lavoro; II) quanti vi sono già entrati e devono essere motivati e aiutati a sviluppare al massimo i loro “talenti”; III) gli over 45 (anni), che richiedono un’attenzione e azioni particolari, assai variabili a seconda dei casi. In altri termini negli ultimi decenni è andata accentuandosi l’esigenza di azioni formative “su misura” per gli individui e i gruppi professionali, concepite in modo fortemente integrato allo sviluppo dell’organizzazione come luogo e soggetto dei processi d’apprendimento. Più in generale, la configurazione individuale dei programmi di formazione deve essere contemporaneamente correlata alle motivazioni, potenzialità e aspirazioni dell’interessato e ai fattori economici e organizzativi del contesto in cui deve operare. In generale si verifica, poi, una correlazione tra livello delle capacità innovative e sviluppo di forme di organizational learning, assicurate da politiche rivolte alla diffusione dei valori del cambiamento. Da qui l’importanza assunta dalla multimedialità nella comunicazione formativa, evidenziata già nel 1992 da uno studio dell’Isfol, che poneva l’accento in particolare sulle implicazioni di carattere pedagogico e didattico della trasformazione del contesto educativo. Tutto ciò, sottolinea sempre l’Isfol in un lavoro del 1996, comporta che una delle soluzioni educative più indicate è quella di favorire attività formative intraprese da più soggetti in cooperazione, il moltiplicarsi di connessioni, di relazioni partnerariali. L’alternativa, affermano U. Cappucci et al. in un volume edito dall’AIF nel 2000, non è mai “formazione si o formazione no”, e nemmeno “aula si, aula no”, ma formazione come. Ciò significa soprattutto due cose: • dietro ogni bisogno d’apprendimento, che si voglia davvero soddisfare, c’è il problema dei metodi e degli strumenti di cui dotarlo; • dietro questo problema si affaccia a sua volta quello di chi deve preparare i nuovi standard e di chi deve usarli. In questo quadro complesso va collocata la formazione on line, o formazione a distanza di terza generazione. La formazione può passare attraverso la rete: sfruttando i concetti già introdotti a metà del Novecento dalla FaD (Formazione a Distanza) diventa e-learning. Grazie all’e-learning l’abitazione, l’organizzazione, l’impresa, l’ente diventano luoghi di formazione permanente rendendo così possibili il passaggio dal mondo scolastico a quello del lavoro, l’innalzamento dei livelli culturali, l’aggiornamento continuo. Viene superato il gap tra competenze esistenti e competenze attese, vengono alla luce i reali bisogni formativi, vengono date nuove opportunità a chi non ha potuto fruire del tradizionale periodo scolastico. L’uso della rete nella formazione a distanza è spesso interpretato 10 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR formatori che essa pone. Non ultimo, infine, e ampiamente sottolineato nel corso della tavola rotonda, il nuovo equilibrio che deve essere ricercato tra motivazioni e obiettivi della formazione propri dell’organizzazione (privata o pubblica), di quelli del singolo soggetto e, aggiungo, dell’intera collettività. E questo non solo perché, come affermano Stan Davis e Christopher Meyer, “il futuro della ric- chezza è nello sviluppo dei talenti individuali”, ma anche, e soprattutto, perché mentre la formazione in aula è “diretta” dal docente, l’e-learning deve - come già evidenziato - necessariamente essere “diretto” dal discente. Da qui, ancora una volta, l’importanza della sua motivazione all’apprendimento, della sua capacità di autogestirsi e l’esigenza di un progetto condiviso individuo-organizzazione-comunità. “Il caso ISVOR Fiat: una Corporate University italiana.” menti in ricerca, proibitivi per le società italiane, ad es. per lo sviluppo sia di nuove metodologie di know-how sia dell’information technology nelle attività di comunicazione e di formazione. L’intermediazione e la capitalizzazione soggettive delle conoscenze sono risultate progressivamente inadeguate per sostenere le attività di consulenza e di formazione, in particolare nell’ultimo decennio. Anche ISVOR ha avvertito queste nuove criticità e bisogni. La Direzione della società ha così progressivamente messo a fuoco una strategia che, ci preme dirlo, non è stata solo pensata, ma anche progressivamente e coerentemente applicata e che prima abbiamo paragonato ad una Y: • da una parte, si sono andati sviluppando e si sviluppano alleanze, partnership con le università e le business school più qualificate per partecipare direttamente all’elaborazione dei nuovi paradigmi manageriali e per capitalizzare in tempo reale le nuove conoscenze e la loro attualizzazione; • dall’altra, con i settori del Gruppo Fiat (che va mutando in continum i tradizionali confini societari), si realizzano sempre più solide partnership. Queste partnership sono sollecitate in particolare dalla necessità di formazione continua collegata alla nuova attenzione alle competenze, attenzione che richiede alle direzioni aziendali la necessità di usufruire di un sistema affidabile e continuo di progettazione e di “distribuzione” della formazione; non solo, cresce la richiesta di integrare la formazione con l’accompagnamento e la consulenza sul campo, che oggi costituisce circa il 50% di tutte le attività ISVOR. Questa evoluzione, è opportuno richiamarlo, ha, fra le sue componenti, la crisi di quella che in passato era di fatto la “sovrapposizione fra domanda e bisogni dei soggetti” e che oggi tende a “scomporsi”, dando maggiore spazio alla soddisfazione dei bisogni dei soggetti che operano in un’organizzazione . A queste nuove esigenze si risponde con una delega sempre più fiduciaria al “formatore”; ISVOR è chiamata così a contribuire a questa realtà in cambiamento non solo con un sempre più solido rapporto con il committente, ma con un nuovo mix di metodiche, strumenti e conoscenze qualificate, un mix in cui acquista sempre più peso l’e-learning nelle sue varie accezioni. L’ISVOR assume pertanto, nei confronti del Gruppo, la configurazione di una vera e propria Corporate University, che si fa carico dei seguenti obiettivi: - Facilitare i cambiamenti organizzativi. - Assicurare l’immediata applicazione di conoscenze utili. - Contribuire alla costruzione del “talento” delle persone, basata sulla leadership. - Soddisfare i reali bisogni di competenza dei manager di linea. Il cuore dell’ISVOR diventa così una matrice complessa, costituita dalle “aree professionali”, dall’”information technology” e dal “knowledge management”, cuore che alimenta l’azione dei client-leader che agiscono in collegamento stabile con la com- Enrico Auteri, Presidente Isvor Fiat A mio avviso, molteplici sono le caratteristiche distintive di ISVOR rispetto alle altre società di consulenza e formazione italiane. Ne evidenzio alcune: 1. Un’offerta formativa per tutti i livelli professionali, operanti in un’organizzazione, dagli operai all’alta Direzione 2. Lo stretto raccordo fra formazione professionale e formazione manageriale che non vivono pertanto separate ma, pur con enfasi diverse, pervadono tutte le attività formative 3. La capacità di realizzare progetti destinati ad un grande numero di persone e nel contempo la possibilità di realizzare interventi specifici, originali per pochi destinatari 4. L’internazionalità dell’ISVOR: si tratta di un aspetto poco conosciuto e poco sottolineato, ma che penso sia praticamente unico nelle società di formazione europee. L’internazionalità è per ISVOR una risorsa: - da una parte si sviluppano sinergie; - dall’altra, grande attenzione viene data alle culture locali. L’internazionalità è inoltre un’occasione continua di benchmarking, sia sulla qualità della formazione sia sulle metodologie ed i contenuti. Tutto questo permette di capitalizzare un grande patrimonio di esperienze e di espandere ulteriormente i confini dell’attività formativa. Nel momento in cui si celebra questo Convegno, ISVOR, a supporto del Gruppo, collaborando a progetti internazionali o in modo autonomo, promuove e realizza formazione in Brasile, USA, U.K., Polonia, Cina, India, Francia, Spagna, Germania, Belgio, Portogallo, Olanda, Svizzera, Austria, Ungheria, Marocco e ancora in altri Paesi. In questo quadro di esperienze locali e globali, l’ISVOR, ormai da tempo, ha orientato la sua azione verso un percorso strategico ed operativo che potremmo paragonare ad una Y. Le società di consulenza e di formazione italiane nate negli anni settanta (compresa ISVOR, prima come unità organizzativa e poi, dal 1979, come società per azioni) hanno operato come soggetti d’imitazione e d’intermediazione fra i centri di eccellenza, università e business school, anglosassoni (con le loro ricerche ed elaborazioni di nuovi modelli gestionali) e i committenti italiani, ai quali adattavano e personalizzavano le nuove conoscenze. La capitalizzazione del know-how è avvenuta in prevalenza attraverso l’apprendimento individuale acquisito presso i centri suddetti. Questa situazione così sintetizzata ha retto per molti anni, ma poi è entrata in crisi per più ragioni: per le sempre maggiori dinamiche d’innovazione gestionale, per gli alti investi- 11 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR mittenza, client-leader che sono non solo responsabili del presidio dei bisogni e delle risposte conseguenti, ma anche dei costi delle varie iniziative. Le varie aree professionali si arricchiscono così direttamente sia nel confronto in Italia e all’estero con i clienti e con i loro professional, sia collegandosi in modo sempre più stabile, come sopra accennato, con i centri di ricerca e di elaborazione dei nuovi paradigmi. Ponendo al centro l’apprendimento, diventa fattore chiave, per un’efficace azione educativa, sia il miglioramento di ciascuna delle quattro fasi che caratterizzano tradizionalmente il processo formativo: diagnosi dei bisogni – progettazione – erogazione e valutazione, sia una più attenta regìa di sistema verso l’obiettivo apprendimento; esso non può essere più ricondotto alla formazione “formale”. Si richiede pertanto una rinnovata e spesso nuova attenzione ai processi di comunicazione, alle modalità di lavoro (per processi, per team), all’autonomia e alla responsabilizzazione attiva delle persone verso gli obiettivi di apprendimento, ai sistemi organizzativi più agili e trasparenti, ad una leadership diffusa. Ormai, anche con lo sviluppo dell’information technology, i confini tra apprendimento organizzativo, formazione e funzionamento delle organizzazioni, tendono ad intrecciarsi e ad integrarsi, ed occorre porre in essere nuove attenzioni nella gestione delle pesone. A questo proposito, una sempre maggiore attenzione dovrà essere data alle condizioni hard, ma soprattutto soft che facilitano l’efficacia della formazione e dell’apprendimento. Queste condizioni, che ho vissuto sul campo direttamente, possono considerarsi pre-requisiti per un apprendimento efficace e richiedono una sempre più organica integrazione con le responsabilità gestionali della committenza. In tempo di nuova attenzione alle competenze, l’acquisizione e la valutazione delle stesse devono essere supportate da un coerente sistema premiante. Si deve creare, nel day by day, un clima organizzativo che aiuti le persone ad avere consapevolezza dei nuovi bisogni di conoscenza, fattore chiave per motivare ad apprendere. La fiducia nell’organizzazione, ed in particolare nei capi, è un ulteriore fattore determinante per “far abbassare le difese” verso il nuovo e il diverso; questa fiducia è alimentata soprattutto dalla capacità e consapevolezza dei capi di adottare modelli di leadership funzionali in particolare alle nuove necessità di dialogo e di coinvolgimento, indispensabili per contribuire a suscitare apprendimento diffuso ed innovazione. Ma questo è un punto dolente, un punto in cui ancora ampio è il gap fra quanto dichiarato e quanto viene attualizzato. Le stesse aree alimentano l’offerta e l’azione della terza gamba della Y: il mercato esterno. L’apertura al mercato esterno si è andata sviluppando ed incrementando negli ultimi anni anche con la creazione di due specifiche società (IKS -Isvor Knowledge System- e IDN -Isvor Dealer Net -); ISVOR e le due società sono così chiamate verso un sempre più ampio spettro di committenza e di bisogni diversi perché rispondenti alla “specificità culturale e situazionale” della singola Banca o dello specifico ente pubblico, della piccola o della grande impresa, tutti caratterizzati da momenti diversi di sviluppo della propria organizzazione e delle proprie persone. Tutto ciò richiede un’ampia offerta formativa: da quella “tradizionale”, pur se rinnovata nelle metodologie e nelle tecniche, a vere e proprie partnership; il “vecchio” che si evolve rapidamente e il “nuovo” che progredisce nell’innovazione, stimolando il “formatore” su nuovi confini. Tutti questi impegni, tradotti in indici quantitativi, portano a riassumere l’attività dell’ISVOR nel 2001 in 240 miliardi di fatturato e in una nuova popolazione di 75.000 persone coinvolte nelle varie attività educative. A valle di questa rapida illustrazione della formazione in ISVOR, desidero concludere con alcune considerazioni. Il passaggio sempre più marcato dal “come si insegna” al “come si apprende” e l’evoluzione della domanda verso gli effettivi bisogni sintetizzano la maggiore complessità ed attenzione necessaria per rispondere con qualità ad una committenza sempre più evoluta; vengono così sconvolte le vecchie certezze e si aprono nuovi percorsi. mette forse di rispondere alla domanda che mi è stata posta. Le big five, le grandi società di consulenza, dominano fortemente l’offerta di consulenza rivolta soprattutto alle grandi imprese e alle grandi amministrazioni. Quella che prima Enrico Auteri chiamava “la speranza di grandi società di consulenza italiana” non si è ancora realizzata. E le società di piccole-medie dimensioni fanno fatica. Qual è il problema? Negli ultimi anni in Europa e in Italia si è molto sviluppata una consulenza che ha lavorato fondamentalmente sulle dimensioni strutturali dell’Impresa e della Pubblica Amministrazione: ridefinizione del business, disegno dei servizi, strutture organizzative e soprattutto consulenza sui sistemi informativi. Il 50% circa dei servizi della consulenza in Italia e in Europa sono “consulenza di servizi informatici”, che vuol dire concezione (per una proporzione minima) sviluppo e delivery (in una proporzione prevalente) di sistemi informativi. Questo è il primo elemento. Su questi aspetti non esiste concorrenza con la formazione, nel senso che la consulenza ha offerto servizi soprattutto alle grandi organizzazioni con l’attenzione più a creare corporation built to flip piuttosto che corporation built to last. “Rapporto consulenza & formazione” Federico Butera, Presidente Assoconsult, Presidente Butera e Partners Quando 2 anni fa io ho assunto la presidenza dell’Assoconsult, che è l’associazione italiana delle società di consulenza aderente alla Confindustria, assunsi questo incarico partendo dalla considerazione che il mondo dei servizi che la consulenza offre era un po’ come una grande prateria, dove potevano convivere grandi animali, come gli elefanti grandi e maestosi, medi soggetti scattanti come i ghepardi, e anche piccoli animali. La metafora indicava che il mondo della consulenza, che vede una presenza di grandi soggetti internazionali, che prevede l’esistenza di grandi società italiane e di piccole-medie società di consulenza, poteva in qualche misura fornire servizi differenziati e di qualità al sistema italiano in crescita. Vi è a metà del 2001 una crescita forte, in Italia come in Europa, dei servizi di consulenza, ma emerge qualche criticità che mi per- 12 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Di corsi, di libri, di ricerca sul knowledge management ne abbiamo una quantità colossale. Credo che i colleghi potrebbero aiutarci a dire se possiamo fare l’elenco di 10 importanti progetti di knowledge management in Italia: penso che a 10 non arriviamo, a 5 neanche e non scendo sotto i 5 per carità di patria. Ma io non mi spavento. Anche quando abbiamo parlato di processi, di deburocratizzazione, di impresa rete, ci abbiamo messo una decina d’anni. Senza una consulenza di change management forte, autorevole, scientific based che spinga le grandi società di consulenza internazionali a parlare italiano, più di quanto non facciano, che faccia creare società di consulenza italiane più grandi di quelle che ci sono, e che faccia crescere le piccole e medie società di consulenza orientate non soltanto alla quotidianità ma anche al cambiamento, senza questo credo che i cambiamenti grandi non li faremo. Devo dire anche, per quello che io capisco, e mi metto il cappello del formatore o almeno del professore universitario, senza un orientamento alla formazione che sia orientata a sostenere e sviluppare i cambiamenti non andremo tanto lontano. C’è una grande sfida aperta al mondo della consulenza, ma credo anche al mondo della formazione. Credo che stia finendo il modello in cui erano chiari i destinatari della formazione, i committenti, gli erogatori della formazione, salvo che fossero non chiari i contenuti, il cosa, il come, il quanto e la dimensione della formazione. Il grande problema che noi abbiamo davanti è che una delle prime emergenze per la formazione e per la consulenza è quella di costruire i soggetti; molti dei soggetti di cui parliamo non ci sono, sono latenti. Un primo problema su questo aspetto riguarda i destinatari individuali. Noi parliamo di formazione manageriale. Abbiamo fatto qualche anno fa una ricerca iniziata proprio su spinta del Gruppo Fiat, su quello che noi abbiamo definito “i lavoratori della conoscenza”. Essi sono dal 30% al 50% della popolazione lavorativa: solo pochi sono manager nel senso che hanno responsabilità di budget o di uomini, per lo più sono technicians, professional, esperti operativi a cui sempre di più viene richiesta quello che una volta dicevamo “skills manageriali”; il coraggio, la capacità integrativa, l’intuito, la capacità di lavorare in team ecc. Laddove è in corso crescita e sviluppo sorgono problemi formidabili di allocazione, gestione, formazione di queste figure. Ma non sappiamo bene dove sono e chi sono: “hic sunt leones” secondo le categorie canoniche dell’Istat. Gli Stati Uniti hanno un sistema di rilevazione del mondo del lavoro che si chiama O-Net. Esso è molto sofisticato perchè arriva a definire addirittura le variazioni che in un ruolo sono determinate dal modo con cui l’attore gioca questo ruolo, non di ricerche fatte all’Università ma il sistema ufficiale del Bureau of Census... degli Stati Uniti. Senza che noi ritorniamo alla identificazione degli attori, faremo fatica. Il secondo problema: riguarda i “soggetti collettivi destinatari della formazione”. Si è parlato di piccole-medie imprese, ci sono molti interventi che sono stati esercitati, di studi a questo riguardo. Il problema è che la consulenza e la formazione per la piccola e media impresa non avrà luogo e sviluppo se noi non identifichiamo e sviluppiamo un fenomeno crescente: chi sono i soggetti aggregati delle piccole-medie imprese, che promuovono, comprano, utilizzano la formazione per il loro successo competitivo. Noi eravamo rasserenati dal fatto che c’erano i “distretti”. I distretti stanno finendo, si stanno sviluppando in altre cose, alcuni si stanno estendendo fuori dai loro confini, alcuni sono gli augmented districts, quelli che oltre alla competenza tecnologica Io non dico nulla di male sul fatto che si fondino, si spacchettino, si riorganizzino le imprese e che l’informatica venga sviluppata come una key weapon per fare le cose che spesso non si riescono a fare nella testa delle persone. Ma sinceramente occorre dire che il corollario di interventi crudi, forti, strutturali di questo genere è stata spesso una formazione del tipo “l’intendenza seguirà”. Prima scompaginiamo tutto, poi se qualcuno non ha capito gli facciamo un po’ di sensibilizzazionepersuasione vestita da formazione. Sto dicendo delle cose un po’ estreme per tirare su il dibattito, visto che è una tavola rotonda. Ma sono, ahimè, cose che abbiamo visto in un gran numero di casi. C’è un secondo ruolo importante che le società di formazione e società di consulenza hanno giocato, nel partecipare alle gare della Pubblica Amministrazione per fare della formazione: ma spesso valeva più la quantità e il costo basso che la qualità e l’efficacia. Formazione post-ristrutturazioni e gare pubbliche, anche se dimensionalmente rilevanti, non hanno rappresentato - erano offerte e business models - approcci competitivi fra consulenza e formazione ma solo vendita sconnessa di ore di formazione e consulenza. L‘area invece che potrebbe determinare una convergenza più forte, e anche una concorrenza positiva e molto stimolante tra soggetti che fanno essenzialmente consulenza e soggetti che fanno prevalentemente formazione, è quella della consulenza e formazione di Change Management; cioè tutte quelle operazioni che sono orientate non tanto a introdurre delle sorprese strategiche nella configurazione delle imprese, quanto a far avvenire le cose, a fare in modo che le organizzazioni diventino sistemi di orientamento dell’azione, operazioni in cui concetti di nuove organizzazioni escono dal mondo di business fades e diventano invece dei concetti operativi, in cui le conoscenze diventino operazioni che vadano a modificare le cose. Noi conosciamo alcuni aspetti di questo genere. Il passaggio, ad esempio, mai avvenuto fino in fondo, dalle “organizzazioni gerarchico-funzionali” alle “organizzazioni per processo” ha richiesto sicuramente, insieme ad alcune ridefinizioni dei processi e a nuovi sistemi informativi, il tentativo di portare i processi nella testa delle persone e di portare i processi nelle comunità delle persone. Senza la formazione questa cosa non può avvenire. E questo tipo di formazione, come è stato prima, non può avvenire solo nell’aula, e non può avvenire soltanto dando dei manuali, ma attraverso un’interazione tutta da approfondire tra azione e formazione. Queste sono le aree nelle quali la consulenza probabilmente dovrebbe maggiormente cimentarsi ed è l’area di maggiore possibilità di sovrapposizione con la formazione: una formazione moderna, un disegno congiunto di organizzazioni e comunità, di struttura e di cultura, di buone regole e di comportamenti. Vi è certamente la possibilità di concorrenza fra società di consulenza e di formazione, ma è una competizione feconda a chi copre meglio l’altra faccia della stessa luna. Il problema è che di questa consulenza di change management che eredita superandola la process consultation e l’organization developement se ne fa poca. Una consulenza di questo genere richiede un orientamento culturally specific, un orientamento orientato a verificare i risultati sul medio periodo, un’idea dello sviluppo del management, un progetto di supportare il raggiungimento di obiettivi e misure molto chiare. Colpa dei committenti, colpa della consulenza, colpa forse del fatto che i modelli organizzativi nuovi (impresa rete, learning organizations, comunità professionali, teams estesi, knowledge organization etc…) sono ancora agli stalli di partenza dei business phase. Qui, ad esempio, è stato molto citato il knowledge management. 13 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR stanno sviluppando altri tipi di competenza; quelli che facevano le cucine economiche oggi forse si devono occupare di progettazione e sviluppo di sistemi di ristorazione. Questa cosa nei tempi rapidi e nella velocità imposta dalla competizione internazionale, non si fa aspettando la naturalità dello sviluppo dell’economia territoriale. Qui bisogna promuovere, supportare, talvolta costruire nuovi soggetti. Qualche giorno fa è uscito un mio libro che ha un sottotitolo serio con un titolo evocativo. Il sottotitolo serio è “Electronics business, piccole e medie imprese” in cui si tenta di capire a che punto siamo con le applicazioni dell’e-business per le PMI. Il titolo evocativo è il “Campanile e la rete”. Il libro sostiene che occorre uscire dalla logica distrettuale dei campanili e entrare nella logica dei clusters, delle comunità di imprese, delle reti di imprese che, con l’aiuto di internet, superino il vincolo territoriale e merceologico. Ma questa cosa chi la fa? Il problema è che vanno non soltanto scoperti ex-post questi soggetti ma vi è il problema di costruire questi soggetti. Questa è un’operazione che non può fare la formazione, che non può fare la consulenza, Formazione e Consulenza possono essere di grandissimo e fondamentale aiuto. Ma occorre promuovere i soggetti collettivi da parte di associazioni industriali, camere di commercio, enti locali etc…, in modo da favorire l’aggregazione di distretti di nuova generazione di piccole imprese, di sistemi di co-makership di medie-grandi imprese che sul territorio hanno una funzione di traino, di filiere. Se noi non facciamo questo, a questo 80% di persone che in Italia lavorano nella piccola-media impresa che dovrebbero essere destinatari del meglio della nostra capacità di formazione, noi la formazione non gliela daremo. Io penso invece che oltre che a fornirla ne dovremmo dare invece più! Credo che anche i soggetti erogatori, cioè le società di consulenza, le società di formazione, le università ecc. devono in qualche misura fare “blurring” dei loro confini; per affrontare alcuni compiti importanti e difficili i singoli soggetti, anche quelli grandi, grandissimi, non ce la fanno. Io vedo che anche i più grandi tra i miei associati, quando ci troviamo di fronte ai problemi della formazione per le piccolemedie imprese o la formazione per la Pubblica Amministrazione, di cui non ho parlato ma su cui c’è un problema analogo, non sono da soli all’altezza di affrontare questo problema. Anche le Università più grandi - ne discutevamo ieri sera con il Prof. Elio Borgonovi, Past President ASFOR e Direttore della SDA Bocconi - anche quelle che sono di punta nel nostro Paese possono avere un ruolo importante di trascinamento e di guida di strutture educative meno evolute, che hanno avuto meno esperienza e determinare molti positivi cambiamenti. Penso che il modello presentato dall’Isvor sia un modello interessante, di qualche cosa che tende, che spinge a creare collaborazione tra società di formazione, società di consulenza, università e soprattutto utenti che hanno una loro knowledge molto forte, non soltanto perchè la usano ma anche perchè la sviluppano. Fra 3 anni il panorama della consulenza e della formazione sarà radicalmente diverso, ma questo lo racconteremo al prossimo convegno. “Come le Università possono affrontare il tema della Formazione Manageriale” Voglio usare un’immagine molto efficace che ha usato Bob Mountain: le università per molti anni, per decenni, hanno lucidato l’argenteria di famiglia. E’ un’immagine che mi ha colpito: avevamo dei gioielli, abbiamo continuato ad averli, ed abbiamo continuato a lucidarli all’infinito, senza accorgerci che il patrimonio di famiglia rimaneva curato ma invariato. All’esterno si muoveva un mondo che cresceva molto più rapidamente di quanto noi all’interno delle università riuscivamo a cogliere, soprattutto per quanto riguarda quegli aspetti di novità di una università che stava passando da un modello di struttura tipicamente orientata all’offerta (abbiamo questi professori, abbiamo queste strutture, dunque chiediamo agli studenti di iscriversi a questi corsi) ad un orientamento alla domanda: gli studenti, ma anche le famiglie, le imprese, lo Stato, ci chiedono formazione in questi campi, e noi ci attrezziamo per rispondere a questa domanda. Credo che ognuno di voi capisca benissimo quanto sia grande questo mutamento, e come sia difficile farlo in una istituzione quella universitaria - ed in un sistema - quello formativo - che di loro natura sono molto conservatori, al di là di ogni idea politica. E’ veramente un cambiamento molto profondo da fare. La riforma ci offre gli strumenti per rispondere alla domanda attraverso due parole chiave su cui insisto spesso: la flessibilità e l’autonomia, che sono le due parole chiave della riforma. La flessibilità permette di offrire titoli, o per meglio dire formazione universitaria, delle più varie tipologie, della più varia durata. Non solo i master universitari, che pure sono una novità dal punto di vista della formazione post-laurea o post-laurea specialistica. Luciano Modica, Presidente CRUI, Conferenza Italiana dei Rettori Nei 10 minuti a mia disposizione proverò ad indicare tre linee di risposta alla domanda che il nostro chairman ha fatto: come le università possono affrontare il tema della formazione manageriale. Se intendo bene la domanda si inserisce nel tema della crescita del nostro Paese, che mi sembra altrettanto importante, se non di più. Affronto subito i tre temi, mettendoli in questo ordine: 1. un nuovo orientamento alla domanda; 2. un nuovo orientamento al sistema e ai dati sistemici; 3. un nuovo orientamento al futuro. Provo ad usare parole un po’ evocative - come ha detto Federico Butera - per classificare il mio breve intervento. Orientamento alla domanda. Le università stanno cambiando i loro cromosomi: non stanno cambiando il loro fenotipo ma il loro genotipo, ed è una mutazione enorme. Una mutazione che spesso è sfuggita - non qui naturalmente - e che va chiarita. Si tratta di un cambiamento genetico che stanno attraversando le università italiane, pubbliche o private non importa: in quelle pubbliche il mutamento è più forte, attraverso un nuovo orientamento alla domanda. 14 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Abbiamo anche vari livelli di laurea: laurea triennale, laurea specialistica, dottorato, con diversi tipi di corsi, più brevi e più lunghi. Si è differenziata la domanda attraverso una grande flessibilità dell’offerta: in tipologia, in durata, e attraverso il sistema dei crediti. Voglio ricordare che il sistema permette di non essere legati a tabelle di insegnamento prefissate dallo Stato o dall’università e permette altresì di riconoscere, per esempio, il lavoro fatto in impresa, le competenze acquisite al di fuori dell’università o esperienze di lavoro non di tipo formativo in senso stretto ma di tipo educativo in senso ampio che il singolo studente - protagonista della formazione - può chiedere che vengano inserite nella sua carriera universitaria e nel suo percorso formativo. Sono strumenti di grande flessibilità che non sarà facile utilizzare perché veniamo da un mondo che questa flessibilità non conosceva, ma che sono il principale strumento dell’orientamento alla domanda e della riforma. L’altra parola cruciale è autonomia. Autonomia si porta dentro di sè la parola competizione, competitività. Le università si stanno preparando e si stanno attrezzando per competere, per offrire servizi diversi, profili formativi differenti, per connettersi, per offrire una formazione per il Paese che abbia nella competizione continua uno dei fattori di crescita. Orientamento al sistema o ai dati sistemici. Io sono convinto, che un Sistema Paese cresce se la formazione e in genere tutto l’aspetto dell’educazione assume dati di carattere di sistema. I dati OCSE, che si ripetono da anni, rappresentano efficacemente la debolezza del nostro sistema Paese, oltre che del sistema formativo e di quello universitario. Cosa intendo dire? Mi riferisco per esempio alla terza “c” che il Presidente ASFOR Poli ha detto, l’idea di “connessione”, l’idea di avere programmi formativi che si ripetano in reti di agenzie formative di università, di corporate universities, di programmi fissi nei quali si rinuncia alla propria individualità a favore di un dato di sistema, scegliendo un comune sistema formativo che si assume come vincente rispetto alla domanda di formazione. L’autonomia permette questo perché, lasciando libere le università, permette che si associno fra di loro, con imprese, con agenzie formative, secondo le aspirazioni, le strategie di ciascuna istituzione, per creare appunto reti di formazione. Il terzo dei punti che avevo preannunciato è il più difficile: è l’o- rientamento al futuro, l’orientamento alle scelte strategiche. A tale riguardo trovo che in un mondo - lo ripeto - molto conservatore come quello della formazione, l’orientamento al futuro è il più difficile da ottenere. Io faccio sempre due esempi, per portare dei dati di fatto. Il primo esempio: quando un rettore illuminato, mio predecessore, pensò di creare in Italia un corso di laurea in Informatica (si era nell’anno 1959), la proposta dovette attendere nove anni per essere accolta. Il primo anno del primo corso di Informatica all’università è del 1968-1969. Quindi ci sono stati nove anni di attesa. Non è possibile alcun tipo di orientamento al futuro se da un’idea ad una sua realizzazione intercorrono nove anni. Vi faccio un altro esempio. La prima relazione parlamentare sulla riforma universitaria elaborata dalla Commissione Gui (già il nome vi dice in che periodo siamo) è del 1962: la riforma è stata varata nel 2001! Trentanove anni di attesa tra un documento che contiene grandissima parte dei dati dell’attuale riforma e la sua realizzazione. Per questo motivo non è possibile che noi continuiamo su questa strada. Un orientamento al futuro vuol dire che bisogna avere un’immediatezza di risposta, e questa è forse la chiave di lettura più importante. Questo ci è offerto da una forte internazionalizzazione, perché dobbiamo paragonarci con sistemi diversi dai nostri e con un forte ricorso alla tecnologia. L’applicazione della tecnologia nella formazione universitaria è ancora estremamente limitata in Italia. E questo è un problema che tra qualche anno scopriremo che ci avrà fatto ritardare parecchio. Bisogna che questi ritardi vengano assolutamente compattati, diminuiti. “Il mondo delle rappresentanze imprenditoriali e l’impegno a sostenere e sviluppare la Formazione Manageriale” imprenditoriali abbia il polso delle reali esigenze delle aziende. Specie in periodi, come questo, d’enormi e rapidissimi cambiamenti, diventa indispensabile possedere una capacità di reazione e di flessibilità per rispondere alle necessità del mondo imprenditoriale. Per questo il sistema associativo, in quanto soggetto collettivo e aggregante, si candida a svolgere un ruolo cruciale nell’intero processo. Non solo per l’attività formativa vera e propria, ma anche per l’analisi dei fabbisogni delle imprese, per l’orientamento dei giovani e dei prodotti formativi, per la monitorizzazione dei risultati. Solo procedendo in questo modo è possibile attivare un circuito virtuoso che porti a significativi miglioramenti nell’offerta e nella qualità delle azioni. Il secondo motivo per cui pensiamo di poter ricoprire un ruolo determinante è connesso all’esperienza acquisita. Quindi alla domanda iniziale io vorrei rispondere sinteticamente in questo modo: credo che le università saranno in grado di inserirsi nel mercato della formazione manageriale. Io non ho parlato di questa, che è uno degli aspetti della formazione che le università offrono, nell’ipotesi che siano messe in grado di reagire con immediatezza ai cambiamenti e di potenziare i loro strumenti di flessibilità (come fortunatamente già avviene) e di essere esposte di più alla tecnologia della formazione. Andrea Pininfarina, Presidente dell’Unione Industriale di Torino e componente Giunta Confindustria L’Unione Industriale di Torino e, più in generale, tutto il mondo delle rappresentanze imprenditoriali sono impegnati da tempo a sostenere e sviluppare la formazione manageriale, sia partecipando all’attività d’organismi che operano nel campo, sia promuovendo e realizzando direttamente iniziative. Si tratta di un impegno strategico, che nasce da solide convinzioni. In primo luogo riteniamo che nessuno più delle organizzazioni 15 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Va detto con molta chiarezza che in Italia modelli e strumenti manageriali sono sinora risultati estranei alla ricerca ad alla sedimentazione universitaria tipica delle business school anglosassoni, ed il management è stato pensato e realizzato soprattutto nel mondo produttivo privato, nelle (poche) Corporate University e nella grande rete formativa di Confindustria, di cui riteniamo di essere una delle componenti più attive. Infine, senza presunzione, ci sentiamo legittimati e capaci di offrire ai nostri associati servizi e strumenti per dirigere bene le aziende e muoversi sui mercati, contribuendo alla diffusione della cultura manageriale ed al contenimento dei suoi costi. In particolare, come Unione Industriale di Torino, sin dai lontani anni ’50, abbiamo preso parte – insieme a Fiat e Olivetti – alla costituzione di uno dei primi istituti italiani post-universitari per l’organizzazione aziendale (l’IPSOA). Abbiamo poi sempre sostenuto e partecipato alla Scuola d’Amministrazione Aziendale, fin dalla fondazione – antesignana di un metodo - da parte del professor Pacces. Inoltre, all’Unione Industriale opera, ormai da più di 25 anni, il PF3, il servizio di formazione manageriale, anch’esso precursore nella diffusione di molte discipline. Ultimo effetto emblematico di questo sforzo, in ordine di tempo, è stata la costituzione di uno Steering Committee, che ha raggiunto, tra gli altri, un importante risultato di carattere concreto. Per potenziare le attività in tutti i settori formativi, infatti, l’Unione Industriale ha deciso la costituzione con l’AMMA di un’apposita società, che avrà l’obiettivo di attivare il circuito virtuoso imposto dal mercato e dai nuovi fattori di successo. Nei prossimi anni, infatti, lo sviluppo dell’internazionalizzazione dell’economia porrà al nostro territorio una sfida che è, in fondo, comune a tutto il mondo occidentale: assisteremo all’emergere di quelle realtà che saranno capaci di fornire vero valore aggiunto in termini di innovazione, tecnologia, ricerca. In questo scenario la nostra area potrà vivere momenti più difficili che altrove, perché Torino ha una forte cultura del fare, storicamente legata alle attività manifatturiere. Per questo diventa indispensabile puntare su una formazione ad alto livello e compiere quel salto di qualità che il sistema imprenditoriale richiede. Sono soprattutto le imprese di minori dimensioni a sollecitare la crescita dell’impegno delle nostre Associazioni. La collaborazione con le grandi aziende e con le loro strutture formative consente di offrire risposte complete e puntuali a tali richieste. Se diamo uno sguardo al panorama nazionale, la domanda di formazione manageriale, in Italia, sta diventando sempre più ampia e sempre più esigente. Anche perché si allarga il ventaglio dei “soggetti coinvolti”. Un tempo, ci si rivolgeva soltanto ai quadri dirigenziali; oggi, con il mutamento dei metodi organizzativi, quest’universo coinvolge i vari livelli che assumono rilevanza nei processi decisionali. L’accresciuta sensibilità delle aziende trova oggi una preziosa corrispondenza nelle nuove disposizioni contenute nella Tremonti-bis, che estendono le agevolazioni alle spese per la formazione. Come sapete, i benefici per le imprese sono equivalenti, o addirittura superiori, a quelli offerti dai finanziamenti regionali. In realtà, ci troviamo di fronte ad un mercato in cui la domanda non trova sempre risposta adeguata ed ai costi più competitivi: anche in questo campo, l’aumento dei soggetti migliora la qualità dell’offerta. I processi di formazione manageriale, d’altra parte, non riguardano soltanto il settore delle imprese e la componente privata del Paese. Se lo scopo ultimo è quello di aumentare l’efficienza complessiva e di poter contare su una classe dirigente all’altezza delle situazioni, è evidente che il problema investe soprattutto la pubblica amministrazione, che è la più grande azienda del Paese. Non a caso, quindi, è stato recentemente firmato un protocollo d’intesa fra Ministero per la Funzione Pubblica e Confindustria, al fine di svolgere azioni comuni per migliorare l’efficienza e qualità dell’apparato amministrativo. Il protocollo ribadisce una forte volontà di cooperazione per entrambe le parti e rappresenta un ulteriore, importante passo per facilitare lo scambio d’esperienze sui metodi di gestione. D’altra parte, è emblematico che i Soci dell’ASFOR appartengano sia alla sfera privata sia a quella pubblica, nelle sue varie articolazioni. Anche sul piano formativo, il mettere sempre più in rete le multiformi e specifiche competenze permetterà di raggiungere risultati d’eccellenza. “Dirigenza pubblica e Formazione Manageriale” La pubblica amministrazione della società dell’informazione è un’organizzazione che non si fonda più prevalentemente sulle leggi, ma che deve garantire la capacità di risposta dei governi ai bisogni diversi e nuovi dei cittadini. Si diffondono l’informatica, l’uso della firma digitale, del documento elettronico e di tutti gli strumenti previsti dall’e-governament, che permettono una erogazione innovativa, veloce e calibrata sulle esigenze dei cittadini dei servizi della pubblica amministrazioni. Inoltre, l’approccio customer oriented rende importante il ruolo delle competenze del capitale umano e, in modo particolare, del management e delle capacità di questo di aggiornarsi continuamente attraverso l’accesso alla rete. L’attenzione agli utenti, infatti, non si basa più tanto su leggi di dettaglio, ma su un atteggiamento generale di conoscenza approfondita dei bisogni dei cittadini. In questo quadro diventano nuovi strumenti di lavoro quotidiani: - la statistica, per misurare l’efficienza e il raggiungimento di risultati; Francesco Verbaro, Vice Capo di Gabinetto del Ministro per la Funzione Pubblica Le recenti riforme e le stringenti esigenze di modernizzazione del Sistema Paese stanno progressivamente e profondamente trasformando le pubbliche amministrazioni: i loro compiti, le strutture interne, il rapporto tra dipendenti e amministrazione e, in generale, il modo di lavorare, da un approccio autoreferenziale ad uno results oriented. Le riforme degli ultimi anni vanno lette in un’ottica che vede al centro dell’azione della pubblica amministrazione i cittadini e le imprese. Riforme che richiedono nuove competenze, culture e professioni praticamente sconosciute all’interno del settore pubblico. 16 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR La sfida della società dell’informazione per le pubbliche amministrazioni comincia con l’esigenza di attrarre capitale umano valido e di formare, grazie alle università, con percorsi non casuali, il proprio management. Pertanto, diventa quanto mai necessario un rapporto sinergico tra università/centri di formazione manageriale e pubbliche amministrazioni, che si colloca in un contesto in cui cambia il concetto di formazione e la collocazione della stessa nella vita lavorativa. La formazione non è un’esperienza occasionale, ma diventa la dimensione costante della vita lavorativa di un uomo. Si adeguano le metodologie: la formazione è sempre meno lezione d’aula a forte impianto teorico e sempre più scambio di esperienze e apprendimento sul campo. Per questo, il ruolo dell’università come centro di formazione per la dirigenza pubblica si misura non solo nella capacità di essere luogo di ricerca e innovazione ma, soprattutto, quale soggetto in grado di garantire in modo strutturale e sistematico la formazione iniziale, per l’accesso, e quella permanente. La riqualificazione del personale, infatti, non può avvenire più attraverso procedure di selezione apparente e di attività di formazione di bassa qualità, ma come leva strategica attraverso strutture qualificate che effettuino una formazione adeguata ai nuovi fabbisogni. Ulteriori aspetti, che pongono l’università/centri di formazione manageriali quali interlocutori strategicamente fondamentali per dare risposte ai nuovi fabbisogni di formazione della pubblica amministrazione, sono la forte territorialità e la capacità di innovazione e di aggiornamento delle materie e delle metodologie. L’importanza degli enti locali, alla luce del decentramento amministrativo e delle riforme del titolo V della Costituzione, costituiscono il presupposto per una cooperazione tra università e amministrazioni locali. Oggi, inoltre, è indispensabile porre l’accento su temi che vanno dalla gestione delle risorse finanziarie a quelli relativi alla gestione delle risorse umane, alla comunicazione e alle nuove tecnologie. Le metodologie, infine, dovranno essere diverse, frutto di una progettualità forte. In una pubblica amministrazione più attenta ai risultati, meno regolamentata dalle leggi e con maggior spazio alle capacità dirigenziali, sarà importante una formazione sul campo, effettuata sui casi concreti, sulle best practices e sui modelli degli altri paesi e degli altri settori. Il management delle pubbliche amministrazioni richiederà una formazione costante e avanzata, in grado di preparare dirigenti capaci di utilizzare le tecnologie informatiche, di fornire ai cittadini e alle imprese servizi innovativi, di applicare sistemi di controllo della qualità, di offrire al proprio personale carriere professionali “appetibili”, come quelle del settore privato. Allo stesso tempo, il management pubblico dovrà essere coinvolto nell’attività di ricerca e innovazione dell’università/centri di formazione manageriale, perché il continuo sviluppo delle metodologie e delle tecniche di gestione dovrà essere uno degli indicatori principali per misurare la qualità dell’azione della pubblica amministrazione. Il contratto d’incarico a tempo determinato, il sistema di valutazione, di modifica e revoca dell’incarico, richiedono una formazione costante e continua, per consentire al dirigente di cambiare frequentemente incarico e, allo stesso tempo, di non uscire dal “mercato del lavoro”. La creazione di un management by objective (MBO) costituisce certamente la sfida più importante della riforma della pubblica amministrazione e questo obiettivo richiede un ripensamento del rapporto con gli istituti di alta formazione, presenti all’interno di ASFOR, e lo svolgimento, da parte delle pubbliche amministrazioni, di un ruolo di committenza consapevole ed esigente, ancora mancante. Per questo occorre partire dal fabbisogno. - le metodologie di monitoraggio della qualità, per un’amministrazione meno attenta alla forma e molto più ai risultati e alla soddisfazione dei cittadini e delle imprese; - l’economia aziendale, per l’introduzione del controllo di gestione e la valutazione del personale e dei dirigenti; - la comunicazione, per rendere più trasparente l’azione amministrativa e per raggiungere i cittadini con informazioni utili; - l’information technology, per realizzare istituzioni più democratiche e più efficienti, capaci di erogare servizi prescindendo dal tempo e dallo spazio. Vi è, quindi, la necessità di rispondere alle nuove esigenze organizzative e alle nuove missioni con professionisti di comunicazione pubblica ed esperti in reti informatiche e siti web. Diventa, allora, importante l’esigenza di inserire figure professionali nuove, come quella del formatore e dell’esperto in gestione del personale, con competenze sociologiche e psicologiche e non più giuridiche. Il passo più importante dell’attuale fase della riforma deve essere quello di definire con attenzione i bisogni formativi e, in generale, le competenze per svolgere i nuovi compiti e, quindi, individuare le politiche di reclutamento e gestione delle risorse umane necessarie. La pubblica amministrazione, pertanto, deve cambiare radicalmente e conseguentemente anche come datore di lavoro: stipulare contratti privati; entrare nel mondo della formazione a distanza; iniziare, in modo significativo per i dirigenti, a legare parti della retribuzione ad una attenta valutazione dei risultati. Ed è in questo contesto di forte trasformazione che deve diventare anche più esigente: richiedere, quindi, personale con determinate competenze, altamente professionalizzato; tendere, quando la legge lo consente, a superare il concorso pubblico, rivelandosi questo lento e inadeguato per reperire determinate professionalità, o a ricorrere all’esternalizzazione dei servizi. Tutto questo, che è già una tendenza, troverà un’importante conferma e indirizzo strategico nella imminente direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica, Franco Frattini, sulla “formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni”, con la quale la pubblica amministrazione individua alcune linee guida per la gestione della formazione del proprio personale e la valorizzazione dello stesso. L’analisi dei fabbisogni e delle competenze esistenti, la predisposizione di piani di sviluppo, l’apertura al mercato privato della formazione, la verifica della qualità dei prodotti e il monitoraggio dei risultati delle attività formative sono solo alcuni dei passaggi più significativi che la direttiva delinea come modalità efficienti ed efficaci per la formazione del personale pubblico. Questi mutamenti dimostrano che le pubbliche amministrazioni si pongono il problema di diventare un datore di lavoro sempre più rigoroso, con l’auspicio che diventi un datore di lavoro eccellente. Per certi versi, si è consapevoli della necessità di dover superare alcuni meccanismi di adverse selection, per garantire alle pubbliche amministrazioni un accesso di personale qualificato e motivato. Su questo fronte, la formazione universitaria/manageriale per le “nuove” pubbliche amministrazioni può rivestire un ruolo strategico, sia per i contenuti sia per le metodologie impiegate, alla luce delle recenti riforme normative sui titoli universitari e della nascita di diversi corsi di laurea dedicati alla pubblica amministrazione. I sistemi di reclutamento e formazione stanno diventando, nella pubblica amministrazione, oggetto di analisi e riflessione, per questo si guarda con attenzione alle università, che assumono un ruolo decisivo nel formare e selezionare il capitale umano più qualificato. 17 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR Sempre di più la pubblica amministrazione si interroga sui propri fabbisogni formativi: informatici, manageriali, linguistici, etc. Il settore privato potrà contribuire a questo processo e potrà fornire prodotti formativi adeguati se saprà rispondere a questi bisogni. Cambia la P.A. e il suo modo di operare, cambia anche la P.A. come utente delle attività di formazione. La P.A. della riforma è - e dovrà essere sempre più - un datore di lavoro attento alla gestione e alla formazione delle risorse umane. Il ruolo delle Regioni per la costruzione di un Sistema formativo efficace immaginare un interscambio continuo fra manager pubblici e manager privati (con turn over sempre più frequenti) per valorizzare l’offerta di servizi agli utenti e la stessa qualità della formazione professionale. Dobbiamo liberare e promuovere le energie che sono già presenti nel Paese. Per far questo è necessario che si incentivi lo scambio di esperienze tra le aziende e le amministrazioni anche all’interno delle scuole. Le Regioni vogliono affrontare direttamente questi problemi. Lo stesso riassetto in senso federalista dello Stato - che con il Governo e il sistema delle Autonomie stiamo approntando e portando avanti - deve attivare questi processi di trasformazione profonda della nostra società. Sempre più la riforma del sistema dell’impiego e le strategie attive per l’occupazione passano proprio attraverso le nuove competenze acquisite dalle Regioni. E’ quindi auspicabile che la formazione manageriale possa trovare punti di riferimento stabile anche nelle scelte politiche dei singoli territori. E probabilmente per modernizzare bisogna partire proprio da qui, dai territori. Il salto di qualità indispensabile all’economia deve coniugarsi con le nuove capacità professionali sul territorio e con la flessibilità dell’economia. Di volta in volta dobbiamo quindi individuare e riconoscere tutti gli strumenti idonei alla formazione, come modello che ogni Regione poi sappia interpretare in modo da affrontare le Priorità poste dalla propria programmazione e dall’insieme dei propri interventi per lo sviluppo. Enzo Ghigo*, Presidente Regione Piemonte e Presidente della Conferenza delle Regioni La nuova competizione internazionale e la globalizzazione del mercato del lavoro richiede professionalità sempre più aggiornate e qualificate. Sulla qualità delle professioni si gioca, infatti, la partita più importante per sostenere la competizione del nostro sistema Paese. E’ in gioco la stessa nostra tenuta economica, il ruolo di primo piano e la credibilità del made in Italy in Europa e sui mercati internazionali. L’aggiornamento delle professioni passa innanzitutto attraverso la scuola e la formazione che devono essere il primo vero punto di aggancio con il mondo del lavoro e quindi con le aziende presenti nei territori. Si tratta di obiettivi primari che vanno affrontati con il passo giusto. L’obiettivo formativo di livello dei quadri manageriali deve quindi diventare traguardo prioritario delle azioni della Pubblica Amministrazione e del settore privato, partendo dalle esigenze della piccola e media impresa che rappresenta l’asse fondamentale della nostra economia. E di fronte ai cambiamenti strutturali che stiamo vivendo, dall’Euro all’informatizzazione di qualsiasi lavoro, si deve anche laurea, nel 1969, io mi sono trovato a Torino a fare la mia prima lezione da docente universitario. Questo ritorno a Torino avviene circa 3 mesi dopo aver cambiato mestiere. Per questa ragione, l’occasione mi consente di unire tutti e due i mestieri e le esperienze del passato. Perché posso dare un contributo di riflessione a questo vostro incontro sia come formatore, per il mestiere passato, sia come, in questo momento, attore di una politica decisionale per una politica di formazione. E, come sempre avviene nella vita, prima o poi si torna sul luogo del delitto. Torino, da questo punto di vista, è un po’ il luogo del delitto. Il ruolo della formazione manageriale per lo sviluppo del Paese: le proposte del Governo Mario Baldassarri, Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze Grazie per l’invito all’Asfor, anche per un motivo personale oltre che come membro del Governo in qualità di vice-Ministro dell’Economia e delle Finanze, perché 3 mesi dopo la mia prima *Il Presidente Enzo Ghigo impossibilitato a partecipare ai lavori causa inderogabili impegni istituzionali ha inviato questa nota che ben sintetizza il Suo pensiero 18 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR C’era un mio amico che pochi anni fa, a 42 anni, faceva il Presidente degli Stati Uniti, si chiamava Bill Clinton. Ma certamente nella formazione se facciamo una valutazione di questo tipo, tra i 35 e i 40 anni significa 30 anni di investimenti: le elementari, le medie, la scuola superiore, l’università, un po’ di formazione post-universitaria e quant’altro, 30 anni. Le decisioni che noi prendiamo, o che abbiamo preso negli anni 70, hanno prodotto i loro effetti negli anni 90 e in questi anni 2000 le decisioni che prendiamo oggi avranno effetti nei prossimi 20-25 anni. Certamente guardare all’esigenza dell’immediato, correre ai ripari, ma non dimenticare che siamo in un settore produttivo e con un prodotto che ha bisogno di questi orizzonti temporali, ha bisogno di tempo e non c’è niente di più time consuming di un processo di formazione. Poi possiamo fare anche i corsi di 3 giorni full time, ma francamente se non cadono su una base profonda e ampia, è difficile poi che questi mini-corsi di iper specializzazione possano dare frutti. Terza considerazione è che in questo settore ci troviamo in una condizione in cui è difficile stabilire il confine tra bene privato e bene pubblico, cioè il prodotto che esce da un processo di formazione. E’ bene privato, perché se uno si forma acquisisce capacità professionali, poi se le vende sul mercato. Ma se il sistema funziona, è un gigantesco bene pubblico, collettivo. E infatti non è facile vedere i confini delle responsabilità dello Stato nel mercato e nella formazione; e poiché questa ha una doppia caratteristica è fondamentale fare sinergia. La vecchia dicotomia dei decenni passati è distruttiva da questo punto di vista, perché un processo di formazione compiuto e continuo ha bisogno dello Stato e del mercato, perché ci sono elementi di bene privato ma anche di bene pubblico. Non dimentichiamo il balzo gigantesco fatto dall’Irlanda negli ultimi 10 anni in termini di economia, di reddito pro-capite; nel 1990 l’Irlanda aveva un reddito pro-capite pari al 70% della media europea, ed era un paese relativamente povero. L’anno scorso, il reddito pro-capite irlandese è balzato al 105% della media europea cioè in 10 anni l’Irlanda ha colmato il gap con l’Europa ed è andata un po’ sopra la media; negli stessi 10 anni il nostro sud è rimasto esattamente al 70%. Due aree, in termini più omogenei, due isole, l’Irlanda e la Sicilia, comparabili per territorio e per popolazione, anzi l’Irlanda ha 3 milioni e mezzo di abitanti, la Sicilia ha 5 milioni di abitanti, Dublino ha 700mila abitanti, Palermo ha 900mila abitanti. Circa 10 anni fa avevano più o meno la stessa condizione di partenza. Cosa è successo in questi 10 anni durante i quali un’isola ha avuto questa performance e un’altra no? Alla base di questo c’è stata una scelta politica importante: l’Irlanda ha deciso, non 10 anni fa, ma 15-20 anni fa, all’inizio degli anni 80, di investire pesantemente in capitale umano creando una generazione di irlandesi perfettamente bilingue, creando istituzioni scolastiche e universitarie che oggi attirano studenti dal resto d’Europa. Il college di Dublino vede oggi studenti europei, stranieri non irlandesi che vanno a fare master e dottorati. Io francamente non vedo tanti master o dottorati italiani frequentati da studenti europei e tanto meno da studenti americani, pubblici o privati. Ecco allora questi 3 pezzi messi insieme ci debbono portare alla naturale conclusione, cioè dobbiamo costruire una sinergia nella formazione come succede nel motore elettrico. In questo ci sono due calamite, se le teniamo troppo lontane non sentono il campo elettromagnetico. Sono un ragioniere e non capisco molto di fisica. Se le avviciniamo troppo si appiccicano, Io credo che sia opportuno ripartire da un paio di riflessioni che faceva l’Ing. Cantarella questa mattina in apertura. E cioè, noi veniamo da decenni nei quali la scuola da una parte, il mondo del lavoro e l’impresa dall’altra, non solo non si sono parlati, ma non si sono neanche guardati. E’ evidente che in entrambi i mondi c’era quasi una radicalizzazione ideologica al rovescio: il docente rifuggiva dall’essere manager e il manager rifuggiva dall’essere docente, quasi si incrociava l’insulto. Chiamare manager un docente era un insulto, e chiamare docente un manager poteva anche qui essere visto come un insulto. Dalla parte dei cosiddetti docenti del mondo della scuola, il manager era un cattivo; dalla parte dei manager il docente era un chiacchierone, quando andava bene. Queste sono le radici culturali e ideologiche dalle quali proveniamo. Ora il fatto che voi celebriate 30 anni di Asfor significa che qualcuno, al di là di questa pesante dicotomia, forse un po’ più lungimirante di altri, guardando un po’ più in là del palmo del naso, ha pensato già 30 anni fa che, invece, occorreva creare proprio una cerniera, una catena di trasmissione tra questi due mondi. E la seconda considerazione, che ricordava anche l’Ing. Cantarella, è che in realtà il manager deve essere studente e docente. E io credo che il docente debba essere anche lui studente e docente. Francamente, sono molto grato a tutti gli studenti che ho avuto occasione di incontrare a Torino, e poi a Milano, a Bologna e poi a Roma per tanti anni, perché mi hanno insegnato molto. Io spero di aver insegnato qualcosa anche a loro, ma io ho imparato molto di più di quello che riuscivo a insegnare. Credo che nella realtà dell’impresa l’essere manager forse cominci nel momento in cui si capisce che occorre insegnare ai collaboratori, ma occorre anche imparare molto dai collaboratori. Non c’è più l’idea dell’Archimede Pitagorico delle edizioni di Topolino di tanti anni fa, cioè l’isolato inventore. Ormai il mondo è un mondo di squadra, un mondo di équipe, sia nella scuola, nella formazione sia nell’impresa. Oramai vince la squadra, anche se avere dei campioni aiuta. Io purtroppo come interista, ne abbiamo tanti ma sono sempre rotti e quindi sono anni di sofferenza, ma pian piano vediamo di migliorare. C’è un punto però sul quale vale fare una meditazione sulla “formazione”, uno dei settori nei quali l’Italia è rimasta bloccata, ferma in una visione miope. Noi stiamo uscendo adesso, forse dopo 30 anni, da un periodo in cui nel nostro paese tutte le decisioni sono state decisioni di emergenza, prendendo in considerazione un orizzonte temporale di 3-6 mesi. Questo modo di agire si è manifestato di più nel campo della politica, della politica economica; e di più nel campo dei beni pubblici, infatti non ce li abbiamo. Le infrastrutture sono degradate. Questo è successo qualche volta anche in ambito aziendale: la contingenza mi spinge a tappare il buco che si apre, ma non a costruire le nuove macchine. Nella formazione noi siamo di fronte a un processo produttivo con orizzonti temporali lunghi, con un prodotto finale complicato e delicato. Nella formazione le decisioni producono effetti dopo 30 anni. Un manager bravo e giovane o un docente bravo e giovane nei “paesi normali” ha tra i 35-40 anni, da noi purtroppo la miopia collettiva ci porta a definire giovanotto una persona tra i 50-60 anni. Spesso me lo sento dire anch’io e devo ricordare che sono vicino ai 60 anni... 19 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR se si mettono in una posizione precisa parte il motore elettrico, i due campi non si respingono e non si attraggono, entrano in equilibrio e gira il motore, parte la macchina. Siamo un po’ in questa condizione, abbiamo “due calamite”. Ed è inutile che stiano lontane è anche inutile che stiano troppo vicine (dirò poi perché); è bene che stiano in una posizione in modo che reciprocamente facciano partire la macchina. Su questa base credo che occorra, proprio per questo motivo, fare sinergia, chiarire le responsabilità e i campi precisi di attribuzione dei compiti. La mia è una convinzione che ho maturato nel precedente “mestiere”, che sto cercando di trasferire al Governo soprattutto in sintonia e sinergia con il ministro per la scuola, la ricerca e la formazione, Letizia Moratti. Questo significa che il compito della scuola nel senso classico e tradizionale, è insegnare ad imparare agli studenti: una grande, seria, sana, ampia profonda formazione di base. E’ pericolosa la tentazione di pretendere che la scuola faccia le specializzazioni e faccia tutte le specializzazioni, per due motivi: - primo perché farle tutte significa farle quasi sempre male, - secondo perché le specializzazioni cambiano oggi ad una velocità talmente rapida per cui l’unico vero giocattolo da mettere in mano ai nostri ragazzi, e parlo della formazione di base fino all’università, è la macchina con la quale capire la realtà, insegnare ad imparare. Avendo sullo sfondo un messaggio che vale per tutti, anche per i più “anziani”, che nella vita non si finisce mai di imparare. Quindi ecco il secondo concetto, cioè grande formazione di base e specializzazione collegata alla formazione di base, che è possibile perché ho imparato ad imparare, ma formazione continua. Ecco l’idea: il manager che è docente ma è anche studente. Anche perché in tutti i mestieri ormai sta scomparendo (questa mattina è emerso in vari interventi) il concetto di lavoro dipendente. La parola “dipendente” sta scomparendo non nel lessico ma nella realtà perché anche il più umile dei mestieri di una volta, anche il più dicotomizzato pezzo di catena di montaggio di una volta, oggi non è più fatto con il concetto del dipendente, ma dentro il lavoro dipendente di fatto ci sono lavori autonomi. Cioè ognuno diventa un piccolo artigiano della propria scrivania o della propria macchina, e controlla molto di più - magari un pezzetto - quella parte di processo produttivo. E quindi se è così, è evidente che da questo “processo di formazione” emerge un enorme incremento di opportunità, perché di fronte ai cambiamenti ognuno di noi si trova a un bivio, il cambiamento può voler dire rischi o opportunità. Ma se io ho imparato ad imparare ho più opportunità che rischi. Se non ho imparato ad imparare sono più rischi che opportunità, e allora c’è la chiusura a riccio al nuovo, le chiusure corporative, i protezionismi ecc. Ulteriore riflessione è un altro antico concetto, e cioè noi siamo abituati a dire: “questo signore esce dalla scuola il venerdì all’una e ha finito la scuola; lunedì mattina alle 8 e 30 si presenti al lavoro”. In fondo abbiamo costruito tutto il nostro sistema come se fosse possibile chiudere l’esperienza formativa il venerdì, o il sabato, e aprire l’esperienza di lavoro il lunedì. Non abbiamo capito che per creare sinergia occorre un ammortizzatore, un accompagnatore, un periodo in cui l’elemento formativo e l’elemento lavoro, apprendimento sul lavoro stiano insieme, nello stesso luogo fisico con lo stesso tipo di approccio. La mia vecchia idea, che cerco di rilanciare ogni volta sul piano delle scelte politiche di Governo, e che a mio parere non costerebbe nulla – anche se qualcuno continua a spiegarmi che perderemmo gettito, che ci sarebbero buchi sul bilancio – è quella di dire: “poiché la disoccupazione italiana per 2/3 è disoccupazione di giovani donne, di gente che ha meno di 30 anni, allora c’è qualche messaggio da capire, cioè che il vero grande ostacolo è proprio il passaggio scuola lavoro”. Se questi devono aspettare 30 anni per entrare nel mercato del lavoro vuol dire che c’è qualcosa che non quadra, che non funziona. Allora non ci costerebbe nulla dire che i 2 anni successivi alla fine del processo scolastico (sarebbe anche un grande vantaggio) sono 2 anni di formazione nei quali incomincia il lavoro. E’ quindi inutile che lo Stato prelevi fisco e contributi sull’impresa che svolge questa funzione di assorbimento e formazione e sul giovane lavoratore che svolge questa funzione di apprendimento e avviamento al lavoro. Un paio d’anni in cui alla luce del sole, e non in nero come avviene oggi, (perché questa è l’altra ipocrisia). Si definiscano i primi 2 anni di lavoro dei giovani alla prima esperienza come “formazione lavoro”, in cui lo Stato deve dare il massimo di agevolazioni possibili, ma non perché vuol dare un sussidio, ma perché è lungimirante. Perché lo Stato deve capire che sta investendo sulla collettività con effetto 20-30 anni, e più facilitiamo questo passaggio e più otteniamo i risultati, che con grande sforzo abbiamo cercato di ottenere con 20 mila corsi di formazione professionale. Dobbiamo anche pensare ad una formazione sul campo di lavoro, e questo può valere per qualunque mestiere: il giovane laureato in giurisprudenza che va nello studio piuttosto che il meccanico che va a fare l’operaio specializzato in un’industria metalmeccanica. Capite che il mondo della scuola e il mondo dell’industria devono cambiare molto, da un punto di vista proprio di approccio. E infine l’ultima riflessione di carattere più generale, e poi ne farò qualcuna di più specifica. L’idea che sta emergendo sempre più è che occorre avere una professione, ma che attorno alla professione e alla professionalità queste migliorano se c’è un humus culturale che gli stia vicino. La formazione non può essere solo ed esclusivamente formazione tecnica professionale ma deve essere anche formazione di cittadino, di ambiente, sul territorio, meglio ancora di cittadino e ambiente. E’ un miglior tecnico colui che legge i giornali e capisce cosa avviene nel mondo esterno, anche nella realtà specifica del proprio reparto, della propria impresa o dei cancelli della propria fabbrica o del portone del proprio ufficio. Da questo punto di vista io credo che occorra sottolineare con chiarezza alcuni errori, che riletti attentamente non sono errori, ma mistificazioni e sperperi di risorse collettive. Ad esempio il caso chiaro della formazione professionale affidata alle Regioni. E’ avvenuto un po’ in tutta la scuola, avviene anche in alcune scuole di formazione e anche in alcune scuole di formazione manageriale, un travisamento del mercato che io, essendo economista, uso un po’ come cartina tornasole. Il mercato è fatto di domanda e offerta di beni o di servizi. Nella scuola spesso il prodotto vero è l’offerta non la soddisfazione della domanda. La funzione obiettivo vera non è soddisfare la domanda di formazione delle persone ma soddisfare, qualche volta, la domanda di occupazione o di sussidio degli offertisti. Ed è chiaro che nei corsi di formazione professionale delle Regioni in tante esperienze del passato, la logica, la funzione obiettivo di quei corsi non era formare i giovani ma dare uno stipendio ad alcuni docenti. Questo è stato vero anche negli altri tipi di scuola, ma molto di più in quella che abbiamo chiamato formazione professionale. 20 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR biennio, quinquennio, quello è già la cosa più ragionevole, viene letta in modo demagogico, corporativo da noi docenti, mi ci metto dentro ancora per un po’. Appena letta la riforma si è capito che potevano proliferare i corsi di laurea e le cattedre e quindi il problema non è più “quali studenti riuscirò ad attirare, ma quanti colleghi riuscirò a promuovere”. Questo è il consiglio di facoltà di tutta Italia, tutto sbandierato sotto una finta autonomia per cui c’è l’autonomia, però alla fine paga Pantalone perchè tanto se i soldi poi non ci sono qualcuno li mette. Se fosse vera l’autonomia, mi andrebbe pure bene. Sarebbe una selezione della razza un po’ perversa, che passerebbe attraverso una serie di errori giganteschi ma alla fine emergerebbero le 3 università italiane serie, benissimo. Ma non è neanche autonomia vera. In queste settimane, nelle difficoltà che potete immaginare entro le quali abbiamo dovuto costruire la legge finanziaria per il 2002 (dal tappare il buco sui conti pubblici, alla crisi economica determinata dagli attentati) con risorse che erano scarse prima figuriamoci adesso, ho sentito dire a qualcuno: “Avete tagliato le spese per la ricerca!”. Io sono favorevolissimo ad aumentare le spese per la ricerca e la formazione, per la scuola, per il capitale umano, però prima di tutto voglio capire dove vanno spese, come sono spese, come vengono dati i fondi di ricerca, e a chi vengono dati. Io posso esprimere la mia piccola esperienza di ricerca universitaria, poi non so gli altri fondi di ricerca come vengono assegnati, ma l’esperienza è questa. Ogni anno c’è un’assegnazione nella Facoltà, 3 miliardi. Quanti siamo? 120, bene 3 miliardi diviso 120. Questo è il criterio con il quale si assegnano i fondi di ricerca. Anni fa spostandomi da Bologna a Roma come sede universitaria, presentai a fine anno la relazione con le due pubblicazioni relative ai fondi di ricerca che mi erano stati dati 2 anni prima. L’ufficio di Ateneo mi telefonò allarmatissimo dicendo: professore, non ci mandi più le pubblicazioni intanto si ammucchiano qui, chi le legge? Rispondo: ma io sono obbligato a fare una pubblicazione finale. Sì, sì, ma faccia una paginetta. Allora prima di parlare di fondi di ricerca o di fondi per la formazione, che necessariamente debbono essere incrementati, chiediamo senza ipocrisia come sono utilizzati gli attuali fondi di ricerca per la scuola e per la formazione, anno dopo anno. Voi sapete tutti che il 98% della spesa scolastica italiana è fatta di salari e stipendi. Il 2% circa sono acquisti di beni e servizi e lo 0% sono investimenti. Tant’è che in molte scuole i genitori, giustamente, dicono dipingiamo con il volontariato i muri e le finestre. Da questo punto di vista credo che Asfor abbia questa grande sfida davanti a sé. Non solo i 30 anni passati, ma i prossimi anni per farsi promotore di una formazione, e formazione manageriale, di qualità che possa accettare la sfida del mercato e che possa guardare fino all’ultimo anello della catena di trasmissione, cioè risultati di inserimento effettivo al lavoro. E poi accetti la certificazione, ma questo ovviamente deve essere un controllore non controllato, questo fa parte delle sane regole. Un ultimo accenno sul Governo. Noi abbiamo fatto due cose molto specifiche, vi risparmio tutto il quadro macro-economico, la politica economica, le riforme del fisco, del mercato del lavoro e della previdenza. La prima, quella che abbiamo chiamato “l’inventore proprietario della propria invenzione”, mi pare che l’Ing. Cantarella la citava questa mattina. Questa è molto importante, non è stata molto discussa. Ma l’idea che chi inventa qualche cosa è proprietario almeno di un pezzo di ciò che ha inventato e può entrare in sinergia, riconoscendo all’istituzione pubblica una quota, perchè lui lì dentro ha lavorato, lì dentro ha avuto le strutture, il luogo dove ha potu- In qualche caso è stato vero anche per organizzazioni private il cui obiettivo era quello di ottenere i fondi europei avendo fatto sulla carta dei corsi di formazione. Questo va detto con chiarezza. Ed ecco che in mezzo a questa puntualizzazione e focalizzazione, che guardava ai 30 anni passati, invece vorrei chiudere guardando i 5-10 anni futuri. Qui credo che ci sia un perno fondamentale che è quello di una riforma seria della scuola cosiddetta pubblica, rispetto alla quale francamente la riforma dei cicli per le scuole medie inferiori e superiori e la riforma universitaria, dal mio punto di vista, è un rischio mortale, deleterio. Sulla riforma dei cicli non mi dilungo. Ma è evidente la pretesa di appiattire a 13 anni i corsi introducendo in questo modo né specializzazione né formazione di base, facendo finta di andare incontro alle esigenze del mercato, scimmiottando dopo 30 anni la scuola americana. Ora, però sta tornando pesantemente indietro, ed è stata rinsanguata, innestata da sangue straniero sulle fasce alte dei master e dei Ph.D perchè il resto del mondo va a Harvard, MTI, Stanford e quant’altro. Se confrontiamo l’high school americana con un sano liceo italiano, io il liceo italiano non lo cambierei neanche morto con una qualunque, anche buona, high school americana. Gli americani stanno tornando indietro. Io sono un filo americano, è la mia seconda patria, però non facciamo gli sciocchi. Ma non andiamo a copiare il peggio degli altri, quando poi gli altri stanno già tornando indietro, hanno già capito, perchè hanno pagato lo scotto; cioè il ritorno a questa missione di formazione di base della scuola primaria, secondaria e della prima fase universitaria, che dovrebbe insegnare ad imparare. Su questa base, sulla parte formazione, formazione professionale, io credo che occorra andare ad una forte, seria e radicale selezione della razza, delle scuole di formazione e delle scuole di formazione professionale. E la selezione della razza non può non coincidere con una verifica seria dei prodotti che escono e dei risultati che si ottengono cioè la certificazione di qualità di questi prodotti e di questi risultati. Ovviamente non una generica certificazione (tipo i cavi elettrici uno blu, uno giallo, uno marrone), ma vedere se quei 3 cavi elettrici vanno a confluire in una spina che si incastra bene sulla presa che sta sul muro, cioè quanti occupati una scuola di formazione genera nel tempo. Perché io posso fare pure formazione per disoccupati, posso avere tutta la qualità che voglio, ma la qualità non è un fatto astratto, va verificata sul prodotto finale. Il prodotto finale non è colui che esce dalla scuola di formazione, ma colui che entra sul mercato del lavoro, è lì che c’è il prodotto finito. Poi cambierà dopo 3 anni, farà un altro corso, ma la fine della catena è quella. E allora credo che ci sia un ruolo importante proprio per Asfor, essendo l’associazione delle Business Schol e Coorporate University, di proporsi come l’associazione dei formatori di qualità che non ha paura di mettersi sotto esame, al confronto, alla certificazione. E allora lì si risponde seriamente delle risorse pubbliche e delle risorse private; si risponde seriamente a quella persona che ha pagato il corso o a quella istituzione pubblica che magari ha dato la borsa di studio, il prestito d’onore. Queste sono forse le cose da copiare dagli americani piuttosto che le altre. Per fortuna il Ministro Letizia Moratti la “riforma dei cicli” l’ha un po’ fermata. La riforma universitaria attuale con questa confusione triennio, 21 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR to produrre queste ricerche, queste innovazioni tecnologiche e scientifiche. Ma il brevetto è suo e significa che la sinergia ricerca-mondo della produzione diventa proceduralmente molto più semplice, economicamente molto più attraente e quindi significa mettere dentro i gangli della ricerca pubblica motore potente di valorizzazione. Non dimentichiamoci che negli anni 50 abbiamo inventato il Moplen e avevamo un Nobel per la chimica che stava inventando nuovi materiali. Sono passati 40 anni. Siamo diventati improvvisamente cretini? Come mai? Avevamo avuto Marconi prima nelle telecomunicazioni, e poi la chimica, e poi Dulbecco, la sanità, la genetica, la bioingegneria. Questo è un elemento poco percepito ma secondo me può essere veramente una chiave importante. E l’altra, e chiudo con questo, è la Tremonti bis. Perchè nel farla, nel costruirla insieme a Tremonti (ovviamente il merito è suo, si chiama con il suo nome giustamente), ci siamo posti questo problema: la prima Tremonti era nata per sostenere gli investimenti fisici dentro alcune imprese. Abbiamo allargato il concetto di “investimento” non fermandoci più all’industria manifatturiera. L’investimento fisico o materiale può essere nel turismo, nell’agricoltura; lo Stato non descrive i settori, gioca sui fattori di produzione, ma non sceglie i settori, i settori li scelgono gli imprenditori e il mercato. Ma la cosa più importante sul piano qualitativo è che abbiamo aggiunto il “capitale umano”, abbiamo posto politicamente come scelta politica una Tremonti bis che incorpora non solo gli investimenti fisici o i materiali estesi a tutti i settori, ma che mette quell’altra gamba importante, fattore di produzione, il “capitale umano”, cioè la detraibilità delle spese per la formazione. Come politica di Governo abbiamo fatto questa scelta. Sta al mercato saperla valorizzare. Perchè posso detrarre una fattura di formazione? Ma io come Stato come Governo non saprò mai se quella fattura di formazione detratta così incentivata avrà prodotto l’effetto che tutti noi vogliamo. E non ho strumenti più di tanto per controllarli. Posso controllare attraverso la Guardia di Finanza la regolarità della fattura, ma non ho la faccia della persona che ha fatto quel corso di formazione. Ecco la sinergia anche qui nel controllare i risultati. La decisione politica apre opportunità, occorre che chi è più lungimirante e opera sul campo, massimizzi queste opportunità in positivo costringendo e impedendo che qualcun altro malauguratamente ne approfitti in negativo per fare il gioco delle solite carte come è avvenuto tante volte, come nel caso dei Fondi Europei. Ringrazio ancora di quest’occasione di ritorno a Torino, ma anche di quest’occasione di riflessione e di recepimento delle vostre indicazioni. Con questo messaggio che fra 10 anni, non dico fra 30, qualche pezzo di quello che si è discusso questa mattina, possa essere riscontrato nella realtà del nostro sistema formativo, nel nostro sistema di formazione manageriale, ma anche nella realtà economica e produttiva del nostro sistema. Con tanta gente che avrà fatto questo chiaro e necessario upgrading di qualità, a qualunque livello, può essere il meccanico, può essere l’Amministratore Delegato, può essere il responsabile vendite, può essere il sarto. Ma questo è il messaggio che io vedo molto palesemente, che quella rivoluzione che stiamo vivendo non è una rivoluzione di settore è globale, è trasversale, orizzontale; cioè ogni mestiere, ogni professione cambia ogni giorno qualunque sia la parte storica strutturale. Grazie Conclusioni • attribuire maggiore importanza alla misurabilità dei ritorni in termini di apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla quantificazione dei benefici economici; • utilizzare e integrare tra loro una pluralità di metodologie di apprendimento, per individuare nel dettaglio e costruire le competenze che i partecipanti, una volta tornati nel posto di lavoro, dovranno possedere; • costruire sistemi di misurazione per i risultati formativi; • collegare le competenze ai risultati di business o di servizio. Claudio Poli, Presidente ASFOR Come è stato ampiamente sottolineato nei precedenti interventi, la cultura manageriale in Italia deve ancora raggiungere un’adeguata maturità e diffusione. Asfor, i singoli soggetti della formazione, le imprese e le istituzioni, hanno compiuto e stanno compiendo notevoli passi avanti in una direzione che porta a un netto cambiamento di logica: Tutta l’azione di ASFOR, ma in particolare il nostro progetto di “Accreditamento dei MASTER” avviato nel ‘89 va in questa direzione: favorire la diffusione di quelle logiche e stimolare un processo continuo di miglioramento qualitativo, di autodisciplina e di maggiore trasparenza nel mercato della formazione manageriale. Noi intendiamo offrire il meglio alle aziende italiane e per questo cerchiamo di distinguere i Master che rispettano una significativa soglia di requisiti dalla miriade di programmi, spesso della durata di pochi giorni e con contenuti estremamente ridotti e specialistici, che pure sono presentati sul mercato con la denominazione MASTER. La nostra certificazione premia quei programmi che identificano progetti formativi solidi per contenuti, per impegno didattico del corpo docente coinvolto, per impegno organizzativo delle istituzioni che li realizzano, nonché per garanzie di continuità nel • la formazione diviene un processo che continua nel tempo con la crescita e l’evoluzione professionale degli individui e seguendo percorsi finalizzati allo sviluppo delle competenze; • la formazione è collegata a miglioramenti di performance misurabili, ad esempio, in termini di produttività; • la formazione è un investimento sociale finalizzato ad accrescere la competitività del sistema-Paese. Nel mio discorso di apertura ho detto che la svolta che si sta realizzando nel nostro settore è contrassegnata da alcune direttrici essenziali. I soggetti della formazione si stanno attrezzando per: 22 SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR • essere il più autorevole luogo di dibattito nazionale sui temi della formazione manageriale. Noi lavoreremo intensamente per trasformare questa vision in un traguardo da raggiungere. Ma, perché ciò sia realizzabile, vogliamo pensare di non essere soli. Chiediamo la collaborazione e il coinvolgimento di altri Attori, altrettanto importanti, e delle Istituzioni che governano i principali processi sociali. In quali direzioni? Ne cito alcune: • La prima è quella che porta a realizzare sinergie con il mondo accademico per attività di scambio, confronto e, laddove possibile, integrazione, su diversi terreni: - il mondo accademico sarà chiamato a realizzare attraverso i Master Universitari una nuova offerta formativa, che non dovrà essere un’ulteriore segmentazione dei percorsi tradizionali, che si integri con l’offerta già presente sul mercato. In particolare con i Master accreditati da ASFOR e utilizzando competenze e capacità formative presenti all’interno del sistema ASFOR; - un altro terreno comune può essere quello della certificazione di qualità, tema che la formazione privata affronta da tempo e su cui le università italiane iniziano ad affacciarsi adesso; - e ancora quello della certificazione dei percorsi formativi supportati dall’Information Tecnology, che dovranno sempre più rispondere a standard di qualità condivisi fra i diversi attori e facilmente rilevabili dai clienti; - un confronto diretto sui temi della riforma della pubblica amministrazione e sul ruolo strategico della formazione, che sarà sempre più realizzata con il contributo dei soggetti coinvolti (domanda) nell’ottica della progettazione congiunta. • La seconda va verso la costituzione di una tavola rotonda a livello europeo tra i soggetti che si occupano di formazione manageriale, che ogni anno faccia il punto della situazione, utilizzando le diverse esperienze a livello associativo europeo, come l’Efmd (European Foundation for Management Development) e l’ETDF (European Training and Development Federation). Ad integrazione di ciò, ASFOR intende lanciare: una ricerca finalizzata a presentare ogni anno un rapporto sullo stato dell’arte della formazione manageriale italiana, per colmare il vuoto di informazione che attualmente caratterizza il nostro settore, iniziando da una ricerca che evidenzi le attività svolte dagli associati ASFOR, che rappresentano una significativa parte del mondo dell’offerta formativa. Il 5 dicembre, o altra data nel mese, dovrà diventare la “Giornata della Formazione Manageriale italiana” con un confronto diretto e completo (con ricerche capaci di attivare un confronto su dati quantitativi/qualitativi) fra domanda e offerta di formazione, con il coinvolgimento delle Istituzioni pubbliche. • Il terzo filone è volto a curare il livello di qualificazione dei formatori che si occupano di formazione manageriale, che sempre più devono saper operare sul campo nelle diverse fasi del processo formativo, uscendo dai canoni della formazione tradizionale, nei quali il processo si apriva e si chiudeva in aula: - per ottenere questo risultato, Asfor sta progettando un programma “crash” di formazione per formatori aziendali, destinato a junior e a senior. E’ un progetto che consideriamo strategico e che presenteremo appena definito alle istituzioni competenti. tempo. La nostra certificazione vuole essere un punto di riferimento per la ricerca della ”qualità” nei programmi formativi, attraverso dei parametri che possono essere utilizzati come “indici di riferimento”, ma anche attraverso la verifica degli Enti erogatori che devono avere specifiche caratteristiche. Tutto questo ha una finalità ben precisa: che una formazione di alto livello, disponibile sia per i manager del settore privato che per quelli di tutti gli organismi pubblici, sia percepita e realizzata come un reale strumento per accrescere il peso competitivo dell’intero Paese. E’ ora di smettere di parlarne, lo stanno facendo tutti. E’ ora di mettere gambe a questi discorsi e fare cose concrete. Il primo banco di prova può essere il grande processo di trasformazione in atto all’interno della Pubblica Amministrazione. Cambiamento atteso e quanto mai necessario. Le Scuole di management, che hanno già accompagnato e favorito i cambiamenti organizzativi e culturali delle imprese private, oggi- insieme ad altre Istituzioni, alle Scuole Pubbliche e alle Amministrazioni Pubbliche- possono sviluppare interventi formativi capaci di introdurre una cultura complementare, quella manageriale- appunto- indispensabile per condurre in porto la modernizzazione e la de-burocratizzazione del servizio pubblico. Invito tutti a leggere il capitolo dedicato alle “attività per le PA dei Soci ASFOR” riportato all’interno della ”Rapporto Formazione per la PA 2000” pubblicato dal Dipartimento Funzione Pubblica, che contiene importanti indicazioni (quantitative/qualitative) su come questo processo, già attivato, si stia svolgendo. Per questi obiettivi è necessario che la formazione sia sostenuta anche a livello politico-istituzionale, per darle la dignità e la diffusione che le spettano non soltanto con le parole ma soprattutto con i fatti. L’input ci viene proprio dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che ha affermato qualche giorno fa (24.11.01: messaggio al presidente delle Acli) che “…la formazione è la strada giusta per raggiungere una cultura europea integrata, protagonista di un mondo senza frontiere”. La formazione diventa una precisa volontà per il futuro, un impegno che la Comunità Europea si assume ufficialmente attraverso le parole del Commissario Mario Monti nel suo intervento a Job Orienta (Verona- 24 novembre 2001) “Formare i cittadini vuol dire migliorare i livelli di occupazione, ridurre gli ostacoli sulla strada del progresso e limitare ogni possibile forma di esclusione sociale”. Il Commissario Monti ha insistito sugli impegni assunti dall’Unione proprio sulla formazione professionale degli Stati membri come via fondamentale alla competizione e allo sviluppo (rif.to alle azioni di sistema nella programmazione 20002006, interventi per la promozione della formazione continua). I recenti provvedimenti del Governo, citati anche dai relatori della tavola rotonda, manifestano come queste autorevolissime prese di posizione siano state seriamente tenute in conto. Le cose che abbiamo detto fin qui e che sono state sostenute così autorevolmente dai relatori che mi hanno preceduto debbono diventare le milestones (pietre miliari) del nostro cammino, del cammino che facciamo insieme, formatori e imprenditori, manager e amministratori. La mia vision - come presidente di ASFOR - riguardo al futuro della nostra associazione è questa: • rinforzare il proprio ruolo “civile” diventando un interlocutore accreditato delle Istituzioni e dei diversi attori sociali; • essere il punto di riferimento specialistico italiano per la comunità internazionale degli operatori della formazione e un ponte verso l’Europa; 23 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT tativi necessari a definire il profilo eccellente dei soggetti che si occupano di formazione manageriale. L’auspicio è dunque quello di ritrovarci il prossimo anno ancora più numerosi e convinti, a parlare di risultati raggiunti piuttosto che di progetti pensati, di obiettivi concreti piuttosto che di speranze anelate, di azioni che si stanno realizzando piuttosto che di modelli da realizzare. Infine un doveroso ringraziamento a tutti i Colleghi e a tutte le Istituzioni formative, ai nostri Soci, che in questi anni hanno contribuito a sviluppare e rafforzare la nostra Associazione credendo nella Sua mission. • Il quarto filone è la richiesta di integrare la legge Tremonti con agevolazioni fiscali anche per i singoli cittadini che vogliano consolidare la propria professionalità con attività di formazione, ad esempio defiscalizzando parte della spesa totale sostenuta per la formazione individuale. • La quinta direttice va verso l’istituzione di una sede permanente di confronto tra Asfor e le principali società di certificazione specializzate nell’assessment dei servizi di formazione. Associazioni professionali ed enti locali con lo scopo di stilare una sorta di “statuto professionale delle società di formazione”, un codice deontologico che indichi requisiti quali- Sezione 2 Contributi e spunti di riflessione dei Past President che, di piccole, medie e grandi dimensioni operanti nei diversi settori). In una seconda fase (negli anni ottanta e anni novanta), il contributo di ASFOR va identificato soprattutto nella azione di diffusione della cultura manageriale come componente della cultura moderna e non solo come un insieme di metodi e tecniche di “razionale” gestione. Il concetto di “razionale gestione” è stato peraltro decodificato in modi diversi nei vari periodi di questa lunga e turbolenta fase storica, che ha visto la caduta della divisione del mondo in due blocchi, l’impatto delle nuove tecnologie e l’affermarsi del processo di globalizzazione. Proprio in questi anni che stiamo vivendo, si è aperta per ASFOR la terza fase che riguarda soprattutto il proprio futuro che, a mio parere, si prospetta lungo tre linee guida: 1) realizzare concretamente, e non solo a parole e tramite documenti, il principio della formazione continua, il che potrà avvenire se il sistema ASFOR saprà collegarsi, coordinarsi e collaborare da un lato con quelle istituzioni della società che esprimono la domanda (mondo delle imprese, delle amministrazioni pubbliche, delle istituzioni e dei mercati finanziari, del settore non profit o dell’imprenditorialità nel sociale) e dall’altro con le altre istituzioni che governano l’offerta di formazione (mondo della Scuola e delle Università); 2) stimolare i propri Associati a diventare sempre più “generatori” di conoscenze, di competenze e abilità nel campo del management (generatori di cultura manageriale) e non semplici utilizzatori o diffusori di una cultura generata altrove, specie oltre Atlantico; 3) aiutare i propri Associati ad affrontare la sfida della competizione europea e mondiale, tramite la creazione di sinergie all’interno del Paese (tra i diversi attori che hanno un ruolo nel settore della formazione manageriale) e rendendo più forte la capacità competitiva verso l’esterno. Con la sua storia e con le persone che oggi lavorano in e per l’ASFOR è possibile affrontare queste sfide con la ragionevole certezza di ottenere buoni risultati, non dico vincere perché in una società dinamica le sfide sono continue, si rinnovano in ogni fase e non sono mai definitive. Il contributo alla Società di una Associazione delle Istituzioni di formazione manageriale Elio Borgonovi, Past Presidente Consigliere ASFOR, Direttore SDA Bocconi Ogni soggetto, fisico o giuridico, svolge una precisa funzione nella società. Così è stato, e sarà nel futuro anche per ASFOR, una Associazione di Scuole, Istituti e Centri di formazione manageriale, la cui azione e il cui peso sono tuttora fortemente influenzati dalle caratteristiche delle persone, a partire dalle segretarie che svolgono le attività giornaliere fondamentali perché sono quelle visibili dagli Associati e dagli interlocutori esterni, per proseguire con il Segretario che garantisce l’efficace ed efficiente applicazione della volontà degli Associati, espressa dall’Assemblea e dal Consiglio Direttivo, per finire (o per cominciare se si vuole cambiare prospettiva partendo dalle decisioni generali) con il Consiglio Direttivo e il Presidente che decidono su cosa l’Associazione deve fare (linee di indirizzo, scelte di strategia associativa, scelte rilevanti per il rapporto AssociazioneAssociati, ecc.) e come operare. ASFOR è stato uno degli attori fondamentali nella storia della formazione nel nostro Paese per i seguenti motivi, a volte visibili, a volte meno visibili, ma non per questo meno rilevanti. In una prima fase (anni settanta e prima metà anni ottanta) ASFOR ha compiuto un duro lavoro per legittimare nel nostro Paese la formazione manageriale differenziandola: - da un lato dalla formazione aziendale e dall’amministrazione (gestione, organizzazione e rilevazione) di tipo accademico, troppo teorica e orientata a sviluppare capacità di analisi più che competenze o capacità di “problem solving”; - dall’altro dalla formazione tecnica e professionale che spesso si è limitata allo sviluppo di conoscenze di strumenti e di competenze/abilità nel loro insieme, ma non si è preoccupata di indagare continuamente l’impatto complessivo sul funzionamento delle aziende di qualsiasi specie (private e pubbli- 24 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT In primo luogo si richiede di comprendere i punti di equilibrio della parte o del tutto di cui si ha la responsabilità. Comprendere i punti di equilibrio – qualora si tratti di imprese che operano sui mercati in condizioni di concorrenza – significa comprendere le logiche che presiedono al funzionamento dei mercati di riferimento che possono essere: quello dei prodotti, per l’uomo del commerciale e del marketing, quello degli approvvigionamenti per quello degli acquisti, quello del mercato del lavoro per il responsabile del personale, quello dei capitali per l’addetto alla finanza. Per chi è al vertice dell’impresa o del business si richiede qualche cosa di più: una visione sistemica delle relazioni fra tutti questi mercati, posto che l’impresa riesca a realizzare il proprio equilibrio (e quindi la propria prosperità) solo se trova un raccordo ottimale rispetto all’insieme dei mercati con i quali deve confrontarsi. La capacità di leggere i mercati, di interpretarne la dinamica e le prospettive, di dedurne le forme di interazione migliori è una componente importante della formazione manageriale e non si esaurisce nel semplice dominio degli strumenti. Richiede conoscenze, capacità di osservazione, attitudine ad osservare cause ed effetti, perfino sensibilità plastiche, come quando un manager deve scommettere sulla elasticità della domanda al prezzo. Chi deve guidare l’impresa nel suo insieme, pur contando sul contributo dei vari manager funzionali per presidiare il posizionamento sui vari mercati di rifornimento dei fattori o di sbocco del prodotto deve aggiungere ai requisiti suddetti una capacità di percezione dell’equilibrio di sistema che è cosa ancora diversa e di più difficile maturazione: la ponderazione dei costi-benefici che scaturiscono dal modo di porsi verso i singoli mercati di riferimento con il relativo effetto sulla scala dei costi, su quella dei ricavi, su quella delle entrate e su quella delle uscite. Ma non solo. Oltre a cogliere se il posizionamento scelto nei confronti dei vari mercati consenta di raggiungere l’equilibrio economico e finanziario, chi sta al vertice deve valutare se quelle scelte consentano di raccordarsi correttamente rispetto alle dinamiche che caratterizzano ciascuno dei mercati in questione. Il know-how, la capacità o anche la sensibilità che sono necessari per svolgere queste funzioni sono una parte fondamentale della formazione manageriale. E, come traspare perfino da questi brevi cenni, non si innesta in una persona con una lezione ex cattedra, con delle semplici sessioni di addestramento o con la sola formazione sul campo. La complessità delle capacità da sviluppare pone una sfida alla impostazione ed alla organizzazione del processo formativo che diventa una parte del mestiere del docente di management. In parallelo a queste capacità cognitive chi svolge un lavoro manageriale deve sviluppare anche un set di competenze organizzative, posto che, a differenza del tecnico, egli opera attraverso e con le persone. Ed anche qui si apre un fronte ampio di conoscenze e di skills che dovrebbero essere nel patrimonio di chi aspira a svolgere questo lavoro. La conoscenza dei comportamenti organizzativi tipici, la capacità di interpretare i bisogni delle persone, l’abilità nel coinvolgerle nel lavoro collettivo sono requisiti di fondo di chi fa management. La formazione manageriale deve farsi carico di sviluppare anche questa componente. Anche in questo caso, lo sviluppo di queste conoscenze e di queste capacità passa attraverso processi difficili e delicati che spesso stridono con il concetto di formazione d’aula, presupponendo invece una forma di sperimentazione in proprio, sia pure accompagnata. Chi si occupa di formazione manageriale sa bene quanti sforzi, quanti tentativi ed anche quanti fallimenti vi sono stati La formazione manageriale fra Scilla e Cariddi Claudio Dematté, Past President ASFOR, Presidente SDA Bocconi Sono passati anni da quando ho cominciato ad occuparmi di formazione manageriale. Troppi anni.. Da allora qualche passo in avanti si è fatto. Ma quanti scacchi subiti! Quanti ritardi nel riconoscere il ruolo cruciale di questa attività nel funzionamento di una società moderna! Quante resistenze e quanto sottovalutazione lungo la strada! Di un punto solo mi occuperò in questa breve nota: del rischio sempre presente che la formazione manageriale scivoli alternativamente o nel mero addestramento, per di più di importazione, (Scilla) o nella pura teorizzazione astratta e de-contestualizzata (Cariddi). Un rischio presente da sempre. Perché allora riprenderlo oggi? Perché è e rimane la singola maggiore minaccia interna alla credibilità di questa attività. Ragionare sul rapporto fra addestramento e formazione è questione assai delicata. Si rischia, anche non volendolo, di stabilire una graduatoria di qualità, degradando la prima attività ed innalzando la seconda, mentre sono entrambe necessarie ed importanti. Al tempo stesso il confronto è strumentalmente utile per chiarire i contenuti dell’una e dell’altra attività e quindi i rispettivi ruoli. Come indica l’etimo stesso, l’addestramento è un processo attraverso il quale si abitua una persona ad usare con destrezza uno strumento. In qualsiasi professione questo è un passaggio necessario ed importante. Lo è per un falegname, per un pilota, per un medico e lo è anche per uno che deve governare un’impresa o una parte di essa. La capacità di usare con destrezza gli strumenti della contabilità, dell’analisi di bilancio, della programmazione della produzione, dell’analisi del cash flow, della selezione del personale è una componente essenziale e non eludibile nella professione manageriale. Lo snobismo di taluni cultori delle discipline manageriali verso questo aspetto del mestiere è mal posto. Nessuno di noi si farebbe operare da un chirurgo di grande intelligenza e di grandi vedute che non abbia anche il dominio nell’uso degli strumenti con i quali deve – individuato il problema – operare. Riconoscere l’importanza fondamentale di questa componente del mestiere non significa affatto – come fanno taluni – ritenere che essa basti ed avanzi. Per avere una vera, autentica, formazione manageriale occorre dell’altro. Altrimenti si ha un tecnico, magari ottimo, ma non un manager; meno che meno un leader; certamente non un manager imprenditore. E’ la definizione di questo qualche cosa in più quello che determina il passaggio dall’addestramento alla formazione, non solo nel campo manageriale, ma in tutti i settori. Per comprendere in che cosa consiste questo qualche cosa di più occorre osservare e ri-osservare con molta cura e con molta ricerca l’essenza del lavoro di chi ha la responsabilità di guidare e di governare un’organizzazione o una sua parte. Si scopre così che vi sono una varietà di ruoli e di compiti, spesso molto diversi l’uno dall’altro, sia salendo i gradini della gerarchia sia spostandosi orizzontalmente fra gli stessi. Ruoli e compiti diversi che comportano non solo l’uso di differenti strumenti di analisi, ma anche campi di osservazione diversi, dotati di morfologie e di logiche differenti. Ma, pur con tutta la diversità che risalta, si trova che il lavoro manageriale, ed a maggior ragione quello imprenditoriale e di leadership presuppone il possesso di alcune conoscenze e di alcune capacità che vanno al di là ed oltre il dominio degli strumenti del mestiere. 25 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT nel tentativo di trovare il modo di fare maturare nelle persone questo tipo di capacità. Vi sono infine una serie di altri elementi che confluiscono nella personalità dei manager e dei leader efficaci: elementi più attinenti alla gestione del proprio equilibrio interno, al governo delle ansie di fronte alle decisioni ed alle tensioni che sono consustanziali con l’attività manageriale, alla preservazione degli spazi di vita personale e familiare. Quanto detto è sufficiente – credo – ad illustrare quanto ampio e difficile sia il terreno sul quale occorre lavorare per formare un buon manager. Il susseguirsi di mode ha di volta in volta fatto credere che la priorità fosse la capacità di usare gli strumenti di management, ovvero la formazione economica, oppure quella meramente organizzativa o comportamentale, mentre la vera formazione manageriale è l’intreccio intelligente di tutte queste componenti. Deleterie sono, non solo le posizioni di chi identifica questo tipo di formazione con la mera pratica degli strumenti di management, ma anche quella di chi, cogliendo l’essenza del lavoro manageriale nelle altre componenti, le reputa trasmissibili con la semplice comunicazione di dotte ricerche o peggio ancora – come è diventata tendenza recente – con rigorose analisi quantitative che per trovare relazioni fra fenomeno complessi li semplificano fino a renderli irriconoscibili rispetto alla realtà. L’oscillazione fra Scilla e Cariddi rispecchia la complessità del fenomeno che induce chi a vedere un aspetto chi un altro e ad eleggerlo come il caposaldo ed il centro. Ma privilegiare l’uno e trascurare l’altro priva la formazione manageriale della sua proprietà più specifica: quella di essere un insieme armonico di conoscenze e di capacità per la cui maturazione sono necessari processi altrettanto complessi quanto quelli dei fenomeni al cui governo essa si dedica. ASFOR un costante impegno per una formazione manageriale seria: ricerca e sperimentazione gestire al giorno d’oggi. In tutte le aziende i dirigenti sono molto pressati dal lavoro, accorciare i tempi d’altra parte rischia di vanificare l’obiettivo primario e può tradursi in un “bignamino” dell’attività manageriale con corsi svolti da più parti che sono nel migliore dei casi dei meri distributori di conoscenza. Leggevo in questi giorni un discorso sulla formazione delle piccole e medie imprese e i dati sono sconfortanti. Negli anni ‘992000 il 61,3% delle imprese piccole e medie non ha realizzato alcuna attività formativa. Il numero delle aziende che non ha realizzato formazione è salito nel 2000 sensibilmente rispetto all’anno precedente. Un dato che preoccupa è che cosa si intende fare nel biennio 2000-02 e salta agli occhi il primo dato, il 58,7% non intende fare formazione, il 34,1% pensa di fare formazione di tipo tecnico e la formazione di tipo manageriale riscuote un magrissimo 1%. Non ho i dati per le medie e grandi aziende, ma dal mio osservatorio e mi auguro di sbagliare la formazione manageriale, intendo quella seria, subisce delle restrizioni dal tempo che viene richiesto e dall’ordine di grandezza dei costi, e noi tutti sappiamo benissimo come “attuare della formazione manageriale seria” ha un costo elevato e quindi anche il prezzo risulta alto. Certamente ancora oggi rimane un certa riluttanza ad avvalersi di programmi di formazione manageriale. Allora il secondo problema è quello di favorire la formazione manageriale. Al di là del possibile riconoscimento di sgravi fiscali io auspico che l’Asfor riesca a farsi finanziare per i propri associati 2 cose: a - una seria ricerca a oggi sui risultati della formazione manageriale come quella fatta a suo tempo da Martin De Wilmars o la grande ricerca effettuata da Harvard (ma mi riferisco a 30 anni fa). b - la seconda è invece il finanziare investimenti sperimentali sulla formazione manageriale, questo ritengo sia una delle chiavi per tornare a dare più vitalità al settore. Dobbiamo sperimentare formule nuove sia sul piano dei contenuti che su quello dei metodi per aumentare il loro tasso di innovazione. Ricordo solo per brevità la trentennale disputa se l’obiettivo dei corsi di formazione sia migliorare le conoscenze, acquisire delle competenze o apprendere delle metodologie. Io feci l’Ipsoa a Torino 30 anni fa e per contenuti, metodi e attenzione all’apprendimento il mio programma, che veniva gestito Gianfranco Gambigliani, Past President ASFOR Sono passati molti anni, credo circa 20 da quanto ho avuto l’onore e il piacere di essere Presidente dell’Asfor. Era l’amaro periodo del terrorismo e il mio predecessore l’Ing. Giacomazzi aveva appena subìto come Presidente Asfor un attentato nel quale era stato ferito ad una gamba. Ricordo che l’atmosfera era cupa e per qualche sconosciuta ragione i terroristi ce l’avevano in modo particolare con la formazione. Qui a Torino infatti Prima Linea aveva sparato a 5 degli assistenti della Scuola di Amministrazione Aziendale, di cui 3 sono poi diventati nostri dipendenti; hanno anche minacciato i giovani studenti che se non fossero rimasti a casa dal giorno dopo, la prossima volta avrebbero sparato anche a loro. Avevo ereditato anche una segreteria il cui unico scopo era quello di ostacolare la presidenza. Questo è il quadro in cui si è svolta la mia presidenza. Molto tempo è passato ma alcuni problemi sono ancora vivi, e ne vanno perseguite le soluzioni. 1 - l’Asfor a mio parere deve sempre di più essere interlocutore vivace del potere politico e di altri poteri forti, Confindustria, associazioni ecc., per poter favorire l’attività di formazione manageriale nei suoi differenti aspetti, dai master ai programmi per Direttori. Quando si parla infatti di formazione manageriale, si parla di parecchie cose diverse: dai Master in Business Administration a quelli specialistici, dai corsi per migliorare le competenze a quelli per ottenere dei mutamenti nei comportamenti e tante altre cose che voi ben sapete. L’Asfor è composta da diversi tipi di soci che sono istituzioni e che spesso hanno obiettivi non identici, ma bisogna potere cogliere gli aspetti comuni nelle differenti modalità. 2 - Vi è poi un problema che si è fatto serio della contraddizione fra la necessità che una reale formazione abbia luogo e la necessità di utilizzare tempi lunghi che però sono molto difficili da 26 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT solamente da professori americani per tutti i 9 mesi del corso, era estremamente innovativo (forse troppo) per l’ambiente in cui noi ex-allievi ci siamo poi trovati a operare. Mi auguro che quelli di oggi, e soprattutto quelli di domani, siano altrettanto atti ad affrontare i problemi che si presenteranno. Finanziando sperimentazioni di programmi che possono verificare i risultati ottenibili con un mix diverso, e con l’obiettivo di essere elemento di trazione della realtà manageriale (senza fuggire nell’utopia) e ciò al di fuori dei vincoli fiscali economici; questo consentirebbe di riportare la formazione manageriale a una maggiore accettazione da parte dei clienti senza per altro rinunciare agli obiettivi di efficacia che da sempre abbiamo dovuto porci. Perché tutti noi che insegniamo, e questo è abbastanza recente, sappiamo che nella gestione manageriale l’importante è sempre tenere come obiettivo non solo la soddisfazione del cliente che partecipa, ma anche il risultato di utilità che il partecipante a un programma di formazione manageriale dovrebbe diffondere ai futuri utenti. Anche in USA i corsi per manager presso le università sono in una certa crisi, causata dagli stessi motivi proprio come in Italia, e dalla terribile concorrenza che le 2000 Corporate University attuano anche nel fare programmi più aderenti alle esigenze delle aziende. 3 - Il terzo punto che vorrei sottolineare è quello di una più sistematica preparazione dei docenti nelle capacità didattiche sul come organizzare l’apprendimento e non solo fare una lezione e discutere dei casi; questo comporta un’attenzione particolare e modifica il ruolo del docente in quello di un professional più attento al processo di apprendimento e ai metodi per ottenere i reali risultati e non lo show in classe. In questo quadro potrebbe inoltre essere molto interessante un approccio concreto attraverso pratiche sperimentali anche per la formazione dei dirigenti/docenti, che sono spesso depositari dei contenuti ma non hanno per lo più, ne possono avere una reale competenza nel processo di ottenere apprendimento. Ricordi e brevi riflessioni sulla formazione manageriale dire se si trattò di una non sufficiente sensibilità delle imprese al tema, allora emergente, sulla incapacità di comprendere la differenza tra un corso di general management ed uno di management della tecnologia, sulla incapacità a comunicarla, o se il programma non fosse sufficientemente differenziato. Verso la fine degli anni 70 nacque a Milano il MIP (allora Master in Ingegneria della Produzione) su iniziativa del Prof. Brandolese, del compianto Prof. Turco e mia; iniziativa che in seguito vide una partecipazione più consistente del corpo docente del Politecnico e che sfociò, alcuni anni dopo, nel Master in gestione di impresa accompagnato successivamente da una ampia serie di iniziative. Nei primi anni di vita di questi Master il rapporto privilegiato si svolgeva lungo l’asse istituzione-impresa, anche in relazione al fatto che, salvo rari casi, l’attività di formazione svolta direttamente dalle grandi imprese si andava via via contraendo, preferendo avvalersi di istituzioni esterne. Con il passar del tempo, l’offerta dei Master, pur avendo subito alti e bassi, si è fortemente dilatata, con la conseguente necessità di regolamentare l’impiego di nomi per creare la massima trasparenza. In questo senso, il ruolo dell’Associazione è stato ed è cruciale. Tuttavia, il termine Master, non essendo protetto, è stato in certi momenti sottoposto ad un impiego incontrollato, ingenerando talvolta confusione nel “consumatore”, e deteriorandone l’immagine originaria. Oggi, l’ampiezza dell’offerta (vedi Figura 1) non mi consente di spaziare. Mi limiterò a fare qualche riflessione, che spero interessi il lettore, su alcune categorie. Nel caso degli MBA, corsi “classici” caratterizzati da lunga durata, la concorrenza trascende i confini del nostro Paese. L’attrazione per omologhi corsi all’estero resta sempre notevole per gli allievi che possono permettersi l’investimento, perché nell’immaginario collettivo la “autentica” cultura manageriale è di radice anglosassone. Così, la risposta del nostro sistema compe- 4 – L’Asfor potrebbe farsi promotore di un centro di management che tenti ancora una volta di imporsi ed essere sostegno delle aziende medie e medio-piccole che - anche se non possono permettersi corsi riservati ai loro collaboratori - vogliono far partecipare dei numeri significativi di loro collaboratori a un programma interfunzionale e intersocietario; in modo da poter raggiungere anch’essi una massa critica di persone aggiornate, in grado di favorire e attuare i cambiamenti sempre più necessari che ci stanno di fronte. Franco Giacomazzi, Past President ASFOR, Politecnico di Milano L’inizio della formazione manageriale nel nostro Paese credo possa collocarsi verso la metà degli anni sessanta, attraverso una azione di sensibilizzazione sostenuta da grandi imprese e ad esse prevalentemente rivolta, con il coinvolgimento di qualche università. Ricordiamo che in quegli anni la sensibilità per le discipline manageriali, nel “taglio” di oggi, era globalmente modesta: le facoltà di Ingegneria, tanto per ricordare un esempio, proponevano timidamente una o due materie “gestionali”(nel linguaggio di oggi) inserita nei corsi di laurea tradizionali. Negli anni immediatamente successivi, alcune grandi imprese si dotarono di “ricche” e corpose strutture di formazione, che operavano sia con l’impiego di forze esterne che autonomamente. C’era forte volontà, determinazione e capacità di investimento. Ricordo, non senza una punta di nostalgia, la scuola Montedison di Angera, che mi vide coinvolto direttamente, e quella di Marentino, poi guidata dal mio vecchio amico Gambigliani. L’Asfor, costituita inizialmente da un limitato numero di associati, si andava via via allargando, e nel periodo in cui io tenni la presidenza contava già una ventina di soci. Quelli erano tempi per così dire eroici: il tema principale era lo scambio intenso di esperienze, l’impostazione dei programmi, la loro natura, la formazione dei docenti, l’apprendimento, la ricerca e lo sviluppo di casi. Ci fu anche una iniziativa sfortunata, della quale mi dispiacio ancora: la scuola internazionale di management della tecnologia, presso l’ex collegio delle Stelline, a Milano, appositamente e doviziosamente ristrutturato. E’ difficile, a distanza di tempo, risalire con precisione alle cause di quel fallimento: non saprei 27 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE Figura 1 In relazione alla fonte di finanziamento PAST PRESIDENT allievo) nel senso che si è venuto rafforzando il raccordo istituzione-individuo, mentre tra individuo e impresa si determina talvolta addirittura contrapposizione (l’allievo chiede aspettativa ed alla fine si dimette; si dimette all’inizio del corso; si iscrive al “serale” per non turbare l’equilibrio al posto di lavoro,…). Di certo, le imprese hanno, credo, oggi minore disponibilità a rinunciare ai collaboratori di alto potenziale per tempi lunghi. L’evoluzione di cui ho parlato può schematizzarsi così (figura 2): Ritengo necessario recuperare questo rapporto indebolito. Ciò è possibile, e si sta facendo, sia attraverso il meccanismo dei consorzi e delle associazioni, sia inventando formule che migliorino il coinvolgimento dell’impresa cercando di stimolarne l’interesse di breve piuttosto che di lungo. Tanto per esemplificare, il MIP, in collaborazione con Assolombarda, ha attivato un progetto “semicustom”, nel quale ad uno zoccolo comune di base si affianca un project work in azienda in modo da focalizzare l’interesse di quest’ultima su temi per essa rilevanti, in modo tale che l’allievo possa essere anche valutato direttamente.. Lo zoccolo, poi, è distribuito su un arco temporale lungo, gestito attraverso il meccanismo dei crediti con possibilità di conseguire un titolo, in modo da limitare l’impegno dell’allievo a vantaggio dell’azienda, mentre il project work è fortemente supportato da tutor aziendali. Sulla didattica ed i contenuti: la didattica di fondo e lo stile di education non è sensibilmente mutato nel tempo (didattica per casi, per animazione, per discussione, impiego di project work). Sono invece migliorati i supporti, ora di aspetto più accattivante. I contenuti, ovviamente, hanno subito l’evoluzione che è loro propria, con una modifica della piattaforma di conoscenze già acquisite e con l’inserimento di tematiche nuove, come ad es. quelle legate all’ambiente. Ma l’aspetto più importante sta nel riconoscere il fatto che, essendo oggi le persone più informate e più esigenti ed il mondo più interconnesso, si impongono sempre più preoccupazioni e criteri “didattici” non soltanto economici o tecnici, ma anche sociologici e politici, il che richiede maggiormente un orientamento sistemico, che metta in luce le connessioni e sottolinei i raccordi. Fattore di successo, comunque, resta la validità e il commitment del docente, la numerosità della classe e la sua motivazione; e per realizzare quest’ultima, ritengo che il corso a pagamento o con borse di studio concesse da enti/società che manifestano interesse forte e lo trasmettono agli allievi sia un elemento di grande rilevanza. I corsi gratuiti finanziati da enti lontani dall’allievo segnalano situazioni frequenti in cui questi inizialmente accetta ma sovente partecipa poco o si ritira “in corso d’opera” in quanto l’iniziativa è spesso vissuta come area di parcheggio. L’onere finanziario rende lo studente esigente: egli si aspetta attenzione e qualità. Un aspetto non ancora del tutto risolto, invece, riguarda la notevole frammentazione della docenza, considerata dai più fatto inevitabile, ma di certo non favorevole, che rende meno facile la valutazione e il coordinamento. E’ questa la differenza con le grandi scuole? Che succederà nel prossimo futuro con i Master universitari di recente istituzione? Credo che per quelli consolidati cambierà poco, ma il rischio è una proliferazione di corsi a partecipazione gratuita, che presentano i problemi citati sopra i quali, se dovessero svilupparsi in modo significativo, potrebbero compromettere l’immagine istituzionale del Master. Ritengo debbano trovarsi soluzioni atte ad assicurare una partecipazione effettiva e duratura. Un accenno merita l’e-Learning sul cui, per la formazione manageriale, esprimo perplessità, in quanto l’education manageriale non può prescindere dall’interazione sociale, che ne è il collante. • Corsi venduti sul mercato libero • Corsi finanziati da istituzioni pubbliche • Corsi captive La prima categoria si rivolge a clienti paganti (sia direttamente che attraverso imprese) Le attività finanziate da Enti Pubblici ricevono fondi dal Fondo Sociale Europeo, dalle regioni, ecc. La terza categoria riguarda le attività formative svolte da imprese (grandi)a favore di loro dipendenti La classificazione ha senso ha riflessi sul target e la motivazione dell’allievo In relazione alla ampiezza (scope) DEI • Corsi MBA, di lunga durata e ad ampio spettro • Corsi di general management focalizzati su un settore • Corsi funzionali/specialistici Figura 2 titivo si svolge su due piani: mantenere alta la qualità e attivare corsi in lingua inglese nel tentativo di attrarre studenti stranieri, che apprezzino anche il nostro Paese in quanto tale, cioè lo stile di vita ed i tesori d’arte e di paesaggio. Recentemente, sono stati proposti corsi di general management dedicati a settori specifici (ad. es. Il settore delle utilities): hanno riscosso un buon successo, mediamente superiore, a mio parere, a quello dei corsi funzionali. Ciò significa che la domanda privilegia una visione di insieme multidisciplinare piuttosto che la specializzazione rigorosamente “verticale”. Il nuovo assetto che si è venuto a creare (formazione istituzionale erogata all’esterno dell’impresa) ha modificato, per quanto riguarda gli MBA, il rapporto tra gli attori (istituzione-impresa- 28 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT Non si può essere manager senza capacità di comunicare. L’e-Learning ha invece una notevole utilità per gli aspetti puramente nozionistici, per i quali il lavoro personale senza interazione è valido, in preparazione a un confronto collettivo con il docente ed i colleghi. E’ anche possibile personalizzare i contenuti di cui un singolo od un gruppo omogeneo ha bisogno; ma in tale caso necessita conoscerne il profilo specifico, per cui la cosa è più adatta a popolazioni all’interno di imprese e, di fatto, grandi imprese. Da non sottovalutare, poi, l’elevato investimento necessario, salvo i casi di semplice ripresa televisiva (che poi non è vero e proprio e-learning) di lezioni cattedratiche, che possono avere la loro validità in adatto contesto. Per concludere, è un utile strumento coniugabile in varie forme, da adattarsi alle singole situazioni di apprendimento non isolate. Qualche considerazione conclusiva: • la formazione è in crescita e continuerà a crescere, perché la risorsa umana è, in fondo, l’unica vera risorsa e fattore di successo se ben preparata; • si assiste ad un risveglio delle PMI, la cui attenzione si sta orientando verso gli aspetti gestionali e manageriali e non solo specialistici; • sono auspicabili maggiori investimenti in ricerca e la presenza nelle nostre faculties di docenti provenienti da altre nazioni: di certo, altrove, una faculty internazionale è fattore di prestigio, successo, sviluppo culturale, anche se ciò si scontra con un male tipicamente italiano: la scarsa conoscenza delle lingue. Il ruolo della formazione manageriale nel settore del credito Montecatini, Bordighera e Ischia) diretti al personale direttivo della quattro banche, sulle tematiche della formazione manageriale: il sistema informativo direzionale, la programmazione delle risorse umane, il controllo di gestione, il rapporto banca-impresa, metodi manageriali per la direzione della filiali delle aziende di credito. I temi trattati in questi seminari venivano successivamente trasferiti ai ruoli “chiave” delle strutture centrali e periferiche delle banche in discorso. E’ appena il caso di ricordare che in quel periodo (verso la fine degli anni settanta), le banche fissavano ancora i prezzi dei loro prodotti senza conoscere i rispettivi costi unitari e ciò era possibile perché operavano in un regime di oligopolio protetto e il margine operativo era tale che i ricavi complessivi coprivano facilmente i costi. Alcuni anni dopo, però, l’attività di gestione delle aziende di credito diventò molto più complessa e per fronteggiare le crescenti difficoltà cui andava incontro il processo decisionale, fu necessario puntare le scelte su uomini meglio preparati sul piano professionale, capacità manageriali sempre più elevate e strumenti di gestione idonei per realizzare il passaggio da una direzione di tipo tradizionale ad una direzione di tipo imprenditoriale. I dati che venivano esaminati dalle autorità monetarie facevano prevedere un futuro molto difficile per le banche e noi, come responsabili dei centri di Formazione, per sensibilizzare i vertici aziendali sulla necessità di introdurre quelle tecniche di gestione indispensabili per poter razionalizzare l’uso delle risorse, facemmo tesoro del conforto e del prestigio dell’ASFOR e dei risultati che venivano conseguiti nelle aziende di altri settori, dove da molto tempo, erano state applicate. Tra i molti servizi che venivano offerti dall’ASFOR, ricordiamo i corsi per docenti aziendali di formazione e la “Centrale dei casi” gestita dalla SDA Bocconi. Nel concludere questo breve contributo, che vuole essere una testimonianza della esperienza in ASFOR, durata fino al 1987, data del mio collocamento in pensione con il grado di direttore centrale del Banco di Napoli, sento il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile a questa nostra Associazione di sviluppare una qualificata attività di promozione della cultura manageriale che ci consente, oggi, di festeggiare, con un bilancio largamente positivo, il trentesimo anniversario della Fondazione di ASFOR. Mario Lacchi, Past President ASFOR, Direttore centrale a.r. del Banco di Napoli L’attività di formazione nel settore del credito è nata all’inizio degli anni settanta, a seguito della partecipazione alle iniziative della Fondazione Agnelli: Progetto Valletta del sottoscritto e di altri dirigenti bancari che furono attratti dalla “scoperta” dei contenuti della formazione manageriale che possono essere così sintetizzati: - la conoscenza di teoria e di principi che consentano di interpretare l’evoluzione della Società del sistema economico nonché il funzionamento delle organizzazioni complesse; - la conoscenza di un sistema di capacità necessarie per svolgere il ruolo di leadership; - la conoscenza delle moderne tecniche di gestione. Nel 1972 l’adesione all’ASFOR e la conoscenza del gruppo di uomini di primissimo ordine che ne costituivano il nucleo centrale (Gianfranco Gambigliani Zoccoli, Franco Giacomazzi, Claudio De Matté, Aldo Fabris, Pasquale Gagliardi, Danilo Elia, Gabriele Morello ed altri) ci diede l’impressione di entrare in contatto con un nuovo mondo quello della cultura manageriale, distante anni luce dalla cultura delle banche: l’economia delle aziende di credito, i bilanci, il diritto privato che erano alcuni dei componenti della nostra professionalità. Nel 1974 partecipammo alla progettazione e alla realizzazione del primo corso “Fordom” per docenti di management, che si svolse, per i primi tre mesi presso l’Isvor Fiat di Marentino e per il quarto mese, presso il centro di formazione Montedison di Angera. A questo corso parteciparono dirigenti del Banco di Napoli, del Banco di Roma, Fiat, Montedison, Eni, Pirelli, SDA Bocconi, Confindustria, Formez. Nella seconda metà degli anni 70 la formazione cominciò a diffondersi in tutte le banche, e i Centri di Formazione del Banco di Napoli, del Banco di Sicilia, dell’Istituto Bancario S. Paolo di Torino e del Monte dei Paschi di Siena, aderenti all’ASFOR, costituirono un comitato di cordinamento per la progettazione e la realizzazione di una serie di corsi residenziali (a Taormina, 29 SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE Quali erano, in concreto, i temi che si discutevano e le opzioni che si ponevano a chi aveva il compito di gestire la nuova associazione? Uno dei temi più discussi era se l’Asfor dovesse essere più un’associazione “per la pesca” (allargamento dei soci, cura dei mercati istituzionali, potenziamento della comunicazione esterna) o “fra i pescatori” (potenziamento delle scuole esistenti, qualità dei programmi offerti, cooperazione e scambi all’interno del sistema). In concreto, si cercò di ottemperare ad ambedue le esigenze. Altro argomento oggetto di discussione era la natura dei compiti manageriali, con conseguente dibattito sui metodi d’insegnamento. Sbloccato il concetto di dirigente d’impresa dalla sua connotazione tradizionale, ed accettato che, oltre che la dimensione economica e tecnica del decision maker, la formazione dovesse riguardare gli atteggiamenti e i comportamenti, la questione coinvolgeva l’efficacia dei metodi (lezioni, casi, lavori di gruppo, etc.) per raggiungere gli obiettivi desiderati. Da qui l’attivazione di incontri e riunioni per discutere e approfondire questioni di metodo relative ai processi di apprendimento del “saper fare” e del “saper essere”. Negli anni ’70, questa tematica fu oggetto di ricerche specifiche, collegate con le attività della European Foundation for Management Development (EFMD), con la quale l’Asfor attivò un collegamento, tuttora esistente, che si rivelò assai utile per avvicinare le esperienze italiane agli sviluppi europei. Un terzo argomento riguardava il management delle scuole di management. Ciò implicava aspetti di fondo, come i rapporti delle scuole con i loro danti causa; l’opzione: scuole indipendenti/scuole aziendali; strategie di crescita e tattiche di sopravvivenza; allocazione delle risorse e rapporti con il mercato; modalità di gestione interna delle varie scuole, mentre similitudini e differenze fra settore privato e settore pubblico si andavano delineando con influenze dirette sullo scenario della formazione. E’ interessante rilevare che, pur nelle profonde mutazioni avvenute in questo trentennio in tutti i suoi aspetti tecnici, economici e sociali, alcune problematiche di fondo dell’antico contesto esistono ancor oggi; così come è giusto rilevare che l’Asfor, nel tempo, non ha mancato di adeguarsi con realismo alle nuove situazioni, spesso anticipandole, a sostegno e per lo sviluppo del sistema formativo nazionale. E’ facile prevedere che nei prossimi anni il suo ruolo continuerà ad essere di decisiva importanza. ASFOR: Associazione impegnata a sostenere lo sviluppo della formazione manageriale Gabriele Morello Past President ASFOR, Direttore ISIDA Quando nacque l’Asfor, di cui oggi si celebra il trentennio, lo scenario della formazione manageriale in Italia era presso a poco questo: • pochi istituti specializzati, tutti impegnati, oltre che nello svolgimento dei propri programmi, nella promozione della formazione manageriale nei confronti di un mercato ancora da sviluppare e da convincere; • esigenza di affermazione, da parte delle scuole, della propria identità e del proprio posizionamento. Nella maggior parte dei casi si trattava di organismi fragili, dotati di modeste risorse, con pochi docenti, programmi limitati e scarsa propensione alla ricerca; • subalternità della formazione manageriale nazionale sia rispetto agli USA, patria riconosciuta della management education, sia rispetto a quei Paesi europei dove la formazione veniva realizzata da organismi forti e consolidati; • appoggio più verbale che sostanziale da parte delle aziende e delle istituzioni nazionali; e questo stesso più nel settore privato che nel comparto pubblico, dove la moderna formazione dei dirigenti e dei quadri superiori era praticamente inesistente; • posizione critica, se non antagonistica, rispetto all’Università: istruzione accademica e formazione dei dirigenti di azienda erano, salvo rare eccezioni, due mondi a sè stanti che percorrevano strade parallele, con poche occasioni (e poca volontà) di cooperazione; • ricerca di una linea strategica, capace di potenziare la qualità della formazione e di accreditare il settore nelle sedi importanti del Paese. In questo scenario, lo sviluppo dell’Asfor – organismo creato, con l’incoraggiamento della Fondazione Agnelli, da sei scuole: Cuoa, Ifap, Fiuniv, Formez, Isida e Istud - trovava i suoi limiti ma anche i suoi stimoli nel perseguimento dell’obiettivo di sostenere il sistema della formazione manageriale e di avviarlo verso quella crescita, oggi testimoniata dalla sua affermata presenza su scala nazionale. 30 SEZIONE 3 - RICERCHE Sezione 3 Ricerche Ricerca ASFOR: L’attività di formazione dei soci ASFOR per le Pubbliche Amministrazioni Report 2001 - SINTESI DELLA RICERCA SU “L’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE DEI SOCI ASFOR PER LA P.A.” INSERITA ALL’INTERNO DEL “V RAPPORTO ANNUALE SULLA FORMAZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE” ELABORATO E PUBBLICATO DAL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA linee di tendenza e le concrete attività formative realizzate dagli associati ASFOR per le P.A.. L’indagine - che per la seconda volta è stata inserita con un apposito capitolo (di seguito riportato) all’interno del “V° Rapporto annuale sulla formazione nella Pubblica Amministrazione” elaborato dal Dipartimento della Funzione Pubblica- vuole essere un contributo per meglio capire le dinamiche evolutive dei processi formativi sviluppati dalle P.A.. Con l’obiettivo di far emergere gli “aspetti critici” e le “soluzioni innovative” per la costruzione della “Nuova Pubblica Amministrazione”, che dovrà sempre più essere capace di rispondere ai bisogni dei “Cittadini/Clienti/Utenti”, concretizzando così la propria mission. Attraverso i dati forniti dai Soci ASFOR si conferma il continuo incremento e consolidamento delle attività di formazione all’interno delle Amministrazioni Pubbliche, ed in parallelo trova riscontro il dato di una sempre maggior attenzione verso la “qualità” di tali prodotti e delle Istituzioni che li realizzano. Le Pubbliche Amministrazioni sono sempre più dei Clienti “esigenti”, in grado di orientare/guidare anche la fase di progettazione. Inoltre viene confermato, in linea con le indicazioni delle precedenti ricerche, che è in atto da parte dei Soci ASFOR un significativo sforzo per rendere i programmi formativi sempre più aderenti ai concreti bisogni del Settore Pubblico, anche attraverso il diretto coinvolgimento delle Istituzioni e dei Professional del Sistema Pubblico. Risulta significativo il consolidamento delle esperienze di formazione/affiancamento sul campo, l’utilizzo degli strumenti dell’ICT con una sempre maggiore attenzione ai processi di FAD/e-learning. Con un progressivo utilizzo di nuove “forme/metodologie” di formazione, che portano sempre più ad un reale confronto fra le migliori esperienze del pubblico e del privato. E’ significativo il fatto che si sta consolidando una forte richiesta verso “competenze manageriali” che sono sempre più considerate indispensabili per accompagnare lo sviluppo organizzativo del Sistema Pubblico. Infine le prospettive per il 2002 indicano una forte attenzione verso l’individuazione di sistemi di sviluppo delle risorse umane, l’area della comunicazione pubblica, il project management e la formazione formatori. In linea, peraltro, con le indicazioni della recente Direttiva Frattini che auspica la specializzazione all’interno delle amministrazioni di risorse dedicate alla formazione. Un ringraziamento va a tutti i collaboratori ed ai Soci che hanno fornito dati di grande interesse, in particolare al Prof. Luigi Pieraccioni Vice Presidente e Coordinatore del Gruppo Pubblica Presentazione Ricerca Claudio Poli, Presidente ASFOR Attraverso la recente direttiva del Ministro Frattini “sulla formazione e la valorizzazione del personale delle Amministrazioni Pubbliche” è stata con efficacia riconosciuta la centralità della formazione di qualità, quale strumento indispensabile per governare i percorsi di cambiamento in atto all’interno delle Pubbliche Amministrazioni: “la formazione è una dimensione costante e fondamentale del lavoro e uno strumento essenziale nella gestione delle risorse umane”. ASFOR da oltre trent’anni è impegnata a svolgere un ruolo di “garante della qualità e della coerenza dei processi formativi”, anche attraverso la costruzione ed il rafforzamento di un Sistema formativo manageriale italiano capace di rispondere ai “reali bisogni” delle Amministrazioni Pubbliche, delle Imprese e delle Organizzazioni pubbliche/private e degli Individui. Ed ora ritiene importante accettare la sfida di collegare con efficacia il Sistema dell’Offerta Formativa privata con il Sistema della Domanda espresso dalle Pubbliche Amministrazioni. In tale ottica ASFOR intende riaffermare e valorizzare il ruolo strategico delle Istituzioni, delle Scuole e dei Centri di Management associati, impegnati a sviluppare nuovi processi formativi appositamente progettati per le P.A., che superano, integrandoli, gli interventi tradizionali. ASFOR ritiene importante consolidare il rapporto di collaborazione con le diverse Istituzioni Pubbliche coinvolte, il Ministero della Funzione Pubblica, le Regioni e gli Enti locali, ma anche attraverso un rinnovato confronto con le Scuole della Pubblica Amministrazione, che rappresentano un patrimonio importante per tutto il Sistema formativo italiano. In tale ottica ASFOR considera strategica la partecipazione alla “cabina di regia sulla formazione”, costituita dal Ministro Frattini a seguito della Direttiva del 13 dicembre 2001, che potrà essere un importante momento di confronto fra i diversi soggetti attivi nella formazione per le amministrazioni pubbliche. ASFOR, considerato il gradimento delle precedenti edizioni, ha ritenuto utile riproporre ed ampliare la V ricerca su “L’attività di formazione dei Soci ASFOR per la P.A.”, presentandola in occasione del Forum PA 2002. La ricerca ASFOR consente di far emergere, attraverso la raccolta di “dati quantitativi”, effettuata presso associati (nr. corsi, nr. giornate, nr. ore/uomo e nr. partecipanti…) e indicatori qualitativi es. “Temi innovativi”, le 31 SEZIONE 3 - RICERCHE Amministrazione di ASFOR, ai membri del gruppo e a tutto lo staff dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne che ha contribuito in modo decisivo all’elaborazione dei dati, ed al Segretario Generale Dott. Mauro Meda che ne ha coordinato la raccolta e lo sviluppo. Infine, un ringraziamento al Dipartimento della Funzione Pubblica per aver riconosciuto nell’azione di ASFOR, e quindi nell’operato dei Soci, un significativo contributo per lo sviluppo di un efficace Sistema formativo per le Pubbliche Amministrazioni. Sintesi della Ricerca Tavola 1. Elenco dei soci e distribuzione di alcuni parametri SOCI Il testo e le elaborazioni statistiche sono stati redatti da ASFOR con il contributo dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne Numero Iniziative Numero giornate Numero partecipanti Bergamo Formazione n.c n.c n.c Bic Calabria 17 79 520 1. L’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE DEI SOCI ASFOR PER LA PA Bureau Veritas 14 24 150 Cerisdi 53 349 3.830 Tra i molti e qualificati fornitori di attività formative per le PA, un ruolo di rilievo spetta anche ai soci ASFOR. L’ASFOR Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale - è nata nel 1971 con l’obiettivo di sviluppare la cultura di gestione in Italia e di qualificare l’offerta di formazione manageriale adattandola alla dinamica della domanda. I soci ASFOR sono 67 e appartengono sia ad organismi privati sia ad organismi pubblici. Per la prima volta da quest’anno è associata ASFOR anche la Direzione centrale formazione e sviluppo competenze dell’INPS. L’ASFOR ha avviato anche per l’anno 2001 una ricerca per monitorare le attività formative realizzate dai soci per la pubblica amministrazione. L’indagine ha visto la redazione di un questionario di rilevazione ad hoc somministrato a tutti i soci. All’indagine hanno risposto 34 soci, pari a circa il 50 % degli associati (cfr. tav. 1) Qui di seguito è riportata una tabella sintetica degli associati che hanno risposto al questionario. Nel computo complessivo si registra una forte incidenza dei dati Inps relativi al numero di iniziative, numero di giornate e numero partecipanti. I beneficiari delle iniziative di cui sopra sono prevalentemente dipendenti interni all’amministrazione. Il peso percentuale dei dati Inps è pari a 62,2% per il numero di iniziative, 47,6% per il numero di giornate erogate, 33,9% per il numero di partecipanti. Occorre peraltro sottolineare come il numero delle iniziative, delle giornate e dei partecipanti, sviluppato direttamente dalle Business School, Corporate University e Società aderenti ad ASFOR rimanga comunque significativo. Gli associati Confindustria e Bergamo Formazione, pur avendo partecipato alla rilevazione, non hanno potuto quantificare i dati sulla base della griglia predisposta per la ricerca. Inoltre, IBM Learning Services basa la sua offerta formativa su progetti ad hoc e pertanto la rilevazione per numero di corsi, partecipanti e ore/uomo non è stata possibile. Cesma 1 4 28 Confindustria n.c n.c n.c Cuoa 135 387 3.396 Elea 140 2.999 n.c. 26 111 501 483 2.833 8.524 Formaper Formez IBM Learning Services n.c n.c n.c Ifoa 35 171 1.021 Il Sole 24 Ore 36 66 1.134 Infor 132 370 2.944 Inps 5.319 37.115 37.424 Iref 455 8.801 10.795 IRI Management 196 864 3.765 Isida 21 216 318 Ismo 103 394 1.910 Istituto Guglielmo Tagliacarne 441 10.187 6.647 37 3.426 3.000 Isvor Fiat S.p.A. Italia Forma 58 433 365 Luiss Management 12 355 1.326 Mib 26 150 649 Profingest 99 1.037 5.079 SAA 66 1.280 3.200 254 2.821 5.026 SDOA 12 451 1.680 SOGEA 37 107 1.172 SDA-Bocconi SPA-Lucca 248 505 2.746 Spegea 40 939 1.119 2. AREE DI INTERVENTO FORMATIVO E MODALITÀ DI REALIZZAZIONE Scuola Superiore G.Reiss Romoli 30 1.238 3.083 2.1 Aree tematiche di intervento e target di riferimento Dato il carattere multidisciplinare delle attività dei soci ASFOR, le iniziative formative coprono tutte le aree di interesse della PA. Nell’anno 2001, le giornate complessive di formazione per dipendenti pubblici erogate degli associati ASFOR sono state 77.952, STOA 21 198 900 9 43 1.180 Totale complessivo 8.556 77.952 Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR 113.432 SUMMIT 32 SEZIONE 3 - RICERCHE hanno usufruito di questi interventi formativi 113.432 operatori della PA, mentre il numero delle iniziative totali si è attestato su 8.556 (cfr. tav. 2). L’espressione iniziative totali è da intendersi riferita al totale delle iniziative formative aggregate (per esempio, nel caso di percorsi formativi modulari, si è considerato l’intero percorso, nel caso di corsi in più edizioni, ogni edizione è stata conteggiata tante volte quante sono state le edizioni realizzate). Gli ambiti tematici che hanno realizzato un maggiore numero di iniziative sono stati l’area tecnico-specialistica con 4.441 iniziative (51,9% del totale) e l’area organizzazione e personale con 1.887 iniziative (22,1% del totale). E’ opportuno comunque rilevare che nell’area tecnico-specialistica il dato dell’Inps, da solo, ha una forte incidenza (l’associato assorbe circa l’80% delle iniziative di questa tematica). Escludendo però dall’analisi questi dati, si nota che il divario tra l’area tecnicospecialistica e le altre si riduce sensibilmente, pur essendo l’area tecnico-specialistica la più ricorrente per numero di iniziative. Le iniziative formative appartenenti agli ambiti tematici area tec- Grafico 1 - Distribuzione percentuale del numero delle iniziative per area tematica nico-specialistica e organizzazione e personale si caratterizzano per un consistente numero di giornate complessive (rispettivamente il 35% per l’area tecnico-specialistica e il 14% per l’area orga- Tavola 2. Distribuzione per ambito tematico di alcuni parametri caratteristici1 AMBITI TEMATICI Numero Iniziative Area giuridico-normativa generale 355 Area organizzazione e personale 1.887 Area manageriale 637 Area comunicazione 188 Area economico-finanziaria 215 Area controllo di gestione 56 Area informativo - telematica 200 Area linguistica 264 Area multidisciplinare 231 Area internazionale 82 Area tecnico -specialistica 4.441 Totale 8.556 Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR Numero giornate 1.527 10.884 7.025 1.632 1.034 539 9.998 15.033 2.385 606 27.289 77.952 Numero ore/uomo 195.469 604.470 16.918.430 20.634 1.083.563 11.827 160.666 175.422 100.215 15.702 1.244.392 20.530.790 Numero partecipanti 7.483 28.181 16.264 2.751 5.464 997 2.262 4.685 4.307 1.931 36.132 110.457 Tavola 3. Distribuzione per ambito tematico di alcuni parametri caratteristici (valori percentuali di colonna) AMBITI TEMATICI Numero Iniziative Area giuridico-normativa generale 4,1 Area organizzazione e personale 22,1 Area manageriale 7,4 Area comunicazione 2,2 Area economico-finanziaria 2,5 Area controllo di gestione 0,7 Area informativo - telematica 2,3 Area linguistica 3,1 Area multidisciplinare 2,7 Area internazionale 1,0 Area tecnico -specialistica 51,9 Totale 100,0 Fonte: Elaborazione su dati forniti dagli Associati ASFOR Numero giornate 2,0 14,0 9,0 2,1 1,3 0,7 12,8 19,3 3,1 0,8 35,0 100,0 Numero ore/uomo 1,0 2,9 82,4 0,1 5,3 0,1 0,8 0,9 0,5 0,1 6,1 100,0 Numero partecipanti 6,8 25,5 14,7 2,5 4,9 0,9 2,0 4,2 3,9 1,7 32,7 100,0 1Il totale dei partecipanti di questa tavola differisce da quello della tavola 1 in quanto ISVOR Fiat ha fornito soltanto un dato aggregato del numero di partecipanti senza fornire dettagli su ambiti tematici e livello funzionale. 33 SEZIONE 3 - RICERCHE nizzazione del personale) ed un numero ancor più significativo di partecipanti: 36.132 unità per l’area tecnico-specialistica (32,7% del totale) e 28.181 unità per l’area organizzazione e personale (25,5% del totale) (cfr. tav. 3). Anche per questi parametri valgono le considerazioni fatte in precedenza derivanti dalla presenza dei dati Inps, anche se in questo caso l’incidenza dei dati di tale socio è sensibilmente inferiore. tratta comunque di percorsi di apprendimento distribuiti su archi temporali piuttosto lunghi. Le giornate medie di corso per area formativa variano dalle 56,9 giornate medie dell’area linguistica alle 4,3 giornate medie dell’area giuridico-normativo generale. Ogni intervento formativo ha avuto una durata media di 9,1 giorni e ha previsto la partecipazione media di 12,9 partecipanti. Un altro dato interessante è la distribuzione delle iniziative formative per target di amministrazione. Analizzando i target di riferimento a cui sono destinate le iniziative, si nota come l’area organizzazione e personale, pur non essendo in termini assoluti la più ricorrente, ha la capacità di attrarre un target eterogeneo (Regioni, Comuni, Province, Comunità Montane ecc.). Tale area fa, infatti, registrare a livello di presenza/assenza2 la più alta percentuale di incidenza fra tutti gli ambiti tematici (cfr. tav. 4). La distribuzione percentuale dei partecipanti alle attività formative per livelli funzionali ha evidenziato una prevalenza dell’area funzionari (62%). Grafico 2 - Distribuzione percentuale del numero di partecipanti per area tematica Grafico 3 - Distribuzione dei partecipanti alle iniziative secondo il livello funzionale Il numero elevato di ore/uomo dell’area manageriale (dato assoluto 16.918.430 corrispondente a 82,4% del totale) rispetto al numero di iniziative realizzate per l’area (637) è da attribuire quasi interamente ad un programma di formazione e sviluppo manageriale per l’Agenzia delle entrate realizzato da Iri Management. Il programma ha interessato circa 600 partecipanti per un arco temporale di un anno (cfr. tav. 2). Risulta interessante fare alcuni considerazioni sul numero consistente di giornate realizzate per le iniziative in ambito linguistico e informatico-telematico. Infatti, sebbene queste registrino un dato poco significativo in termini di numero di iniziative complessive (rispettivamente 264 e 200 su 8556, dato questo confermato anche dalla distribuzione per target di amministrazione), si Tavola 4. Target di riferimento delle iniziative (percentuali di colonna) AMBITI TEMATICI Amministrazioni Centrali Area giuridico-normativa generale 11,1 Area organizzazione e personale 16,7 Area manageriale 11,1 Area comunicazione 11,1 Area economico-finanziaria 5,6 Area controllo di gestione 3,7 Area informativo - telematica 7,4 Area linguistica 5,6 Area multidisciplinare 5,6 Area internazionale 9,3 Area tecnico -specialistica 13,0 Totale 100,0 Fonte: Elaborazione su dati forniti dagli Associati ASFOR Regioni Comuni Province 11,4 12,5 10,2 10,2 9,1 8,0 8,0 3,4 8,0 9,1 10,2 100,0 11,5 15,0 10,6 9,7 8,0 7,1 10,6 2,7 8,0 8,0 8,8 100,0 11,4 15,7 8,6 10,0 11,4 5,7 5,7 4,3 7,1 7,1 12,9 100,0 Comunità Montane 9,1 15,2 9,1 6,1 9,1 6,1 9,1 6,1 6,1 12,1 12,1 100,0 Altro (Inps, Scuola, ecc.) 9,6 13,8 8,5 7,4 12,8 9,6 8,5 2,1 7,4 8,5 11,7 100,0 2 I risultati pubblicati nella tavola 4 possono risultare in contraddizione rispetto a quelli forniti nella tavola 2. In realtà, le informazioni fornite non sono confrontabili, in quanto il questionario chiedeva di indicare solamente se una determinata amministrazione fosse presente ad almeno una iniziativa formativa di una determinata area, senza specificare la sua presenza in termini assoluti. 34 SEZIONE 3 - RICERCHE che risulta una modalità di erogazione utilizzata spesso (78,6% ) e questo dato conferma l’attenzione dei soci per tipologie formative quali la formazione-intervento. 2.2 Tipologia di attività Grafico 4 - Distribuzione dei partecipanti alle iniziative secondo il livello funzionale 3. TEMI INNOVATIVI 75,7 80,0 78,1 La PA per raggiungere i suoi obiettivi di miglioramento continuo del servizio ha usufruito nell’anno 2001, attraverso i soci ASFOR, di una serie di interventi su temi che per contenuto e natura stessa sono stati definiti “innovativi”. Attraverso il questionario di rilevazione, l’ASFOR ha chiesto agli associati di indicare quali fra i temi innovativi riportati nell’elenco che segue, sono stati oggetto di interventi formativi specifici: • Accesso e gestione dei fondi comunitari • E-procurement • Reingegnerizzazione dei processi • Qualità • Marketing dei servizi • Controllo di gestione (anche controllo strategico) • Comunicazione pubblica • Valutazione progetti analisi costi benefici • Valutazione delle prestazioni e delle posizioni organizzative • Formazione formatori • Project management • Altro Il tema innovativo che nel 2001 ha realizzato un maggiore numero di iniziative è stato il project management con un valore percentuale che si attesta intorno al 12,1%. Seguono temi quali la reingegnerizzazione dei processi, il controllo di gestione e la comunicazione 66,1 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 18,9 10,9 4,8 10,0 10,6 7,8 6,7 6,7 2,6 0,4 0,0 Numero di iniziative Numero di giornate 6,2 6,9 0,4 Numero di partecipanti L’attività formativa prevalente risulta la formazione continua (75,7%) nelle sue diverse tipologie, dalle lezioni frontali tradizionali ai percorsi formativi modulari, dai workshop alle sessioni formative; seguono le attività informative (convegni, conferenze, seminari) con 10,9%, i percorsi di riqualificazione (6,7%) e la formazione-intervento intesa quale supporto allo sviluppo organizzativo delle amministrazioni, in una percentuale del 6,3%. La maggiore incidenza della formazione continua è da attribuire prevalentemente alle attività erogate dall’Inps che incide per il 71,8% del totale delle iniziative. Pertanto, lo scarto tra la formazione continua e la formazione-intervento non è da considerarsi così netto. Il ricorso alla formazione-intervento si conferma infatti una modalità frequente e diffusa tra tutti gli associati ASFOR. Grafico 5 - Distribuzione percentuale delle iniziative realizzate nel 2001 e previste per il 2002 (ordinamento secondo le iniziative previste nel 2002) 2.3 Modalità di erogazione L’ASFOR ha inoltre chiesto agli associati con quale modalità sono stati erogati i corsi per la PA. La seguente tabella sintetizza percentualmente le risposte: Per quanto riguarda le modalità di erogazione, i dati evidenziano una prevalenza dell’aula come luogo privilegiato per realizzare la formazione (il 65,6% del campione) (cfr. tav. 5). Tuttavia le nuove modalità, come l’uso di piattaforme di e-learning, la videoconferenza, la formazione in autoapprendimento con audiovisivi o cd-rom, registrano una tendenza di aumento, con una frequenza in percentuale di utilizzo da segnalare. Si sottolinea, inoltre, il significativo ricorso all’affiancamento on the job (per esempio mediante animazione dei gruppi di lavoro) Tavola 5. Distribuzione della modalità di erogazione secondo la frequenza di utilizzo (valori percentuali di riga) MODALITA' DI EROGAZIONE Mai Formazione tradizionale (in aula) 0,0 In aula + laboratori informatici/linguistici 15,4 In autoapprendimento con strumenti multimediali 25,0 Piattaforme per l’E-learning 37,5 Videoconferenza 64,0 In affiancamento on the job (animazione gruppi di lavoro)3,6 Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR Spesso 34,4 73,1 67,9 62,5 36,0 78,6 35 Sempre 65,6 11,5 7,1 0,0 0,0 17,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 SEZIONE 3 - RICERCHE pubblica che registrano un valore intorno al 10,3%. L’argomento meno trattato dalle iniziative formative dei soci ASFOR risulta invece l’e-procurement con una percentuale del 4%, anche in considerazione del fatto che le Amministrazioni Pubbliche devono ancora sviluppare una chiara politica su questo tema. Per l’anno 2002, l’attenzione degli interventi formativi si conferma su temi quali il project management e la comunicazione pubblica con valori rispettivamente intorno al 10,3% e 10,7%. Si riporta qui di seguito una tabella sinottica con gli ambiti formativi trattati dai soci per gli anni 2001 e 2002. Altro (specificare) Project management Formazione formatori Valutazione delle prestazioni e delle posizioni organizzative Valutazione progetti analisi costi benefici Comunicazione pubblica Controllo di gestione (anche controllo strategico) Marketing dei servizi Qualità Reingegnerizzazione dei processi E-procurement ENTE Accesso e gestione dei fondi comunitari Tavola 6. Ambiti formativi trattati dai soci nel 2001 e previsione per il 2002 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Bergamo Formazione Bic Calabria Bureau Veritas Cerisdi Cesma Confindustria Cuoa • • Elea • • Formaper Formez • • IBM Learning Services • • Ifoa • • IGT • • Il Sole 24 Ore • • Infor Inps • • Iref • • IRI Management Isida • • Ismo Isvor Fiat S.p.A. • • Italia Forma Luiss Management Mib • • Profingest • • SAA • • SDA-Bocconi • • SDOA • SOGEA • SPA-Lucca • • Spegea • SSGRR • STOA • SUMMIT Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • 36 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • SEZIONE 3 - RICERCHE esigenza di un maggiore investimento nella preparazione di risorse specializzate, in grado di governare l’intero processo delle attività di formazione. Tutto ciò è dunque in linea con le indicazioni fornite nella recente Direttiva dicembre 2001 sulla Formazione che auspica la specializzazione di risorse dedicate alla formazione all’interno delle amministrazioni. 4. PROGETTI D’ECCELLENZA All’interno di tutte le iniziative formative originate dai temi innovativi emergono per contenuto, partnership e metodologia didattica, alcuni progetti che vengono identificati come eccellenti. Anche quest’anno le macro-aree all’interno delle quali si collocano questi progetti definiti eccellenti afferiscono alle tematiche manageriali finalizzate ad accompagnare, sostenere e rafforzare i processi decisionali e le implementazioni organizzative del management pubblico, nel più generale contesto di riforma e cambiamento della pubblica amministrazione. Inoltre, numerose iniziative progettuali degli associati hanno riguardato per il 2001 interventi per l’individuazione di sistemi di sviluppo delle risorse umane basati sulle competenze distintive per tipologia di amministrazione, sull’analisi e revisione degli assetti organizzativi, sul miglioramento della qualità del servizio. In sintesi questi progetti possono essere ricondotti alle seguenti aree: • • • • • • • ELENCO DEI SOCI INSERITI NELLA PUBBLICAZIONE • • • • • • • • Management pubblico Gestione e sviluppo delle Risorse umane Knowledge Management Analisi e reengineering dei processi Controllo di gestione (anche strategico) Semplificazione amministrativa e Sportello Unico Comunicazione e customer satisfaction • • • • • • • • • • 5. PROSPETTIVE PER L’ANNO 2002 Per l’anno 2002, le prospettive di interventi formativi rivolte alle PA da parte degli associati ASFOR confermano in parte le aree operative sulle quali si è incentrata l’attività del 2001. L’attenzione registrata per l’area comunicazione pubblica sottolinea nuovamente l’attenzione dei soci ASFOR alle novità legislative in atto nel processo di riforma della pubblica amministrazione. La legge n.150 del 7 giugno 2000 e il successivo Regolamento di attuazione Dpr n.403 del 21 settembre 2001 sulle attività di comunicazione sancisce, infatti, per le amministrazioni pubbliche l’obbligo di dotarsi di nuovi strumenti per sviluppare relazioni con i cittadini, potenziare ed armonizzare i flussi di informazioni all’interno delle amministrazioni. Alla luce di queste normative, la comunicazione pubblica cessa così di essere considerata un segmento aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni e ne diventa parte integrante, come peraltro già accade da tempo per le imprese che agiscono nel mercato dei prodotti e dei servizi. Un altro ambito in cui il contributo dei soci ASFOR è particolarmente significativo è il project management. Il project management indicato come secondo tema innovativo per il 2002, sta conoscendo negli ultimi anni un momento di vasta e rapida diffusione. In questa fase di sviluppo ed espansione - del tutto nuova rispetto al passato – la pubblica amministrazione gioca un ruolo decisivo sia in qualità di committente di iniziative di ammodernamento e sviluppo socio-amministrativo, sia in veste di promotrice di interventi di ristrutturazione e cambiamento organizzativo. I soci ASFOR grazie alla loro conoscenza di temi specifici come questi e per la loro esperienza nel pianificare e saper gestire sforzi progettuali complessi finalizzati a sostenere il cambiamento, potranno in tal senso fornire alla pubblica amministrazione un sostegno significativo. Un altro elemento da segnalare è la significatività dell’incremento percentuale sul tema della formazione formatori che passa dal 4.9% nel 2001 al 7.8 % nel 2002, a conferma della crescente • • • • • • • • • • • • • • • • 37 BERGAMO FORMAZIONE, Azienda Speciale della C.C.I.A.A. BIC CALABRIA S.C.p.A., Gruppo Sviluppo Italia BVQI Italia s.r.l. CERISDI – Centro Ricerche e Studi Direzionali CESMA - Centro Esperienze e Studi di Management S.r.l. CONFINDUSTRIA ELEA S.p.A. FONDAZIONE CUOA, Centro universitario di organizzazione aziendale FONDAZIONE “ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE” FORMAPER, Azienda Speciale CCIAA Milano FORMEZ, Centro di Formazione Studi IBM Learning Services IF ITALIA FORMA S.r.l. IFOA, Istituto Formazione Operatori Aziendali IL SOLE 24 ORE S.p.A. - Centro di Formazione INFOR INPS I.Re.F. Istituto Regionale Lombardo di Formazione per la Pubblica Amministrazione IRI MANAGEMENT S.p.A. ISIDA, Istituto Superiore per Imprenditori e Dirigenti di Azienda ISMO S.r.l. - Interventi e studi multidisciplinari nelle organizzazioni ISVOR FIAT S.p.A. LUISS MANAGEMENT MIB School of Management PROFINGEST SAA - Scuola di Amministrazione Aziendale SDA BOCCONI SDOA - Scuola di Direzione e Organizzazione Aziendale della Fondazione Antonio Genovesi Salerno SOGEA S.c.p.a. SCUOLA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE S.p.A. di Lucca SPEGEA S.r.l., Consorzio per la scuola di perfezionamento in gestione aziendale SCUOLA SUPERIORE GUGLIELMO REISS ROMOLI S.p.A. STOA’ S.c.p.A. SUMMIT s.r.l. SEZIONE 3 - RICERCHE Ricerca AGDP – ASFOR: “I GIOVANI DIRIGENTI: NUOVI BISOGNI FORMATIVI E NUOVE METODOLOGIE” LE EVIDENZE DI UNA INDAGINE DIRETTA Presentata a Forum PA Roma, 8 maggio 2002 2. L’excursus formativo L’indagine consente di osservare in prima analisi i livelli di formazione dei giovani dirigenti, la cui età media è di 36 anni, in prevalenza laureati in Giurisprudenza, Economia e Scienze politiche, curriculum al quale si è aggiunta una formazione ulteriore che ha riguardato non solo corsi di formazione presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, ma nel 40% dei casi anche altre esperienze come Master (finanza, economia applicata, diritto amministrativo) e varie scuole di specializzazione. 1. Premessa I giovani dirigenti pubblici stanno sempre più formandosi sulla cultura della gestione manageriale, portandola nella propria esperienza insieme al valore della responsabilità per gli obiettivi assegnati. D’altra parte, il nuovo modello di dirigenza pubblica tende sempre più verso il profilo dell’organizzatore e del gestore di risorse, ampliando i fabbisogni di formazione in un contesto in cui è particolarmente avvertita l’esigenza di un avvicinamento del management pubblico al management privato (favorendo lo scambio di esperienze), e in cui la crescita di competenze richiede l’acquisizione nella pubblica amministrazione di nuove professionalità (informatici, statistici, esperti in comunicazione, economisti) con nuove modalità di reclutamento. Tra le conoscenze di base rientrano invece ormai nel bagaglio del dirigente le lingue e gli strumenti informatici: nel primo caso (fig. 1) emerge in modo estremamente diffuso la lingua inglese (conosciuta nel 93,9% dei casi, all’interno dei quali è molto consistente la quota di coloro che dichiarano una padronanza approfondita) seguita da quella francese (49%), mentre appare meno diffusa, seppur presente, la conoscenza dello spagnolo (18%) e del tedesco (8,1%). Già nella scorsa edizione del Forum della P.A. fu presentata una ricerca promossa dal Dipartimento della Funzione Pubblica e realizzata dall’Istituto Tagliacarne1 in cui emergevano con chiarezza temi salienti per la crescita delle professionalità presenti e future del mondo pubblico, ed in particolare della dirigenza: nuovi profili professionali (dove l’accezione del termine vale da nuovo per l’amministrazione a innovativo in senso più generale), nuovi sistemi di reclutamento, nuove modalità di gestione delle risorse assegnate. Fig. 1 – Il livello di conoscenza delle lingue straniere (valori %) Questa indagine, promossa dalla Associazione giovani classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP) e realizzata attraverso l’accordo con l’ASFOR (Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale), e con il contributo scientifico dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne (Fondazione dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio), ha avuto la finalità di conoscere le esigenze derivate dalla nuova funzione attribuita alla dirigenza della P.A. e dalle nuove metodologie formative che rappresentano uno strumento indispensabile per costruire e consolidare il cambiamento in atto. Per quanto riguarda l’utilizzazione delle tecnologie e delle applicazioni informatiche (fig. 2), il dato rilevato è decisamente positivo: al di là di un impiego ormai generalizzato degli strumenti, emerge una notevole familiarità con l’impiego di Internet, della posta elettronica e della videoscrittura, caratterizzante la quasi totalità dei giovani dirigenti intervistati, due terzi dei quali si considerano peraltro esperti nell’utilizzazione di questi strumenti. Con riferimento ai fogli elettronici e soprattutto alla gestione di archivi la quota di utilizzatori si riduce a 83,7% e a 69,4%, cogliendo in questo caso una maggiore caratterizzazione specia- La rilevazione, condotta nell’anno 2002 su un campione significativo di giovani dirigenti (sia appartenenti alla AGDP che non, provenienti da amministrazioni centrali, locali ed enti pubblici non economici), si basa su un questionario strutturato in cinque sezioni (dati generali, excursus formativo, situazione e percorso professionale, formazione fruita da dirigente e attese sulla formazione), inviato e restituito dagli intervistati utilizzando strumenti di posta elettronica. 1 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, “P.A. DUEMILA” - I nuovi profili professionali per le Pubbliche Amministrazioni, a cura dell’Istituto G. Tagliacarne, Maggio, Roma, 2001. 38 SEZIONE 3 - RICERCHE listica dei programmi informatici, per i quali la maggior parte dei rispondenti si ritiene un semplice utilizzatore (la quota relativa è pari a 46,3% per coloro che utilizzano fogli elettronici e soprattutto 79,4% per coloro che nel proprio lavoro si servono di software per la gestione di data base). Il 94% dei giovani dirigenti intervistati ha avuto precedenti esperienze professionali. A tale proposito è interessante osservare come queste abbiano riguardato non solo l’amministrazione nella quale essi attualmente lavorano (un terzo dei casi, fig. 4), ma ancor di più altre amministrazioni (37,8%) nonché esperienze esterne sia in aziende private (11,1%) che in altre attività (17,8%), come la libera professione, l’attività politica o quella universitaria. Fig. 2 – Livello di conoscenza delle tecnologie e delle applicazioni informatiche (valori %) Fig. 4 – Ambiti delle precedenti esperienze professionali (valori %) 17,8 33,3 11,1 37,8 3. Il percorso professionale Un aspetto che in prospettiva caratterizzerà sempre più le nuove figure dirigenziali della P.A. riguarda le possibilità di crescita nel percorso professionale, i tempi di questi sviluppi (spesso in passato molto più lunghi a confronto di altre realtà) e l’opportunità di osmosi di conoscenze e professionalità con il mondo del privato. I risultati della rilevazione presentano rispetto al primo punto una situazione già in evoluzione: se il 40,8% dei giovani dirigenti intervistati occupa la propria posizione attuale da meno di un anno (e il 32,7% da meno di tre anni), il 34,8% prevede ulteriori sviluppi di carriera entro un anno e quasi la metà entro i tre (fig. 3). In altre parole, entro tre anni l’82,6% degli intervistati attende una crescita professionale, percentuale decisamente soddisfacente rispetto a quanto forse ci si potesse aspettare. E’ comunque significativo che la media di permanenza nella posizione attuale sia pari a circa 2,6 anni contro i 2 previsti per possibili cambiamenti. Un ultimo aspetto di interesse riferito sempre alle esperienze professionali pregresse è il fatto che quasi l’80% degli intervistati abbia lavorato in aree funzionali diverse da quella attuale (fig. 5). Fig. 5 – Incidenza di coloro che hanno lavorato in aree funzionali diverse dalla attuale (valori %) 26,1 73,9 Fig. 3 – Periodo dal quale ricopre la posizione attuale e tempo entro il quale prevede futuri sviluppi professionali (valori %) 4. La formazione fruita L’attività formativa ha indubbiamente rappresentato per i giovani dirigenti intervistati un aspetto molto presente nello svolgimento della propria attività: dall’indagine emerge infatti come più di cinque intervistati su sei abbia effettuato attività di formazione negli ultimi due anni (fig. 6). Ciò che invece appare un punto di una certa criticità è il fatto che quasi la metà i queste attività non siano scaturite da una pianificazione effettuata all’interno dell’amministrazione, ma piuttosto originate dalla iniziativa dei singoli. 39 SEZIONE 3 - RICERCHE argomenti, che potremmo definire come caratteristici del ruolo, troviamo due tipologie di corsi mirati allo sviluppo di skills forse più vicini, perlomeno allo stato attuale, alla sfera delle attività private: “Sviluppo della capacità di comunicazione/negoziazione” e “Sviluppo della capacità di leadership” (in entrambi i casi con quote pari a 33%). Questi temi stanno evidentemente entrando sempre più nel nuovo modo di interpretare il ruolo dirigenziale nel pubblico impiego, e non a caso emersero anche tra i principali requisiti richiesti alle nuove professionalità di possibile introduzione nella P.A. all’interno della ricerca del Dipartimento della Funzione Pubblica citata nella premessa3. Sempre nella graduatoria redatta in base alle risposte sui contenuti dei corsi seguono gli item già citati le conoscenze informatiche (31%), l’aggiornamento normativo (31%), le conoscenze linguistiche (21,4%) e la gestione dei collaboratori (11,9%). Fig. 6 – Incidenza di coloro che hanno fruito di formazione negli ultimi due anni e modalità di pianificazione dell’attività formativa (valori %) Fig. 8 – Contenuto/oggetto dell’attività di formazione fruita (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria) La modalità di progettazione più frequente per le attività svolte è quella dei corsi appositamente progettati da una struttura esterna (fig. 7), alla quale si è fatto ricorso da parte di ben oltre la metà degli intervistati (54,8%), laddove la formazione a catalogo è stata utilizzata invece nel 38,1% dei casi. Di notevole interesse anche la quota molto rilevante di corsi progettati ad hoc anche con il diretto intervento di dirigenti dell’ente (31%)2. Fig. 7 – Modalità di progettazione dei corsi (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria) I corsi frequentati sono stati in prevalenza erogati da società di consulenza/formazione (57,1%) o da scuole delle pubbliche amministrazioni (35,7%). Nella maggior parte dei casi le iniziative sono state finanziate totalmente dall’ente con risorse proprie (88,1%). Con riferimento alle sedi di erogazione della formazione, al di là delle indicazioni attese, ovvero quelle riguardanti quali possibili luoghi lo stesso ente o strutture presenti in Italia al di fuori della regione di lavoro (spesso identificabili con le scuole), appare degno di nota il riferimento alla formazione a distanza (14,3%) e, seppure con una incidenza molto contenuta, la segnalazione di attività di formazione realizzate all’estero (4,3%). Con riferimento alla durata dei corsi la modalità ampiamente prevalente è quella di più moduli per più giorni (69%, fig. 9), laddove il tempo dedicato alle attività appare invece più variabile: si va quasi indifferentemente dalle 3-4 ore alle 7-8 ore alle 5-6 ore, mentre è molto più ridotto il ricorso a tempi ridotti a 1-2 ore, modalità riservata in prevalenza a temi specifici come la formazione finalizzata allo sviluppo delle conoscenze linguistiche. Quale è stato il contenuto della recente attività formativa effettuata dai giovani dirigenti? In testa alla graduatoria stilata rispetto a questo tema (fig. 8) troviamo le competenze generali di gestione del ruolo manageriale (59,5%), seguite dalle competenze funzionali tecnico specialistiche (42,9%). Subito dopo questi 2 Le percentuali non restituiscono 100 in quanto era possibile una risposta multipla da parte degli intervistati. Tale caratteristica riguarderà anche diversi quesiti che saranno analizzati in seguito. 3 Per il riferimento allo studio si veda la nota 1. 40 SEZIONE 3 - RICERCHE Fig. 9 – Durata dell’attività di formazione fruita (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria) Fig. 11 – Difficoltà incontrate nell’usufruire delle attività formative derivanti dal proprio incarico (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria) Quasi il 70% degli intervistati si dichiara soddisfatto della formazione fruita (fig. 10), dato positivo che si associa alla percentuale pari a zero di dirigenti del tutto insoddisfatti. Tra coloro che si sono dichiarati poco soddisfatti (14,3% del totale), le motivazioni maggiormente ricorrenti riguardano la genericità dei programmi, ritenuti non tarati sui fabbisogni della P.A., e la durata dei corsi, reputata insufficiente od eccessiva. Fig. 12 – Negli ultimi due anni ha partecipato ad incontri finalizzati allo scambio o condivisione di esperienze con altre amministrazioni italiane, straniere o imprese private (incidenza %) Fig. 10 – Livello di soddisfazione in merito alla formazione fruita (valori %) 5. Le attese sulla formazione L’ultimo ambito di approfondimento della ricerca si è focalizzato sul tema delle attese riposte dai giovani dirigenti sulla attività formativa. A tale riguardo il giudizio sull’importanza della formazione, chiaramente positivo per quanto già visto in precedenza, è praticamente plebiscitario (fig. 13): essa non rappresenta solamente un punto fondamentale per il proprio sviluppo professionale (81,6%), ma anche un fattore di crescita e miglioramento per l’intera amministrazione di riferimento (85,4%). Quali fattori sono ritenuti determinanti (e quindi discriminanti) per la scelta di una attività formativa? Secondo gli intervistati prevale su tutti la professionalità dei docenti (53,1%, fig. 14), cui segue a breve distanza in termini di preferenze la chiarezza della proposta (50%). Sono comunque considerati rilevanti anche aspetti quali l’equilibrio tra teoria e pratica, il fatto che i contenuti siano mirati alle esigenze dell’amministrazione e a quelle del dirigente, nonché l’affidabilità del soggetto organizzatore. Ritorna, infine, la necessità di apertura a confronti con esperienze private, prima ancora, anche se di poco, di quelle sperimentabili con altre amministrazioni. Il tema della difficoltà nel trovare tempi adeguati allo svolgimento di attività formative è emerso con evidenza in diversi L’attività formativa si inserisce in contesti lavorativi diversi, e non sempre senza qualche difficoltà (fig. 11): la principale criticità evidenziata in proposito riguarda il fatto di dover effettuare l’attività durante gli orari lavorativi (52,4%), così come segnalazioni significative riguardano la rispondenza delle attività proposte rispetto alle esigenze (45,2%) e la sensibilità alle attività formative della amministrazione di appartenenza (42,9%). Sono ritenuti invece meno influenti aspetti come le modalità di erogazione delle attività, la lunghezza dei corsi o l’accessibilità delle sedi. Un ultimo aspetto di notevole arricchimento nello sviluppo professionale, non solo per la nuova dirigenza, ma probabilmente per molta parte del personale della P.A., riguarda la possibilità di scambi e/o la condivisione di esperienze con altre realtà. Il quadro che emerge dall’indagine mostra in tal senso una certa presenza del fenomeno (fig. 12), con una maggior ricorrenza di confronti con altre amministrazioni italiane (36,2%, in pratica oltre un dirigente su tre), e una presenza comunque significativa anche di reciproci scambi culturali con amministrazioni straniere (24,4%) e con imprese private (20%). 41 SEZIONE 3 - RICERCHE Fig. 13 – Le attese sulla formazione: è una leva utile al proprio sviluppo professionale e alla crescita e al miglioramento dell’amministrazione? (incidenza %) Fig. 15 – Modalità di erogazione di formazione ritenute più efficaci (valori % in graduatoria, risposte multiple) Fig. 16 – Requisiti ritenuti molto importanti nel proprio lavoro e formazione svolta sui temi negli ultimi due anni (valori %, nel grafico sono evidenziate le percentuali relative al primo aspetto) Fig. 14 – I fattori discriminanti nella scelta di una attività formativa (valori % in graduatoria, risposte multiple) momenti della ricerca: la soluzione proposta dai giovani dirigenti intervistati è una disponibilità quasi totale ad investire/utilizzare parte del proprio tempo personale per partecipare a corsi di formazione (98%). A conferma (se ce n’era bisogno) dell’importanza attribuita alla interazione tra amministrazioni, la modalità di erogazione ritenuta più efficace è, con notevole distacco rispetto ad altre possibili formule, la formazione inter-amministrazioni (73,5%, fig. 15), possibilmente intersettoriale, in modo da porre a confronto le esperienze ed evidenziare i casi di successo. Tra le altre soluzioni proposte, il 57,1% delle preferenze va alla formazione integrata (aula e formazione a distanza od on line), e il 46,9% alla formazione su progetti applicativi con una assistenza del consulente/formatore all’interno dell’amministrazione. Volendo incentrare l’attenzione sui requisiti ritenuti fondamentali da parte degli intervistati per la gestione del proprio lavoro, si è effettuato un incrocio delle risposte con l’attività di formazione effettivamente fruita4 (fig. 16). Al di là del livello delle percentuali rilevate, si coglie da un lato, l’importanza attribuita dai giovani dirigenti ai diversi skills, e dall’altro, la coerenza di questa con la corrispondente attività formativa svolta. I risultati ottenuti sono piuttosto interessanti: corrispondono anzitutto abbastanza in termini di ranking le quote relative alla capacità di comunicazione/negoziazione (che diventa però prioritaria nella percezione degli intervistati per l’83,3% del totale), alla capacità di leadership (che sale dal quarto al secondo posto) e alle competenze generali del ruolo manageriale (che scendono dalla prima alla terza posizione). In due casi invece, si riscontra uno “scompenso” tra la formazione fruita da una parte e l’importanza attribuita dall’altra: nel caso delle competenze funzionali tecnico specialistiche, si rileva una maggiore focalizzazione dell’attività formativa rispetto all’importanza attribuita dagli intervistati, mentre con riferimento alla gestione dei collaboratori si verifica il caso contrario, ovvero l’aspetto è ritenuto prioritario dai giovani dirigenti interpellati (57,4% del totale) a fronte di una attività formativa posizionata al penultimo posto nelle preferenze generali. Meno importanti appaiono invece requisiti quali la conoscenza delle lingue (rispetto alla quale sono poste su un piano più importante le competenze informatiche), mentre tra gli item lasciati alla libera indicazione da parte dei rispondenti si segnala la capacità ad avere un approccio nella programmazione del lavoro a medio - lungo termine. Nella fig. 17 viene posto a confronto il giudizio su quanto abbia investito la propria amministrazione in formazione negli ultimi due anni con l’opinione su quanto sia importante la formazione 4 Le due informazioni, espresse entrambe in termini percentuali, riguardano nel primo caso domande a risposta multipla e nel secondo la quota di risposte relative alla modalità “molto” riferita a ciascun requisito. Al di là dell’ordine di grandezza delle percentuali (in parte condizionate dalla diversa tipologia di domanda), sono comunque confrontabili i “picchi” e le “rientranze” causate da valori rispettivamente di livello alto o basso delle percentuali rilevate. 42 SEZIONE 3 - RICERCHE Fig. 18 – Investimenti in formazione effettuati sotto la responsabilità del dirigente intervistato e soddisfazione riscontrata nel feed back (valori %) Fig. 17 – Giudizio su quanto abbia investito la propria amministrazione in formazione negli ultimi due anni a confronto con l’opinione sull’importanza della formazione per la crescita della stessa (valori %) valutatori più pertinenti dell’esito dell’investimento effettuato. Il livello di soddisfazione nel feed back delle attività effettuate espresso dai responsabili può essere considerato positivo: il 78,3% si dichiara infatti a tale proposito “Soddisfatto” o “Molto soddisfatto”, a fronte di una quota di “Poco soddisfatti” pari a 17,4% e di “Del tutto insoddisfatti” pari solamente al 4,3%. L’ultima domanda del questionario di indagine ha infine riguardato gli argomenti più importanti da approfondire tramite attività di formazione dei prossimi due anni: la prevalenza delle indicazioni riguarda la funzione organizzativa e la gestione del ruolo manageriale (39,6%), per la quale si ribadisce un ruolo centrale, cui seguono a una certa distanza i temi del controllo di gestione (12,5%) e la funzione della comunicazione (10,4%). da parte dei rispondenti per la crescita della stessa, domanda i cui risultati sono stati già presentati nella fig. 13. Viste le evidenti differenze nella distribuzione delle risposte, la percezione degli intervistati è in sostanza che la sensibilità delle amministrazioni rispetto al tema della formazione sia ancora inferiore a quanto reputato necessario. Sotto la diretta responsabilità dei dirigenti intervistati, negli ultimi due anni sono stati effettuati corsi di formazione per il personale nella metà dei casi indagati (fig. 18), circostanza nella quale gli stessi, in quanto beneficiari indiretti, divengono probabilmente i Ricerca ISVOR FIAT “Lo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa” Salvatore Garbellano, La ricerca si focalizza su tre aree: 1. lo scenario della formazione: per presentare i dati quantitativi e qualitativi sulla formazione; 2. le business school: per analizzare la loro evoluzione e le innovazioni sia dal punto di vista dei contenuti che delle metodologie; 3. le corporate university: in cui si fa il punto sulla loro diffusione e si pongono in evidenza le sfide da cogliere per consolidarne il ruolo. Questo articolo presenta i principali risultati del documento del 2000 scritto in collaborazione con Filippo Martino, mentre è in via di preparazione il documento per il 2001. Il 2000 è stato l’anno dell’e-learning: un articolo della rivista della Booz·Allen & Hamilton ha come titolo significativo “Eeducation is the New New Thing”. Il 2000 ha mostrato come l’e-learning sia molto più che mettere corsi sulla rete: è un fattore abilitante dei processi aziendali, è una leva per il cambiamento e rientra nelle metodologie per Docente Senior ISVOR Fiat Ogni anno Isvor Fiat prepara un documento sullo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa per mettere in evidenza tendenze, innovazioni, best practices. Il report viene diffuso nel Gruppo Fiat al fine di fornire uno strumento di benchmarking ai responsabili sia di linea che ai responsabili della formazione e sviluppo. La ricerca è il risultato di un confronto con i centri di eccellenza internazionali effettuato tramite il monitoraggio delle offerte formative, le riviste specializzate, la partecipazione alle attività promosse dalle associazioni professionali (ad esempio, ASTD, ASFOR, AIF, EMFD), oltre che dal network – sia formale che informale - creato da Isvor con aziende, business school e corporate university, centri di ricerca (ad es., ICEDR). Questa ricerca viene completata con l’esame della letteratura manageriale per verificare e confrontare l’emergere di temi, esperienze, casi aziendali. 43 SEZIONE 3 - RICERCHE attuare il knowledge management, il “performance support”, il coinvolgimento dei collaboratori. Tutti gli studi mostrano in modo concorde la crescita dell’e-learning. Le ricerche dell’ASTD e del Corporate University Xchange evidenziano entrambe come, ancora oggi, quasi l’80% delle attività viene svolta in aula, mentre per il periodo 2002 e 2003 ci si aspetta una chiara inversione di tendenza: l’aula scenderà intorno al 60%, mentre le nuove tecnologie e l’ autoistruzione raggiungeranno quasi il 40%. I metodi di delivery da cui ci si attende maggiori tassi di crescita sono Intranet, Internet, Extranet cioè quelli che consentono la connessione in rete e l’interattività in tempo reale. Sta aumentando anche il valore del mercato dell’e-learning: l’International Data Corporation, stima che il valore della formazione in rete per le aziende sarà, nel 2003, di 11,4 miliardi di dollari e, sempre per quell’anno, per la prima volta i contenuti manageriali supereranno quelli concernenti l’Information Technology. D’altro canto, le prime diffusioni significative dell’e-learning hanno consentito di individuare i principali ostacoli all’implementazione su larga scala dei sistemi di apprendimento on-line: In media, il numero di giornate dedicate alla formazione diminuisce, passando da sei giornate (nel 1997 e nel 1998) a quattro nel 1999. Questo dato può sembrare in contraddizione con le tendenze segnalate in precedenza, ma a un più approfondito esame appare, nella realtà, coerente con i trend della formazione manageriale: oggi, alcuni indicatori che, per tradizione, costituivano parametri essenziali di benchmark, devono essere riesaminati alla luce della diffusione dell’apprendimento on-line. L’ASTD conferma la correlazione tra investimenti in formazione e redditività aziendale. Le aziende eccellenti sono quelle che maggiormente investono nella crescita professionale dei loro collaboratori: uno studio su 575 aziende quotate in borsa mostra, in modo evidente, la correlazione tra livelli di formazione e indicatori finanziari, quali il ROI, i margini di profitto, il reddito per dipendente. I primi dati del 2000 confermano ancora un leggero incremento negli investimenti in formazione, mentre per il 2001 le attese sono per una diminuzione. Le linee di tendenza • • • • • gli standard non sono stati ancora definiti; la disponibilità di bande adeguate è scarsa; sono ancora poche le esperienze pilota e i test; sono scarsamente diffuse le skill necessarie per realizzare programmi on-line (ad esempio, sono ancora poco numerose le professionalità in grado di organizzare delle informazioni); la capacità di gestire e implementare sistemi on-line è limitata. Anche il 2000 è un anno di significativa importanza per la formazione come leva che il top management utilizza per raggiungere gli obiettivi aziendali. In primo luogo, sono confermate le tendenze segnalate negli anni precedenti: • È opinione diffusa che soltanto nei prossimi anni emergerà una piattaforma e uno standard realmente comune. Oggi, numerose aziende stanno sviluppando tecnologie per l’apprendimento, ma nessuna pare avere ancora quei requisiti (il “Silver Bullet”) che consentono di ottenere una piattaforma integrata per l’apprendimento e il knowledge management. Come vedremo, sta emergendo, soprattutto tra le Corporate University, un modello di utilizzo dell’e-Learning denominato “blend”, che prevede in un medesimo percorso di apprendimento l’utilizzo combinato di metodologie tradizionali e innovative. • • • la formazione si trasforma da evento a processo per valorizzare le competenze professionali; viene attribuita maggiore importanza, da parte delle aziende e dei formatori, alla misurabilità dei ritorni in termini di apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla quantificazione dei benefici economici; è confermata la necessità di ottenere un elevato coinvolgimento del senior management aziendale (come sponsor e in qualità di docenti); è rafforzata la crescente autonomia dei professional nella scelta dei programmi e delle attività di formazione per sviluppare le competenze. Un recente studio di Zenger, Ulrich, Smallwood1 pone in evidenza che la formazione manageriale – in particolare quella della leadership - è sempre più caratterizzata per il forte collegamento con i risultati di business. Pertanto, deve: LO SCENARIO DELLA FORMAZIONE I dati quantitativi Tutti i report presentati nel 2000 hanno concordato nel sottolineare la costante crescita degli investimenti in formazione. La rivista Training, che ogni anno presenta un importante Industry Report segnala che gli investimenti in formazione nelle aziende americane hanno raggiunto i 54 miliardi di dollari, con un ulteriore incremento rispetto all’anno precedente. Anche l’ASTD Benchmarking Forum (a cui partecipano soltanto grandi organizzazioni americane ed europee) evidenzia che la spesa media per la formazione sul totale del monte retributivo è arrivata, nel 1999, al 3,2%, il livello più alto negli ultimi anni (nel 1998 era il 2,62%, mentre nel 1997 era del 2,83). Per molte aziende eccellenti questi dati sono ben più elevato, così da consolidare la tendenza all’aumento del divario con le aziende leader: ad esempio, alcune società quali la Ernst & Young, ma anche General Electric e Hewlett-Packard si pongono in modo netto al di sopra della media. • • • • • avere chiare finalità di business e consapevolezza dei risultati attesi: ad esempio, contribuendo a produrre miglioramenti di performance misurabili facilitando e accelerando importanti iniziative aziendali; essere coerente con il sistema di sviluppo organizzativo; collegare le competenze ai risultati: lo sviluppo delle competenze deve essere correlato ai risultati; ad esempio, il coaching deve tradursi in un aumento della fidelizzazione dei collaboratori; ogni declaratoria di competenza deve essere seguita da prassi e comportamenti così da avere un elenco di benefici di business o risultati attesi; utilizzare una pluralità di metodologie di apprendimento; creare situazioni realistiche: simulare situazioni di pressione in cui imparare, fallire, provare ancora; i nuovi programmi devono preparare i partecipanti a saper accelerare rapida- Zenger, J.; Ulrich, D.; Smallwood, N. “The new leadership development”. Training & Development, vol. 54 (March 2000), p. 22-27. 44 SEZIONE 3 - RICERCHE vendere prodotti a un numero significativamente elevato di persone. Questo non è il business di Wharton….. C’è una metodologia appropriata per ciascun contenuto: certe cose si possono apprendere soltanto discutendo i casi, altre utilizzando il computer. Noi dobbiamo rompere il nostro modo di vedere le cose, per cui c’è un’unica metodologia che va bene per tutto”. Una risposta sempre più frequente attuata dalle Business School è la crescita – in alcuni casi veramente sostenuta - dei programmi personalizzati, non più riservati ai team di vertice, ma anche ai livelli più operativi di management. Per questo motivo non è più sufficiente avere i “guru”; ma si ampliano le faculty per poter preparare un maggior numero di ricerche e casi aziendali. Le Business School stanno diventando snodi di un vero e proprio sistema a rete intorno al quale gravitano altri soggetti. Per la prima volta, si creano alleanze tra business school forti: ad esempio, Insead e Wharton sono impegnate a sviluppare nuovi corsi in cui saranno coinvolte entrambe le faculty e che avranno un “co-branding”; sarà creato un nuovo centro di ricerca; si utilizzeranno le possibilità di cooperazione offerte dalle nuove tecnologie. In questi ultimi tempi si accentua un fenomeno che era appena visibile qualche tempo fa: le business school promuovono la nascita di nuove società che operano sul mercato “esterno” dell’on-line, spesso con la collaborazione di partner forti dal punto di vista delle tecnologie. Tra i numerosi esempi possibili, la New York University ha creato la NYUonline, che ha, a sua volta, formato una serie di alleanze per creare software per l’e-learning. La Columbia ha creato la Morning Ventures Inc., un’azienda a fini di lucro per sfruttare le risorse accademiche dell’Università – dal business alle arti, alle scienze e alla medicina – per creare e vendere corsi on-line. Insead ha avviato la sua presenza sul mercato on-line. Allo stesso modo, il Babson College sta creando la propria società on-line anche per premiare con nuove modalità la faculty. Alcune business school stanno cercando di agire in partnership con le corporate university e le società di consulenza, in particolare, quando occorre lavorare in modo globale ed efficace con un cliente internazionale. Secondo gli studi del Corporate University Xchange, la collaborazione tra business school e corporate university è particolarmente forte negli USA, più difficile in Europa. Negli USA, le corporate university hanno completamente accolto l’idea che le business school debbano sviluppare i programmi necessari per raggiungere gli obiettivi aziendali; in Europa, invece, spesso si considerano potenziali rivali. mente i ritmi di apprendimento e ad ottenere elevate prestazioni in situazioni sfidanti. Altri autori2 mettono in evidenza l’emergere di un nuovo paradigma della formazione manageriale guidato dal cliente e dai partecipanti, così da renderli attivi nei processi di apprendimento e cambiamento. La formazione è spesso il primo passo nella creazione di un sistema di supporto delle decisioni che i manager potranno usare in ogni luogo in una logica di just in time. La formazione diventa il luogo che cattura la conoscenza all’interno dell’organizzazione e la ridistribuisce in tempo reale: • contribuisce a identificare i nuovi bisogni di conoscenza e i requirement nei sistemi a supporto delle decisioni; • è collegata in modo diretto alla creazione della conoscenza e alla sua disseminazione all’interno dell’organizzazione; • ha una forte integrazione con i sistemi informativi aziendali. LE BUSINESS SCHOOL ALLA RICERCA DEL BUSINESS Gli ultimi anni del ’90 hanno segnato la fine del netto predominio delle business school: la forte concorrenza da parte delle grandi società di consulenza, il sorgere di nuovi competitori on-line, la crescente globalizzazione della domanda, l’utilizzo diffuso delle nuove tecnologie informatiche e – non ultimo – la diffusione delle corporate university nelle principali aziende, hanno incrinato il predominio delle business school e hanno profondamente mutato i rapporti tra i soggetti impegnati nella formazione. Le società di consulenza tendono anch’esse ad allungare la propria catena del valore, ma anche le società impegnate nei media e nell’editoria (quali, McGraw Hill e Financial Time) hanno ampliato la loro offerta nel campo della formazione manageriale ritenendo di avere un’elevata rapidità di risposta e una forte capacità di svolgere attività su scala globale. Si intensifica anche la concorrenza da parte delle Università che – utilizzando le competenze in loro possesso e il know-how acquisito con le sperimentazioni nel distance learning per i propri studenti – iniziano a offrire in modo più sistematico attività di formazione per le aziende. Le nuove società nate con l’e-learning, come è noto, acquistano sempre maggiore spazio. Di certo, le tradizionali linee di confine tra i settori stanno diventando meno marcate e più fluide (“blur”); tuttavia, entrare nel business della formazione, vuol dire avere capacità di cambiare in modo significativo le core competencies aziendali. La situazione di grande cambiamento ha trovato riscontro nel numero elevato di nomine di nuovi Dean sia in USA che in Europa (ad esempio, London Business School, Wharton e Insead). Il nuovo Dean di Wharton – Patrick Harker - ha così individuato la priorità per il suo mandato: ripensare i processi di apprendimento alla luce della crescente diffusione delle nuove tecnologie: “per Wharton, è un dato acquisito che occorra utilizzare le nuove tecnologie per i processi di apprendimento, non è chiaro, invece, come utilizzare la tecnologia per creare economie di scopo e non già per ottenere economie di scala. Molte business school utilizzano le nuove tecnologie come nuovi canali di distribuzione per I CONTENUTI EMERGENTI: L’ANNO DELL’E-TUTTO Nel 2000 vi è stato un unico grande tema che, di fatto, ha monopolizzato l’innovazione nei contenuti dei programmi: l’e-business. Tutte le business school in USA e in Europa hanno introdotto nuovi programmi legati all’e-business: non c’è attività aziendale (processi, “practices”, metodologie, metodi manageriali, strategia, organizzazione, leadership, gestione del personale ecc.), che non sia stata esaminata e proposta in termini di new economy. Connesso alla new economy è il tema dell’imprenditorialità. Negli ultimi anni, le principali business school, hanno dedicato crescenti risorse alla formazione dei nuovi imprenditori. Inoltre, 2 Wind, J.; Reibstein, D. “Reinventing training for the global information age”. Wharton Working Paper, March 2000. 45 SEZIONE 3 - RICERCHE motori del cambiamento, diffondendo valori, politiche, metodologie aziendali. Nel 2000 sono diventati ancora più forti i fattori che hanno sostenuto la crescita delle Corporate University: sempre più svolgono una funzione attiva nella nascita di nuove aziende innovative, promosse dai partecipanti. Ad esempio, la London Business School e la Haas School of Business di Berkeley hanno creato un incubator per le start-up degli alunni degli MBA. Tra gli altri temi a crescente rilevanza vi è il knowledge management; la leadership continua a costituire un altro dei pilastri della formazione manageriale; sui temi degli economics, persiste la forte presenza del Shareholder Value, della Balanced Scorecard, in particolare, cresce l’attenzione verso la misurazione degli asset intangibili, quali, ad esempio, il capitale intellettuale, il valore della marca, ecc. Nel marketing, rimangono centrali i temi della customer satisfaction e della fidelizzazione del cliente, mentre il customer relation management è diventato una propria specifica disciplina di marketing. Costante è l’attenzione verso i temi del manufacturing e della qualità. In particolare, l’applicazione delle nuove tecnologie per la gestione dei processi produttivi costituisce una dei più significativi punti di focalizzazione, mentre, sulla qualità, la metodologia predominante è il Sei Sigma. • • • • • • la crescente rilevanza del know-how per la competitività; la presenza di obiettivi di business aziendali stringenti; la necessità di accelerare la velocità con cui raggiungere i risultati; l’opportunità di creare allineamento tra valori, obiettivi aziendali, persone; l’ampliamento delle opportunità tecnologiche; il persistere della guerra dei talenti. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, sono numerose le ricerche che evidenziano il ruolo delle Corporate University nella retention dei talenti: secondo Fortune, la possibilità di avere una formazione continua è considerata uno dei principali fattori di attrattiva. In numerose aziende, le attività di sviluppo manageriale sono componente essenziale del talent lifecycle: identificare > attirare > integrare > sviluppare > motivare > trattenere. Per questi motivi, il modello di definizione delle Corporate University presentato, negli anni scorsi, dal Corporate University Xchange è confermato (figura 1). Oggi, alla luce dell’andamento delle principali aziende americane è opportuno fare qualche altra considerazione. La crescita delle Corporate University ha coinciso con il più lungo periodo di espansione economica. Il rallentamento dei tassi di sviluppo delle aziende –soprattutto nella fine del 2000 e nel primo trimestre dell’anno in corso – potrebbe limitare la sfera di azione delle Corporate University? LE CORPORATE UNIVERSITY Anche nel 2000 le Corporate University hanno confermato la loro centralità nell’attuazione delle strategie delle grandi aziende. Più in generale, le Corporate University hanno avuto la capacità di confermarsi come una delle leve più efficaci sia per realizzare iniziative strategiche sia – in molti casi – per diventare importanti Figura 1 – Modello di corporate university Modello di Corporate University 46 SEZIONE 3 - RICERCHE Secondo il Financial Times, le Corporate University non entreranno in crisi. Da un lato, la necessità di competere attraverso la conoscenza ne rafforza il ruolo; dall’altro, le possibili difficoltà economiche che numerose aziende dovranno affrontare spingeranno le Corporate University: ente burocratico, che fornisce formazione priva di rilevanza». D’altro canto, l’importanza dei temi e la rilevanza degli investimenti richiesti per la diffusione delle nuove tecnologie spingono in questa direzione. In alcune aziende, la presenza è formalizzata in un “council” al massimo livello. • • • LE ATTIVITÀ DELLE CORPORATE UNIVERSITY a una più rigorosa gestione economica; a recuperare spazi di efficienza; a incrementare la propria presenza sul mercato esterno attraverso più incisive politiche di marketing e comunicazione (ad esempio, attraverso la valorizzazione del marchio). Riprendendo lo schema di una delle più note Corporate University europee, l’attività di una Corporate University eccellente per il mercato “interno” può essere così raffigurata (figura 2). Nella mappa sono indicate le tre attività fondamentali svolte per la Corporate: le iniziative di aula, i progetti di action learning, l’elearning. L’impegno di numerose Corporate University consiste nell’implementare un sistema integrato di apprendimento orientato al raggiungimento dei risultati aziendali. La validità e l’efficacia del sistema dipendono, in buona misura dalla capacità di integrare, in modo coerente, questa molteplicità di opportunità e situazioni di apprendimento e finalizzarle all’attuazione dei valori e della realizzazione degli obiettivi strategici. In definitiva, la necessità di gestire le Corporate University come “service company” esce rafforzata e probabilmente accelerata. Un recente studio del Corporate University Xchange mostra che un numero crescente di Corporate University sarà gestita come un business: entro il 2003, oltre il 50% diventerà un centro di profitto contro il 31% del 2000. Rapidamente si stanno modificando anche le fonti di finanziamento: diminuisce l’apporto garantito dalla Corporate, mentre aumentano i programmi per l’esterno, vengono offerti servizi di consulenza, anche per aiutare altre aziende a creare la propria Corporate University. Probabilmente, i nuovi scenari che si vanno delineando renderanno ancora più forte il coinvolgimento del vertice aziendale nelle attività delle corporate university migliorando l’integrazione dei progetti di formazione con gli obiettivi strategici aziendali. Come scrive l’ICEDR: «se una Corporate University non è collegata alle strategie e al team di vertice, può facilmente diventare un L’ACTION LEARNING PER OTTENERE RISULTATI E SVILUPPARE LA LEADERSHIP Una parte crescente delle attività delle Corporate University, non riguarda soltanto quelle di tipo esperenziale (quali casi, simulazio- Figura 2 – La mappa delle attività La mappa delle attività 47 SEZIONE 3 - RICERCHE ni, outdoor), ma sono sempre più collegate alle iniziative che fanno riferimento a specifiche e, spesso, urgenti attività di business. I partecipanti a questi progetti sono i manager che, il più delle volte, saranno chiamati ad attuare e gestire la fase di implementazione. I temi sono identificati sempre e soltanto dai vertici aziendali o comunque da importanti responsabili di business. È significativo evidenziare che una buona parte delle attività di action learning è parte integrante dei programmi di sviluppo della leadership per le risorse considerate “core”. È, quindi, un’action learning guidato dalle esigenze del business e che, oggi, utilizza una pluralità di metodi di apprendimento: individuali e in team, apporti consulenziali, benchmarking, apprendimento a distanza (figura 3). Un caso interessante di integrazione tra action learning, e-learning e knowledge management è quello di Siemens, che, negli ultimi anni, ha fatto un significativo sforzo economico e professionale per utilizzare al meglio le nuove tecnologie dell’apprendimento progettando un sistema (piattaforma) chiamato marketplace che, tra le numerose funzionalità, ha anche i moduli a supporto dell’action learning. In questa piattaforma vi sono: l’elenco dei progetti attivi di action learning; i data base sui progetti svolti; le conoscenze necessarie per lo svolgimento dei progetti; l’indicazione dei profili professionali utili allo svolgimento dei progetti; il virtual marketplace: il sito su cui possono essere lanciate e raccolte idee per lo svolgimento di progetti. panti e ridurre i costi connessi alla formazione in aula (spese di viaggio, distacco dal lavoro ecc.). Oltre ai casi storici di Dell (quasi il 100% delle attività sono svolte on-line), si amplia il numero di aziende che stanno espandendo velocemente le attività on-line o le stanno aprendo. Il caso più significativo del 2000 è forse quello di Daimler Chrysler che ha di recente avviato la propria corporate university on-line (DCU-online) in collaborazione con l’IMD e Harvard in cui uno dei target più significativi è costituito dal senior management ai quali fornirà non soltanto un continuo aggiornamento sui più recenti trend di business, ma anche uno strumento di knowledge management. Il responsabile del knowledge management del gruppo è contemporaneamente senior manager di DCU-online. Gli esempi di maggiore successo mostrano in modo chiaro che l’e-learning ha efficacia elevata quando è fortemente integrato nel sistema e nei processi aziendali. E’ già stata segnalata l’esperienza di Dell. Tra le condizioni che hanno contribuito al diffondersi dell’e-learning in questa azienda, vi è, non soltanto l’elevato grado di virtualità del sistema aziendale (e-marketing, e-supply-chain ecc.), ma anche dell’intero sistema di gestione delle persone. In Dell, il sistema di valutazione delle performance, i piani di sviluppo, il sistema di compensation è su rete (figura 4). L’importanza dell’integrazione dell’e-learning ha anche un’altra valenza: oggi, sta crescendo in modo significativo il “learning on demand”. Il Learning on Demand (LoD) utilizza la tecnologia per consentire e incoraggiare le persone ad imparare e acquisire nuove skill mentre sono impegnate nella soluzione di problemi aziendali o di attività da svolgere. ll processo di apprendimento ha luogo nel contesto operativo e dietro specifica richiesta formulata, quando se ne ravvisa la necessità, nell’ambito delle attività di lavoro. L’ANNO DELL’E-LEARNING La seconda grande area di intervento delle Corporate University è costituita dall’e-learning per aumentare il numero dei parteci- Figura 3 – Metodologie di apprendimento nei programmi di action learning 48 SEZIONE 3 - RICERCHE L’esperienza delle grandi aziende che stanno attuando significativi progetti di e-learning mette in evidenza i fattori critici di successo: Una degli esempi più significativi di LoD è quello di Cisco Systems che evidenzia anche le strette connessioni che si possono realizzare tra e-commerce, e-customer care, e-learning. • • • • • • • • • LE SFIDE DELL’E-LEARNING PER LE CORPORATE UNIVERSITY Il diffondersi del learning on demand pone nuove aree di criticità per le corporate university. Secondo Wiggenhorn, per Motorola University, la maggiore sfida consiste nella capacità di gestire l’interazione tra esperti di contenuto, esperti di packaging e distributori. Ciò richiede un sistema gestionale che funziona worldwide sia per i partecipanti che per i manager. È necessario avere un team che abbia in sé diverse competenze e che lavori per raggiungere un obiettivo comune, anche per IBM questo aspetto è essenziale.La knowledge factory deve avere: • un modello di produzione (chiara definizione di ruoli e responsabilità delle persone; definizione di cicli di produzione); • semplicità delle metodologie e degli strumenti di sviluppo dei nuovi prodotti per ridurre il time to market; • capacità di riutilizzare i “learning objects” per ridurre i tempi e i costi. A maggior ragione per le altre corporate university che operano in settori distanti dall’information technology, questo tema è ancora più stringente: spesso il team è composto da persone di società diverse e quindi con profili professionali e culture organizzative da rendere compatibili. Avere la capacità di guidare e gestire questi team costituirà una delle competenze essenziali che le corporate university devono possedere per poter svolgere con efficacia il proprio ruolo. e-learning come priorità aziendale (“business imperative”); elevata capacità di pianificare l’implementazione; persistente e mirata comunicazione; capacità di costituire “massa critica”; elevata capacità di progettare i corsi; competenza sui contenuti; efficienza produttiva e capacità di controllo dei costi; forte capacità di effettuare investimenti in infrastrutture; capacità di utilizzare un mix di metodologie per l’apprendimento. Un recente benchmark della PricewaterhouseCooper ha mostrato che quasi tutte le attività di apprendimento sono fondate su budget annuali. Poche aziende hanno investimenti a lungo termine: l’e-learning continua a esser considerato come un costo annuo sul budget. Tutte le esperienze di successo, invece, mostrano un forte investimento finanziario che si prolunga negli anni e che non può essere ristretto nell’ottica di budget. Il diffondersi del modello dell’azienda rete spinge le corporate university ad avere come interlocutori anche i partner, i canali di distribuzione, i fornitori (la supply-chain) e, in generale, i principali stakeholder dell’azienda. Già oggi alcune società offrono attività in e-learning per i clienti finali aziendali (ad esempio, Schwab). L’e-learning, pertanto, può costituire un importante fattore di integrazione tra i diversi snodi della rete per diffondere valori, conoscenze, metodologie comuni. Figura 4 - 49 SEZIONE 4 - NOTIZIE ASFOR Sezione 4 Notizie ASFOR Protocollo d'Intesa tra DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E ASFOR - ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE ALLA DIREZIONE AZIENDALE IL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E ASFOR RITENGONO Qualità dei servizi formativi delle scuole associate aderenti ad ASFOR che svolgono attività di formazione per la Pubblica Amministrazione • che la condivisione di culture formative diverse e l’elaborazione e l’attuazione, da parte di ASFOR e degli Istituti associati, di una strategia coordinata di interventi operativi, in coerenza con gli obiettivi in tale ambito indicati dalla Direttiva sulla formazione del 13 dicembre 2001 del Ministro per la funzione pubblica, consentirà di assicurare elevati standard di qualità dei servizi formativi da essi offerti, anche attraverso lo scambio di buone pratiche, al fine di rafforzare l’efficacia, l’efficienza e la economicità della gestione dell’offerta formativa per il personale della pubblica amministrazione; • che un tema di particolare interesse e meritevole di approfondimento sia quello relativo alla formazione dei formatori per la Pubblica Amministrazione. PREMESSO – che l’attuale fase di significative trasformazioni organizzative e gestionali delle istituzioni pubbliche, necessita di un approccio innovativo all’offerta formativa sul piano dei contenuti, dei metodi e delle tecnologie di supporto; – che l’ASFOR associa le principali Scuole di Management e Corporate University ed importanti Istituzioni formative pubbliche e private ed è impegnata a svolgere un ruolo di garante della qualità e della coerenza dei processi formativi, anche attraverso la costruzione ed il rafforzamento di un sistema formativo manageriale italiano che possa rispondere ai reali bisogni sia delle Amministrazioni Pubbliche che delle Organizzazioni private; IL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E ASFOR CONCORDANO CHE – che l’ASFOR e gli Istituti associati aderenti a questo Protocollo intendono adottare analoghi standard di qualità nei percorsi formativi realizzati per il personale della pubblica amministrazione; In una prima fase l’ASFOR e gli Istituti associati concentreranno lo sforzo per una politica formativa di qualità per le pubbliche amministrazioni sulla “formazione in presenza”, avendo però attenzione in prospettiva alle altre forme evolute e innovative di formazione (ricerca azione, action learning, mentoring, ricerca formazione, out-door learning, ecc.), comprese quelle inserite in progetti più ampi di sviluppo organizzativo e di internazionalizzazione. Dal momento che il processo formativo può essere concettualmente scandito in quattro fasi a) Analisi e diagnosi del fabbisogno; b) Progettazione degli interventi; c) Erogazione dei servizi formativi; d) Monitoraggio e valutazione dei risultati l’ASFOR e gli Istituti ad essa associati si impegnano a sviluppare azioni e a definire standard comuni misurabili e verificabili per ognuna delle quattro fasi nelle quali si articola il processo formativo. Le azioni comuni, che dovranno essere opportunamente documentate, potranno esprimersi, con modalità diverse, secondo le peculiarità organizzative e le strategie specifiche di ciascuna Scuola. In particolare, tali azioni sono: – che tale impegno potrà favorire la realizzazione di un’azione comune ed integrata tra il sistema di offerta formativa proposto dall’ASFOR ed il sistema delle Scuole nazionali pubbliche di formazione, pur nella diversità, originalità e creatività delle soluzioni adottate; Per la fase A – ANALISI E DIAGNOSI DEL FABBISOGNO 1. Sensibilizzazione/responsabilizzazione della committenza 2. Analisi dei fabbisogni formativi del target di riferimento, intesa come lettura congiunta delle esigenze dell’unità orga- – che la collaborazione tra l’ASFOR ed il Dipartimento della funzione pubblica potrà favorire la realizzazione di sinergie tra i diversi soggetti impegnati nella formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, mirate al miglioramento della qualità dei servizi formativi, attraverso la progettazione e lo sviluppo di interventi specifici per il personale delle pubbliche amministrazioni; – che il Dipartimento della funzione pubblica ha promosso un Protocollo d’Intesa tra le Scuole nazionali pubbliche di formazione, siglato il 24 aprile 2002, che ha per oggetto lo sviluppo di una politica ed una cultura che assicurino elevati standard di qualità dei servizi formativi offerti, in linea con lo sviluppo professionale dei partecipanti e lo sviluppo organizzativo delle amministrazioni di provenienza; 50 SEZIONE 4 - NOTIZIE ASFOR nizzativa di riferimento (committenza) e dei bisogni degli individui 3. Realizzazione di data-base dei partecipanti (o potenziali utenti), con esperienze, fabbisogni, attese La segreteria del Comitato e le relative spese di funzionamento saranno curate da ASFOR. Le spese relative all’esperto componente del Comitato e alla eventuale partecipazione alle riunioni di ulteriori esperti saranno a carico di ASFOR. Le spese per l’attività del rappresentante del Dipartimento della Funzione Pubblica nel Comitato saranno a carico del Dipartimento stesso. Compito del Comitato sarà quello di svolgere un servizio di audit presso le Scuole ASFOR che aderiranno individualmente al protocollo, e che si realizzerà anche con una visita annuale in data concordata. Più in generale, il Comitato avrà il compito di assicurare il necessario impulso e coordinamento ed il rispetto delle attività previste dal presente Protocollo. Si riunirà almeno due volte nel semestre e comunque tutte le volte che uno dei componenti ne faccia richiesta. Eventuali costi relativi alle visite da parte di esperti designati dal Comitato saranno equamente ripartiti tra le Scuole (cioè sostenute pro-quota dagli Istituti che ricevono la visita di verifica). Le Parti auspicano l’attivazione, nel prossimo futuro, di un Tavolo di analisi e confronto tra organismi pubblici e privati operanti nel settore della formazione per il personale della pubblica amministrazione, al fine di codificare i tratti caratterizzanti di un “Comune Sistema Formativo di Qualità”. Il presente Protocollo ha la durata di tre anni e potrà essere rinnovato, per un periodo da concordare, su comunicazione di una delle parti, con assenso scritto delle altre parti, entro tre mesi dalla proposta di rinnovo. Per la fase B – PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI 4. Definizione degli obiettivi di formazione e di apprendimento 5. Metodologia didattica, modulata sulla giornata formativa, che privilegi la didattica attiva, basata su esercitazioni pratiche, lavoro di gruppo, casi di studio, simulazioni, role playing, e uso di supporti multimediali 6. Individuazione del responsabile per ogni corso 7. Formazione e tenuta di un elenco docenti e fornitori, con specifica competenza Per la fase C – EROGAZIONE DEI SERVIZI FORMATIVI 8. Monitoraggio costante del processo formativo tramite “professional” e adeguati “strumenti” di verifica in itinere dell’apprendimento 9. Standard di svolgimento (es. di regola, soglia massima di 30 allievi per corso o collegare il numero dei partecipanti alle metodologie formative utilizzate) 10. Revisione (se necessario) di obiettivi didattici, di metodi, di contenuti Per la fase D – MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEI RISULTATI 11. Valutazioni di feed-back (questionario di gradimento con elementi di valutazione/autovalutazione della didattica e dell’apprendimento) 12. Prove di verifica finali o d’esame (se previste) 13. Valutazione del processo 14. Valutazione dell’impatto organizzativo tramite questionario (almeno annuale) di feed-back sui committenti e sugli stessi ex allievi 15. Incontro annuale dei responsabili dei corsi sui temi della qualità della formazione. Appendice I I Soci ASFOR sottoscriveranno individualmente il Protocollo d’Intesa, e conseguentemente tali documenti saranno parte integrante del presente Protocollo*. Con l’intento di promuovere e verificare l’attuazione delle attività previste dal presente protocollo d’intesa, nello spirito di una solidale cooperazione culturale e nella prospettiva di un miglioramento continuo dei servizi formativi, viene istituito un apposito Comitato per la verifica e lo sviluppo della qualità. Il Comitato sarà costituito da tre rappresentanti di ASFOR, un rappresentante del Dipartimento della Funzione Pubblica e da un esperto in materia di qualità, per realizzare un servizio di audit presso le Istituzioni individuate nel Protocollo, attraverso un’attività di monitoraggio annuale sul rispetto dei criteri di qualità. I rappresentanti ASFOR verranno annualmente indicati dalla Presidenza dell’Associazione. Per l’ASFOR Il Presidente Dott. Claudio Poli Per il Dipartimento della Funzione Pubblica Il Capo Dipartimento della Funzione Pubblica Dot. Carlo D’Orta Roma, Palazzo Ghidoni, 28 giugno 2002 * Sul sito www.asfor.it potrete trovare l’elenco aggiornato dei soci che hanno sottoscritto l’accordo. 51 Gli Organi Istituzionali Presidente Claudio POLI ISVOR FIAT S.p.A. Consiglio Direttivo Mauro BOATI Elio BORGONOVI Marco CASTELLETT Dario GATTINONI Daniele MOSCA Vladimir NANUT Vittorio PARAVIA Costanza PATTI Giuseppe PERRONE Luigi PIERACCIONI Claudio PITILINO Antonio RUSSO Roberto SUARES Maurizio TARQUINI Elio VERA IF Italia Forma S.r.l. SDA Bocconi Gruppo Telecom Italia S.p.A. Iref Elea S.p.A. MIB School of Management Fondazione Antonio Genovesi Salerno-SDOA Confindustria Fondazione Giuseppe Taliercio Istituto Guglielmo Tagliacarne Profingest SPEGEA IBM Learning Services LUISS CESMA - Centro Esperienze e Studi di Management Segretario Generale Mauro MEDA Revisori dei Conti Claudio SALA - Presidente Pierangelo CIGNOLI Mario GOBBI Collegio dei Probiviri Gianfranco GAMBIGLIANI Franco GIACOMAZZI Gabriele MORELLO Advisory Board Piero BONTADINI Silvio BRONDONI Piergiorgio COIN Riccardo PERISSICH Roberto RUOZI Giorgio SAMPIETRO Sergio ZOPPI Past President ASFOR Ordinario di Marketing e Direttore dell’Istituto di Economia d’Impresa all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e Coordinatore Advisory Board Vice Presidente del Gruppo COIN S.p.A. Consigliere di Pirelli S.p.A. Direttore Istituto Economia degli Intermediari Finanziari Università Bocconi Presidente di Unilever Italia S.p.A. Presidente CRA, Centro Nazionale Ricerche dell’Agricoltura 52 ASSOCIATI ASFOR Gli Associati ACCADEMIA DI COMUNICAZIONE Via Savona, 112 A 20144 MILANO Tel.[02] 230061 - Fax. 23006200 Internet: http://www.hdemia.it ASERI Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali Via San Vittore, 18 20123 MILANO Tel. [02] 4693856 - Fax. 4694845 Internet: http://www.unicatt.it/aseri ATENEO IMPRESA S.p.A Corso Vittorio Emanuele II, 18 00186 ROMA Tel. [06] 69920231- Fax. 69922515 Internet: http://www.ateneoimpresa.it BERGAMO FORMAZIONE Via S. Zilioli, 2 24121 BERGAMO Tel. [035] 3888011 - Fax. 247169 Internet: http://www.bg.camcom.it BIC CALABRIA Businness Innovation Centre Via Alberto Serra, 46 87100 COSENZA Tel. [0984] 391455 - Fax.391507 Internet: http://www.biccal.it BUREAU VERITAS ITALIA S.r.l. Viale Monza, 265 20126 MILANO Tel. [02] 27091227 - Fax. 27006815 Internet: http://www.bureauveritas.com CE.RI.SDI Castello Utveggio - Via Pietro Bonanno 90142 PALERMO Tel. [091] 6391111 - Fax. 6372570 Internet: http://www.cerisdi.it CENTRO DI FORMAZIONE IMPRENDITORIALE Via Cacciatori delle Alpi, 42 06100 PERUGIA Tel. [075] 5997254 - Fax. 5999070 Internet: http://www.centroformazione.it CESMA Centro Esperienze e Studi di Management Piazzale Giulio Cesare, 4 20145 MILANO Tel. [02] 4694018 - Fax. 462990 Internet:http://www.cesma.org CFMT Centro di Formazione e Management del Terziario Via Stoppani, 6 20129 MILANO Tel. [02] 29406640 - Fax. 29405329 Internet:http://www.cfmt.it CIS Scuola Aziendale di Formazione Superiore Via Picard,18/9 42100 REGGIO EMILIA Tel.[0522] 791963 - Fax. 307445 Internet:http://www.cis-formazione.it CO.IN.FO Consorzio Interuniversitario sulla formazione c/o Università degli Studi di Torino Via Verdi, 8 10124 TORINO Tel.[011] 6702290 - Fax. 8140483 Internet:http://www.csiaunica.it/coinfo COMERINT S.p.A. Via Paolo Di Dono, 223 00142 ROMA Tel. [06] 51990.1- Fax. 51990779 Internet:http://www.dietsmann.com CONFINDUSTRIA Viale dell'Astronomia, 30 00144 ROMA Tel. [06] 59031 - Fax. 5903392 Internet:http://www.confindustria.it CONSORZIO PAVESE PER STUDI POST-UNIVERSITARI NELL’AREA ECONOMIA AZIENDALE Viale Cesare Battisti, 54 27100 PAVIA Tel. [0382] 28097 - Fax. 20577 Internet:http:// www.consorziopaesestudipostuniversitari.it CTC Centro di Formazione Manageriale e Gestione d’Impresa Piazza Costituzione,8 40128 BOLOGNA Tel.[051] 6093200- Fax. 6331294 Internet:http://www.ctcformazione.it DIREZIONE CENTRALE FORMAZIONE E SVILUPPO COMPETENZE - I.N.P.S. Via Ciro il Grande, 21 00144 ROMA Tel. [06] 59053989 Fax 59053993 Internet: http://www.inps.it EBS MILANO S.c.a.r.l. European Business School Milano Viale Fulvio Testi, 223 20162 MILANO Tel. [02] 66124342 - Fax. 66124316 Internet:http://www.ebs.milano.it EUROS CONSULTING S.p.A. Corso Magenta, 57 20123 MILANO Tel. [02] 499011 - Fax. 49901612 Internet:http://www.euros.it FONDAZIONE “GIORDANO DELL’AMORE” Via San Vigilio, 10 20142 MILANO Tel. [02] 8135341 - Fax. 8137481 Internet:http://www.fgda.org FONDAZIONE ALMA MATER Villa Gandolfi Pallavicini, Via Martelli,22/24 40138 BOLOGNA Tel. [051] 6024555 - Fax. 6024562 Internet:http://www.alma-mater.it FONDAZIONE ANTONIO GENOVESI SALERNO – SDOA Via G. Pellegrino,19 84019 Vietri sul Mare (SA) Tel. [089] 761166 - Fax. 210002 Internet:http://www.sdoa.it FONDAZIONE CUOA Villa Valmarana Morosini 36077 Altavilla Vicentina (VI) Tel. [0444] 333711 - Fax. 333999 Internet: http://www.cuoa.it FONDAZIONE GIUSEPPE TALIERCIO Via IV Novembre, 152 00187 ROMA Tel. [06] 6920971- Fax. 69209707 Internet:http://www.fondtaliercio.it FONDAZIONE PER L’ISTITUTO DIRIGENTI ITALIANI-I.D.I. Corso Porta Romana, 51 20122 MILANO Tel. [02] 54123001 - Fax. 54119604 Internet:http://www.fondazioneidi.it FORMAPER Via Camperio, 1 20123 MILANO Tel. [02] 8515.5385 - Fax. 85155290 Internet:http://www.formaper.com FORMEZ Via Salaria 229 00199 ROMA Tel. [06] 84891 - Fax. 84893269 Internet:http://www.formez.it EF CORPORATE LANGUAGE TRAINING Corso Vittorio Emanuele, 24 20122 MILANO Tel. [02] 77891 Fax 782733 Internet: http://www.ef.com www.englishtown.com GRUPPO TELECOM ITALIA S.p.A Viale PArco de’ Medici, 61 00148 ROMA Tel. [06] 36899226 - Fax. 36872119 Internet:http://www.telecomitalia.it ELEA S.p.A. Corso Massimo D'Azeglio, 69 10015 Ivrea (TO) Tel. [0125] 2599021 Fax 2599215 Internet:http://www.elea.it IBM LEARNING SERVICES Via Isimbardi, 10 22060 NOVEDRATE Tel. [031] 796515 - Fax 796257 Internet:http://www.ibm.com/services/learning/it ENI CORPORATE UNIVERSITY S.p.A. Scuola Enrico Mattei Via S. Salvo, 1 20097 San Donato Milanese (MI) Tel. [02] 520.1.57907 - Fax. 52057908 Internet:http://www.eni.it/scuolamattei ICE Istituto Nazionale per il Commercio Estero Via Liszt, 21 00144 ROMA Tel. [06] 59921 - Fax. 59926693 Internet:http://www.ice.it 53 ASSOCIATI ASFOR IF ITALIA FORMA S.r.l. Via Verdi, 46/A 29100 PIACENZA Tel. [0523] 385246 - Fax. 337714 Internet:http://www.mete.it ISVOR FIAT S.p.A Corso Dante, 103 10126 TORINO Tel. [011] 0065111 - Fax. 0065476 Internet:http://www.isvor.it IFOA Istituto Formazione Operatori Aziendali Via Guittone D'Arezzo,6 42100 REGGIO EMILIA Tel. [0522] 329111 - Fax 284708 Internet:http://www.ifoa.it ITALIA LAVORO S.p.A Via Ostiense, 131L 00154 ROMA Tel. [06] 570121- Fax. 5757220 Internet:http://www.italialavoro.it IL SOLE 24 ORE SPA CENTRO DI FORMAZIONE Via Brisa, 3 20123 MILANO Tel. [02] 30223987-30223249 - Fax. 874370 Internet:http://www.ilsole24ore.com/formazione INFOR Scuola di Formazione S.p.A Viale Milanofiori, Palazzo W.T.C. 20090 Assago (MI) Tel. [02] 575571 - Fax. 57557915 Internet:http://www.inforscuola.it IntesaBci Formazione S.C.P.A. Via Mercato, 5 20121 MILANO Tel. [02] 88661 - Fax. 88668247 Internet:http://www.intesaformazione.it IREF Istituto Regionale Lombardo di Formazione per Amministrazione Pubblica Via da Recanate, 1 20124 MILANO Tel. [02] 675071 - Fax. 66711701 Internet:http://www.irefonline.it IRI MANAGEMENT Via Piemonte, 60 00187 ROMA Tel. [06] 478031 - Fax. 4825546 Internet:http://www.irimanagement.com ISFOR 2000 Istituto Superiore di Formazione e Ricerca Via P. Nenni, 30 25124 BRESCIA Tel. [030] 2426481 - Fax. 2426484 Internet:http://www.isfor2000.com ISIDA Via Ugo La Malfa,169 90146 PALERMO Tel. [091] 6886805 - Fax. 6886812 Internet:http://www.isida.it ISMO S.r.l. Piazza S. Ambrogio, 16 20123 MILANO Tel. [02] 72000497 - Fax. 89010721 Internet:http://www.ismo.org LEARNING SYSTEMS S.p.A Corso Italia, 47 20122 MILANO Tel. [02] 58313255- Fax. 58313070 Internet:http://www.learningsystems.it LIUC Ricerca e Formazione Corso Matteotti, 22 21053 Castellanza (VA) Tel. [0331] 572.1 - Fax. 483444 Internet:http://www.liuc.it Luiss Guido Carli, Scuola di Management Viale Pola, 12 00198 ROMA Tel. [06] 85225.328 - Fax. 8413998 Internet:http://www.luiss.it MASTER IN COMUNICAZIONE E MARKETING di PUBLITALIA ’80 Viale F.Testi, 223 20162 MILANO Tel. [02] 66100085- Fax.66100610 Internet: http://www.publitalia.it/servizi/master/master.html MASTER UNIVERSITARIO IN GESTIONE DEL RISPARMIO e-Mgierre Università di Roma Tor Vergata Facoltà di Economia dip. SEFEMEQ Via Columbia, 2 00133 ROMA Tel.[06] 72595930- Fax. 72595930 Internet:http://www.masternetwork.org QUADRIFOR Istituto per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario Via Alvise Cadamosto, 14 00154 ROMA Tel. [06] 5744304- Fax. 5744314 Internet:http://www.quadrifor.it SCUOLA DI AMMINISTRAZIONE AZIENDALE - SAA Via Ventimiglia, 115 10126 TORINO Tel. [011] 63991 - Fax. 6399247 Internet:http://www.saa.unito.it SCUOLA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE S.p.A. Viale San Concordio, 135 55100 LUCCA Tel. [0583] 419600 - Fax. 419212 Internet:http://www.scuola.lucca.it SCUOLA SCIENZE AZIENDALI Via Tagliamento, 16 50126 FIRENZE Tel. [055] 6820681 - Fax. 6820536 Internet:http://www.scuolascienzeaziendali.it SDA BOCCONI Via Bocconi, 8 20136 MILANO Tel. [02] 5836.6606 - Fax. 5836.6638 Internet:http://www.sda.uni-bocconi.it SFERA S.pA. - Gruppo ENEL Via Tirso, 26 00198 ROMA Tel. [06] 85097476 - Fax. 85092905 Internet:http://www.sfera.it SMEA - Università Cattolica del Sacro Cuore Via Milano, 24 26100 CREMONA Tel. [0372] 499160 - Fax. 499191 Internet:http://www.unicatt.it\smea\ METE srl Via G. Sirtori, 32 20139 MILANO Tel. [02] 29404399- Fax. 29404798 Internet:http://www.mete.it SOGEA s.c.p.a. Scuola di Formazione Aziendale Palazzo Pallavicino - Via Interiano, 1 16124 GENOVA Tel. [010] 5767811 - Fax.532607 Internet:http://www.sogeanet.it MIB - School of Management Palazzo del Ferdinandeo Via Carlo de Marchesetti, 6 34142 TRIESTE Tel. [040] 9188111- Fax. 9188122 Internet:http://www.mib.edu SPEGEA S.r.l. - Scuola di perfezionamento in Gestione Aziendale Via Amendola, 172/c 70126 BARI Tel. [080] 5919411- Fax. 5919435 Internet:http://www.spegea.it MIP-Politecnico di Milano Viale Rimembranze di Lambrate,14 20134 MILANO Tel. [02] 23992822 - Fax. 23992844 Internet:http://www.mip.polimi.it/mip STOA' S.c.p.A. - Istituto Studi per la Direzione e Gestione di Impresa Corso Resina,283 80056 Ercolano (NA) Tel. [081] 7882111- Fax. 7772688 Internet:http://www.stoa.it ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE Via Appia Pignatelli 62 00178 ROMA Tel [06] 780521 - Fax. 7842136 Internet:http://www.tagliacarne.it POLIEDRA - Centri di conoscenza e formazione del Politecnico di Milano Via Fucini, 2 20133 MILANO Tel. [02] 23992900- Fax. 23992901 Internet:http://www.poliedra.polimi.it ISTUD Corso Umberto I, 71 28838 Stresa (VB) Tel. [0323] 933801 - Fax. 933805 Internet:http://www.istud.it PROFINGEST Via Buon Pastore, 2 40141 BOLOGNA Tel. [051] 474782 - Fax. 482297 Internet:http://www.profingest.it 54 SUMMIT S.r.l. Via Giulio Tarra, 1 20125 MILANO Tel. [02] 66710332 - Fax. 66710613 Internet:http://www.summit-tmi.it Telecom Italia Learning Services Spa Strada Provinciale Km. 0,300 67010 Coppito (AQ) Tel. [0862] 3361 - Fax. 336606 Internet:http://www.ssgr.it ASSOCIATI ASFOR AREE/SETTORI DI INTERVENTO A B CE eB AMMINISTRAZIONE BANCHE COMMERCIO e-BUSINESS ENTE ACCADEMIA DI COMUNICAZIONE ASERI ATENEO IMPRESA S.p.A. BERGAMO FORMAZIONE BIC CALABRIA BUREAU VERITAS ITALIA S.r.l. CE.RI.SDI CENTRO FORMAZIONE IMPRENDITORIALE CESMA, Centro Esperienze e Studi di Management CFMT, Centro Formazione e Management Terziario CIS, Scuola Aziendale di Formazione Superiore CO.IN.FO. - Consorzio COMERINT S.p.A. CONFINDUSTRIA CONSORZIO PAVESE per Studi post-Universitari C.T.C. Centro Formazione Manageriale DIREZIONE CENTRALE Formaz. e Svil. Comp. INPS EBS MILANO S.c.a.r.l. EF CORPORATE LANGUAGE TRAINING ELEA S.p.A. ENI CORPORATE UNIVERSITY E. MATTEI EUROS Consulting S.p.A. FONDAZIONE “GIORDANO DELL’AMORE” FONDAZIONE ALMA MATER FONDAZIONE A.GENOVESI Salerno – SDOA FONDAZIONE CUOA FONDAZIONE GIUSEPPE TALIERCIO FONDAZIONE I.D.I. FORMAPER FORMEZ GRUPPO TELECOM ITALIA S.p.A. IBM LEARNING SERVICES ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero IF ITALIA FORMA S.r.l. IFOA, Istituto Formazione Operatori Aziendali IL SOLE 24 ORE S.p.A. - Centro Formazione INFOR, Scuola di Formazione S.p.A. INTESABCI FORMAZIONE S.C.P.A. IREF IRI MANAGEMENT ISFOR 2000 ISIDA ISMO ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE ISTUD ISVOR FIAT S.p.A. ITALIA LAVORO S.p.A. LEARNING SYSTEMS S.p.A. LIUC Ricerca e Formazione Luiss Guido Carli, Scuola di Management MASTER COMUNICAZIONE E MARKETING Master Universitario in Gestione Risparmio eMgierre METE Srl MIB School of Management MIP- Politecnico di Milano POLIEDRA PROFINGEST QUADRIFOR S.A.A. Scuola di Amministrazione Aziendale SCUOLA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SCUOLA SCIENZE AZIENDALI SDA BOCCONI SFERA S.p.A. - Gruppo ENEL SMEA, Università Cattolica del Sacro Cuore SOGEA s.c.p.a. Scuola di Formazione Aziendale SPEGEA S.r.l. STOA’ s.c.p.a. SUMMIT S.r.l. TELECOM ITALIA LEARNING SERVICES S.p.A. F M O P PA A FINANZA/CONTROLLO MARKETING/COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONE/ SVILUPPO ORGANIZZATIVO PRODUZIONE/LOGISTICA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE B 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 CE 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 eB 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 F 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 M 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 O 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 PMI Q RU S T P 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 PICCOLE E MEDIE IMPRESE QUALITA’ TOTALE RISORSE UMANE STRATEGIA AZIENDALE TECNOLOGIA/ SISTEMI INFORMATIVI PA PMI 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Q 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 RU S T 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Impaginazione e realizzazione - FGP - Milano Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale Via Beatrice D’Este, 10 I 20122 Milano Tel. 02 / 58328317 Fax. 02 / 58300296 e-mail: [email protected] U.R.L.: http://www.asfor.it/