Gestione pre- e postnatale dei pazienti con idronefrosi da ostruzione

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Gestione pre- e postnatale dei pazienti con idronefrosi da ostruzione
Gennaio-Marzo 2013 • Vol. 43 • N. 169 • pp. 9-14
Urologia pediatrica
Gestione pre- e postnatale dei pazienti
con idronefrosi da ostruzione del giunto
pieloureterale
Marco Castagnetti1, Elisa Benetti2, Franco Bui3, Pietro Zucchetta3, Luisa Murer2,
Waifro Rigamonti1
Urologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera di Padova, Padova
Nefrologia Pediatrica, Dialisi e Trapianto, Dipartimento Salute della Donna e del Bambino, Azienda Ospedaliera di
Padova, Padova
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Medicina Nucleare, Azienda Ospedaliera di Padova, Padova
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Sommario
L’idronefrosi (IDN) è una dilatazione della pelvi renale e dei calici. L’ostruzione del giunto pielo-ureterale ne è la causa più comune. Nella maggior parte dei
casi, la dilatazione è diagnosticata in epoca prenatale, e l’ostruzione è di tipo funzionale ed intrinseca alla giunzione. L’ostruzione estrinseca da vaso polare
accessorio è invece la causa più frequente nel bambino più grande ed è tipicamente sintomatica.
Nei casi con diagnosi prenatale, non sono praticamente mai indicati interventi prenatali o modificazioni della gestione ostetrica. L’IDN prenatale è sostanzialmente una condizione benigna e la storia naturale della malattia è verso la guarigione spontanea nel 50-75% dei casi.
La diagnosi di ostruzione nei pazienti con IDN si basa su una combinazione di clinica, ecografia e scintigrafia. Frequentemente è necessario valutare
l’evoluzione del quadro nel tempo. Per il futuro, grande speranza è riposta nell’identificazione di marcatori di danno renale valutabili su campione
urinario.
La pieloureteroplastica è il trattamento di scelta dell’IDN ostruttiva. L’intervento ha un tasso di successo superiore al 95% anche dopo controlli a lungo
termine. Le maggiori innovazioni nel trattamento riguardano l’approccio per eseguire l’intervento. La pieloplastica a cielo aperto con approccio musclesparing rimane il trattamento di scelta nel lattante, l’approccio laparoscopico e quello robot-assistito sono sempre più frequentemente utilizzati nel bambino
più grande.
Dopo intervento, il miglioramento della dilatazione rappresenta un segno certo di successo, ma la dilatazione può richiedere tempo per migliorare; pertanto
la scintigrafia viene spesso ripetuta tra 3 e 12 mesi dopo l’intervento. Marcatori urinari di danno renale potrebbero essere preziosi anche per i controlli a
lungo termine.
Summary
Hydronephrosis (HN) is defined as a dilatation of renal pelvis and calices. The uretero-pelvic junction obstruction is the most common underlying cause. In
the majority of patients, the HN is diagnosed antenatally and the obstruction is intrinsic to the junction and functional. Conversely, an extrinsic obstruction
due to a crossing vessel is more common in older children and is most often symptomatic.
Antenatal decompressive procedures are seldom required as well as changes in the obstetric management. The antenatal HN is a benign condition and the
natural history is towards a spontaneous resolution of the dilatation in 50 to 75% of cases.
The diagnosis of obstruction in patients with HN is based on a combination of clinical assessment, ultrasound scan and diuretic renography. In most of the
cases, multiple evaluations are required to make the final diagnosis. Urinary biomarkers of renal damage might become useful diagnostic tools in the future.
Pyeloplasty is the gold standard in the treatment of obstructive HN. The success rate of the procedure is above 95% and is stable also after long-term
follow-up. The open approach remains the gold standard in infants, whereas minimally invasive surgery by a laparoscopic or robotic-assisted approach is
increasingly used in older patients.
After surgery, an improvement of the dilatation on ultrasound scan is a certain marker of success, but such improvement might require time to occur.
Therefore, a follow-up diuretic renography is generally recommended between 3 and 12 months after surgery. Urinary biomarkers of renal damage might
become useful diagnostic tools also for the follow-up of these patients.
Introduzione
L’idronefrosi (IDN) è la forma più comune di dilatazione delle vie escretrici superiori. Distinguiamo due principali quadri clinici, l’IDN asintomatica e l’IDN sintomatica. La maggior parte dei casi è oggi diagnosticata all’ecografia prenatale ed è quindi congenita asintomatica.
L’elevato numero di soggetti con riscontro ecografico incidentale
di IDN ha reso evidente che dilatazione non è sempre sinonimo di
ostruzione. Molte dilatazioni vanno incontro a risoluzione spontanea o non si associano a deterioramento della funzionalità renale:
in tal caso si parla di IDN non ostruttive. Sono definite come ostruttive, invece, quelle dilatazioni secondarie ad un ostacolo, organico
o funzionale, al deflusso urinario che, se non trattato, determina
un deterioramento progressivo della funzione renale o limita le potenzialità funzionali del rene in via di sviluppo (Fig. 1) (Al-Shibli et
al., 2009).
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M. Castagnetti, E. Benetti, F. Bui, P. Zucchetta, L. Murer, W. Rigamonti
L’IDN congenita asintomatica
Numerosi studi hanno cercato di definire il criterio di valutazione più
accurato per stabilire quali dilatazioni prenatali possano essere secondarie ad un’uropatia. Dal punto di vista pratico, ogni dilatazione
prenatale meriterebbe una rivalutazione ecografica postnatale. Un
diametro anteroposteriore della pelvi ≥ 7 mm durante il terzo trimestre
di gravidanza è un fattore di rischio per uropatia (Oktar et al., 2012).
In ogni caso, l’ecografia prenatale non può permettere in nessun
caso una diagnosi definitiva, necessitando sempre della valutazione
postnatale.
L’aspetto di maggior rilievo prognostico è lo stato del rene controlaterale. In presenza di un rene normale non dilatato, ci si può attendere una funzione renale perfettamente normale alla nascita.
Figura 1.
Possibili quadri dell’idronefrosi congenita.
L’aspetto di rilievo non è il rallentamento del flusso urinario, quanto
le conseguenze sullo sviluppo e la funzione parenchimale.
Nei casi in cui l’ostruzione si associ a danno renale, l’entità ed il
tipo di danno dipende dal grado dell’ostruzione, dalla sua durata e
dal momento dello sviluppo embriologico in cui essa insorge. Ostruzioni ad insorgenza precoce nello sviluppo fetale (primo trimestre)
e di grado marcato determinano un anomalo sviluppo del rene con
conseguente displasia. Ostruzioni di grado meno marcato, ma soprattutto ad insorgenza più tardiva, determinano invece un danno
renale noto come nefropatia ostruttiva. Essa riguarda tutti i comparti
del nefrone (vascolare, glomerulare, tubulo-interstiziale) ed è caratterizzata da: persistenza di un pattern vascolare di tipo fetale ad alte
resistenze, sclerosi glomerulare, atrofia tubulare e fibrosi interstiziale. Un ruolo centrale nello sviluppo di tale danno sembra svolto dalla
cellula epiteliale tubulare (Taha et al., 2007). Questa, stirata dall’aumento di pressioni endo-tubulari, comincerebbe a rilasciare diverse ammine vasoattive (responsabili delle alte resistenze vascolari
e quindi di un danno ischemico a livello glomerulare), perderebbe
contatto con le cellule vicine causando l’atrofia tubulare, ed, infine,
migrerebbe nell’interstizio, dove, dopo trasformazione in fibroblasto
(transizione epitelio-mesenchimale), comincerebbe a secernere collagene, causando la fibrosi d’organo. Varie molecole interagiscono
nel complesso meccanismo responsabile di questo processo (Pohl
et al., 2002).
Sia alla displasia congenita che alla nefropatia ostruttiva può poi sovrapporsi un danno secondario alle infezioni, che presentano un’incidenza di circa il 19% (Lee et al., 2008).
Nella presente revisione abbiamo riassunto le evidenze della letteratura più recente sulla gestione pre- e post-natale dei pazienti con
idronefrosi da ostruzione del giunto pieloureterale.
Gestione prenatale e counseling
Non vi è evidenza che alcun intervento prenatale o una modificazione della gestione ostetrica porti a dei vantaggi clinici, in termini di
preservazione della funzionalità renale. L’insorgenza del danno renale è sempre molto più precoce rispetto all’epoca in cui la diagnosi
ecografica è possibile (Chevalier, 2004).
Le casistiche sulla storia naturale della malattia hanno mostrato che
nei casi di dilatazione monolaterale, con rene controlaterale normale, dal 50 al 75% dei casi non si richiede alcun intervento (Barbosa
et al., 2012). Quando necessario, l’intervento correttivo è molto efficace, con un tasso di successo superiore al 95%. La funzionalità
renale può essere completamente normale anche con un solo rene
normale. Se la patologia è bilaterale, la prognosi può essere molto
severa (Al-Shibli et al., 2009).
Inquadramento diagnostico postnatale
I cardini della diagnostica post-natale sono l’ecografia e l’angioscintigrafia con renogramma diuretico. Nella figura 2 è riportata una flowchart che riassume i principi su cui si basa il percorso diagnostico.
Ecografia postnatale
Ogni diagnosi prenatale di dilatazione necessita sempre di una conferma e rivalutazione ecografica postnatale. Quest’ultima va ese-
Metodologia della ricerca bibliografica effettuata
I lavori cui faremo riferimento derivano da una ricerca condotta sulla banca bibliografica Medline, utilizzando come motore di ricerca
PubMed con le seguenti stringhe: hydronephrosis [Mesh] OR pyeloplasty. Sono stati applicati i seguenti limiti: all child: 0-18, lingua
inglese, ultimi 10 anni di pubblicazione (al fine di analizzare un numero di studi maggiore, di fronte allo scarso numero di lavori pubblicati negli ultimi 3 anni).
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Figura 2.
Management postnatale dell’IDN congenita.
CUM: Cistouretrografia minzionale
RVU: Reflusso vescico-ureterale
SGPU: Sindrome del giunto pielo-ureterale
VUP: Valvola dell’uretra posteriore
Gestione pre- e postnatale dei pazienti con idronefrosi da ostruzione del giunto pieloureterale
guita a 3-7 giorni di vita e solo dopo che la fase di disidratazione
conseguente alla perdita del supporto placentare e l’adattamento
del rene alla vita extra-uterina siano avvenuti.
L’ecografia postnatale consente di confermare la presenza della
dilatazione, di indicarne l’entità e di valutare il rene controlaterale
(Barbosa et al., 2012).
Esistono due principali sistemi di stadiazione della dilatazione: quello della Società di Urologia Fetale che differenzia 4 gradi di gravità crescente in base alla dilatazione del bacinetto e dei calici, e
la misurazione del diametro antero-posteriore della pelvi sul piano
trasverso. Quest’ultimo è il sistema di misurazione più utilizzato in
Europa. Entrambi i sistemi hanno una certa correlazione con la possibilità di un danno renale parenchimale associato alla dilatazione e,
di conseguenza, con il rischio chirurgico per il paziente. Si considera
che pelvi di diametro inferiore a 15 mm raramente vadano incontro
a scadimento funzionale, mentre quasi il 100% dei casi >40 mm
richiedano un intervento (Nguyen et al., 2010). Altri aspetti ecografici
di rilievo prognostico sono il grado di differenziazione cortico-midollare e lo spessore della corticale renale. Quest’ultimo è un parametro alquanto variabile, perché dipendente dallo stato di idratazione
del paziente e di replezione vescicale. Molto importante la valutazione ecografica del rene controlaterale. Quest’ultimo va incontro ad
ipertrofia in modo direttamente proporzionale alla compromissione
funzionale del rene affetto. Inoltre, anch’esso può essere sede di
patologia ed in primo luogo di displasia multicistica (espressione
di una disembriopatia che colpisce in tempi diversi entrambi i reni).
L’utilizzo dell’eco-Doppler permette di valutare anche le resistenze
vascolari intra-renali, il resistive index, che risultano aumentate in
presenza di ostruzione.
grado, quando i fenomeni di redistribuzione del radiofarmaco nella
pelvi dilatata possono falsare l’interpretazione delle sole immagini
in clinostatismo.
L’interpretazione dell’indagine si basa sull’analisi di tutte le immagini (Fig. 3), con particolare attenzione al confronto fra quelle ottenute
prima e dopo svuotamento vescicale, sul calcolo della funzione renale separata (normalmente il 50% per rene), in base all’estrazione
renale del 99mTc-MAG3 in un preciso intervallo di tempo.
La funzionalità renale separata viene oggi considerato il parametro
più importante, mentre minor affidamento viene fatto sull’andamento della curva radionefrografica dopo diuretico, che può presentare,
specialmente nelle dilatazioni di alto grado, una morfologia falsamente “ostruttiva” in fase di escrezione, legata ai fenomeni di rimescolamento del tracciante con l’urina non marcata presente nel
sistema dilatato (Bao et al., 2011).
Sono generalmente considerate indicazioni all’intervento chirurgico
una funzione differenziale <40% od uno scadimento >10% tra due
esami successivi. Reni con funzione differenziale <10% vanno considerati funzionalmente muti (Piepsz et al., 2010).
La proposta dell’angioscintigrafia al captopril, quale test aggiuntivo
si basa sull’assunto che l’ACE inibitore consentirebbe di individuare
i casi in cui la filtrazione renale, a seguito dell’ostruzione, sia mantenuta attraverso una vasocostrizione dell’arteriola efferente mediata
dall’angiotensina. In questi casi alla somministrazione dell’ACE inibitore conseguirebbe una riduzione nell’estrazione renale del radiofarmaco. In realtà la situazione a livello recettoriale è sicuramente
più complessa e ulteriori studi sono necessari per determinare le
potenzialità di questa tecnica.
Angioscintigrafia con renogramma diuretico
Per quanto riguarda l’angioscintigrafia con renogramma diuretico
sono da preferire i radiofarmaci ad escrezione tubulare, in particolare il 99mTc-MAG3, che fornisce immagini più definite e meglio interpretabili, soprattutto in presenza di reni funzionalmente immaturi,
come accade fisiologicamente nel lattante. Inoltre, la concentrazione
attiva tramite escrezione tubulare delinea meglio l’apparato escretore, anche nelle IDN di grado elevato.
L’indagine, generalmente eseguita dopo il primo mese di vita, non
richiede una preparazione particolare (ad es. la sedazione), eccezion
fatta per una buona idratazione, a meno di quesiti clinici specifici,
come la contemporanea ricerca di reflusso vescico-ureterale, che
può essere valutato in modo indiretto o diretto, quest’ultimo mediante riempimento vescicale attraverso catetere. L’uso del catetere
vescicale è da riservare quindi ad una minoranza di casi selezionati,
usualmente durante i controlli a distanza, quando si voglia eliminare
l’interferenza del riempimento vescicale sullo svuotamento.
L’acquisizione delle immagini avviene subito dopo l’infusione endovenosa del radiofarmaco, estratto dal rene e escreto con le urine, e
dura circa 30’-40’, a seconda che si somministri lo stimolo diuretico
(furosemide endovena) subito dopo la somministrazione del radiofarmaco (protocollo veloce F0) o circa 20’ dopo (protocollo classico
F+20). (Sfakianakis et al., 2009; Piepsz et al., 2011).
L’indagine consente di valutare la captazione del radiotracciante
nel parenchima, espressione della funzionalità renale, e la sua progressione fino alla vescica. Una corretta valutazione del drenaggio
richiede sempre il completamento dell’indagine con una o più immagini acquisite dopo svuotamento vescicale e stazione eretta per
alcuni minuti. Queste manovre sono in grado di modificare nettamente lo scarico delle vie urinarie superiori anche in caso di dilatazione della sola pelvi renale e sono essenziali nelle dilatazioni di alto
Cistografia minzionale
Un tempo considerata parte integrante dell’inquadramento diagnostico di tutti i casi di IDN prenatali asintomatiche, il suo ruolo è oggi
stato molto ridimensionato, perché serie cliniche hanno dimostrato
che, in casi di IDN unilaterale senza dilatazione associata dell’uretere, la prevalenza del reflusso vescico-ureterale è bassa (circa 15%),
e solitamente si tratta di reflussi di basso grado che tendono a restare asintomatici ed a risolversi spontaneamente. La cistografia andrebbe invece sempre considerata in presenza di infezioni urinarie o
di una dilatazione ureterale (Nguyen et al., 2010).
Figura 3.
Idronefrosi destra con dilatazione prevalentemente pielica e funzionalità
conservata. Netto rallentamento del deflusso a destra dopo diuretico
(protocollo F0) ma svuotamento completo dopo minzione (box in basso
a destra).
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M. Castagnetti, E. Benetti, F. Bui, P. Zucchetta, L. Murer, W. Rigamonti
Ulteriori indagini diagnostiche
L’urografia endovenosa ha progressivamente perso l’importanza attribuitale in passato, perché gravata da una elevata dose radiante. Quando
un’accurata definizione anatomica si rende necessaria, ad esempio nel
sospetto di una duplicità pielo-ureterale, l’uro-risonanza magnetica è
oggi l’esame di scelta. Essa offre un ottimo dettaglio anatomico e consente anche una valutazione funzionale. Trova i suoi limiti negli alti costi
e soprattutto nella necessità di collaborazione da parte del paziente.
Potenziali biomarkers di nefropatia ostruttiva
Attualmente non vi sono indagini non invasive che permettano di definire
la severità dell’eventuale danno parenchimale associato ad ostruzione.
Vari studi stanno tentando di identificare biomarcatori di nefropatia ostruttiva attraverso l’individuazione ed il dosaggio nelle urine di mediatori nel
processo che porta allo sviluppo della nefropatia ostruttiva (Chevalier et
al., 2004). Sono stati oggetto di preliminari studi clinici la beta-2-microglobulina, il transforming growth factor-beta 1, l’epidermal growth factor,
il monocyte chemotactic peptide-1, la N-acetil-beta-D-glucosaminidasi,
l’endotelina-1, i RANTES (regulated on activation normal T-cell espressed
and secreted), l’interferon-gamma-induced protein-1, alcune interleuchine (es. IL6 e IL8), e la cistatina C (Madsen et al., 2012). Si tratta di molecole
coinvolte nei processi di differenziazione tubulare o di sviluppo della fibrosi interstiziale. Gli studi clinici preliminari hanno mostrato livelli renali ed
espressione tissutale significativamente differenti nei soggetti candidati a
correzione chirurgica rispetto ai controlli normali (Chevalier et al., 2004).
Mancano però studi su popolazioni ampie e non vi sono dati per le IDN
di grado intermedio. Inoltre, nessuno di questi marcatori si è dimostrato
specifico esclusivamente di nefropatia ostruttiva, poiché possono essere
aumentati anche in presenza di patologie nefrologiche o sistemiche, come
l’insufficienza renale acuta, la nefropatia diabetica, la sindrome nefritica, la
nefrite interstiziale e la nefropatia a IgA.
Le molecole attualmente di maggiore interesse come potenziali biomarcatori sono il kidney injury molecule-1 (KIM1) e il neutrophil gelatinaseassociated lipocalin (NGAL). I livelli urinari di KIM1 (uKIM1), proteina
espressa ad alto livello nella membrana apicale dei tubuli prossimali,
risultano particolarmente elevati in pazienti con stenosi del giunto non
ancora sottoposti a pieloplastica e si riducono dopo l’intervento, pur restando più alti rispetto ai controlli con IDN non ostruttiva. Inoltre, i livelli
di uKIM1 correlano negativamente con la funzione renale separata alla
scintigrafia, suggerendo che l’espressione di questa proteina correli con
la severità del danno renale. Nei bambini con IDN ostruttiva, la concentrazione urinaria di NGAL (uNGAL) è 10 volte più elevata nelle urine
prelevate dalla vescica e 16 volte più elevata nelle urine prelevate dalla
pelvi del rene ostruito rispetto ai controlli sani. Inoltre, uNGAL correla
direttamente con uKIM ed inversamente con la funzione separata alla
scintigrafia renale; infine, i livelli di entrambe le proteine correlano con il
peggioramento dell’ostruzione (Wasilewska et al., 2011).
Dai dati finora disponibili in letteratura, si può tuttavia supporre che non
vi sia una molecola che possa funzionare da sola da marcatore diagnostico e prognostico e che l’approccio più promettente sia quindi quello
della proteomica, ossia dell’individuazione di un set di proteine urinarie,
espresso unicamente nell’IDN ostruttiva, e correlato sia con il quadro
istologico che con parametri clinici (es. funzione separata alla scintigrafia renale dinamica) (Taha et al., 2007).
Ruolo della profilassi antibiotica e derivazione
urinaria nei casi a diagnosi prenatale
Pazienti con una IDN prenatale asintomatica richiedono spesso un periodo di osservazione prima dell’intervento o comunque
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fino al completamento dell’inquadramento diagnostico. Potrebbe sembrare opportuno somministrare una profilassi antibiotica
durante tale periodo. In verità, l’evidenza scientifica su questo
argomento è abbastanza carente. La letteratura disponibile mostra che il rischio di sviluppare infezioni cresce con l’aumentare
del grado dell’IDN. Pazienti con un’IDN di I-II grado o un diametro
antero-posteriore della pelvi <20 mm hanno lo stesso rischio
infettivo della popolazione generale. Pazienti con IDN più severe
hanno un rischio aumentato (Lee et al., 2008). Non esiste, tuttavia, evidenza alcuna che la profilassi aiuti a ridurre l’incidenza
delle infezioni urinarie. Di certo ogni manovra invasiva, come il
cateterismo, aumenta il rischio di infezioni; pertanto almeno una
profilassi a breve termine va presa in considerazione in questi
casi (Castagnetti et al., 2012).
Il posizionamento per via percutanea di una nefrostomia è una manovra potenzialmente utile e rapida per decomprimere la via urinaria. Pertanto, tale manovra potrebbe sembrare un utile espediente
nei neonati con dilatazioni particolarmente severe o con evoluzione
più rapida. Di fatto, anche questa manovra sembra influire poco sul
potenziale recupero funzionale del rene e il suo impiego sembra opportuno solo su base clinica, ad esempio in caso di alterazione della
funzionalità renale (Bayne et al., 2011).
L’IDN sintomatica
L’idronefrosi sintomatica rappresenta un’entità a sé stante. Spesso si presenta nel bambino più grande e solitamente è dovuta alla
presenza di un’ostruzione estrinseca al giunto pielo-ureterale da un
vaso polare accessorio che irrora il polo inferiore del rene. Quando la
pelvi si dilata in condizioni di iperdiuresi, la giunzione pielo-ureterale
si trova compressa (e angolata) fra la pelvi e il vaso anomalo. Segue
una riduzione della diuresi, che provoca generalmente la detensione
della pelvi. Ciò spiega il ripetersi di coliche renali ed il reperto ecografico di una IDN ondulante, che peggiora durante le crisi dolorose.
Di conseguenza, l’ecografia eseguita in acuto è spesso un’indagine
chiave per la diagnosi, mentre la scintigrafia renale può risultare del
tutto normale. La patologia è spesso subdola e ciò può portare ad
una diagnosi tardiva; in questo caso possono anche essere presenti
significative perdite funzionali del rene affetto. La correzione chirurgica è sempre indicata.
IDN in anomalie renali
Tre quadri peculiari di IDN sono: l’IDN in rene a ferro di cavallo, l’IDN
in rene ectopico, e l’IDN in doppio distretto. Si tratta di forme di
idronefrosi con una base anatomica, che non è passibile del medesimo tasso di risoluzione spontanea che si riscontra nelle IDN su
rene normale, e che quindi più spesso necessitano di una correzione
chirurgica.
Per quanto riguarda l’IDN in rene a ferro di cavallo, essa è spesso
dovuta alla presenza di anomalie vascolari compressive. La componente compressiva dovuta all’istmo in cui si fondono i due reni, è
oggi considerata meno importante e, pertanto, la sezione dell’istmo
non è più raccomandata.
L’IDN nel rene ectopico pone problemi soprattutto per quanto riguarda
l’approccio chirurgico, che va scelto in base alla posizione del rene.
L’ostruzione in doppio distretto riguarda quasi esclusivamente il distretto inferiore. Le cause più comuni sono l’ostruzione estrinseca
da vaso polare o un’ipoplasia della congiunzione ad Y nei doppi distretti incompleti.
Gestione pre- e postnatale dei pazienti con idronefrosi da ostruzione del giunto pieloureterale
Trattamento
L’intervento consiste in una pielo-ureteroplastica con exeresi della
giunzione pielo-ureterale e confezionamento di una pielo-ureteroanastomosi in un tratto ureterale a valle del giunto. Può essere eseguito a cielo aperto (per via retro-peritoneale), laparoscopico sia per
via trans-peritoneale che retro-peritoneale, con un approccio robotassistito. L’intervento a cielo aperto rimane il trattamento di scelta
nel bambino al di sotto dell’anno di vita, mentre approcci mini-invasivi divengono sempre più utilizzati nel bambino di età maggiore per
prevenire la necessità di incisioni ampie con sezione dei muscoli. I
risultati finali sono analoghi indipendentemente dall’approccio utilizzato.
Sebbene la pieloureteroplastica possa essere eseguita senza alcun drenaggio, la maggior parte dei chirurghi preferisce utilizzare
un drenaggio urinario per ottimizzare la guarigione delle suture. I
drenaggi possono essere interni (doppio J) o esterni (splint transanastomotici) (Bayne et al., 2011) (Castagnetti et al., 2010).
Trattamenti alternativi con dilatazione o incisione endoscopica della
giunzione non sono ad oggi accettati nel bambino, in quanto sembrano non dare risultati duraturi nel tempo.
Follow-up post-operatorio
I risultati della chirurgia possono essere valutati clinicamente, nei
casi sintomatici, e con la ripetizione degli stessi esami preoperatori:
l’ecografia e la scintigrafia renale dinamica.
Il miglioramento della dilatazione all’ecografia è un importante segno predittivo positivo di successo dell’intervento, ma la dilatazione può richiedere anche anni per migliorare (Romao et al., 2012).
Pertanto, la ripetizione della scintigrafia renale dinamica è spesso
raccomandata. (Castagnetti et al., 2008; Chertin et al., 2009). L’esecuzione della scintigrafia a 6 mesi dall’intervento sembra il compromesso più ragionevole per evitare risultati falsi negativi per la
presenza dei processi di guarigione (Almodhen et al., 2010). Per
quanto riguarda l’eventuale compromissione funzionale preoperatoria, la correzione chirurgica non determina solitamente significativi
miglioramenti funzionali.
Box di orientamento
Che cosa si sapeva prima
Una dilatazione pielica può essere dovuta sia ad un rallentato scarico dalle alte vie che ad un reflusso vescico-ureterale. Dilatazione non coincide con
ostruzione ed un quadro ostruttivo alla renoscintigrafia diuretica non corrisponde sempre un’ostruzione clinicamente significativa. La profilassi antibiotica può aiutare a ridurre le infezioni delle vie urinarie in pazienti con IDN trattati conservativamente.
Cosa sappiamo oggi
L’acquisizione di immagini post-ortostatismo e minzione possono aiutare ad escludere un’ostruzione alla scintigrafia dinamica con renogramma diuretico. Marcatori biologici di nefropatia ostruttiva dosati su campioni urinari potrebbero ulteriormente contribuire alla diagnosi di ostruzione in un futuro
prossimo. Pazienti con IDN severe hanno un rischio infettivo aumentato. Non esiste, tuttavia, evidenza alcuna che la profilassi aiuti a ridurre l’incidenza
delle infezioni urinarie. La pieloplastica a cielo aperto rimane il trattamento di scelta nel lattante, approcci mini-invasivi stanno diventando più diffusi
nel bambino di età maggiore. Non vi sono comunque differenze nel tasso di successo dell’intervento, che è comunque superiore al 95%.
Quali ricadute sulla pratica clinica
Immagini post-ortostatismo e minzione dovrebbero essere sempre incluse nella scintigrafia dinamica con renogramma diuretico. La cistografia minzionale può essere evitata in pazienti asintomatici con dilatazione monolaterale e senza evidenza di dilatazione ureterale all’ecografia. La profilassi antibiotica non dovrebbe essere routinariamente prescritta in pazienti con IDN congenita seguiti conservativamente. Trattamenti mini-invasivi potrebbero
essere preferiti in bambini più grandi di 1-2 anni.
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** In questa review sistematica gli autori analizzano le modificazioni della funzione renoscintigrafica dopo pieloplastica ed i fattori che possono influenzarla.
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* in questa review gli autori valutano criticamente il ruolo della profilassi nel
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Chevalier RL. Biomarkers of congenital obstructive nephropathy: past, present
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* In questa review l’autore analizza i potenziali marker di nefropatia ostruttiva, da
quelli attualmente in uso a quelli più promettenti per il futuro.
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Corrispondenza
Marco Castagnetti, Sezione di Urologia Pediatrica, Unità di Urologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, Monoblocco Ospedaliero, Via
Giustiniani 2, 35128 Padova. Tel. +39 049 8212737, Fax +39 049 8212721. E-mail: [email protected].
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