Prigionieri di se stessi

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Prigionieri di se stessi
«Il male esige di essere ponderato tanto quanto il bene», C.G. Jung
Visione del film Ted Bundy: domande?
…dalla violenza verso gli altri…
…alla violenza contro se stessi…
La psicologia dell’automutilazione
«La verità sulla nostra infanzia è immagazzinata nel nostro corpo e
vive nelle profondità della nostra anima.
L’intelletto può essere ingannato, i sentimenti intorpiditi e manipolati,
la percezione umiliata e confusa, i corpi illusi dai farmaci.
Ma la nostra anima non dimentica mai.
E poiché siamo una cosa sola, un’anima in un solo corpo, un giorno il
nostro corpo ci presenterà il conto.»
Alice Miller
L’automutilazione non è un comportamento suicida
«Tagliarsi non è un modo per cercare attenzione.
Non è una manipolazione.
E’ un meccanismo per affrontare i problemi, punitivo, sgradevole,
potenzialmente pericoloso ma efficace.»
Un cutter
L’automutilazione può connettersi al sacro
L’automutilazione può essere culturale
Primo riferimento: Vangelo di Marco
«L’automutilazione è la distruzione o l’alterazione deliberata, diretta,
e non finalizzata al suicidio, dei tessuti del corpo.»
Armando Favazza
«L’automutilazione è un metodo stranamente efficace per affrontare
una pena interiore così grande che bisogna portarla in superficie[…]
Piuttosto che un gesto suicida, l’automutilazione è un simbolo della
lotta per sopravvivere.»
Marilee Strong
«Ciò che viene inciso nella carne umana è un’immagine della società»
Mary Douglas
«Le cicatrici sono storie, storia scritta sul corpo.»
Kathryn Harrison
La pelle è il primo, il più grande e il più sensibile di tutti gli organi del
corpo umano. La pelle comunica, manda segnali, racconta storie.
Coloro che si procurano lesioni usano la propria pelle per ottenere un
misconosciuto grado di coscienza psicologica attraverso un intenso
dolore e per comunicare un messaggio che altrimenti sarebbe
indecifrabile.
«La pelle diventa un campo di battaglia per la dimostrazione del caos
interiore.
Il luogo dove il sé incontra il mondo, è una tela o una tabula rasa su
cui è riprodotto esattamente il malessere interiore.»
Scott Lines
Tradizione psichiatrica
Automutilazione patologica
1938, Karl Menninger
Diverse categorie di automutilazione
1983, Mansell Pattison
Classificazione dell’automutilazione basata su:
- entità del danno corporeo
- ripetitività del comportamento
- potenziale letale
Tipi: maggiore, stereotipica, superficiale/moderata
• Automutilazione maggiore: si riferisce ad atti poco frequenti, come
l’asportazione di un occhio, la castrazione e l’amputazione degli
arti. E’ molto comunemente un sintomo ausiliario della psicosi,
delle intossicazioni acute da alcol e da stupefacenti e del
transessualismo. Le spiegazioni hanno spesso fondamenti religiosi
e/o sessuali.
• Automutilazione stereotipica: è la ripetizione monotona e talvolta
ritmica di atti come battere la testa, percuotersi e mordersi.
• Automutilazione superficiale/moderata: di solito ha inizio nella
prima adolescenza; consiste in atti come strapparsi i capelli,
grattarsi e mordersi le unghie, tagliarsi la pelle, inciderla, bruciarsi,
infilzare aghi, rompersi le ossa.
L’automutilazione superficiale/moderata si divide in tre sottotipi.
- Episodica e Ripetitiva: si differenziano per frequenza e
importanza.
I cutter ripetitivi si feriscono in modo cronico e sviluppano
un’identità fissa che ruota intorno all’automutilazione.
I cutter episodici e quelli ripetitivi si feriscono per alleviare la
tensione, sfogare la rabbia, recuperare un senso di autocontrollo e
interrompere stati di morte emotiva. Possono essere spinti da varie
condizioni psicologiche e mediche.
- Compulsiva: automutilazione ripetitiva e rituale (es. tricotillomania)
«Sono giunto a ritenere tali comportamenti forme morbose di auto
aiuto perché danno un rapido ma temporaneo sollievo a sintomi
angosciosi come l’ansietà crescente, la depersonalizzazione,
l’accelerazione del pensiero e le emozioni fluttuanti.»
Armando Favazza
Sindrome di automutilazione: il cutter è colui che è dipendente
dall’atto di danneggiare se stesso. L’automutilazione si alterna a
periodi di quiescenza e a comportamenti impulsivi come i disordini
alimentari, l’abuso di alcol e di altre sostanze e la cleptomania.
Senso di impotenza
Senso di colpa
Disagio psicologico-Patologia psichiatrica
Uso di stupefacenti e alcool
Totale mancanza di autostima
Solitudine-Mancanza di rete sociale
Difficile rapporto con il corpo
Bulimia-Anoressia
Contesto famigliare
Abuso in età minorile (varie forme)-Negligenza-Violenza
Incapacità/Impossibilità di espressione emotiva
Aggressività/Rabbia repressa
Ricerca assoluta della perfezione-Critica
Doppia identità
L’automutilazione solitamente comincia nell’adolescenza ed è più
diffusa fra le ragazze che fra i maschi ma non ha ceto sociale, età o
colore.
I casi:
La principessa Diana
L’attrice Roseanne Barr
Dott. Armando Favazza- Karen Conterio
Una ricerca effettuata su 240 persone ha rivelato che il cutter tipico è
femmina e inizia a ferirsi all’età di 14 anni, sostiene di provare
sollievo da sintomi come l’ansia, la depersonalizzazione e
l’accelerazione del pensiero, può soffrire di disturbi del
comportamento, disordini alimentari e alcolismo; può aver tentato il
suicidio.
Esperimento con le scimmie
Isolamento-tortura=ripetizione del comportamento, incapacità
relazionale-affettiva-sessuale
«Un animale sottoposto a stimoli violenti e conflittuali continua a
cercare lo stimolo doloroso anche in assenza di una ricompensa.
Questo, per evitare l’incertezza di altre scelte. Potrebbe così apparire
inspiegabilmente masochista a un osservatore non a conoscenza
delle sue singolari esperienze.» Jules Masserman
Alcuni psicanalisti ritengono che l’interruzione nelle cure ricevute che
porta all’automutilazione avvenga, come nel caso delle scimmie,
durante il primo anno di vita.
Altri ritengono che se i semi vengono sparsi in età precoce in un
ambiente famigliare poco incoraggiante e protettivo, le esperienze
più dannose si verificheranno più tardi, intorno ai sei-sette anni.
«L’automutilazione è una rappresentazione letterale della rottura
della ferita che simboleggia il vuoto materno.»
Joyce McDougall
Stretta correlazione automutilazione-abuso
Automutilazione
-Grido d’aiuto
-Sfogo per la rabbia incontrollata
-Modo gestibile per controllare il trauma
-Forma d stimolazione corporea per bambini diventati insensibili al
dolore in seguito a traumi fisici e sessuali
-Prova della propria esistenza
Questo processo si acuisce in adolescenza con il modificarsi del corpo
fisico
La sequenza dell’automutilazione
Gli attacchi di solito sono provocati da un’esperienza reale o
percepita di perdita-abbandono. La separazione dall’altro da sé è tale
che l’automutilazione viene vissuta come prova della propria
esistenza. Possono inoltre essere presenti sentimenti forti,
incomunicabili che trovano quindi la propria esplicitazione nell’atto
estetico. Il dolore non sempre viene percepito, la gravità del danno è
rigidamente controllata e la ferita eseguita con attenzione.
Al termine, si raggiunge uno stato catatonico di dissociazione emotiva
che può portare assopimento e sollievo o anche eccitazione.
L’automutilazione, proprio come una dipendenza, aumenta di
frequenza e di intensità nel corso del tempo e coloro che ne soffrono,
se non possono tagliarsi o bruciarsi, possono manifestare sintomi di
forte desiderio e astinenza.
Associando l’automutilazione al sollievo che provoca, essa diventa la
soluzione dei problemi della vita.
«I giovani si feriscono perché l’automutilazione risponde
perfettamente ai loro bisogni psicologici.
Scarica la tensione in modo concreto, improvviso, drammatico e
impulsivo. E’ diretta contro il corpo in modo deliberato, volto a
deturparsi e sfigurarsi e deriva dal senso di alienazione del corpo.
E’ una delle poche maniere per attirare un’attenzione sollecita da
parte di coetanei ed adulti.
L’atto esprime la disperazione accumulata e la rabbia di aver subito
perdite profonde in passato e altre dolorose nel presente.
E’ difficile immaginare un modo più efficace di comunicare lo
sconforto interiore.»
Walsh e Rosen
Automutilazione e abuso sessuale
«Poi c’era il dolore.
Una rottura e una invasione in cui anche i sensi vengono lacerati.
L’atto di stuprare un corpo di otto anni implica che la cruna dell’ago
ha ceduto perché il cammello non poteva farlo.
Il bambino cede, perché il suo corpo può farlo, mentre la mente del
violentatore non può.»
Maya Angelou
La causa più comune dell’automutilazione è l’abuso sessuale
nell’infanzia.
Dal 50 al 90% dei soggetti che si feriscono ha subito abusi sessuali
nell’infanzia.
L’abuso sessuale è l’estrema violazione dei confini, è un atto intrusivo
e violento che distrugge l’integrità del corpo e che dà una netta
percezione di frammentazione e disintegrazione.
Tagli e lividi sono un simbolico grido d’aiuto o un manifesto di
resistenza, anche se inflitti molto tempo dopo l’abuso.
«Quando mi tagliavo era come se cercassi di tagliare fuori lui da me.»
Una cutter
n.b. lui=lo stupratore
«Nell’ambito di cure parentali distorte, i bambini possono diventare
perversi e iniziare ad amare ciò che non è buono, pur di riempire il
vuoto intollerabile provato in seguito alla deprivazione dei loro
bisogni emozionali».
Alvarez
Non è solo l’atto intrusivo a danneggiare le vittime degli abusi
sessuali nell’infanzia ma tutto il sistema famigliare (partner silenziosi)
alterato che permette che tali abusi si verifichino e che spesso
rimane disfunzionale anche molto tempo dopo che l’abuso è cessato.
I bambini che subiscono un abuso possono passare la vita a punire il
proprio corpo perché li ha «traditi».
«L’automutilazione può anche servire ad accrescere il controllo sul
proprio corpo, come l’anoressia e la bulimia.
Oppure consentire all’individuo di interpretare i ruoli della vittima, del
carnefice e infine dell’amorevole infermiere che cura le ferite
autoinflitte e le guarda guarire.
Per altri, la vista del sangue è la prova inconfutabile che sono vivi e
permette di riemergere da terribili stati dissociativi.»
Marilee Strong
Tagliare= Purificare/Punire/Controllare
«Espellere il sangue cattivo»
Il legame mente-corpo
400 a.C, Ippocrate: malattia e salute sono prodotte da una complessa
interazione fra mente, corpo e ambiente
Cartesio: res cogitans e res extensa
XX secolo: la dicotomia inizia a cedere
«Lo studio dell’automutilazione chiarisce che la mente e il corpo sono
inestricabilmente legati. Chi si automutila è la prova vivente che
quando un corpo viene offeso, l’anima urla e quando l’anima viene
calpestata, il corpo sanguina.»
Marilee Strong
Il trauma può alterare sia la struttura che la chimica del cervello e di
altri sistemi di regolazione dello stress.
Questi mutamenti possono essere irreversibili, soprattutto quando
un bambino viene traumatizzato prima che il suo sistema nervoso
centrale sia completamente sviluppato.
Nelle persone che soffrono di disturbo post traumatico da stress,
comprese alcune di quelle che si mutilano, i ricordi del trauma
possono tornare o essere riattivati da altri stimoli e difficilmente i
soggetti riusciranno ad elaborare efficacemente il ricordo; anzi la
ripetizione mentale del trauma aumenta lo stress e imprime più
profondamente l’esperienza nel cervello. Lo stimolo attiva sensazioni
improvvise, non controllate dalla ragione.
Le persone che ne soffrono cercano di compensare questa
ipereccitazione chiudendosi a ogni stimolo.
Usano la dissociazione e una serie di comportamenti che alterano
l’umore (lesioni e ustioni, cibo e purganti, alcol e droga, sesso e
digiuno) per anestetizzarsi e regolare le proprie emozioni, tenendo a
bada i ricordi intrusivi.
L’incapacità di elaborare totalmente gli eventi che suscitano emozioni
può provocare depressione, mancanza di speranza, deterioramento
del sistema immunitario e malattie.
-Disturbo delle personalità multiple
Più giovane è l’età in cui si verifica il trauma e più duratura la sua
persistenza, maggiori sono le probabilità che i soggetti abbiano
problemi a lungo termine nel regolare l’ansia, la rabbia e altri impulsi.
Un’alta percentuale di adulti e ancora più alta di bambini non sono
capaci di ricordare cosa gli è accaduto.
Esprimono quello che non sanno dire a parole con comportamenti
che ripetono il trauma come l’automutilazione, la somatizzazione o
leggere indisposizioni fisiche che sembrano non avere una causa
organica.
In una forma simbolica il corpo sta dicendo:
<<Mi è successo qualcosa di terribile.
Tu non lo sai ma io sì.
E non posso andare avanti finché non trovo un senso.
Così la persona comincia a ripetere il trauma per scaricarlo e per
dargli un senso.
Ma ripetendo infinite volte il sintomo non si trova mai la soluzione.
Non si troveranno mai le risposte tagliuzzando il proprio corpo.
Serve solo a distrarsi>>.»
Mark Shwartz
Perché tante persone che si automutilano non provano dolore
tagliandosi, bruciandosi o rompendosi le ossa?
Coloro che si automutilano sviluppano una risposta condizionata allo
stress che produce un livello più alto di oppiacei nei loro corpi, che a
sua volta produce l’intorpidimento sensoriale.
Questa risposta condizionata può assumere la natura di una
dipendenza, nella quale coloro che si automutilano soffrono di crisi di
astinenza da oppiacei in assenza di stress o stimoli traumatici.
L’astinenza si esprime con ansia, iperattività e aggressività.
- Cambiamenti nella risposta del sistema nervoso
- Meccanismo di difesa della dissociazione
- Bassi livelli di serotonina
«La dissociazione, la tendenza all’autodistruzione e al
comportamento impulsivo potrebbero essere tutte reazioni mediate
dal punto di vista ormonale, innescate da stimoli che suscitano il
ricordo di un trauma e di un abbandono precedente.»
B.A. Van der Kolk
La situazione non è immutabile:
«Nel cervello l’hardware come il software sono in continuo
mutamento. Tutto, dalle nuove esperienze ai farmaci prescritti, alle
terapie del dialogo può cambiare il modo in cui le cellule nervose
comunicano tra di loro»
Steven Hyman
Cenni su disordini alimentari, alienazione del corpo e
automutilazione
I disordini alimentari non sono un fenomeno nuovo, esistevano già
nel medioevo e nell’antichità classica, tuttavia oggi il problema ha
assunto proporzioni epidemiche diventando un’ossessione culturale.
Molti studi hanno dimostrato che tra coloro che si automutilano, una
buona percentuale soffre di disordini alimentari.
I due comportamenti hanno radici e funzioni in comune ed è quindi
normale che possano coesistere.
1)Entrambe le sindromi sono indotte dal trauma e possono servire a
rimetterlo simbolicamente in atto, esercitando una specie di
controllo sulla situazione.
2)Ognuno usa il corpo per risolvere conflitti psicologici (rabbia,
tensione, solitudine, vuoto..)e per gestire fisiologicamente sintomi
post traumatici come la dissociazione, i flashback, l’ipereccitazione.
3)Entrambi i comportamenti sono impulsivi, nascosti, rituali e carichi
di vergogna e senso di colpa.
4)Ciascuno di essi implica un’aggressione verso il corpo e un tentativo
di controllare i suoi confini.
5)Entrambi i comportamenti creano «dipendenza»: il soggetto sente
il bisogno di ripeterli, quasi ossessivamente
«L’automutilazione e il digiuno hanno lo stesso scopo per me: mi
danno un senso di potere e mi permettono di sfogare sentimenti che
non posso esprimere a parole.
Nell’immediato l’automutilazione è più soddisfacente e scaccia subito
i sentimenti negativi. Se non sentissi di avere il controllo della
situazione, credo che impazzirei.»
Una cutter
Tagliarsi e bruciarsi, digiunare e ingozzarsi, magiare troppo e purgarsi
sono comportamenti che riflettono una forte ossessione per il corpo
e contemporaneamente un senso di alienazione da esso altrettanto
forte. Il corpo è visto come un nemico, un avversario che dev’essere
punito e controllato a tutti i costi. Al tempo stesso, sembra morto,
irreale, separato dall’anima. Cure intrusive o poco attente provocano
un’immagine negativa del proprio corpo e il bisogno compulsivo di
creare artificialmente e rinforzare i confini corporei con
comportamenti come l’automutilazione e i disordini alimentari.
L’automutilazione e i disordini alimentari in seguito ad abusi sessuali
possono essere tentativi di attenuare l’appetibilità sessuale del corpo,
per evitare l’intimità.
La rabbia si focalizza spesso su parti del corpo associate al sesso del
soggetto o alla sua sessualità.
«Lascerei tranquillamente cadere a terra i miei seni perché mi
ricordano mia madre, che ha abusato di me» Una cutter
Chi soffre di disturbi alimentari, spesso ha genitori troppo intrusivi o
troppo assenti.
«Chi soffre di anoressia pensa, quando un altro è troppo presente:
<<Io sarò assente, prenderò poco posto, diventerò piccolo.»
Scott Lines
O ha avuto modelli famigliari troppo rigidi, dove i risultati erano
l’unica cosa che contava.
«Essere nella media è come prendere sei a scuola, non è
abbastanza.»
Una cutter
Queste sindromi di controllo sul corpo si verificano più spesso nelle
donne che negli uomini e tendono a cominciare nella pubertà.
«Per anoressiche e bulimiche, il cibo diventa un oggetto transizionale,
la coperta di sicurezza, come i rasoi e i coltelli per i cutter. Il cibo è
sempre disponibile. Ci si può contare, al contrario delle persone. Può
consolare e riempire. Può essere misurato ed espulso, per nutrirsi o
punirsi, si può assumerlo o no. La magrezza è uguale
all’autosufficienza, il sangue risponde a una catarsi emotiva,
mangiare calma la solitudine e purgarsi equivale a purificare
moralmente il sé.»
Lisa Cross
L’anoressia non è solo la negazione del cibo, è la negazione di tutti gli
appetiti, i bisogni, i desideri.
Ma sotto la loro maschera di autosufficienza, gli anoressici, come i
bulimici e coloro che si automutilano, soffrono di una fame
insaziabile di cibo, amore, contatto con gli altri, approvazione,
protezione.
Come coloro che si automutilano, trovano più facile gestire il dolore
fisico che emotivo, anoressiche e bulimiche dominano la fame
emotiva trasferendola in una fame fisica, che possono incoraggiare o
negare.
Le anoressiche temono il contatto interpersonale e usano la malattia
per proclamare coraggiosamente che non hanno bisogno di niente e
di nessuno, nemmeno di sostentamento.
Sono onnipotenti: bloccano il ciclo mestruale, capovolgono i
mutamenti corporei della pubertà, negano addirittura i processi
naturali.
Al contrario, chi mangia in modo compulsivo è così spaventato
dall’abbandono che riempie il corpo di tutto quello che può
attenuare la solitudine e il vuoto.
Le anoressiche cercano la purezza e la leggerezza del vuoto, le
bulimiche lottano per riempire un vuoto interiore.
Ma entrambe cercano il controllo delle loro vite, per provare che non
sono più impotenti e indifese.
I disordini alimentari, come l’automutilazione, sono una potente
forma di comunicazione. Esprimono, in termini molto grafici,
un’angoscia altrimenti impossibile da comunicare. I corpi deperiti,
scheletrici delle anoressiche costringono gli altri a vedere la loro
sofferenza. Coloro che si automutilano e soffrono di anoressia usano
un linguaggio quasi identico per descrivere i loro rituali di
purificazione, il loro urgente bisogno di scacciare il veleno, i demoni,
la cattiveria dal loro organismo.
«Quando il resto della mia vita è incontrollabile, so che l’unica cosa
che posso controllare è il mio peso.
Digiunare, purgarsi e automutilarsi possono dare un perverso senso
di autostima, un’identità e una struttura a una vita priva di
significativi contatti umani.»
Una cutter anoressica
Quando il dolore è troppo forte…
VALENTINA SAMBROTTA
Sociologa
Criminologa
Counselor della relazione d’aiuto
www.valentinasambrotta.it; [email protected];
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