La struttura del centro Pompidou

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La struttura del centro Pompidou
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LA STRUTTURA DEL CENTRO DI POMPIDOU
di Igor Malgrati
Nel 1970 si bandì un concorso internazionale per la costruzione di un centro per la
cultura nel cuore di Parigi, con l’intento di proporre la cultura in un modo meno
istituzionale del solito. Il concorso fu vinto da due giovani architetti, un italiano, Renzo
Piano ed un inglese, Richard Rogers. L’intento dei due è quello di realizzare una
“gioiosa macchina urbana […] una creatura che potrebbe essere uscita da un libro di
Jules Verne, oppure un’improbabile nave in carenaggio.” (R.Piano)
L’intento sembra particolarmente riuscito e la realizzazione (1971-1978), passata
attraverso moltissime critiche ci permette oggi di ammirare questo “grido moderno nel
cuore antico della capitale francese” (B.Zevi).
Alla progettazione e all’avventura del cantiere che a più riprese l’accademia francese
ha cercato di bloccare, collaborò un grande ingegnere, Peter Rice.
L’intento evidente della progettazione è stato quello di portare la struttura all’esterno
perseguendo il duplice scopo di dare forza al concetto di macchina e di avere
all’interno uno spazio privo di sostegni intermedi.
1. Foto dall'alto dell'area
1.
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La struttura, a 6 piani, è costituita da:
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
travi trasversali costituite da 3 parti, una trave Warren incernierata a 2 Gerber

due ordini di pilastri su cui scaricano direttamente le Gerber

due ordini di tiranti posti alle estremità delle Gerber

controventi su entrambe le due facce parallele

fondazioni, di cui però non si hanno informazioni
La tripartizione delle travi (vedi fig.2-3), che permette di determinare tre aree funzionali
(quella interna,le 2 zone dei percorsi e la parte esterna a cui è appeso un percorso di
accesso ai piani realizzato mediante una scala mobile a spezzata), determina uno
schema statico isostatico: le travi Warren sono incernierate alle Gerber, le quali sono
incernierate con un foro ovalizzato ai pilastri (sono permesse così le dilatazioni
orizzontali) e collegate ai tiranti, che essendo esili, hanno una bassa rigidità flessionale e
possono quindi essere assimilati a carrelli.
Le travi Warren, di grossa luce e soggette a grossi carichi di esercizio (si tratta infatti di
spazi adibiti al pubblico e quindi molto frequentati) sono conformate in modo che le
aste in trazione siano a sezione trasversale piena, quelle in compressione, sono a
sezione tubolare tonda, per avere maggior inerzia e quindi essere protette dal rischio di
instabilità.
Il meccanismo di funzionamento ai carichi è il seguente:

le Warren caricate scaricano attraverso la cerniera sulle Gerber che a loro volta
comprimono i pilastri e mettono in trazione i tiranti;

quando si caricano anche le Gerber, queste comprimono ulteriormente il pilastro
e diminuisco la trazione nei tiranti;

la chiusura dell’edificio scarica direttamente sulla cerniera tra Gerber e Warren,
determinando un meccanismo di carico analogo a quello delle Warren

la scala mobile appesa è realizzata con una struttura reticolare, le cui aste
seguono l’espediente delle Warren della differenziazione a seconda del tipo di
sollecitazione. Questa struttura reticolare scarica sulle Gerber che si trovano ad
essere tese o compresse, rispettivamente se sopra o sotto.
2.
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2. Prospetto laterale, si notano le travature e la controventatura
3. Schema statico delle travi
Non si hanno informazioni sul solaio che comunque si presume rigido nel proprio piano.
A suffragare in parte quest’ipotesi, all’ultimo piano si vedono controventi di piano che
suddividono in triangoli l’area determinata dalle Gerber e la parte che resta tra
facciata e Warren.
3.
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4. Pianta dell'ultimo piano in cui si vedono le controventature di piano
Ipotizzando che questo succeda ogni piano in cui ci sono i controventi, le aste superiori
compresse delle Warren si considerano quindi controventate, con solaio che, per la
propria rigidezza, scarica uniformemente le forze orizzontali sui controventi verticali.
Ed è quello che succede: le quattro facce del parallelepipedo sono evidentemente a
nodi fissi:

le due facce a maggiore superficie (vedi fig.5) sono controventate con tre ordini
di croci di sant’Andrea che collegano alternativamente le Gerber, su tutta la
lunghezza, per la facciata verso la piazza; per la facciata opposta, verso Rue de
Renard, per motivi probabilmente impiantistici i controventi sono su 11 dei 13
campi: la facciata è comunque a nodi fissi.

le altre facce del parallelepipedo (vedi fig.2) possono resistere alle forze
orizzontali in quanto il campo centrale (quello delle Warren) ha 3 coppie di aste
tubolari che collegano le Warren e si oppongono allo scorrimento orizzontale
vicendevole; i campi esterni (quelli delle Gerber) presentano alla base una
croce di sant’Andrea che, unitamente al fatto che la prima Gerber non ha un
foro per permettere scorrimenti orizzontali, irrigidisce il quadrato di base e
conseguentemente tutto il campo (che infatti può essere inteso come se
realizzato da archi a tre cerniere impostati su di nodi fissi).
4.
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Al di là del fatto che le controventature sono differenti, c’è la particolarità che le facce
minori hanno una controventatura che collega tutte le travi, mentre le facce più estese
hanno solo tre ordini che collegano alternativamente le travi. Questo, senza entrare
nella questione dell’efficienza dei differenti tipo di controvento si può spiegare col fatto
che le facce minori controventano le facce maggiori, che sono colpite da una
maggior quantità di vento, e viceversa.
Scopo della controventatura è anche quello di contenere gli sforzi aggiuntivi che sono
causati alle strutture all’esterno dalle dilatazioni termiche impedite.
5. Prospetto principale verso la Rue de Renard
I pilastri, sebbene non abbiano nodi vincolati direttamente da croci di sant’Andrea
(queste sono infatti a livello dei tiranti) per la succitata controventatura di piano hanno
nodi fissi e riducono pertanto la luce di libera inflessione.
Le immagini pubblicate sono parte delle immagini disponibili sul sito di Renzo Piano; per
averle tutte si rimanda pertanto ad esso (www.rpwf.org).
5.