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Alice oltre la notte:
ritratto d'interno
con anima mobile
Alessio Tosoni
SETTE CITTÀ
ISBN: 978-88-7853-140-6
© 2009 SETTE CITTÀ
Via Mazzini, 87 • 01100 Viterbo
tel 0761 304967 • fax 0761 1760202
www.settec​itta. eu • info@sette​citta.eu
Progetto grafico e impaginazione:
Mariani Fabrizio • Virginiarte.it
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Traduzione in inglese di Alessio Tosoni
Traduzione in francese di Serena Marrocco e Eleonora Barria
Note biografiche a cura di Paola Paolucci
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“...I know who I WAS when
I got up this morning, but I think I must
have been changed several times since then”
“...so chi ero quando mi sono
svegliata stamattina, ma da allora
devo essere cambiata parecchie volte”
L. Carroll, Alice’s Adventures in Wonderland
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PREFAZIONE
Ho incontrato Fabio Calvetti a Certaldo per la prima volta nell’estate 2006. Per un paio d’ore abbiamo parlato come due
perfetti sconosciuti di arte, di nuove tendenze, di collezionismo, reciprocamente curiosi di fare la conoscenza dell’artista e del
collezionista che avevamo di fronte. Ci siamo salutati parlando della possibilità di pubblicare un saggio. A un anno di distanza
la possibilità è diventata realtà nella cornice magica dell’atelier del pittore. Oggi si conclude un percorso, si apre un nuovo
percorso.
Alessio Tosoni
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Alice oltre la notte: ritratto d’interno con anima mobile
Dove il silenzio riverbera dell’intimo moto dell’anima, tra scanni vuoti e lamine di luce, muovi passi incerti, l’occhio
non si è ancora abituato, sfiori con le mani spigoli e concavità di oggetti familiari, il profilo ondulato di una fila di
poltroncine da teatro, ti adagi molle alla seduta polverosa. Ancora un attimo e tutte le ombre avranno una forma,
tutte le forme un colore. La donna siede qualche fila più avanti, sola. Sola, nel muto infrangersi di un battito senza
tempo. Con passi laterali guadagni il segmento di spazio più breve tra te e la sua esile figura, ma lei è già lontana:
ombra tra le ombre, cancellata dalla notte metropolitana, Alice oltre la notte.
La ritroverai ancora abbandonata su un divano dal profondo schienale, affacciata a una finestra con gli occhi addensati sul
cielo, al tavolo di un american bar o in una sala da biliardo vuota, infine in una stanza da letto, intima o occasionale, e sarà
sempre lei, unica e universale, Donna paradigmatica e archetipo femminile, la donna diafana dell’immaginario pittorico di
Fabio Calvetti.
Dalle vetrate dello studio entra la luce primo-pomeridiana di un assolato giorno d’ottobre, alle pareti le tavole di vario formato
già pronte per le prossime mostre: alcune andranno in Florida, mi illustra Calvetti, altre in Francia, altre ancora a Milano, città
quest’ultima, insieme a Genova, con la quale il pittore mantiene un canale privilegiato attraverso due gallerie storiche che da
oltre un decennio hanno creato un valente sodalizio professionale con Calvetti, curandone la distribuzione in esclusiva per
l’Italia.
A terra, appoggiate al muro, Fabio dispone altre opere, tappe essenziali di una formazione artistica che prende le mosse
dai primi anni ‘70. Sono quelli gli anni in cui Calvetti, diplomatosi nel 1974 presso il Liceo Artistico di Firenze, intraprende
il percorso accademico che completerà nel 1978. Anni carichi di impegno sociale oltreché artistico, gli anni del Collettivo
dell’Accademia di Belle Arti di cui fu ideatore l’insigne Fernando Farulli, maestro di Calvetti per un anno al Liceo e da Calvetti
scelto come insegnante nel successivo iter accademico. Fu Farulli nel 1974 a inserire l’allora diciottenne Calvetti nel Collettivo
all’interno del quale il pittore rimase per un quadriennio, completando i programmi accademici con laboratori estivi istituiti
presso gli stabilimenti industriali delle acciaierie di Piombino.
Presto però Calvetti superò questa esperienza artistica migrando verso una forma espressiva più autonoma ancorché volta a
tematiche sociali. Di quegli anni è il ciclo pittorico su tela Nigger go home! (1978) nel quale, con tratto ancora acerbo benché
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con embrionali tracce stilistiche del Calvetti più maturo,
viene affrontato il tema dell’emarginazione e del razzismo
con intima e motivata partecipazione. Il fermento artistico
di Calvetti prende forma attraverso molteplici eventi collettivi creati dalle locali amministrazioni oltre che per il tramite di mostre personali che prendono le mosse dal primo
atelier nel centro storico di Certaldo dove Fabio Calvetti è
libero di esercitare la lezione accademica assecondato da
un ambiente familiare stimolante e sensibile alla precoce
inclinazione artistica del pittore. In un breve volgere di
anni la trama che ha legato l’artista alla brulicante attività
culturale del territorio assume poi le caratteristiche di un
incarico a tempo indeterminato, allorquando nel 1982 gli
viene dato mandato dal Comune di Certaldo di occuparsi
dello sviluppo e della gestione dei programmi della Scuola
Comunale di disegno, poi trasformata in Laboratorio Comunale di arti visive, esperienza che ebbe termine con il
passaggio all’Ufficio Cultura del Comune di Certaldo dove
Calvetti ebbe modo di mettere a frutto preziose esperienze
di organizzazione e allestimento oltre ad affinare le proprie
abilità tecniche nella veste di graphic designer.
I risultati di questa esperienza che copre l’arco di un decennio dal 1987 al 1997 furono raccolti in una mostra dal
titolo Percorsi paralleli svoltasi al Palazzo Pretorio di Certaldo (giugno-luglio 1997) che, tramite numerosi dipinti e
un apparato antologico di manifesti, locandine e loghi, ci
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