Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina

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Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina
Corso di Scienze Applicate ai Beni CulturaliAA 2013-2014
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Docente Dr. Peana Massimiliano
Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina
Alessandra Mela; matricola n°30043592; e-mail: [email protected]
“…La quale opera è veramente stata lucerna che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della
pittura, che ha bastato illuminare il mondo per tante centinaia d’anni in tenebro stato.”
Giorgio Vasari
RIASSUNTO
Gli interventi sugli affreschi della Cappella Sistina hanno avuto seguito grazie a dei
casuali controlli avvenuti durante il restauro di due affreschi laterali: “Disputa sul
corpo di Mosè” di Matteo di Lecce e della “Resurrezione di Cristo” di Hendrik Van de
Broek. I ponteggi già piazzati vennero rialzati sino alle lunette e già ad una prima
ricognizione visiva, ci si rese conto di come le pitture fossero ricoperte da nero fumo
e sporco. Alla successiva pulitura di una porzione grande quanto un francobollo, che
passò da un marrone cupo ad un rosso vivo, si decise che era necessario intervenire
su tutta la volta e sul Giudizio Universale. I restauri, che durarono tredici anni, dal
1980 al 1994, sono stati condotti da un gruppo di specialisti dei Musei Vaticani
coordinati dal direttore C. Pietrangeli, dal Prof. F. Mancinelli storico dell’arte e
direttore dei lavori e da G. Colalucci, capo-restauratore; gli interventi hanno
comportato la pulitura degli affreschi della volta e del Giudizio Universale. In seguito
alla pulitura, i colori ritrovati sono risultati chiari, vivaci, accostati con grande
sapienza pittorica perché si riducesse l’effetto di appiattimento delle figure,
determinato dalla lontananza dello sguardo dello spettatore dai dipinti. Di particolare
interesse è l’uso dei “cangianti”, ossia dell’accostamento di colori fortemente
contrastanti per accrescere i volumi e sottolineare la potenza delle masse.
L
INTRODUZIONE
a Cappella Sistina, fatta edificare da Papa Sisto IV, fu costruita subito a nord della Basilica
di San Pietro e completata intorno al 1481. Le pareti della Cappella furono decorate da un
gran numero di pittori del Rinascimento (Ghirlandaio, Perugino, Botticelli, etc). La
Cappella fu affrescata ulteriormente sotto Papa Giulio II, che affidò i lavori a Michelangelo
(affreschi della volta 1508-1512). Anni dopo Papa Clemente VII commissionò a Michelangelo
l’affresco della parete alle spalle dell’altare. L’artista rappresentò il Giudizio Universale che
terminò nel 1541. Nonostante la bellezza della composizione, il fatto cheMichelangelo avesse
rappresentato nude le figure, scandalizzò la Chiesa tanto che dopo una decina d’anni diede
incarico al pittore Daniele da Volterra, di ricoprire le parti intime delle figure con delle braghe
(che saranno quasi tutte eliminate in seguitoall’ultimo grande restauro di fine 900).La Cappella
ha forma rettangolare e misura 49,93 m di lunghezza e 13,41 m di larghezza (stesse dimensioni
del Tempio di Salomone secondo l’Antico Testamento). L’altezza è di 20,7m.
1 La tecnica dell’affresco.
L’affresco è una tecnica di pittura murale che richiede diverse operazioni di preparazione: sul
muro viene steso un intonaco grossolano (rinfazzo) e su questo uno più sottile (arriccio), su cui
viene disegnata una traccia dell’opera con un solo colore (sinopia). Sulla sinopia è posto uno
strato leggero di sabbia molto fine e calce; su questo intonaco bagnato il pittore dipinge con
colori mescolati ad acqua. Per la necessità di dipingere su intonaco fresco la porzione di muro da
affrescare viene preparata giorno per giorno. I ritocchi vengono eseguiti a secco, usando colori a
tempera. In genere l’artista creava prima uno schizzo su carta (cartone preparatorio) che poi
veniva riprodotto sulla superficie da affrescare. Come si passava dal cartone preparatorio alla
superficie dipingere? Vi erano varie procedure per farlo:
- Spolvero: le linee del disegno venivano forate con un punteruolo, quindi il cartone era
appoggiato sull’arriccio. Lungo la foratura era premuto un sacchetto contenente finissima
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Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina
polvere di carbone che, passando attraverso piccoli fori, lasciavasull’arriccio la traccia puntinata
del soggetto. Michelangelo utilizzò questo sistema ad esempio nel tracciare il viso di Dio nella
“Creazione di Adamo” (Fig.1).
- Incisione indiretta o ricalco: il cartone, di tipo più pesante e spesso rispetto a quello usato nello
spolvero, applicato sulla parete e ripassato con uno stilo metallico che lasciava un segno inciso
nell’intonaco. Michelangelo si serve di questo sistema ad esempio nel tracciare alcune figure nel
“Peccato originale”.
- Incisione diretta: è una tecnica usata più raramente; l’artista tracciava sull’intonaco umido le
linee del disegno, utilizzando una punta metallica e senza servirsi del cartone. Michelangelo si
servì di questo sistema ad esempio per tracciare la figura del “Profeta Isaia” (Fig. 2).
Figura 1. La Creazione di Adamo
Figura 2. Il Profeta Isaia
2. I colori
I colori impiegati nell’affresco vengono miscelati semplicemente con acqua in quanto il
collante che permetterà l’adesione all’intonaco sarà costituito da un processo chimico. Quando la
pietra minerale viene trasformata in calce, bruciando perde il suo acido carbonico, ma lo
recupera gradualmente dall’aria circostante. Quest’ acido carbonico, nell’essere riassorbito, serve
a fissare i colori usati nell’affresco; è un errore dire che i pigmenti affondano nell’intonaco umido,
rimangono in superficie, fissati nel reticolo cristallino del carbonato di calcio che si forma. E’
ovvio che, perché questo possa accadere il colore deve essere steso sull’intonaco prima che
questo asciughi. Come giustamente ci ricorda il Vasari, i colori che si possono usate in tutta
sicurezza sono solamente le terre, unici pigmenti resistenti all’azione caustica della calce. La
gamma cromatica dell’affresco è quindi abbastanza limitata: ad esempio i marroni, i rossi, i giallile cosiddette terre- sono costituiti da ossidi di ferro di vario colore. I pigmenti utilizzati
nell’affresco sono tutti di natura minerale e ciò giustifica la limitatezza della gamma cromatica.
Vengono portati sull’intonaco uniti semplicemente ad acqua.
La tecnica ad affresco necessita di grande esperienza e abilità di esecuzione perché oltre a non
consentire correzioni uno stesso strato di intonaco, non permette all’artista di vedere
immediatamente il reale tono dei colori stesi.
Asciugando l’intonaco infatti si altera progressivamente; la cromiaalla quale viene meno la
forza e la vivacità del colore bagnato, in compenso raggiunge una luminosità ed una trasparenza
che non può essere ottenuta con nessuna altra tecnica.
I colori comunemente usati per la pittura ad affresco
Bianchi
Bruni
Bianco san Giovanni
Bianco di titanio
Bianco di barite
Bruno di marte
Terra d’ombra
Terra d’ombra bruciata
Terra di Siena naturale
carbonato di calcio
biossido di titanio
solfato di bario
ossidi di ferro
ossidi di ferro + biossido di manganese + Silicati argillosi
ossidi di ferro+biossido di manganese+Silicati argillosi
ossidi di ferro+silicati argillosi
Alessandra Mela
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Terra di Siena bruciata
Gialli
Verdi
Giallo di Marte
Ocre gialle di varia tonalità
Terra di Siena naturale chiara
Terra di Siena naturale scura
Terra verde
Malachite
Verde cobalto
Verde smeraldo
ossidi di ferro+silicati argillosi
ossidi di ferro
silicati argillosi più o meno ricchi di ossidi di ferro
silicati ferrosi
carbonato basico di rame
ossido di zinco e cobalto
ossido di cromo
Azzurri
Lapislazzuli
Azzurrite
Oltremare naturale
Azzurro di cobalto
Azzurro smalto e smaltino
silicato di alluminio contenente zolfo
carbonato basico di rame
chimicamente simile a lapislazzuli
ossido di cobalto e alluminio
vetro colorato contenente ossido di Cobalto
Rossi
Rosso inglese
Rosso di Marte
Terra di Pozzuoli
Terra di Siena
Terra di Venezia
Corpur Mortum
Arancio di Marte
Arancio di piombo
ossido di ferro naturale
ossido di ferro precipitato
terre naturali ocre contenenti ossidi di Ferro
ossido di ferro precipitato
ossido di piombo: minio
Michelangelo, nel dipingere la volta, utilizzò un’ampia gamma di colori, vivaci e accesi, a volte
in apparente contrasto tra loro, ma che nell’insieme mostrano uno straordinario spettacolo.
Alcuni tratti sono dipinti a secco (l’artista si serve del nero fumo per tracciare gli occhi di alcuni
personaggi, e anche di alcune lacche come ad esempio alcuni rossi-cocciniglia). Nel Giudizio la
cromia utilizzata è molto meno diversificata, spiccano il blu intenso dei lapislazzuli del cielo e la
foglia d’oro delle decorazioni delle vesti e delle aureole (stesi a secco ).
3. I dipinti della volta : struttura dell’opera.
Michelangelo riuscì in soli cinqueanni a decorare, quasi interamente da solo, una superficie di
1000 mq con oltre trecento figure. Egli concepì una decorazione complessa, di significato e valore
profondamente intellettuale racchiusa entro una poderosa e illusionistica struttura marmorea
dipinta che serra il soffitto. L’architettura finta crea anzitutto una sorta di corridoio centrale, in
cui si svolgono le storie più articolate e ricche di figure, desunte dal Vecchio Testamento: nove
riquadri dalla “Divisione della luce dalle tenebre” operata da Dio all’inizio della creazione,alla
“Ebbrezza di Noè” dopo il diluvio universale. Ai lati una successione di profeti e sibille annuncia la
parola di Dio; le loro gigantesche figure sono intervallate da vele triangolari che ospitano gli
antenati di Cristo, mentre ai quattro angoli vi sono scene tratte dalla antica scuola ebraica. Nella
volta della Cappella in sintesi, viene raffigurato l’inizio della storia dell’ universo e dell’uomo
prima del Cristianesimo. Nella Sistina l’artista dà corpo a un segno pittorico grandioso e solenne:
con il colore nero egli traccia praticamente a mano libera, i contorni delle figure;attraverso il
forte chiaroscuro, crea dei corpieccezionalmente tridimensionali, scultorei, tali da poter
risaltare anche visti dal basso. Tutti i personaggi sono visti con arditissimi scorci e nelle tipiche
posizioni di “contrappunto”( testa e gambe da una parte, busto dall’altra). Le figure della volta si
torcono, si muovono a fatica, liberano energia.
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Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina
4. Il Giudizio Universale: struttura dell’opera.
Il Giudizio Universale, che conclude la decorazione della Cappella con l’ultimo atto della storia
dell’uomo, è ricco di significati mistici e simbolici. Una massa di figure nude si staglia su un cielo
azzurro che non ha nulla di realistico, ma che sembra un fondo astratto e smaltato; al centro,
inalto, circonfuso di luce,un giovane Cristo sbarbato si scaglia con veemenza contro i dannati,
rappresentati in basso, a destra. Costoro scendono verso l’inferno letteralmente sospinti o
trascinati dai diavoli ( in basso si scorge Caronte, il mitico traghettatore di Virgilio e Dante, con la
sua barca); a sinistra i beati assurgono in cielo. Accanto al Cristo Giudice è una folla di santi e
angeli alcuni spaventati, altri in atto di intercedere, in qualche modo per l’umanità. In basso al
centro, infine, alcuni angeli suonano le trombe del Giudizio; nelle due lunette poste sotto il
soffitto appaiono angeli con i simboli della passionedi Cristo: la Croce, la Corona di Spine, la
colonna su cui fu flagellato. Tutto l’affresco si basa su uno schema rotatorio indirizzato in senso
orario: a destra le figure scendono, a sinistra salgono con fatica, appoggiandosi alle nuvole. Nella
sua lenta continuità questo dinamismo circolare sottolinea l’ineluttabilità del giudizio divino:
nessuno può sottrarsi alla legge di Dio, nemmeno urlando, piangendo o divincolandosi, come
tentano disperatamente molti dannati. Tutte le figure sono nude, in quanto non può frapporsi
nessuna barriera, nessuno scudo tra l’uomo e Dio. Qui lo stile pittorico di Michelangelo appare
molto diverso da quello che aveva espresso nella volta: nel Giudizio,il maestro non ricerca più né
gamma cromatica forte e audace, né alcuna forma di bellezza idealizzata. Oltre all’azzurro
intenso del fondo, prevale dunque un colore uniforme grigio-bruno, che è il tono predominante
della pelle dei protagonisti,
ma che serve anchea
sottolineare la tragicità degli
avvenimenti : all’umanità è
riservatoun destino tragico e
angoscioso,che tocca persino
i beati, i quali non mostrano
gioia, ma anch’essi fatica e
tormento,
gli
stessi
sentimenti che invadono
ormai l’animo dell’artista
invecchiato.
Figura 3.Il Giudizio Universale e la Volta
5. Restauri precedenti.
Gli affreschi sulla volta e sulla parete di fondodella Cappella Sistina hanno subito diversi
interventi di restauro precedenti a quello del 1980. Alcuni problemi iniziali sul soffitto erano stati
causati dalle infiltrazioni d’acqua che penetrava dal pavimento situato al di sopra della volta.
Intorno al 1547 P. Giovio scrisse che gli affreschi sullevolte erano stati danneggiati dal salnitro e
dalle crepe. L’effetto del salnitro è quello di lasciare una efflorescenzabianca. I primi
restauratori avevano trattato le opere applicando olio di lino e olio di noce, che hanno l’effetto di
rendere il deposito cristallino più trasparente. Nel 1625, un restauro fu condotto da S. Lagi, che
pulì la volta usando panni di lino; rimosse la patina scura strofinando sulla superficie pittorica
della mollica di pane . Lagi occasionalmente inumidì la mollica di pane per rendere più efficace la
rimozione delle incrostazioni. Quasi certamente applicò strati di vernice collosa per ravvivare i
colori. Un ulteriore restauro fu effettuato da Mazzuoli che applicò un gran quantitativo di vernice
collosa. Il restauro in questione si concentrò sulla volta, mentre furono trascurate le lunette. Il
penultimo restauro fu effettuato dal laboratorio di Restauro dei Musei Vaticani negli anni 19351938. Questo intervento si concentrò nel consolidamento dell’intonaco nella sezione est della
volta e nella rimozione parziale dello sporco.
Alessandra Mela
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6. L’ultimo grande intervento.
Lo studio preliminare per il restauro contemporaneo iniziò nel 1979. La squadra di
restauratori utilizzarono come linee guida “Le regole per il restauro delle opere d’arte”elaborate
nel 1978 da C. Pietrangeli, direttore del Laboratorio Vaticano per il Restauro dei dipinti, alla base
delle procedure e dei metodi impiegati nel restaurotra cui lo studio e l’analisi dell’opera.
6.1 Preparazione e metodologia.
Nel 1979 Colalucci portò acompimento tutta una serie di esperimenti preparatori per
individuare la giusta metodologia di intervento per il restauro dei dipinti della Cappella
Sistina.Non furono utilizzate metodologie analitiche strumentali (solo dopo i primi procedimenti
di pulitura si effettuò un’osservazione con microscopio a fibre ottiche per indagarese si fossero
presentati dei danni ai pigmenti, e più in generale, come si presentava la situazione della parte
trattata) delle pitture per verificarne le condizioni. Colalucci praticòdei test per individuare i
solventi adeguati su alcune aree della lunetta di “Eleazar e Mattan” ( si decise di utilizzare
l’ammonio carbonato solubile in acqua distillata, al posto dell’AB57).I problemi veri e propri che
presentavano gli affreschi furono verificati solo una volta montate le impalcature. I vari metodi di
intervento furono decisi in corso d’opera, man mano che un problema veniva evidenziato
(metodologia evolutiva).Gli strumenti e le sostanze utilizzati dai restauratori: spugnette, fogli di
carta giapponese, lenti avisiera, cronometro ( per cronometrare i 12 minuti necessari per far sì
che l’impacco diluente ricoperto dal foglio di carta giapponese, e tamponato da spugnetta
imbevutadi ammonio carbonato, facesse effetto) diluenti per sciogliere i grassi, acqua distillata
e ammonio carbonato. I ponteggi di alluminio furono piazzati subito al di sotto delle lunette
utilizzando gli stessi fori nei muri che Michelangelo aveva fatto praticare per i suoi ponteggi
(buche portaie,l’artista aveva rifiutato i ponteggi
proposti da Bramante, ideando egli stesso un
progetto originale). I ponteggi, che furono piazzati
su più livelli, potevano anche sostenere una
piattaforma sporgente che poteva essere girata e
ruotata ( grazie ai materiali leggeri utilizzati),
consentendone lo spostamento lungo tutta la
navata.
Figura 4. La volta dopo il restauro.
6.2 Condizioni preliminari degli affreschi.
I risultati delle indagini preliminari del 1979 rivelarono che gli affreschi erano ricoperti da uno
spesso strato di sporco formato da grassi animali derivanti dalla combustione di candele di sego,
cera, e fuliggine (carbonio amorfo). Al di sopra delle finestre, le lunette erano annerite per i fumi
inquinanti della città. La struttura della Cappella Sistina fu sopraelevata molto prima che
Michelangelo iniziasse i suoi lavori di pittura; a ciò erano riconducibili le crepe negli affreschi (la
crepa nel pennacchio di Giuditta era talmente larga che fu riparata con mattoni e malta prima di
procedere con il colore). Le continue infiltrazioni d’acqua causarono la deposizione di sali sugli
affreschi, in alcune porzioni di essi si sono verificati dei rigonfiamenti e la successiva formazione
di bolle. I precedenti restauri avevano lasciato profonde tracce sui dipinti. Per contrastare lo
sbiancamento dei colori dovuto all’accumulo progressivo dei sali, furono applicati grassi animali e
oli vegetali, che avevano sì reso trasparenti i cristalli salini, ma avevano lasciato sulla superficie
uno strato appiccicoso che aveva catturato e trattenuto la polvere. Un grave problema era
costituito dal salnitro filtrato dalle crepe e che aveva formato degli anelli scuri sulla superficie
pittorica che potevano essere notati soprattutto nelle zone intorno ai piccoli putti che reggono i
cartigli con i nomi dei personaggi dipinti nei pennacchi. Purtroppo gli anelli scuri di salnitro non
possono essere rimossi, causando quindi danni irreversibili. I restauratori hanno ridipinto sulle
zone scure in maniera tale da ridefinire i dettagli della figura. Analisi approfondite hanno
mostrato che, nonostante lo sporco fuligginoso,i depositi di infiltrazione, e i cedimenti strutturali,
la sottile “pellicola pittorica”degli affreschi di Michelangelo,non era stata intaccata.
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Il restauro degli affreschi della Cappella Sistina
7.3 Interventi effettuati.
I restauri partirono dopo i sei mesi preparatori in cui si mise a punto la metodologia
d’intervento più adeguata. La prima fase del restauro di tipo fisico, è costituita nel riattaccare
tutte quelle parti dell’intonaco che si stavano staccando dalla superficie del tonachino.
L’operazione fu portata a conclusione mediante l’utilizzo di iniezioni di resina di polivinilacetato.
I pigmenti che non erano perfettamente aderenti alla superficie sono stati consolidati con
l’applicazione di resina acrilica diluita. I restauratori hanno lavato la superficie pittorica con una
serie di soventi. Ove possibile è stata utilizzata acqua distillata per rimuovere lo sporco ed
eliminare le gomme idrosolubili. Ritocchi e ripitture che avevano caratterizzato precedenti
restauri sono stati rimossi con un solvente gelatinoso, applicato in più passaggi con una precisa
tempistica, e lavati con acqua distillata. Gli accumuli di carbonato di calcio sono stati eliminati
con l’applicazione di una soluzione di dimetiformammide. L’atto conclusivo è stato l’applicazione
di una soluzione leggera di un polimero acrilico per rinforzare proteggere la superficie seguita da
un ulteriore lavaggio. Alcune parti sono state ritoccate adacquerello, per reintegrare il materiale
pittorico mancante. Queste aree sono state riempite in maniera ben distinguibile (ad una
distanza ravvicinata), da una serie di pennellate verticali; questa tecnica rimane invisibile ad una
distanza di qualche metro ed ad un occhio non esperto non snaturando l’autenticità dell’opera.
Figura 5. Il tocco delle dita nella Creazione di Adamo.
CONCLUSIONI
Le operazioni di pulitura degli affreschi della Cappella Sistina hanno rivelato un Michelangelo
dai colori vivaci e brillanti e nonostante le numerose critiche, si deve riconoscere che si è trattato
di un restauro atto a riportare alla luce ciò che già esisteva e che era solo nascosto agli occhi
dello spettatore. Si sono inoltre fatte alcune scoperte impreviste: Sulla volta ad esempio è
emerso che l’orbita dell’occhio di Adamo nella Creazione, non è dipinta, Michelangelo ha infatti
sfruttato il colore dell’intonaco (cozzolana- color grigio- azzurrino); per quanto riguarda il tocco
delle dita tra Adamo e Dio, il restauro ha evidenziato un intervento postumo a quello di
Michelangelo (una lesione della struttura ha fatto cadere due falangi delle dita che sono state
ridipinte in seguito ad un restauro dopo la morte dell’artista fiorentino). Nel Giudizio Universale è
emerso che il viso della Madonna è tracciato a punta di pennello utilizzando tre colori: il bianco, il
rosa, il rosso, e sono stati accostati secondo la tecnica puntinista e divisionista.
RIFERIMENTI
[1] G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti,pittori et scultori italiani, da Cimabue, insino a’
tempi nostri, Edizioni Einaudi 1991, pp. 58-87; pp.880.
[2] Michelangelo scultore, pittore, architetto, Edizioni Plurigraf, pp.50-65.
[3] La grande storia dell’arte,vol.5,pp.68-70.
[4] Intervista filmata a P. Colalucci di P. Badaloni,1995, cineteca rai.
[5] Intervista filmata a P. Colalucci di A. Angela, 2012, cineteca rai.
[6] P. de Vecchi, La Cappella Sistina, Rizzoli, Milano, 1999.
Alessandra Mela