La prostata

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La prostata
La prostata
Piccola ghiandola – grande importanza
Informazioni sulle malattie più frequenti per i pazienti e gli interessati
Società Svizzera di Urologia (SSU)
– Il vostro partner in oncologia
Prefazione
Sommario
La prostata è una piccola ghiandola, che ha però una grande importanza per l’uomo. Una sensazione di disagio o dei disturbi temporanei dovuti alla prostata sono relativamente frequenti e possono colpire uomini di
ogni età. Le cause di tale malessere sono per lo più innocue, relativamente facili da scoprire e anche da curare.
Se viene formulata una diagnosi di cancro della prostata, tuttavia, è indispensabile che al paziente e ai suoi
familiari vengano fornite rapidamente e in modo corretto le informazioni più importanti.
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Struttura e funzione della prostata
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II. Il cancro della prostata
Che cos’è il cancro della prostata?
Come ha origine il cancro della prostata?
Con che frequenza si manifesta il cancro della prostata?
Che disturbi causa il cancro della prostata?
Come si può scoprire precocemente il cancro della prostata?
Chi può trarre vantaggio da un accertamento precoce?
È opportuna una ricerca mirata del cancro della prostata?
Quali esami effettua il medico?
Come si esegue la biopsia della prostata?
Che cosa succede dopo la biopsia?
Un’infiammazione della prostata può insorgere a qualsiasi età ed è abbastanza frequente. L’ingrossamento
della prostata, invece, si manifesta solo dopo la mezza età e, a seconda dell’aumento di volume, ostacola
sempre più la minzione. Il cancro della prostata, infine, è ancora un’altra malattia che, pur riguardando lo stesso organo, ha altre cause e quindi deve essere curata in altro modo. Il lettore constaterà presto che sintomi
quali il frequente bisogno di urinare, le ripetute minzioni notturne o anche una minor forza del getto d’urina
non sono tipici di una sola malattia della prostata. Cause del tutto differenti possono provocare sintomi uguali o simili. Non è neppure escluso che il motivo del disturbo sia da ricercare addirittura fuori della prostata,
nell’ambito della vescica urinaria o dell’uretra. Prima di iniziare un’eventuale terapia, è necessario che il medico
di famiglia ponga una diagnosi precisa, eventualmente in collaborazione con lo specialista in urologia. Si è così
certi non solo di trattare i sintomi, ma di affrontare anche l’effettiva causa della malattia.
Queste informazioni non sono destinate a far sì che il paziente ponga da sé la diagnosi e incominci di sua iniziativa un’eventuale terapia, bensì vogliono permettergli di comprendere la diagnosi e il piano di cura proposti
dal medico di famiglia e dall’urologo.
Comitato direttivo della Società Svizzera di Urologia
Estate 2013
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I. La prostatite
Che cos’è una prostatite?
Come ha origine la prostatite?
Quali disturbi causa la prostatite?
Quali esami effettua il medico?
Come si può curare la prostatite?
Quali conseguenze può avere una prostatite?
Come si possono evitare le ricadute?
Riassunto
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Come si può curare il cancro della prostata?
Come si possono alleviare i fenomeni concomitanti del
cancro della prostata?
In futuro saranno disponibili nuove terapie?
Riassunto
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III. L’ingrossamento benigno della prostata
(iperplasia prostatica benigna)
Che cos’è l’iperplasia prostatica benigna?
Come ha origine l’iperplasia prostatica benigna?
Con che frequenza si manifesta l’iperplasia prostatica
benigna?
Che disturbi causa l’iperplasia prostatica benigna?
Quali esami effettua il medico?
Come si può curare l’iperplasia prostatica benigna?
Che cosa succede dopo l’operazione?
Riassunto
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Glossario
Riferimenti bibliografici
Appunti
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Struttura e funzione della prostata
La prostata è un organo dalle dimensioni di una castagna, che nell’uomo è situato
proprio sotto la vescica urinaria e circonda come un anello il canale uretrale (Figura 1).
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La prostata produce un secreto che nell’eiaculazione viene emesso attraverso
l’uretra assieme al liquido delle vescicole seminali e agli spermatozoi e costituisce
circa i 3/4 del liquido seminale. La prostata è composta da un involucro esterno
della ghiandola (70% del volume) e da un nucleo interno (30% del volume). Dato
che la prostata è vicina al retto, introducendo un dito nell’ano è possibile palparne
una zona relativamente estesa (vedi Figura 2, pagina 10).
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Figura 1: Sezione sagittale del basso addome maschile
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1 Prostata
4 Perineo
2 Vescica urinaria 5 Epididimo
3 Retto
6 Testicolo
7 Uretra
8 Pene
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Che cos’è una prostatite?
La cosiddetta «prostatite» è un’infiammazione della prostata. Si tratta di un complesso di vari quadri clinici, che
a causa della loro diversità si possono chiamare anche
«sindrome prostatitica». Infatti ci sono pazienti nei quali
è chiaramente in corso un’infezione, mentre in altri casi
l’infezione è assente, anche se la prostata è infiammata, e altri casi ancora, nei quali non si riscontrano né
un’infezione né un’infiammazione. In base a una classificazione riconosciuta internazionalmente, si fa distinzione
Categoria Denominazione
fra le forme chiaramente infettive - la prostatite batterica
acuta o cronica - e la cosiddetta sindrome dolorosa pelvica cronica (Tabella 1). La sindrome prostatitica è una
delle malattie urologiche più frequenti e colpisce uomini
di ogni età. Va notato che solo il 5-10% dei casi va classificato come forma batterica acuta o cronica, mentre per
oltre il 90% dei pazienti bisogna parlare di una sindrome
dolorosa pelvica cronica.
Caratteristiche
I
Prostatite batterica acuta
Infezione batterica acuta della prostata
II
Prostatite batterica cronica
Infezione batterica cronica e recidivante della prostata
III
Sindrome dolorosa pelvica cronica
Vari sintomi, senza che si riscontri un’infezione
IIIa
Sindrome dolorosa pelvica cronica di natu- Segni di infiammazione nell’urina dopo massaggio prostatira infiammatoria
co, nel secreto della prostata o nell’eiaculato
IIIb
Sindrome dolorosa pelvica cronica di natu- Nessun segno di infiammazione nell’urina dopo massaggio
ra non infiammatoria
prostatico, nel secreto della prostata o nell’eiaculato
IV
Prostatite infiammatoria asintomatica
Si riscontrano segni di infiammazione, ma il paziente non
lamenta sintomi
Tabella 1: Classificazione della sindrome prostatitica secondo il National Institutes of Health (NIH), www.health.nih.gov
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Come ha origine la prostatite?
La prostatite batterica acuta è una malattia grave, accompagnata da febbre, che si manifesta improvvisamente e spesso richiede il ricovero in ospedale. A
causa di un’infezione che risale lungo le vie urinarie o
dell’«iniezione» di urina infetta nella ghiandola prostatica,
i batteri colonizzano il tessuto spugnoso della prostata,
causando un’infiammazione locale con accumulo di cellule infiammatorie.
A loro volta queste cellule producono diversi trasmettitori
che causano dolore e un gonfiore della prostata. Spesso
nelle prostatiti acute i batteri riescono a entrare nel circolo
sanguigno, il che solitamente causa febbre e brividi, se
non addirittura una pericolosa setticemia.
Nel caso della prostatite batterica cronica generalmente
i sintomi sono meno pronunciati e malgrado l’infezione
batterica non c’è febbre. Indizi di questa forma della malattia possono essere risultati ripetutamente positivi per la
presenza di batteri nell’urina oppure periodiche infezioni
delle vie urinarie, senza che se ne possa identificare la
causa. Poiché i sintomi sono molto variabili, non sempre
si riesce a differenziare chiaramente la prostatite batterica cronica dalla sindrome dolorosa pelvica cronica. Dato
che, malgrado ampi studi, soltanto in circa il 10% dei pazienti si riscontra la presenza di batteri, si ritiene che vi
siano diversi fattori che svolgono un ruolo importante. Se
negli esami abituali dell’urina non si trovano agenti patogeni, può trattarsi di un’infezione dovuta a germi difficili
da individuare. Anche il riflusso dell’urina nei dotti prostatici può dar luogo a un’irritazione dei tessuti con conseguente infiammazione, pur senza provocare infezioni.
Questa penetrazione di componenti dell’urina si osserva
soprattutto in presenza di ostacoli al deflusso dell’urina,
quali restringimenti del canale uretrale, alterazioni a livello
dall’orifizio d’uscita della vescica e contratture del diaframma pelvico. Se non si trovano cause chiare, spesso
si dà la colpa a «fattori psichici». Si tenga però presente
che i disturbi dovuti alla prostatite cronica possono diventare gravosi dal punto di vista psichico. Viceversa, non si
può imputare alle condizioni psichiche la responsabilità
dell’insorgenza della prostatite cronica, pur se condizioni
di stress possono determinare un aggravamento di disturbi già presenti.
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Prostatite
I. La prostatite
Quali disturbi causa la prostatite?
La prostatite acuta ha un decorso tipico: comparsa improvvisa di febbre e disturbi nell’urinare, con bruciore
nell’uretra e nella zona della vescica, spesso dolori al
basso ventre, maggior bisogno di urinare e difficoltà della
minzione, che talora culmina persino in una ritenzione urinaria. Simultaneamente compaiono febbre e brividi, il che
indica una setticemia. Alla palpazione la prostata è estremamente dolente alla pressione. Non di rado è necessario ospedalizzare il paziente, per iniziare senza indugio
una terapia di questa grave malattia.
Le altre forme di prostatite e sindrome dolorosa pelvica
non hanno un decorso tipico né si possono differenziare
chiaramente in base ai soli disturbi. Indizi di una prostatite
batterica cronica possono essere la periodica presenza
di batteri nell’urina o periodiche infezioni delle vie urinarie. Le forme a decorso cronico, soprattutto la sindrome
dolorosa pelvica, possono manifestarsi con un gran numero di disturbi. In primo piano ci sono bruciore o dolori
nella zona del bacino o del perineo, che possono irradiare alla schiena, al pene, ai testicoli o alle cosce. Talvolta
si arriva anche ad una compromissione della capacità
erettile. L’eiaculazione può risultare dolorosa, causando
un’accentuazione dei disturbi, oppure, al contrario, può
procurare un certo sollievo. Molti pazienti si lamentano
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anche di problemi con la minzione, caratterizzati da bruciore nell’uretra e frequente urgenza di urinare. Sintomi
quali difficoltà nell’urinare, minor forza o frequente interruzione del getto urinario, sensazione di non poter svuotare completamente la vescica, sono tipici dei pazienti
con iperplasia prostatica benigna, ma spesso si possono
osservare anche nell’ambito di una sindrome prostatitica.
Di solito i disturbi si manifestano lentamente e hanno un
tipico andamento ondulatorio. I periodi nei quali i disturbi
sono relativamente assenti si alternano a periodi, nei quali
i disturbi sembrano quasi insopportabili. Questo interminabile su e giù può risultare estremamente gravoso per il
paziente, per cui è necessaria un’assistenza medica tempestiva con adeguata informazione del paziente.
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Per raggiungere una diagnosi, il medico eseguirà una palpazione della prostata attraverso il retto (Figura 2).
Figura 2: Palpazione della prostata
La palpazione consente di valutare le dimensioni, la
consistenza e l’eventuale dolorabilità della prostata. Secondo la situazione, il medico deciderà se sia pure necessario un massaggio prostatico, con il quale la ghiandola viene massaggiata in modo da spingere il secreto
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prostatico nell’uretra. Di regola questo massaggio prostatico si combina con la cosiddetta prova dei due bicchieri (Figura 3).
Dapprima il paziente rilascia in un contenitore una parte dell’urina (urina del mitto intermedio), con la quale si
può determinare un’eventuale infiammazione della vescica. Quindi viene eseguito il massaggio prostatico, dopo
il quale il paziente rilascerà in un secondo contenitore
una piccola quantità di urina (urina «post-massaggio»,
contenente il secreto prostatico), che permette di rilevare
un’infiammazione della prostata.
Un altro esame importante è la misurazione del flusso
d’urina, che può fornire indizi su un ostacolo al deflusso
dell’urina, per esempio in seguito al restringimento del
canale uretrale. Con un esame ecografico si accerta se
la vescica si svuota completamente. Se necessario, con
una speciale sonda a ultrasuoni introdotta attraverso l’ano
è possibile esaminare con precisione sia la prostata che
le vescicole seminali e constatare la presenza di eventuali
alterazioni.
Il medico deciderà individualmente per ogni singolo paziente se sono indicati ulteriori accertamenti speciali come
l’esame batteriologico del liquido seminale, la determinazione dell’antigene prostatico specifico (PSA) nel sangue,
la cistoscopia (osservazione diretta dell’interno della ve-
Prostatite
Quali esami effettua il medico?
Massaggio prostatico
1° campione di urina
10 ml
Urina mitto intermedio
2 ° campione di urina
10 ml
Urina post-massaggio
Figura 3: Prova dei 2 bicchieri di urina in caso di prostatite cronica
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In presenza di una prostatite batterica acuta bisogna iniziare immediatamente una terapia antibiotica. Dopo il
prelievo di un campione di urina per l’esame microbiologico, vengono somministrati antibiotici altodosati, senza
poter attendere i risultati dell’esame microbiologico. Non
appena si dispone dei risultati di laboratorio, con indicazione sulla sensibilità dei batteri, eventualmente si può
cambiare l’antibiotico. In alcuni casi, quando il paziente
non riesce a svuotare la vescica, bisogna introdurre un
catetere transaddominale per scaricare l’urina.
Anche la prostatite batterica cronica viene curata con antibiotici. Dato che normalmente questa forma non costituisce una minaccia immediata, si possono però attendere
i risultati dei test microbiologici per scegliere l’antibiotico
più efficace. Secondo il tipo di farmaco, la terapia può
anche durare parecchie settimane. Con un trattamento
adeguato si possono raggiungere tassi di guarigione microbiologica anche dell’80%.
La sindrome dolorosa pelvica cronica costituisce una
vera sfida non solo diagnostica, ma anche terapeutica.
Una delle cause in discussione per la sindrome dolorosa pelvica sarebbe un aumento della tensione dei tessuti nella prostata, che impedirebbe il deflusso dell’urina
e provocherebbe un riflusso di urina nei dotti prostatici.
Perciò si ricorre spesso a farmaci (cosiddetti alfabloccanti) in grado di rilassare i tessuti prostatici e ridurre i disturbi durante la minzione. Se tale terapia dà buoni risultati,
si raccomanda di continuare il trattamento per 3 - 6 mesi.
Spesso gli alfabloccanti vengono somministrati in combinazione con farmaci antinfiammatori. Anche se non è
sempre chiaro se i disturbi siano provocati effettivamente da un’infiammazione, queste sostanze sono anche in
grado di lenire i dolori e quindi possono contribuire ad
alleviare i sintomi.
Se invece in primo piano ci sono disturbi con urgenza di
urinare, gli anticolinergici possono contribuire a rilassare
e calmare la vescica. Nel caso dei fitopreparati non si conosce sempre esattamente il meccanismo di azione, però
si osserva spesso un influsso positivo sui disturbi.
Dato che generalmente il trattamento deve durare parec-
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chie settimane o addirittura mesi, si possono usare senza
problemi queste sostanze, perché hanno pochi effetti collaterali, anche se prese per periodi prolungati.
Negli ultimi anni è stata studiata scientificamente tutta
una serie di approcci terapeutici non medicamentosi. A
questo proposito va menzionata l’elettrostimolazione nervosa transcutanea (TENS = Transcutaneous Electrical
Nerve Stimulation), che in circa il 50% dei pazienti può
portare a una diminuzione dei disturbi. Alcuni studi descrivono l’influsso positivo delle misure fisioterapeutiche,
come il rilassamento perineale o il rilassamento miofasciale dei trigger points. Trattamenti alternativi sono la
medicina cinese tradizionale (TMC) o l’agopuntura. Visto
il numero insufficiente dei dati disponibili, per il momento
la loro rilevanza per la sindrome dolorosa pelvica non è
stata ancora determinata definitivamente.
Non sempre le cause della sindrome prostatitica si possono identificare chiaramente. Si suppone che vi siano
diversi fattori in grado di provocare sintomi simili. Probabilmente un unico medicamento o un’unica terapia non
permette di tenere conto a sufficienza di questo fatto. È
già stato dimostrato che generalmente una terapia combinata con diversi medicamenti o procedimenti offre risultati migliori.
Quali conseguenze può avere una
prostatite?
Nelle prostatiti batteriche i germi patogeni, attraversando il dotto spermatico, possono passare dalla prostata
all’epididimo e causare una dolorosa infiammazione (epididimite). Spesso sono i dolori all’epididimo che portano
alla diagnosi di prostatite. Eiaculazione dolorosa, problemi di potenza o la paura della partner di sviluppare
infiammazioni possono compromettere la vita sessuale.
I disturbi cronici, che malgrado la terapia non sempre
scompaiono completamente e talvolta ricompaiono con
intensità variabile, possono avere un effetto snervante
sulla psiche. Perciò è importante sapere che, sebbene la
prostatite possa essere una malattia estremamente fastidiosa e ostinata, nella maggior parte dei casi ha un decorso innocuo e non comporta danni durevoli alla salute.
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Prostatite
Come si può curare la prostatite?
Molto probabilmente entrano in gioco molteplici cause,
con una complessa interazione di fattori neurologici, infiammatori, anatomici e psicologici. Poiché con questo
quadro clinico non si riscontra la presenza di batteri, si
sconsiglia l’impiego di antibiotici.
scica con un endoscopio introdotto attraverso l’uretra) o
l’esame urodinamico (cistomanometria = misurazione della pressione intravescicale).
Come si possono evitare le ricadute?
L’infiammazione del tessuto prostatico può causare piccole cicatrici o aderenze, in cui eventualmente si annidano
dei germi, che sono così difficilmente raggiungibili dagli
antibiotici. Perciò, anche dopo lunghe fasi di quiescenza l’infiammazione può riacutizzarsi. Spesso è possibile
constatare che la ricomparsa dei disturbi è dovuta a determinati fattori scatenanti. Gli uomini che ne sono colpiti
menzionano anzitutto il raffreddamento del basso ventre.
Quindi bisogna evitare in particolare di lavorare in posti
freddi, sedere su superfici fredde, prendere freddo praticando sport e portare a lungo costumi da bagno bagnati.
L’applicazione locale di calore sotto forma di un bagno o
di una doccia caldi può avere un effetto rilassante e alleviare il dolore. Occasionalmente anche bevande fredde,
vino bianco, caffè o cibi piccanti possono provocare un
aumento dei disturbi. Perciò un’accurata auto-osservazione è di estrema importanza per poter evitare i fattori
scatenanti e prevenire l’aggravamento dei disturbi.
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Riassunto
La sindrome prostatitica è una delle malattie urologiche
più frequenti. Per trattare le forme batteriche si impiegano prevalentemente antibiotici, che nella maggior
parte dei casi consentono di ottenere una guarigione.
La sindrome dolorosa pelvica cronica rappresenta
una sfida sia per la diagnosi sia per la terapia. Poiché
si suppone che vi siano diverse cause, oltre a effettuare esami dettagliati appare consigliabile una terapia combinata e mirata. Il medico curante, procedendo passo a passo, cercherà di stabilire la forma di
terapia più adeguata al singolo paziente.
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II. Il cancro della prostata
La causa è sconosciuta. I fattori di rischio più importanti
sono l’età, la predisposizione familiare e le abitudini alimentari.
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Nuovi casi di cancro ogni 100’000 uomini in funzione dell’età
85+
80-84
75-79
70-74
Distribuzione percentuale dell’età
Figura 4: Frequenza del cancro alla prostata in diverse fasce di età in Germania (1998-2008)
adattato secondo Dörr M et al1
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Cancro della prostata
0
65-69
0
60-64
5
55-59
200
50-54
10
45-49
400
40-44
15
35-39
600
30-34
20
25-29
800
20-24
25
15-19
Il cancro della prostata è il tipo di cancro più frequente
negli uomini oltre i 65 anni di età. Ogni anno in Svizzera vengono diagnosticati circa 6000 nuovi casi di cancro alla prostata, 1300 uomini muoiono a causa di questa
malattia. Si tratta perciò della seconda maggiore causa di
decesso per cancro negli uomini. Il rischio di sviluppare
un cancro alla prostata entro gli 80 anni di età è del 16%.
Circa il 4% dei decessi degli uomini sono dovuti a un cancro alla prostata. Nell’87% dei casi di decesso per cancro
alla prostata i pazienti hanno 70 o più anni, circa un terzo
dei casi riguarda invece uomini di 85 o più anni.
Questo significa che gran parte dei carcinomi diagnosticati non porta alla morte. Spesso le forme di cancro meno
decorso della malattia, che dipende dall’aggressività biologica delle cellule tumorali e dall’estensione del tumore
nella prostata al momento della diagnosi.
1000
10-14
Come ha origine il cancro della prostata?
Con che frequenza si manifesta
il cancro della prostata?
aggressive non vengono nemmeno scoperte mentre il paziente è in vita.
La velocità di crescita del cancro alla prostata varia da un
paziente all’altro. I tumori aggressivi si sviluppano molto rapidamente e possono causare il decesso nel giro di
pochi anni, mentre altri tumori crescono lentamente durante molti anni.
Nel caso singolo non è facile prevedere il
5-9
Cancro significa crescita incontrollata di cellule che
distruggono le strutture circostanti. Il cancro della prostata ha prevalentemente origine nella parte esterna della
ghiandola rivolta verso l’intestino. Eventuali alterazioni
che fanno sospettare un cancro si possono quindi palpare dal retto. Nello stadio iniziale il tumore cresce all’interno
della prostata: sviluppandosi si estende soprattutto ai
tessuti circostanti, ai linfonodi e alle ossa. Se non lo si
cura, il cancro può causare gonfiore delle gambe perché
ostacola il deflusso della linfa, dolori alle ossa, ma anche
stasi renale e alla fine portare alla morte.
La malattia benigna della prostata, chiamata «iperplasia prostatica benigna» e descritta in un altro capitolo di
questo opuscolo, non è un precursore del cancro e ha
origini completamente indipendenti da esso. La malattia
maligna della prostata e quella benigna possono coesistere, ma si sviluppano indipendentemente l’una dall’altra.
Avere un parente di primo grado (padre, fratello) ammalato di cancro alla prostata raddoppia il proprio rischio di
sviluppare la stessa malattia. Nel caso di 2 parenti il rischio aumenta di 6-10 volte. Gli afro-americani hanno un
rischio di ammalarsi maggiore, gli asiatici un rischio minore rispetto ai soggetti di razza bianca. L’alimentazione di
tipo occidentale, forse il consumo relativamente elevato
di carne e di grassi animali, sembra aumentare il rischio.
0-4
Che cos’è il cancro della prostata?
Nello stadio iniziale il cancro della prostata generalmente
non causa alcun sintomo o disturbo. Occasionalmente
lo si scopre nell’ambito di un accertamento per disturbi
dell’erezione. In casi rari il primo sintomo è costituito da
dolori nella regione lombare dovuti a metastasi. Oggigiorno i casi di cancro vengono diagnosticati generalmente
nell’ambito di un esame preventivo basato su un test del
sangue (cosiddetto «test del PSA», v. oltre) e mediante la
palpazione della prostata dal retto.
Come si può scoprire precocemente il
cancro della prostata?
Lo scopo di una diagnosi precoce di cancro della prostata è quello di individuare la malattia ancora in uno stadio
iniziale, quando le probabilità di guarigione sono al massimo. In genere, un cancro limitato alla prostata è guaribile in un’elevata percentuale di casi. Se il tumore si è
esteso oltre la prostata, spesso non è più guaribile, anche
se generalmente vi si può ottenere un influsso favorevole
per anni.
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Per la diagnosi precoce sono disponibili i seguenti esami:
1. Determinazione dell’antigene prostatico specifico
(PSA) nel sangue
Contrariamente a un’opinione molto diffusa, la misurazione del PSA non è un vero e proprio test del cancro. Il PSA
è una proteina prodotta esclusivamente nella prostata ed
è importante per la fertilità maschile, perché fluidifica lo
sperma.
In ogni uomo una piccola quantità di PSA passa nel
sangue, dove può essere misurata.
In presenza di una malattia della prostata il tasso sanguigno del PSA aumenta. In generale il valore limite, a seconda del laboratorio, si situa al di sotto di 2,5–4 ng/ml.
Valori superiori richiedono degli accertamenti, ma non si
devono assolutamente considerare subito come un indizio di cancro. Iperplasia benigna, infiammazione (prostatite) e cancro sono tutte possibili cause di un aumento
del tasso sanguigno del PSA. In generale tassi di PSA
elevati (>10 ng/ml) o in aumento per mesi e anni fanno
sospettare un tumore. In questo caso bisogna procedere a ulteriori accertamenti (vedi oltre). Se la presenza di
un cancro è dimostrata, l’evoluzione del valore del PSA
permette di trarre conclusioni in merito alla sua crescita. Valori in rapido aumento possono indicare un’elevata
attività tumorale. Se dopo una terapia antitumorale si
riscontra un aumento del tasso di PSA, ciò è indizio di
una ripresa della malattia.
Varie organizzazioni della sanità consigliano di sottoporsi all’esame una volta all’anno fra i 50 e 70 anni di età,
altre invece lo sconsigliano.
Dato che la determinazione del PSA non è un vero e
proprio test del cancro, prima della misurazione dovreste chiedere al medico curante di spiegarvi le possibili
conseguenze (p.es. diagnosi di tumore con necessità o
meno di terapia, risultato falso positivo, mancata diagnosi di un cancro aggressivo, effetti collaterali della
biopsia).
Cancro della prostata
Che disturbi causa il cancro della
prostata?
2. Palpazione della prostata dal retto (ERD o
esame rettale digitale)
La palpazione della prostata è un esame semplice e indolore anche se talvolta sgradevole (vedi Figura 2, pagina 10). Introducendo un dito coperto da un guanto e
lubrificato, il medico palpa la superficie posteriore della
ghiandola prostatica, la sua forma e le sue caratteristiche. Una zona indurita è sospetto per un cancro.
Il miglior procedimento per diagnosticare un cancro della
prostata allo stadio iniziale è la combinazione della determinazione del PSA e della palpazione della prostata.
Se il reperto palpatorio è normale e il tasso del PSA è
inferiore al valore limite relativo all’età, la probabilità della
presenza di un cancro della prostata è molto bassa.
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Un accertamento precoce è consigliato agli uomini bene
informati sopra i 50 anni con un’aspettativa di vita superiore ai 10 anni. A un’età superiore ai 75-80 anni un esame
preventivo per il cancro alla prostata non è più consigliabile, perché a causa della lentezza con cui cresce tale
cancro i vantaggi di un trattamento si potrebbero notare
solo dopo circa 10 anni.
Gli uomini che hanno parenti di primo grado (per es. il padre o un fratello) con un cancro della prostata dovrebbero
sottoporsi a un controllo già a partire dai 45 anni.
Infine, tutti gli uomini che hanno disturbi alle vie urinarie
(specialmente sangue nell’urina), dolori addominali o mal
di schiena dovrebbero consultare il medico, anche se i
disturbi non hanno apparentemente niente a che fare con
la prostata.
È opportuna una ricerca mirata del cancro della prostata?
Normalmente, la ricerca mirata negli uomini con aspettativa di vita inferiore a 10 anni non è opportuna, perché
talvolta le conseguenze della terapia possono essere più
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spiacevoli di quelle del tumore stesso. Gli uomini con aspettativa di vita superiore a 10 anni, invece, possono
trarre profitto dalla prevenzione mirata del cancro, perché la malattia può essere scoperta in uno stadio iniziale,
quando il cancro è ancora guaribile. A dipendenza del
tipo di tumore, dell’età e dello stato di salute del paziente,
non sempre è necessario un trattamento.
In ultima analisi la decisione di sottoporsi a un esame
preventivo del cancro della prostata nell’ambito di un
checkup spetta al singolo individuo. Perciò è importante
parlarne col proprio medico, per poter valutare le possibili conseguenze di questo esame.
Quali esami effettua il medico?
La prova definitiva della presenza di un cancro non si può
ottenere né con la misurazione del PSA né con la palpazione, ma solo tramite una biopsia (prelievo di tessuto). Metodi diagnostici come radiografia, sonografia, tomografia
computerizzata, risonanza magnetica e altri procedimenti
non possono sostituire la biopsia, però forniscono indicazioni circa la presenza di un cancro e la sua localizzazione.
Con la biopsia si può differenziare se si tratta di
un’iperplasia prostatica benigna, di un eventuale stadio
preliminare del cancro, cioè la cosiddetta “neoplasia
prostatica intraepiteliale” (PIN), oppure di un cancro della prostata. È importante capire che si tratta soltanto di
prelievi effettuati a campione, per cui è possibile che dei
piccoli tumori sfuggano all’esame. In presenza di stadi
preliminari del cancro (PIN) o se i tassi del PSA continuano a salire dopo una biopsia negativa, bisogna eventualmente eseguire una seconda o anche una terza biopsia.
Come si esegue la biopsia della
prostata?
essere informato anche su tutti gli altri medicamenti che
il paziente prende, soprattutto se si tratta di anticoagulanti. Dopo la biopsia può comparire per un certo periodo
(fino a circa quattro settimane) sangue nell’urina, nel retto
o nello sperma. Un’infezione con febbre o brividi è rara
(<1%). Occasionalmente una biopsia può causare ritenzione urinaria, cioè dopo l’esame il paziente non riesce
più ad urinare. In questo caso bisogna temporaneamente
introdurre un catetere vescicale.
Cancro della prostata
Chi può trarre vantaggio da un accertamento precoce?
La biopsia della prostata è un esame invasivo che generalmente si esegue ambulatorialmente nello studio di un
urologo o in day-hospital.
Mediante il dito (palpazione rettale) o sotto controllo sonografico (sonda ecografica transrettale, oggigiorno utilizzata sempre più frequentemente), si introduce un ago
nella prostata attraversando il retto (Figura 5). Di norma
si prelevano da 8 a 12 campioni cilindrici di prostata. Dato
che l’accesso avviene per via rettale, è possibile una contaminazione batterica, per cui è indispensabile una profilassi con antibiotici. Di regola l’intervento avviene sotto
anestesia locale. I pazienti con problemi alle valvole cardiache devono assolutamente avvertire l’urologo, affinché possa consigliare l’antibiotico adatto. Il medico deve
21
1
2
3
Figura 5:Biopsia della prostata 1 Prostata
2 Ago per biopsia
3 Testa dell’ecografo
Che cosa succede dopo la biopsia?
Anche se il primo prelievo di tessuto prostatico non ha
fornito alcun indizio sulla presenza di cellule cancerogene,
bisogna prendere in considerazione una nuova biopsia,
perché un tumore non può ancora essere escluso con
certezza.
Un’ulteriore palpazione della prostata e l’andamento del
tasso del PSA aiutano a decidere sul da farsi.
Se la biopsia ha confermato la presenza di cellule cancerogene nella prostata, di regola si effettuano degli esami
22
Come si può curare il cancro della
prostata?
Il miglior metodo di cura deve sempre essere stabilito
individualmente per ciascun paziente, in quanto dipende da diversi fattori quali l’età, lo stadio della malattia,
l’aggressività del tumore ecc.
Ci sono diverse possibilità di cura, che il paziente può discutere con il proprio medico di famiglia, con l’urologo e/o
con diversi specialisti quali il radio-oncologo e l’oncologo,
che pure si occupano di questa malattia. Veramente decisiva per la scelta della terapia è la distinzione tra cancro
limitato alla prostata e cancro che si è già esteso oltre
questo organo o ha formato metastasi. Solo se il cancro è in uno stadio limitato all’organo è possibile la guarigione, cioè l’eliminazione dall’organismo di tutte le cellule
cancerogene. Per la terapia del cancro della prostata localizzato vanno considerate la terapia chirurgica, la radioterapia e l’osservazione del decorso naturale.
Nel cancro della prostata in stadio avanzato (estensione
al di fuori dell’organo, metastatizzazione) dapprima si rallenta l’evoluzione della malattia con una terapia ormonale. Anche in questa situazione il momento dell’inizio della
cura viene stabilito individualmente e dipende soprattutto
dai disturbi e dall’estensione del tumore.
A. Possibilità di terapia del cancro della
prostata limitato all’organo
1. Intervento chirurgico (prostatectomia radicale)
Nella prostatectomia totale o radicale (da non confondere
con l’intervento chirurgico alla prostata in caso di iperplasia benigna, vedi il capitolo relativo a pagina 38 di questo
opuscolo) si asporta tutta la prostata, insieme alla parte
terminale dei dotti spermatici e alle vescicole seminali
(Figura 6). L’intervento ha lo scopo di eliminare completamente tutte le cellule tumorali, ovvero di guarire il cancro.
L’urologo spiegherà al paziente i diversi metodi operatori
con i relativi vantaggi e svantaggi. Oggigiorno la prostata
si può asportare con un’incisione dell’addome (approccio
retropubico), a partire dal perineo (approccio perineale)
o mediante laparoscopia (piccole incisioni attraverso cui
si introducono endoscopio e strumenti, eventualmente con l’assistenza di un robot). La scelta del metodo
dipende dalla costituzione del paziente, dal tipo del tumore, dalla sua estensione, dalle malattie concomitanti e
dall’esperienza del chirurgo. Allo stato attuale delle conoscenze, i 3 metodi sono equivalenti dal punto di vista delle
probabilità di guarigione. La degenza in ospedale dipende dal metodo operatorio scelto e dura da 4 a 12 giorni.
La durata della convalescenza dipende dall’attività fisica
e professionale del paziente e va da 2 settimane a 5 mesi.
L’esame approfondito del tessuto asportato, cioè della prostata, delle vescicole seminali e di eventuali linfonodi, fornisce dati più precisi in merito alle dimensioni,
all’estensione e all’aggressività del tumore. Se all’esame
microscopico il cancro è limitato all’interno della capsula
della prostata, ci sono le migliori probabilità di guarigione.
Se invece il tumore si estende oltre il margine della prostata, le probabilità di guarigione diminuiscono. Attualmente non c’è nessun metodo completamente affidabile che
permetta di determinare prima dell’intervento chirurgico
se il tumore sia limitato alla prostata. In circa il 20% dei
casi, dopo l’intervento si constata che il tumore si è già
diffuso oltre la capsula prostatica. In questo caso occorre
prendere in considerazione misure terapeutiche complementari (radioterapia, terapia ormonale, vedi oltre).
Alle buone possibilità di guarigione grazie all’operazione
radicale si contrappongono solo pochi effetti collaterali. Il
rischio di incontinenza urinaria si è ridotto, e si situa solo
23
Cancro della prostata
complementari, quali la tomografia assiale computerizzata
(TAC), la risonanza magnetica nucleare (MRI) o la scintigrafia ossea, per escludere la presenza di grandi metastasi
nei linfonodi o nelle ossa.
2
6
1
4
5
Figura 6: Rappresentazione schematica della prostatectomia radicale
1 Prostata
3 Vescica
2 Vescicola seminale 4 Sfintere
attorno all’1–5% circa. Disturbi dell’erezione si manifestano nel 40–80% dei casi, ma possono essere trattati con
rimedi adeguati (medicamenti, autoiniezioni intracavernose ecc.). La frequenza di questi effetti collaterali dipende
dall’età del paziente e dallo stadio della malattia.
e che rifiutano l’intervento chirurgico per motivi personali riguardanti possibili effetti collaterali quali i disturbi
dell’erezione e l’incontinenza urinaria, oppure ai pazienti
che non possono essere operati a causa di una malattia
concomitante.
2. Radioterapia
A partire da determinate dosi, i raggi X sono in grado di
distruggere le cellule cancerogene.
La radioterapia della prostata è riservata ai pazienti
che desiderano essere trattati con una terapia curativa
2.1. Radioterapia esterna
Sull’arco di parecchi decenni la cosiddetta radioterapia
esterna è stata ormai standardizzata (Figura 7). In seduta
preliminare si definiscono i campi di irradiazione adattati
al volume, alla forma e alla struttura della prostata. Ciò
24
5 Uretra
6 Tumore
prostata non si può somministrare una dose qualunque di
radiazioni. È quindi possibile che singoli focolai di tumore
siano irradiati in misura insufficiente e col tempo continuino a svilupparsi. Perciò, nei casi in cui si constata
Cancro della prostata
3
2
permette di centrare sulla prostata tutta la dose di radiazioni necessaria e di distruggere le cellule cancerogene.
Gli organi circostanti (vescica, retto) devono essere per
quanto possibile risparmiati dall’irradiazione. Questa radioterapia si effettua ambulatorialmente. Per 6–8 settimane si somministra una volta al giorno, nei giorni feriali, una
dose definita di radiazioni.
In generale questa terapia è ben tollerata e permette una
rapida ripresa dell’attività lavorativa. Con il tempo possono però manifestarsi dolori alla vescica, forte bisogno di
urinare che può arrivare fino all’incontinenza da urgenza
(1–2%) e disturbi dell’erezione. Rispetto alla terapia chirurgica il peggioramento della capacità erettile non si verifica immediatamente, ma si sviluppa nello spazio di settimane o mesi. Dopo due anni si constata un’impotenza
nel 30–70% dei pazienti. Da non trascurare sono i disturbi
della defecazione dovuti alla radioterapia, caratterizzati
da dolori durante l’evacuazione delle feci, presenza di
sangue nelle feci, bruciore locale e diarrea. In grandi studi
che hanno confrontato l’intervento chirurgico con la radioterapia, la qualità di vita dei pazienti due anni dopo la
terapia è risultata praticamente uguale. Resta ancora da
dimostrare che le moderne forme di radioterapia esterna
diano dopo 15 anni tassi di sopravvivenza buoni quanto
quelli della terapia chirurgica.
Per evitare danni della radioterapia agli organi vicini alla
Figura 7: Radioterapia esterna
una crescita localmente estesa del tumore, è molto promettente la combinazione di radioterapia esterna e terapia ormonale (vedi pagina 27).
Dato che la prostata e gli organi annessi non vengono
asportati, non è possibile esaminare con maggiore precisione le cellule tumorali. Per questo motivo dopo la radioterapia risulta più difficile formulare una prognosi rispetto
alla prostatectomia radicale.
25
3. Aspettare e osservare
Si sa che certi tipi di cancro della prostata si sviluppano
molto lentamente e non causano disturbi. La difficoltà insita nel trattamento dei casi di cancro della prostata limita-
26
Figura 8: Terapia interstiziale (brachiterapia)
to all’organo risiede nel differenziare i pazienti che possono trarre beneficio da una terapia radicale (cancro prostatico di rilevanza clinica) da quelli che non richiedono
alcuna terapia. La maggior parte dei pazienti in cui con
una biopsia è stata accertata la presenza di un cancro
della prostata non morirà a causa del cancro, bensì per
un altro motivo, specialmente se si tratta di pazienti anziani con altre malattie concomitanti.
In questi casi, rinunciando ad instaurare subito una terapia si può evitare un peggioramento della qualità della
vita dovuto agli effetti collaterali del trattamento. Nel caso
dei tumori poco aggressivi, il tasso di sopravvivenza a
20 anni è buono ed è maggiore la probabilità di morire
per un’altra causa. Perciò nel caso dei pazienti di oltre
60 anni, eventualmente anche di quelli più giovani, dopo
un’informazione dettagliata sui rischi, in funzione dei risultati delle biopsie si può anche decidere una cosiddetta
«Active Surveillance» (sorveglianza attiva), mediante la
quale si determina il livello di PSA, si palpa la prostata e a
intervalli di 1 - 2 anni si esegue una biopsia. Questo è necessario, perché dietro a un tumore abbastanza grande
e ben differenziato si può nascondere anche un piccolo
tumore aggressivo che con il tempo può crescere. Per
quanto riguarda la sorveglianza attiva, potrete consultare l’urologo che vi segue, il quale sulla base dei risultati
dell’istologia e di altri fattori saprà informarvi sul corrispondente rischio di progressione.
B. Possibilità di terapia del cancro della
prostata in stadio avanzato
1. Terapia ormonale
Lo sviluppo e la crescita del cancro della prostata dipendono dagli ormoni sessuali maschili come ad esempio il
testosterone. Bloccare o sopprimere l’effetto degli ormoni permette di ostacolare la crescita del tumore. In questo
caso non si tratta più di guarire la malattia, ma di rallen-
tarne l’evoluzione. La terapia ormonale consente inoltre di
alleviare i dolori causati dalle metastasi. Si parla allora di
terapia palliativa o lenitiva.
La terapia ormonale si può effettuare in diversi modi: o con
un intervento chirurgico (la cosiddetta «orchiectomia») o
con medicamenti (i cosiddetti «analoghi dell’LHRH» o
«antagonisti dell’LHRH» e «antiandrogeni» [Figura 9]).
Con l’operazione, eseguita in narcosi o anestesia spinale,
si asporta il tessuto testicolare che produce gli ormoni,
bloccando così immediatamente la produzione ormonale.
Come medicamenti il paziente ha a disposizione analoghi
e antagonisti dell’LHRH, che - secondo il prodotto - vengono iniettati a intervalli di uno, tre o sei mesi e quindi
sostituiscono l’intervento chirurgico.
Si tratta di sostanze sintetiche simili agli ormoni naturali che, agendo sull’ipofisi, sopprimono la produzione
di ormoni sessuali o ne bloccano il recettore. L’effetto
principale e gli effetti collaterali (diminuzione della libido e della potenza, vampate di calore e a lungo termine
un’osteoporosi e sindrome metabolica con sovrappeso,
ipertensione e iperglicemia) sono paragonabili a quelli
dopo asportazione chirurgica del tessuto testicolare.
Un altro tipo di terapia ormonale medicamentosa impiega
gli antiandrogeni. Sopprimono l’effetto del testosterone
direttamente a livello della cellula tumorale, ma praticamente non influiscono sulla funzione erettile e sulla libido.
27
Cancro della prostata
© Privatklinikgruppe Hirslanden
2.2 Terapia interstiziale (brachiterapia)
Mediante degli aghi cavi, sotto controllo ecografico e in
narcosi, dal perineo si introducono nella prostata delle piccole particelle radioattive (Figura 8). La distribuzione della
dose è calcolata con il computer. A differenza di quanto avviene nell’irradiazione dall’esterno, le cellule cancerogene
vengono eliminate dalle radiazioni emesse dagli elementi
radioattivi introdotti nella prostata stessa. La comparsa di
disturbi della minzione, della defecazione e dell’erezione
dipende dalla dose ricevuta dal paziente, dai disturbi preesistenti e dal periodo di osservazione dopo il trattamento.
Se si sono scelti bene i pazienti, i disturbi sono irrilevanti già poco tempo dopo il trattamento. Due anni dopo la
terapia il tasso di impotenza raggiunge però già il 30–50%.
Non sono ancora disponibili risultati a lunga scadenza oltre
15 anni. I dati raccolti fino ad oggi dimostrano che il tasso
di guarigione in determinati gruppi di pazienti non è buono
come dopo la terapia chirurgica o la radioterapia esterna.
Perciò questo metodo entra in considerazione specialmente per pazienti con tumori poco aggressivi, che hanno
pochi o nessun problema di minzione.
2. Terapia del cancro della prostata resistente agli ormoni
Dopo un periodo di tempo compreso tra alcuni mesi e
alcuni anni, la terapia ormonale perde la sua efficacia. Si
parla di cancro della prostata resistente agli ormoni, che
può tornare a provocare dei disturbi. Perciò il medico è
costretto a impiegare altre terapie, come la chemioterapia, l’irradiazione delle metastasi o medicamenti che, intervenendo a livello di metabolismo osseo, agiscono sul
decorso delle metastasi ossee. Una nuova possibilità è
costituita da una terapia ormonale o da una chemioterapia di seconda linea. Secondo il caso concreto, l’urologo
curante - insieme con gli specialisti - (radio-oncologi, oncologi) deciderà la cura da consigliarvi.
Il decorso della malattia si controlla con determinazioni del PSA e altri mezzi diagnostici, come la tomografia
computerizzata (TAC), la risonanza magnetica (MRI) o la
scintigrafia ossea.
Come si possono alleviare i fenomeni
concomitanti del cancro della prostata?
In futuro saranno disponibili nuove
terapie?
Le metastasi ossee o linfonodali possono essere causa di
forti dolori, trombosi o fratture ossee spontanee. La crescita locale incontrollata del cancro della prostata può provocare emorragie urinarie, ritenzione urinaria o un blocco delle vie urinarie superiori. I controlli effettuati regolarmente hanno lo scopo di individuare al più presto questi
fenomeni concomitanti al progredire del cancro, in modo
da poter iniziare tempestivamente una terapia mirata (per
esempio medicamenti, radioterapia, catetere, eliminazione chirurgica di un blocco delle vie urinarie).
Sono state sviluppate terapie alternative contro un cancro limitato alla prostata, che attualmente sono in fase
di valutazione. Si tratta principalmente dell’uso di mezzi
fisici che provocano la distruzione delle cellule cancerogene con l’impiego locale e mirato sulla prostata del
calore o del freddo. Dopo che per lungo tempo non si è
potuto disporre di nuovi medicamenti per trattare il carcinoma della prostata, negli ultimi anni sono comparsi sul
mercato nuovi farmaci e si stanno sviluppando numerosi nuovi approcci. Lo sviluppo di nuovi medicamenti si
basa soprattutto su acquisizioni della ricerca genetica e
sullo studio dei meccanismi di biologia cellulare correlati
all’origine del cancro. In questo contesto si cerca di ottenere un effetto mirato, riducendo al minimo gli effetti
collaterali. Attualmente, l’efficacia di queste nuove possibilità terapeutiche viene esaminata in studi clinici.
Figura 9: Medicamenti per il trattamento ormonale
28
29
Cancro della prostata
L’effetto indesiderato più frequente ad essi correlato è un
ingrossamento doloroso delle mammelle (ginecomastia),
che si può alleviare in larga misura effettuando preventivamente una radioterapia esterna. Di norma gli antiandrogeni si somministrano per via orale sotto forma di
compresse che, a seconda del medicamento, vanno prese da una a tre volte al giorno. L’effetto a lungo termine
della monoterapia non è migliore di quello della terapia
ormonale convenzionale o dell’intervento chirurgico.
Riassunto
Oggigiorno il cancro alla prostata è la seconda causa
di decesso nella categoria delle malattie tumorali dei
pazienti maschi. La guarigione è possibile, se la malattia viene scoperta in uno stadio iniziale. Generalmente in questa fase non si constatano sintomi. Per la
diagnosi precoce, oltre alla classica palpazione della prostata, si può praticare un’analisi del sangue in
cui si determina una proteina prodotta dalla prostata
(PSA). In caso di risultati sospetti si esegue una biopsia della prostata. Se si rileva un tumore limitato alla
prostata, in primo luogo entrano in considerazione
l’asportazione chirurgica della prostata o la radioterapia locale. In presenza di un tumore ben differenziato
e tenendo conto dell’età e di eventuali altre malattie in
corso, si può iniziare una sorveglianza attiva («Active
Surveillance») con controlli periodici. Se la malattia è
già in stadio avanzato, la terapia ormonale permette
di influire positivamente sul suo decorso.
30
31
III. L’ingrossamento benigno della prostata (iperplasia prostatica benigna)
La crescita benigna riguarda prevalentemente il nucleo
della ghiandola immediatamente adiacente alla parete
dell’uretra, e può avvenire irregolarmente in tre direzioni
principali (Figura 10):
L’ingrossamento benigno della prostata è la più frequente
malattia della prostata, che con l’età si manifesta in misura più o meno pronunciata in quasi tutti gli uomini.
Nella terminologia medica è chiamata «iperplasia prostatica benigna» o, in forma abbreviata, BPH (dall’inglese
«Benign Prostatic Hyperplasia»). Occasionalmente si
usano anche le espressioni «ipertrofia prostatica» o «adenoma prostatico». Anch’esse non significano altro che aumento di volume dovuto a proliferazione cellulare benigna
nel tessuto prostatico.
1
Figura 10: Le tre direzioni principali
dell’iperplasia prostatica
32
1
2
3
La crescita verso l’interno e la vescica può causare
rapidamente un restringimento dell’uretra e quindi problemi nell’urinare.
La crescita verso l’esterno determina un ingrossamento della prostata palpabile dal medico, ma non sempre
causa difficoltà nell’urinare.
La crescita verso il pavimento della vescica può causare nella vescica stessa forti disturbi da stasi urinaria.
2
1 verso l’interno
Come ha origine l’iperplasia prostatica
benigna?
Con che frequenza si manifesta
l’iperplasia prostatica benigna?
La causa dell’iperplasia prostatica benigna non è ancora stata chiarita in modo definitivo ed è oggetto di ricerca. Già si conoscono i seguenti fattori di rischio per
l’insorgenza di questa malattia:
L’iperplasia prostatica benigna è molto frequente e la sua
incidenza aumenta con l’età.
Indizi di iperplasia prostatica benigna sono riscontrabili
nel 20% degli uomini di 50 anni e in circa il 50% di quelli
di 60 anni. La malattia è presente nel 90% degli uomini
sopra gli 80 anni (Figura 11).
In Svizzera, il 15–30% degli uomini sopra i 50 anni soffre di disturbi della minzione la cui causa più frequente è
l’iperplasia prostatica benigna. I disturbi aumentano con
l’età (Figura 12).
• Età avanzata.
• Produzione dell’ormone maschile «testosterone» da
parte dei testicoli. Senza testosterone non c’è iperplasia prostatica. La terapia con antiormoni maschili, occasionalmente necessaria in pazienti con cancro della
prostata, causa anche una riduzione del volume delle
parti di prostata con iperplasia benigna.
• Ereditarietà: la predisposizione, in una parte dei pazienti che già prima dei 60 anni sviluppano un’iperplasia
prostatica pronunciata, sembra essere di origine ereditaria.
Iperplasia prostatica benigna
Che cos’è l’iperplasia prostatica
benigna?
3
2 verso l’esterno
3 verso il pavimento della vescica
33
100
80
90
70
80
60
70
50
(%)
50
30
40
20
30
10
20
0
10
0
1–10
11–20
21–30
31–40
41–50
51–60
61–70
71–80
Figura 11: Frequenza dell’iperplasia prostatica benigna in funzione dell’età
Che disturbi causa l’iperplasia
prostatica benigna?
L’ingrossamento della prostata porta in circa il 50% dei
casi a un restringimento dell’uretra, e dunque anche alla
compromissione del deflusso dell’urina. Perciò, per urinare, la vescica deve superare una resistenza maggiore.
Ne conseguono irritazione della vescica – durante la minzione si verificano i disturbi irritativi descritti in seguito - e
– 49
50–59
81–90
getto debole
adattato secondo Berry et al2
sovraffaticamento della stessa, per cui non si riesce più
a svuotarla completamente. Resta quindi un residuo di
urina.
60–69
70–79
80–84
Fascia di età
Fascia di età
34
40
urgenza urinaria
poliuria
Figura 12: Frequenza dei disturbi nell’urinare negli uomini sopra i 50 anni in Svizzera Disturbi tipici:
•
•
•
•
•
•
•
Interruzione del sonno (anche ripetutamente) per
urinare nel corso della notte
Esitazione all’inizio della minzione
Getto d’urina indebolito
Minzione prolungata
Sensazione di urina residua
Perdita di gocce di urina alla fine della minzione
Alla fine della minzione fuoriesce una seconda
piccola porzione
nicturia
adattato secondo Bushman W3
• Per svuotare completamente la vescica bisogna
«spingere»
• Bruciore
• Minzioni frequenti, persino ogni ora
• Minzione imperiosa (in presenza di questo bisogno il
paziente deve urinare subito: c’è appena il tempo di
arrivare al bagno).
35
Iperplasia prostatica benigna
(%)
60
Quali esami effettua il medico?
Di norma, la visita dell’urologo comincia con un’interrogazione approfondita in merito ai disturbi ed alle abitudini relative alla minzione. Inoltre, si pongono domande riguardanti l’anamnesi urologica, le precedenti
terapie e la presenza di malattie della prostata fra i parenti stretti (padre, fratelli).
36
Prima dell’esame fisico si effettua un prelievo di sangue,
per determinare innanzitutto un parametro che permette
di stabilire la funzionalità renale, perché le malattie della
prostata possono pregiudicarla. Inoltre, a partire dai 50
anni (eventualmente anche prima) viene misurato anche il
tasso di PSA, cioè la quantità di antigene prostatico specifico (vedi il capitolo «Il cancro della prostata», pagina
18). La parte più importante dell’esame fisico è la palpazione della prostata per via rettale, con relativa valutazione.
Se ne rilevano la forma, le dimensioni, eventuali irregolarità della superficie e la dolorabilità alla pressione.
Talvolta, ancor prima dell’esame fisico si effettua una misurazione del flusso urinario. Il paziente urina in un apposito apparecchio che misura la quantità di urina emessa
e la velocità del getto. Con questo esame si ottengono
indicazioni in merito all’entità dell’ostacolo al deflusso
dell’urina. Dopo la misurazione del flusso urinario si determina con l’ecografia la quantità di urina residua presente nella vescica.
Occasionalmente l’urologo, in base ai risultati ottenuti,
consiglierà anche una cistoscopia (esame endoscopico
dell’uretra e della vescica con uno strumento introdotto
attraverso l’uretra), per poter escludere cause dei disturbi
diverse dall’iperplasia prostatica e decidere il tipo di terapia ottimale in vista di un’operazione.
Come si può curare l’iperplasia prostatica benigna?
Spesso l’iperplasia prostatica benigna non costituisce
trasformazione patologica che richieda un trattamento. La
terapia è infatti necessaria solo quando l’ingrossamento
della prostata provoca disturbi.
La decisione di iniziare una terapia dipende dai risultati
degli esami descritti in precedenza. Oggigiorno sono disponibili le seguenti possibilità di trattamento:
A. Aspettare e osservare
Questa opzione entra in considerazione per i pazienti
con pochi disturbi, poca urina residua e un buon getto.
B. Misure dietetiche
Numerosi studi hanno dimostrato che né l’alimentazione
né le diete specifiche possono influire direttamente sulla crescita della prostata. È consigliabile consumare con
moderazione alimenti potenzialmente irritanti come il
pepe, la paprica, le spezie, la birra, il vino bianco ecc. e
svolgere regolarmente attività fisica, perché talvolta ciò
può contribuire ad alleviare i sintomi. Il consumo di semi
di zucca aiuta spesso in caso di disturbi leggeri.
C. Terapia con medicamenti
Nei pazienti con disturbi di media entità, getto d’urina indebolito e urina residua inferiore a 1 dl (100 ml) entra in
considerazione una terapia con medicamenti.
1. Medicamenti che influiscono sul metabolismo della
prostata (inibitori della 5-alfa-reduttasi)
La crescita della prostata è regolata da ormoni sessuali
maschili, i cosiddetti androgeni. Medicamenti come gli
inibitori della 5-alfa-reduttasi bloccano la trasformazione
dell’ormone sessuale maschile testosterone nelle cellule.
Un trattamento con questo tipo di medicamenti riduce di
circa il 30% il volume della prostata e migliora leggermente la forza del getto. Il 10% dei pazienti lamenta diminuzione dell’eiaculazione e della libido e in parte persino
disturbi dell’erezione.
Gli inibitori della 5-alfa-reduttasi abbassano del 50% il
livello del PSA (antigene specifico della prostata), perciò
bisogna tenerne conto se l’esame mira a rivelare un eventuale cancro della prostata.
2. Alfa-bloccanti
I cosiddetti alfa-bloccanti non agiscono sul volume della
prostata, ma diminuiscono la tensione muscolare e determinano un rilassamento del collo della vescica, della
37
Iperplasia prostatica benigna
I disturbi sono tollerati in misura diversa da un paziente
all’altro e anche la loro intensità è variabile. Sintomi (disturbi) analoghi possono derivare anche da restringimenti dell’uretra dovuti a cicatrici. Importante è evitare uno
scompenso (tensione eccessiva) della vescica urinaria e
un ristagno cronico d’urina a monte, con danno ai reni.
Vi è una parte degli uomini che durante l’invecchiamento
risente poco o nulla dei problemi di minzione in termini di
qualità della vita. Spesso però i disturbi pregiudicano la
vita quotidiana, riducono la qualità della vita e limitano la
sessualità.
La riduzione della qualità della vita dovuta alle difficoltà di
minzione, oltre ai motivi assoluti (vedi il paragrafo «Terapia
chirurgica», pagina 38), sono criteri essenziali nella cura
dell’iperplasia prostatica benigna.
3. Fitoterapeutici
Questi medicamenti sono costituiti da estratti vegetali.
L’azione terapeutica si basa principalmente su un effetto
antiormonale ed antinfiammatorio. A parte l’allergia non ci
sono controindicazioni a questi medicamenti, che sono
quindi ben tollerati.
4. Anticolinergici
Questa classe di medicamenti ha un effetto calmante sulla muscolatura liscia della vescica. In presenza di
un’iperplasia prostatica benigna accompagnata da disturbi irritativi, essi possono essere impiegati in concomitanza con un alfa-bloccante. In caso di disturbi causati
dall’ingrossamento della prostata, tuttavia, questi medicamenti non vanno impiegati come unica terapia, dato
che aumentano il rischio che il paziente si trovi improvvisamente incapacitato a urinare (ritenzione urinaria). Ef-
38
fetti collaterali tipici sono costituiti da stipsi (stitichezza),
secchezza della bocca, disturbi alla vista o confusione.
L’assunzione concomitante di anticolinergici deve essere
assolutamente concordata con il proprio urologo.
A quale classe di medicamenti dare la preferenza nei singoli casi dipende soprattutto dalla tollerabilità individuale.
La scelta dei farmaci è fatta insieme dal paziente e dal
medico curante. Di norma si impiegano estratti vegetali
(fitoterapeutici) nei pazienti che soffrono soprattutto di
sintomi irritativi a livello della vescica oppure per i quali
non entrano in considerazione gli alfa-bloccanti. Gli alfabloccanti restano i farmaci di prima scelta nei pazienti in
cui il getto di urina è ostacolato. Gli inibitori della 5-alfareduttasi sono indicati specialmente per i pazienti che
hanno una prostata ingrossata (volume di oltre 40 ml).
Ultimamente si impiegano spesso anche preparati combinati (alfabloccanti + inibitori della 5-alfa-reduttasi).
subire danni tali che non è più possibile urinare in modo
normale. Altre conseguenze di un’eccessiva urina residua che richiedono un intervento chirurgico sono ripetute
cistiti (infiammazioni della vescica), formazione di calcoli
vescicali e stasi urinaria nei reni.
Caratteristica comune di tutti gli interventi chirurgici è che
la prostata viene svuotata.
I tipi di intervento praticati sono i seguenti (il significato
del loro nome specifico viene spiegato nelle sezioni corrispondenti):
1. Resezione transuretrale della prostata (TUR-P)
Comunemente la TUR-P è chiamata «piccola operazione
della prostata».
Con un’ansa per resezione, introdotta in vescica attraverso l’uretra tramite un cistoscopio (strumento rigido per
endoscopia), si può asportare il tessuto prostatico medi1
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• Resezione (o ablazione) transuretrale della prostata (TUR-P) con corrente ad alta frequenza o laser
• Prostatectomia a cielo aperto
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D. Terapia chirurgica
Se l’effetto dei medicamenti non è sufficiente oppure se
la loro efficacia diminuisce, diventa necessario un intervento chirurgico. Se malgrado la terapia medicamentosa
la vescica non si svuota a sufficienza, si forma dell’urina
residua, che può provocare una tensione eccessiva della
parete vescicale. Con il passare del tempo la vescica può
Figura 13: Resezione transuretrale della prostata (TUR-P)
1 Parete della vescica
2 Porzione di tessuto prostatico da asportare
3 Ansa elettrica mobile
4 Prostata
5 Strumento
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Iperplasia prostatica benigna
prostata e dell’uretra. Per migliorare la tollerabilità di questa terapia oggi si utilizzano alfa-bloccanti che agiscono
molto più specificamente su uretra, prostata e collo della
vescica (i cosiddetti bloccanti alfa 1). Ciononostante, in
rari casi, effetti collaterali quali calo della pressione sanguigna, naso otturato, disturbi dell’erezione ed eiaculazione nella vescica obbligano a sospendere questa terapia.
Si tratta di un metodo operatorio eccellente, che però ha
una conseguenza importante: dopo l’intervento di solito
insorge la cosiddetta eiaculazione retrograda, cioè nel
rapporto sessuale lo sperma non è più espulso verso
l’esterno attraverso l’uretra, bensì nella vescica, da cui
viene poi eliminato con l’urina. Ciò significa anche che
la capacità riproduttiva è diminuita (ciò vale anche per
l’intervento tramite laser).
Inoltre, durante l’intervento e per un certo tempo dopo lo
stesso, possono verificarsi delle emorragie, che in casi
rari rendono necessario un nuovo intervento per eliminare i coaguli di sangue che si sono accumulati nella
vescica e bloccare nuovamente l’emorragia. Altre complicazioni, grazie ad urologi esperti e strumenti moderni,
sono diventate estremamente rare. Anche nella resezione con il laser il tessuto prostatico viene asportato
attraverso l’uretra (per via transuretrale). Al posto della
corrente elettrica si utilizza come bisturi un raggio laser
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(laser all’olmio). Con il laser a luce verde si vaporizza
il tessuto prostatico strato dopo strato. Il vantaggio di
entrambe queste tecniche con laser è la minor tendenza
ad emorragie durante l’intervento, cosa che consente di
eseguire l’intervento anche su pazienti in terapia anticoagulante.
2. Prostatectomia a cielo aperto
Comunemente la prostatectomia a cielo aperto è chiamata «grande operazione della prostata».
La prostatectomia a cielo aperto tramite laparotomia (incisione dell’addome) si esegue quando la prostata si è
talmente ingrossata (di regola oltre 100 ml di volume) che
l’asportazione attraverso l’uretra comporta un notevole
aumento del rischio di complicanze. Oggigiorno questo
metodo è applicato solo di rado (2–10%), perché in generale l’iperplasia prostatica si individua precocemente. Per
quanto riguarda l’efficacia e i rischi è paragonabile alla resezione transuretrale, mentre dal punto di vista del tempo
e da quello medico è naturalmente più impegnativa per il
paziente e l’incapacità lavorativa dopo l’intervento è più
lunga. Gli effetti collaterali menzionati in precedenza per
la TUR-P, cioè l’eiaculazione retrograda e la possibilità di
emorragia durante o dopo l’operazione, valgono anche
per la prostatectomia a cielo aperto.
Che cosa succede dopo l’operazione?
Gli interventi descritti portano di norma a un immediato
miglioramento della minzione.
Dopo la dimissione dall’ospedale, per circa 3 mesi è ancora possibile trovare nell’urina globuli bianchi (leucocituria) o rossi (ematuria). La leucocituria può essere il segno
di un’infezione. In generale però non occorre una terapia
supplementare con antibiotici, a meno che non si manifestino disturbi come una cistite. In caso di sforzo fisico,
che deve essere assolutamente evitato nelle prime 4 settimane dopo un intervento chirurgico, può anche verificarsi un’emorragia secondaria più o meno forte. Spesso
come rimedio basta bere di più. In casi rari bisogna far
ricorso ad un urologo.
Circa 3 mesi dopo l’intervento non dovrebbero più esserci
nell’urina né infezioni né sangue e dovrebbe essere possibile svuotare completamente la vescica con un buon
getto. Anche il bisogno impellente di urinare (minzione imperiosa) dovrebbe essere scomparso. In caso contrario è
consigliabile una nuova visita urologica.
Una perdita della funzione erettile dopo un intervento
chirurgico per iperplasia prostatica benigna si osserva in
meno del 5% dei pazienti. Dopo l’intervento il cosiddetto «orgasmo secco» (eiaculazione in vescica) è la norma.
Dato che nel trattamento chirurgico dell’iperplasia pro-
statica benigna si asporta soltanto la parte di ghiandola
proliferata attorno all’uretra fino alla capsula, e visto che
la prostata vera e propria rimane come una cosiddetta
«capsula chirurgica», è comunque sempre possibile che in
tempi successivi compaia un cancro della prostata. Perciò valgono immutati i consigli riguardanti l’accertamento
precoce del cancro della prostata (vedi il capitolo «Il cancro della prostata», pagina 20).
Anche se l’intervento chirurgico è stato eseguito a regola
d’arte, dopo 8-10 anni la prostata può ingrossarsi di nuovo (in seguito alla crescita del tessuto).
Iperplasia prostatica benigna
ante corrente ad alta frequenza.
Contemporaneamente si possono anche cauterizzare i
vasi che sanguinano (Figura 13). Oggigiorno, la TUR-P
costituisce un procedimento affidabile, collaudato, molto efficace e a basso tasso di complicazioni. A seconda
delle dimensioni della prostata e dell’età del paziente, la
degenza in ospedale dura da 4 a 6 giorni.
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Riassunto
L’iperplasia prostatica benigna è una malattia frequente negli anziani. Non in tutti i casi provoca disturbi che
richiedono una cura. Se i disturbi sono solo di entità
moderata e la quantità di urina residua è ridotta, spesso basta un trattamento con medicamenti. Se i disturbi sono più pronunciati e la minzione avviene con
difficoltà, in generale i farmaci non sono più efficaci
e diventa necessario un intervento chirurgico. In ogni
caso la decisione va presa individualmente dal paziente e dal medico.
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Glossario
Terminologia medica – resa facilmente
comprensibile
Biopsia: Prelievo di tessuti da un organo per l’esame
microscopico.
Cancro della prostata resistente agli ormoni:
Cancro della prostata che non reagisce più alla terapia
ormonale.
Cistoscopia: Esame endoscopico della vescica
Eiaculazione retrograda: Lo sperma viene espulso
verso l’interno, nella vescica.
Eiaculazione: Emissione di sperma.
Ematuria : Presenza di sangue nell’urina.
Esame invasivo: Esame in cui si penetra nel corpo con
degli strumenti.
Esame rettale digitale (ERD): Palpazione della prostata
attraverso il retto, che si trova immediatamente dietro di
essa. Con questo metodo si possono rilevare ad
esempio noduli tumorali.
Esame transrettale della prostata: Esame della
prostata attraverso il retto.
Esame urodinamico: Esame effettuato per accertare la
funzionalità della vescica.
Incontinenza urinaria: Perdita involontaria di urina.
Infezione: Contagio causato da agenti patogeni.
Infiammazione: Risposta dei tessuti a uno stimolo, per
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Riferimenti bibliografici
riparare lesioni
Leucocituria: Presenza di globuli bianchi nell’urina.
Linfa: Liquido tissutale.
Linfonodi: Organi che fungono da filtro per le sostanze
estranee all’organismo.
Metastasi: Riproduzione di un tumore a distanza.
Minzione intermittente: Il getto di urina si interrompe più volte involontariamente e si deve ricominciare a
urinare.
Minzione imperiosa: Necessità di urinare non appena
si sente lo stimolo.
MRI (Magnetic Resonance Imaging): Esame analogo
alla tomografia computerizzata, ma eseguito con campi
magnetici invece che con i raggi X.
Ormoni: Sostanze prodotte dall’organismo che servono
a trasmettere informazioni e, assieme al sistema nervoso, regolano processi organici.
PIN (neoplasia prostatica intraepiteliale): Stadio preliminare del cancro.
Prostatite: Infiammazione della prostata.
Prova dei 2 bicchieri: Esame dell’urina che si effettua in
caso di sospetta prostatite.
PSA (antigene prostatico specifico): Proteina prodotta esclusivamente nella prostata e rilasciata in piccole
quantità nel sangue. Un tasso ematico di PSA elevato è
indizio di una malattia della prostata.
Recettori: Strutture a cui si legano le sostanze messaggere (trasmettitori) dell’organismo (p. es. ormoni), che
regolano diverse funzioni cellulari. I trasmettitori corrispondono ai recettori come una chiave alla serratura.
Ritenzione urinaria: Sebbene la vescica sia piena, risulta impossibile urinare.
Scanner: Apparecchio per la rappresentazione in immagini.
Scintigrafia ossea: Metodo d’esame mediante sostanze radioattive che permette di evidenziare le metastasi
ossee.
Stadio metastatico: Il cancro si trova in uno stadio in
cui sono già presenti delle metastasi.
Stipsi: Stitichezza.
Terapia: Trattamento di una malattia o di una ferita.
Terapia curativa: Terapia per guarire una malattia.
Terapia palliativa: Terapia per alleviare i sintomi di una malattia.
Testosterone: Il più importante ormone sessuale maschile, prodotto soprattutto dai testicoli.
Tomografia computerizzata (TAC): Forma particolare
di esame radiologico in cui si osservano delle sezioni
dell’organismo.
Tumore: Neoformazione patologica (benigna o maligna).
Urina del mitto intermedio: Urina ottenuta con una
determinata tecnica e destinata all’esame batteriologico.
Urina post-massaggio: Urina emessa dopo palpazione
della prostata.
Urina residua: Resto di urina rimasta nella vescica dopo
la minzione
Riferimenti bibliografici
1. Martin Dörr, Anne Schlesinger-Raab and Jutta Engel
(2013). Epidemiology of Prostate Cancer, Advances
in Prostate Cancer, Dr. Gerhard Hamilton (Ed.), ISBN:
978-953-51-0932-7, InTech, DOI: 10.5772/52150.
www.intechopen.com/books/advances-in-prostatecancer/epidemiology-of-prostate-cancer
2. Berry et al: The development of human benign
prostatic hyperplasia with age. J Urol 132: 474-479; 1984
3. Bushman W: Etiology, Epidemiology and Natural
History. Urol Clin N Am 36: 403-415; 2009
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Appunti
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Appunti
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Pubblicazione informativa della
Società Svizzera di Urologia
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