James Lovelock - I Save My Planet

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James Lovelock - I Save My Planet
James Lovelock (20 luglio 1919-)
a cura di Michela Anzidei A.A. 2007/2008
James Ephraim Lovelock è un
biologo britannico. È uno scienziato
indipendente, scrittore e ricercatore
ambientalista
che
Cornovaglia,
nel
dell'Inghilterra.
Il
vive
sud
suo
in
ovest
maggiore
merito scientifico è di aver inteso,
con la teoria di Gaia, la Terra, con
tutte le sue funzioni, come un unico
superorganismo.
James Lovelock nasce a Letchworth Garden City il 20 luglio 1919. Studia
chimica all'Università di Manchester prima di trovare impiego come ricercatore
presso l'istituto per la ricerca medica con sede a Londra. Si sposa nel 1942. Nel
1948 riceve un Ph.D. in medicina alla Scuola di Igiene e Medicina Tropicale di
Londra. In seguito negli Stati Uniti conduce numerose ricerche presso
l'università di Yale, il Collegio di Medicina dell'università di Baylor e infine ad
Harvard.
All'inizio del 1961, Lovelock fu ingaggiato dalla NASA per sviluppare gli
strumenti per l'analisi delle atmosfere extraterrestri e della superficie dei pianeti.
Il programma Viking che visitò Marte alla fine degli anni settanta fu in larga
parte ispirato dall'ipotesi che Marte potesse ospitare delle forme di vita; infatti,
numerosi sensori e gli esperimenti condotti furono rivolti a cercare conferme
sulla presenza di una vita extraterrestre. Durante il suo lavoro Lovelock si
interessò soprattutto dello studio dell'atmosfera marziana, concludendo che
qualsiasi forma di vita marziana si sarebbe dovuta adattare e perciò alterare.
D'altro canto, la composizione trovata, si trovava in condizioni stabili, chiusa nel
suo equilibrio chimico, con una minima percentuale di ossigeno, metano e
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idrogeno, ma con un'altissima concentrazione di biossido di carbonio. Per
Lovelock, la differenza essenziale tra l'atmosfera marziana e il miscuglio
dinamico-chimico di quella terrestre consisteva nella totale assenza di forme di
vita sul pianeta rosso. D'altro canto, quando le sonde Viking furono infine
lanciate su Marte, la loro missione era ancora prevalentemente rivolta alla
ricerca di vita biologica. Fino ad ora non è stata trovata alcuna prova
dell'esistenza presente o passata di qualsiasi forma di vita su Marte. Lo studio
delle differenze fra l'atmosfera marziana e quella terreste, e la peculiarità di
quest'ultima rispetto agli altri pianeti del sistema solare, lo portò a formulare la
sua Ipotesi di Gaia. Tra i meriti di Lovelock vi è anche quello di aver messo a
punto un metodo, ancora utilizzato oggi, per lo studio dell'attività dei
clorofluorocarburi (CFC) nel provocare il cosiddetto buco dell'ozono.
Attualmente Lovelock è presidente della Marine Biological Association, nel
1974 fu nominato membro della Royal Society e nel 1990 fu premiato dalla
Reale Accademia Olandese delle Arti e delle Scienze.
Scienziato indipendente, inventore e autore di numerosi saggi di stampo
ambientalista (Gaia. A New Look at Life on Earth 1979, Le nuove età di gaia
1991, Gaia: manuale di medicina planetaria 1992, Omaggio a Gaia 2002, La
vendetta di Gaia 2006), Lovelock porta avanti i propri studi in una tenutalaboratorio in Cornovaglia.
La teoria di Gaia
La teoria di Gaia si basa sull’ipotesi secondo cui la Terra nel suo insieme
è un unico, immenso organismo vivente, in grado di autoregolarsi. Il termine
Gaia altro non è che il nome del pianeta vivente derivato da quello dell'omonima
divinità femminile greca, nota anche col nome di Gea. Nella sua prima
formulazione, l'ipotesi Gaia si basa sull'assunto che gli oceani, i mari,
l'atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta
terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie
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al comportamento degli organismi viventi. In particolare Lovelock considera la
Terra come un unico organismo vivente, una sorta di superorganismo vivo, i cui
sottosistemi, che nell’organismo sono costituiti dagli organi e che sulla Terra
sono le decine di milioni di specie viventi presenti, coesistono e interagiscono
fra di loro e, oltre ad essere influenzati dal loro ambiente, lo modificano essi
stessi attivamente. Mantenendosi in costante equilibrio tra loro, contribuiscono
ad assicurare la vita, la stabilità e il benessere del sistema di cui fanno parte.
La natura chimica e fisica dei materiali inerti è costantemente modificata
dall’organismo, il quale restituisce all’ambiente nuove sostanze e cede energia.
Ad esempio, il contenuto chimico del mare, e dei materiali del fondo, appare
fortemente influenzato dall’azione degli organismi marini; le piante che
crescono sulle dune di sabbia modificano in modo radicale il terreno originario.
Così l’atmosfera terrestre, data la sua unicità, per l’alta concentrazione di
ossigeno e la bassa concentrazione di anidride carbonica, nonché le moderate
condizioni di temperatura e pH sulla superficie terrestre, non potrebbe esistere
senza l’attività di piante e microrganismi che smorzano le fluttuazioni dei fattori
fisici che invece risulterebbero amplificate in assenza dei sistemi viventi ben
organizzati.
Entrambi gli elementi, quello vivo e quello inanimato, sono due forze interattive
strettamente collegate, ognuna delle quali influenza, modella e modifica l’altra..
Attraverso il loro metabolismo, i viventi sarebbero in grado di regolare non solo
i fenomeni evolutivi, ma anche le trasformazioni dell’ambiente che, a loro volta,
agirebbero sull’evoluzione degli organismi viventi stessi. Il sistema Gaia, non è
identificabile né con il termine biosfera, né con biota, che sono solo due
elementi che la compongono; esso comprende:
-Organismi viventi che crescono e si riproducono sfruttando ogni possibilità che
l'ambiente concede.
-Organismi soggetti alle leggi della selezione naturale darwiniana.
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-Organismi che modificano costantemente il loro ambiente chimico-fisico, cosa
che avviene costantemente come semplice effetto di tutti quei processi
fondamentali per la vita, come la respirazione, la fotosintesi ecc.
-Fattori limitanti che stabiliscano i limiti superiori ed inferiori della vita.
Le azioni degli organismi viventi, soprattutto della vegetazione, avrebbero
l’effetto di regolare la temperatura terrestre attraverso tre meccanismi:
1) Il ciclo dell’anidride carbonica e del metano nell’atmosfera sono regolati
soprattutto dalle piante, che assorbono la CO2 con la fotosintesi e la riemettono
con i processi respiratori.
2) I composti chimici dello zolfo, come il dimetilsolfuro, prodotto
principalmente dalle alghe marine. generano solfato che funge da nucleo di
condensazione dell’acqua con formazioni di nubi che, riflettendo le radiazioni,
determinerebbero una riduzione della temperatura nell’atmosfera.
3) L’albedo, che è la quantità di radiazione solare è riflessa dalla superficie
terrestre, o dagli strati atmosferici prossimi al suolo, è elevata per le calotte
glaciali, i deserti e le nubi, ed in generale per le superfici di colore chiaro; è
bassa invece per le superfici di colore scuro, come la vegetazione. Se l’albedo è
elevata, il riscaldamento della biosfera è ridotto; al contrario, se è bassa, il
riscaldamento risulta elevato.
Un fattore inquinante dell'intera Gaia è rappresentato certamente dall'ambiente
costruito dall'uomo e dalle attività che egli svolge, le quali interagiscono
fortemente con il sistema Gaia modificandone i fattori.
Oggi l'uomo ha incrinato i meccanismi alla base dell'equilibrio tra le forme di
vita sul pianeta, e Gaia mette in atto una vera e propria rivolta, che potrebbe
vedere l'umanità condannata a un'estinzione quasi totale nel breve volgere di un
paio di generazioni.
L'approccio olistico di Lovelock allo studio del "sistema Terra" è del tutto unico:
anziché studiare i singoli fattori indicativi dei cambiamenti climatici, egli
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analizza come l'intero sistema di controllo del nostro pianeta si comporta una
volta messo sotto pressione. Grazie a questo approccio, lo scienziato è riuscito
ad identificare una miriade di meccanismi di reazione e controreazione che
finora sono serviti a mantenere la Terra ad una temperatura più o meno fresca.
Alcune sostanze gassose, come anidride carbonica, metano e clorofluorocarburi,
intrappolano, negli strati inferiori dell’atmosfera, l’energia termica che deriva
dalle radiazioni solari. La presenza di tali gas nell’atmosfera, come
conseguenza, provoca l’aumento della temperatura, di qui l’effetto serra.
I gas serra hanno un’azione contraria a quella del dimetilsolfuro, in quanto, per
ossidazione nell’atmosfera impediscono la formazione di solfato e quindi dei
nuclei di condensazione per le nubi,
Lovelock afferma che ormai è troppo tardi per fermare il surriscaldamento
globale, e che sugli esseri umani si sta per abbattere una catastrofe di dimensioni
peggiori di quanto finora si era previsto. Ora che il delicato equilibrio di Gaia è
stato spezzato, i meccanismi utilizzati per mantenere la terra alla giusta
temperatura sono compromessi.
I ghiacci dei Poli sono finora serviti a riflettere i raggi solari, deflettendo così il
calore. Con il loro scioglimento, la scura superficie degli Oceani aumenterà,
immagazzinando così più calore. La previsione dello scienziato inglese è
allarmante: nel 2050, a causa dello scioglimento dei ghiacciai, una città come
Londra potrebbe essere sommersa dall'acqua. Lo scienziato non esita a mettere
in dubbio alcune concezioni largamente condivise da studiosi e dall’opinione
pubblica. Secondo Lovelock eliminare lo smog, che assorbe i raggi solari,
servirebbe solo a riscaldare ulteriormente l'atmosfera terrestre. Le polveri
prodotte dalle industrie, che ricoprono con un sottile velo tutto l'emisfero
settentrionale, producono, infatti, un fenomeno noto come "oscuramento
globale", che mantiene basse le temperature in maniera artificiale, impedendo
che tutti i raggi solari raggiungano la superficie del pianeta. Ma con una
riduzione dell'attività industriale e della produzione di gas inquinanti questa
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coltre potrebbe scomparire velocemente, causando un improvviso aumento delle
temperature. Di fronte a uno scenario così fosco, lo scienziato riflette sulle
prospettive energetiche per il futuro prossimo, passando in rassegna le principali
fonti convenzionali e alternative. La sua tesi, che ha già suscitato un aspro
dibattito tra gli ambientalisti, vede tra l'altro il ritorno al nucleare, come
possibile risposta alle necessità di un mondo sempre più affamato di energia.
James Lovelock afferma che le fonti di energia rinnovabili arriverebbero troppo
tardi per rispondere alle richieste di energia sempre maggiore e non potrebbero
garantire sufficiente elettricità. Il nucleare diviene dunque una “medicina
temporanea per garantire l’energia necessaria al mantenimento della società
civile in vista dei cambiamenti climatici globali”. Per fare ciò si deve tener conto
del parere dell’opinione pubblica, che comunque non è immutabile ma anzi si
può far cambiare perché è basata non tanto sul pericolo effettivo quanto sulla
percezione del rischio. E fa un riferimento a Chernobyl, che avrebbe dato la
spinta a queste paure. Secondo James Lovelock è eccessivo parlare
dell’incidente di Chernobyl come di una catastrofe perché in realtà si sarebbe
trattato di un “incidente industriale dalle proporzioni molto contenute,
specialmente se paragonato con altri incidenti ben peggiori”.
Sitografia:
- Omnia, Enciclopedia.
- Encarta, Enciclopedia.
- it.wikipedia.org/wiki/James_Lovelock
- www.progettogaia.it/ipotesi-gaia/index.htm
-www.repubblica.it/2006/a/sezioni/scienza_e_tecnologia/lovelock/lovelock/lovelock.html
- www.ecologiasociale.org/pg/gazz_lovelock_13_01_03.html
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