I Franchi e il Sacro Romano Impero 1

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I Franchi e il Sacro Romano Impero 1
I FRANCHI E IL SACRO ROMANO IMPERO
(a cura di Alessandro, Francesca M. e Bianca M., 1C)
I Franchi erano un insieme di tribù di origine germanica. L’uomo che seppe
unificare tali diverse tribù in un unico popolo fu Clodoveo, della dinastia dei
Merovingi, dal nome di Meroveo, il suo capostipite.
Clodoveo, inoltre, convertì il suo popolo al Cristianesimo, con l’effetto di
civilizzarsi, di essere maggiormente accolti dalla popolazione preesistente ed
anche di avere garantita l’amicizia del Papa. Alla morte di Clodoveo il Regno,
coerentemente con l’usanza tipicamente germanica, fu diviso tra i suoi quattro
figli, che furono lontani dal popolo, tanto da essere chiamati dai propri sudditi
“re fannulloni”.
I Maestri di palazzo o Maggiordomi (dal latino maior domi, i primi, i più
importanti della casa) governarono quindi, di fatto, il Regno al posto dei re.
Tra di loro emerse Carlo Martello, che fermò l’avanzata araba a Poitiers (732).
Carlo Martello ebbe un figlio, Pipino il Breve (per la sua piccola statura), che fece
un vero e proprio colpo di stato sostituendosi al legittimo re, con il consenso di
papa Zaccaria.
Il vantaggio per entrambi era evidente: Pipino otteneva il permesso di usurpare
il diritto del regno (perché in pratica, come già detto, di fatto già da tempo
erano i maestri di palazzo a governare); il Papa acquistò un potere politico, oltre
a quello spirituale che già gli veniva riconosciuto, mostrando a tutti che poteva
addirittura deporre o incoronare i re. Inoltre il Papato riceveva anche protezione
da nemici interni (come il popolo romano) ed esterni (come i Longobardi
presenti da tempo in Italia, che, divisi in ducati e tribù, non mostravano un
atteggiamento sempre amichevole verso la Chiesa di Roma).
Pertanto il Papa mandò un monaco ad incoronare Pipino come Re dei Franchi,
ungendolo con il crisma, l’olio sacro usato nei sacramenti religiosi.
Subito dopo, giunse il momento in cui i Franchi mostrassero il rispetto del loro
accordo: i Longobardi, con a capo il re Astolfo, erano una minaccia per la
Chiesa; il nuovo Papa, Stefano II, aveva bisogno di aiuto e, non potendo contare
né sui vicini Bizantini (che avevano mostrato di interferire troppo nelle vicende
religiose della Chiesa), né (tantomeno!) sugli Arabi (che erano giunti fino a
dominare la Sicilia), lo chiese ai Franchi: Pipino il Breve accettò, ma in cambio
volle una nuova consacrazione regale (e a Roma!) direttamente dal Papa, che
acconsentì.
Pipino sconfisse i Longobardi, donando nuovi territori alla Chiesa.
Alla morte di Pipino, il Regno fu diviso tra i suoi due figli: Carlo e Carlomanno,
ma presto Carlomanno morì e Carlo divenne l’unico sovrano, riunendo i territori.
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Carlo volle stringere un’alleanza con il nuovo re dei Longobardi, Desiderio,
sposandone la figlia Ermengarda.
Il patto tra i Franchi e i Longobardi fu rotto perché i Franchi intendevano
rispettare l’autorità papale mentre i Longobardi puntavano a sottomettere le
città del Papa, che nuovamente chiese aiuto ai Franchi e Carlo capì che era più
conveniente assicurarsi l’appoggio del Papato.
Il matrimonio tra Carlo ed Ermengarda fu sciolto, ripresero le azioni di guerra e
Carlo sconfisse Desiderio (e poi suo figlio Adelchi), mettendo definitivamente
fine al Regno longobardo in Italia ed unendo la corona longobarda con quella
franca.
Dopo questo successo, Carlo intraprese numerose altre campagne militari che
durarono 30 anni; conquistò vasti territori, dalla Germania all’Europa centro
orientale, dall’Italia alla parte settentrionale della Spagna. Con queste conquiste
si guadagnò, inoltre, l’appellativo di “Magno”.
Carlo la notte di Natale dell’anno 800 d.C. fu incoronato da Papa Leone III ed
acclamato imperatore dal popolo secondo le antiche tradizioni romane.
Nacque così un nuovo Impero, chiamato Sacro Romano Impero; venne pertanto
ricostruito l’Impero romano d’Occidente (diverso per grandezza e caratteristiche
dal precedente, ma che univa nuovamente territori e popoli che si erano
frammentati dal IV secolo d.C.) a cui venne aggiunto l’appellativo di “sacro”, che
stava a significare il legame tra i vari popoli ed abitanti e con la Chiesa.
Carlo giurò di difendere il Papa e il suo Stato contro qualunque aggressore e
volle usare il Cristianesimo come elemento di unione.
Inoltre organizzò il suo Impero attraverso il sistema del vassallaggio, fondato sui
rapporti personali tra il sovrano, che assegnava un feudo, un “beneficio”, e il
vassallo, che con il giuramento si impegnava a prestargli fedeltà e aiuto in caso
di bisogno.
Carlo divise il suo territorio in contee, governate da conti, marche, governate dai
marchesi, e ducati, governati dai duchi. Essi furono scelti tra i compagni d’armi
dell’imperatore e quindi tra loro e Carlo c’era un rapporto di fiducia e fedeltà.
Conti, duchi e marchesi sul territorio avevano la stessa autorità dell’Imperatore:
dovevano amministrarlo, governarlo e difenderlo. I tre titoli onorifici erano
abbastanza simili, con la differenza che le marche erano territori più delicati,
perché posti alle zone di confine dell’Impero; ducati e contee si equivalevano,
con l’unica differenza della grandezza rispettiva dei territori.
I rapporti tra i conti, i duchi, i marchesi e l’Imperatore erano di carattere
personale. Il beneficio non diventava un possedimento personale del vassallo e,
quando questi moriva, il feudo tornava al sovrano che lo riassegnava.
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Anche se l’Impero era basato su una rete di rapporti personali, talvolta Carlo
mandava dei “missi dominici” (inviati del signore) a controllare se l’Impero fosse
ben governato e le leggi fossero rispettate; inoltre i missi dominici portavano i
capitolari (leggi valide in tutto l’Impero e così chiamate perché divise in capitoli),
promulgati dall’Imperatore annualmente.
Sempre annualmente, i vassalli si riunivano con il sovrano nei “campi di
maggio”, per ascoltare da Carlo le indicazioni (anche molto pratiche: per
esempio come coltivare i territori affidati loro) e, nell’occasione, conti, duchi e
marchesi rinnovavano il patto di fedeltà con il sovrano.
Carlo tentò di ridare vitalità all’economia. Il suo territorio era tormentato da una
grave crisi economica: il commercio era quasi scomparso e le monete non
venivano più coniate. Restava solo l’agricoltura come unica fonte di sussistenza,
che l’Imperatore potenziò, curandone la ripresa e lo sviluppo.
Favorì anche i commerci, ripristinando le strade e facendo coniare una moneta
unica, la libbra, valida in tutto l’Impero.
Carlo, inoltre, stimolò la cultura, con l’aiuto della chiesa ed in particolare dei
monasteri. Potenziò le scuole in molte abbazie e incaricò i monaci di trascrivere i
testi antichi. Inoltre fondò una scuola addirittura dentro il suo palazzo:
l’Accademia Palatina.
In questo modo gettò le basi di una cultura europea, fondata su una religione, il
cristianesimo, su una lingua, il latino, e sulle tradizioni greca e romana.
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