Il forame ovale pervio: quando una variante anatomica diventa

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Il forame ovale pervio: quando una variante anatomica diventa
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Osservatorio
Recenti Prog Med 2010; 101: 381-388
Il forame ovale pervio: quando una variante anatomica diventa patologia
Federico Ronco, Fabio Dell’Avvocata, Paolo Cardaioli, Massimo Giordan, Gianluca Rigatelli
Riassunto. La pervietà del forame ovale (PFO) nella maggior
parte dei casi non ha alcun significato clinico. La presenza di
uno shunt può rendere però possibile il passaggio di materiale embolico dal circolo di destra a quello di sinistra con
conseguenze anche drammatiche quali ictus, embolismo
periferico, sindrome da decompressione, infarto a coronarie
sane. In questo studio sono stati indagati retrospettivamente 143 pazienti consecutivi sottoposti a chiusura transcatetere di PFO presso l’Unità di Emodinamica nell’Ospedale Generale di Rovigo negli anni 2006-2009, per analizzare le caratteristiche della popolazione, le indicazioni alla procedura,
la tipologia di tecnica e di device utilizzati, i reperti allo studio ecocardiografico intracardiaco e l’impatto di questa metodica sulla scelta della protesi.
Summary. Patent foramen ovale: a benign anatomical
variant that can become a disease.
Parole chiave. Ecografia intracardiaca, forame ovale pervio, ictus criptogenetico.
Key words. Cryptogenetic stroke, intracardiac echography,
Patent foramen ovale.
Forame ovale pervio:
cenni di embriologia, anatomia e fisiopatologia
Il PFO può essere associato a diverse anomalie anatomiche. Tra queste, si riscontra spesso l’aneurisma del
setto interatriale [ASA] (figura 1).
Il setto interatriale nell’adulto è formato dalla fusione di due setti embrionali incompleti: il septum primum
ed il septum secundum che, a partire dalla quarta settimana di vita intrauterina, iniziano a suddividere il singolo atrio primordiale nelle cavità destra e sinistra. Il forame ovale deriva embriologicamente dalla mancata cooptazione di septum secundum e septum primum in corrispondenza del pavimento dell’atrio destro.
Il septum primum e il septum secundum di regola si
fondono completamente tra loro circa 3 mesi dopo la nascita e di conseguenza, in linea teorica, non dovrebbe più
sussistere alcuna comunicazione tra i due atri nella vita adulta1.
In realtà il forame ovale può essere pervio nel 1030% della popolazione2-4.
Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di
una variante anatomica senza alcuna rilevanza fisiopatologica. In alcuni casi, però, quando la soluzione di continuità risulta tale da permettere un discreto shunt destro-sinistro in condizioni basali o durante sforzo (manovra di Valsalva), può verificarsi il passaggio di materiale
embolico dal circolo destro al cuore sinistro con conseguenze cliniche anche drammatiche, come ad esempio
l’ictus cerebri.
Secondo alcuni autori, in circa un terzo dei pazienti
con ictus criptogenetico, il reperto di un PFO è del tutto incidentale e non correlato con il quadro clinico: pertanto non vi sarebbe beneficio nella chiusura transcatetere5.
Patent foramen ovale (PFO) is mostly considered a benign
anatomical variant but in presence of a significant right to
left shunt, it can represent the substrate for embolic disease
as cryptogenetic stroke, decompression syndrome, myocardial infarction with normal coronary arteries, etc. A diffuse therapeutic option consists in the PFO transcatheter
closure: a procedure with no dedicated guidelines. We retrospectively studied demographic characteristics, clinical
remarks, indications and morphological findings in 143 patients who underwent percutaneous PFO closure in the Interventional Cardiology Unit of the Rovigo General Hospital between 2006 and 2009.
Figura 1. Ecografia intra-cardiaca in paziente riferito per chiusura
percutanea di PFO. ASA: aneurisma del setto inter-atriale. Adx:
atrio destro. Asin: atrio sinistro.
Diagnostica e Interventistica Endoluminale, Sezione Cardiopatie Congenite dell’Adulto, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Rovigo.
Pervenuto il 22 marzo 2010.
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L’ASA ha un’incidenza tra l’1 e il 2,2%6 nella popolazione generale. Esistono varie definizioni di ASA: la
più comune è quella di una protrusione a livello della
regione della fossa ovale che si estende per 15 mm o
più al di là del piano del setto atriale e della fossa ovale con una base di almeno 15 mm. Nella popolazione
generale si stima che l’ASA sia presente con una prevalenza che varia da 0,22% al 4% a seconda della metodica ecografica utilizzata. Da notare che nei pazienti con ictus, la prevalenza di ASA sale all’ 8%-15%6. È
ormai assodato che l’associazione ASA con PFO è fortemente correlata ad eventi ischemici cerebrali: ciò
suggerisce una natura trombo-embolica paradossa come meccanismo fondamentale7, anche se nuove ipotesi, basate sullo studio della funzione atriale sinistra,
si stanno facendo strada, ipotizzando un meccanismo
“atrial fibrillation like” 8.
Inoltre il PFO può spesso associarsi alla rete di Chiari, un remnant della valvola destra del seno venoso il cui
ruolo è poco compreso ma che risulta più frequentemente presente nei pazienti con ictus criptogenetico rispetto
ai pazienti sottoposti ad indagine ecografica per altre
motivazioni (4,6% vs 0,5%)9.
Il percorso diagnostico del paziente con PFO
L’obiettività clinica e l’ECG nei pazienti portatori di PFO sono privi di elementi di rilievo nella
quasi totalità dei casi e non rappresentano strumenti utili alla diagnosi o allo screening. Da ricordare che può essere riscontrato un click all’auscultazione, essendo frequente l’associazione di PFO e
prolasso valvolare mitralico.
L’ecocardiografia trans-toracica (TTE) rappresenta il primo step diagnostico nel sospetto di
PFO. I pregi di questa metodica sono la non invasività e la relativa facilità d’esecuzione, con costi
contenuti. Gli svantaggi sono correlati all’operatore-dipendenza e alla necessità di una buona finestra ecografica; prevalentemente per queste ragioni la TTE, pur avendo una buona accuratezza
diagnostica, risulta inferiore alla TEE (ecocardiografia transesofagea) in quanto presenta un minor valore predittivo negativo e una scarsa affidabilità nel rilevare shunt di lieve entità.
Le proiezioni comunemente utilizzate per indagare il setto interatriale sono la quattro camere
apicale e la sotto costale, con e senza color-Doppler.
L’utilizzo di eco-contrasto aumenta la sensibilità di
tale metodica: comunemente si utilizzano boli di
soluzione salina agitata, diluita o meno con sangue, considerando il passaggio di micro bolle in
atrio di sinistra entro il terzo ciclo cardiaco come
positivo per shunt dx-sin. Il conteggio del numero
di micro bolle può indicativamente correlare con
l’entità dello shunt: se >20 micro bolle, lo shunt
viene considerato di entità rilevante. La comparsa
tardiva di eco contrasto in atrio di sinistra viene
comunemente riferita alla presenza di piccoli
shunt intrapolmonari. L’iniezione di eco contrasto
durante manovra di Valsalva aumenta la sensibilità dell’esame.
Recenti studi hanno indagato l’utilità del
R3DTE (ecocardiogramma trans toracico tridi-
mensionale) ma sembra che questo, pur offrendo
una miglior definizione dell’anatomia del PFO, non
aumenti sensibilità e specificità del TTE nella diagnosi di PFO10.
L’ecocardiografia transesofagea con iniezione di
contrasto è considerata la metodica principe nella
diagnosi e definizione anatomica del PFO. Numerosi studi in letteratura hanno dimostrato la significativa superiorità della TEE rispetto alle altre metodiche disponibili nel riconoscere la presenza di shunt lievi-moderati; non vi sono differenze significative per quanto riguarda gli shunt
massivi. Uno dei limiti di questa metodica è correlato alla sua semi-invasività.
Attualmente l’uso del doppler transcranico
(DTC) rappresenta la metodica di scelta nella valutazione e determinazione di uno shunt destrosinistro in soggetti che abbiano avuto un ictus
criptogenetico. Le prime segnalazioni relative all’utilità di questa tecnica risalgono al 199111. Si
considera esistente una comunicazione tra la circolazione venosa ed arteriosa quando almeno
una microbolla sia evidenziata al livello dell’arteria cerebrale media 22 sec dopo l’iniezione di
contrasto.
Usando il Doppler transcranico con ecocontrasto come indagine di primo livello per tale diagnosi, la sensibilità e la specificità dell’evidenziazione di un PFO è compresa tra il 68 e il 100% e
tra il 70 e 100%, rispettivamente. Si può quindi
ritenere che il Doppler transcranico rappresenti
una valida alternativa all’eco transesofagea e
questa ultima debba essere riservata ai soggetti
francamente positivi al fine di meglio determinare le caratteristiche anatomiche del forame ovale
e l’eventuale presenza di aneurisma associato. La
positività al DTC e la negatività alla TEE devono
indurre a sospettare la presenza di fistole arterovenose ad altro livello: polmonari, cerebrali, tiroidee, ecc.
La risonanza magnetica può fornire le stesse informazioni dell’ecocardiografia riguardo alla dimensione del setto interatriale (SIA), della rima
interatriale e dell’entità dello shunt: pertanto non
viene comunemente utilizzata nel percorso diagnostico del paziente con PFO.
Diverso è il ruolo della risonanza magnetica cerebrale, strumento molto importante nel percorso
diagnostico del paziente con ictus criptogenetico e
metodica utile nel follow up dei pazienti sottoposti
a chiusura trans-catetere.
L’ecografia intracardiaca (ICE) costituisce un
mezzo diagnostico assai utile per confermare o aggiungere informazioni a quanto riscontrato con le
metodiche di imaging non invasivo. In particolare
i parametri che possono essere valutati con attenzione con l’ICE sono: i diametri del setto interatriale e della fossa ovale (di solito misurati in due
proiezioni ortogonali), lo spessore delle pareti del
SIA, la lunghezza del canale del PFO, la presenza
e l’entità di eventuale ASA, la coesistenza di strutture accessorie come rete di Chiari e valvola di Eustachio12.
F. Ronco et al.: Il forame ovale pervio: quando una variante anatomica diventa patologia
Indicazioni alla chiusura transcatetere del PFO
Nella stragrande maggioranza dei casi la presenza di un PFO è una variante anatomica priva di
significato clinico, riscontrata casualmente in corso di esami ecocardiografici eseguiti di routine per
altre patologie. È importante sottolineare che allo
stato attuale non vi sono linee guida comunemente accettate e che non vi è consensus circa le indicazioni alla chiusura percutanea del PFO. Comunemente, vengono sottoposti ad accertamenti mirati alla ricerca di PFO quei pazienti giunti all’attenzione medica per ictus criptogenetico. La maggior parte dei pazienti riferiti per chiusura transcatetere di PFO, infatti, ha un’anamnesi positiva
per eventi ischemici cerebrali, spesso con quadro
lieve e transitorio (TIA), talvolta con esiti anche
gravi (ictus). Approssimativamente, il 40% degli ictus ischemici non ha una chiara eziologia e per
questo gli ictus sono definiti criptogenetici. Bisogna però ricordare che, vista l’elevata prevalenza
di PFO “innocenti” nella popolazione generale, una
certa quantità di PFO in pazienti con ictus criptogenetico può essere non correlata alla clinica, ma
svolgere il ruolo di “spettatore innocente”. Negli ultimi anni si è assistito ad un cauto, ma progressivo ampliamento di quelle che, secondo alcuni autori, dovrebbero essere le indicazioni alla chiusura
del PFO. Il forame ovale pervio, infatti, è considerato responsabile non solo dell’embolia paradossa
cerebrale, ma anche di alcune patologie quali l’emicrania con aura, l’infarto miocardico acuto a coronarie sane, l’ischemia acuta d’arto inferiore, la sindrome da decompressione, la ortodeoxia-platipnea,
l’ipossigenazione inspiegabile, lo scompenso cardiaco acuto destro dopo trapianto cardiaco ortotopico. Il PFO è considerato responsabile anche della desaturazione arteriosa durante intervento neurochirurgico in fossa cranica posteriore (tabella 1).
Attualmente il dibattito sulle indicazioni alla
chiusura del PFO è molto acceso. Ad esempio, per
quanto riguarda l’emicrania (prevalentemente con
aura) vi sono pareri discordanti sull’opportunità di
includere i pazienti che non ne riescono a control-
lare i sintomi con terapia medica in studi clinici
randomizzati, allo scopo di dimostrare il miglioramento della sintomatologia dopo chiusura trans catetere di PFO, ampliando così le indicazioni di questa procedura. Senza entrare nel merito del dibattito in modo specifico, la chiusura del PFO in pazienti con indicazioni classiche ma affetti da emicrania con aura ha causato un miglioramento della malattia o addirittura la guarigione nel 60-80%
dei casi (dati precedentemente pubblicati dal nostro gruppo13-15).
Scopo dello studio
Scopo del presente studio è quello di indagare retrospettivamente il database dei pazienti sottoposti a chiusura trans-catetere di PFO presso la SOS di Diagnostica
ed Interventistica Endoluminale dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia in Rovigo, Sezione Cardiopatie Congenite dell’Adulto, per analizzare le caratteristiche della
popolazione, la tipologia di tecnica e device utilizzati, i reperti allo studio ecocardiografico intracardiaco e l’impatto di questa metodica sulla scelta della protesi. Sono stati inoltre analizzati i dati derivanti dal follow up di tali
pazienti a breve e a medio termine.
Materiali e metodi
Nello studio sono stati arruolati 153 pazienti consecutivi giunti al nostro Centro per essere sottoposti alla
chiusura di PFO nel periodo gennaio 2006-dicembre
2009. In linea con il protocollo istituzionale, tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecocardiografia transesofagea prima dell’intervento e la maggior parte anche a
doppler transcranico.
Le indicazioni alla chiusura del PFO includevano: shower o curtain pattern al doppler transcranico con manovra di Valsalva, risonanza magnetica cerebrale positiva
(singoli o multipli foci ischemici), pregresso TIA o ictus,
medium-to-large PFO all’ecocardiografia transesofagea.
Dieci pazienti sono stati esclusi dopo essere stati sottoposti all’ecografia intracardiaca: quindi la popolazione oggetto del database include 143 pazienti (età media
di 43±15,5 anni, 90 donne) sottoposti a chiusura transcatetere di PFO.
Tabella 1. Stati morbosi e rischi associati con il PFO.
ESAMI DI LABORATORIO
Stati morbosi associati alla pervietà del forame ovale
Oltre ai comuni esami di laboratorio quali emocromo, ionemia, funzione renale e coagulazione (PT, PTT,
INR), i pazienti sono stati sottoposti ad uno specifico
screening laboratoristico per eventuali anomalie della
coagulazione, in particolare ricerca di: mutazione Fattore VIII, Protein C, S, Actived Protein C resistance,
mutazioni di fattore II (G-A20210), fattore V Leiden (GA 1691), fattore V Cambridge (G-A 1691), e MTHFR gene (C-T 677), anticorpi anticardiolipina e antifosfolipidi.
Ictus criptogenetico /TIA
Infarto miocardico a coronarie sane
Embolismo arterioso periferico (infarto viscerale, oculare, ecc…)
Economy class stroke syndrome
Platypnea orthodeoxia
Amnesia globale transitoria
ECOGRAFIA INTRACARDIACA
Sindrome da decompressione (s. dei palombari)
Emicrania (particolarmente con aura)
Desaturazione durante neurochirurgia
L’ecografia intracardiaca è stata eseguita con una
sonda meccanica 9MHz UltraICE con un catetere 9F (EP
Technologies, Boston Scientific Corporation, San Jose,
CA, USA).
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Lo studio intracardiaco è
stato condotto ritirando il catetere manualmente dalla vena
cava superiore alla vena cava
inferiore, secondo 5 piani selezionati; la misurazione dei diametri della fossa ovale e dell’intera lunghezza del setto interatriale è stata ottenuta con compasso elettronico da rima a rima nel piano aortico 4 camere;
è stata inoltre misurata la lunghezza del tunnel del PFO e valutato lo spessore delle rime definendo ipertrofiche rime con
spessore >8mm e lipomatose
quelle con spessore >15mm. Il
monitoraggio ecocardiografico
intracardiaco durante la procedura di impianto delle protesi
era stato condotto nel piano 4
camere. La presenza di aneurisma del setto (ASA) è stata
classificata secondo i criteri di
Olivares et al.16.
La decisione circa la chiusura è stata considerata dopo lo
studio intracardiaco e dopo aver
effettuato tutte le misurazioni.
APPARECCHIATURA RADIOLOGICA
L’apparecchiatura radiologica utilizzata è una GE Medical System Innova 2100 20-20
cm Flat Panel, in tutti i casi.
La dimensione del campo usato
è stata di 20-20cm.
Figura 2. a: Catetere MPA attraverso il PFO con estremo in vena polmonare. b: Apertura del disco sinistro del device (Amplatzer Cr. 25/25mm). c: Apertura del disco destro e rilascio del device. d: Al
controllo angiografico non vi è evidenza di shunt residuo.
PROTOCOLLO DI CHIUSURA
Un’ora prima della procedura è stata somministrata la profilassi antibiotica endovena a tutti i pazienti
(gentamicina 80mg e ampicillina 1 g, o se allergici alla
penicillina, vancomicina 1 g). La vena femorale destra è
stata incannulata con un introduttore 8F per il cateterismo destro preoperatorio, poi sostituito con un introduttore lungo 10 o 12 F per l’impianto del device, mentre la vena femorale sinistra è stata incannulata con un
introduttore 8F poi sostituito con un 9F per lo studio
con ICE. In figura 2 sono rappresentati i principali passaggi della procedura; in figura 3: un esempio di visualizzazione ICE post-impianto di device Amplatzer PFO
occluder.
CRITERI DI CHIUSURA INTRAOPERATORI E SCELTA DEL DEVICE
La tipologia di device da impiantare è stata decisa
sulla base di dati qualitativi e quantitativi ottenuti allo
studio ecografico intracardiaco: l’Amplatzer (PFO Occluder, Cribriform Occluder, AGA Medical Corporation,
Golden Valley, MN) o il Premere Closure System (St. Jude Medical Inc. GLMT). L’Amplatzer PFO occluder è stato scelto se la lunghezza della rima <1,5 cm, in presenza di ASA bidirezionale moderato, mentre il Premere è
stato scelto se invece non vi era ASA, o vi era un bulging
fisso, o un PFO con un tunnel più lungo di ≥10 mm.
Figura 3. Device Amplatzer PFO Occluder correttamente posizionato, visualizzato con l’ecografia intra-cardiaca.
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L’Amplatzer Cribiform Occluder è stato selezionato in
presenza di ASA grande e bidirezionale in modo da ottenere una completa copertura della fossa ovale da entrambi i lati del setto interatriale.
PROTOCOLLO DEL DECORSO CLINICO
Nei pazienti sottoposti a chiusura trans-catetere
presso il nostro Centro viene eseguita una TEE ad un
mese e sei mesi dopo la chiusura qualora non vi fosse
uno shunt residuo. L’ecocardiografia transtoracica viene effettuata post-procedura, sei mesi e un anno dopo la
procedura. Ogni shunt residuo viene classificato: trascurabile, lieve, moderato e severo come precedentemente descritto17. Viene inoltre effettuata una visita ad
uno, sei e dodici mesi dalla procedura.
DEFINIZIONE DEI PUNTI DI RIFERIMENTO
Il successo procedurale è stato definito come rilascio
del device in posizione stabile alla fluoroscopia e sotto
guida ICE senza shunt o con shunt trascurabile.
Nelle complicanze sono stati inclusi ematomi inguinali di ogni grado, perforazione della parete atriale, versamento pericardico, intrappolamento del device o dell’introduttore o dell’ICE su valvole venose o remnants
embrionali ed embolizzazioni gassose. Al follow-up, il fallimento della procedura è stato definito come rimozione
del device o shunt ≥ lieve.
ANALISI STATISTICA
Chi-quadrato, ANOVA e T-student test sono stati applicati per comparare frequenza e variabili continue tra
sottogruppi. Il software utilizzato per l’analisi statistica
è SAS for Windows, version 8.2 (SAS Institute; Cary,
NC). Un valore di p <0,05 è stato considerato statisticamente significativo.
Risultati
Dei 153 pazienti riferiti al nostro Centro per chiusura trans-catetere di PFO, 10 sono stati esclusi: 4 casi sono risultati falsi positivi e la presenza di PFO è stata
esclusa con l’ICE; 2 casi sono stati riferiti all’approccio
chirurgico per la concomitante presenza di un piccolo mixoma non riscontrato al TEE; 4 casi sono stati esclusi
per la presenza di un aneurisma enorme non compatibile con i device a disposizione in commercio.
Tutte le 143 procedure di chiusura trans-catetere di
PFO sono state portate a termine con successo in assenza di complicanze maggiori.
Quattro pazienti hanno sviluppato un modesto ematoma in sede di accesso venoso femorale senza significativo calo dell’emoglobina agli esami di laboratorio, e due
pazienti (un maschio ed una femmina rispettivamente
di 65 e 48 anni) hanno accusato l’insorgenza di fibrillazione atriale intraprocedurale: in un caso è stata effettuata una cardioversione elettrica entro 48 ore, mentre
nell’altro si è proceduto a cardioversione farmacologica
con flecainide 1 fl ev al termine della procedura.
Le principali caratteristiche della popolazione oggetto del database ed i principali risultati procedurali sono
riportati nelle tabelle 2 e 3.
Sono stati impiantati 89 device della famiglia Amplatzer e 54 Premere Occlusion System.
Tabella 2. Riassunto dei dati demografici dei pazienti sottoposti
a chiusura trans-catetere di PFO presso la Sos Dpt di Diagnostica ed Interventistica Endoluminale di Rovigo dal gennaio 2006
al dicembre 2009.
Media o No. (%)
Età (anni)
47±13
Maschi/Femmine
53/90
Ictus pregresso
94 (66)
MRI cerebrale positiva
110 (77)
TCD curtain pattern
63 (44)
TCD shower pattern
80 (56)
Emicrania con aura
72 (50)
Emicrania senza aura
20 (13)
Embolismo coronarico
2 (1,3)
Embolismo periferico (non cerebrale)
4 (2,7)
Anomalie della coagulazione
43 (30)
Totale pazienti
143
MRI: Magnetic Resonance Imaging; TCD: Transcranial Doppler.
Tabella 3. Riassunto dei dati procedurali dei pazienti sottoposti
a chiusura trans-catetere di PFO presso la Sos Dpt di Diagnostica ed Interventistica Endoluminale di Rovigo dal gennaio 2006
al dicembre 2009.
Media o No. (%)
Aneurisma setto interatriale
86 (60)
Rime ipertrofiche/lipomatose
12 (8)
Tunnel lungo
15 (11)
Diametro trasversale fossa ovale
18,6±4,2 mm
Diametro longitudinale fossa ovale
21,9±5,0 mm
Chiusura efficace
Lieve shunt residuo
Copertura parziale dell’aneurisma del SIA
143 (100)
10 (7)
15/86 (17)
Complicanze maggiori*
0 (0)
Complicanze minori**
6 (4)
– ematoma inguinale
4
– fibrillazione atriale
2
Amplatzer
89 (62)
– PFO 25mm
19
– Cribriform 25/25mm
66
– Cribriform 30/30 mm
4
Premere Occlusion System
– 20 mm
54 (38)
29
– 25 mm
25
Totale pazienti
143
* Complicanze maggiori: decesso, dislocazione del device, aritmie maligne, emorragie maggiori; ** Complicanze minori: fibrillazione atriale,
ematoma inguinale non richiedente trasfusione.
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PAZIENTI CON STATO TROMBOFILICO
Nel nostro database 43 pazienti su 143 erano portatori di
stato trombofilico: in particolare mutazione fattore V Leiden,
fattore X, VIII, proteina C, S,
MHFTR, anticorpi antifosfolipidi, anticardiolipina e iperomocisteinemia. Il successo procedurale è stato ottenuto nel
100% dei casi e al follow up non
si sono verificate complicanze,
episodi di trombosi del device
e/o ricorrenza di eventi embolici. Nei soggetti portatori di anomalie della coagulazione abbiamo osservato una maggior prevalenza di ASA, di emicrania
con aura e storia di trombosi
venosa profonda, rispetto alla
restante popolazione oggetto
dello studio. I risultati in dettaglio sono riportati in tabella 4.
PAZIENTI PORTATORI DI
IPERTROFIA/LIPOMATOSI DELLE RIME
Tabella 4. Confronto di dati demografici, clinici e procedurali tra pazienti
con e senza anomalie della coagulazione.
Discoagulopatie
Profilo normale
p
Media o No. (%)
Età (anni)
45±10,9
48±13,6
ns
32/11
21/79
0.01
Emicrania con aura
36/43 (84)
36/100 (36)
<0.01
Foci ischemici alla RMN
30/43 (69)
80/100 (80)
ns
Storia di TVP
26/43 (60)
7/100 (7)
<0.01
TCD curtain pattern
33/43 (76)
30/100 (30)
<0.01
Aneurisma SIA (TEE)
40/43 (93)
46/100 (46)
<0.01
Deficit anti-trombina III, C, S
4/43 (10)
-
-
Fattore V Leiden
9/43 (20)
-
-
Mutazione MTHFR (homozygote)
14/43 (33)
-
-
Iperomocisteinimia
9/43 (20)
-
-
Anticorpi antifosfolipidi
e anticardiolipina
7/43 (16)
-
-
Maschi/femmine
Dodici pazienti sono stati sotComplicanze*
2/43 (4)
5/100 (5)
ns
toposti a chiusura trans-catetere
in presenza di ipertrofia delle riTotale pazienti
43
100
me (10 pazienti) o lipomatosi (2
pazienti). Questo gruppo di pa- * Complicanze minori: insorgenza di fibrillazione atriale intraprocedurale; ematoma inguinazienti si caratterizza per un’età le (senza necessità di trasfusione).
più avanzata, una maggior prevalenza di sesso maschile ed un
quadro clinico (positività alla
cui sono stati sottoposti ad elettrocardiogramma HolRMN cerebrale) più grave rispetto alla restante popolazioter delle 24 ore che ha dimostrato brevi episodi di tane del database.
chicardia parossistica sopraventricolare (TPSV) in 5
Sulla base delle misurazione ICE, sono stati impiancasi ed episodi di fibrillazione atriale parossistica in
tati con successo 2 Amplatzer 25 mm e 10 Premere Ocun caso. In tre pazienti non è stata necessaria alcuna
clusion System (25 mm in sei pazienti e 20 mm nei reterapia poiché gli episodi sono scomparsi spontaneastanti quattro pazienti).
mente; in due pazienti con trombosi venosa profonda
Non si sono verificate complicanze intraprocedurali.
(TVP) è stata intrapresa terapia beta-bloccante, menI due pazienti impiantati con device 25/25 mm Amplattre nell’unico paziente con parossismi di fibrillazione
zer ASD Cribriform Occluder (per la presenza di imporatriale è stata intrapresa terapia anticoagulante orale
tante ASA 5LR), al follow up a 6 mesi sono risultati pored antiaritmica con propafenone, senza evidenza di retatori di un lievissimo shunt residuo, verosimilmente
cidive a due controlli successivi.
per la distanza tra i due dischi, dovuta all’ipertrofia delNon si sono verificati casi di complicanze tardive
le rime. In nessun caso, durante il follow up, si sono vemaggiori come erosione aortica, trombosi del device o ririficati ulteriori episodi ischemici cerebrali, erosione aorcorrenza di episodi ischemici.
tica o trombosi del device.
Dei dieci pazienti con lieve shunt residuo alla dimissione, soltanto due presentavano ancora un modesto
PAZIENTI PORTATORI DI “TUNNEL LUNGO”
shunt al follow up ad un anno.
I 15 pazienti portatori di aneurisma del setto interaNei 15 pazienti con tunnel lungo (con o senza assotriale in cui non è stato possibile applicare un device taciata ipertrofia/lipomatosi delle rime) sono stati impianle da ottenere la completa copertura dell’aneurisma, al
tati altrettanti Premere Occlusione System (10 Premere
follow-up non hanno dimostrato ricorrenza di eventi ed
20mm e 5 Premere 25 mm) con successo procedurale. Un
in particolare non si sono verificate complicanze tardive
minimo shunt residuo si è riscontrato in 4 pazienti al follegate ad erosione e/o trombosi del device.
low-up a sei mesi ed in 2 pazienti ad un anno, in assenza di nuovi eventi ischemici e con significativo miglioramento della sintomatologia emicranica.
Discussione
DECORSO CLINICO
Sei pazienti nel mese successivo all’impianto hanno lamentato episodi di aritmie sopraventricolari per
Nonostante l’imaging intraprocedurale sia molto diffuso (TEE o ICE), alcuni operatori si accontentano di eseguire la chiusura trans-catetere di
PFO avvalendosi della sola fluoroscopia.
F. Ronco et al.: Il forame ovale pervio: quando una variante anatomica diventa patologia
In un recente articolo18 vengono elencati gli
svantaggi dell’ecocardiografia transesofagea e dell’ecografia intracardiaca. Secondo la nostra esperienza, non solo l’ICE è una tecnica di imaging sicura ed affidabile, ma risulta molto utile nella definizione dell’anatomia e dei rapporti del PFO, permettendo la scelta del device più adatto in termini
di tipo e dimensioni.
I nostri dati confermano che la chiusura transcatetere di PFO è una procedura sicura ed efficace,
soprattutto se viene adottata una strategia di selezione del device basata sulle caratteristiche del
singolo paziente.
Le principali caratteristiche da valutare nella
scelta del device sono, secondo la nostra esperienza, la lunghezza del tunnel, lo spessore delle rime,
i diametri della fossa ovale e la presenza o meno
di ASA.
Sulla base dei riscontri all’ICE abbiamo selezionato il device secondo i seguenti criteri:
Le dimensioni del device non devono superare il
diametro dell’intero setto interatriale (in modo
da prevenire la possibilità di erosione della parete aortica).
Preferire un device ad apertura asimmetrica in
caso di tunnel lungo (per evitare il mal allineamento del device, tipico della famiglia Amplatzer, in questi casi).
Cercare di ottenere la totale copertura dell’aneurisma in caso di ASA importante.
Preferire un device “soft” come il Premere, in
caso di ipertrofia-lipomatosi delle rime.
Seppur arbitrari e basati sull’esperienza empirica, questi criteri possono – secondo noi – essere
utili per ottenere il miglior risultato possibile e per
evitare le eventuali complicanze legate alla procedura.
I trial sulla chiusura transcatetere di PFO tendono ad escludere pazienti portatori di anomalie
della coagulazione per il rischio teorico di trombosi del device.
I nostri dati confermano, come già recentemente pubblicato19, che i pazienti con discoagulopatie
non dovrebbero essere esclusi dai trial sulla chiusura trans-catetere di PFO, poiché in questi soggetti il successo procedurale e gli outcome sono sovrapponibili a quelli della popolazione generale.
Secondo la nostra esperienza, questi soggetti possono beneficiare maggiormente della chiusura dello shunt poiché sono a rischio potenzialmente aumentato di ictus, rispetto ai pazienti con normale
profilo della coagulazione.
Secondo alcuni Autori, lipomatosi ed ipertrofia
del setto interatriale sono da considerasi una controindicazione relativa alla chiusura trans-catetere del PFO per il rischio di risultato sub ottimale,
anche alla luce dell’assenza in commercio di device dedicati20.
Sulla scorta dei nostri risultati, i pazienti portatori di ipertrofia o lipomatosi delle rime, possono
essere sottoposti a chiusura trans-catetere di PFO
in sicurezza, senza maggior incidenza di complicanze, e con outcome sovrapponibile alla popolazione generale, a condizione che venga utilizzata
un’accurata metodica di imaging intraoperatorio
(ICE nel nostro caso) e che vengano utilizzati, ove
possibile, device di seconda generazione con caratteristiche di adattabilità al profilo delle rime spesse. Normalmente lo spessore massimo del setto
interatriale è di circa 6 mm ed arriva fino a 7 mm
nella popolazione anziana. Le rime ipertrofiche
sono più frequenti nei soggetti con anamnesi positiva per ipertensione arteriosa e fumo, ma non
hanno alcuna correlazione con l’aterosclerosi coronarica e vasculopatia periferica. La lipomatosi
del setto interatriale è un processo benigno caratterizzato dall’accumulo di tessuto adiposo nel
setto interatriale che si osserva tipicamente negli
anziani e negli obesi. Sia l’ipertrofia delle rime,
sia la lipomatosi del setto interatriale sono correlate con una maggior incidenza di aritmie sopraventricolari ed in particolare di fibrillazione atriale, e possono costituire un ostacolo alle procedure
interventistiche che richiedono un approccio
trans-settale.
I device della famiglia Amplatzer, i più diffusi
nella chiusura transcatetere del PFO, ed altri device come i Biostar, sono costituiti da una componente destra ed una componente sinistra connesse da un raccordo la cui lunghezza non supera i
4-8 mm. Questi device non risultano quindi ideali per i casi di ipertrofia/lipomatosi delle rime o
per i PFO a tunnel lungo. Il Premere Occlusion
System si distingue dagli altri device in commercio per la possibilità di regolare la lunghezza del
filo di sutura che connette le due componenti destra e sinistra , secondo la lunghezza del canale
del PFO. Il device è caratterizzato inoltre da una
particolare adattabilità all’anatomia del setto
grazie all’assenza di componenti rigide. Risulta
quindi ideale nei casi di ipertrofia/lipomatosi delle rime; sulla base della esperienza suggeriamo il
Premere 20 mm nel caso di tunnel <15 mm e spessore delle rime <10-12 mm, ed il Premere 25 mm
quando il tunnel risulta >15 mm o lo spessore delle rime >12 mm.
Nonostante, come sopra citato, si cerchi per
quanto possibile di ottenere una completa copertura dell’aneurisma, talvolta ciò non è possibile
poiché questo richiederebbe il posizionamento di
un device troppo grande, con i conseguenti rischi
di complicanze quali erosione aortica, aritmie, ecc.
In questi casi, secondo la nostra esperienza, la parziale copertura dell’aneurisma garantisce comunque un buon risultato procedurale a breve e medio
termine.
Dati derivanti da un follow up a lungo termine
sono comunque necessari.
In conclusione, la chiusura trans-catetere di
PFO è una procedura sicura ed efficace; tuttavia,
non vi è attualmente consenso per quanto riguarda le metodiche procedurali.
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Recenti Progressi in Medicina, 101 (9), ottobre 2010
Alcuni operatori sostengono la necessità della
sola guida fluoroscopica, ritenendo le altre metodiche di imaging intraprocedurale (TEE,ICE) superflue e potenziali fonti di complicanze.
Secondo la nostra esperienza, il supporto di un
adeguato imaging intraprocedurale, come quello
offerto dall’ICE, risulta indispensabile per poter effettuare corrette misurazioni sulla base delle quali scegliere il device più adeguato all’anatomia del
PFO e del setto interatriale. La scelta appropriata
del device, basata sulle informazioni ottenute dall’ICE, abbatte il numero delle complicanze intraprocedurali e al follow up, poiché viene rispettata
il più possibile la normale anatomia del SIA.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Federico Ronco
Ospedale Santa Maria della Misericordia
Diagnostica e Interventistica Endoluminale
Sezione Cardiopatie Congenite dell’Adulto
Viale Tre Martiri, 140
45100 Rovigo
E-mail: [email protected]
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