La maschera - Poli Elisa

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La maschera - Poli Elisa
ITSOS Albe Steiner
Milano
ESAME DI STATO
2014-2015
La maschera
nella letteratura e nella socità
Elisa Poli 5°C
Elisa Poli 5°C Itsos Albe Steiner a.s. 2014-15
Sommario
Premessa3
Introduzione3
Il concetto di maschera4
Il tema della maschera nella letteratura italiana
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Il tema della maschera nella letteratura inglese
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Il tema della maschera nella storia dell’arte
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Il tema della maschera nella fotografia
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Conclusioni9
Sitografia
Bibliografia
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Premessa
Ho deciso di scegliere il tema della maschera perché mi ha sempre affascinato e perché penso che sia
un elemento che caratterizza la vita dell’uomo. Siamo costantemente divisi in mille maschere con le
quali ci atteggiamo davanti agli altri. Frequenti sono le volte in cui la concezione che gli altri hanno
di noi non coincide con il nostro vero essere e ci vengono modellate addosso identità a noi estranee.
Occorre, inoltre, considerare le innumerevoli maschere che indossiamo quotidianamente ogni qualvolta siamo chiamati ad assumere dei ruoli.
Introduzione
Nella tesina ho deciso di analizzare la maschera da diversi punti di vista. Partendo dal concetto di
maschera nella psicologia, con le teorie di Freud e Binet, ho poi analizzato il tema della maschera
nella letteratura italiana, studiando il pensiero e le diverse opere di Pirandello, e nella letteratura
inglese analizzando il pensiero di Oscar Wilde e, soprattutto, il romanzo “Il ritratto di Dorian Gray”.
In seguito ho analizzato il tema della maschera nella storia dell’arte, soffermandomi sulle opere di
Ensor e di Munch, e nella fotografia attraverso la vita e le opere di Cindy Sherman.
La maschera
Il tema della maschera
Il concetto di maschera
Letteratura
Italiana
3
Storia dell’arte
Inglese
Fotografia
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Il concetto di maschera
Dalla seconda metà del 1800 emerse l’interrogativo sulla differenza tra realtà e apparenza. Questa
domanda trovò espressione in tutti i rami della cultura.
L’etimologia della parola “persona” arriva dal latino e significa “maschera d’attore”, mentre in italiano significa “essere umano considerato in sé o nelle sue funzioni sociali, in quanto soggetto cosciente
di sé, capace di diritti e doveri”. Con Freud e la nascita della psicoanalisi venne messo in crisi questo
concetto. Freud, nella prima topica, paragona la nostra psiche ad un iceberg, nel quale la parte che
emerge dall’acqua corrisponde al conscio, l’inconscio corrisponde alla massa sommersa e, i due,
sono divisi dal preconscio. Il livello conscio contiene tutto ciò che conosciamo: idee, affetti e ricordi,
il preconscio è una sorta di zona intermedia; mentre il livello inconscio è la zona sconosciuta a noi
stessi e che non raggiunge il livello di coscienza.
Il nostro funzionamento psicologico si divide, appunto, in queste tre “aree”: conscio, preconscio e
inconscio; però secondo Freud, non si tratta di spazzi divisi da rigide barriere, al contrario, c’è un
continuo scambio di contenuti tra conscio e inconscio indipendentemente dalla nostra volontà.
Attraverso queste teorie si elimina per l’uomo ogni credulità e fede nel mondo nel quale vive, perché
scopre di conoscere solo una piccola parte della propria personalità e che non arriverà mai a conoscerla interamente. Nell’uomo c’è una sorta di maschera, il conscio, che ricopre la verità di chi si è
realmente, l’inconscio, e che ci fa apparire come crediamo di essere.
Queste teorie furono riprese da Binet, medico e psicologo che diede un notevole contributo allo
studio sperimentale delle patologie mentali e della psicologia infantile. Tra le sue opere più famose
troviamo “Le alterazioni della personalità”.
Secondo Binet la realtà risulta alterata, frammentata in centinaia di migliaia di “individui”, che vengono rivelati in base al contesto nel quale operano, in modo particolare nel mondo familiare e lavorativo.
<< Ciascuno di noi non è uno, ma contiene numerose persone che non hanno tutte lo stesso valore
[…] In una stessa persona diversi fatti di coscienza possono vivere separatamente senza confondersi
e dare luogo all’esistenza simultanea di diverse coscienze e anche, in certi casi, di diverse personalità” >>.
(A. Binet, Les Altérations de la personalité, Parigi, Félix Alcan, 1892, pp. 35, 243, 236-37, 140)
Il tema della maschera nella letteratura italiana
Le concezioni di Freud e di Binet non sono molto distanti da quella di Pirandello. Attraverso la teoria
chiamata “Teoria delle maschere” Pirandello spiega che l’uomo si nasconde dietro a una maschera
imposta dalla società, dalle sue norme e dalla famiglia; questa maschera, come quella che ricopre
l’inconscio, non può essere tolta e, quindi, l’uomo non potrà mai conoscere la sua vera identità ma
rimarrà sempre diviso e contraddittorio.
Ogni uomo indossa mille maschere, tante da non sapere chi sia in realtà. La molteplicità della realtà,
così come quella delle maschere porta l’uomo ad interrogarsi sulla distinzione tra la realtà e l’apparenza.
Pirandello nel 1908, pubblicò il Saggio sull’umorismo in cui evidenziò il contrasto tra “forma” e
“vita”. L’uomo, cercando di dare un significato alla propria esistenza, si crea delle illusioni e degli
autoinganni che gli fanno organizzare la sua esistenza secondo convenzioni, leggi e regole sociali;
questo è ciò che Pirandello chiama “forma”. Ciò che invece definisce “vita” sono le pulsioni vitali
e la tendenza a vivere fuori dagli schemi imposti dalla società. L’individuo, costretto a vivere nella
“forma”, non è più una persona integra, ma si riduce a una maschera che recita una parte, un ruolo,
che la società esige da lui e che egli stesso si impone attraverso i propri ideali morali. L’individuo
ha davanti a sé una scelta: l’incoscienza e l’adeguamento passivo alla “forma”, oppure vivere consapevolmente la divisione tra “forma” e “vita”. Nel primo caso l’individuo si nasconde dietro a una
maschera; nel secondo l’individuo nascosto dietro la maschera diventa consapevole degli autoinganni
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propri e altrui ma impotente a risolvere la contraddizione che individua. Questa riflessione interviene
continuamente a porre una distanza tra l’individuo e la propria vita, infatti, più che vivere “si guarda
vivere” estraniandosi da sé e dagli altri.
La maschera è la rappresentazione più evidente della condanna dell’individuo a recitare sempre la
stessa parte e in essa ritroviamo il contrasto tra illusione e realtà. Nella società l’unico modo per
evitare l’isolamento è il mantenimento della maschera, quando un personaggio cerca di rompere
la “forma” viene allontanato, rifiutato, non può più trovare posto nella massa in quanto si porrebbe
come elemento di disturbo nella società. Il personaggio non ha alcuna possibilità di cambiare la propria maschera, si verifica la disintegrazione fisica e spirituale dei personaggi che si po’ riassumere nel
Teoria della triplicità esistenziale:
o come il personaggio vede se stesso;
o come il personaggio è visto dagli altri;
o come il personaggio crede di essere visto dagli altri.
La sua conseguenza è la frantumazione del personaggio, che diventa:
o uno quando viene messa in evidenza la realtà di come lui si vede;
o centomila quando viene messa in evidenza la realtà di come lo vedono gli altri;
o nessuno quando si accorge che come si vede lui, non è come lo vedono gli altri, ossia
quando raggiunge la consapevolezza che la propria “realtà-forma” assume una dimensione
che è diversa da quella di ciascuno degli altri.
L’esempio più calzante della frammentazione dell’Io è il romanzo “Uno, nessuno e centomila”. Il
protagonista è Vitangelo Moscarda che un giorno, in seguito alla rivelazione da parte della moglie
di un suo difetto fisico, scopre che gli altri si fanno di lui un’immagine diversa da quella che egli si
è creato di se stesso, scopre cioè di non essere uno come aveva creduto sino a quel momento, ma di
essere centomila e quindi nessuno.
Questa sua presa di coscienza fa crollare tutte le sue certezze e lo fa entrare in crisi. Decide così di
distruggere tutte le immagini che gli altri si fanno di lui, soprattutto quella dell’usuraio. Il protagonista viene ferito gravemente da un’amica della moglie e al fine di evitare uno scandalo, decide di
cedere tutti i suoi averi per fondare un ospizio per poveri, dove egli stesso si fa ricoverare, estraniandosi totalmente dalla vita sociale. Rinunciando definitivamente a ogni identità riesce, in un certo
senso, a guarire dalle sue ossessioni.
Oltre che nel romanzo “Uno, nessuno e centomila”, questa concezione è evidente anche nel romanzo “Il fu Mattia Pascal”, in cui, il protagonista, Mattia Pascal, vive una vita incolore, oppresso dalla
tirannia della moglie e della suocera. Un giorno, dopo un ennesimo litigio, trova la forza di reagire, si
allontana da casa, prende il treno e arriva a Montecarlo, dove gioca al casinò i pochi soldi che aveva
con sé. Vince una considerevole somma e, mentre è sul treno per tornare a casa, legge sul giornale
la notizia della sua morte. La notizia all’inizio lo sconvolge, ma poi pensa che il caso lo aveva reso
ricco e libero. Così Mattia Pascal prende il nome di Adriano Meis, viaggia per il mondo fino a stabilirsi a Roma. Presto, però, si accorge dell’impossibilità di rifarsi una vita, di liberarsi dalle forme che
la società impone a tutti. Infatti, s’innamora di Adriana, la figlia del proprietario della pensione, ma
non può sposarla, perché Adriano Meis in realtà non esiste; viene derubato, ma non può denunciare
il furto; picchiato da un ospite della pensione, non può vendicare l’offesa con un duello. Il protagonista si sente solo e smarrito, per questo decide di “uccidere” Adriano Meis e riacquistare la forma
di Mattia Pascal. Fa ritorno al paese dove, però, la moglie si è risposata ed è madre di una bambina.
La legge gli consentirebbe l’annullamento di quel matrimonio, ma lui capisce che ormai non gli resta
che accettare la sua condizione di “escluso”. Così decide di recarsi in biblioteca dove scriverà la sua
vita.
In questo romanzo Pirandello sottolinea che, per far si che il personaggio viva, bisognerebbe che
uccidesse di continuo ogni “forma”, ma senza “forma” il personaggio non vive; per questo motivo
all’uomo non rimane che la follia, come accade per Enrico IV oppure l’uniformarsi con la natura
come per Vitangelo Moscarda. Tra le opere teatrali la più rappresentativa è “Sei personaggi in cerca
d’autore” in cui utilizza la tecnica del meta-teatro. Per Pirandello il teatro è il luogo-simbolo della
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falsità e delle apparenze sociali, la cui funzione è di testimoniare il dramma del personaggio dietro lo
schermo della finzione.
Il tema della maschera nella letteratura inglese
L’altro grande autore della letteratura che affronta il tema della maschera è Oscar Wilde. La maschera
diventa una muraglia dietro la quale l’uomo nasconde la causa della propria insicurezza e della paura
del giudizio della società.
Il romanzo in cui viene trattato il tema della maschera è Il ritratto di Dorian Gray. Dorian è un giovane bellissimo e un rispettato esponente dell’alta società inglese. Reso vanitoso da Basil Hallward,
l’autore del suo ritratto, e convinto dal cinico e maligno amico Lord Henry Wotton che la bellezza
esteriore è l’unica cosa che conta davvero nella vita di un uomo, si trova a pregare affinché sia il suo
meraviglioso ritratto ad invecchiare, imbruttire e portare i segni della corruzione al posto suo. Tale
preghiera viene magicamente esaudita.
Il ritratto diventa lo specchio dell’anima di Dorian, un oggetto da nascondere; così mentre il bellissimo e reale Dorian vive una vita malvagia e amorale, alla continua ricerca di nuove sensazioni,
di nuovi piaceri, la tela nascosta porta il peso dei suoi peccati. Il delitto più grave, è l’assassinio di
Basil, che aveva visto la tela così terribilmente mutata dagli orrori della vita di Dorian.
Quest’ultimo spaventato dal suo stesso reato e terrorizzato dal ritratto, accoltella la tela nella speranza di cancellare il suo passato; ma, invece di distruggere il quadro è lui a morire. Proprio in quell’attimo i due Dorian si scambiano: quello reale assume l’aspetto invecchiato e imbruttito che si era guadagnato vivendo, mentre quello ritratto torna giovane e bello come era stato dipinto originariamente.
Il tema della maschera nella storia dell’arte
Nella storia dell’arte il tema della maschera trova ampio spazio. In Ensor, considerato uno dei personaggi fondamentali nell’espressionismo soprattutto tedesco, la riflessione sul ruolo dell’individuo
all’interno della società diventa un elemento di riflessione quasi tragico. Dal punto di vista figurativo
la sua arte è caratterizzata dalla trasfigurazione del volto: la maschera diventa il soggetto fondamentale di Ensor che vuole cogliere il carattere distintivo del suo tempo, ovvero una società che tende a
nascondere se stessa e che ostenta valori in cui non crede.
Le maschere di Ensor subiscono nel corso del tempo un’evoluzione: da maschere buffe, grottesche e
di stampo carnevalesco; diventano progressivamente maschere che trasmettono inquietudine.
L’entrata di Cristo a Bruxelles di
Ensor
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Nelle opere di Ensor la maschera non è mai singola, è sempre inserita all’interno di una moltitudine
di personaggi.
“L’entrata di Cristo a Bruxelles” rappresenta una delle opere fondamentali di Ensor. Al centro della
scena vi è una moltitudine di maschere e di volti che riempiono l’ambiente. Rappresenta una festa,
apparentemente festosa in cui ci sono però degli elementi simbolici, che tradiscono le riflessioni
dell’artista: il Cristo è quasi indistinguibile, si trova al centro, sembra salutare qualcuno, ma, è più
simile a una statua che viene portata sulle spalle all’interno di una grande festa di piazza.
Ensor pone l’accento sulla qualità di un mondo che è talmente distratto che probabilmente oggi, se
nel vociare festante e superficiale della massa arrivasse una figura, significativa come Cristo è tanto
lo stato di corruzione della comunità di Bruxelles che l’immagine del Cristo sarebbe trattata come un
carro carnevalesco.
L’immagine di Cristo diventa anche metafora dell’artista: l’arte perde progressivamente capacità di
essere riconosciuta dalla gente, perde il ruolo centrale che aveva avuto nel mondo classico e nel mondo rinascimentale; attraverso la trasfigurazione della maschera attraverso il grottesco, cerca di trovare
la verità del suo mondo.
L’altro artista che affronta il tema della maschera è Munch che rappresenta le inquietudini, legate a
un vorticoso cambiamento degli strumenti di produzione e a un rapido cambiamento della struttura
sociale e dei suoi equilibri, nella società più evoluta del tempo, quella europea. Munch, a differenza
di Ensor, non sovrappone la maschera al volto per creare una sorta di doppia personalità, ma trasfigura lo stesso volto. I suoi personaggi hanno una sola personalità, che però, nel mondo contemporaneo
tale personalità è devastata e diventa l’espressione di una maschera di dolore.
La sera sulla via Carl di Munch
“La sera sulla via Carl” è il primo quadro che rappresenta la dissociazione dell’individuo dagli altri.
La passeggiata su questa strada importante di Oslo diventa quasi una processione spettrale, gli individui hanno uno sguardo stralunato, ognuno guarda davanti a se e nessuno si relaziona con gli altri.
L’elemento autobiografico, che è sempre presente nella pittura di Munch, lo ritroviamo in un particolare: il flusso di persone che prosegue frontalmente come se procedesse verso l’osservatore, trova
come opposto sulla destra una persona di spalle che va contro corrente rispetto alla marcia della folla.
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Questa persona che segue un percorso opposto, che si dissocia dagli altri, è lo stesso Munch che rappresenta se stesso in questa sorta di separazione dagli altri.
Lurlo di Munch
La dissociazione trova il suo apice nell’”Urlo”. Questo è un quadro estremamente autobiografico e
sottolinea l’impeto ad urlare, a liberarsi, a voler affermare il proprio essere autentico.
“Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo. Mi fermai e
guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un
urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come
sangue vero. I colori stavano urlando”.
Queste parole sono state scritte da Munch per descrivere “L’urlo”.
La prima impressione che l’osservatore ha guardando quest’opera è di angoscia. I colori sono irreali,
contrastanti; i contorni dissolti e le forme indefinite.
L’uso del colore e gli accostamenti cromatici associati a lunghe pennellate tese a deformare i soggetti
rappresentati suggeriscono uno stato emotivo di angoscia. Le linee ondulate e le linee diagonali creano un senso di dinamicità che provoca tensione nell’osservatore e anche l’uso della luce contribuisce
a far scaturire nell’osservatore un senso di inquietudine.
Il tema della maschera nella fotografia
Una fotografa che si occupa del travestimento e della maschera è Cindy Sherman.
Fotografa se stessa interpretando diversi ruoli femminili collocandosi in vari ambiti: dal femminismo alla storia della cultura. Dichiara però di non aver mai concepito la sua arte come un manifesto
politico e femminista.
L’artista affermerà di aver seguito, piuttosto, il proprio istinto e assecondato l’antico personale gusto
per il travestimento e l’interpretazione di personaggi immaginari.
La protagonista delle sue foto è la donna alla ricerca della propria identità. Le prime opere ispirate
ai film degli anni 50’-60’ evidenziano l’influenza di alcuni stereotipi culturali che hanno costretto le
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donne a interpretare un ruolo predefinito e rigido.
I richiami alla psicoanalisi sono molto evidenti in “Fairy Tales”.
Negli anni Novanta produce immagini di grande formato dove
la troviamo nelle vesti di personaggi della Rivoluzione francese,
Madonne col bambino, o in grandi capolavori del Rinascimento o del Barocco. Nelle ultime opere l’artista non compare più
come protagonista,
ma mette in scena
oggetti creando effetti
horror piuttosto ironici. È come se la vera
Cindy Sherman non
esistesse, ma esistessero i suoi innumerevoli travestimenti
che mettono in luce
l’ambiguità tra realtà
Cindy Sherman
e finzione e la donUntitled W 53254 1980
na in continua ricerca
della propria identità. La
maschera stessa è un espediente per enfatizzare un aspetto, una
qualità.
Cindy Sherman
Murder Mystery People, 1976
Untitled #383
Conclusione
Le maschere, nella fantasia e nella realtà, hanno da sempre permesso di fare ciò che ai volti è proibito. La stessa Rete si trasforma in una maschera per chi ci naviga, su Internet nessuno conosce nessuno; tutto è misterioso: un semplice soprannome o un avatar si trasformano nei costumi della reale
identità di ognuno di noi. Nel Web si può creare un Io del tutto nuovo: migliore o peggiore di quello
che si è; ma prima o poi il trucco si sfalda e si scioglie. Sta a noi decidere da che parte stare, se uniformarci con la massa, nascondendoci dietro una maschera, o affrontare la realtà, mostrando il nostro
vero volto.
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Sitografia
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http://www.dillinger.it/dietro-la-maschera-49200.html#sthash.E6wgaKxr.dpuf
Bibliografia
- Il ritratto di Dorian Grey
- Il fu Mattia Pascal
- Uno, nessuno e centomila
- Sei personaggi in cerca d’autore
- Enrico IV
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