Risiko, il racconto di Delli Paoli

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Risiko, il racconto di Delli Paoli
Risiko, il racconto di Delli Paoli
Ecco il racconto: “Ho chiesto di parlare urgentemente con un magistrato perché temo per la
mia vita e per quella dei miei familiari. Nolano Salvatore ha deciso che devo essere ucciso ed a
ciò hanno dato il consenso anche Di Fiore Pasquale e De Falco Impero. E’ stata questa la
ragione per cui questa mattina ho telefonata al qui presente M.llo Vacchiano per consegnarmi a
lui. Gli ho fatto rinvenire alcune armi e munizioni in mio possesso e mi sono fatto arrestare.
Alcune di queste armi, in particolare la cal. 7.65 ed il fucile da caccia, erano le mie, il fucile
mitragliatore kalashnikov e le munizione cal. 38, cal. 22 e cal. 9 le custodivo per conto di Di
Fiore Pasquale, detto Pasquale o cafone. Ho fatto rinvenire anche un corsetto antiproiettile,
anch’esso di proprietà di Di Fiore Pasquale. Le ragioni per le quali Nolano Salvatore e le altre
persone che ho indicato hanno decretato la mia morte mi sono tuttora oscure. Sostengono che
io avrei offeso il Nolano dicendo ad una persona vicino a lui che egli è”ricchione”. La
circostanza non è assolutamente vera e quindi ho intuito che tutto si inserisce in un più contorto
disegno che mi è assolutamente sconosciuto, ma che ho intuito, prevede la mia morte. Per
chiarire al meglio quello che si è verificato negli ultimi 5 giorni, è necessario che premetta come
sono entrato in contatto con questi personaggi. Quando venne scarcerato De Falco Ciro, io,
approfittando della relazione sentimentale che legava mio figlio Lino ad una nipote di questi,
andai a casa sua per chiedergli se mi potesse affidare la guardania di qualche cantiere, questo
perché a mia attività lavorativa non rendeva troppo bene. Il De Falco mi disse che mi avrebbe
accontentato. Fatto sta che dopo poche settimane venne ucciso e quindi non potette mantenere
la sua promessa. Avendo io preso a frequentare la sua abitazione, girai quella richiesta al figlio
Impero e Di Fiore Pasquale, cognato del De Falco, i quali erano coloro che presero in mano le
redini del gruppo criminale. Anche costoro mi promisero che mi avrebbero accontentato. Sia De
Falco Ciro che poi il figlio ed il genero in cambio pretesero che io custodissi delle armi per loro
conto. Per questa custodia mi hanno corrisposto duecento euro alla settimana. Domenica
scorsa venni chiamato da Pasquale Di Fiore il quale mi disse di andare da Mimmo “fubbricella”
che è il suo soprannome, per dirgli che da quel giorno per ogni scavo che avrebbe effettuato la
sua ditta, prima di iniziare i lavori, doveva andare a parlare con esso Di Fiore. Mimmo
“frubbicella” è un imprenditore di Acerra che si occupa di trivellazioni, nel senso che scava pozzi
ed è utilizzato dal gruppo Di Fiore- Nolano per raccogliere i proventi estorsivi corrisposti dai vari
imprenditori edili che realizzano lavori su Acerra. Per questa ragione, quella richiesta del Di
Fiore non mi meravigliò molto. Fatto sta che mi recai immediatamente a casa di questo
imprenditore a portare l’imbasciata del Di Fiore, limitandomi a dirgli che, così come mi era stato
detto, per ogni futuro lavoro doveva prima passare da Pasquale “o cafone” Egli non replicò e ci
salutammo cordialmente. Sono ritornato poi da Di Fiore Pasquale a dirgli che avevo provveduto
a quanto mi era stato chiesto di fare. Uscendo dalla casa del Di Fiore mi recai al quagliodromo
di Acerra, per vedere una gara che si stava svolgendo. Qui ricevetti sul mio cellulare una
chiamata del Di Fiore il quale mi chiese: “Ma che cosa hai combinato a casa di Mimmo
“Frubbicella”? Hai chiamato ricchione Nolano?” La cosa evidentemente mi colse di sorpresa,
perché assolutamente falsa e lo dissi al Di Fiore. Questi in maniera sibillina replicò: “Va bene,
vuol dire che te lo vedi tu. Fatti le cose tue”. Non le nascondo che mi preoccupai, anche se non
diedi molto peso alla cosa. Quel pomeriggio mi recai nella mia masseria in c.da Frassitiello di
Acerra, per portare da mangiare ai miei cani. Lungo la strada incrociai Pasquale Scudiero e suo
padre Aniello, che io ben conosco e che so essere persone legate a Nolano Salvatore, i quali
mi vennero incontro appena scesi dalla mia macchina. Allungai la mano come per salutarli, ma
all’improvviso Aniello una pistola puntandomela contro, mentre il figlio Pasquale cominciò a
colpirmi violentemente con una serie di pugni alla nuca ed al volto. Mi riempi di mazzate e non
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sapevo come sottrarmi a quella imprevista aggressione. Sempre puntandomi la pistola mi
fecero salire sulla loro macchina, una Opel Astra ultimo modello, di colore blu, e mi condussero
su un cantiere nei prssi della zona industriale, dove Pasquale Scudiero fa il guardiano notturno.
Qui mi fecero scendere dalla macchina e Paquale, dopo aver tirato fuori un martello da
muratore dal cofano, cominciò a colpirmi alle ginocchia ed alla schiena. Mentre venivo percosso
sopraggiunse a bordo di un fuoristrada di colore nero, ultimo tipo, Mimì “Frubbicella” che era
stato contattato telefonicamente da Pasquale Scudiero mentre ci spostavamo in macchina.
Quando questi arrivò si limitò a dire, in maniera fredda: “Ordine di Salvatore Nolano: questo si
deve uccidere”. Appena udii quelle parole, nonostante fossi indolenzitio, non so come, mi alzai
di scatto e mi diressi giù ad un fossato che era lì vicino per risalire dalla parte opposta e
dileguarmi nelle campagne circostanti. Mentre facevo ciò udii distintamente l’esplosione di più
colpi di pistola al mio indirizzo. Era Aniello Scudiero che mi sparava dietro. La pistola era una
cal. 38. Raggiunsi la mia macchina, che era a circa 100-150 metri da dove era avvenuto il tutto
e raggiunsi di corsa casa mia. A mia moglie che mi vide tutto insanguinato dissi di avere avuto
un incidente stradale. Altrettanto feci con i medici del pronto soccorso dell’ospedale di
Maddaloni, dove mi feci accompagnare da mia moglie. Vi produco la documentazione sanitaria
che mi ha rilasciato l’ospedale. Lì ho fatto delle radiografie anche alla nuca, alla schiena, al
torace ed al ginocchio. Quando andammo via dall’ospedale, mia moglie mi chiese cosa in realtà
era successo, perché non aveva creduto alla storia dell’incidente”.
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