1 Luca Margaritelli, Amministratore Delegato di Compagnia Italiana

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1 Luca Margaritelli, Amministratore Delegato di Compagnia Italiana
Luca Margaritelli, Amministratore Delegato di Compagnia Italiana Rimorchi
L’aggregazione come fattore di competitività e sviluppo
Dopo aver ascoltato la testimonianza di un’importante multinazionale italiana, vi presenterò
l’esperienza di una media impresa del settore degli rimorchi per veicoli industriali, che ha
scelto la strada dell’aggregazione per superare i limiti posti alla competitività e allo sviluppo
da un’eccessiva frammentazione industriale.
Nel campo dei veicoli trainati il tema della frammentazione e della taglia critica sta acquisendo
un rilievo sempre maggiore, ulteriormente accentuato dalla forte contrazione che ha conosciuto
il nostro mercato negli ultimi anni.
Se in passato anche realtà di dimensioni ridotte potevano stare sul mercato, compensando le
minori economie di scala con una maggiore flessibilità, oggi non raggiungere una taglia minima
significa in molti casi non poter investire sufficientemente in ricerca e sviluppo, non accedere o
non riuscire a sfruttare le tecnologie di produzione più avanzate, non essere in grado di
sviluppare reti di distribuzione all’estero.
Compagnia Italiana Rimorchi è nata nel 2010 aggregando alcuni dei più importanti marchi italiani
tradizionalmente concorrenti tra loro – Viberti, Cardi e Merker – in un unico polo industriale che
rappresenta oggi in termini di volumi produttivi la maggiore realtà italiana del settore, con una
quota della produzione nazionale superiore al 20%, che sale a circa il 60% se ci riferiamo al solo
segmento del General Cargo.
Compagnia Italiana Rimorchi ha la particolarità di essere un caso di integrazione che si sviluppa
non solo per linee orizzontali, come raggruppamento di aziende produttrici di rimorchi, ma
anche in senso verticale lungo la filiera, con la partecipazione di un soggetto – il gruppo C.L.N. che è uno dei principali produttori italiani di parti in acciaio per l’industria automotive.
Il processo di aggregazione ci ha consentito una specializzazione dei siti produttivi per fase di
processo e tipologia di prodotto, lo sviluppo di piattaforme prodotto unificate e la condivisione
di componenti e sottoinsiemi tra i vari marchi, con un conseguente miglioramento in termini di
efficienza sia per noi, sia per i nostri fornitori. Il miglioramento riguarda anche la Ricerca &
Sviluppo, in cui diventa possibile investire di più e ottenere maggiori risultati, evitando inutili
duplicazioni.
1 Dal punto di vista commerciale l’obiettivo finale dell’operazione è quello di creare un soggetto
in grado da una parte di consolidare le proprie posizioni sul mercato nazionale, di fronte a una
concorrenza costituita essenzialmente da aziende estere aventi una taglia molto superiore, e
dall’altra di sviluppare progressivamente una presenza organica sui mercati esteri, facendo leva
sulle competenze di un’industria nazionale che vanta una forte tradizione in questo settore.
Vorrei ora descrivere il contesto di mercato in cui Compagnia Italiana Rimorchi si è trovata
ad operare in questi ultimi anni.
Il mercato dei rimorchi ha subito in misura molto marcata, ancora più rispetto al settore
dell’auto, gli effetti della crisi degli ultimi anni. Nel 2009 il mercato italiano dei rimorchi e
semirimorchi ha accusato una flessione superiore al 50%, con volumi di vendita precipitati a
8.300 unità, ed è riuscito a evitare un ulteriore calo nel 2010 grazie misure quali il fondo per
l’incentivazione all’acquisto disposto ad aprile – con una dotazione di 8 milioni di Euro, divisi tra
rimorchi e semirimorchi, utilizzabili fino ad esaurimento – e l’estensione dell’accesso al fondo di
garanzia per le aziende dell’autotrasporto ad operazioni di finanziamento connesse all’acquisto
di veicoli, prorogata fino a fine 2011.
Tra la fine del 2010 e i primi mesi del 2011 il mercato italiano, come il resto dell’economia,
sembrava mostrare i primi incoraggianti segnali di ripresa, salvo purtroppo conoscere un nuovo
ulteriore tracollo a partire dal secondo semestre 2011.
Il 2012 sarà ricordato come un anno terribile per il nostro comparto. La previsione di chiusura è
di 6.500 veicoli immatricolati, con un calo del 33% circa rispetto al 2011.
E’ un trend particolarmente grave se raffrontato a quello francese e a quello tedesco, per i
quali si prevede, nel 2012, un calo dell’8,5%1 e del 5%2 rispettivamente. Se per l’Italia, la
previsione di 6.500 unità immatricolate nel 2012 corrisponde a una flessione del mercato del 63%
rispetto ai livelli pre-crisi del 2007, per Francia e Germania la contrazione 2012 su 2007 si limita
rispettivamente al 38% e 18%.
Questo vuol dire che, fatto 100 il livello del 2007, mentre la Germania nel 2012 si è
attestata su un ancora sostenibile livello di 82, il mercato italiano è precipitato a 37.
Queste statistiche includono tutte le categorie di veicoli, compresi alcuni segmenti che sono
stati relativamente poco toccati dalla crisi, come i veicoli per il trasporto di beni alimentari
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Fonte: VDA, Associazione di categoria tedesca dell’industria automotive Fonte: FFC, Associazione di categoria francese dei costruttori di rimorchi 2 (isotermici) e i veicoli per il trasporto di rifiuti. Se restringiamo l’analisi alle tipologie di veicoli
destinate al trasporto generico (General Cargo, ovvero i classici centinati utilizzati soprattutto al
servizio dell’industria manifatturiera), possiamo rilevare contrazioni dell’ordine del 70-80%.
Di fronte a questo quadro, per le medie azienda come la nostra diventa vitale rafforzare la
capacità di penetrazione dei mercati esteri, guardando, in particolare, alle opportunità
offerte dai mercati a più alta crescita in Europa.
In questo momento uno dei Paesi più interessanti è la Russia, con un’economia in crescita, la
necessità di rinnovare il proprio parco per adeguarlo agli standard internazionali, e un’industria
nazionale ancora poco sviluppata in questo comparto.
Tenuto conto delle distanze, dei costi di logistica e delle barriere doganali in essere, è
irrealistico pensare di conseguire una presenza significativa in Russia tramite una semplice
esportazione del prodotto finito. Un progetto serio di penetrazione commerciale su questo
mercato passa necessariamente attraverso unità locali di assemblaggio finale del prodotto e
forse anche di assistenza post-vendita.
Si tratta di impegni, in termini di investimento ma anche di complessità (aspetti legali,
organizzativi, doganali), difficili da affrontare per un’azienda di medie dimensioni, una
situazione tipica in cui il deficit di taglia deve essere ovviato con soluzioni intelligenti e
concrete, attraverso forme di aggregazione e/o collaborazione.
Da questo punto di vista riteniamo meritevole di attenzione l’approccio strutturato del
cluster, in cui gruppi di imprese, operatori economici collegati e istituzioni, unendosi tra loro
raggiungono una scala sufficiente per lo sviluppo e la messa in comune di servizi, risorse, parco
fornitori e competenze specializzate, così da realizzare un contesto efficiente, competitivo, ma
soprattutto accessibile anche ad aziende di taglia media, per avviare attività di produzione, di
distribuzione e eventualmente anche di progettazione e sviluppo.
Per andare in questa direzione può rappresentare un aiuto proprio la realtà associativa, in grado
di proporre progetti rispondenti alle esigenze delle aziende associate presso i soggetti promotori
dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, ICE in primis.
In questa logica ritengo molto interessante il progetto, attualmente in corso di valutazione da
parte di ANFIA, di istituire un cluster di aziende nelle due maggiori aree della Russia in cui si
concentra la produzione automotive, iniziativa che potrebbe coinvolgere anche comparti
limitrofi, come quello delle due ruote e delle macchine agricole, con cui ANFIA già collabora in
3 FEDERVEICOLI, la federazione di settore delle associazioni nazionali dei Costruttori di veicoli e
componenti.
In ogni caso, se non vogliamo perdere un intero comparto produttivo – ricordiamo che oggi la
produzione nazionale nel settore dei rimorchi e semirimorchi copre quasi il 70% del fabbisogno
nazionale - dobbiamo anche preservare un livello minimo del mercato domestico.
Se il mercato italiano scende ulteriormente, l’industria nazionale del settore sparisce. E
quando, tra uno, due, o più anni, il mercato ritornerà su livelli più “normali”, non ci sarà più
un’offerta nazionale e la domanda sarà interamente soddisfatta dai produttori esteri, che in
questi anni hanno potuto contare su un mercato domestico che li ha sorretti.
Il clima recessivo, la stretta creditizia e l’impossibilità dello Stato, in questa difficile fase di
risanamento dei conti pubblici, di varare misure di incentivazione monetaria rischiano di
produrre un ulteriore deterioramento della crisi di mercato.
Evitare la deindustrializzazione del Paese e la delocalizzazione dei servizi di trasporto è
possibile, mettendo in atto misure che sono a costo zero per l’Erario, che premiano le
aziende produttrici che investono in nuove tecnologie e offrono veicoli più puliti e sicuri,
che avvantaggiano le aziende di autotrasporto che rinnovano il proprio parco.
L’esigenza di svecchiare l'ormai obsoleto parco circolante italiano dei rimorchi e semirimorchi è
largamente nota a tutti. L’età media del parco rimorchi che circola sulle nostre strade è di gran
lunga la più elevata tra i maggiori Paesi dell’Europa occidentale. Un numero su tutti: il 61% dei
veicoli trainati ha più di 10 anni di anzianità.3
ANFIA ha lavorato, negli ultimi mesi, su alcune proposte normative in grado di offrire risposte
adeguate e finanziariamente sostenibili a queste esigenze.
E’ stata presentata una proposta di modifica al Codice della Strada – da introdurre nel Disegno
di legge n°5361 in discussione in Parlamento, che auspichiamo possa terminare l’iter di
approvazione entro la fine di questa legislatura, che consentirebbe, a costo zero per l'Erario, di
premiare chi investe in sicurezza. La proposta emendativa andrebbe ad aumentare del 5% la
tolleranza sulla massa complessiva per quei convogli composti da trattore e semirimorchio,
ovvero da motrice e rimorchio, rispondenti alle ultime norme Euro e dotati della
strumentazione di sicurezza resa obbligatoria dalle direttive europee e dai corrispondenti
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Dati ACI sul parco circolante al 31.12.2011 4 regolamenti ECE ONU (si tratterebbe, dunque, di passare dall'attuale 5% di tolleranza di peso
già previsto dall' articolo 167 comma 5 del Codice della Strada, al 10%).
Un misura di questo genere darebbe un segnale forte al mercato e un impulso, seppur indiretto,
agli imprenditori che rinnovano il loro parco veicoli, investendo in mezzi nuovi ed efficienti pur
in un momento di grande difficoltà.
Esiste un'altra interessante opportunità: nell’ambito dei consueti fondi stanziati dalla
Finanziaria per il settore dell’autotrasporto (400 Milioni di euro per il 2013), si sta valutando
l’ipotesi di destinarne una parte all'acquisto di veicoli industriali (sopra le 19 tonn.) Euro VI
ed EEV per finanziare, almeno parzialmente, il differenziale di costo esistente tra i veicoli
Euro V e quelli più innovativi. A questa misura, se ne potrebbe affiancare una diretta al rinnovo
del parco rimorchi e semirimorchi, basandosi sui criteri di sicurezza già adottati per gli incentivi
2010 che, come accennato prima, hanno avuto un importante effetto di stabilizzazione del
mercato, con effetti positivi anche nell’anno successivo.
Sempre nell’ottica di un rilancio dell’industria nazionale, vorrei chiudere con un rapido
aggiornamento su un’iniziativa che ANFIA porta avanti ormai da qualche anno: il Progetto
DICIOTTO.
Nel 2008, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rilasciato ad ANFIA l’autorizzazione ad
effettuare in Italia una sperimentazione di autoarticolati con lunghezza incrementata a 18
metri, denominata “Progetto DICIOTTO”. La sperimentazione, che si affianca ad analoghe
iniziative avviate in altri Paesi dell’Unione europea, prevede attualmente una flotta di 32
autoarticolati in circolazione sul territorio nazionale per un periodo di 5 anni.
Lo scopo del progetto è valutare le prestazioni dei veicoli DICIOTTO in comparazione con i
tradizionali veicoli da 16,5 m in termini di convenienza economica, adattabilità al trasporto
combinato, logistica del trasporto, guidabilità, manovrabilità e sicurezza, per poter disporre di
evidenze statistiche in grado di supportare questa soluzione nelle discussioni, in sede
comunitaria, su masse e dimensioni dei veicoli industriali.
La Commissione europea, infatti, sta vagliando i possibili effetti di un eventuale aggiornamento
delle norme in materia sull’efficienza del trasporto, sulla sicurezza e sull’ambiente.
A ottobre 2012, sono stati presentati gli ultimi risultati della sperimentazione: i mezzi in
circolazione monitorati hanno percorso 4.770.000 km da maggio 2009 a giugno 2012. Durante
l’intera sperimentazione si è registrato un solo incidente, tra l’altro non riconducibile alle
5 dimensioni del rimorchio, e non si sono verificati problemi strutturali legati al layout
maggiorato.
Il riscontro delle aziende partecipanti alla sperimentazione è stato sostanzialmente positivo: da
parte dei responsabili del traffico si è registrato un incremento dell’efficienza del trasporto, con
margini di miglioramento in presenza di un maggior numero di mezzi DICIOTTO nella propria
flotta,
che
giustificherebbe
interventi
di
riorganizzazione
ed
ottimizzazione
calibrati
sull’aumentata volumetria del mezzo.
La configurazione dei veicoli DICIOTTO rappresenta, secondo ANFIA, una delle più promettenti
soluzioni per un trasporto sostenibile, che oltre a rispondere all’esigenza degli operatori di
aumentare la produttività del trasporto, favorisce la riduzione dei consumi, delle emissioni di
CO2 e della congestione stradale, e amplia le possibilità di integrazione tra diverse modalità di
trasporto.
Sulla base di queste premesse e degli ottimi risultati ottenuti in questi primi 3 anni, è in corso
di valutazione, insieme al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la possibilità di
proseguire la sperimentazione, con l’allargamento ad un parco più ampio di mezzi. Questa
espansione del progetto, infatti, fornirebbe una base statistica più significativa e consentirebbe
di allargare l’indagine dall’attuale livello di singolo veicolo a un livello di sistema.
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