Recensione The Revenant - Nardini
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Recensione The Revenant - Nardini
REVENANT – REDIVIVO – Essere potenti North Dakota, 1823. Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) – tenuto a perlustrare assieme ad un importante gruppo di esploratori come lui il fiume Missouri – viene improvvisamente aggredito da un grizzly. Credendolo morto, i suoi compagni lo abbandonano. Ma Glass riesce per miracolo a sopravvivere e avendo notato, quando era tra la vita e la morte, che uno dei suoi compagni, John Fitzgerald (Tom Hardy) aveva ucciso suoi figlio, decide di mettersi in marcia per ritrovare il suo nemico e vendicare il suo ragazzo. Sebbene la storia di Revenant-Redivivo sia assolutamente già vista e magari – se si esclude ciò che accade nel finale – anche un po’ prevedibile, Inarritu rimedia a tutto con le immagini. Eh sì, perché il suo nuovo film è un vero e proprio trionfo di estetica, tutto ciò che uno che ama la poesia delle immagini si sogna di andare a vedere in sala. Una pellicola perfetta (davvero) dal punto di vista visivo, che si vanta di essere tale grazie ai numerosissimi virtuosismi che il regista e il Chivo Lubezki (il direttore della fotografia) inseriscono. E lo spettatore rimane estasiato. Vedere Di Caprio con la bava alla bocca che affronta una cascata, l’attacco dell’orso, le interiora di un cavallo, le facce sporche degli attori, il fuoco, il sole, i temporali, la terra, sono solo alcune delle cose che vi colpiranno durante la contemplazione (perché di questo si tratta) dell’opera potentissima del cineasta messicano. E se il film non vi lascerà nulla, peccato. Vuol dire che non siete dei sognatori. Ed è raro che uno che non sa sognare si faccia per amica un sala cinematografica. Francesco Nardini