I Fasci di combattimento erano le sezioni del Partito nazionale
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I Fasci di combattimento erano le sezioni del Partito nazionale
I Fasci di combattimento erano le sezioni del Partito nazionale fascista ed erano coordinati da una Federazione provinciale costituita da tutti i Fasci compresi in una provincia, secondo il primo statuto (dicembre 1921) del Partito fascista, nel quale era confluita l’esperienza del movimento dei fasci di combattimento. Ogni fascio - si poteva costituire con almeno venti fascisti - aveva l’obbligo di costituire delle squadre di combattimento. L’organo esecutivo del Fascio era il Direttorio; il segretario politico era l’esecutore delle deliberazioni del Direttorio; il controllo finanziario era assegnato ai sindaci revisori. La Federazione era un organo intermedio tra la direzione del partito e i singoli fasci e aveva il compito di vigilare sullo svolgimento dell’azione politica e amministrativa dei singoli fasci; il fascio di combattimento di S. Giustina dipendeva dalla Federazione provinciale di Belluno. Anche i Fasci risentirono della curva accentratrice della politica fascista: dal 1926, ad esempio, il segretario federale nominava i segretari di tutti i fasci della provincia, che a loro volta sceglievano altri cinque camerati per formare il Direttorio del fascio. Tra questi veniva scelto il segretario amministrativo, che doveva tenere correttamente i libri contabili, compilare i bilanci preventivi e consuntivi da presentare annualmente all’esame e all’approvazione del collegio dei sinadaci. Federazioni e Fasci avevano capacità giuridica riconosciuta dalla l. 1310 del 14/6/1928, G.U. n. 145, giugno 1928, che la attribuiva a enti, associazioni e istituti promossi dal PNF -. Dal 1932 vennero costituiti presso ciascun Fascio di combattimento un Fascio giovanile di combattimento e un Fascio femminile. Il PNF, sciolto dopo il 25 luglio 1943, fu soppresso con r.d.l. 704, 2 agosto 1943 e liquidato dalla Ragioneria Generale dello Stato il 12 maggio 1944. Bibliografia Per il quadro generale si vedano A. AQUARONE, L’organizzazione dello stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp. 315-329, 386-392, 506-513, 518-529, 571-590; Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni archivistici, 1981, pp. 234235; P. POMBENI, Demagogia e tirannide. Uno studio sulla forma-partito del fascismo, Bologna, Il Mulino, 1984. Per il bellunese si vedano innanzitutto M. PALLA, Lo Stato-Partito, in Lo Stato fascista, a cura di M. PALLA, Firenze, La Nuova Italia, 2001, pp. 34-40, che analizza la situazione del fascismo a Belluno e in provincia, con dati tratti da V. BARATTIN, Il fascismo a Belluno e provincia, tesi di laurea, Università degli studi di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1996-1997, rel. prof. M. PALLA; F. VENDRAMINI, Indicazioni di fonti e di possibili ricerche sul periodo fascista, in Storia contemporanea del Bellunese, a cura dell’Istituto Storico Bellunese della Resistenza, Feltre, Pilotto, 1985, pp. 118-140; 1943-1945: Occupazione e resistenza in provincia di Belluno. I documenti, a cura dell’Istituto Storico Bellunese della Resistenza, Belluno, ISBREC, 1988; F. CORIGLIANO, Il dissenso durante il fascismo in una provincia veneta: Belluno, Belluno, ISBREC, 1991 (=Quaderno di protagonisti n. 4), ha analizzato documenti sui partiti disciolti dal fascismo e su singole persone schedate nei fascicoli nominativi del Casellario Politico Centrale dell’Archivio Centrale di Stato di Roma e documenti della Prefettura di Belluno; F. VENDRAMINI, Territorio provinciale: progetti di modifica in periodo fascista, in «Protagonisti», XVII (1996), n.66, pp. 3-16; F. VENDRAMINI, Gioventù fascista: Balilla e Piccole Italiane, in Bambini d’un tempo. Immagini dell’infanzia nel feltrino dal 1900 al 1950, a cura di F. PADOVANI, Belluno, Agorà, 2002, pp. 43-46.