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www.quaderniacp.it
bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della
A ssociazione
www.acp.it
C ulturale
P ediatri
ISSN 2039-1374
La redazione di “Quaderni acp” augura ai lettori, alle loro
famiglie e alle famiglie dei loro assistiti, un Felice 2012
n o v e m b r e - d i c e m b r e 2 0 1 1 v o l 18 n ° 6
Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forlì - Aut Tribunale di Oristano 308/89
La Rivista è indicizzata in SciVerse Scopus
Quaderni acp
Website: www.quaderniacp.it
November-December 2011; 18(6)
What will paediatric do once she grows up?
Paolo Siani
241 Editorial
Birth by cesarean section: is it different for newborn?
Gherardo Rapisardi
242 Forum
The Prevention of child abuse
Giuseppe Cirillo
Health Equity Audit:
a tool for a local action in health inequalities
Mauro Palazzi, et al.
245 Public health
When “side effects” are beneficial
Isabelle Robieux, Elisabetta Santin, Franco Colonna
254 Health care system
Cognitive-behavioral therapy in developmental age
Angelo Spataro
256 Mental health
Ulisse’s voyage
Fabio Sereni, Alberto Edefonti
257 Paediatricians among two worlds
258 Info
260 A close up on progress
The development of paediatric palliative care in
Paediatric Oncohematology: models and pathways
Veronica Leoni, et al.
Chickenpox: the effectiveness
of acyclovir in treatment and prevention
Ilaria Fontana, Cinzia Cucchi, Costantino Panza
Q uaderni
acp
bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici a cura della
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Paolo Siani
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Federica Zanetto
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Giuseppe Cirillo
Antonio Clavenna
Carlo Corchia
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Culturale
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QUADERNI ACP È PUBBLICAZIONE
ISCRITTA NEL REGISTRO NAZIONALE
DELLA STAMPA N° 8949
263 Scenarios
Programmazione Web
Relation as a tool of care
in newborns intensive care units
Lucia Aite
LA COPERTINA
“Libertà dal bisogno”, 1943, Norman Rockwell (1894-1978), olio su tela, 116x90 cm. Illustrazione per
il Saturday Evening Post del 6 marzo 1943. Stockbridge, Massachusetts, The Norman Rockwell Museum.
267 Around Narration
A case of eosinophilic gastroenteritis?
Antonio Pulella, et al.
270 Learning from a case
Born for Music iniziatives
Stefano Gorini
273 Musical-mente
A necrotic lesion of the scalp: what is TIBOLA?
Stefano Costa
274 Keep an eye on the skin
Management and identification of abuse:
the paediatrician’ s role
Red
276 Community corner
Harmful effects of traffic pollution
Laura Brusadin, Laura Todesco, Giacomo Toffol
277 Forasustainableworld
Measles: the eradication still a long way off
Franco Giovanetti
278 Vaccinacipì
A lifesaving intervention: Vitamin A in preschool
age children in countries with limited resources
Antonio Clavenna, Filomena Fortinguerra, Daniele Piovani
279 Farmacipì
280 Books
282 Movies
283 Born to read
Promotion of reading: the paediatrician’s role
Costantino Panza, Anna Maria Davoli
286 Meeting synopsis
287 Letters
288 Index (2011)
Gianni Piras
© ASSOCIAZIONE CULTURALE PEDIATRI
ACP EDIZIONI NO PROFIT
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Scopi, Metodi, Risultati, Conclusioni (Aims, Methods, Results, Conclusions). I casi clinici sono inseriti nella rubrica “Il caso che
insegna”. L’articolo va strutturato in: La storia, Il percorso diagnostico, La diagnosi, Il decorso, Commento, Cosa abbiamo imparato
(Si veda Quaderni acp 2009;16:67-69). Tabelle e figure vanno poste in fogli separati al di fuori del contesto dell’articolo. Vanno
numerate, titolate e richiamate nel testo in parentesi tonde (figura 1, tabella 1) secondo l’ordine in cui vengono citate. Tabelle e figure
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non fosse disponibile alla riduzione deve specificarlo nel testo. Bibliografia. Si pregano gli AA di essere attenti alle citazioni. In linea
di massima, e salvo casi speciali, le voci bibliografiche citate non possono superare il numero di 12. Il modello della rivista è il Vancouver style. Le voci vanno elencate in ordine di citazione, tutte in caratteri tondi e con i titoli conformi alle norme pubblicate nell’Index
Medicus (Cognomi; Iniziali nomi con virgola; Titolo; Rivista; Anno; Volume: Pagine. Per la punteggiatura si veda sotto l’esempio:
1) Corchia C, Scarpelli G. La mortalità infantile nel 1997. Quaderni acp 2000;5:10-4.
Nel caso di un numero di Autori superiore a tre, dopo il terzo va inserita la dicitura et al. Le eventuali note vanno numerate a parte
e indicate nel testo (nota 1). Per i testi, o comunque per i libri, vanno citati l’Autore o gli Autori secondo la indicazione di cui sopra,
il titolo, la città dell’editore seguita dai due punti, l’editore, l’anno di edizione. La pagina può essere citata a giudizio del citante.
Si veda l’esempio:
2) Bonati M, Impicciatore P, Pandolfini C. La febbre e la tosse nel bambino. Roma: Il Pensiero Scientifico Ed. 1998.
Qualora si voglia citare un singolo capitolo del testo lo si citerà con il nome dell’autore del capitolo inserito nella citazione del
testo. Si veda sotto.
3) Tsitoura C. Child abuse and neglect. In Lingstrom B, Spencer N. Social Pediatrics. Oxford University Press 2005
Il numero d’ordine della citazione bibliografica va inserito tra parentesi quadre nel testo. Per esempio nel caso delle tre voci
sopraindicate [1-2-3]. Le citazioni vanno contenute il più possibile per non appesantire il testo e devono essere pertinenti e aggiornate agli ultimi anni. Della letteratura grigia (di cui va fatto un uso limitato) vanno citati gli Autori, il titolo, la sede, chi ha editato
l’articolo e l’anno di edizione. Per la sicurezza del ricevimento, salvo altre indicazioni, gli articoli vanno inviati esclusivamente a
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Percorso di valutazione. I lavori pervenuti vengono sottoposti alla valutazione della redazione e/o a revisori esterni che operano seguendo un format consolidato e validato. I revisori sono ciechi rispetto agli Autori degli articoli. Gli AA sono ciechi rispetto ai
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designato, provvede a trasferirlo a referee esterni mantenendo la cecità oltre che per l’Autore anche per l’intera redazione. La redazione trasmetterà agli AA il parere dei revisori. In caso di non accettazione del parere dei revisori gli Autori possono controdedurre.
È obbligatorio dichiarare l’esistenza o meno di un conflitto d’interesse. Ci sono varie forme di conflitti, i più comuni si manifestano
quando un autore o un suo familiare hanno rapporti finanziari o di altro genere che potrebbero influenzare la scrittura dell’articolo.
La sua eventuale esistenza non comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione dell’articolo. La dichiarazione consente alla
redazione (e, in caso di pubblicazione, al lettore) di esserne a conoscenza e di giudicare quindi con cognizione di causa quanto contenuto nell’articolo. Nel caso gli autori dichiarino l’assenza di un conflitto di interesse la formula adottata è “Non conflitti di interesse
da parte degli Autori”. Varie. Per articoli e contributi, anche se richiesti dalla redazione, non sono previsti compensi. Non si forniscono estratti, né copie. La rivista è online e gli articoli possono essere derivati e stampati da questa versione in formato pdf. Si ricorda agli AA che in una rivista che si occupa di bambini non vengono accettati termini come “soggetti”, “minori”, ”individui”, ma sono
preferiti bambini, ragazzi o persone.
Quaderni acp 2011; 18(6): 241
Cosa vuol fare la pediatria
da grande?
Paolo Siani e il Consiglio direttivo dell’ACP: Carlo Corchia, Maria Francesca Siracusano, Enrico Valletta, Chiara Guidoni, Augusto
Biasini, Aurelio Nova, Maria Luisa Zuccolo, Giuseppe Cirillo, Mario Narducci, Stefano Gorini, Giuseppe Primavera, Tomaso Montini
Sono trascorsi due anni dalla mia elezione, un tempo trascorso molto velocemente. Insieme al direttivo con cui ho condiviso ogni scelta, ho cercato di aprire
l’Associazione al contributo di tutti;
sono state attivate molte connessioni con
altre società scientifiche e con organizzazioni no profit. Per la prima volta siamo
riusciti a organizzare, grazie al contributo di Giorgio Tamburlini, una tavola rotonda su Early Childhood Development
insieme alla Società Italiana di Pediatria.
Abbiamo anche ospitato, durante il nostro Congresso nazionale, il Congresso
della Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche (SISIP). I gruppi
di lavoro hanno presentato ai soci riuniti
in assemblea le attività svolte e quelle in
cantiere. Il direttivo, con i suoi nuovi
componenti, A. Biasini, G. Cirillo, A.
Nova, M. Zuccolo, tenendo conto della
discussione che ne è seguita, deciderà
quali portare avanti. La newsletter “Appunti di Viaggio” (AdV), una delle novità introdotte con la mia presidenza, e
realizzata grazie al coordinamento di
Maria Francesca Siracusano, ci è giunta
puntuale ogni mese e ha raccontato le
tante attività che si svolgono nei gruppi
ACP al Nord e al Sud. Per avere una precisa percezione della vivacità dell’ACP e
delle attività che i gruppi portano avanti
spesso lontano dai riflettori, sfogliate on
line dal nostro sito le pagine di “AdV”:
rimarrete sorpresi, positivamente sorpresi. Sul numero di ottobre di “AdV” avete
letto il resoconto del congresso e i commenti di alcuni dei congressisti. Qui vi
diciamo che è stato un buon congresso,
molto bene organizzato dal gruppo romano insieme al direttivo e che l’intervento
di apertura del senatore Marino è stato
molto apprezzato ed è apparso in linea
con le idee e le attività dell’ACP. Ignazio
Marino ha parlato di lotta alle disuguaglianze, di disomogeneità dell’offerta
sanitaria nel nostro Paese, di terapia del
dolore (“dobbiamo essere orgogliosi del
fatto che c’è una specifica attenzione in
Italia agli 11.000 bambini che ogni anno
nel nostro Paese soffrono di dolore cronico”), delle significative differenze territoriali sull’uso di oppiacei negli ospe-
dali, di salute mentale e di passione per il
proprio lavoro: la vera spinta che, secondo noi, può dare luogo a cambiamenti
veri e duraturi*. Siamo tutti consapevoli
che una crisi terribile sta attraversando il
mondo intero e l’Italia è travolta da un
debito fuori controllo e da una disoccupazione giovanile a livelli preoccupanti,
e non si può negare che anche la pediatria stia attraversando una fase critica.
Poche ormai le malattie acute, quelle che
ci è stato insegnato a trattare meglio,
molte quelle croniche e invalidanti, che
sappiamo curare meno e che richiedono
capacità di interazione e comunicazione
con altri professionisti portatori di diverse competenze e con differente formazione. Il numero dei pediatri si sta assottigliando e dobbiamo iniziare a porci le
domande: “Come sarà la pediatria da qui
in avanti? Di quanti pediatri generalisti
avremo bisogno e quanti nelle specialità
pediatriche? Quali dovranno essere? E
ancora, toccherà ai pediatri occuparsi dei
diritti dei bambini? Qualcuno si occuperà dei diritti della famiglia e non solo
di quelli dei bambini? È connaturato al
ruolo del medico, alle sue conoscenze
prevalentemente biologiche e alla sua
formazione occuparsi allo stesso tempo
del bambino, della famiglia e dell’ambiente? E potremmo aggiungere del
sostegno alla genitorialità?”.
Io non ho ancora una risposta certa ma
so, per esempio, che il laboratorio di lettura che ho fortemente voluto nel reparto
ospedaliero che dirigo “fa bene” ai bambini ricoverati e alle loro mamme, e fa
bene agli operatori. Può questa essere
considerata solo una distrazione dal mio
compito principale di medico?
Noi pensiamo che la pediatria, oltre a
prescrivere l’aerosol per la bronchite e il
paracetamolo per la febbre, potrebbe iniziare a fare anche interventi di sostegno
alla genitorialità perché ci sono le prove
che questo serve concretamente, e sappiamo che i legami affettivi e relazionali che
si costruiscono nei primi anni di vita hanno un riflesso positivo nel tempo lungo.
Interroghiamoci su cosa voglia fare la pediatria da qui in avanti, facciamolo singolarmente e come associazione, chiedia-
mo: ai pediatri di comunità se partecipare
a programmi di sostegno alla genitorialità
serva e stia dando frutti; ai pediatri di famiglia se il loro ruolo sia ancora adeguato ai tempi; agli ospedalieri se servano ancora tanti reparti di pediatria sottoutilizzati. Noi possiamo provare a dare stimoli e
contributi culturali senza pregiudizi.
Riteniamo che la chiave di volta sia una
solida formazione scientifica, indispensabile per essere un bravo medico, ma
che sia indifferibile una nuova organizzazione territoriale indirizzata prioritariamente alla continuità delle cure, all’integrazione intra-sanitaria e socio-sanitaria, affinché i pediatri di famiglia, ospedalieri e di comunità possano fare una
buona pediatria e rispondere in modo appropriato ed efficace ai bisogni veri dei
bambini e delle famiglie. Che sono, e
sempre di più saranno, la disabilità, le
patologie croniche, il disagio e l’esclusione psico-sociale. Di questo ci dovremo inevitabilmente e sempre di più occupare nei prossimi anni.
Crediamo che sia utile lavorare per sviluppare un nuovo modello organizzativo,
integrato con i servizi ospedalieri e territoriali, anche per portare avanti percorsi
di promozione della salute che, implicando la partecipazione, diventano di fatto
percorsi anche di rivendicazione di diritti e contrasto alle disuguaglianze, il che è
“politica” nel senso più alto della parola.
Il nucleo familiare è chiaramente il riferimento primario e l’organizzazione integrata dei servizi non può essere altro che
un sistema di servizi per la famiglia di
cui il pediatra è una parte.
Tutto questo (lavoro integrato, promozione della salute) purtroppo attualmente
non è presente nella formazione del medico e del pediatra. Che fa l’università?
Su tali temi, non facili, la presidenza e il
nuovo direttivo vogliono iniziare una
riflessione e proveranno a farlo con
chiunque abbia a cuore l’interesse vero
dei bambini e delle famiglie.
Se non ora, quando? u
[*] Sul sito www.acp.it la trascrizione integrale dell’intervento a cura della nostra addetta stampa.
Per corrispondenza:
Paolo Siani
e-mail: [email protected]
241
Quaderni acp 2011; 18(6): 242-244
La nascita da taglio cesareo:
è diverso per il neonato?
Gherardo Rapisardi
SC Pediatria e Neonatologia Ospedale “S. M. Annunziata”, Bagno a Ripoli (FI)
Continua in questo numero il “forum” sul taglio cesareo. Dopo aver parlato dell’epidemiologia e dei motivi che possono giustificare il ricorso sempre più frequente e diseguale a questa modalità di nascita, andiamo a vedere se per il feto/neonato è indifferente nascere con parto spontaneo o con taglio cesareo. Abbiamo chiesto un contributo su questi aspetti a Gherardo Rapisardi,
responsabile della SC Pediatria e Neonatologia dell’Ospedale “S. M. Annunziata” di Bagno a Ripoli (FI). Gherardo Rapisardi,
pediatra e neonatologo, è anche direttore del Centro “Brazelton” di Firenze e ha prodotto, nel corso della sua attività, fondamentali contributi per la promozione della salute del neonato e del bambino e per la valutazione neuroevolutiva e relazionale nei
primi anni di vita. Come al solito i commenti dei lettori sono i benvenuti e possono essere inviati collegandosi al sito
www.quaderniacp.it e accedendo al link “forum”, sezione “taglio cesareo”, oppure direttamente al mio indirizzo di posta
elettronica ([email protected]). (Carlo Corchia)
Parole chiave Taglio cesareo. Neonato.
Età gestionale
Sentiamo oggi dire da più parti che il taglio cesareo d’elezione (TCE) prima del
travaglio, anche su richiesta materna, potrebbe evitare le “fatiche e i rischi” del
travaglio per il feto. Purtroppo questa affermazione superficiale e scorretta sta
facendo presa in parte dell’opinione pubblica e anche tra qualche operatore sanitario.
Sappiamo invece che il feto sano, se potesse scegliere, non vorrebbe nascere da
TC, per una serie di motivi che sono
sempre più conosciuti dalla moderna perinatologia [1].
Rimando all’articolo di S. Donati per l’epidemiologia e le cause del grande aumento ubiquitario dei TC (Quaderni acp,
2011;5:202-5) e alla review pubblicata
sul sito di SaPeRiDoc del CeVEAS di
Modena per le evidenze sugli effetti del
TC sulla madre (aumento di mortalità e
morbilità, spesa sanitaria e insuccessi
nella successiva gravidanza) (http://
www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBL
OB.php/L/IT/IDPagina/200).
Durata media della gravidanza
L’aumento della medicalizzazione del
parto, tra cui il ricorso al TCE, ha provocato negli ultimi venti anni un anticipo
del termine medio della gravidanza, con
un incremento sia delle nascite tra le
34-36 settimane (late preterm) che tra le
37-38 settimane (early term) rispetto a
quelle tra le 39-41 settimane.
Questo dato è preoccupante perché è
noto che la mortalità e la morbilità neo-
natale aumentano al diminuire della e.g.,
non solo per i pretermine, ma anche per
le nascite a termine tra le 37-38 settimane rispetto a quelle tra le 39-41 settimane, indipendentemente dalla modalità del
parto [2].
Recentemente è stato dimostrato come il
bisogno di educazione speciale a scuola
si riduca in modo costante con l’aumentare dell’e.g. anche da 37 a 41 settimane,
per cui i nati tra le 37-39 settimane hanno
un maggior rischio di educazione speciale a scuola rispetto ai nati di 40-41 settimane [3]. Ciò è stato correlato al fatto
che la maturazione del SNC continua in
utero fino a 40-41 settimane, per cui tutte
le pratiche che ingiustificatamente anticipano la data del parto, come anche i
TCE, possono comportare un disturbo a
tale maturazione [4].
Dati i rischi per la salute neonatale dei
TCE in assenza di travaglio, dal 2004 è
stato raccomandato, a livello internazionale, che in assenza di precise indicazioni mediche il TCE non avvenga prima di
39 settimane [5]. Molte le conferme recenti dei danni per la salute neonatale di
TCE a 37 o 38 settimane, così come le
proposte di strategie per ridurre il ricorso
a tale pratica prima di 39 settimane [6-7].
Quest’anno negli USA il NICHHD e la
Society for Maternal-Fetal Medicine
hanno emanato delle raccomandazioni,
basate sulle evidenze disponibili e sul
consensus tra esperti, sul momento migliore per terminare una gravidanza in
presenza di patologie placentari, materne
e/o fetali, nonché sulle principali questioni aperte che dovranno essere oggetto di future ricerche [8].
In sintesi è oggi ampiamente dimostrato
e condiviso che la riduzione della durata
della gravidanza riferibile a TCE è una
pratica che comporta dei rischi per la
salute neonatale e che pertanto andrebbe
evitata.
In assenza di patologie o rischi materni/fetali, quali sono per il feto e il neonato le differenze tra il nascere da TC d’elezione o da un parto spontaneo (PS) vaginale a termine di gravidanza? Vediamo
prima i pochi potenziali vantaggi del
TCE e quindi esamineremo i molti effetti positivi del parto vaginale sulla salute
a breve e lungo termine.
La possibile riduzione del rischio
con il TCE
Il PS vaginale a termine può associarsi a
complicanze legate alla protrazione del
tempo o a sofferenze in travaglio e nel
parto.
Uno studio USA ha cercato di quantificare la possibile riduzione di patologia se
tutti i neonati nascessero da TCE a
39 settimane, prendendo in considerazione: lesione ostetrica del plesso brachiale,
che si associa a macrosomia, distocia di
spalle e presentazione podalica, encefalopatia ipossico ischemica (EII) grave o
morte, morti fetali intrauterine, che aumentano con l’e.g. [9]. Gli autori affermano, però, che, nonostante la possibile
riduzione di EII da TCE, non c’è alcuna
evidenza che ciò sia protettivo verso gli
esiti neurologici a distanza (quali paralisi cerebrali infantili, associate o meno a
disabilità mentale e/o epilessia).
Inoltre, in questo studio, la riduzione della patologia neonatale presa in conside-
Per corrispondenza:
Gherardo Rapisardi
e-mail: [email protected]
242
forum
forum
razione viene calcolata confrontandola
con una incidenza media e non viene esaminato il possibile effetto che un miglioramento della sorveglianza e della promozione della salute fetale in travaglio
potrebbe avere nella riduzione di tali esiti
sfavorevoli.
La considerazione che la prevalenza di
tali esiti è sensibilmente diversa a seconda dei luoghi di nascita implica che la
prima azione da intraprendere sia quella
indirizzata a un miglioramento assistenziale per ridurre gli esiti negativi e non
certo a un aumento dei TCE, pratica che
comporta non pochi rischi per la madre e
il neonato.
Per quel che riguarda il parto podalico a
termine il Term Breech Trial ha mostrato
un aumento di mortalità e morbilità perineonatali nei PS rispetto ai TCE, per cui
attualmente in caso di presentazione
podalica a termine è indicato un TCE
[10-11]. A due anni di età però è stato
visto che non vi erano differenze nei due
gruppi relativamente all’outcome neurologico e, inaspettatamente, è stato trovato un aumento significativo di patologia
pediatrica (respiratoria, gastroenterica,
allergica…) nei nati da TCE (oggi sappiamo che ciò è correlato agli aspetti
immunologici associati alle modalità del
parto; vedi oltre). Una metanalisi Cochrane conclude che il TCE nel parto podalico a termine riduce la patologia neonatale, ma con un aumento del 30% della
patologia materna [12].
In sintesi, il TCE ha pochi potenziali effetti positivi, con vantaggi a lungo termine ancora non dimostrati, associati peraltro a un sensibile aumento di patologia
materna e neonatale, per cui non ci sono
motivi per promuoverlo.
Benefici del parto per via vaginale
rispetto al TC
L’inizio del travaglio è sotto il controllo
fetale (secrezione di ossitocina dall’ipofisi fetale) ed è accompagnato da una
marcata attivazione ormonale (catecolamine, ossitocina, prolattina, endorfine,
cortisolo ecc.) che facilita la progressione del travaglio, il parto e il postpartum,
sia per la madre che per il feto.
Alla nascita le principali differenze tra
nati da TC e da parto vaginale sono molteplici, con possibili effetti a breve e
lungo termine.
Quaderni acp 2011; 18(6)
Adattamento respiratorio
Nel TCE pre-travaglio sono più frequenti le difficoltà respiratorie (RDS, pneumotorace, tachipnea transitoria, ipertensione polmonare). Nei nati a termine tale
rischio è più che doppio a 37-38 settimane rispetto ai nati a 39-41 settimane.
I più alti livelli di catecolamine neonatali stimolati dal travaglio fanno sì che la
compliance polmonare sia migliore; facilitano il riassorbimento del liquido
alveolare e la produzione di surfactante.
Rispetto al PS il rischio di problemi
respiratori è 6,9 maggiore nel nato da
TCE e 2,8 maggiore nel nato da TC a travaglio iniziato [13].
Nel TCE, anche in presenza di una dimostrata maturità polmonare fetale, permane un rischio aumentato di outcome neonatali sfavorevoli nei nati a 36-38 settimane rispetto a quelli di 39-40 settimane
(OR 1,7); il rischio è ancora maggiore
per alcune patologie prese singolarmente, tra cui RDS (OR 7,6), ittero che necessita di fototerapia (OR 11,2) e ipoglicemia (OR 5,8) [14].
Discusso è l’effetto della somministrazione di corticosteroidi per promuovere
la maturazione di surfactante prima di
un TCE effettuato dopo le 34 settimane
di e.g.
Adattamento endocrinologico,
termico e glicemico
Nel cordone ombelicale dei nati per via
vaginale ci sono livelli più elevati di prolattina, cortisolo, adrenalina e noradrenalina, più bassi livelli di TSH [15]. Nei
nati da TC nelle prime ore sono presenti più bassi livelli di T4 e T3 (non si
verifica il picco di T3 poche ore dopo la
nascita).
La temperatura è più elevata e si mantiene meglio ai livelli fisiologici nei nati da
PS rispetto ai nati da TC in travaglio ed è
migliore in questi rispetto ai nati da TCE.
In questi ultimi vi è un minor aumento di
noradrenalina, cortisolo, ormoni tiroidei
e una minore attività simpatica nei primi
30’, oltre a una minore attività termogenetica del grasso bruno neonatale. Inoltre
i livelli glicemici sono mediamente inferiori [16].
Adattamento cardiocircolatorio,
trasfusione placentare e coagulazione
L’anestesia può associarsi a ipotermia e
ipotensione. La pressione sistemica dei
nati da TC è inferiore rispetto a quella
dei nati da parto vaginale [17].
La fisiologica trasfusione placentare, che
al momento della nascita fa sì che 20-35
cc/kg di sangue passino dalla placenta al
neonato, è minore nei TCE rispetto a un
parto per via vaginale. È noto che una
minore trasfusione placentare, riducendo
i depositi di ferro, può facilitare l’insorgenza di anemia sideropenica a un anno
di età.
I livelli di plasminogeno e fibrinogeno
sono più elevati nei nati da parto vaginale che in quelli nati da TC (per lo stress
del travaglio) [18].
Adattamento immunologico
Il travaglio ha effetti favorevoli sullo sviluppo immunitario. Nei nati da TC ci
sono ritardo e alterazione nella colonizzazione batterica intestinale (cruciale per
lo sviluppo della tolleranza orale e per lo
stimolo allo sviluppo immunitario precoce extra-uterino), diminuzione del numero dei neutrofili e delle cellule natural
killer, aumento dei livelli di IL-13 e di
IFN-γ, mentre nel PS vi è un aumento di
IL-10. Si ritiene che ciò sia dovuto allo
stimolo del travaglio e/o a una diversa
esposizione a specifici microbi alla
nascita [19].
Questi fattori possono alterare lo sviluppo del rapporto tra Th1 e Th2, con conseguente maggior rischio di sviluppare
atopia, in quanto lo sviluppo della tolleranza orale è di stimolo alle attività Th1
e inibisce la IL-10 e il TGF-β e quindi le
attività Th2.
Questi meccanismi, assieme alla modificazione epigenetica dell’espressione genica da parte degli ormoni attivati in travaglio, sono probabilmente alla base dei
numerosi effetti positivi a medio e lungo
termine sulla salute correlati alla nascita
per via vaginale [20-24].
In sintesi, nei nati da TC è stata infatti
documentata una maggiore incidenza di:
– asma allergico (+20% circa);
– allergie a cibi e rinocongiuntivite
(dubbio);
– diabete tipo 1 (+20% circa);
– obesità e, nell’animale, steatosi epatica;
– ospedalizzazione per asma e gastroenteriti;
– patologia pediatrica infettiva nei primi
3-6 anni di vita;
– celiachia (lieve).
243
forum
Adattamento neurocomportamentale
e relazionale
Nel nato da PS nei primi 2 giorni di vita
il sonno è più stabile, con meno transizioni tra sonno e veglia, più sonno leggero e singoli periodi di sonno più brevi.
Il nato da TC manifesta minore iniziativa
a livello posturo-motorio e comportamentale, sia per gli effetti dell’anestesia/analgesia materna che per il diverso
stato neuroendocrino dovuto alla mancanza del travaglio. I primi contatti con
la madre sono meno attivi, potendo
disturbare il processo del “bonding” e
l’instaurarsi dell’alimentazione al seno.
La relazione madre-neonato si instaura
più lentamente, ancora a un mese vi sono
meno periodi di contatto occhio-occhio
tra madri e neonati e a un anno le madri
che hanno subito un TC d’urgenza riferiscono maggiore incertezza sulle loro
capacità di accudire il bambino (maggiori difficoltà nell’adattarsi alla nascita e al
ruolo genitoriale), senza che, tuttavia, vi
siano significative differenze tra i bambini in termini di comportamento generale
e di sviluppo psicomotorio [25].
C’è un imprinting
della modalità del parto?
Infine, una domanda a cui non sappiamo
ancora dare una risposta precisa: può
esserci un effetto della modalità in cui
una madre è nata sulla sua futura capacità di partorire? C’è solo uno studio che
mostra come le madri nate da parti traumatici (forcipe) o da TC abbiano più probabilità di partorire a loro volta con parti
operativi, ciò che gli Autori interpretano
come predisposizione familiare su base
genetica [26].
Credo che sarebbe invece interessante
capire, per gli effetti che ciò potrebbe
provocare sulla capacità di partorire
delle future generazioni, se di per sé l’esperienza del travaglio e della nascita (a
livello neuropsicoendocrinoimmunologico) possa condizionare i sistemi recettoriali di neurotrasmettitori centrali con
effetti a distanza, facendo sì che una
donna nata senza l’esperienza del travaglio e del parto per via vaginale abbia poi
più difficoltà a partorire per via naturale.
244
Quaderni acp 2011; 18(6)
Conclusione
In conclusione disponiamo oggi di evidenze e conoscenze per affermare che vi
è una profonda differenza nell’adattamento neonatale e materno tra il nato per
via vaginale e quello per TC, specie in
assenza di travaglio. Vi è un chiaro effetto di promozione di salute da parte del
parto spontaneo per via vaginale, sia a
breve che a lungo termine. Ciò deve
essere ben conosciuto dagli operatori
sanitari e comunicato correttamente alle
madri, riservando il TC solo in presenza
di giustificati motivi medici per ottenere
un comprovato guadagno nella salute
materna e/o neonatale. u
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Quaderni acp 2011; 18(6): 245-249
La prevenzione del maltrattamento
Giuseppe Cirillo
Servizio di Programmazione, Dipartimento Socio-Sanitario ASL Napoli centro, responsabile scientifico del Programma “Adozione Sociale”
Abstract
The Prevention of child abuse
Paediatricians and health workers in general are found to have early contact with
their families. These contacts can make it clear early in the family risk factors and protective factors in relation to child abuse. Since the abuse is preventable, it is necessary
for pediatricians and practitioners involved in community programs to support families, are aware of the risk and protective factors attributable to the children, the parents, the environment, in order to deploy all the actions and effective tools for prevention.
Quaderni acp 2011; 18(6): 245-249
Key words Child abuse and neglect. Prevention. Home visiting
I pediatri e gli operatori sanitari in generale hanno contatti precocemente con le famiglie. Questi contatti possono rendere evidente, anzitempo, i fattori di rischio e protettivi in relazione al maltrattamento nei bambini. Poiché l’abuso è prevenibile, è necessario che i pediatri e i medici di famiglia coinvolti in programmi comunitari di sostegno alle famiglie siano consapevoli dei fattori di rischio e di quelli protettivi relativi
al bambino, ai genitori, all’ambiente, al fine di implementare tutte le azioni necessarie per la prevenzione.
Parole chiave Abuso e maltrattamento del bambino. Prevenzione. Visite domiciliari
Si veda anche a p. 276
Premessa e definizioni
In generale l’attenzione degli studiosi e
degli operatori è indirizzata ai bambini e
alle loro famiglie, dopo che i bambini
sono stati maltrattati; pochi hanno studiato e approfondito quando e come il
maltrattamento (fisico, sessuale, psicologico, trascuratezza, fallimento della
supervisione) possa essere individuato
prima che vada all’attenzione dell’autorità giudiziaria [1-2]. Mentre le tradizionali risposte aiutano a prevenire la ricorrenza del maltrattamento quando si sia
già verificato, un nuovo framework,
piuttosto che identificare i fattori di
rischio per il maltrattamento e i problemi
delle carenze del caregiver, potrebbe
focalizzarsi sui fattori protettivi sia dell’ambito familiare che sociale, per sostenere le abilità dei genitori nei compiti di
cura, eventualmente indirizzando il target della prevenzione verso i bambini e
le famiglie più vulnerabili.
Gli sforzi della prevenzione vanno focalizzati sui bambini, sulle famiglie, sulle
comunità. Ci sono diversi approcci alla
prevenzione: i programmi di educazione
dei genitori per migliorare le cure che i
bambini ricevono nelle loro case, gruppi
di supporto per ridurre i comportamenti
negativi dei genitori, programmi di
home-visiting che forniscono servizi alle
famiglie vulnerabili e programmi di tipo
comunitario che coordinano i servizi di
prevenzione e il capitale sociale di supporto alle famiglie.
I fattori di rischio
Molti e disparati fattori possono combinarsi perché un bambino sia maltrattato o
trascurato [3]. Usando un modello ecologico come contesto per valutare il rischio, alcune caratteristiche del bambino, dei genitori e dell’ambiente possono
mettere un bambino a rischio di maltrattamento: per esempio, per il bambino
difficoltà emozionali/comportamentali,
le malattie croniche, le disabilità fisiche
e dello sviluppo, la nascita pretermine,
essere non voluti o non pianificati; per i
genitori la bassa stima di sé, lo scarso
controllo degli impulsi, l’abuso di sostanze/alcol, la giovane età della madre o
del padre, l’essere stati abusati da bambini, la depressione o altre malattie mentali, la scarsa conoscenza dello sviluppo
del bambino o aspettative non realistiche
per il bambino, la percezione negativa
del normale sviluppo del bambino [4].
Quali fattori ambientali, l’isolamento
sociale, la povertà e la disoccupazione, lo
scarso livello educativo, una casa con un
genitore solo, maschi conviventi non
biologicamente legati al bambino, la violenza familiare o al partner. Spesso molti
fattori coesistono e sono tra loro interrelati, aumentando il rischio di maltrattamento.
Le caratteristiche del bambino
L’età del bambino: più piccolo è il bambino, più è alto il rischio di un severo o
fatale maltrattamento [5].
Qualsiasi fattore che renda più difficile
assistere il bambino o che lo presenti differente dalle aspettative dei genitori
aumenta il rischio del maltrattamento.
Per esempio, un bambino con molte
necessità e richieste o un bambino con
bisogni speciali di salute possono mettere a dura prova la resistenza dei genitori.
I bambini con disabilità fisica, dello sviluppo, o con problemi emozionali/comportamentali, sono maggiormente esposti
al maltrattamento [3]. I bambini con
disabilità sono maltrattati circa tre volte
più facilmente che non i bambini senza
disabilità.
Anche i bambini nati prematuramente
possono essere soggetti a rischio aumentato di subire un maltrattamento [5].
Molti bambini prematuri possono essere
più a rischio di abuso, per il fatto che essi
sono percepiti dai loro genitori come
meno attrattivi e con maggiori richieste e
bisogni. Molti esperti hanno suggerito
che la precoce e spesso prolungata separazione di questi bambini dai loro genitori può contribuire alla loro vulnerabilità.
Allo stesso modo i bambini che non sono
stati programmati o non voluti sono a
rischio di maltrattamento [6].
Anche i fattori genitoriali possono rendere i bambini più vulnerabili a essere
maltrattati [7]. I fattori di rischio dei
genitori sono sia interni (competenza e
Per corrispondenza:
Giuseppe Cirillo
e-mail: [email protected]
245
salute pubblica
vulnerabilità con cui i genitori affrontano
le situazioni) che esterni (fattori di stress
o di isolamento sociale). I fattori che possono diminuire la capacità dei genitori di
far fronte allo stress della genitorialità
comprendono una bassa stima di sé, scarso controllo degli impulsi, inclusa una
tendenza a reagire violentemente in risposta allo stress, l’uso di sostanze, l’abuso di
alcol (l’abuso di sostanze è di maggiore
impatto sulla trascuratezza). La farmacoalcol-dipendenza è spesso accompagnata
da altri problemi come la malattia mentale, il non avere una dimora fissa, o la violenza domestica, tutti a loro volta correlati con il maltrattamento.
I servizi per l’abuso di sostanze raramente comprendono le capacità genitoriali.
Le poche iniziative realizzate riguardano
l’aiuto ai genitori nei programmi ambulatoriali con metadone.
La giovane età della madre o del padre
rappresenta un fattore di rischio per maltrattamento [8]. I genitori, che sono stati
abusati o trascurati a loro volta da bambini, possono essere genitori nell’unico
modo che hanno imparato. La depressione dei genitori o altri disturbi mentali, in
modo particolare la depressione postpartum, influenzano la crescita e lo sviluppo del bambino e possono sottoporlo
a rischio di maltrattamento. La depressione è un problema significativo sia per
i padri che per le madri [9-10]. La relazione tra la depressione materna e la genitorialità è stata meglio studiata e offre
una guida per definire i programmi di
educazione genitoriale per prevenire l’abuso e la trascuratezza. Le madri depresse hanno difficoltà a mantenere un’interazione con i loro bambini, e questi tendono ad avere una percentuale maggiore
di comportamenti negativi.
I fattori scatenanti
a partire dal bambino
I genitori possono giocare un ruolo nella
prevenzione del maltrattamento se conoscono le situazioni che comunemente
scatenano il maltrattamento e se identificano alcuni dei fattori che possono rendere un bambino più vulnerabile al maltrattamento.
Alcuni elementi del normale sviluppo
del bambino rappresentano spesso i fattori scatenanti del maltrattamento. Schmitt descrive quelli che chiama i “Sette
peccati mortali” dei bambini [11].
246
Quaderni acp 2011; 18(6)
Egli cita le fasi dello sviluppo normale
che possono creare difficoltà in molti
genitori: le coliche, stare svegli di notte,
l’ansia di separazione, il comportamento
normale di esplorazione, il normale negativismo, il normale scarso appetito e la
resistenza all’uso della toilette. Egli suggerisce che è molto utile che gli operatori sociosanitari e principalmente i pediatri anticipino questi normali stadi dello
sviluppo e forniscano alle famiglie delle
guide su come trattare meglio queste situazioni potenzialmente difficili.
Il pianto è un comune fattore scatenante
per l’abuso al bambino ed è il più comune per trauma da scuotimento violento
alla testa. Tutti i bambini piangono; il
pianto comincia generalmente nel primo
mese di vita e la durata del pianto aumenta e raggiunge un picco tra i 2 e i
4 mesi di età, e l’incidenza del trauma
alla testa segue lo stesso andamento.
Sono stati sviluppati programmi per aiutare i genitori ad affrontare meglio il
pianto dei bambini. Dias et al. hanno implementato un programma nei nidi a
New York per insegnare ai neogenitori i
danni dello scuotimento violento dei
bambini e cosa fare quando i bambini
piangono [12]. Essi hanno riscontrato
che durante i primi 5 anni del programma
l’incidenza delle violenze alla testa si
sono ridotte del 47%. Questi programmi
hanno mostrato di migliorare la conoscenza delle madri circa il pianto e la
loro risposta comportamentale.
La disciplina può diventare maltrattante
quando la punizione è usata inappropriatamente in risposta a comportamenti dello
sviluppo normale di un bambino. Genitori
impreparati possono equivocare l’ansia
da separazione, il normale gioco esplorativo, e il normale negativismo, per esempio, può essere confuso con un comportamento anomalo o inaccettabile e determinare misure punitive per correggerlo.
Il toilet-training e gli incidenti legati all’uso della toilet sono un altro comune
fattore scatenante per il maltrattamento.
Ustioni da immersione sono frequentemente inflitte dai caregiver in media all’età di 32 mesi dei bambini, in risposta
all’encopresi [13].
I fattori protettivi
Nella valutazione di fattori di rischio di
maltrattamento gli operatori sociosanitari e soprattutto i pediatri possono identi-
ficare e considerare i fattori di forza delle
famiglie, in quanto il maltrattamento si
verifica quando i fattori di rischio sono
più grandi di quelli protettivi e i fattori di
stress eccedono i fattori di sostegno. Possono essere identificati fattori protettivi
quali l’attaccamento tra i membri familiari; la conoscenza da parte dei genitori
dello sviluppo dei bambini, la resilienza
emotiva dei genitori, le connessioni
sociali dei genitori e il concreto supporto
come cibo, vestiario, casa, trasporti e servizi.
Sebbene la prevenzione oggi ricerchi
l’interdipendenza di cause multiple del
maltrattamento dei bambini, molti interventi vengono focalizzati su particolari
fattori di rischio. Il risultato è un ampio
range di attività di prevenzione incoerenti, isolate e sotto-finanziate.
Si è notato che diversi fattori proteggono
un bambino dal maltrattamento e aiutano
i bambini ad avere resilienza rispetto agli
effetti del maltrattamento. Usando lo
stesso scenario ecologico, i fattori protettivi comprendono le caratteristiche del
bambino e della famiglia e fattori di
sostegno esterni alla famiglia.
I connotati caratteriali del bambino che
possono essere protettivi sono, per esempio, l’abilità cognitiva intorno alla media, il controllo di sé e l’autoresilienza;
anche una forte e sicura relazione familiare rappresenta un elemento protettivo
importante così come a livello extrafamiliare lo è l’accesso a buoni servizi sanitari, educativi e di welfare sociale.
Il ruolo dei pediatri
I pediatri (vedi box), giocando un ruolo
fondamentale nel promuovere il benessere del bambino e aiutando i genitori a
farli crescere bene, possono avere un
importante ruolo nella prevenzione del
maltrattamento dei bambini [10].
I pediatri hanno contatti con le famiglie
durante i cambiamenti e i momenti di
stress (per esempio quando il bambino è
ammalato), per cui possono diventare familiari con i fattori di stress e di forza
della famiglia.
I pediatri, inoltre, sono spesso connessi
con le risorse comunitarie che hanno
come priorità il welfare del bambino e
della famiglia. La letteratura mostra che i
genitori vedono i pediatri come rispettabili consiglieri e consulenti. I pediatri, come è dimostrato, accettano bene
salute pubblica
questo ruolo sia di prevenzione del maltrattamento attraverso l’uso di guide
anticipatorie, sia valutando nel corso
delle visite di bilancio di salute i problemi dei genitori.
Un’azione deve essere intrapresa se l’abilità della famiglia ad allevare e proteggere il bambino è compromessa in maniera tale che il bambino può essere considerato a rischio di abuso: prendere tempo per sollecitare una storia più chiara o
fare un counselling a un genitore frustrato. Un caso più complicato può richiedere l’invio della famiglia a un servizio comunitario per il sostegno genitoriale o
per un intervento contro la violenza familiare. Se c’è un dubbio significativo
circa la sicurezza del bambino, la capacità dei caregiver di proteggerlo, o si
sospetta un maltrattamento, il pediatra
deve di conseguenza contattare i servizi
di tutela del bambino.
Programmi di prevenzione
e intervento
Sostenere i genitori nei loro compiti di
cura significa da parte dei pediatri e dei
servizi innanzitutto entrare in contatto e
relazione con le famiglie; se poi questo
avviene nell’ambito di un programma di
sostegno precoce in gravidanza e al parto, questo implica che gli operatori si
possano trovare precocemente di fronte a
situazioni di rischio e a fattori protettivi e
quindi potendo tentare, anche se in modo
dinamico, di predire il maltrattamento
e/o la trascuratezza. Il sottile limite che a
volte separa la possibilità di sostenere da
quella di esercitare la giusta tutela del
minore rappresenta una delle prove più
grandi che i nostri servizi debbono affrontare nei programmi di sostegno alle
famiglie, ormai diffusi in quasi tutte le
regioni italiane.
Poiché il maltrattamento del bambino è
soggetto a numerosi fattori di rischio e
protettivi simultaneamente, l’analista deve determinare la strategia più efficace in
particolari situazioni: se incrementare le
conoscenze dei genitori, modificare le
attitudini e i comportamenti genitoriali, o
cercare di influenzare i contesti in cui
vivono le famiglie. Alcuni programmi di
prevenzione mostrano risultati positivi. I
più promettenti appaiono essere quelli
che sono focalizzati sugli interventi precoci, identificando i fattori di rischio precocemente per fornire servizi che ne
Quaderni acp 2011; 18(6)
BOX:
GUIDA PER I PEDIATRI
1. Ottieni una completa storia sociale, iniziale e periodica. Lo strumento per lo screening
genitoriale compreso nello strumento Bright Futures e nel kit sulle risorse
(http://brightfutures.aap.org) può essere utilizzato per lo screening dei fattori di
rischio e dei problemi; identifica e costruisce sui fattori di forza della famiglia, sulla
resilienza e sui fattori di mediazione; identifica e indirizza le ansie dei genitori; rinforza la genitorialità [10]. Il rinforzo costruisce sicurezza e senso della competenza.
2. Riconosci la frustrazione e l’irritazione che spesso accompagnano la genitorialità.
Fornisci una guida anticipatoria circa gli stadi di sviluppo che possono determinare stress o diventare i fattori scatenanti del maltrattamento del bambino. Un bilancio di salute può essere utile come cornice.
3. Parla con i genitori circa il pianto del loro bambino e di come essi lo affrontano.
Capisci la loro percezione del pianto e quali strategie adottano per affrontarlo. Il
pediatra dovrebbe informare i genitori circa il comportamento infantile e insegnare risposte alternative.
4. Nella cura ai bambini con disabilità, bisogna essere consapevoli della loro maggiore vulnerabilità e osservare i segni di maltrattamento. Dare ai genitori informazioni circa la condizione del bambino. Le azioni possono comprendere sessioni di
gruppi di istruzione con i genitori. Valutare lo stress dei genitori e fornire loro tecniche per affrontarlo. Dai alla famiglia informazioni per concedersi una pausa nelle
cure e identifica altri membri della famiglia che possono essere di aiuto.
5. Essere attenti ai segni e ai sintomi di violenza tra i partner e di depressione postpartum. Familiarizza per primo con le appropriate risorse comunitarie.
6. Guida i genitori nel dare una disciplina efficace. Incoraggia i genitori a usare alternative alle punizioni fisiche, come tecniche di time out e rinforzo positivo.
7. Parla ai genitori del normale sviluppo sessuale e consigliali circa il modo di prevenire l’abuso sessuale.
8. Incoraggia i caregiver a utilizzare l’ambulatorio pediatrico come tramite per accedere ad altri esperti e risorse. Informati circa le risorse territoriali e, quando appropriato, invia queste famiglie a queste risorse.
9. Fai attività di advocacy per programmi comunitari e risorse che possono realizzare un’efficace prevenzione, interventi, ricerche e trattamento per il maltrattamento
e per programmi indirizzati ai problemi sottostanti che contribuiscono al maltrattamento dei bambini (per esempio povertà, abuso di sostanze, segni di malattia mentale e scarse capacità genitoriali).
10. Fai attività di advocacy per interventi positivi comportamentali e supporti nelle
scuole.
11. Riconosci segni e sintomi di maltrattamento e comunica il sospetto alle autorità competenti.
riducono l’impatto sullo sviluppo dei
bambini. L’assunzione chiave dell’intervento precoce comprende l’ipotesi del
vantaggio cognitivo (incrementando le
capacità cognitive dei bambini precocemente si supporta lo sviluppo individuale) e l’ipotesi del sostegno alla famiglia
(la partecipazione migliora le pratiche
genitoriali, le attitudini, le aspettative e
il coinvolgimento nell’educazione dei
bambini, riduce lo stress dei genitori e
migliora lo sviluppo del bambino) [14].
Fin dai primi anni ’70 sono stati sperimentati programmi di visite domiciliari
alle donne durante la gravidanza e dopo
il parto [15]. Le caratteristiche per il suc-
cesso di questi programmi comprendono
l’alta intensità del trattamento, uno staff
ben formato, un focus realistico operativo su specifiche abilità dei genitori e la
capacità di coinvolgere e motivare i genitori ad alto rischio di maltrattamento dei
loro bambini. Infine la necessità di tipologie multiple di servizi a cui i genitori
possono accedere attraverso molteplici
possibilità di accesso.
Una delle modalità strategiche per fornire una serie di servizi familiari è l’home
visiting che ovviamente non si focalizza
solo sulla prevenzione del maltrattamento e della trascuratezza; tuttavia i servizi
che sono offerti, come il supporto socia247
salute pubblica
le, i riferimenti alla rete territoriale, il sostegno genitoriale, le informazioni sulla
salute, i materiali educazionali, possono
aiutare anche a prevenire il maltrattamento.
Educazione (teoria dell’apprendimento)
La distribuzione di materiale educativo alla famiglia quando un bambino nasce è un
modo efficace per insegnare ai neogenitori una salutare relazione bambino-genitori
e le pratiche delle cure al bambino [16].
L’American Academy of Pediatrics
(AAP) ha sviluppato il “Connected
Kids”, un intervento ambulatoriale inizialmente conosciuto come Programma
per la prevenzione e l’intervento contro
la violenza (VIPP) [17].
Il “Connected Kids” è un programma che
utilizza un approccio basato sulla resilienza e sulla guida anticipatoria e ha l’obiettivo di aiutare gli operatori delle cure
primarie a utilizzare la loro relazione
terapeutica per sostenere le famiglie
nella prevenzione della violenza. Il programma comprende una guida clinica,
materiale educativo online, e materiale
per l’educazione dei genitori e per la formazione dei pediatri e dei genitori sulla
disciplina, la genitorialità e altri argomenti. Maggiori informazioni su questo programma sono disponibili sul sito
www.aap.org/connectedkids.
Home visiting
Avendo personale professionale o paraprofessionale esperto, i servizi domiciliari, piuttosto che ambulatoriali o comunitari, rendono possibile l’adattamento dei
servizi ai bisogni di ciascuna famiglia.
Gli operatori domiciliari possono anche
valutare i fattori ambientali che influenzano le pratiche familiari di allevamento
del bambino. Poiché questi servizi possono inizialmente essere forniti a tutte le
famiglie identificate da fattori di rischio
demografici o geografici, essi possono
anche avere la funzione di valutazione
per successivi servizi.
I programmi di visite domiciliari, in cui
famiglie selezionate (adolescenti, basso
reddito, basso livello di istruzione) ricevono contatti regolari con personale formato, rappresentano un modello di prevenzione che è stato largamente utilizzato e fortemente correlato a una riduzione
significativa del maltrattamento.
248
Quaderni acp 2011; 18(6)
La task force dell’AAP sui servizi comunitari di prevenzione ha stabilito che in
21 programmi in cui sono disponibili i
monitoraggi, l’home visiting è associata
a una riduzione media del maltrattamento di più del 50% [18].
L’abuso e la trascuratezza dei bambini
sono il risultato dello stress e dell’isolamento sociale, della qualità del quartiere
per cui ogni strategia per prevenire il
maltrattamento dei bambini dovrebbe
indirizzarsi sia alle dimensioni interne
che esterne e avere un focus simultaneo
sul rafforzamento delle famiglie a rischio
e il miglioramento dei quartieri a rischio.
Questi acquistano la loro importanza sia
direttamente, con scuole, parchi e altri
supporti primari, che indirettamente formando le attitudini e i comportamenti dei
genitori e influenzandone autostima, il
capitale sociale e i processi motivazionali [19].
Si ipotizza che il capitale sociale (definito da Robert Putnam come le caratteristiche dell’organizzazione come il network,
le norme, e la fiducia sociale che facilita
il coordinamento e la cooperazione per il
bene comune) del quartiere influenzi i
tassi di maltrattamento in un modello
dinamico [20].
Le politiche pubbliche, che forniscono licenze di maternità e paternità, così come
sussidi per le cure del bambino possono
anche essere visti come sostegni a livello
comunitario.
Pagare la maternità porta a promuovere
l’attaccamento genitori-bambino nei primi e cruciali mesi di vita e allevia lo
stress finanziario della perdita di reddito.
L’asilo gratuito o a basso costo promuove il lavoro riducendo i costi delle cure.
Il programma Triplo P (Positive Parenting Program) fornisce solide evidenze
che le iniziative su scala di comunità
possono prevenire l’abuso sul bambino
[21]. Esso consiste di diversi livelli di
intervento.
Il livello più generale arriva a tutti i
membri della comunità attraverso campagne mediatiche che insegnano le basi
del ruolo genitoriale positivo, includendo
alcuni messaggi fondamentali: promuovi
la sicurezza del bambino, gestisci il comportamento del bambino, dai una efficace disciplina e assicura le cure primarie
sanitarie.
Il messaggio ai genitori è comunicato
attraverso quotidiani a basso costo, news
letters, mailing list di massa, presentazione a forum di comunità e sul sito web
della comunità. Il programma riserva poi
più intensivi e costosi trattamenti per
progressivamente più piccoli gruppi di
famiglie che sono a maggior rischio di
maltrattamento. Il livello finale e più intensivo è il trattamento individuale
familiare.
Gli elementi comuni
ai programmi efficaci
L’intervento precoce risulta in un migliore e più durevole risultato per i bambini,
sebbene un intervento più ritardato sia
meglio di niente e possa aiutare i genitori con una genitorialità sotto stress. I
genitori possono trarre beneficio dall’aspetto sociale del lavoro nel gruppo dei
pari che è preferibile al lavoro individuale. Questo dovrebbe comunque includere
l’home visiting come parte di un servizio
multicomponente. Interventi di maggiore
durata con follow-up e sessioni di rinforzo sono raccomandati per problemi di
maggiore severità o per i gruppi ad alto
rischio.
Infine gli interventi che lavorano in
parallelo, sebbene non necessariamente
nello stesso tempo, con i genitori, le
famiglie e i bambini sono considerati la
pratica migliore.
Una massiccia evidenza attualmente
mostra che l’abuso nei bambini è associato con più alti tassi di spesa sanitaria.
Il rapporto costo/efficacia sull’investimento nei bambini piccoli è ora diffusamente accettato. La ragione per implementare programmi di sostegno genitoriale per ridurre anche gli alti costi sociali dell’abuso e trascuratezza è ormai fortemente consolidata. u
Bibliografia
[1] Korbin J, Spilsbury J. “Cultural Compence and
Child Neglect,” Neglecyed Children: Research,
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Triple P-Positive Parenting Program: A population
Approach to Promotion of Parenting Competence,
Parenting Research and Practice. Monograph n. 1.
St. Lucia, Quensland Australia: The Parenting and
Family Support centre at the University of Queensland, 2003.
Associazione Culturale Pediatri
TABIANO 21, BAMBINI A RISCHIO
17-18 febbraio 2012 - Hotel Astro
Venerdì 17 febbraio
ore 8,45
BAMBINI AMMALATI DI… RISCHIO Modera G.C. Biasini
Sindrome metabolica (R. Tanas, Ferrara)
Insufficienza renale (L. Peratoner, Trieste)
Povertà (G. Tamburlini, Trieste)
ore 11,20
Intervallo, caffè e parmigiano
ore 11,40
SESSIONI PARALLELE
Valutare e comunicare il rischio (R. Tanas, Ferrara)
Certezze e incertezze in nefrourologia pediatrica (L. Peratoner, Trieste)
Il pediatra e il disagio sociale (G. Tamburlini, Trieste)
ore 13,00
Colazione di lavoro
ore 15,00
BAMBINI A RISCHIO PER … Moderano E. Barbi, P.Villani
Anafilassi (E. Barbi, Trieste)
Diabete (si può predire e prevenire?) (M. Pocecco - T. Suprani, Cesena)
Testa storta (L. Genitori, Firenze)
Scroto acuto (G. Riccipetitoni, Milano)
Liber scriptus (C. Panza, Parma)
ore 18,00
SESSIONI PARALLELE
Urgenze in pediatria (C. Germani, L. Calligaris)
Il calcolo dei carboidrati: rivoluzione nella cura del diabete?
(T. Suprani, C. Geraci)
Teste grandi e teste piccole (L. Genitori)
Calendario urologico (G. Riccipetitoni)
ore 20,00
CENA MUSICALE (intrattengono: V. Canepa & M. Zecca)
Sabato 18 febbraio
ore 8,45
ANCORA RISCHI Moderano P. Siani (Napoli), L. Peratoner (Trieste)
Prematurità (late preterm) (G.C. Biasini, Cesena)
Gravidanza indesiderata (S. Castelli, Massarosa)
Allergia: c’entra lo svezzamento? (L.Calligaris-E. Barbi, Trieste)
ore 11,00
Intervallo, caffè e parmigiano
ore 11,30
FOCUS: MALTRATTAMENTO E ABUSO
Pensieri (confusi) sulla pedofilia (L. Peratoner, Trieste)
Prevenire: ruolo del pediatra di famiglia (C. Berardi, Perugia)
L’ approccio in PS pediatrico (C. Germani, Trieste)
ore 12,30
COMPILAZIONE DEL QUESTIONARIO (C. Panza, Parma)
ore 12,45
ARRIVEDERCI
Segreteria organizzativa:
TERME DI SALSOMAGGIORE E TABIANO
Tel. 0524 565523 – Fax 0524 565497 – mail: [email protected]
249
Quaderni acp 2011; 18(6): 250-253
Health Equity Audit: uno strumento per agire localmente
sulle disuguaglianze in salute
Mauro Palazzi, Chiara Reali, Barbara Calderone, Nicoletta Bertozzi, Patrizia Vitali, Cristina Raineri, Giorgia Vallicelli
UO di Epidemiologia e Comunicazione, Ausl di Cesena
Abstract
Health Equity Audit: a tool for a local action in health inequalities
Health Inequalities are, all over the world, issues of particular interest for Public
Health. It’s the field where its necessary to act in order to improve global health. A
solid information technology system and multidisciplinary teams (service operators,
local authorities and citizens) are necessary to act locally. Two projects developed
locally have produced a list of health inequalities indicators, the development of a
Prenatal and Paediatric Health Equity Profile and the beginning of an Health Equity
Audit process aimed at identifying and evaluating actions to improve equity in paediatric health.
Quaderni acp 2011; 18(6): 250-253
Key words Inequalities. Health. Equity. Audit
Le disuguaglianze in salute sono un tema di particolare interesse per la Sanità
Pubblica in tutti i Paesi del mondo e un ambito su cui agire per migliorare la salute
della popolazione generale. Per agire a livello locale è importante avere a disposizione solidi sistemi informativi e creare gruppi di lavoro multidisciplinari che coinvolgano operatori dei servizi, amministratori locali e rappresentanti dei cittadini. Vengono
riferiti due progetti applicati sul piano locale che hanno portato alla creazione di una
lista di indicatori di disuguaglianze, l’elaborazione di un “Profilo di equità” sulla salute prenatale e pediatrica e l’attivazione del processo dell’Health Equity Audit (HEA)
per l’identificazione e la valutazione di azioni di miglioramento dell’equità in salute
in età pediatrica.
Parole chiave Disuguaglianze. Salute. Equità. Audit
Una delle maggiori sfide per la Sanità
Pubblica nei Paesi economicamente
avanzati è quella di contrastare la presenza di disuguaglianze di salute e di accesso ai servizi sociosanitari legate a cause
evitabili, prodotte da determinanti di
natura socioeconomica, che colpiscono
fasce di popolazione vulnerabili. Negli
ultimi anni sono comparse numerose
ricerche, raccomandazioni e linee guida
sulle disuguaglianze in salute e sulle strategie per contrastarle. In particolare,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) nel 2008 ha pubblicato un documento, Closing the gap in a generation,
a conclusione del lavoro della Commissione per i Determinanti Sociali di Salute
(CSDH), voluta dall’OMS nel 2005 e
guidata da Sir Michael Marmot [1]. Il
documento è una ricca fonte di evidenze
su cause ed effetti delle disuguaglianze
in salute e di azioni valide per rendere
più equa la distribuzione dei determinanti sociali di salute all’interno della popolazione.
Per corrispondenza:
Mauro Palazzi
e-mail: [email protected]
250
Tra le raccomandazioni, ampio spazio è
dedicato al miglioramento della capacità
di lettura delle disuguaglianze a livello
locale e all’investimento sul miglioramento delle condizioni quotidiane di vita
sin dalla prima infanzia, epoca della vita
nella quale mettono radici quelle differenze capaci di condizionare la vita e la
salute di un individuo lungo tutto l’arco
della vita. Sebbene una visione globale
della salute e dei suoi determinanti imponga la necessità di cambiamenti strutturali nella distribuzione delle risorse
economiche, sociali e culturali che escono dalla sfera di influenza di una singola
azienda sanitaria, anche a livello locale è
possibile realizzare interventi che puntino all’equità in salute, basati su evidenze
che ne accrescano le potenzialità di efficacia.
Questa consapevolezza è stata alla base
della progettazione di un intervento locale nell’Ausl di Cesena che nel triennio
2011-2013 punterà a realizzare iniziative
di promozione della salute nell’ottica
dell’equità. Il terreno per tale intervento
è stato preparato grazie alla sinergia
positiva di diversi fattori che hanno creato una opportunità di lavoro locale organizzata e condivisa: la creazione di un
“Programma aziendale di contrasto degli
effetti delle disuguaglianze sulla salute”,
il coinvolgimento in un Progetto regionale volto a migliorare la capacità di lettura delle disuguaglianze presenti nel territorio locale, la presenza di esperienze
locali consolidate di lavoro multidisciplinare su tematiche legate alla promozione
della salute nell’ottica dell’equità.
“Chi ben comincia”:
perché partire
dai primi anni di vita
I primi anni di vita rappresentano un periodo critico durante il quale le traiettorie
di vita e la vulnerabilità dello stato di
salute del bambino vengono determinate
da una complessa interazione tra caratteristiche dell’organismo e ambiente di vita. L’accrescimento infatti non è un processo automatico, ma è influenzato da
stimoli esterni capaci di promuovere o
ostacolare il pieno sviluppo delle potenzialità fisiche e neuropsicologiche del
bambino.
La qualità degli stimoli esterni è fortemente determinata dalle risorse materiali
e relazionali presenti nel contesto familiare e sociale, comportando che differenze nella possibilità di accedere a queste
risorse si traducano in iniquità nelle opportunità di crescita del bambino, in modo che la crescita possa diventare un processo in parte socialmente determinato.
Studi in un’ottica life course sulle esperienze precoci di vita hanno da tempo
messo in relazione esposizioni a fattori di
rischio in epoca prenatale e pediatrica
con danni a lungo termine per l’organismo. Nel 1995 Barker osservò che i neonati con basso peso alla nascita avevano
una maggiore probabilità di sviluppare
una malattia coronarica in età adulta [2].
Successive osservazioni portarono a formulare l’ipotesi secondo cui il metaboli-
salute pubblica
smo umano riceve un imprinting durante
il periodo prenatale le cui conseguenze
condizionano la salute dell’individuo in
tutto il corso della vita. Per quanto
riguarda lo sviluppo neuropsicologico
del bambino, diversi studi hanno dimostrato come esso sia determinato dalla
quantità di stimoli cognitivi ed educativi
presenti nell’ambiente familiare e nel
contesto locale, correlati a loro volta a
fattori socioeconomici, caratteristiche
familiari e personali quali il livello di
istruzione dei genitori, lo stato occupazionale, la presenza di reti sociali e il
livello di resilienza espresso dall’ambiente relazionale.
Questi studi rendono ragione dell’importanza di garantire a tutti i bambini un
buon inizio sin dai primi istanti di vita,
attraverso interventi volti a contrastare le
disuguaglianze in un’ottica life course,
che non solo hanno il pregio di essere
basati su evidenze che ne supportano il
valore di investimento sociale e morale,
ma risultano anche economicamente
vantaggiosi, come dimostrato dagli studi
di Heckman relativi alla quota di ritorno
economico per ogni dollaro investito in
programmi di intervento a favore dei
primi anni di vita (figura 1) [3].
L’importanza di impostare gli interventi
di contrasto delle disuguaglianze in salute partendo dai primi anni di vita con una
prospettiva longitudinale è alla base
delle raccomandazioni presenti nel già
citato Closing the gap in a generation
della CSDH e in Fair Society, Healthy
living. The Marmot Review, pubblicato a
febbraio 2010 e volto a individuare le
strategie per ridurre le disuguaglianze
sociali in Inghilterra sulla base di quanto
prodotto dalla CSDH [4]. Questo documento, pur essendo rivolto al governo
inglese, presenta spunti e riflessioni
metodologiche utili anche per la nostra
realtà, in quanto è una delle prime e più
autorevoli esperienze di declinazione
locale dei principi globali contenuti nel
documento dell’OMS.
Avendo come guida queste importanti
esperienze, si è partiti a livello locale con
la stessa impostazione, centrando il lavoro sulla prima infanzia e analizzando il
contesto locale secondo il modello di
riferimento sullo sviluppo del bambino
in età prescolare (Early Child Development) elaborato nell’ambito delle ricerche della CSDH [5].
Quaderni acp 2011; 18(6)
FIGURA
1: CURVA DI HECKMAN SUL RITORNO DEL CAPITALE INVESTITO NELLO SVILUPPO
DELLE COMUNITÀ
Un “Profilo di equità”
in epoca prenatale e pediatrica
Il punto di partenza dell’intervento dell’Ausl di Cesena è stato la realizzazione
di un “Profilo di equità” della salute prenatale e pediatrica nel territorio locale,
pubblicato nel marzo 2011 e contenente
informazioni raccolte in schede relative a
28 indicatori sentinella di iniquità e disuguaglianze nell’ambito della salute, scelti
integrando evidenze, raccomandazioni, opinioni degli esperti (pediatri, epidemiologi, ostetrici) ed esperienze già avanzate in
questo campo raccolte dalla letteratura internazionale [6]. Lo scopo del lavoro era
duplice: da un lato sperimentare localmente la capacità di lettura degli indicatori
proposti, dall’altro valutare la completezza delle banche dati disponibili o la presenza di lacune informative da colmare.
I 28 indicatori sono stati raccolti in tre
gruppi principali:
a) determinanti sociali di salute, ovvero
informazioni relative all’ambiente
socioeconomico e relazionale di vita
della madre e del bambino (es. indicatori sulla qualità dell’assistenza alla
gravidanza, sugli stili di vita della
madre, sulla copertura vaccinale del
bambino);
b) effetti sulla salute, ovvero differenze
nelle esperienze di salute e malattia
tra gruppi di popolazione distinti per
caratteristiche socioeconomiche (es.
parti pretermine, tassi di mortalità,
tassi di accesso in Pronto Soccorso);
c) conseguenze socioeconomiche della
malattia, intendendo con ciò che la
malattia può peggiorare la posizione
socioeconomica del singolo e dei suoi
familiari a causa di inadeguati sistemi
di compensazione sociale (es. madri
che lasciano il lavoro per assistere un
figlio disabile).
La fotografia emersa dal profilo ha evidenziato la presenza di differenze tra
gruppi di popolazione a cui rivolgere
particolare attenzione per la promozione
della salute e l’accesso ai servizi, ma
soprattutto ha confermato la presenza di
lacune nei sistemi informativi disponibili che limitano la capacità di una lettura
piena delle disuguaglianze sofferte dalla
popolazione.
Conoscere per agire:
la sperimentazione
dell’Health Equity Audit (HEA)
La conoscenza dei fenomeni è un prerequisito fondamentale per poter programmare interventi realmente utili ed efficaci. Lo studio condotto ha evidenziato la
necessità di migliorare la qualità delle
banche dati esistenti, ma nel frattempo
251
salute pubblica
ha comunque messo in luce aree verso
cui intervenire.
Quale potrebbe essere una modalità efficace per progettare azioni utili?
A questa domanda si è risposto scegliendo di sperimentare a livello locale il processo dell’HEA, attraverso il quale tutti
gli attori del territorio (politici, amministratori, professionisti sociosanitari, cittadini) valutano sistematicamente la presenza di disuguaglianze nelle cause di
malattia, nell’accesso ai servizi e nell’esito degli interventi realizzati localmente
e garantiscono la messa in campo di
azioni di contrasto condivise i cui risultati, in termini di impatto sulle disuguaglianze, vengono monitorati e valutati
nel tempo [7].
L’HEA è uno strumento nato in Inghilterra e raccomandato dalla CSDH per far
sì che il tema delle disuguaglianze in
salute entri sistematicamente all’interno
del processo di elaborazione e di valutazione di politiche e programmi, non relegandolo a interventi ad hoc. È un processo a sei tappe, formalmente non nuovo
per la Sanità pubblica, ma caratterizzato
dalla particolarità di integrare sistematicamente il tema dell’equità nel processo
di programmazione e offerta di servizi.
Le sei tappe che compongono il processo
partono dalla creazione di un gruppo di
lavoro multidisciplinare e dalla scelta
delle priorità su cui applicare l’HEA, a
cui seguono: l’elaborazione di un “Profilo di equità”; la scelta di azioni che possano essere avviate localmente per il
contrasto delle disuguaglianze; la definizione condivisa di obiettivi specifici (di
processo, di attività, di risultato, di esposizione) da parte dei partner del gruppo;
i cambiamenti da apportare nell’allocazione di risorse e nell’offerta di servizi;
la valutazione dei progressi e dell’impatto ottenuti rispetto agli obiettivi locali del
processo di HEA (figura 2).
I risultati emersi dal “Profilo di equità”
nella salute prenatale e pediatrica sono
stati utilizzati per dare avvio al processo
di HEA a livello locale, che verrà sviluppato nel triennio 2011-2013.
Il ruolo dei pediatri di libera scelta
nel processo dell’HEA
Il processo dell’HEA prevede la creazione di un team multidisciplinare che comprenda gli amministratori locali, gli operatori dei servizi, il terzo settore e i rap252
Quaderni acp 2011; 18(6)
FIGURA
2: IL CICLO DELL’HEALTH EQUITY AUDIT
Da Health Equity Audit Made Simple: a briefing for primary care trust and local strategic partnerships.
Working document. APHO-HDA, 2003.
presentanti dei destinatari degli interventi. La multidisciplinarietà consente innanzitutto una migliore conoscenza del
fenomeno che si vuole indagare. I limiti
di lettura non nascono infatti solo dalla
bassa qualità delle banche dati disponibili, ma dalla necessità di una lettura contestualizzata del fenomeno, che attraverso la narrazione dei vissuti delle persone
coinvolte arricchisca di senso e significato il risultato delle indagini quantitative.
Un “Profilo di equità” non può basarsi
solamente su dati quantitativi, ma deve
essere integrato con analisi qualitative
che richiedono il coinvolgimento delle
persone che vivono il problema indagato,
siano essi cittadini o operatori. Nel leggere la salute dei bambini nella comunità, un ruolo chiave viene svolto dai
pediatri di libera scelta (PLS) attraverso
le informazioni raccolte nel corso dei
bilanci di salute durante i quali i bambini
vengono sottoposti a valutazioni della
crescita, dello sviluppo psicomotorio,
cognitivo e sensoriale, ma anche attraverso il coinvolgimento attivo nei processi di analisi qualitativa dei fenomeni.
La loro quotidiana frequentazione dei
bambini e delle famiglie li rende infatti
osservatori privilegiati di dinamiche e
disagi presenti nel territorio, leggibili
solo a distanza di tempo dalle statistiche
correnti.
Nelle fasi successive del processo di
HEA i pediatri ricoprono un ruolo chiave
sia nel progettare possibili azioni di contrasto, contribuendo a valutarne la fattibilità concreta e l’accettabilità da parte
delle famiglie, sia nella realizzazione
degli interventi stessi. Rispetto infatti
agli interventi di contrasto alle disuguaglianze, la logica con cui ci si muove nell’assistenza di base non può essere quella caratteristica del paradigma dell’attesa, tipico dei servizi di emergenza, ma
quella della medicina di iniziativa, ovvero di una medicina rivolta alla promozione della salute per la prevenzione delle
malattie o di un loro aggravamento. Tale
prospettiva, tipica della gestione delle
patologie croniche nell’assistenza di
base, vede nei medici di medicina generale e nei PLS attori determinanti per
raggiungere il paziente prima che si sviluppi o si aggravi una malattia, promuovendone il coinvolgimento nel processo
di cura e contribuendo a svilupparne
l’empowerment rispetto alla salute.
salute pubblica
Quaderni acp 2011; 18(6)
QUANTO DOBBIAMO
A STEVE JOBS
Infine, il punto di vista del PLS non può
mancare nella valutazione degli interventi.
Conclusioni
Le disuguaglianze in salute sono tra le
maggiori sfide per i sistemi sanitari dei
Paesi economicamente avanzati in quanto miglioramenti nella salute della popolazione generale non possono essere raggiunti senza sforzi aggiuntivi per ridurre
le iniquità sociali nella salute.
Dalle prime esperienze di interventi isolati, promossi spesso dalla sensibilità
degli operatori più che da mandati istituzionali, si è giunti a una fase in cui il
lavoro sulle disuguaglianze in salute è
parte fondante e qualificante di un servizio sanitario che, come il nostro, voglia
essere universalistico ed equo. Numerose
evidenze scientifiche e strumenti validi
sono oggi disponibili per supportare il
lavoro degli operatori sanitari, e le azioni intraprese devono essere basate sullo
stesso rigore richiesto per ogni intervento di Sanità pubblica. Affinché questo sia
possibile, manca tuttavia uno sforzo organizzato per migliorare la capacità delle
nostre banche dati di leggere i determinanti sociali di salute e in particolare le
condizioni ambientali che favoriscono o
ostacolano la fruizione di diritti o l’assunzione di comportamenti sani.
Per andare in questa direzione è fondamentale un coinvolgimento pieno di attori apparentemente distanti dal mondo
della sanità e concordare con loro, ispirandoci a nazioni che hanno già compiuto questo sforzo, parametri e sistemi per
la lettura delle caratteristiche sociali,
amministrative ed economiche del territorio, correlandole con il benessere e la
salute degli individui che in esso sviluppano la loro esistenza.
Si apre quindi una sfida interessante e
utile che porti a una rivoluzione copernicana dei sistemi di lettura della salute:
non porre più al centro il momento in cui
la salute si incrina e si rendono necessari
gli interventi dei servizi sanitari, ma par-
tire dalla relazione tra l’individuo e il suo
ambiente globalmente inteso.
Supportati da adeguate fonti informative
si pensa che possa essere possibile sviluppare azioni e monitorarle nel tempo
per comprendere se realmente sono efficaci nel ridurre le disuguaglianze in salute. Questo intervento, per quanto limitato, cerca proprio di andare verso la qualificazione del lavoro e la confrontabilità
dei dati ed esperienze tra territori, senza
tuttavia limitarsi ad azioni ad hoc, ma
incorporando la tensione all’equità nei
percorsi di programmazione locali.
Affinché sia possibile tutto questo è
necessario partire dalla creazione di un
gruppo di lavoro multidisciplinare che
accompagni il processo in tutte le sue
fasi.
Essendo partiti dalle disuguaglianze in
salute nella prima infanzia, un ruolo
determinante è ricoperto dal PLS, l’operatore sanitario che maggiormente è in
contatto con i bambini e le famiglie e può
migliorare la capacità di lettura dei fenomeni indagati e contribuire concretamente alla realizzazione e valutazione degli
interventi. u
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Equity Audit Made Simple: a briefing for Primary
Care Trust and Local Strategic Partnerships. Working document, APHO-HDA, 2003.
Quando si è sparsa la notizia della
morte di Steven Paul Jobs, su Twitter
si è arrivati a 6049 tweet al secondo,
più di quanto registrato durante il
maremoto di Fukushima o alla notizia
dell’uccisione di Osama Bin Laden.
Il giorno dopo i quotidiani italiani
titolavano sulla prima pagina. La reazione alla notizia della sua morte è
andata oltre i confini della tecnologia.
Jobs non era un vero computer scientist, ma forse un esteta, convinto che
alla gente piace la semplicità, soprattutto se bella da vedere. Non ha
inventato nulla: ha solo preso le migliori idee che già c’erano e ne ha
fatto prodotti belli, facili da usare in
maniera intuitiva. Così facendo ha
imposto trasformazioni profonde,
spesso controcorrente, al modo di
navigare su Internet, di ascoltare
musica, di vedere film, di leggere i
giornali.
Ma dobbiamo ricordare quanto
abbia influenzato la possibilità di
comunicare in medicina.
Oggi un medico, se percorre la via
della digitalizzazione, può visionare
Rx, Tc, Rm o analisi di un paziente sul
pc, sull’iPad, o sullo smartphone; può
inviarle per un consulto a un collega;
se troppo pesanti, può condividerle
sul web, con Google-doc, Mobile me
o iCloud.
Niente più dischi rigidi di enormi
capacità nel pc, oggi basta un iPad o
il Kindle, uno smartphone o qualsiasi
strumento digitale connesso a internet, per accedere a tutti i file
dati/multimediali immagazzinati sul
proprio spazio web, in qualunque
momento e da qualsiasi luogo.
Da uno smartphone con mezzi tecnici facili da usare si può inviare la cartella clinica di un paziente a un collega, su quel paziente si possono controllare le ultime linee guida pubblicate su PubMed.
È una realtà l’agenda online sul cellulare e postare messaggi e file multimediali con i propri pazienti sul blog
loro dedicato o su Facebook.
Tutto questo e altro ancora lo si deve
anche a Steve Jobs, certo non solo a
lui, ma grazie soprattutto a lui oggi la
digitalizzazione della vita è più facile e forse piacevole, anche se non
sempre a buon mercato. Il tutto prodotto in un’atmosfera personale silenziosa e “privata”, senza ostentazioni
della sua intelligenza e della sua ricchezza.
Laura Reali
253
Quaderni acp 2011; 18(6): 254-255
Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
Un’esperienza di cambiamento del punto nascita
secondo i programmi UNICEF “Ospedale amico del bambino”
Isabelle Robieux, Elisabetta Santin, Franco Colonna
SC di Pediatria, PO di San Vito al Tagliamento (Pordenone), ASS 6 Friuli Occidentale
Abstract
When “side effects” are beneficial: the experience of a change in a newborns ward
based on UNICEF “Baby friendly Hospital” programme
The “Baby Friendly Hospital” recognition is a long and not easy procedure that improves both mother and child wellbeing. Our experience is extremely positive also for
its unexpected “side effects” on work organization and quality and on better relations
both among health professional and between hospital and communities. Positive improvements regard also self esteem, job satisfaction and empowerment. Unicef global
strategy looks as an excellent and highly recommended way, not only in terms of
breastfeeding, of promoting quality healthcare.
Quaderni acp 2011; 18(6): 254-255
Key words Unicef. Breastfeeding. Maternal-child health. Nursing
Il lungo e non sempre facile processo di riconoscimento come “Ospedale amico del
bambino” determina riconosciuti vantaggi per mamme, bambini e allattamento. La
nostra esperienza è però largamente positiva anche per gli inaspettati “effetti collaterali” su organizzazione e qualità del lavoro, interazioni tra i vari attori dell’assistenza materno-infantile e tra ospedale e territorio. Brillanti sono anche le ricadute
su professionalità, autonomia e soddisfazione individuale dei singoli operatori. Anche
per questi motivi i programmi Unicef sono raccomandabili per ogni struttura desiderosa di processi continui di qualità.
Parole chiave Unicef. Allattamento al seno. Salute materno-infantile. Nursing
Introduzione: come eravamo
Dieci anni fa all’Ospedale di San Vito al
Tagliamento i neonati erano accuditi in una
struttura tradizionale di tipo “nido chiuso”.
La consuetudine era di staccarli dalla
madre fin dai primi secondi di vita per
essere pesati, visitati, vestiti e portati al
Nido. Puericultrici e vigilatrici si sostituivano alle madri prendendo in carico le
cure, l’igiene e parte della nutrizione. I
neonati erano portati alle madri a orario
fisso, e il tempo per imparare a succhiare al
seno era contato. Doppie pesate e aggiunte
di liquidi e latte artificiale erano la regola.
Il pediatra era orientato verso la ricerca di
patologia, e il suo atteggiamento era normativo e talvolta paternalistico nei confronti della madre, che veniva di fatto
infantilizzata invece di essere messa in
grado di sviluppare le sue competenze e
capacità di entrare in sintonia con il figlio
fino a divenire rapidamente autonoma: processo oggi giustamente definito di “empowerment” e cioè in fondo di liberazione e
sviluppo della “potenza” delle donne.
Al momento della dimissione le madri erano spesso insicure nella gestione del figlio
e la prevalenza di allattamento esclusivo al
seno era bassa. Queste rigide consuetudini
si erano stratificate e consolidate nel
tempo, fin dagli anni Sessanta e cioè da
quando il parto in ospedale era diventato la
norma. In tanti altri punti nascita la routine
ospedaliera è forse ancora simile a questa.
Dieci anni fa sentimmo la necessità di cambiare. I tempi erano maturi e tante di noi
avevano provato l’esperienza personale
della maternità e la frustrazione di non
poter accudire il proprio figlio. Alcune avevano seguito quasi “di nascosto” corsi di
formazione sull’allattamento.
Le evidenze scientifiche ribadivano l’ovvio
e cioè che neonato e madre avrebbero tratto cospicui benefici dall’allattamento naturale e dal poter stare assieme da subito e il
più a lungo possibile.
Medici e infermiere misero infine in
discussione il proprio ruolo e provarono a
inverare il proverbio “Solo lo stupore
conosce, solo l’umiltà impara”.
L’inizio del cambiamento:
ogni lunga marcia
comincia con i primi passi
La prima mossa fu la progressiva soppressione dei rientri al Nido e una maggiore
flessibilità nelle poppate per rispettare i
ritmi naturali dei neonati.
Non bastava però la buona volontà: imporre il rooming-in completo dall’oggi al domani e abolire le aggiunte di liquidi sarebbe stata un’altra violenza se la madre non
fosse stata informata, formata e sostenuta
da un’équipe competente, solidale e capace di messaggi univoci.
La visita a Bassano (primo “Ospedale amico del bambino” in Italia) ci aprì un orizzonte: la possibilità di cambiare in profondità le nostre routine e promuovere una
cultura favorevole all’allattamento [1]. Per
conoscere e ripensare ai dieci passi per la
promozione dell’allattamento al seno si veda il sito http://www.unicef.it/doc/150 [2].
Costituimmo un gruppo di lavoro multidisciplinare con operatori motivati che proposero nuove prassi. Dapprima piccoli
cambiamenti quasi inavvertibili. Per proseguire si aspettava che le novità fossero
condivise e interiorizzate. Il gruppo compì
poi una prima autovalutazione seguendo la
traccia proposta dall’Unicef. Valutando le
criticità e monitorando i risultati dell’allattamento emerse la priorità di formare in
modo capillare il personale a contatto con
madri e neonati. Era essenziale che tutti
operassero in sinergia, con flessibilità ma
dando messaggi coerenti. Occorreva convincere ciascuno. Evitammo quindi le
scorciatoie degli ordini di servizio calati
dall’alto e i conflitti sempre possibili quando i cambiamenti sono troppo veloci e
numerosi o gestiti da avanguardie elitarie e
minoritarie.
Nel 2003, in collaborazione con l’Ospedale di Pordenone, avviammo la formazione di tutti gli operatori a contatto con madri
e neonati durante il percorso nascita. Ginecologi e pediatri, primari e operatori sociosanitari, ostetriche e infermiere, ospedalieri e del territorio: tutti insieme sui banchi
Per corrispondenza:
Franco Colonna
e-mail: [email protected]
254
sanitaria
organizzazione sanitaria
della stessa scuola. A parte le competenze
tecniche sull’allattamento, questi corsi ci
permisero di acquisire abilità di counselling, utili in tutti gli ambiti dell’attività professionale.
La conoscenza del Codice di Commercializzazione dei sostituti del latte materno
ci indusse a maggior trasparenza e rigore
nei rapporti con l’industria del latte artificiale per non ridurci a meri terminali di
logiche di marketing o promotori involontari di prodotti coperti del Codice alimentare [3]. Questi corsi furono inoltre un’occasione per condividere progetti e un orizzonte: un’occasione preziosa in realtà organizzative fino ad allora a compartimenti
stagni.
Formati e motivati tutti gli operatori, i cambiamenti divennero più facili. Il gruppo
decise di concentrarsi su obiettivi specifici,
uno alla volta. Dopo il mese in cui buttammo via ciucci e paracapezzoli, ci fu il mese
in cui smettemmo di fare doppie pesate e
quello in cui, superando un pudore fuori
luogo, ci decidemmo a insegnare a tutte le
madri la spremitura manuale del seno.
Il maggior salto di qualità lo compimmo
nel ottobre 2005, mese del bonding. Dopo
adeguata preparazione proponemmo a tutte
le madri il contatto pelle a pelle come
modalità “naturale e normale, emozionante
e scientifica” di accudire il neonato nelle
prime ore di vita. Questo passo fu così gradito dalla maggioranza delle madri che
abbiamo ampiamente superato la richiesta
minima dell’Unicef di 30 minuti di bonding. Ora questo momento magico si prolunga finché lo desidera la madre, spesso
per più di 3 ore e – se possibile e desiderato – viene proposto anche in caso di parto
cesareo [4].
I valutatori dell’Unicef ci hanno sempre
consigliato e proposto soluzioni e strategie:
un ruolo da noi sempre più gradito e “naturale” dopo iniziali diffidenze e timori di
esser “giudicati ed eterodiretti”.
L’Unicef ottenne poi dalla direzione generale una policy vincolante per tutta l’azienda in cui si riconosceva l’importanza della
promozione dell’allattamento naturale e
l’impegno a sostenere tutte le azioni elencate nei 10 passi e a non accettare più doni
o sconti sui piccoli quantitativi di latte artificiale che dobbiamo acquistare.
All’inizio del 2007 ottenemmo il riconoscimento di “Ospedale amico del bambino”.
Non un arrivo ma solo un’altra tappa di una
dinamica virtuosa di progresso collettivo [5].
Quaderni acp 2011; 18(6)
Effetti collaterali positivi
dal cambiamento
e nuove prospettive
Proviamo ora a elencare alcuni effetti collaterali inattesi ma assolutamente positivi
che questo percorso ha determinato in noi.
I neonati hanno un nome, un posto dove
stare bene (con la madre), una cartella clinica integrata e unica medico-infermieristica in linea anche con le raccomandazioni di organismi internazionali di certificazione come la Joint Commission. I loro
bisogni sono ascoltati e rispettati.
Le madri sono più autonome e competenti
e hanno più fiducia nelle proprie capacità
genitoriali.
Il loro ricorso all’ospedale subito dopo la
dimissione e in qualsiasi forma (telefonate,
visite ambulatoriali o di Pronto Soccorso) è
diventato eccezionale. Anche i padri sono
più partecipi e competenti nel sostegno alla
madre.
Le infermiere non sono più quelle di una
volta: il loro compito non è infatti più quello di sostituirsi alla madre ma quello di
sostenerla e incoraggiarla. Questo nuovo
ruolo richiede flessibilità, professionalità e
abilità di counselling. Il carico di lavoro
non è affatto diminuito ma si è spostato da
mansioni prevalentemente tecnico/esecutive ad altre più complesse. Tante operatrici si dicono soddisfatte della maggiore
autonomia, di un lavoro che richiede collaborazione, coerenza, cultura, capacità di
ascolto e di fornire un’assistenza personalizzata.
Medici e altri operatori sanitari si conoscono meglio e lavorano in équipe.
Non abbiamo più sponsor e scegliamo liberamente gli aggiornamenti che hanno veramente valore per noi.
Il ruolo del pediatra non è più facile né più
veloce, ma più vario e appagante: invece di
prescrivere tipi e dosi di latte, osserva
meravigliato le competenze del neonato,
condivide coi genitori le sue osservazioni,
li rende protagonisti e consapevoli di tutte
le decisioni.
Per alcuni non è stato facile accettare la
valutazione esterna del proprio lavoro;
eppure, con una buona dose di umorismo,
ostinazione e lavorando in squadra, abbiamo abbattuto barriere che credevamo invalicabili e fatto molta strada verso l’orizzonte di un ospedale e di una comunità a misura di bambino.
Conclusioni
Riassumendo e parafrasando gli ormai famosi “dieci passi” dell’Unicef, la nostra piacevole esperienza è che, seguendo il suddetto percorso, si possono conseguire quasi
inevitabilmente almeno altri dieci “salti di
qualità” che potremmo così riassumere:
01. Fare squadra e crescere gradualmente
tutti assieme.
02. Sviluppare in modo condiviso tematiche assistenziali, culturali, scientifiche
tra medici e infermieri, pediatri e ginecologi, ospedale e territorio, ottenendo
miglior conoscenza reciproca e collaborazione tra i vari servizi del sistema
materno-infantile.
03. Maturazione di nuovi leader naturali.
04. Approfondire e inverare temi etici.
05. Evoluzione del lavoro: da esecutivo e
per mansioni al lavoro creativo e professionalizzante per obiettivi.
06. Riorganizzare l’assistenza perinatale in
base a evidenze scientifiche condivise a
livello internazionale invece che attorno a prassi e usanze locali.
07. Attitudine a valutare sistematicamente i
risultati della propria organizzazione,
non solo in termini di allattamento.
08. Mentalità più aperta e crescente, apprezzamento per il supporto e la valutazione da parte di colleghi, consulenti e
organizzazioni esterne.
09. Cartelle cliniche unificate mediche e
infermieristiche rispondenti a criteri di
qualità certificabili anche da organismi
internazionali.
10. Aumento della soddisfazione e dell’orgoglio di gruppo: il successo genera
piacere e senso di appartenenza,
aumenta le motivazioni e diminuisce i
conflitti. u
Bibliografia
[1] Speri L. L’Ospedale amico dei bambini. Milano:
Masson Editore, 2004.
[2] I dieci passi UNICEF. http://www.unicef.it/doc/150.
[3] Codice internazionale sulla commercializzazione
dei sostituti del latte materno. www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1467_listaFile_itemName_7
_File.pdf.
[4] Colonna F, Robieux I, Santin E, et al. Padre in sala
operatoria e contatto precoce “pelle a pelle” durante
il taglio cesareo: si può fare. Quaderni acp 2009;16:
10-4.
[5] Ospedali amici dei bambini. http://www.unicef.it/doc/148/ospedali-amici-dei-bambini.htm.
255
mentale
Quaderni acp 2011; 18(6): 256
La terapia cognitivo-comportamentale
in età evolutiva
Angelo Spataro (a cura di)
Pediatra di famiglia, ACP Trinacria, responsabile della Segreteria “Salute mentale” dell’ACP
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC), in questi ultimi anni, ha avuto una larga applicazione per un vasto numero di disturbi psicologici del bambino e dell’adolescente. Fra le varie forme di psicoterapia la TCC ha una grande diffusione perché risulta
ancorata alla ricerca scientifica e perché giunge alla soluzione di molti disturbi emotivo-comportamentali in un tempo relativamente breve. La TCC è efficace? In ambito pediatrico, quali disturbi possono avvantaggiarsi di questa psicoterapia? L’intervista
è a Ettore Piro, pediatra del Dipartimento materno-infantile presso l’Università di Palermo, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.
Parole chiave Terapia cognitivo-comportamentale. Disturbi dello sviluppo. Ritardo mentale
Che cos’è la terapia cognitivocomportamentale (TCC) e qual è il
modello teorico alla base di questa
psicoterapia?
Con il termine TCC si fa riferimento a
numerose tecniche psicoterapeutiche per
il trattamento di problemi psico-comportamentali ed emotivi e in età evolutiva
prevede il coinvolgimento della famiglia
(counselling e training genitoriale) e
degli adulti che gestiscono il bambinoadolescente nell’ambito delle sue attività
scolastiche, ludiche, sportive e abilitative. La terapia cognitiva (TC), definita di
prima generazione, si ispira a modelli
comportamentisti e si basa sui processi di
apprendimento condizionato (i primi tentativi di trattamento comportamentale
dell’enuresi infantile risalgono alla fine
degli anni Trenta). La TC si sviluppò
ampiamente tra il 1950 e il 1970. Nella
metà degli anni Sessanta, con l’avvento
del cognitivismo, che considera fondamentali gli aspetti cognitivi ed emotivi
nel determinismo dell’espressione comportamentale e del disagio psichico, si
assiste allo sviluppo della terapia cognitiva di seconda generazione. Fondamentale per l’approccio cognitivista è il generare nel paziente delle modificazioni
dei suoi pensieri irrazionali e degli schemi cognitivi patogeni attraverso un processo di ristrutturazione cognitiva basato
principalmente su tecniche di confutazione socratica. Mediante la confutazione il paziente abbandona le credenze
disfunzionali responsabili di un’alterata
interpretazione della realtà per assumere
modalità più razionali di “lettura” degli
eventi. Alla fine degli anni Ottanta avviene la fusione delle due generazioni della
Per corrispondenza:
Angelo Spataro
e-mail: [email protected]
256
TC, con lo sviluppo della TCC. Dall’inizio degli anni Novanta si assiste all’emergere di altre tecniche psicoterapeutiche, da alcuni considerate terza generazione della TCC. Di queste ultime tecniche non è attualmente disponibile
un’ampia casistica di applicazione in età
evolutiva.
Che differenza c’è rispetto alle
altre psicoterapie?
Gli aspetti peculiari della TCC in età
evolutiva sono l’intervento focalizzato
sul qui ed ora e la figura del terapeuta
che assume un ruolo “elasticamente” direttivo con il coinvolgimento della famiglia e di altre figure di riferimento per il
bambino/adolescente. Aspetto peculiare
per un successo terapeutico è nel bambino di età scolare, e soprattutto nell’adolescente, la motivazione al cambiamento,
con adesione al progetto terapeutico. Per
la pianificazione di un intervento sono
necessarie un’attenta identificazione, una
definizione e registrazione del comportamento problematico (B), di quello che è
avvenuto precedentemente (A) e delle
conseguenze (C) che il comportamento
ha determinato. Dall’analisi critica di
queste sequenze comportamentali si può
generare una ipotesi funzionale del comportamento problematico, identificare
grossolani errori di gestione educativa da
parte dei genitori e di altre figure di riferimento.
In ambito pediatrico, per quali
disturbi è indicata la TCC? A quale
età può essere iniziata?
Metodi e tecniche di abilitazione che si
ispirano al comportamentismo sono utilizzati con i soggetti affetti da disturbi
pervasivi dello sviluppo e da ritardo
mentale. Nel bambino piccolo con
disturbi psico-comportamentali ed emotivi la TCC si basa su un intervento in cui
il terapeuta riveste la figura di organizzatore delle specifiche attività di esercizi
comportamentali per il cui svolgimento
si richiede una stretta collaborazione con
i genitori. Con questa strategia di intervento la TCC si applica nei disturbi del
sonno, nei disturbi dell’alimentazione,
nell’enuresi, nel disturbo oppositivo provocatorio, nel disturbo d’ansia da separazione, in alcune fobie e nel disturbo
ossessivo compulsivo del bambino piccolo. Nei bambini più grandi può essere
applicata in questi disturbi e in altri tra i
quali il disturbo da tic, i disturbi della
sfera alimentare, l’estrema timidezza, il
disturbo post-traumatico da stress, i disturbi dell’umore, il disturbo della condotta e il bullismo e l’ADHD. In questi
casi si applicano anche le tecniche di tipo
cognitivo.
Qual è la sua efficacia? Quanto
dura?
L’efficacia della TCC è stata documentata da molti studi, ma va ricordato che il
risultato del trattamento dipende dal
livello di competenza dell’operatore,
dalla costruzione di una valida alleanza
terapeutica che coinvolge il terapeuta, il
bambino/adolescente, la famiglia e le
altre figure di riferimento, e dalla motivazione intrinseca del paziente.
La durata delle terapia è variabile, ma
caratteristica della TCC è la relativa brevità rispetto ad altre psicoterapie. I tempi
dipendono anche dal tipo di problema e
dall’età del soggetto. Si può variare da
terapie brevi (4-8 sedute nell’arco di 2-3
mesi) per minimi problemi comportamentali, a terapie di durata maggiore per
situazioni più strutturate.
Il mantenimento nel tempo dei risultati
dipende dal tipo di disturbo, dai tempi e
dal grado di impegno che sono stati
necessari per ottenere i primi risultati
positivi e dall’abilità del paziente e dell’ambiente in cui il paziente è inserito nel
mantenere stabili nel tempo i risultati
ottenuti. A tale scopo si rivelano utili
sedute e/o attività ed esercizi di “richiamo” sia per i genitori che per il piccolo
paziente. u
fra due mondi
Quaderni acp 2011; 18(6): 257
Il viaggio di Ulisse
Interventi specialistici e di medicina generale nei Paesi in via di sviluppo
Fabio Sereni, Alberto Edefonti
Clinica Pediatrica dell’Università di Milano
Giancarlo Biasini ha avuto l’idea di dar vita,
su Quaderni acp, a una serie di articoli dedicati all’impegno degli acipini nella
“Cooperazione internazionale” e mi ha chiesto di collaborarvi. Ho tratto dal fondo di un
mio cassetto la breve, ma istruttiva storia
che ho scritto con Alberto Edefonti pochi
mesi orsono per una iniziativa non andata in
porto, ma che è all’inizio dell’attenzione
mia e dei miei collaboratori per questo tipo
di interesse. È la storia di un bambino del
Centro America affetto da una grave nefropatia che lo avrebbe dovuto far morire, a cui
invece è sopravvissuto, dando inizio a un
progetto di cooperazione internazionale.
Una vicenda esemplare, ma certamente non
unica, che dimostra come da un episodio di
usuale solidarietà possa sortire, quasi per
inerzia, un vantaggio per molti. Sono lieto
che Giancarlo abbia accettato di pubblicarla, soprattutto perché mi darà modo di esprimere alcune considerazioni sulla cooperazione internazionale pediatrica, sulla quale
mi piacerebbe si aprisse una discussione con
gli amici dell’ACP.
Ulisse di Managua
Era il febbraio dell’anno 2000. A Managua,
capitale di un Paese poverissimo, il Nicaragua, e per giunta devastato da un terremoto che un decennio prima aveva causato
più di 50.000 morti, si teneva il Congresso
della Società di Nefrologia del Centro America e dei Caraibi. Eravamo stati invitati
a tenere alcune conferenze, per portare, nei
limiti del possibile, innovazione e cultura
in un sistema sanitario appena istituito. Riceviamo, poco dopo l’arrivo, una telefonata dall’Ambasciata d’Italia che chiede il
favore di visitare il figlio di quattro anni
(“malato di reni”) di una giovane impiegata nicaraguense di una ONG italiana per il
quale i medici del luogo si dichiaravano
impotenti a cure efficaci, e prospettavano
la fine in tempi brevi. Viene subito portato
all’albergo un bel bambino, molto sofferente e in braccio alla madre perché, per
patologie scheletriche molto gravi, non
aveva neppure potuto tentare di iniziare a
muovere i primi passi. Il bimbo era affetto
da una grave insufficienza renale cronica
che avrebbe avuto come indicazione, se
avesse avuto la fortuna di nascere in Italia
Per corrispondenza:
Fabio Sereni
e-mail: [email protected]
o in altro Paese con una sanità efficiente, la
dialisi e il successivo trapianto di rene.
In Nicaragua tutto ciò era impossibile.
Erano allora tempi in cui era molto più
semplice di ora trasferire in Italia pazienti
bisognosi di cure provenienti da Paesi
senza risorse sanitarie adeguate.
Si decise, seduta stante, di trasferire il bambino con la mamma a Milano, confidando,
per coprire le inevitabili non trascurabili
spese, nel tradizionale cuore di Milano. E il
cuore subito rispose.
La Regione Lombardia si impegnò a coprire le spese sanitarie, mentre ai privati
spettò l’onere di mantenere per tempi non
brevi madre e figlio a Milano. La madre si
dichiarò disponibile, se fosse stato possibile, a donare un suo rene al bambino.
Furono necessari due lunghi anni perché
fossero ricostruite, seppure parzialmente,
le vie urinarie del bambino, così da metterlo in condizione di ricevere il rene materno.
Intanto il bambino era mantenuto in vita
con la dialisi cronica alla Clinica “De
Marchi” di Milano. E il gran giorno finalmente venne. Era il 4 aprile dell’anno 2003
quando al Padiglione Zonda del Policlinico
di Milano fu prelevato alla madre un rene
che fu trapiantato a suo figlio. Sono oramai
passati quasi dieci anni. Ulisse a quattro
anni era molto piccolo, sofferente, non
camminava, ma il suo sviluppo psichico
era normale. Ora è un bel ragazzo, normalmente sviluppato.
A sei anni è potuto ritornare in Nicaragua,
ma ha lasciato di sé un così bel ricordo che
due anni fa persone che lo avevano conosciuto e amato in Italia, lo hanno richiamato nel nostro Paese per garantirgli un futuro migliore. E oggi frequenta con ottimo
profitto la prima classe della scuola media
di Bollate. Questa sarebbe, per sommi capi,
una bella ma ordinaria storia di solidarietà
umana. Ma dalla storia di Ulisse è nato un
grande progetto e di questo vogliamo brevemente parlare. Ci eravamo fatti promotori di curare in Italia Ulisse, un piccolo bambino molto sofferente, come ce ne sono
moltissimi nei Paesi meno fortunati. Sapevamo che era pochissima cosa e che era
evidente che si doveva fare di più, cercare
di correggere carenze di assistenza per noi
intollerabili, per noi che consideriamo la
sanità efficiente non un privilegio ma un
diritto, per tutti i bambini del mondo. Cittadini e professionisti milanesi si offrirono
nel lontano 2001 di progettare e sostenere
in Nicaragua un progetto organico per la
istituzione di un servizio di nefro-urologia pediatrica “completo”. La Regione Lombardia è stata, per lunghi anni, fondamentale nel mettere a disposizione mezzi e competenze. Il Governo del Nicaragua ha fatto
la sua parte. Il risultato di tutto questo sforzo congiunto, tra pubblico e privato, tra
Regione Lombardia e Governo del Nicaragua, è che oggi in quel Paese i bambini
come Ulisse sono bene curati dai medici e
dalle strutture del Servizio Sanitario
Nazionale. Vi è dialisi pediatrica e i bambini che ne hanno necessità sono trapiantati;
vi è urologia pediatrica, per ricostruire vie
urinarie malformate; vi sono in tutto il Paese ambulatori specialistici per la buona ordinaria cura delle malattie urinarie infantili
e per la profilassi dell’insufficienza renale.
Di tutto ciò dobbiamo ringraziare Ulisse e
la sua coraggiosa mamma.
Una domanda
Ma questa storia, come tante altre, impone
di discutere su un problema molto importante per tutti coloro che si occupano organicamente di cooperazione sanitaria internazionale in campo pediatrico. Il problema
è se sia opportuno patrocinare, sostenere,
organizzare servizi specialistici a favore di
un ristretto numero di pazienti in Paesi in
via di sviluppo, nei quali vi è ancora molto
da fare per assicurare un’assistenza di base,
medica e sociale, adeguata. Rimaniamo
nell’esempio per mettere meglio a fuoco il
problema. Il Progetto milanese di nefrourologia pediatrica in Nicaragua, iniziato nel
lontano 2000, compie oggi 11 anni. Condotto in pieno accordo con i vari Governi
che si sono succeduti, è finora costato alla
Regione Lombardia e ai benefattori milanesi che lo hanno finanziato (approssimativamente in parti uguali) circa 2 milioni di
euro. Ma costa e costerà ben di più alla
sanità pubblica del Nicaragua: basti pensare alle spese per la dialisi cronica extracorporea e peritoneale, alle spese per i trapianti, a quelle per le analisi di laboratorio e per
le biopsie, e a quelle, non certo trascurabili per l’assistenza sociale necessaria. È
“completamente” giusto avere indotto questa nuova necessità assistenziale “per
pochi” in un Paese che ancora oggi deve
soddisfare pienamente altre necessità più
basilari mediche e sociali per bambini
con patologie molto più frequenti, anche se
forse meno gravi? Non è un problema
da discutere su questa rivista di persone
attente? u
257
Quaderni acp 2011; 18(6): 258-259
Rubrica a cura di Sergio Conti Nibali
L’OMS verso
la privatizzazione?
Un articolo di Nicoletta Dentico sul Manifesto spiega la grave situazione in cui si
trova l’Agenzia creata per difendere la
salute a livello mondiale. “La questione è
piombata al centro dell’arena negoziale
già all’inizio dell’anno – dice la Dentico – durante una riunione del Comitato
esecutivo dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS), quando la direttrice
Margaret Chan ha preso in contropiede i
193 Stati membri annunciando il proposito di imbarcarsi in una consistente
ristrutturazione dell’Agenzia. La decisione ha dominato incontrastata la discussione all’annuale Assemblea Mondiale
della Sanità lo scorso maggio, agitando
non poco gli animi della comunità impegnata nell’ambito della Salute pubblica e
conquistandosi le prime pagine della
stampa internazionale. Si tratta di un passaggio storico per l’OMS, lo snodo più
critico dai tempi della sua fondazione nel
1948. L’OMS è malata, i sintomi sono
numerosi e anche gravi, ed emergono dai
commenti di alcuni funzionari ai più alti
livelli: assenza di visione sul proprio
ruolo, mancanza di coraggio e di leadership, scarsa trasparenza, un’immagine
pesantemente ammaccata negli ultimi
anni dai ricorrenti episodi di commistione con l’industria farmaceutica (per esempio nella gestione dell’influenza A e
della H1N1, e nella scelta degli esperti
di un gruppo di lavoro per l’innovazione medica). L’indipendenza dell’OMS è
messa in dubbio dall’interno, laddove si
riconosce che – sempre più spesso – la
competenza tecnica dell’organizzazione
deve essere negoziata politicamente con
gli interessi degli Stati, con esiti talvolta
disarmanti” (Lettera “Nograziepagoio”
n. 17 - luglio 2011).
palmente due. La prima è la necessità di
distinguere tra morte precoce/evitabile o
meno. La NCDs Alliance afferma che “le
NCDs contribuiscono in larga misura
alla mortalità globale”. Ma non è esattamente così. In Europa l’81,2% degli
uomini e il 90,4% delle donne muoiono
per una malattia cronica; in Africa solo il
24% degli uomini e il 25,8% delle donne.
Quando la gente si trova nella condizione di arrivare alla vecchiaia, allora sì
– afferma la Heath – che morirà per una
malattia cronica. Gli sforzi andrebbero
concentrati piuttosto sulla mortalità precoce/evitabile con un efficace e tempestivo sistema di cure. La seconda preoccupazione è il riferimento a valori pressori
>140/90 mmHg o concentrazioni di colesterolo >5,2 mmol/l. Queste soglie inopportune – dichiara la Heath – hanno già
prodotto una medicalizzazione senza
precedenti nei Paesi ricchi e hanno fatto
sprecare imponenti quantità di risorse
sanitarie. Sarebbe una vera tragedia se
queste soglie venissero utilizzate anche
nei Paesi poveri. Lo stesso problema si
estende ai programmi di screening tumorali. Mentre le evidenze dimostrano
rischi crescenti di eccessi di diagnosi
(falsi positivi), la NCDs Alliance ha pubblicato un documento per “una prevenzione su larga scala, diagnosi precoce e
programmi di screening per le popolazioni a rischio per NCDs”. Come mai?
Secondo la Heat l’indizio deve essere
ricercato nel suo “Gruppo di Supporters”: Roche, Medtronic, Sanofi-Aventis,
Novo Nordisk, Takeda, Eli Lilly, Johnson & Johnson e Pfizer; queste aziende
avrebbero un enorme profitto se screening inappropriati fossero implementati
in ogni parte della terra! Come non condividere le preoccupazioni di Iona
Heath? (http:// www.bmj.com/content/
343/bmj.d4239. extract).
Malattie croniche:
un progetto
apparentemente virtuoso
Sul British Medical Journal del 9 luglio
Iona Heath (presidente del “Royal College” dei Medici di famiglia britannici)
critica il piano per le malattie croniche
proposto dalla Non-Communicable Diseases (NCDs) Alliance, che è stato discusso il 19 e 20 settembre a New York
in un summit con le Nazioni Unite. Le
preoccupazioni della Heath sono princi-
UK: sospesa la riforma
della Sanità
La riforma sanitaria del Servizio Sanitario inglese (si veda Quaderni acp
2011;18:102) ha subito un primo stop.
L’Associazione dei medici (la potente
BMA) ha ritenuto velleitario il Progetto
del Governo e lo ha bloccato. Dopo uno
stop di tre mesi il Progetto sarà ridiscusso e molto probabilmente “ammorbidito”. Il cuore doveva essere la medicina
del territorio con lo smantellamento delle
258
Health Authorities (le ASL inglesi) e dei
152 Primary care trust e la loro privatizzazione con attribuzione delle loro funzioni a consorzi di medici di medicina
generale. Contrarie anche le associazioni
dei pazienti (IlSole24ORESanità 12-18
aprile 2011).
Benfluorex:
una storia ignobile
“Tra i 500 e i 2000 cittadini francesi sono
morti (e molti di più si sono ammalati) di
valvulopatia cardiaca in seguito all’assunzione tra il 1976 e il 2009 di benfluorex, un farmaco anoressizzante travestito
da adiuvante glicometabolico per soggetti diabetici. La storia di come ciò sia
potuto accadere è ignobile, come tutte le
storie che fanno prevalere sul diritto alla
salute delle persone gli interessi economici di qualcuno, in questo caso quelli
dei laboratori Servier, secondo gruppo
farmaceutico francese”.
Questa la premessa all’articolo pubblicato sul n. 3/2011 di Dialogo sui Farmaci.
Su Saluteinternazionale.info Guido Giustetto aggiunge altre notizie interessanti
su “come le strategie di marketing, la
promozione e la lobby siano riuscite a
tenere in commercio per più di trent’anni
un farmaco (e venderne oltre 145 milioni
di confezioni a più di 2 milioni di pazienti) che fin dall’inizio della sua commercializzazione presentava evidenti
elementi di pericolosità per la salute”.
Un altro particolare singolare è la censura del sottotitolo del libro di Irène
Frachon, medico francese che ha vissuto
in prima persona la vicenda del benfluorex (commercializzato in Francia come
Mediator) nella tenace difesa della salute dei suoi pazienti. Al libro intitolato
Mediator 150 mg. Combient de morts?
(Quanti morti?) – spiega la rivista Préscrire – è stato censurato il sottotitolo
“Quanti morti?” (Lettera “Nograziepagoio” n. 18 - ottobre 2011).
Linee-guida francesi
ritirate per potenziali
conflitti di interesse
Il British Medical Journal informa che,
in Francia, la più alta Corte amministrativa ha deciso il ritiro immediato di lineeguida prodotte dall’autorità sanitaria di
quel Paese, per potenziali distorsioni e
mancata dichiarazione dei conflitti di in-
info
Quaderni acp 2011; 18(6)
salute
teresse da parte di alcuni Autori. Il problema era stato sollevato da Formindep
(associazione francese che promuove la
formazione e l’informazione medica indipendente) che si è rivolta alla Corte
dopo il rifiuto dell’autorità di ritirare le
linee-guida sul diabete di tipo 2 e sulla
malattia di Alzheimer. L’accusa di Formindep riguardava il fatto che i coordinatori di entrambi i gruppi di lavoro avevano conflitti di interesse “maggiori” e
4 membri del gruppo di lavoro sul diabete di tipo 2 non avevano presentato la dichiarazione pubblica sui conflitti di interesse, contravvenendo così alla legge nazionale sui conflitti di interesse e alle regole interne della stessa Agenzia. Il presidente dell’autorità, Jean-Luc Harrousseau, ha annunciato che tutte le linee-guida prodotte dal 2005 verranno riesaminate per quanto riguarda la gestione del conflitto di interessi e, se necessario, ne verranno ritirate altre. E in Italia? Attualmente i conflitti di interesse di chi redige
linee-guida o raccomandazioni delle
agenzie nazionali non sono accessibili. Il
Sistema Nazionale Linee-Guida richiede
agli esperti una dichiarazione ma non ne
pubblica i risultati. E le regole per la
gestione di eventuali conflitti di interesse
non sono note. Un primo traguardo auspicabile sarebbe la trasparenza (BMJ 2011;
342:d4007; doi: 10.1136/bmj.d4007).
Micotossine
nel latte di formula e negli
omogeneizzati di carne
Ecco una notizia che immaginiamo farà
fatica ad arrivare in prima pagina; non
dubitiamo che qualcuno remerà contro.
Una bella percentuale di latti formulati e
di omogeneizzati di carne commercializzati in Italia potrebbe essere contaminata
da micotossine, un gruppo di sostanze
potenzialmente tossiche e carcinogene,
come dimostrato dalle numerose leggi
che ne proibiscono la presenza negli alimenti. E potenzialmente più tossiche e
carcinogene se presenti in alimenti per
lattanti, dato che questi non hanno (o
meglio – per i sostenitori dell’alimentazione industriale per i bambini – non
dovrebbero avere) una dieta variata
come i bambini più grandi e gli adulti,
ma possono essere alimentati solo o principalmente con latte formulato e omogeneizzati.
La scoperta è di un gruppo di ricercatori
dell’Università di Pisa ed è pubblicata in
anteprima dal Journal of Pediatrics. Gli
Autori dell’articolo hanno analizzato 185
campioni di latte formulato, sia in polvere sia liquido e pronto all’uso, di 14 marche trovati in vari punti vendita nel 2007
e 2008. I latti erano in maggioranza di
tipo 1, quelli raccomandati per i primi
6 mesi, ma c’erano anche latti per neonati prematuri. Hanno analizzato anche 44
campioni di omogeneizzati di carne, di
solito raccomandati dai 4 mesi di età,
di 7 marche, tutti commercializzati nel
2008. Le carni usate erano di manzo,
vitello, pollo, tacchino, coniglio, maiale,
cavallo e agnello.
L’analisi consisteva nel cercare la presenza di diversi tipi di zearalenone, una
micotossina non steroidea prodotta da
batteri spesso presenti in diversi cereali,
usati appunto negli allevamenti di vari
animali, comprese le mucche da latte,
latte che poi serve di base per la preparazione delle formule per lattanti. Cos’hanno trovato?
Diversi tipi di zearalenone erano presenti tra il 9% e il 28% dei latti tipo 1, ma
anche in uno dei campioni di latte per
neonati pretermine, senza differenze
significative tra le varie marche. Le micotossine erano presenti anche nel 27%
dei campioni di omogeneizzati alla
carne, anche in questo caso senza differenze significative tra marche. Gli Autori hanno anche stimato le quantità medie
di micotossine che un lattante ingerireb-
be per kg di peso, se fosse alimentato
solamente con latte di formula. Questo
valore supererebbe gli 0,5 microgrammi
per kg di peso al giorno, che è il limite di
sicurezza raccomandato dalle più importanti agenzie regolatorie internazionali. E
per i bambini questo rappresenta un considerevole rischio, data la loro velocità di
crescita e sviluppo, il metabolismo elevato, e l’immaturità dei loro sistemi di
depurazione e di molti organi e tessuti,
sistema nervoso centrale in primo luogo.
Le micotossine trovate negli alimenti per
l’infanzia provengono evidentemente
dagli animali usati dall’industria per la
preparazione di questi prodotti; più precisamente dalle granaglie usate per l’alimentazione di questi animali, spesso non
controllate rigorosamente o addizionate
di sostanze proibite. Alla faccia delle
oasi ecologiche e della sicurezza millantata dalle ditte produttrici. Gli Autori
della ricerca raccomandano controlli più
rigorosi.
(Meucci V, et al. Mycoestrogen pollution
of Italian infant food. J Pediatr 2011;
159:278-83)
Bacini di utenza
per specialità
L’agenzia nazionale per i servizi sanitari
(AGENAS) ha emanato dei suggerimenti per le regioni con i piani di rientro per
i fabbisogni di posti letto. Presentiamo
qui (tabella) i fabbisogni identificati per
l’area materno-infantile.
TABELLA
1 UO/milione di abitanti
Mx
Mn
PL/UO
Pediatria
Chirurgia pediatrica
Cardiochirurgia pediatrica
Neurochirurgia pediatrica
Oncoematologia pediatrica
Nefrologia pediatrica
Urologia pediatrica
TI neonatale
Ostetricia
NPI
0,3
2
6
6
4
6
6
1
0,3
0,8
0,15
1
4
4
2
4
4
0,5
0,15
0,3
20
20
16
20
20
20
20
8
24-32
0
Come si legge: 1 UO di Pediatria ogni 0,3 o 0,15 milione di abitanti, 1 Chirurgia ogni 1 o 2 milioni di
abitanti, 1 Cardiochirurgia per 4 o 6 milioni di abitanti ecc.
(IlSole24ORESanità 15: 2011)
259
Quaderni acp 2011; 18(6): 260-262
Lo sviluppo delle cure palliative pediatriche
in oncoematologia: percorso e modelli
Veronica Leoni*, Valentina Decimi*, Milka Adzic**, Daniela Papa**, Momcilo Jankovic*
*Medici - Clinica Pediatrica, Università Milano-Bicocca, Fondazione MBBM, AO S. Gerardo, Monza
**Infermiere - Clinica Pediatrica, Università Milano-Bicocca, Fondazione MBBM, AO S. Gerardo, Monza
Abstract
The development of paediatric palliative care in Paediatric Oncohematology: models and pathways
The second of a series of papers dedicated to paediatric palliative care. The Authors
describe their own experience with children with hematologic neoplasms in the regional context of Lumbardy, Italy. A home care model already realized and supported by
a regional legislation is suggested.
Quaderni acp 2011; 18(6): 260-262
Key words Paediatric palliative care. Clinical pathway. Home care. Regional legislation
Questo è il secondo articolo della serie dedicata alle cure palliative pediatriche. Gli
Autori descrivono la loro esperienza con un bambino affetto da patologia oncoematologica nella realtà milanese e lombarda. Viene proposto un modello di cure a domicilio già concretizzato e supportato da una normativa regionale.
Parole chiave Cure palliative pediatriche. Percorso assistenziale. Cure a domicilio.
Leggi regionali
Un po’ di storia
Negli ultimi decenni un sempre maggior
interesse è stato manifestato nelle cure
palliative in ambito del paziente adulto,
ed enormi sforzi sono stati compiuti sia
dal punto di vista culturale che da quello
programmatorio, organizzativo e assistenziale. Nell’ambito di tale percorso si
è maturato il concetto che anche i bambini possono essere colpiti da malattia
inguaribile e, indipendentemente dall’età, sperimentare tutte le problematiche
cliniche, psicologiche, relazionali e spirituali che la malattia inguaribile e la conseguente morte comportano. Nella nostra
cultura la morte di un bambino è percepita come qualcosa di profondamente
ingiusto, e l’informazione in merito è
scarsa e spesso negata. Tale condizione
risulta un fattore che ha limitato lo sviluppo delle cure palliative pediatriche
(CPP). L’OMS definisce le CPP come
l’attiva presa in carico globale del corpo,
della mente e dello spirito del bambino e
comprende il supporto attivo alla famiglia (Cancer Pain Relief and Palliative
Care in Children, WHO-IASP, 1998). Il
bambino con patologia inguaribile e/o
con disabilità importante e/o terminale
risulta il paziente elettivo per le CPP; l’obiettivo delle CPP è prediligere e miglioPer corrispondenza:
Momcilo Jankovic
e-mail: [email protected]
260
rare la qualità di vita del piccolo paziente e della sua famiglia, e il domicilio rappresenta nella maggior parte dei casi il
luogo scelto e ideale di assistenza e cura.
Le CPP presentano alcune peculiarità in
quanto devono essere in grado di affrontare le diverse mutazioni fisiologiche,
cliniche, psicologiche e sociali, rispondendo ai bisogni precisi di ogni singola
età di crescita, definendo modelli organizzativi specifici. I modelli di assistenza
devono, pertanto, garantire un intervento
multispecialistico basato sulla priorizzazione dei bisogni del piccolo paziente.
Il progresso medico e tecnologico ha permesso di aumentare e allungare la sopravvivenza di neonati, bambini e adolescenti affetti da malattie altrimenti letali,
senza tuttavia consentirne sempre la guarigione, incrementando progressivamente il numero di pazienti eleggibili a CPP
e creando la necessità di una nuova tipologia di assistenza con bisogni specifici e
intervento di tipo multispecialistico.
Il primo documento tecnico sulle CPP è
stato elaborato il 27 giugno 2007 e successivamente il 20 marzo 2008 in occasione dell’accordo tra Stato e Regioni.
In tale documento vengono forniti i criteri di eleggibilità, i modelli organizzativi
dell’assistenza e gli elementi utili allo
sviluppo di progetti regionali di CPP.
La definizione dei criteri di eleggibilità è
per il bambino più complessa rispetto all’adulto, sia per la specificità delle patologie, sia per il differente approccio in
relazione all’accrescimento e per le difficoltà nel determinare l’eleggibilità temporale (vd. Benini F, Gangemi M. “Cure
palliative pediatriche: perché occuparsene”. Quaderni acp 2011;18(5):216-20).
La nostra esperienza
Nel nostro Centro di Ematologia pediatrica dell’Ospedale “S. Gerardo” di Monza, Università Milano-Bicocca, a partire
dal 2006 è in atto un progetto di assistenza domiciliare per pazienti affetti da patologie oncoematologiche nelle fasi terminali della malattia. L’assistenza domiciliare risulta essere una delle attività a
oggi con ruolo potenzialmente discriminante rispetto al servizio e all’assistenza
mediamente fornita nei Centri di cura.
Il Progetto nasce dalla necessità di continuità assistenziale e di una gestione
domiciliare emerse dall’89,5% dei 305
colloqui eseguiti nel periodo dal 1990 al
2010, a famiglie di pazienti emato-oncologici con malattia in fase terminale, in
seguito al decesso del proprio figlio. Tale
Progetto è stato voluto, realizzato e finanziato dalla Fondazione “Magica Cleme” onlus, guidata dal forte interesse da
parte dei genitori direttamente coinvolti
e testimoni di diverse realtà di cura anche
internazionale.
Il Progetto di assistenza è da sempre ritenuto dai genitori di grande sostegno e di
fondamentale importanza. Il riconoscimento e l’enorme apprezzamento di questa attività da parte dei bambini e delle
famiglie sono anche dovuti alla fondamentale e preziosa presenza dell’équipe
medico-infermieristica nell’accompagnamento, sia da un punto di vista medico che psicologico, nella fase terminale
della malattia, dove la qualità di vita e
l’essere al proprio domicilio risultano
priorità assolute. L’obiettivo del Progetto
aggiornamento avanzato
di assistenza domiciliare è di apportare la
miglior qualità di vita al paziente, accompagnandolo a una morte dignitosa e
senza inutili sofferenze, mediante una
terapia di supporto mirata al controllo e
alla prevenzione dei sintomi. Anche la
famiglia che costituisce un punto cardine
per tutta la durata dell’assistenza deve
essere accompagnata e guidata in questo
nuovo e doloroso percorso nelle fasi che
precedono e seguono il lutto per la morte
del figlio. La progressione di malattia
emato-oncologica e le condizioni negli
ultimi giorni di vita di un bambino affetto da una patologia inguaribile, potenzialmente mortale, variano da caso a
caso: la gestione del “processo del morire” deve essere personalizzata in base ai
sintomi presenti in ogni singolo paziente.
I sintomi spesso non si presentano singolarmente (concomitanza dei sintomi) e la
loro intensità tende progressivamente ad
aumentare (“effetto in crescendo”). In
tale situazione, dopo aver identificato i
sintomi disturbanti, diventa necessario
identificare quello che maggiormente
limita la qualità di vita del piccolo
paziente (priorizzazione dei bisogni). È
importante mantenere un costante equilibrio tra sollievo dei sintomi, prevenzione
degli effetti collaterali dei farmaci e
aspettative del bambino.
Il Progetto prevede che l’assistenza domiciliare venga fornita da parte di un’équipe dedicata, costituita al momento da
due pediatri/ematologi e quattro infermiere del Centro di Ematologia pediatrica. Le figure componenti l’équipe risultano già ampiamente conosciute da parte
del paziente e della famiglia durante il
percorso di cura, condizione necessaria
per garantire la continuità assistenziale.
Il coordinamento del programma è affidato ai medici dell’équipe stessa. L’assistenza prevede, ove possibile e soprattutto se essa viene erogata a domicilio, il
coinvolgimento del pediatra di famiglia
sin dall’attuazione del programma stesso. In base alla disponibilità e in tempi
brevi, l’équipe richiede l’intervento dei
servizi territoriali Asl per la fornitura dei
materiali e degli ausili necessari e per
l’eventuale supporto da parte del personale specifico per le cure primarie alla
persona. Durante il periodo di assistenza
è gradita qualunque altra figura anche
Quaderni acp 2011; 18(6)
non professionale, identificata e richiesta
dalla famiglia e/o dal paziente. L’assistenza viene erogata da parte dell’équipe stessa principalmente al domicilio del
paziente. Eventuali valutazioni cliniche
presso il Day-Hospital di Ematologia
pediatrica vengono mantenute al fine di
non far percepire il senso di abbandono
terapeutico o se richieste dalla famiglia
e/o dal bambino.
L’eventuale ospedalizzazione viene riservata in condizioni strettamente necessarie, in caso di difficoltà di gestione dei
sintomi refrattari o se richiesta dal bambino stesso e/o dalla famiglia. Il Progetto
prevede, pertanto, la disponibilità di un
posto letto ospedaliero riservato. Durante
l’intero periodo di assistenza, dalla diagnosi di progressione di malattia al
decesso del paziente, viene assicurata la
presa in carico globale fisica e psicologica del paziente e dei suoi familiari.
Durante l’assistenza, l’équipe garantisce
la reperibilità telefonica di 24 ore e contatti telefonici giornalieri di supporto alla
famiglia in tale percorso.
L’assistenza stessa comporta valutazioni
domiciliari, inizialmente a frequenza
bisettimanale, in seguito progressivamente più frequenti e quotidiane negli
ultimi giorni di vita. Durante tali valutazioni viene erogato qualsiasi tipo di assistenza, in particolare: infusione di terapie
specifiche per la gestione e la prevenzione dei sintomi, trasfusioni di emoderivati, somministrazione di terapia di supporto compresa ossigenoterapia e supporto
psicologico. L’équipe, qualora possibile,
instaura una stretta collaborazione con il
pediatra di famiglia, che gioca un ruolo
rilevante nella continuità assistenziale.
Al decesso del paziente seguono una
revisione da parte dell’équipe stessa del
percorso di assistenza effettuato e un colloquio con la famiglia per l’elaborazione
del lutto. Poco prima del decesso del
figlio viene, infatti, offerta alla famiglia
la possibilità di incontrarsi nuovamente
per ripercorrere l’intero percorso di assistenza fin dalla diagnosi. Entro sette
giorni dalla morte del paziente viene
contattata telefonicamente la famiglia e a
tre-quattro mesi dal decesso la famiglia,
se viene accettata la proposta, viene
incontrata in ospedale o in qualsiasi altro
luogo richiesto dalla famiglia stessa. La
rielaborazione del percorso di assistenza
domiciliare e i concetti emersi dalle interviste “post-mortem” costituiscono un
essenziale contributo per costruire una
sempre più appropriata modalità assistenziale, consentendo un continuo progressivo miglioramento della qualità di
assistenza e una più realistica e idonea
programmazione dell’attività.
L’attualità istituzionale
A partire dal 2010 il nostro Centro è inserito in un Progetto di rete di CPP a livello regionale. In data 27 gennaio 2010, in
considerazione degli accordi Stato/Regioni del 2007 e 2008 in materia di CPP,
è stato infatti deliberato da parte della
Regione Lombardia il documento tecnico sulle CPP, pubblicato, in seguito, nel
febbraio 2010 sulla Gazzetta Ufficiale,
che pone le indicazioni specifiche sui
modelli operativi di assistenza in CPP sul
territorio regionale. Obiettivo del Progetto regionale risulta anche la promozione
della formazione in CPP con l’attuazione
di percorsi formativi mirati per gli operatori coinvolti nel Progetto.
Il documento è stato redatto con il contributo di specialisti in CPP e pediatri/medici di famiglia e prevede schemi
di percorsi organizzativi per le quattro
differenti tipologie di malattie eleggibili
a CPP, le medesime indicate nel documento sulle CPP del 27 giugno 2007 e
20 marzo 2008. Nei diversi modelli è
previsto il coordinamento del progetto di
assistenza da parte del Centro di eccellenza di riferimento di CPP, che gestisce
una rete costituita dal distretto Asl, dal
medico/pediatra di famiglia, dai soggetti
erogatori di cure domiciliari e dai servizi
socio-sanitari e socio-assistenziali. La
rete pone in relazione i diversi protagonisti coinvolti al fine di garantire una continuità fra i diversi livelli assistenziali
mentre il Centro di riferimento specialistico assicura la presa in carico dei bisogni assistenziali e il raccordo con i servizi territoriali e i professionisti coinvolti
nell’assistenza domiciliare. Requisito
indispensabile per la domiciliazione è il
coinvolgimento del pediatra di famiglia e
la disponibilità di un’équipe di assistenza
domiciliare con le figure professionali
necessarie a rispondere ai bisogni clinici,
261
aggiornamento avanzato
emozionali ed evolutivi del paziente e
della famiglia. L’assistenza viene fornita
a domicilio con la possibilità di accesso a
letti dedicati all’interno di Centri di riferimento altamente specialistici, qualora
la gestione domiciliare non garantisca le
migliori condizioni di controllo dei sintomi, dei disturbi o dei disagi che derivano dalla terminalità.
I Centri di riferimento specialisti coinvolti in tale Progetto sono i seguenti:
– AO Riuniti di Bergamo;
– AO Civili di Brescia;
– AO ICP di Milano;
– AO S. Gerardo di Monza;
– IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori
di Milano;
– IRCCS Istituto Neurologico Besta di
Milano;
– IRCCS S. Matteo di Pavia;
– IRCCS Medea di Bosisio Parini (CO).
Il percorso assistenziale viene schematizzato nelle tabelle 1 e 2. u
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management of pain in childhood cancer. Pediatrics
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262
Quaderni acp 2011; 18(6)
TABELLA
1: PERCORSO DI PRESA IN CARICO DOMICILIARE
Valutazione da parte dell’équipe ospedaliera dell’opportunità di attivare un
percorso di assistenza domiciliare che coinvolge la famiglia, il pediatra/medico
famiglia e il distretto di riferimento
Condivisione di un Piano di assistenza individualizzato tra Centro specialistico di
riferimento e pediatra/medico di famiglia- Distretto
Attivazione e presa in carico domiciliare
Mantenimento in carico da parte
dell’équipe del Centro specialistico
di riferimento con la collaborazione
del pediatra di famiglia
(Modello Ospedalizzazione domiciliare)
Presa in carico da parte dell’équipe territoriale di cure domiciliari con la responsabilità clinica del pediatra di famiglia e
la supervisione/consulenza del Centro
specialistico di riferimento
(Modello ADI-Cure primarie)
Rivalutazione periodica del Piano di assistenza con possibili cambiamenti dei livelli di cura (ospedale, domicilio) e dei
livelli di presa in carico
(Ospedalizzazione domiciliare/Cure primarie)
TABELLA
2: PERCORSO DI PRESA IN CARICO DOMICILIARE PER PAZIENTE ONCOEMATOLOGICO
Definizione del programma di assistenza futura da parte dell’équipe curante
Condivisione del programma di assistenza con la famiglia
Decisione: cure palliative
Coinvolgimento del pediatra e del Distretto
Presa in carico globale da parte dell’équipe
Assistenza a domicilio come obiettivo con eventuali accessi in day-hospital
Rivalutazione periodica del programma fino all’exitus
Elaborazione del lutto e verifica del percorso
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2006;20:24-39.
Quaderni acp 2011; 18(6): 263-266
Varicella: efficacia dell’Aciclovir
nel trattamento e nella prevenzione
Ilaria Fontana, Cinzia Cucchi, Costantino Panza
Pediatri di famiglia, Reggio Emilia
Abstract
Chickenpox: the effectiveness of Acyclovir in treatment and prevention
In clinical practice Acyclovir is widely used for chickenpox therapy. To verify the correctness of such approach a review of literature was undergone. A Cochrane systematic review doesn’t support its use in healthy children while the American Academy of
Pediatrics recommends its use in children with health problems. At the moment data
analysis and guidelines do not recommend Acyclovir, not even for post exposure prophylaxis of a healthy child.
Quaderni acp 2011; 18(6): 263-266
Keywords Chickenpox. Acyclovir. Post exposure prophylaxis
Nella pratica clinica l’Aciclovir è ampiamente utilizzato nella terapia della varicella.
Abbiamo analizzato la letteratura per valutare se questo atteggiamento prescrittivo è
corretto. La revisione sistematica Cochrane non supporta l’utilità di Aciclovir nel
bambino sano, mentre il documento dell’“American Academy of Pediatrics” fornisce
le raccomandazioni per l’utilizzo nei bambini con problemi di salute. Infine, l’analisi
dei dati e le linee-guida disponibili non consigliano l’utilizzo di Aciclovir anche in
caso di profilassi post-esposizione nel bambino sano.
Parole chiave Varicella. Aciclovir. Profilassi post-esposizione
Scenario clinico
“Dottore, perché non ha prescritto per
Ugo la medicina per la varicella?”. Entra
in ambulatorio una mamma arrabbiatissima. “Il mio bambino è tutto pieno di
pustole e il medico del Pronto Soccorso mi
ha detto che si doveva dare l’Aciclovir”.
“Ma quando è andata al Pronto Soccorso?” rispondo tra lo sorpreso e l’imbarazzato. Ricordo di aver visitato Ugo il
primo giorno di malattia, ma di aver
deciso di non prescrivere Aciclovir
perché è un bambino sano.
“Il giorno dopo essere venuta da lei
perché continuava a peggiorare! Poi il
medico mi ha prescritto l’Aciclovir anche per il piccolino di due anni. In questo modo, lui dice, si previene il rischio
di una complicazione. Perché lei non me
l’ha detto?”.
Il dubbio di non aver gestito in modo
corretto la situazione mi ha fatto decidere
di controllare le prove a supporto dell’utilizzo di Aciclovir in questa malattia
infettiva e nella profilassi dei fratellini.
Background
La varicella è una malattia infettiva assai
diffusa nella popolazione infantile e
solitamente ha un decorso autolimitante
nel bambino sano. Possono essere tuttavia possibili complicanze prevalentemente a carico di cute, sistema nervoso
centrale e apparato respiratorio.
Decorre in forma grave nel neonato e nel
paziente immunodepresso, dove si ha la
più alta incidenza di complicanze; può
essere più severa negli adolescenti e
negli adulti. Il trattamento si avvale del
paracetamolo per il controllo della febbre e di medicamenti sintomatici per il
prurito. L’utilizzo dell’Aciclovir per via
endovenosa è raccomandato in pazienti
immunodepressi. Tuttavia l’Aciclovir
per via orale è largamente prescritto nella
popolazione infantile secondo i dati dello
studio ARNO in misura ampiamente
superiore rispetto ai casi denunciati [1].
Aciclovir come terapia
La domanda strutturata
In corso di varicella in età pediatrica, l’utilizzo dell’Aciclovir in un bambino sano
conduce a un miglior esito? Formuliamo
la domanda strutturata in questo modo:
in un bambino con varicella [POPOLAZIONE], la terapia con Aciclovir
[INTERVENTO] è efficace nel ridurre i
sintomi, prevenire le complicanze e
abbreviarne la durata? [OUTCOME].
La ricerca
Iniziamo la ricerca da PubMed utilizzando i termini MeSH “Chickenpox” e
“Acyclovir” associandoli all’operatore
booleano AND e inserendo come limiti:
All Child: 0-18 years, Meta-Analysis,
Randomized Controlled Trial, Review,
Practice Guideline, Systematic Review.
La stringa di ricerca risulta: “Chickenpox” [Mesh] AND “Acyclovir” [Mesh]
AND ((Meta-Analysis[ptyp] OR Practice Guideline[ptyp] OR Randomized
Controlled Trial[ptyp] OR Review
[ptyp]) AND systematic[sb] AND (“infant” [MeSH Terms] OR “child”
[MeSH Terms] OR “adolescent” [MeSH
Terms])). Ottengo dodici articoli. Seleziono tre articoli rilevanti per il mio
quesito: una metanalisi Cochrane [2], uno
scenario clinico dalla rubrica “Archimedes” dell’Archives of Disease in Childhood [3] e le raccomandazioni del Committee on Infectious Diseases dell’Accademia Americana di Pediatria (AAP) [4].
Risultati
La metanalisi Cochrane di Klassen [2]
seleziona 3 RCT che confrontano la
somministrazione di Aciclovir con placebo in una popolazione totale di 978
pazienti sani, da 0 a 18 anni, in corso di
varicella [5-6-7]. Gli Autori considerano
come esito primario il numero di giorni
senza nuove lesioni e come esiti secondari il numero massimo di lesioni, il tempo di scomparsa della febbre e del prurito. Sono state inoltre riportate le complicanze in corso di varicella e gli effetti
collaterali correlati all’uso di Aciclovir.
La tabella 1 riassume i risultati.
Gli studi sono stati valutati con la scala
di Jadad, strumento validato per la valutazione della qualità metodologica di un
RCT, e due hanno ricevuto un punteggio
di 3, mentre uno ha ricevuto punteggio 4
(box 1) [8]. L’outcome primario, il
numero di giorni senza nuove lesioni,
non è risultato significativo (-0,8 giorni,
IC 95%: 1,6 - 0,02). Non è significativo
anche il tempo senza prurito, valutato in
Per corrispondenza:
Ilaria Fontana
e-mail: [email protected]
scenari
263
scenari
TABELLA
Quaderni acp 2011; 18(6)
1: USO DI ACICLOVIR IN CORSO DI VARICELLA
Studio
N. bambini
studiati
Tipo
dello studio
Categoria
della prova
Punteggio
di Jadad
Balfour et al.
J Paediatr
1990;116:633
105
età media
8,05 aa
RCT
doppio cieco
con placebo
1b
4
Dunkle et al.
805
N Engl J Med
età media
1991;325:1539 5,18 aa
RCT
doppio cieco
con placebo
1b
3
Balfour et al.
J Paediatr
1992;120:627
RCT
doppio cieco
con placebo
1b
3
68
età media
14,8 aa
Esiti
misurati
Risultati
(tempo in giorni)
Durata febbre
Durata prurito
N. vescicole
Guarigione cute
Tempo senza nuove lesioni: 0
Numero massimo di lesioni: -164
Tempo senza febbre: -1
Tempo senza prurito: 0
Nessuna differenza nella percentuale
di complicanze
N. massimo
di vescicole
Numero con
> 500 lesioni
Lesioni cutanee
a 28 gg
Tempo senza nuove lesioni:
-1,22 (-1,47,-0,97)
Numero massimo di lesioni: -53
Tempo senza febbre: -1,09
Tempo senza prurito: -0,82
Nessuna differenza nella percentuale
di complicanze
N. massimo
di vescicole
Tempo comparsa
del numero massimo
di lesioni cutanee
Durata prurito
Lesioni cutanee
a 28 gg
Tempo senza nuove lesioni:
-1,13 (-1,59, 2)
Numero massimo di lesioni: -24
Tempo senza febbre: -1,31
Studi randomizzati controllati presi in esame dalla metanalisi Cochrane 2005, Issue 4. Art. No.: CD002980
soli 2 studi (-0,46 giorni, IC 95%: -1,3
- 0,3) anche se, di nuovo, eliminando
Balfour 1990, i risultati migliorano. Solo
se iniziata entro 24 ore, la terapia con
Aciclovir mostra benefici terapeutici nel
diminuire giorni di febbre (-1 gg) e riduce il numero massimo di lesioni, una
media di -76 lesioni, nel gruppo dei
bambini trattati rispetto al placebo. Non
ci sono differenze nei giorni di scuola
persi nel gruppo dei trattati rispetto al
placebo così come nelle complicanze
associate a varicella e negli effetti avversi associati alla terapia, anche se gli
Autori segnalano un numero insufficiente di soggetti esaminati.
Gli Autori della revisione Cochrane concludono che l’importanza del trattamento
con Aciclovir nel bambino sano rimane
incerta. È necessario sottolineare che gli
studi contenuti nella metanalisi scelgono
esiti primari di scarso impatto sulla salute; in più, non indicano gli intervalli di
confidenza delle diverse significatività,
non danno la possibilità di calcolare il
numero di pazienti necessario da trattare
(NNT) in quanto vengono indicate le
percentuali e non il numero di casi; inoltre, si trascura di considerare la possibilità di una maggiore suscettibilità verso
264
BOX
1: CALCOLO DEL PUNTEGGIO JADAD
– Lo studio è descritto come randomizzato (questo include parole come randomly,
random, and randomization)? Score 0/1.
– Il metodo usato per generare la sequenza di randomizzazione è descritto e appropriato (tavola di numeri casuali computer-generated)? Score 0/1.
– Lo studio descritto è in doppio cieco? Score 0/1.
– Il metodo del doppio cieco è descritto e appropriato (placebo non identificabile
rispetto al trattamento ecc.)? Score 0/1.
– Vi è la descrizione dei persi al follow-up? Score 0/1.
– Sottrarre un punto se il metodo usato per generare la randomizzazione è descritto
e inappropriato (pazienti attribuiti alternativamente, o secondo la data di nascita
ecc.). Score 0/-1.
– Sottrarre un punto se lo studio è descritto come doppio cieco ma il metodo è inappropriato (per esempio confronto tra compresse e iniezioni). Score 0/-1.
Da: Quaderni acp 2007;14:107-10
una reinfezione o riattivazione del virus
(Herpes zoster) dei bambini trattati rispetto ai controlli, evento possibile e non
ancora considerato in uno studio di popolazione di adeguata durata [9].
L’articolo di Harris [3] parte dal caso
clinico e imposta la ricerca in letteratura
attraverso Medline e Cochrane Library.
Gli Autori selezionano gli stessi tre RCT
inclusi nella revisione Cochrane e raggiungono conclusioni sovrapponibili: nei
bambini sani l’Aciclovir riduce di un
giorno il periodo febbrile e il tempo di
comparsa di nuove lesioni, ma non ha effetto sulle complicanze (grado A di raccomandazione). Il miglioramento clinico
avviene solamente se la terapia è iniziata
nelle prime 24 ore dall’esordio del rash,
quindi si ha una breve finestra temporale
di intervento (grado B).
L’uso dell’Aciclovir non dovrebbe essere
raccomandato in bambini immunocom-
scenari
petenti per questa malattia infettiva che
ha la caratteristica di autolimitarsi (grado A). Per una indicazione della valutazione GRADE vedi box 2 [10]. Leggiamo, infine, le raccomandazioni dell’AAP
pubblicate nel 1993 [4], sostanzialmente
immodificate anche nelle più recenti edizioni del Red Book. Esse fanno riferimento agli stessi 3 RTC valutati nei lavori
precedentemente esaminati [5-6-7].
In sintesi, le raccomandazioni sono:
1) la terapia orale con Aciclovir non è
raccomandata di routine nei bambini
sani nella malattia non complicata.
Questo per l’effetto terapeutico marginale, il costo della terapia, la difficoltà
a iniziarla nelle prime 24 ore, ma
anche per i possibili pericoli presenti
nel trattare negli USA 4 milioni di
bambini ogni anno (anche se al momento non sono comparse resistenze
al farmaco).
2) La terapia dovrebbe essere considerata in pazienti a rischio di varicella
severa o sue complicazioni:
– soggetti sani di età uguale o superiore a 13 anni, non in stato di
gravidanza;
– bambini di età superiore ai 12 mesi,
con malattia cronica cutanea o
polmonare o in terapia continuativa
con salicilati;
– bambini che ricevono cicli di corticosteroidi brevi, intermittenti o
per aerosol, anche se è improbabile
che siano significativamente immunocompromessi.
3) Va invece ricordato che in caso di uso
di alte dosi di cortisonici, come per
tutti i bimbi immunocompromessi, è
raccomandato l’uso del farmaco per
via venosa.
Commento
A questo punto della ricerca ci siamo resi
conto che in letteratura si trovano solo
3 RCT sull’uso dell’Aciclovir come terapia della varicella nel bambino sano: sono di vecchia data (1990-1992), con indicazione inadeguata di dati statistici, un
numero modesto di pazienti, assenza di
follow-up per la valutazione dell’immunità e supportati finanziariamente da ditte farmaceutiche. Come indicato dalla revisione Cochrane occorrono nuovi studi
che valutino il problema dei costi: non ci
sono al momento prove di riduzione dei
Quaderni acp 2011; 18(6)
BOX
2: SCHEMA DI CLASSIFICAZIONE GRADE
Categoria di prova:
Ia Basata su RCT o metanalisi
Ib Basata almeno su un RCT
IIa Basata almeno su uno studio controllato non randomizzato
IIb Basata almeno su un altro tipo di studio quasi-sperimentale
III Basata su studi descrittivi non sperimentali, come studi comparativi, studi casocontrollo, studi di correlazione
IV Basata sull’opinione degli esperti
Forza della raccomandazione:
A Basata direttamente sulla categoria I di evidenza
B Basata direttamente sulla categoria II di evidenza o raccomandazione estrapolata dalla categoria I di evidenza
C Basata direttamente sulla categoria III di evidenza o raccomandazione estrapolata dalla categoria I o II di evidenza
D Basata direttamente sulla categoria IV di evidenza o raccomandazione estrapolata dalla categoria I, II o III di evidenza
Da: BMJ 1999;318:593
giorni di scuola persi e, non essendoci
una riduzione delle complicanze, nemmeno nei costi di ospedalizzazione.
Inoltre sarebbero necessari studi su bambini immunocompetenti, ma a rischio di
malattia più severa (per es. con malattia
respiratoria cronica o esposti a contagio
intrafamiliare).
Profilassi della varicella:
è corretto l’uso di Aciclovir?
Dobbiamo ora affrontare il secondo quesito: quale comportamento adottare verso il fratellino, molto probabilmente contagiato dalla varicella di Ugo. Abbiamo
ricercato, quindi, articoli che valutassero
la validità di azioni di profilassi con Aciclovir in soggetti pediatrici sani esposti
al contagio del virus della varicella.
Aciclovir come profilassi
La domanda strutturata
In un bambino esposto a un possibile
contagio con il virus della varicella
[POPOLAZIONE] la somministrazione
di Aciclovir [INTERVENTO] è efficace
nel prevenire l’insorgenza di malattia
o nel controllo della stessa? [OUTCOME]
La ricerca
La ricerca è stata eseguita utilizzando il
sottodescrittore (subheading) “prevention and control” del termine MeSH
“Chickenpox” e il termine MeSH “Acyclovir” associandoli al termine booleano
AND con i limiti: “All Child: 0-18
years”. La stringa di ricerca risulta pertanto: “Chickenpox/prevention and
control” [Mesh] AND “Acyclovir”
[Mesh] AND (“infant” [MeSH Terms]
OR “child” [MeSH Terms] OR “adolescent” [MeSH Terms]). Tra gli ottanta
articoli trovati, due sono review di
società scientifiche e quattro rispondono
al nostro quesito [11-16].
Risultati
Dalla lettura degli articoli si rileva che i
bambini profilassati con Aciclovir avevano in generale meno sintomi (rash e
febbre) con una sieroconversione variabile da 91% a 63%, valori inferiori rispetto ai controlli e anche rispetto al decorso naturale della malattia. Un riassunto dei principali risultati è riportato in
tabella 2. Tuttavia un solo studio valutava la persistenza dell’immunità a distanza di 4 anni in solo 13 dei 61 bambini
inizialmente presi in esame [15].
Secondo le indicazioni dell’AAP e dell’UK Advisory Group on Chickenpox la
profilassi con Aciclovir non è raccomandata in soggetti sani, poiché manca un
protocollo standardizzato ed è dimostrata
una possibile diminuzione della risposta
immune al virus con il rischio di posticipare la malattia in età adulta [4-11].
265
scenari
TABELLA
Quaderni acp 2011; 18(6)
2: STUDI CLINICI SULLA PROFILASSI CON ACICLOVIR DOPO ESPOSIZIONE A VARICELLA
Studio
Soggetti
reclutati
Inizio
profilassi
Soggetti senza immunità
umorale dopo profilassi
Tipo di studio
Asano et al. - 1993
25
7-9 gg dal contatto
4 (16%)
Studio controllato non randomizzato
Lin et al. - 1997
27
9-11 gg dal contatto
10 (37%)
Studio controllato non randomizzato
Yosikawa et al. -1998
61
7-9 gg dal contatto
17 (38%)
Studio osservazionale prospettico
Kumagai et al. - 1999
13
7-14 gg dal contatto
1 (9%)
Studio osservazionale prospettico
Vi è pertanto la necessità di monitorare i
titoli anticorpali. Può avere uno spazio in
pazienti immunocompromessi, soprattutto se non è possibile somministrare la
profilassi di prima scelta con VZIg come
indicato dalla Australasian Society for
Infectious Diseases [12].
Conclusioni
La letteratura non supporta l’utilizzo dell’Aciclovir nel bambino sano nella cura
della varicella in quanto non porta benefici reali, a fronte di costi certi senza una
riduzione del rischio di complicanze. La
profilassi farmacologica con Aciclovir
nel bambino sano può favorire una mancata sieroconversione e rendere il bambino stesso suscettibile di ammalarsi in
epoca più adulta.
Ugo e il suo fratellino
In base alla medicina basata sulle prove,
il comportamento corretto da tenere è
quello di non prescrivere Aciclovir a Ugo
e nemmeno al fratellino. Vorrei dirlo alla
mamma arrabbiata ma, purtroppo, mi ha
ricusato! u
Bibliografia
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prescrittivo della popolazione pediatrica italiana
nelle cure primarie. Ricerca & Pratica 2004;20:
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varicella in otherwise healthy children and adolescents. Cochrane Database Syst Rev 2005, Issue 4.
Art. No.: CD002980.
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with chickenpox? Arch Dis Child 2005;90:648-50.
[4] Committee on Infectious Diseases. The Use of
Oral Acyclovir in Otherwise Healthy Children
With Varicella. Pediatrics 1993;91:674-6.
[5] Balfour HH Jr, Kelly JM, Suarez CS, et al.
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healthy children. J Paediatr 1990;116:633.
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Acyclovir treatment of varicella in otherwise
healthy adolescents. The Collaborative Acyclovir
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[9] Duvic M, Grossman D. More on Acyclovir for
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[15] Yoshikawa T, Suga S, Kozawa T, et al.
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the family setting. Arch Dis Child 1998;78:61-3.
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subjects given Acyclovir after household chickenpox exposure. J Infect Dis 1999;180:834-7.
L’infezione TBC al “Gemelli”: l’opinione dell’ACP
La legislazione italiana tutela giustamente la salute del lavoratore dal rischio di
infezione contratta in servizio. Controlli
periodici sono indirizzati ai lavoratori
che operano in ambienti considerati “a
rischio” dalla legge perché sedi di possibili infezioni.
Sono considerati a rischio, riguardo alla
tubercolosi:
– i reparti di malattie infettive;
– i pronto soccorsi;
– i reparti di geriatria;
– le unità di lungodegenza.
Solo quando, in questi controlli sui lavoratori, si evidenzia un sospetto di infe-
266
zione, o addirittura una malattia tubercolare, scattano i controlli sui contatti, pazienti
inclusi.
Non vi è, invece, nella legge attuale alcun
controllo preventivo sul personale che assiste pazienti critici che possono essere esposti a un eventuale contagio. È evidente il
“buco” legislativo.
Il caso dell’infermiera del Policlinico “Gemelli” di Roma che si è ammalata di tubercolosi, contagiando un numero ancora non
certo di neonati deve essere, secondo
l’ACP, l’occasione per aprire un dibattito
sulla opportunità di affiancare alle vigenti
norme di tutela del lavoratore, anche quelle per la tutela preventiva delle persone più
fragili ricoverate; e in particolare per
– i neonati, specie se degenti in terapie
intensive;
– i pazienti oncologici;
– le persone immuno-depresse;
– i detenuti e chi vi lavora a stretto contatto.
I pazienti fragili e le categorie a rischio
hanno il diritto di essere assistiti da lavoratori sicuramente immuni dalle principali malattie infettive.
Il personale a contatto con i pazienti più
fragili dovrebbe perciò essere controllato periodicamente per le malattie infettive di cui non esiste vaccino o il cui vaccino è scarsamente efficace come nel
caso della TBC.
Quaderni acp 2011; 18(6): 267-269
La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
Lucia Aite
Dipartimento di Neonatologia Medica e Chirurgica, IRCCS Ospedale “Bambino Gesù”, Roma
Abstract
Relation as a tool of care in newborns intensive care units
The human side of the health service and the quality of care are touchy subjects experienced on an everyday basis. Interpersonal communication is often difficult since
caregivers are constantly called upon to handle both their own feelings and the family’s. The aim of the article is to provide an overview in this specific area, underlining
the importance of counselling as part of the “taking care” process.
Quaderni acp 2011; 18(6): 267-269
Key words Communication of diagnosis. Congenital malformation. Counselling
La diagnosi di una anomalia congenita rappresenta per i genitori un evento catastrofico caratterizzato dall’emergere di profonde angosce. Di fronte a questo evento critico che mette a dura prova i genitori e il figlio, vi è l’imprescindibile necessità di un
approccio multidisciplinare che, accanto alle risorse della chirurgia e delle tecniche
rianimatorie e diagnostiche, dia ampio spazio all’aspetto umano e relazionale proprio
del “prendersi cura”. Nell’articolo si sottolinea come l’attenzione al percorso comunicativo sia parte integrante e costitutiva del “prendersi cura”.
Parole chiave Comunicazione della diagnosi. Malformazioni congenite. Counselling
Grazie ai progressi della scienza e della
tecnologia i nostri ospedali sono attualmente dotati dei più moderni e sofisticati
macchinari, di protocolli e linee-guida
ma, molte volte, sembra mancare l’incontro con la soggettività del malato, come
se non esistesse la consapevolezza che la
sofferenza non è solo quella fisica ma di
tutte le dimensioni della persona: psichica, affettiva, relazionale e spirituale. Negli ospedali, infatti, si sente parlare molto
spesso di organi, apparati, patologie, dati
statistici ma non delle persone e delle relazioni umane che si stabiliscono tra tutti
i partecipanti al percorso di cura [1-2].
A mio parere la relazione diventa lo strumento principale di cura quando si entra
nell’ottica di un intervento che non si
riduca solamente a terapie, protocolli, e
informazioni, ma si apra a un più ampio
“prendersi cura” dell’essere umano.
In ambito neonatale il soggetto di cui
prendersi cura è l’intero nucleo familiare, che vive inevitabilmente una situazione di crisi acuta e del tutto imprevista
quando la diagnosi viene posta al momento della nascita.
Proviamo ora a esaminare il fenomeno
più da vicino. Certamente il neonato, oltre a essere bisognoso di assistenza medica per la sua sopravvivenza, ha dei biso-
gni affettivi e relazionali primari, per cui
la separazione dalla madre e dal padre e
le procedure assistenziali a cui deve essere sottoposto lo fanno diventare immediatamente un soggetto a “rischio”, non
solo sul piano organico ma anche psicorelazionale [3-5].
“La preoccupazione materna primaria”,
descritta da Winnicott come lo stato d’animo che permette alla madre di identificarsi con il figlio e di rispondere ai suoi
bisogni, è messa in crisi dalla brusca e
a volte drammatica separazione che ha
luogo alla nascita, quando il bambino sta
male e necessita di cure intensive [6].
Oggi sappiamo che la comunicazione
della diagnosi di malformazione congenita subito dopo il parto attiva nei neogenitori una sequenza prevedibile di reazioni emotive, più o meno intense e durature, che li rende, come il loro figlio, dei
“genitori a rischio” [7-8].
Ricerche recenti suggeriscono che il trasferimento in Terapia intensiva può far
sorgere nei genitori, indipendentemente
dalla gravità delle condizioni cliniche del
figlio, una reazione denominata di “lutto
anticipatorio”, che li spinge a prefigurarsi la morte del loro bambino e a sperimentare il dolore generato dalla possibile perdita [9].
È fondamentale che l’operatore tenga
conto che la comunicazione della diagnosi, sia essa pre o postnatale, genera
un profondo stato di shock. L’intensità
delle emozioni che i genitori sperimentano è tale da ridurre temporaneamente la
loro capacità di pensare e quindi di comprendere e ricordare ciò che viene loro
detto rispetto alla diagnosi e alle cure da
intraprendere [10-11].
I genitori però non dimenticheranno mai
“come” è stata loro comunicata la diagnosi. A distanza di anni ciò che rimane
vivo nella memoria è “il come” sono stati
informati, più che “il cosa” è stato loro
detto [12]. Così un padre ha descritto
questo momento: “È come se il mondo ti
crollasse addosso, ti ritrovi in un altro
pianeta, senza i tuoi punti di riferimento.
La gente parla una lingua sconosciuta e
tu non sai dove sei e in quale direzione
andare”.
È in questa situazione di profondo disorientamento che gli operatori, ciascuno
secondo le proprie funzioni, sono chiamati a occuparsi del neonato, ad accogliere e contenere il dolore dei genitori, a
non lasciarli soli, sommersi dal peso
delle emozioni, in un momento di particolare vulnerabilità.
Anche gli operatori non sono in una
situazione facile: entrano in scena all’improvviso, non sanno niente delle persone
che hanno di fronte, né delle vicende che
hanno preceduto il parto e, soprattutto,
hanno il difficile compito di “introdurre i
genitori in un mondo a loro del tutto ignoto” e, come tale, particolarmente ansiogeno.
Su cosa si può appoggiare l’operatore per
avviare un percorso comunicativo-relazionale con i genitori senza lasciarli soli
di fronte all’ansia e all’angoscia provocate dalla diagnosi e dalla separazione?
Essendo un professionista esperto nella
cura dei neonati, ha dalla sua, come sostegno, la preparazione, l’esperienza clinica e la conoscenza degli interventi, che
dovranno essere messi in atto a favore
del neonato. Subito dopo il parto i geni-
Per corrispondenza:
Lucia Aite
e-mail: [email protected]
e dintorni
267
narrative e dintorni
tori hanno bisogno di essere accolti loro
stessi e di ricevere una breve descrizione
delle condizioni del bambino che, per
quanto gravi, rappresentano nello stato di
smarrimento in cui versano un dato di
realtà al quale aggrapparsi.
Una comunicazione chiara della diagnosi o del sospetto diagnostico sorto visitando il bambino, di cosa accadrà a breve
termine, a partire dalla descrizione del
reparto in cui sarà accolto, fa sentire i
genitori “meno persi” e li aiuta a limitare
le fantasie catastrofiche, che subito li invadono quando scoprono che il figlio ha
un’anomalia congenita [9]. L’errore comunicativo più comune in questa fase è
quello di rassicurare in modo inefficace
(“non è niente, tra qualche mese guarirà”), senza indagare sui motivi della
preoccupazione (“È una malattia seria,
ma ci sono varie cure… cosa la preoccupa in questo momento?”).
Nell’informare i genitori della diagnosi
può essere utile fare riferimento al
modello denominato SPIKES, proposto
da Baile e Buckman, un acronimo formato dalle lettere dei sei passi costitutivi
della comunicazione di cattive notizie:
1) iniziare preparando il contesto e disponendosi all’ascolto; 2) esplorare ciò
che i genitori sanno e l’idea che si sono
fatti del problema del loro bambino;
3) valutare cosa è importante sapere per i
genitori; 4) fornire alla coppia le informazioni necessarie a comprendere la situazione clinica; 5) fornire supporto facilitando la coppia a esprimere le proprie
emozioni e rispondendo a esse in modo
empatico; 6) concordare il piano di cura
e valutare quanto la coppia ha effettivamente compreso [13-17].
Utile a mio parere avviare con i genitori
un percorso comunicativo fondato sul
concetto di “trasparenza”, proposto da
Brody [18]. L’Autore sottolinea l’importanza di rendere i genitori partecipi dei
ragionamenti che guidano il percorso di
cura che l’équipe via via elabora. In questo modo si promuove una vera comunicazione tra genitori e operatori poiché si
procede insieme e il sapere è sempre condiviso anche in assenza di risposte certe.
Le informazioni che i genitori percepiranno come utili e funzionali ad accompagnare il figlio lungo il percorso di cura
saranno nel tempo molto diverse e inizialmente andranno ripetute molte volte,
prima che possano essere assimilate.
268
Quaderni acp 2011; 18(6)
Il consiglio è quello di non dare tutte le
notizie in una volta poiché ci sarà modo
di ritornare sull’argomento in incontri
successivi.
È quindi necessario imparare ad ascoltare, offrendo uno spazio e un tempo per il
colloquio, in cui i genitori si sentano di
fare domande, di esprimere i loro dubbi e
le loro preoccupazioni.
In questo modo genitori e operatori possono scambiarsi informazioni e, in parte,
negoziare il senso da attribuire agli eventi che insieme si affronteranno lungo il
percorso di cura [19-23].
Nel comunicare la diagnosi alla coppia è
inoltre opportuno cercare di dare un quadro equilibrato dello stato del figlio in
cui, accanto ai dati critici e problematici,
ci sia posto anche per gli aspetti vitali e
sani. A questo riguardo si è rivelato molto significativo, mentre si parla con i
genitori, riconoscere l’identità del bambino chiamandolo per nome: questo semplice accorgimento personalizza e rende
più vicino il neonato agli occhi sia dei
genitori che degli operatori.
È molto importante comunicare la diagnosi in presenza di entrambi i genitori,
sia per ridurre l’inevitabile distorsione
delle informazioni, sia per promuovere la
comunicazione e il supporto tra i genitori stessi. Alcuni ricercatori hanno osservato che, escludendo la madre da questo
primo colloquio, si altera la comunicazione all’interno della coppia e si lascia
al padre il carico emotivo di trasmettere
le informazioni, proprio quando è lui
stesso in uno stato di profonda confusione, diviso tra le preoccupazioni per la
moglie e per il figlio: “Mi sentivo in totale balia degli eventi, incapace di dare
risposte a mia moglie e di dare conforto
a mia figlia”.
La possibilità di vedere il proprio figlio e
ancor più di stabilire un contatto fisico,
seppur di breve durata, facilita l’instaurarsi del legame d’attaccamento e aiuta a
contenere le fantasie di diversità che la
comunicazione della diagnosi inevitabilmente genera nei neogenitori.
Se la madre dopo il parto non può vedere il figlio, né parlare direttamente con il
neonatologo, è bene che ci sia una figura
all’interno dell’équipe che si occupi di
tenerla informata sulle condizioni del
bambino, in modo da garantire una continuità, seppur minima, nella loro relazione.
Ecco come una madre descrive l’importanza di una figura che faccia da tramite
tra lei e il figlio: “Stavo provando un dolore nuovo che non sapevo denominare,
vivevo due esperienze intense e contrastanti: la nascita e insieme l’incertezza
più totale per l’assenza di un figlio che
non avevo neanche visto. Nel corso di
quei primi giorni sperimentai un dolore
cieco perché i miei pensieri non avevano
un volto, un luogo a cui appoggiarsi. Il
primo contatto con mio figlio l’ho avuto
quando è venuto il chirurgo per spiegarmi che Simone era stato operato per un
volvolo intestinale. Quel medico era entrato nella vita del mio bambino e me ne
stava rendendo partecipe, così iniziai a
toccare con mano il problema. Quel colloquio mi ha socchiuso la porta che mi separava da Simone. Mi spiegò che la prognosi era riservata ma che c’erano speranze. Il mio pensiero, prima offuscato e
senza appigli, trovò immagini e parole, e
ciò mi permise di pensare a mio figlio”.
In queste situazioni bisognerebbe evitare
di prescrivere sedativi alla madre, poiché
non si fa altro che amplificare il suo
senso di irrealtà: è come se le si dicesse
che non è possibile parlare ed esprimere
le dolorose e intense emozioni che l’attraversano.
Dopo il parto, qualora sia possibile,
andrebbe garantita alla madre la possibilità di scegliere se tornare nel reparto di
maternità o essere trasferita in ginecologia. Tornare nel reparto di maternità senza il proprio figlio è un’esperienza difficile e densa di contrasti. Così si è espressa una madre: “A quel punto sono rimasta sola, tutte le altre mamme avevano i
loro bambini, li allattavano, li carezzavano. Mi faceva male guardarli, mi sentivo diversa e percepivo ancora più
intensamente il vuoto della mia pancia e
l’assenza di mia figlia”.
Nonostante tutte queste considerazioni è
fondamentale che i genitori siano messi
nelle condizioni di compiere scelte autonome ed è qui che entra prepotentemente in gioco di nuovo la relazione tra genitori e operatori. Se automaticamente si
mette in atto un protocollo, senza considerare la coppia e i suoi specifici bisogni,
perdiamo la dimensione umana della
cura e quindi anche la nostra di operatori in relazione.
Il neonato critico e la sua famiglia richiedono al personale d’impegnarsi attiva-
narrative e dintorni
mente per una “ripersonalizzazione“
continua del proprio lavoro. Per l’operatore è fondamentale riconoscere l’importanza dei propri vissuti emotivi nella
comunicazione con i genitori e nel contatto con il neonato e porsi interrogativi
quali: “Come mi sento dopo questo incontro?”, “Quali emozioni ho sperimentato?”, “A quali domande non ho risposto?”, “Cos’altro avrei potuto fare?”,
“Come reagisco al dolore di questi genitori?”, accettando la presenza del limite,
come persona e come medico, che non
può dare sempre certezze di guarigione e
di salvezza [24-25]. Per il medico, in
genere, articolare e condividere con i
genitori il dubbio diagnostico e/o prognostico è l’aspetto più delicato e complesso del percorso comunicativo, poiché
spesso dimentica che, in assenza di certezze, ciò che i genitori cercano è qualcuno capace di stare insieme a loro nel
tollerare l’impotenza e l’incertezza.
Perché gli operatori non diventino solo
dei perfetti tecnici è necessario, anzi
indispensabile, che abbiano la possibilità
di prendersi cura oltre che dei pazienti
anche di se stessi, rimanendo in contatto
con la propria sensibilità e la propria
affettività. Bisogna far affiorare la necessità propriamente umana di dare senso e
significato all’esperienza che si vive,
perché non rimanga, come dice Hanna
Arendt “una sequenza intollerabile di
eventi” [26]. Perché l’operatore sia messo nelle condizioni di sentirsi e pensarsi
sono necessarie sia giornate di aggiornamento e di approfondimento volte a consolidare le competenze comunicative, sia
spazi di formazione continua dove discutere insieme dei casi particolarmente
complessi per scegliere modalità di
comunicazione omogenee e per condividere le risonanze emozionali che nascono a contatto con il neonato grave e la
sua famiglia.
Solo in questa prospettiva la medicina
può tornare a essere umana e non diventare fonte di disagio per il paziente e per
chi cura. u
Bibliografia
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vita. Milano: Franco Angeli, 2001.
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[26] Arendt H. La vita della mente. Bologna: il Mulino, 1987.
È uscito il numero 3/2011 di
FIN DA PICCOLI
FIN DA PICCOLI si propone di diffondere conoscenze sull’importanza e
l’efficacia di interventi effettuati nei
primi anni di vita e finalizzati alla
salute e allo sviluppo dei bambini.
Poiché quanto accade all’inizio della
vita ha influenze molto significative
sulla qualità della vita dell’adulto,
tutto questo ha rilevanza anche per il
futuro delle nuove generazioni.
FIN DA PICCOLI si propone di contribuire a questo fine attraverso la diffusione di studi e ricerche riportati
dalla letteratura internazionale.
FIN DA PICCOLI è diretto primariamente a operatori che a vario titolo si
occupano di infanzia, ma anche a
genitori e ad amministratori.
Sommario
Editoriale: Dal vaso da riempire al
dividendo sociale
Nota introduttiva al numero
Interventi a sostegno dello sviluppo
delle funzioni esecutive nei bambini
dai 4 ai 12 anni
Le pratiche di insegnamento del linguaggio e gli esiti accademici di
bambini in età prescolare
Efficacia degli interventi educativi in
età prescolare
Dalla scienza alla politica in tema di
educazione precoce
Proteggere lo sviluppo cerebrale, non
solo stimolare la mente
Diseguaglianze nella prima infanzia,
fattori di rischio e protettivi per lo sviluppo del bambino. Strategie per
ridurre le diseguaglianze e migliorare lo sviluppo del bambino in Paesi a
basso e medio reddito
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FIN DA PICCOLI
269
Quaderni acp 2011; 18(6): 270-272
Una gastroenterite eosinofila?
Antonio Pulella*, Angela Tisci*, Rocco Cavaliere*, Franco Panizon**
*UOC di Pediatria, Ospedale di Portogruaro (Venezia); **Professore Emerito, Università di Trieste
Abstract
A case of eosinophilic gastroenteritis?
We three episodes of persisting severe abdominal pain with hyper-eosinophilia
(>1000/mmc) and hyper-IgE (>900) levels. Pain ceased following on elimination diet
in all episodes. During the last two episodes laboratory data had returned to normal
levels (such data had not been studied the first time). After several years, without any
disorders, both eosinophils and IgE levels remained extremely high.
Quaderni acp 2011; 18(6): 270-272
Key words Abdominal pain. Hyper-eosinophilia. Elimination diet
Descrizione di un caso caratterizzato da dolori addominali persistenti, severi, presentatosi in tre successivi momenti, con ipereosinofilia (>1000/mmc) e iper IgE(>900). Nei
tre episodi, una dieta di eliminazione ha fatto cessare i dolori; nel secondo e nel terzo
episodio i dati di laboratorio si sono normalizzati (durante il primo, questo aspetto
non risulta essere stato studiato). A distanza di anni, gli eosinofili e le IgE si sono
ricollocati su valori molto alti, senza essere accompagnati a disturbi.
Parole chiave Dolori addominali. Ipereosinofilia. Dieta da eliminazione
Questa è la storia di LVV, una ragazzina
di 15 anni.
Primo episodio (marzo 2005)
La sua storia potrebbe cominciare qualche anno fa (marzo 2005) con una gastroenterite (vomito e diarrea, due giorni)
apparentemente banale, domiciliare,
seguita però da un breve ricovero (Ospedale di Treviso) per cefalea e pirosi
gastrica, molto dolorosa, che ha comportato un’ecografia dell’addome (negativa)
e una gastro-duodenoscopia con diagnosi di “gastrite”. Da allora, e per due mesi,
ha avuto dolori addominali, quasi quotidiani, duraturi, violenti, cessati dopo
l’eliminazione dalla dieta di lattosio e
di cacao.
Secondo episodio (novembre 2006)
Il dolore (epigastrico), accompagnato da
cefalea, si ripresenta all’improvviso attorno al 15 novembre 2006. Visita ambulatoriale, stavolta alla Clinica Pediatrica
di Padova: esame urine negativo; ecografia renale ed epatica negative; indicazione
provvisoria di un sintomatico (Alginor):
vantaggio clinico, ma non sufficiente.
Si ricovera allora, dopo altri 15 giorni di
malessere e di coliche dolorose nell’Ospedale di Portogruaro (1 dicembre 2006).
Per corrispondenza:
Antonio Pulella
e-mail: [email protected]
270
La serie degli esami richiesti, che tralasciamo, è abbastanza lunga, in considerazione delle incertezze rimaste dopo
l’ultima visita, ma la ricerca di “qualcosa
al di fuori della sfera gastrointestinale” è
sostanzialmente negativa, compreso uno
studio delle catecolamine urinarie (epinefrina, nor-epinefrina, dopamina, effettuate per un precedente, occasionale
riscontro di ipertensione/limite) che sono
normali. Gli esami routinari (si vedano
eosinofili e IgE), invece, ci danno alcuni
indirizzi:
Emocromo: Hb 13,2 g/dl; WBC 7,8
103/mmc; Neutrofili 28% (2200/mmc);
Linfociti 32,5% (2500/mmc); Monociti
5,8% (0,500/mmc); Eosinofili 32,3%
(2500/mmc); Basofili 1,1% (0,100/mmc);
Piastrine 271.000/mmc; VES 1ª h 6 mm;
PCR 0,65 mg/dl)
IgG 813 UI/l, IgA 134 UI/l, IgM 136
UI/l, IgE totali 992 UI/l.
Dunque, non segni generali di flogosi (e
quindi improbabile una MICI); ma ipereosinofilia spinta; e valori molto alti di
IgE. Non si esclude una parassitosi, ma è
ragionevole pensare piuttosto a una patologia IgE mediata, verosimilmente da
ipersensibilità alimentare.
La ricerca ripetuta di parassiti intestinali
è negativa, e così pure la ricerca di eosinofili fecali. Sono negative anche la
ricerca dell’antigene fecale di Rotavirus
e di Adenovirus, così come la coprocoltura per Campylobacter, Shigella, Salmonella, e la ricerca di cutisensibilità per
dermatofagoide, pelo di gatto, graminacee; il prick-by-prick per latte, uovo,
mela, cacao; negativa la ricerca di reagine specifiche (RAST) per latte, uovo,
merluzzo, grano, granoturco, piselli, arachidi, soia, pomodoro, carota, mela,
sedano, cacao.
La ragazza malgrado tutto sembra comunque star meglio e viene dimessa. Però nelle 48 ore successive alla dimissione, si presentano tre successive “coliche”
nel basso addome, protratte per ore.
Dopo l’ultima, senza procedere a ricovero, si mette in atto a casa una dieta di eliminazione (“dieta ipoallergenica standard”: polenta, riso, agnello, lattuga). Da
quel momento la storia di dolore cessa.
Dopo una settimana viene ripetuto solo
l’esame emocromocitometrico. Solo
questo perché è sembrato semplice, ma
indicativo. Il 12 dicembre mostra la
scomparsa della iper-esosinofilia: 400
eosinofili/mmc.
Conclusione provvisoria
dopo il secondo episodio
Si conclude che LVV ha una patologia,
presumibilmente allergica, sensibile a
una dieta di eliminazione, a localizzazione, in un primo tempo, apparentemente
gastrica, ora probabilmente ileo-colica,
IgE mediata (alto valore di IgE “aspecifiche”), peraltro senza evidenza di IgE
“specifiche” né per alimenti comuni né
per pneumoallergeni, e senza che ci sia
stata la possibilità di individuare il presunto trofoallergene scatenante.
Le IgE sono ancora molto alte (1050
UI/l) e il RAST è negativo per latte e
cacao.
Ci si propone di individuare la causa con
diete di scatenamento, iniziando, naturalmente, dal cacao (cioccolato amaro), che
non dà né disturbi clinici né aumento
degli eosinofili. Si faranno i passi tradizionali settimana per settimana: pane e
il caso che insegna
pasta (dunque grano); poi patata e carne
di manzo; poi pesce (molto amato e precedentemente quasi sempre presente
nella dieta); poi pomodoro, mela, agrumi; quindi crostacei. Infine dieta libera,
compreso il latte. Gli eosinofili circolanti, controllati ogni 15 giorni, si mantengono tra 300 e 400/mmc. Nessun disturbo clinico.
Terzo episodio (marzo 2007)
Dopo tre mesi (20 marzo 2007), improvvisamente, la ragazza segnala pollachiuria (esame urine negativo), poi ripresa
dei dolori al basso ventre (durata di ogni
singolo episodio doloroso circa mezz’ora, remissioni di circa un’ora, ma non
senza “fastidio”, poi ripresa del dolore),
scariche molli o semifluide ma non
numerose (1-2 al giorno); notti “difficili”, quasi insonni per il dolore. La visita
ambulatoriale (26 marzo) è negativa; la
palpazione profonda dell’addome è indolente. Gli eosinofili però sono saliti a
1100/mmc da 300-400 che erano.
L’intervento è lo stesso dell’altra volta
(stessa dieta “anallergica”); il disturbo
scompare subito. Gli eosinofili cadono: il
1º aprile 2007 sono 300/mmc; il 10 aprile sono 250/mmc.
La dieta di scatenamento è forse più
aggressiva della prima volta (a passi:
pane, pasta, biscotti senza latte, manzo,
riso, patate, polenta, pesce, crostacei,
molluschi, prosciutto crudo). Nessuno
dei passi fatti provoca disturbi, né
aumento degli eosinofili. Il latte, la
ragazza non vuol provarlo, ma lo avevamo già provato in passato e lo avevamo
ritenuto “innocente”.
Controlli successivi (2009, 2011)
In realtà il terzo episodio è stato modesto, con scarsa sintomatologia clinica.
Ma avendo deciso che il caso non era risolto (mentre “l’uomo ha bisogno di risolvere”), per la buona coscienza abbiamo deciso di “fare un controllo” nel 2009
e un altro nel marzo 2011 in assenza di
sintomi. Abbiamo trovato 1700 eosinofili /mmc e le IgE totali a 907 UI/l.
Dunque, la situazione di ipersensibilità,
con iper-risposta biologica (IgE ed eosinofili), non si è esaurita, ma la piccola
non ha sintomi. Non si vede l’utilità di
un intervento di alcun genere. Si decide
di non “curare il laboratorio”.
Quaderni acp 2011; 18(6)
La diagnosi
o conclusioni provvisorie?
La storia sembra finire qui, cioè all’ultimo controllo. Si mantiene la comunicazione telefonica con la famiglia di LVV,
che da quasi un anno non ha più disturbi,
ed è a dieta libera, anche se “sta attenta”
al latte. Le abbiamo chiesto una settimana di registrazione rigida di “tutto quello
che mangia” con questo risultato: LVV
mangia tutto quello che si può mangiare,
“si tiene un po’ indietro” col latte e, quasi
per tradizione, con la cioccolata, senza
però eliminarli rigidamente dalla dieta;
per il resto mangia senza pensarci tutto
quello che passa il convento. Non ha più
disturbi; ma quando ritorna da noi, a
salutarci, all’inizio del 2010, ormai
signorina, i suoi eosinofili sono ora
840/mmc: alti di nuovo, anche se non
altissimi.
Non siamo in grado di formulare una diagnosi perfettamente soddisfacente, se
non quella generica di allergia alimentare, né di configurarne il possibile substrato anatomo-istologico, se non, ma
solo per immaginazione, un’infiltrazione
eosinofila della mucosa. Non sappiamo
spiegarci la successiva tolleranza (clinica) a ogni alimento “corrente”. Ci sarebbe piaciuto, e certamente manca al nostro
caso, aver potuto studiare la mucosa
gastrointestinale mediante una capsula
wireless, il sistema che consente di fare
la diagnosi “obiettiva”. Tuttavia ci sembra che anche così il caso si mantenga
istruttivo e non lasci spazio a troppi
dubbi diagnostici.
L’unica cosa che ci sembra “ragionevolmente certa” è che nella dieta, pur relativamente cauta e non totalmente aperta
che la ragazza teneva, ci “deve essere”
qualcosa che la dieta prescritta (una dieta
rigida, a base di polenta, riso, agnello, lattuga) non conteneva, dal momento che,
bruscamente e contemporaneamente, la
sua interruzione ha eliminato sia il sintomo clinico che i due fenomeni di chimica-clinica: iper-eosinofilia e iper-IgE.
Riteniamo dunque, nei limiti delle certezze mediche, di dover pensare che
LVV abbia o abbia avuto una patologia
lesionale gastrointestinale da trofoallergia.
Il quadro clinico noto e più simile a quello presentato da LVV, per decorso e chimica-clinica, è la esofagite eosinofila,
dove però, a differenza che nel nostro
caso:
a) può giocare un ruolo la pneumo-allergia;
b) il disturbo rimane tipicamente “alto”
(disfagia).
Qui, il disturbo, eccetto che nel primo
episodio, era francamente basso. Dobbiamo dunque fare riferimento alla non
ricchissima letteratura pediatrica riguardante la patologia dolorosa gastrointestinale clinicamente alquanto più rilevante,
e concentrata nel tempo, di quanto non
siano i dolori addominali aspecifici, i
DAR. Si tratta di studi endoscopici e
bioptici sistematici, in serie di pazienti
con dolori addominali “misteriosi”, che
hanno messo in evidenza alterazioni istologiche di tipo infiltrativo-nodulare, con
o senza eosinofili, nel 10-15% di differenti, consistenti casistiche [1-3]. La più
recente riguardava 20 casi di obscure
small-bowel disorders, sottoposti a studio sistematico con capsula wireless [3].
In una di queste casistiche, 28 su 84 oggetti studiati per dolori addominali persistenti, non altrimenti spiegati, presentavano l’evidenza di una ipersensibilità a
trofoallergeni, secondo il golden standard della dieta di eliminazione-scatenamento [1]. Altri casi di gastroenteropatia
eosinofila vengono riportati occasionalmente dalla letteratura, e alcune rassegne
ne riferiscono più in generale [4-6].
Crediamo quindi
a) ragionevole: porre, anche per LVV, la
diagnosi di enteropatia trofo-allergica
a eziologia non definita,
b) difficile: “perseguitare” la bambina
con una nuova dieta di eliminazione
in assenza di sintomi clinici,
c) considerare praticamente certo, sul
dato della ipereosinofilia ritornata stabilmente elevata a distanza dagli episodi, che il trofoallergene (o i trofoallergeni) in causa siano ricomparsi
nella dieta “libera” di LVV, senza però
raggiungere la “forza” di determinare
un danno mucosale clinicamente
esplicito.
Infine, il conforto del Nelson
Leggiamo, comunque, il Nelson, a pagina 1257 dell’edizione 2004 [7].
“Il termine di gastroenterite eosinofila
comprende un gruppo di disturbi rari e
271
il caso che insegna
Quaderni acp 2011; 18(6)
FONDI SOCIALI
QUASI O DEL TUTTO
AZZERATI
mal compresi, che hanno in comune una
infiltrazione eosinofila dello stomaco,
del tenue, ma anche, a volte, dell’esofago, oppure del crasso, e una eosinofilia
periferica […]. L’infiltrazione della mucosa può indurre nausea, vomito, diarrea,
dolore addominale, sanguinamenti, malassorbimento enteropatia protido-disperdente […]. Spesso si possono individuare ipersensibilità verso trofoallergeni
multipli, e di solito le IgE sono elevate;
l’ipereosinofilia periferica si riscontra
nel 50% degli affetti… Il disturbo ha in
genere un decorso cronico, debilitante,
con sporadiche esacerbazioni anche severe […]. Il di-sodio-cromoglicato può
essere di vantaggio, ma la terapia più efficace è quella corticosteroidea […]. Può
migliorare con la dieta di eliminazione”.
Ci sembra che in tutto e per tutto, anche
nella sua indeterminatezza, il nostro caso
si attagli perfettamente alla descrizione
del Nelson.
Cosa abbiamo imparato
– A conoscere una condizione pediatrica rara ma disturbante.
– A confermarne, nella nostra limitata
esperienza, la validità dei criteri di
sospetto (eosinofilia >500/1000 elementi/mmc, IgE alte) e di diagnosi
(pronta risposta clinica e di laboratorio alla dieta di eliminazione).
– Abbiamo aggiunto, crediamo, qualche
elemento conoscitivo, che pure restando, al limite, confondente sul
piano clinico, si adatta a quanto si conosce sulla patogenesi e sulla evoluzione clinica della gastroenterite eosinofila: il fatto cioè che non riconosca
(a somiglianza della esofagite eosinofila, ma a differenza dall’orticaria,
dalla anafilassi e dalla FPIES, Food
Proteins Induced Enteropathy Syndrome), un rapporto di causa-effetto stretto, unico e determinante tra un singolo alimento offendente e la sintomatologia, ma piuttosto una sommatoria di
cause di cui quelle alimentari sono
probabilmente solo una parte.
– Infine, abbiamo visto che la sindrome
può avere una evoluzione, nel mediolungo termine, clinicamente benigna,
anche a dieta libera e a dispetto della
persistenza di ipereosinofilia. u
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Kliegman RM, Jenson Hb. 17th edt. Philadelphia:
Saunders 2004, pp. 1257-7.
Il Fondo per le politiche sociali, con il
quale le Regioni finanziano la rete
dei servizi sociali e sociosanitari alle
famiglie e alle persone più bisognose, è passato negli anni attraverso
questi dati
Anni
2008
2009
2010
2011
2012
Milioni
929
584
435
218
zero
Il Fondo per la non-autosufficienza è
(era) dedicato alle cure da garantire
ad almeno 3 milioni di italiani.
Anni
2008
2009
2010
2011
(100 milioni sono
cificamente alla
amiotrofica)
Milioni
300
400
400
zero
stati destinati spesclerosi laterale
Dal 2010 ad oggi:
– il Fondo per la famiglia è passato
da 174 milioni a 51;
– il Fondo per le politiche giovanili da
81 milioni a 13;
– il Fondo per il diritto allo studio da
264 milioni a 99.
I Fondi per le indennità di accompagnamento ai disabili sono stati azzerati. (Sole24OreSanità 13-19 settembre 2011)
CONSUMI DI FARMACI
EQUIVALENTI IN ITALIA:
SIAMO IN CODA
Nazione
Grecia
Italia
Belgio
Spagna
Francia
Olanda
Ungheria
Rep. Ceca
Regno Unito
Germania
Polonia
UE
Percentuale di uso
00,2
10
20
20
20
59
50
55
60
68
83
40
I risparmi possibili in milioni di euro
usando equivalenti
IPP
234
ACE INIBITORI
143
INIBITORI SEROTONINA
45
LOSARTAN
128
STATINE
54
(Quaderni Sole24OreSanità 13-19 settembre 2011)
272
musical
Quaderni acp 2011; 18(6): 273
Rubrica a cura di Stefano Gorini
Le iniziative
di “Nati per la Musica”
Durante l’anno scolastico 2011 a Chivasso (TO) hanno avuto luogo numerosi
incontri di “NpM” promossi dall’Istituto
musicale comunale “Leone Sinigaglia”,
in collaborazione con l’Amministrazione
comunale e con il coinvolgimento delle
operatrici Miriam Mazzoni e Camilla
Bettenzoli.
Nei corsi preparto presso il locale Ospedale civile sono stati inseriti dei momenti di presentazione di “NpM” in cui
veniva illustrato il Progetto, cercando di
sollecitare curiosità e interesse e offrendo momenti musicali di tranquillità e
rilassamento alle future mamme. Presso
la sede dell’Istituto musicale si sono
tenuti quattro incontri di “NpM” destinati a bimbi da 0 a 3 anni. L’opportunità di
vivere un momento formativo e musicale che passa attraverso il gioco e che
rafforza il rapporto tra genitori e bimbi è
stata vissuta in maniera molto partecipata anche da genitori e fratellini presenti
agli incontri. L’interesse manifestato per
NpM, che aggiunge completezza al percorso didattico/formativo dell’Istituto
musicale, è stato notevole e gli interventi, impostati in modo adeguato alla situazione, hanno riscosso grande successo e
suscitato ampio interesse sia sul territorio chivassese sia su quello limitrofo. Il
Nido comunale ha ospitato per dieci settimane laboratori musicali in cui trentotto bimbi con le loro educatrici hanno
seguito con grande entusiasmo e partecipazione quanto proposto dalle operatrici
musicali, con ampio coinvolgimento
delle famiglie. Al termine dell’anno scolastico è stata realizzata per tutti una
festa nella quale la presenza di “NpM”
ha offerto un momento di gioia, aggregazione e opportunità di ripercorrere i
momenti gratificanti vissuti in laboratorio durante l’anno, svolgendo nuovamente i “giochi musicali” così amati dai
bimbi.
Ospedale, Nido e genitori hanno richiesto più volte e con partecipazione accorata la possibilità di proseguire il percorso iniziato, avendolo giudicato molto
piacevole e proficuo rispetto allo svilup-
Piemonte
po globale del bambino e al rapporto
sempre più profondo che si consolida tra
genitore e bimbo.
Miriam Mazzoni
La Provincia di Cagliari ha promosso la
presentazione di “NpM” in concomitanza con l’European Jazz Expo che si è
tenuto presso il Parco di Monte Claro dal
26 al 29 maggio.
Il nutrito programma delle attività organizzate e coordinate dalla Biblioteca
provinciale ragazzi in collaborazione con
l’ACP e l’Associazione italiana biblioteche ha visto la partecipazione del
Conservatorio di Musica, della Scuola
civica di Musica di Cagliari, dell’Istituto
comprensivo a indirizzo musicale di
Elmas, dell’Ufficio Beni Librari della
Regione Sardegna, del Consultorio di
Monserrato, delle Associazioni “Crescendo”, “Maia”, “L’alternativa”, “Leche League”, “Alma” e del “Centro Nascita Serena” di Sassari. Le attività, svolte presso la sala conferenze adiacente
alla Biblioteca provinciale ragazzi, si
sono concretizzate in due tavole rotonde
sullo stato dell’educazione musicale in
Sardegna, diversi laboratori musicali tra
cui uno di pancia painting e uno di massaggio sonoro in gravidanza curati dall’Associazione “Crescendo”. Si è tenuto
inoltre un concertino di bambini e si è
registrata la partecipazione di Michael
Bradke, l’ideatore del “Mobil Music Museum”.
Per l’occasione è stata inoltre allestita la
mostra bibliografica “Nati per la Musica” curata dalla Biblioteca ragazzi. Attualmente il Centro servizi bibliotecari
con la Biblioteca ragazzi della Provincia
di Cagliari continua la sua attività con la
promozione di una serie di incontri formativi/laboratoriali per la predisposizione del Calendario “NpL” e “NpM” 2012.
Altre attività in Sardegna proseguono
con l’organizzazione del mese della
musica (ottobre 2011) presso il Comune
di Cabras, durante il quale sono previste
numerose manifestazioni, organizzate
prevalentemente dal Coro polifonico
Sardegna
“P.L. da Palestrina”, alcune delle quali
rivolte ai piccoli, alle quali “NpM” è
invitata a dare il suo apporto.
Franco Dessì
Sabato, 20 agosto, si è svolto un incontro
con genitori e bambini in sostegno del
progetto “NpL” e “NpM”. La sede scelta
per la lettura animata del Libro della
Giungla e per il momento musicale è
stata la pineta di un piccolo borgo, Castel
Rigone (PG), situato sulle colline che sovrastano il lago Trasimeno. I bambini, oltre una trentina, sono arrivati un po’ alla
spicciolata insieme ai genitori e sono stati accolti dai nostri volontari in un angolo destinato al cosiddetto Truccabimbi:
con il sottofondo delle filastrocche musicate del libro Musicantando si è iniziato;
i più timidi hanno rotto il ghiaccio piano
piano, ma alla fine tutti sono stati coinvolti dagli animatori e, canterellando, si
sono trasformati grazie alle mani abili e
ai colori nei vari animali della giungla.
A questo punto, i lettori hanno preso
posto nello spazio riservato loro, davanti
a una scenografia rappresentante la giungla e i suoi animali, indossando le
mascherine dei vari personaggi, e i bambini eccitatissimi si sono sistemati in
gruppo di fronte, comodamente seduti
per terra sui cuscini.
Così la storia è iniziata: tutti hanno ascoltato con grande attenzione! È seguito il
laboratorio d’arte: i più piccoli hanno avuto dei fogli da colorare con le figure
dei vari personaggi del libro; i più grandicelli, insieme agli animatori, hanno ricostruito i personaggi utilizzando delle
sagome di cartoncino già preparate allo
scopo. Grande partecipazione e divertimento da parte di tutti... ogni tanto una
corsa verso il tavolo dei succhi di frutta e
del cioccolato per ritemprarsi e poi di
nuovo all’opera. E ancora, visita al banchetto per lo scambio dei libri… anche
qui grande interesse di bambini e genitori. Gli adulti, a fine serata, erano “cotti”
mentre molti bambini prima di andare via
chiedevano se si potesse ricominciare…
Umbria
Elena Cappellani
273
Quaderni acp 2011; 18(6): 274-275
Rubrica a cura di Pierangela Rana
Escara nucale: è TIBOLA?
Stefano Costa
Pediatra, dottorando di Ricerca, Policlinico Universitario di Messina
Questa Rubrica pubblica casi di dermatologia pediatrica. Ha volutamente un tono dimesso, come quello di amici che si scambiano informazioni bevendo un caffè o chiacchierando al telefono in una pausa di lavoro; ma le informazioni che dà sono importanti
per la pratica. Quindi racconti brevi, poche voci bibliografiche piuttosto elementari, soprattutto qualche buona immagine. Mandate
i vostri casi a Pierangela Rana ([email protected]).
Abstract
A necrotic lesion of the scalp: what is TIBOLA?
A necrotic lesion of the scalp leads to a not frequent diagnosis: the TIck BOrne
LymphAdenitis (TIBOLA) caused by a tick diffused in Sicily.
Quaderni acp 2011; 18(6): 274-275
Key words TIBOLA. Rickettsia slovaca. Dermacentor
Una escara sul capo fa fare diagnosi di una malattia poco nota: la TIck BOrne
LimphAdenitis (TIBOLA), causata da una zecca abbastanza diffusa in Sicilia.
Parole chiave TIBOLA. Rickettsia slovaca. Dermacentor
In una bella giornata di primavera, M.,
un nostro piccolo paziente di 2 anni,
passa tutto il giorno fuori città immerso
nel verde di un bosco nei pressi di
Messina. La mattina dopo M. è irritabile,
infastidito e si porta continuamente le
mani dietro la testa. La madre esplora la
nuca e trova una lesione rilevata, eritematosa, con al centro un cratere scuro
dove sembra essersi conficcato un insetto. Il piccolo viene quindi condotto al
Pronto Soccorso dove un infettivologo
estrae una zecca ancora viva.
La madre allora ci telefona e ci spiega la
situazione dicendo: “L’infettivologo pensa che M. abbia la TIBOLA”.
Dopo pochi secondi di stupore e nell’attesa che la mamma porti il piccolo in
ambulatorio ci tuffiamo sul Nelson e successivamente, per capirne di più, su
PubMed, scoprendo che la denominazione TIBOLA deriva da TIck BOrne LimphAdenitis, che è una linfadenite reattiva
a una puntura di zecca. Si tratta di una
rickettsiosi emergente (primo caso descritto nel 1997), causata dalla puntura
della zecca del genere Dermacentor che
è il serbatoio naturale della Rickettsia
slovaca, l’agente eziologico della TIBOLA [1].
La malattia viene definita anche con
l’acronimo DEBONEL, DErmacentorBOrne Necrosis, Erythema and Lymphadenopathy [2].
La lesione
La madre ci porta allora M. che presenta
infatti una lesione come una escara circondata da un alone eritematoso con linfadenomegalia retronucale dolente (figura 1).
Come consigliato dall’infettivologo avviamo terapia antibiotica con macrolide
(claritromicina) e topica con tetraciclina.
La terapia di scelta è la doxiciclina; non
la facciamo perché è controindicata sotto
gli 8 anni.
Dopo otto giorni la lesione sembra in
netto miglioramento (figura 2); i linfonodi retronucali non sono più dolenti e sono
diminuiti di dimensioni e M. non presenta nessun altro sintomo degno di nota.
La diagnosi
A partire dal 1997 numerosi casi di TIBOLA sono stati descritti in tutta Europa
[1]. Sembra che questo sia il primo descritto nel Sud Italia. La presenza della
zecca del genere Dermacentor è stata documentata in Sicilia in un recente studio
[3]. La Rickettsia responsabile di tale patologia appartiene alla specie slovaca
nella maggior parte dei casi, e alla specie
raoultii nei rimanenti casi [4].
La diagnosi si basa fondamentalmente su
criteri clinici ed epidemiologici. Il quadro sintomatologico classico è costituito
da un’escara necrotica nella zona della
puntura (nei primi giorni è ancora possibile identificarvi la zecca), associata a
una linfadenopatia satellite [1]. La lesione cutanea compare tipicamente in zone
ricoperte da peli, allo scalpo e alle ascelle soprattutto [4]. L’escara e i linfonodi
sono spesso dolenti (da metà ai 2/3 dei
casi). Altri sintomi associati e frequenti
sono mal di testa e astenia che può essere anche prolungata [4]. L’alopecia
secondaria nella zona della lesione compare in circa la metà dei casi ed è la
sequela più frequente [4]. L’antibiotico
di scelta è la doxiciclina che per noti
motivi non può essere usata sotto gli
8 anni. In questi casi i macrolidi rappresentano l’alternativa più utilizzata [5].
Cosa abbiamo imparato
– La diagnosi è quindi clinica e non può
sfuggire avendone visto un caso.
– Per chi non ho visitato sono di utilità
le nostre figure e la descrizione che ne
abbiamo dato.
– Il periodo più a rischio va da febbraio
a maggio [4].
– La diagnosi di laboratorio, la sierologia per Rickettsia slovaca, è poco sensibile e specifica [4]. Esiste la possibilità presso alcuni centri specializzati
di confermare la diagnosi effettuando
una PCR sull’insetto estratto per identificare il tipo di Rickettsia. u
Bibliografia
[1] Raoult D, Berbis P, Roux V, et al. A new ticktransmitted disease due to Rickettsia slovaca. Lancet 1997;350:112-3.
[2] Oteo JA, Ibarra V. [DEBONEL (Dermacentorborne-necrosis-erythema lymphadenopathy). A
new tick-borne disease?]. Enferm Infec Microbiol Clin 2002;20:51-2. Spanish. PubMed PMID:
11886671.
[3] Torina A, Alongi A, Scimeca S, et al. Prevalence of tick-borne pathogens in ticks in Sicily.
Transbound Emerg Dis 2010:57:46-8. PubMed
PMID: 20537102.
Per corrispondenza:
Stefano Costa
e-mail: [email protected]
274
pelle
occhio alla pelle
Quaderni acp 2011; 18(6)
GLI ERRORI
IN MEDICINA
FIGURA
Il tasso di autopsie negli anni precedenti il 1950 era in USA oltre il 50%.
Attualmente non supera il 6%.
Il tasso di discrepanza diagnostica
pre e post mortem è rilevante: nel
40% dei casi l’autopsia rivela una
diagnosi principale non diagnosticata. Tale valore è rimasto costante
negli ultimi 60 anni, anche se il dato
può essere fuorviante in quanto oramai i casi analizzati sono in genere
quelli con maggiore incertezza diagnostica.
La probabilità che l’autopsia riveli un
errore diagnostico che può avere influenzato la sopravvivenza del paziente è del 10,2%. Errori meno importanti accadono nel 25%.
Si stima che negli USA 35.000 pazienti avrebbero potuto sopravvivere
ogni anno se le condizioni cliniche
rilevate all’autopsia fossero venute
alla luce in vita.
1
(Le Scienze 2011;8:66)
TASSE
ANTIOBESITÀ
FIGURA
Il parlamento ungherese ha varato,
con effetto 1° settembre, una legge
per tassare cibi confezionati ad alto
contenuto di sali e di zucchero come
noccioline salate, cioccolata, biscotti
dolci e salati, gelati e bibite energizzanti. La tassazione secondo il governo dovrebbe portare un introito di
74 milioni di euro a beneficio del
Servizio Sanitario Nazionale.
Benché l’OMS sia scettica sugli effetti
di questi provvedimenti, la Norvegia
ha messo tasse su zucchero e cioccolata; la Finlandia su bibite energetiche, gelati e cioccolata; la Danimarca
pensa di introdurne su prodotti con
forte componente di grassi saturi.
2
(Lancet 2011;378:755)
TABIANO 21
17-18 febbraio 2012
[4] Parola P, Rovery C, Rolain JM, et al. Rickettsia
slovaca and R. raoultii in tick-borne Rickettsioses.
Emerg Infect Dis 2009:15:1105-8. PubMed PMID:
19624931. PubMed Central PMCID: PMC2744242.
[5] Ibarra V, Blanco JR, Portillo A, et al. Effect of
antibiotic treatment in patients with DEBONEL/
TIBOLA. Ann N Y Acad Sci 2005:1063:257-8.
PubMed PMID: 16481523.
BAMBINI A RISCHIO
Informazioni:
[email protected]
Segreteria organizzativa:
TERME DI SALSOMAGGIORE
E TABIANO
(vedi p. 249)
275
Quaderni acp 2011; 18(6): 276
Identificare e gestire i casi
di maltrattamento: il ruolo del pediatra
Parole chiave Maltrattamento. Abuso infantile. Pediatra.
Prevenzione
Il pediatra che si occupa del benessere non può non occuparsi del
maltrattamento. Numerosi rapporti dell’American Academy of
Pediatrics (AAP) hanno sottolineato la necessità di migliorare la
capacità dei pediatri nell’identificare e gestire i casi di maltrattamento. L’ articolo si occupa delle possibilità di contribuire a prevenirlo. Elenca cause e fattori scatenanti che mettono il bambino a
rischio. Indica come i pediatri possano individuarli in occasione
dei bilanci di salute: fare una minuziosa anamnesi sociale (povertà,
abuso di sostanze, malattie mentali, giovane età e sofferenze
materne ecc.), ricercare i segni di depressione postpartum o di violenza intrafamiliare, valutare una frustrazione causata da difficoltà
di accudimento (pianto, disturbi del sonno o dell’alimentazione,
toilet training ecc.), prestare particolare attenzione ai bambini con
disabilità e ai nati pretermine. Individuati i fattori di rischio, il
pediatra cercherà di mettere in atto gli interventi più appropriati:
fornire ai genitori una guida anticipatoria perché affrontino le
tappe di sviluppo del bambino che possono rendere più difficile
l’accudimento e provocare l’abuso. Per questo sono citati programmi di prevenzione che aiutano il pediatra nel compito, sono
forniti linee-guida e materiale educativo estremamente utili per
pediatra e genitori. Indirizzare le famiglie a rischio sociale ai servizi territoriali perché abbiano aiuto. Importante la sottolineatura
del ruolo pubblico del pediatra: conoscere bene le risorse del territorio e, nel caso non fossero appropriate, pretendere dalle istituzioni interventi adeguati a garantire la protezione dei bambini.
*Flaherty EG, Stirling J Jr and The Committee on Child Abuse and Neglect. The Pediatrician’s Role in Child Maltreatment Prevention. Pediatrics 2010;126;833-41. Si veda a p. 245 nella
rubrica “Salute pubblica” una versione più completa.
IL PEDIATRA. Alcune verità: dall’abuso non si “guarisce”; diagnosi e
intervento precoce non lo annullano, ne riducono il danno; perciò l’unica arma disponibile è la prevenzione. Mi occupo da tempo di questo
argomento, nel campo della formazione degli operatori, dell’organizzazione dei servizi. L’articolo ha stimolato soprattutto da questo punto di
vista. Finora nella formazione mi sono posta soprattutto l’obiettivo della
identificazione precoce dei casi. Tutto giusto, ma l’articolo richiama l’importanza della prevenzione e il ruolo che ha il pediatra come osservatore privilegiato del nucleo familiare; e poiché può più in Italia che negli
USA... I programmi di prevenzione riportati sono interessanti ma lo è
soprattutto la proposta di inserire nei bilanci di salute un intervento preciso per la prevenzione dell’abuso: sembra facilmente realizzabile e non
molto distante da quello che già facciamo nell’ottica del sostegno alla
genitorialità. Dunque migliorare la formazione: l’articolo fornisce molto
materiale che sembra facilmente utilizzabile. Più difficile sembra il passaggio alla fase successiva, quella dell’intervento, che deve essere
necessariamente multidisciplinare. Qui ci scontriamo con un problema:
i servizi deputati alla tutela dei minori sono ovunque insoddisfacenti. Ne
nasce la necessità sottolineata nell’articolo: compito del pediatra è
anche quello, politico, di fare pressione sulle istituzioni per politiche
sociali orientate specificamente alla protezione dei minori.
Carla Berardi, Perugia
[email protected]
LO PSICOLOGO. L’articolo pone l’accento sull’importanza della prevenzione del maltrattamento infantile, aspetto senz’altro condivisibile in base
alle evidenze cliniche che dimostrano quanto il funzionamento post-traumatico sia pervasivo e difficilmente curabile. Il pediatra gioca un ruolo
centrale nel prevenire le situazioni di child abuse, proprio perché vede tutti
i bambini (che, invece, arrivano all’attenzione degli psicologi solo dopo la
manifestazione di un disagio) e può instaurare con le loro famiglie un rapporto di fiducia. In questo senso, trovo importante ed efficace il suggerimento di rinforzare i fattori protettivi e le risorse familiari, mentre mi risulta più difficile e a rischio di stigmatizzazione l’individuazione e l’intervento sui fattori di rischio (l’evidenza clinica dimostra che troppo spesso il
maltrattamento si cela in famiglie assolutamente “normali”). Per lavorare
in un’ottica di prevenzione il pediatra, così come ogni professionista che
si occupi di tutela dell’infanzia, deve adottare un concetto più ampio di
“cura” e di promozione del benessere: gli interventi preventivi, infatti, nella
loro complessità, devono necessariamente coinvolgere una rete multidisciplinare e approcci basati sul confronto e la cooperazione di diverse competenze. A questo scopo, ho trovato particolarmente interessante il richiamo al ruolo di sensibilizzazione politica che il pediatra può e deve svolgere: il maltrattamento, infatti, si combatte non solo rinforzando le pratiche familiari di “buon trattamento”, ma anche e soprattutto promuovendo
politiche sociali e sanitarie, oggi troppo spesso disattente ai bisogni e ai
diritti dei bambini.
Maria Grazia Apollonio, Trieste
[email protected]
L’EPIDEMIOLOGO. Il rapporto dell’AAP stimola riflessioni e qualche dubbio sulle strategie da adottare nel campo della prevenzione che dovrebbe essere caratterizzato, nella
prima fase, da un’alta sensibilità, cioè dalla capacità di non perdere casi (ridurre i “falsi
negativi”). Il fatto che condizioni stressanti possano favorire una maggior incidenza di
abuso in alcune sottopopolazioni (rischio relativo significativo) non significa che la maggior parte dei casi si verifichi in quelle condizioni (basso rischio attribuibile). E se in questa prima fase optassimo per un intervento universale e non selettivo offrendo attivamente ai genitori la disponibilità a parlare delle difficoltà che incontrano nel crescere il
bambino? Gli Autori sottolineano l’importanza dei fattori protettivi, ma non escono da
una certa genericità. I protettivi, diversamente da quelli di rischio, presentano una potenziale dinamicità nel tempo e devono essere monitorati; si pensi a come essi si possono
modificare in caso di care di un bambino con patologia cronica. Una volta rilevata la
difficoltà dei genitori e/o la presenza di una condizione di vulnerabilità, che fare? Come
aiutare i genitori a prevenire l’abuso, a far sì che la rete non sia vissuta come una vigilanza ma come la messa in atto di misure di facilitazione? Sono domande a cui l’articolo non dà risposta. Fin qui i dubbi sulle ipotesi di prevenzione primaria, le strategie
per evitare l’abuso. Sul tema della prevenzione secondaria (interrompere un abuso in
atto) si deve tener conto che, nella maggior parte dei casi, in particolare nell’abuso sessuale e nel neglect, la diagnosi è tardiva: intercorre un lungo tempo tra l’inizio dell’evento e la capacità dei professionisti di rilevare segni e sintomi specifici. Allora siamo
certi che la priorità vada assegnata al ruolo dei pediatri nella prevenzione primaria o
non sarebbe più urgente inserire l’insegnamento della diagnosi differenziale nella formazione delle scuole di specialità?
Dante Baronciani, CeVEAS Modena
[email protected]
IL MAGISTRATO. Condivido osservazioni e suggerimenti dell’articolo: migliorare la capacità dei pediatri nell’identificare cause e fattori scatenanti per il bambino a rischio e prospettare interventi appropriati. Gli Autori sottolineano il “ruolo pubblico” del pediatra: il
suo rapporto privilegiato con il paziente e la famiglia può/deve dare voce ai singoli componenti del nucleo: vigilare, intuire le problematiche, le difficoltà dell’ambiente, recepire le
richieste di aiuto e agire nell’esclusivo interesse del bambino. La Costituzione (artt. 2, 3,
29, 30, 32), il Codice Civile (art. 147), la Convenzione di New York (20/11/1989:
art. 12), ratificata con legge 176/1999, la Convenzione di Oviedo (art. 6) sui diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano con riguardo alla biologia e alla medicina approvata il 4/4/1997 dal Consiglio d’Europa, ratificata con legge 145/2001, la Convenzione
europea di Strasburgo per l‘esercizio dei diritti del minore (8/9/1995: artt. 3, 6, 19), stabiliscono che “il parere del minore è considerato elemento determinante in funzione dell’età e del suo livello di maturità”; principio ribadito dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea di Nizza (7/12/2000: art. 24)) e da ultimo dalla legge 54/2006
(affidamento condiviso: art. 155 c.c.). È compito del pediatra ascoltare con attenzione e
sensibilità il bambino, comprenderne le ansie, riconoscere il trauma, indagare eventuali
“segreti”, valutare possibili disturbi psico-evolutivi e, se necessario, coinvolgere nella situazione i servizi sociali; nelle ipotesi più gravi di maltrattamento e di abuso è doverosa la
segnalazione all’Autorità giudiziaria (secondo la fattispecie, al Tribunale per i Minorenni,
o al Giudice tutelare o al P.M.) che, fatte indagini, adotterà i provvedimenti opportuni in
sede civile (sospensione o decadenza dalla potestà sui figli, artt. 330, 336 C.C., ordini di
protezione contro gli abusi familiari, art. 342 bis C.C.). o penale (artt. 570, 572, 609 quater C.P.) ”nell’esclusivo interesse del minore”.
Augusta Tognoni, Milano
[email protected]
276
Quaderni acp 2011; 18(6): 277
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
Laura Brusadin, Laura Todesco, Giacomo Toffol
Pediatri per un mondo possibile
Parole chiave Inquinamento. Black carbon. Benzene. Autismo. Difetti del tubo
neurale
Poco si sa sul ruolo dell’ambiente sull’autismo e questo studio, per quanto
noto, è il primo ad aver evidenziato una
associazione tra autismo e vicinanza a
una strada trafficata [1]. È stato esaminato il collegamento tra autismo e distanza
del luogo di residenza della madre durante la gravidanza da un’autostrada o da
una strada principale, scelte come indicatore indiretto di esposizione a inquinanti
ambientali. Sono stati utilizzati i dati di
uno studio caso-controllo, condotto in
California su una popolazione in età prescolare. I 304 casi sono bambini con diagnosi di autismo abbinati per età, sesso e
area geografica di residenza a 259 controlli. La residenza alla nascita è stata
ricavata dall’indirizzo della madre riportato nel certificato di nascita e quella nei
vari trimestri di gravidanza da una indagine questionaria. Per ogni indirizzo
sono state calcolate le distanze da una
autostrada e da una strada principale. Per
l’analisi sono stati creati 4 gruppi in base
alla distanza da queste: primo decile
(<309m), successivo 15% (309-647m),
successivo 25% (647-1419) e il rimanente 50° centile (>1419) come gruppo di
riferimento.
Dall’analisi si ricava che tra i casi la madre, al momento del parto, risiede più frequentemente entro 309 metri da una autostrada (OR = 1,86; IC 95% 1,04-3,45).
Tale grado di associazione aumenta quando il gruppo con madri residenti più
vicino a un’autostrada (<309 m) è comparato a quello che risiede più lontano
(>5150) (OR = 2,48; IC 95% 1,17-5,39).
L’associazione non cambia quando l’analisi viene aggiustata per le variabili sociodemografiche e di stile di vita della
madre.
L’analisi effettuata rappresenta una
prima tappa dello studio di una ipotizzata relazione tra inquinamento atmosferico e autismo, che andrà rivalutata con
ulteriori ricerche.
Uno studio di valutazione della relazione
fra livelli ambientali esterni di quattro
composti organici volatili (benzene,
Per corrispondenza:
Giacomo Toffol
e-mail: [email protected]
toluene, etilbenzene e xilene) e NTDs
(anencefalia e spina bifida) ha rilevato
un’associazione significativa fra benzene
e prevalenza di spina bifida nella progenie [2]. Il benzene, cancerogeno, attraversa la placenta ed è stato trovato nel
sangue fetale alle stesse concentrazioni o
a concentrazioni superiori rispetto al sangue materno. Studi animali hanno suggerito l’importanza dello stress ossidativo
determinato dal benzene come meccanismo teratogeno e studi occupazionali
mostrano associazioni positive fra difetti
del tubo neurale (NTDs) ed esposizioni a
benzene (OR = 5,3; IC 95% 1,4-21,1).
Questo studio caso-controllo confronta
533 casi di spina bifida e 303 di anencefalia, forniti dal registro texano dei nati
con difetti congeniti, con un gruppo di
3695 non affetti. Le madri residenti in
zone con alti livelli di benzene avevano
maggiori probabilità di avere figli affetti
da spina bifida rispetto alle donne che
vivevano in zone con bassi livelli (OR =
2,3; IC 95% 1,22-4,33). Fra anencefalia e
benzene o fra qualsiasi fenotipo di NTD
e toluene, etilbenzene e xilene non è stata
osservata nessuna associazione significativa.
Per la spina bifida il logit appare aumentare stabilmente quando i livelli di benzene sono maggiori o uguali a 3 mg/m3, e
diventano statisticamente significativi
dopo che i livelli di benzene sono approssimativamente >5 mg/m3. Questo risultato contribuisce ad accrescere il
corpo di evidenze che riguardano l’esposizione a inquinanti atmosferici ed esiti
sul neonato.
Nelle città in cui sono state introdotte
misure di limitazione del traffico (Londra, Stoccolma, Singapore, Milano) si
sono immediatamente rilevati effetti
positivi nella riduzione del traffico, del
rumore, del numero di incidenti. In due
di queste città, Londra e Milano, non
sono stati però evidenziati miglioramenti
misurabili della qualità dell’aria utilizzando i comuni indicatori. Autori diversi
hanno recentemente usato il Black
Carbon (BC) come indicatore prossimale
di inquinamento dovuto a traffico. Il BC
fa parte del particolato ultrafine, è prodotto dalla incompleta combustione di
carburante carbonioso soprattutto da
motori diesel, è costituito da aggregati di
carbonio elementare ed è ricco di idrocarburi policiclici aromatici. È presente
nella zona immediatamente circostante
la sede delle emissioni; in città è l’indicatore ideale per differenziare zone a
diverso livello di inquinamento da traffico, rilevando differenze di concentrazione anche fra il centro della strada e il
marciapiede. Se inalato, è depositato in
profondità nei polmoni, ed è stata descritta un’associazione inversa, dose dipendente, fra contenuto di BC dei macrofagi delle vie respiratorie e funzione respiratoria nei bambini.
Uno studio italiano dimostra che il BC è
un indicatore più adeguato rispetto alle
misure del particolato per valutare la differenza nella qualità dell’aria urbana in
zone molto vicine con diversa intensità
di traffico [3]. Gli Autori valutano la qualità dell’aria in tre strade radiali di Milano, composte ciascuna di tre segmenti:
una parte periferica senza restrizioni di
traffico, una intermedia soggetta a Ecopass, e una zona pedonale. I risultati
mostrano una riduzione dei livelli di BC
con brusco gradiente dalle zone più
esterne senza restrizioni di traffico alle
aree centrali. Le differenze dei livelli di
concentrazione media di BC nello stesso
giorno, nelle zone a diversa regolamentazione di traffico, risultano altamente
significative per ogni comparazione,
mentre le concentrazioni medie di PM10,
PM2,5 e PM1 non hanno mostrato differenze significative fra le zone a diverso
tipo di traffico. Questo è il primo studio
che rileva che in città aree prossimali a
diversa intensità di traffico sono associate a diversi livelli di BC. I risultati di
questo studio suggeriscono che il BC è
un rilevatore altamente affidabile di
inquinamento da traffico e potrebbe essere preso in considerazione per dimostrare l’efficacia dei provvedimenti di restrizione del traffico. u
Bibliografia
[1] Volk HE, Picciotto IH, Delwiche L, et al. Residential Proximity to Freeways and Autism in the
CHARGE Study. Environ Health Perspect 2011;
119:873-7.
[2] Lupo PJ, Symanski E, Waller DK. Maternal
Exposure to Ambient Levels of Benzene and
Neural Tube Defects among Offspring: Texas,
1999-2004. Environ Health Perspect 2011;119(3):
397-402.
[3] Invernizzi G, Ruprecht A, Mazza R, et al. Measurement of black carbon concentration as an indicator of air quality benefits of traffic restriction
policies within the ecopass zone in Milan, Italy.
Atmospheric Environ 2011;45:3522-7.
277
vaccin
Quaderni acp 2011; 18(6): 278
Morbillo: è lontano l’obiettivo
della eliminazione
Franco Giovanetti
Dirigente medico, Dipartimento di Prevenzione, ASL CN2, Alba, Bra
Parole chiave Morbillo. Eliminazione. O-
peratori sanitari. Vaccino antimorbillo
In Europa, a distanza di decenni dall’introduzione del vaccino contro il morbillo
nei programmi nazionali di immunizzazione, il virus continua a causare focolai
epidemici, complicanze, decessi. Fortunatamente, la vaccinazione universale ha
portato una notevolissima diminuzione
dei casi di malattia: non ci sono più le
grandi epidemie del passato, ma le
coperture vaccinali raggiunte sono insufficienti per l’obiettivo della eliminazione
del morbillo in Europa, che l’OMS aveva
fissato per il 2010, poi rinviato al 2015
[1]. Cosa non ha funzionato? E perché se
ne parla così poco? Tutta l’attenzione è
diretta verso i nuovi vaccini, in particolare quelli contro le malattie batteriche
invasive e il Papillomavirus, e tale situazione è destinata a continuare, man mano
che nuovi prodotti si affacceranno sul
mercato nei prossimi anni. Il rischio è di
dimenticare le priorità non ancora sufficientemente affrontate e, tra queste, sicuramente il morbillo. L’ultimo rapporto
EUVAC dà un quadro della situazione in
Europa nel 2010: sono stati segnalati
30.367 casi, in tutte le fasce d’età, inclusi più di 5000 adulti [2]. I decessi sono
stati 21, con un tasso di letalità di
0,69/1000. I non vaccinati erano la grande maggioranza (73%), pochi erano vaccinati con una sola dose (10%), solo il
2% aveva ricevuto le due dosi raccomandate, il numero di dosi ricevute era ignoto nell’1%. Di un restante 14% non era
noto lo stato vaccinale. Alcuni Paesi hanno avuto un’alta incidenza: >1 caso/100.000 (Bulgaria, Irlanda, Francia, Cipro, Italia e Grecia). Altri un’incidenza moderata, 0,1-1/100.000 (tra cui
Germania, Svizzera e Regno Unito).
Altri ancora una bassa incidenza,
<0,1/100.000 (tra cui Olanda, Portogallo
e Paesi Scandinavi). Tra i Paesi a incidenza elevata e moderata ci sono Nazioni, dotate di un sistema sanitario avanzato, ma con coperture vaccinali non
ottimali [3]. Nel Regno Unito pesano
ancora le conseguenze della controversia
Per corrispondenza:
Franco Giovanetti
e-mail: [email protected]
278
su vaccino MMR e autismo, successivamente rivelatasi come una vera e propria
frode scientifica, ma altrove pesano fattori come la scarsa efficacia dell’organizzazione vaccinale, la mancanza di volontà politica, le false convinzioni, lo
scetticismo del pubblico e degli operatori sanitari in tema di vaccinazioni [4-6].
L’Italia non ha ancora raggiunto il 95%
di copertura vaccinale, condicio sine qua
non per ottenere l’eliminazione della
malattia. In base ai dati routinari nel
2009 è stato vaccinato con una dose di
MMR l’89,9% dei bambini entro i 2 anni
di età (range fra regioni: 70,8%-95,5%)
[7]. Solo 12 regioni hanno superato la
soglia del 90% e solo due (Umbria e
Sardegna) hanno raggiunto quella del
95%. Rispetto a dieci anni fa vi è stato un
miglioramento, ma la soglia di eliminazione non è stata raggiunta a livello
nazionale. Quali le cause? In molte realtà
persiste la deleteria dicotomia tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate e
queste ultime sono percepite come meno
importanti. Emerge, inoltre, un problema
di disinformazione tra gli stessi operatori sanitari, come risulta da uno studio
sulla vaccinazione MMR negli allergici,
condotto con un questionario somministrato recentemente a un campione di
pediatri italiani. La maggior parte dei
quesiti mostra un range di risposte esatte
compreso tra il 20% e il 65-68% e non si
tratta di domande particolarmente difficili, poiché riflettono situazioni cliniche,
quali l’allergia all’uovo o la dermatite
atopica, di comune riscontro [8]. Altra
criticità riguarda i servizi vaccinali, spesso scarsamente valorizzati dalle ASL in
quanto la prevenzione, fornendo risultati
solo sul lungo termine, non produce consenso e non porta voti: si tratta di strutture non sempre dotate di risorse adeguate,
sovente a corto di personale o con personale non sufficientemente formato e
motivato. Quali le possibili soluzioni? Il
problema è duplice, culturale e organizzativo. Occorre migliorare le conoscenze
degli operatori sanitari, in modo che tutti
parlino un unico linguaggio e informino
correttamente la popolazione. Sono necessarie una migliore organizzazione e
valorizzazione dei Servizi vaccinali. Il
Ministero della Salute ha di recente emanato il nuovo Piano di eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita che
individua alcuni obiettivi ed elenca le
azioni raccomandate per raggiungerli
[9]. Si tratta di un documento pregevole,
che raccomanda alcune azioni straordinarie e di grande impegno, per esempio il
recupero dei suscettibili di ogni età,
inclusi gli adulti, attraverso l’offerta attiva di due dosi di vaccino. Spetta alle
regioni rimuovere gli ostacoli, principalmente organizzativi ed economici, che
hanno impedito l’eliminazione di morbillo e rosolia congenita; in caso contrario, anche questo nuovo Piano rischia di
restare un mero elenco di buone intenzioni. u
Conflitto d’interessi. Negli ultimi dieci
anni l’Autore ha accettato inviti da
Wyeth (ora Pfizer), Sanofi Pasteur,
Novartis Vaccines e GSK per la partecipazione a convegni.
Bibliografia
[1] WHO. Renewed commitment to measles and
rubella elimination and prevention of congenital
rubella syndrome in the WHO European Region by
2015. Moscow, Regional Committee for Europe
13-16 September 2010. http://www.euro.who.int.
[2] EUVAC. Measles surveillance annual report
2010. http://www.euvac.net/graphics/euvac/pdf/annual_2010.pdf.
[3] Martin R, Deshevoi S, Buddha N, et al. Approaching measles and rubella elimination in the
European region-need to sustain the gains. Eurosurveillance 2009;14(50):pii=19449. http://www.eurosurveillance.org/images/dynamic/EE/ V14N50
/art19449.pdf.
[4] Godlee F, Smith J, Marcovitch H. Wakefileld ’s
article linking MMR vaccine and autism was fraudulent. BMJ 2011;342:c7452. http://www.bmj.com/
content/342/bmj.c7452.full.
[5] Schmitt HJ, Booy R, Aston R, et al. How to optimise the coverage rate of infant and adult immunisations in Europe. BMC Medicine 2007;5:11. http://
www.biomedcentral.com/1741-7015/5/11.
[6] Lopalco PL, Sprenger M. Do European doctors
support measles, mumps, rubella vaccination programmes enough?. Euro Surveill 2011;16(39):
pii=19979. http://www.eurosurveillance.org/ViewArticle.aspx?ArticleId=19979.
[7] Ministero della Salute. Coperture vaccinali.
www.salute.gov.it.
[8] Esposito S, Azzari C, Bartolozzi G, et al. Knowledge of vaccination of allergic children among
Italian primary care pediatricians, hospital pediatricians and pediatric residents. Vaccine 2010;28:
7569-75.
[9] Ministero della Salute. Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita
2010-2015. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_
pubblicazioni_1519_allegato.pdf.
farm
Quaderni acp 2011; 18(6): 279
La vitamina A in età prescolare nei Paesi
a risorse limitate: intervento salvavita
Antonio Clavenna, Filomena Fortinguerra, Daniele Piovani
Centro d’Informazione sul Farmaco e la Salute, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano
Parole chiave Vitamina A. Terpeni. Eta-
nercept
La supplementazione
di vitamina A riduce la mortalità
nei Paesi con risorse limitate
Che la vitamina A riduca la mortalità nei
primi anni di vita nei Paesi in via di sviluppo è un dato noto da tempo. Questa
evidenza è stata ulteriormente consolidata da una recente meta-analisi che ha stimato al 24% la riduzione della mortalità
per tutte le cause associata alla supplementazione con vitamina A nei Paesi in
via di sviluppo, e in 600.000 il numero di
morti evitabili.
La revisione ha valutato un totale di
43 studi clinici randomizzati sulla somministrazione orale di vitamina A in
bambini di età dai 6 mesi ai 5 anni, che
hanno coinvolto complessivamente più
di duecentomila bambini.
La riduzione della mortalità per tutte le
cause è stata riportata da 17 studi, con un
rischio relativo di 0,76 (IC 95%: 0,690,83) nei bambini con supplemento di
vitamina A rispetto al placebo. Sette
studi hanno riportato un 28% di riduzione del rischio di mortalità associato a
diarrea, con una riduzione dell’incidenza
di diarrea del 15%. La revisione ha
mostrato anche un dimezzamento dei
casi incidenti di morbillo e una riduzione
di disturbi visivi quali cecità notturna
(riduzione del 68% dell’incidenza) e
xeroftalmia (riduzione del 69%).
Gli Autori concludono che le evidenze a
favore dell’integrazione di vitamina A
nella dieta dei bambini che vivono in
Paesi a risorse limitate sono ormai consolidate, e che ulteriori studi clinici controllati con placebo dovrebbero essere
evitati poiché non etici. Mancano, però,
evidenze su quale sia il dosaggio più efficace. In ogni caso, sottolineano gli Autori, la supplementazione risponde a un
bisogno immediato, ma nel lungo termine occorre garantire ai bambini un adeguato apporto nutrizionale di vitamina
attraverso l’accesso al cibo.
Mayo-Wilson E, et al. Vitamin A supplements for
preventing mortality, illness, and blindness in chil-
Per corrispondenza:
Antonio Clavenna
e-mail: [email protected]
dren aged under 5: systematic review and metaanalysis. BMJ 2011;343:d5094.
Supposte con derivati terpenici
controindicate nei bambini
L’Agenzia europea dei medicinali ha raccomandato di aggiornare le informazioni
relative a supposte contenenti derivati
terpenici con nuove controindicazioni, a
conclusione di una rivalutazione dell’uso
di tali medicinali nei bambini di età inferiore a 30 mesi effettuata dal Comitato
per i Prodotti Medicinali per Uso Umano
(CHMP).
La procedura di rivalutazione è stata
avviata in seguito ai dubbi riguardanti la
sicurezza di questi medicinali espressi
dall’Agenzia regolatoria francese.
Il CHMP ha concluso che per questi
medicinali vi è un rischio di disturbi neurologici, in particolare di convulsioni,
nei neonati e nei bambini piccoli, e ha
raccomandato che il loro uso sia controindicato nei bambini di età inferiore a
30 mesi e nei bambini con una storia di
epilessia o convulsioni febbrili. Ha, inoltre, concluso che c’è un rischio che questi medicinali causino lesioni locali anorettali controindicando l’uso nei bambini
con una storia recente di lesione anorettale.
Le supposte contenenti derivati terpenici
(per es. canfora, mentolo e oli essenziali
di aghi di pino, eucalipto e trementina)
sono commercializzate in Belgio, Francia, Lussemburgo, Finlandia, Italia, Portogallo e Spagna, e sono utilizzate per il
trattamento di supporto di infezioni delle
vie aeree, in particolare come trattamento della tosse.
Mancano, comunque, prove che documentino l’efficacia di questi medicinali.
http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_
library/Referrals_document/Terpenic_31/WC5001
12824.pdf.
Ondansetron e prolungamento
dell’intervallo QT:
la Food and Drug Administration
raccomanda cautela
Il 15 settembre 2011, la Food and Drug
Administration (FDA) ha segnalato ai
medici americani che è in corso una revisione sulla sicurezza dell’ondansetron.
L’ondansetron potrebbe aumentare il
rischio di sviluppare disturbi del ritmo
cardiaco (per es. prolungamento dell’intervallo QT) e, di conseguenza, causare
in soggetti con fattori di rischio aritmie
anche fatali, come il Torsade de Pointes.
Le condizioni che predispongono a un
maggior rischio sono le cardiopatie, in
particolare la sindrome congenita del QT
lungo, l’ipopotassiemia e l’ipomagnesemia e l’assunzione di farmaci che prolungano l’intervallo QT (per es. azitromicina, claritromicina, fluconazolo).
I possibili effetti sul ritmo cardiaco
saranno valutati in uno studio attualmente in corso. Il potenziale prolungamento
dell’intervallo QT è un effetto già noto, e
riportato nel riassunto delle caratteristiche del farmaco. La FDA sta valutando
se rafforzare ulteriormente le precauzioni d’uso controindicando l’impiego
nei pazienti con sindrome congenita del
QT lungo e consigliando il monitoraggio elettrocardiografico dei pazienti
con ipopotassiemia e ipomagnesemia,
con bradiaritmie e in caso di terapie
concomitanti con farmaci che prolungano il QT.
http://www.fda.gov/Drugs/DrugSafety/ucm271913.
htm.
Dopo l’etanercept,
un altro monoclonale
per l’artrite giovanile
Il Comitato per i Prodotti Medicinali per
Uso Umano (CHMP) dell’EMA, nella
seduta del 16-19 maggio 2011, ha esteso
l’impiego del tocilizumab come trattamento dell’artrite giovanile sistemica ai
bambini di età 2-11 anni, che non rispondono ai trattamenti con farmaci e/o antinfiammatori. Il tocilizumab è un anticorpo
monoclonale che inibisce il recettore per
l’interleukina 6. L’efficacia del farmaco
è stata valutata in uno studio randomizzato multicentrico che ha confrontato la
risposta clinica al trattamento in 75
pazienti trattati con tocilizumab versus
37 che ricevevano placebo (oltre al trattamento standard).
In precedenza il CHMP aveva esteso
l’età di impiego ai bambini > 2 anni di
un altro anticorpo monoclonale, l’etanercept (cfr Quaderni acp n. 5/2011).
http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_
library/Press_release/2011/05/WC500106539.pdf.
279
Quaderni acp 2011; 18(6): 280-281
Rubrica a cura di Maria Francesca Siracusano
Quel Salgàri
che ci avviò alla lettura
Ernesto Ferrero
Disegnare il vento
Einaudi, 2011
pp. 187, euro 19,50
Un amico veronese ha arricchito la libreria di casa con il libro di Ernesto Ferrero,
direttore del salone internazionale del
libro, su un altro veronese: Emilio
Salgàri (si noti l’accento) che ha iniziato
alla lettura alcune generazioni di adolescenti.
Ci scambiavamo i volumi di nascosto
dagli insegnanti che li stigmatizzavano
come male scritti, banali, aggrovigliati.
Oltre tutto scaldavano la testa ai ragazzi
che dovevano studiare rosa rosae e frequentare i sabati fascisti e non giocare a
bande di tigrotti di Mompracem, di gridare “Arranca Kammamuri” e disegnare
scimitarre tempestate di diamanti.
Salgàri, oltre tutto morto suicida giusto
cent’anni fa, era privo di ideali patriottici, parlava di un mare lontano e diverso
dal Mare Nostrum; gli inglesi erano
nemici, è vero, ma il nemico peggiore era
la Spagna che, allora, era sorella in fascismo. Insomma un “cattivo maestro”, un
Vasco Rossi dell’epoca.
Eppure, ironia della storia, come scrive
Antonio Faeti, la seconda fase del fascismo, quello di Salò, ebbe invece una
“dimensione immaginifica tipicamente
salgariana”: con i suoi tradimenti, gli amori-odio con le esecuzioni di gente un
tempo amata, le torture, il glaciale discorso di Mussolini al Lirico e i suoi giuramenti alla vendetta nello stile del Corsaro nero, “pallidissimo e avvolto nel
nero ferraiolo”, la ferocia delle bande
nere nello stile di “vendetta; oh miei
tigrotti!”.
Negli ultimi trent’anni la critica letteraria
ha “sdoganato” Salgàri dandogli il meri280
to di avere avviato alla lettura legioni di
adolescenti. Per tanti che conosco è stato
così; e per i più giovani lettori di
Quaderni? Venendo al libro, è dal suicidio di Salgàri che comincia il racconto di
Ferrero, residente nello stesso caseggiato
di Torino, che è stato l’ultima dimora di
Salgàri.
Morendo, Salgàri, che aveva arricchito
enormemente i suoi editori, lasciò la
famiglia in povertà con 150 lire, più un
credito di altre 600.
L’Autore sovrappone documenti reali e
immaginari, e soprattutto introduce il
racconto di Angiolina, una ragazza che
gli sta accanto per affetto, ma anche per
impadronirsi dei segreti della scrittura e
del suo patrimonio di schede attraverso
le quali Salgàri ricostruisce le jungle
(con la j), i mari, i corsari, i deserti, le
belve, le erbe che allucinano, i velieri.
Tutto immaginario; lui, a parte un servizio marittimo di tre mesi in Adriatico,
non si era mai mosso da casa. Particolare
questo che noi, acerbi lettori, completamente ignoravamo.
I librai ci avevano, invece, insegnato a
distinguere gli apocrifi (oltre un centinaio) che pullulavano nelle edicole, dalle
edizioni di Bemporad e Paravia soprattutto dalle loro magnifiche illustrazioni.
Ma si tratta oramai solo di ricordi generazionali e di critici letterari che sfogliano il tempo che fu.
Giancarlo Biasini
Un nuovo approccio
all’alimentazione infantile
Silvia Cimino
Psicodinamica
dell’alimentazione
nella prima infanzia
Il Pensiero Scientifico
Editore, 2011
pp. 158, euro 14
Letta la presentazione su Va’ Pensiero (la
newsletter de Il Pensiero Scientifico
Editore), fatta una telefonata al numero
verde, in meno di ventiquattr’ore lo
avevo a casa! Questo libro parla del
significato dell’alimentazione nel primo
anno di vita. Percentili, timing degli alimenti, calorie, allergie, latti speciali? No,
assolutamente no.
Qui si parla del significato più autentico
dell’alimentazione a tutte le età, ma
soprattutto nei primi mesi di vita.
Alimentazione è intimità, esercizio di
comunicazione, costruzione di relazione.
Un significato centrale nella vita e nei
valori di ogni famiglia che il pediatra
dovrebbe conoscere a memoria. Se volete approcciarvi all’alimentazione responsiva (responsiveness) del genitore verso
il suo bimbo e volete coglierne il senso
biologico, siete arrivati a scegliere il
libro che fa per voi.
Le prime settanta pagine parlano dei
moderni orientamenti della psicologia in
ambito della regolazione delle emozioni
nello sviluppo infantile, delle dinamiche
psichiche coinvolte e dei fattori di rischio
implicati, come la depressione materna,
le caratteristiche del temperamento del
bambino o situazioni sociali che favoriscono la trascuratezza.
Dall’ormai superato approccio pulsionale freudiano “l’amore nasce dal bisogno
soddisfatto di cibo”, dove il comportamento alimentare è riconosciuto solo
come natura istintuale, l’Autrice ci presenta il modello della sintonizzazione
affettiva e interazione diadica di Daniel
Stern, la reciprocità affettiva di Bowlby e
la costruzione di un Sé dal riconoscimento di un mondo esterno e un mondo interno secondo Fonagy e Target.
L’atto alimentare è quindi il tramite attraverso cui le capacità precoci del neonato
interagiscono con le capacità materne o
del caregiver di comprendere le sue esigenze al fine di favorire la nascita della
mente del bambino.
I modelli della ricerca evolutiva sono
spiegati esaurientemente e in modo comprensibile anche per un non addetto ai
lavori.
La seconda parte del libro parla della
valutazione e diagnosi dei disturbi alimentari infantili. A parte l’analisi dei non
organic failure to thrive, la ricerca attua-
libri
Quaderni acp 2011; 18(6)
buona
le è carente nell’analisi di possibili sindromi psicologiche e comportamentali
infantili legate a un contesto di relazioni
patologiche familiari, di cui il cibo può
essere sia la causa (alimentazione non
responsiva) sia la conseguenza in età adulta di una difficoltà dell’interazione
con il genitore. Proprio per questo le ultime pagine sono dedicate alle nuove prospettive di ricerca e di intervento.
Infine, una valida bibliografia che raccoglie molta parte della più attuale Infant
Research e della Developmental Psychopathology. Completata la lettura, potremo
ascoltare con nuove orecchie quel: “Il mio
bimbo non mi mangia” che molte mamme
ci supplicano di risolvere confondendo la
difficoltà di crescita relazionale con la
nutrizione per la crescita. Insomma, se
non vogliamo rinunciare a motivarci sui
nuovi approcci all’alimentazione infantile, questa di Silvia Cimino è un’ottima
lettura da non lasciarsi sfuggire.
Costantino Panza
La bellezza della musica
e la magia delle immagini
Cecilia Pizzorno,
Ester Seritti
Musicantando.
Canti e musiche
per bambini
Libro + cd audio
Giunti kids, 2011
pp. 48, euro 10,97
Mentre si sfoglia e si ascolta Musicantando si avverte subito la sensazione di
avere tra le mani un oggetto davvero
bello: per la scelta dei repertori, la ricercatezza delle sonorità, la delicatezza
delle illustrazioni, la ricchezza degli stimoli che offre.
Un libro per bambini, soprattutto se
“libro musicale”, non può prescindere
dal suo valore estetico intrinseco, oltre
che dalla valenza dei contenuti: la bellezza delle musiche, dei testi e delle immagini è infatti già di per sé portatrice di
valori educativi legati allo sviluppo di
« Vogliamo libri scritti per noi che
dubitiamo di tutto, che piangiamo
per un niente, che sobbalziamo per
un minimo rumore alle spalle».
Laurence Cossé
in La libreria del buon romanzo
una sensibilità al bello e di una capacità
critica che devono essere coltivate fin
dalla più tenera età.
Musicantando, in effetti, non trascura
alcun aspetto legato alla grafica, al segno, al colore e alle componenti timbrico-sonore e si presenta dunque come una
risposta originale e adeguata al bisogno
fondamentale del bambino di scoprire la
realtà positiva che lo circonda.
Si tratta di una raccolta di diciotto brani,
otto canti (quattro in italiano e quattro in
lingua straniera) e dieci brani d’ascolto,
tratti dal repertorio colto occidentale e
dalla tradizione popolare più autentica,
oculatamente selezionati da Cecilia Pizzorno ed Ester Seritti.
I disegni che illustrano i testi sono di
Giuditta Gaviraghi, il cui tratto riporta
teneramente alla magia di un mondo
infantile gioioso e coloratissimo. Il montaggio del Cd è a cura di Daniele Poli e
Gabriele Micheli, esperti in repertori di
musica antica e tradizionale, particolarmente abili nella realizzazione di strumentazioni originali, seppure filologicamente corrette.
Destinatari sono innanzitutto i bambini,
ma anche i genitori e gli educatori, che
trovano nel libro chiare indicazioni per
una sua efficace fruizione.
Musicantando, che è inserito nel catalogo 2011 di “Nati per Leggere” e “Nati
per la Musica”, si presenta dunque come
una proposta agile e gradevole per far
musica in famiglia, offrendo una compensazione ai repertori quotidianamente
diffusi attraverso i mass media, non sempre attenti alle esigenze del mondo infantile.
Maddalena Patella
Dislessia: un libro per i pediatri
Giacomo Stella,
Enrico Savelli,
Daniela Gallo,
Mauro Mancino
Dislessia evolutiva
in pediatria.
Guida all’identificazione
precoce
Erickson edizioni, 2010
pp. 125, euro 25
Finalmente un libro diretto esclusivamente ai pediatri, con l’obiettivo di offrire le conoscenze e gli strumenti operativi
per riconoscere il più precocemente possibile i bambini che sono a rischio di presentare, in età scolare, un disturbo specifico dell’apprendimento.
La ricerca scientifica degli ultimi anni ha
messo in evidenza la stretta correlazione
che esiste tra il disturbo specifico del linguaggio e il disturbo specifico dell’apprendimento.
Vengono presentati lo sviluppo linguistico e i disturbi del linguaggio in modo da
consentire al pediatra di interpretare il
più precocemente possibile i segnali di
sviluppo ritardato o atipico. Soprattutto il
disturbo fonologico del linguaggio predice un successivo disturbo specifico dell’apprendimento.
Vengono quindi presentate le principali
fasi dello sviluppo fonologico, dalla
comparsa della lallazione canonica,
intorno a sei mesi, costituita dalla replicazione della sillaba piana, fino alla
comparsa della sillaba complessa che
avviene intorno a 3 anni di età. Il pediatra deve porre particolare attenzione allo
sviluppo del linguaggio fin dalle prime
fasi al fine di inviare allo specialista, non
più tardi del compimento del terzo anno
di età, il bambino che presenta un ritardo
del linguaggio. L’invio precoce consente
l’inizio precoce della rieducazione riabilitativa (o meglio abilitativa) logopedica.
Dopo un inquadramento nosografico,
diagnostico e terapeutico del disturbo
specifico del linguaggio e del disturbo
specifico dell’apprendimento, gli Autori
propongono tre test di facile somministrazione (un questionario del linguaggio
per i genitori, una prova di ripetizione di
parole, una prova di denominazione di
colori) che possono essere utilizzati dal
pediatra per verificare l’adeguatezza
dello sviluppo linguistico del bambino
fino a 5 anni di età. Anche se il disturbo
di letto-scrittura persiste nella maggioranza dei casi anche in età adulta, sul
piano prognostico esso tende a migliorare, soprattutto se il trattamento abilitativo/riabilitativo inizia in età precoce,
quando già il bambino presenta un
disturbo del linguaggio.
Angelo Spataro
281
Quaderni acp 2011; 18(6): 282
ragazzi
Il mare amaro di Terraferma
Italo Spada
Comitato cinematografico dei ragazzi, Roma
Se ci fosse stato Padron ’Ntoni, il commento più sintetico a Terraferma, Premio
Speciale della Giuria a Venezia 2011, l’avrebbe fatto spendendo solo due parole:
Mare amaro! Chi ha letto Verga – quello
di Fantasticheria e de I Malavoglia – sa
bene che per comprendere appieno la
delusione del vecchio lupo di mare bisogna inserire questo motto nel contesto di
un ambiente che vive quasi esclusivamente di pesca, sentirlo pronunciare con
inflessione dialettale, fare attenzione alla
mimica facciale e gestuale che lo accompagna. Come dire che, nell’ambito della
comunicazione, anche due semplici
parole acquistano valore polisemantico.
A maggior ragione quando le due parole
si arricchiscono di immagini, scenografia, colonna sonora, interpretazione e
diventano un film. Nella filmografia di
Emanuele Crialese, Terraferma rappresenta il naturale approdo di una ricerca
storico-sociale che molti hanno definito
“la trilogia del mare”. La storia di
Grazia, la protagonista di Respiro
(2002), affondava le sue radici nella tradizione orale, a metà tra verità e leggenda; quella di Salvatore Mancuso in
Nuovomondo (2006) era ambientata agli
inizi del Novecento, quando la terraferma desiderata dagli emigranti siciliani si
chiamava America; questa della famiglia
Pucillo è cronaca dei nostri giorni. In tre
tappe, Crialese ha scolpito la traversata
della vita ed è importante questa premessa per non limitarsi a vedere la sua ultima fatica da una sola angolazione. La
storia è un test che il regista propone agli
spettatori. La lettura dipende dalla parte
in cui ci si colloca. Per i disperati che
fuggono dalla loro patria e restano per
giorni e giorni in balia del mare la terraferma cambia progressivamente aspetto
e diventa barca di soccorso, spiaggia
dove sfamarsi e idratarsi, isola e garage
dove nascondersi, continente dove
approdare, luogo dove ricongiungersi
con i parenti e rifarsi una vita. Per i turisti in vacanza la terraferma è una città da
abbandonare per qualche settimana, il
tempo strettamente necessario per imbarcarsi su un traghetto, sbarcare su un’isoPer corrispondenza:
Italo Spada
e-mail: [email protected]
282
la, abbronzarsi, abbuffarsi di pesce e
divertirsi con balli e tuffi in acque limpide. Per gli isolani è tutto più complicato,
perché i tempi sono cambiati troppo in
fretta, le nuove generazioni hanno un
modo tutto loro di vedere le cose, il mare
è amaro e il mondo è un pesce vorace che
ingoia tutto.
Ecco la famiglia Pucillo, per esempio,
fatta come le dita di una mano. Con
Nonno Ernesto che ha la sua barca, vecchia e rattoppata quanto si vuole, ma
sempre buona per tamponare l’avarizia
del mare; con un figlio che giace tra i
fondali e un altro che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti; con la nuora
Giulietta che, ormai intenzionata a
lasciare l’isola per assicurare un futuro
migliore al figlio ventenne Filippo e a se
stessa, ha pensato di racimolare qualche
euro in più trasformando la sua casa in
Bed senza Breakfast. Una famiglia che
sbarca il lunario e che, all’improvviso,
viene travolta dagli eventi. Durante una
battuta di pesca, Ernesto e Filippo avvistano una barca di profughi in avaria. La
legge dello Stato non permette salvataggi di clandestini, ma il vecchio pescatore
non ha mai tradito quella del mare che
impone di non abbandonare nessuno tra
le onde. È così che in casa Pucillo arriva
Sara, una Madonna nera stuprata e rimasta incinta e suo figlio di pochi anni. Un
grosso problema che complica maledettamente i piani di Giulietta. Quando Sara
partorisce, i Pucillo non se la sentono di
buttarla fuori di casa, ma la sua presenza
diventa ancora più ingombrante. Altri
guai arrivano dalla salute malferma di
nonno Ernesto, dalla Finanza che sequestra la barca, da nuovi sbarchi di clandestini e dalla reazione violenta di Filippo,
dal controllo delle forze dell’ordine.
Quando tutto sembra definitivamente
compromesso, Filippo riscatta paura e
crudeltà avventurandosi con Sara e i suoi
bambini verso la terraferma.
Un film-test, si è detto. Con la particolarità che ogni spettatore ha la libertà di
scegliersi le domande che più gli fanno
comodo: da quelle irrilevanti (l’isola talmente piccola da non comparire sul
mappamondo è Linosa o Lampedusa?
Riuscirà Filippo a raggiungere la terraferma?) a quelle letterarie (Crialese come
Hemingway de Il vecchio e il mare,
come Conrad di Lord Jim, o come Verga
de I Malavoglia?); da quelle tecniche (la
bellezza della fotografia, la funzionalità
del colore, i giochi di luce, il ritmo e il
montaggio) a quelle interpretative (il
mestiere consolidato di Donatella
Finocchiaro, la conferma di Filippo
Pucillo, la bella sorpresa di Mimmo
Cuticchio, la naturalezza di Timnit T. che
rivive sul set il suo dramma di profuga).
Il consiglio è di non incorrere nella
superficialità tralasciando altri e ben più
importanti interrogativi che questo
dramma simbolico pone. Quali? Quelli
sull’emigrazione e l’accoglienza dei profughi, sull’integrazione e la paura dell’altro, sul contrasto tra la legge dello
Stato e quella della Coscienza, sull’egoismo borghese e l’altruismo proletario, su
due madri dalla pelle diversa unite dalla
stessa voglia di ricostruire altrove la vita
dei loro figli, sui conflitti tra vecchio e
nuovo mondo e tra giovani provenienti
da diverse estrazioni, sulle verità nascoste da grossolane bugie propagandistiche, sull’umanità inquieta e mutevole
come il mare, alla costante ricerca di una
terraferma interiore.
Terraferma
Regia: Emanuele Crialese
Con: Donatella Finocchiaro, Giuseppe
Fiorello, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Timnit T., Claudio Santamaria,
Martina Codecasa, Tiziana Lodato
Italia, Francia, 2011
Durata: 88’, col.
Quaderni acp 2011; 18(6): 283-285
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
Costantino Panza*, Anna Maria Davoli**
*Pediatra di famiglia, Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia); **Pediatra di famiglia, Reggio Emilia
Abstract
Promotion of reading: the paediatrician’s role
The promotion of reading aloud is a primary goal for a pediatrician. Parent-child
book sharing not only promotes language skills but also child development, and it can
support family relationships. In order to give best support a pediatrician needs to consider the attachment style and the family socio economic status. Professional training
and Health Planning Guidelines are important incentives in parenting promotion.
Quaderni acp 2011; 18(6): 283-285
Key words Child development. Emergent literacy. Parenting. Reading aloud
La promozione della lettura ad alta voce in famiglia è un impegno primario del pediatra. La lettura condivisa tra genitore e figlio promuove non solo le competenze del linguaggio ma anche la crescita globale del bambino e può sostenere le relazioni familiari. Il pediatra deve conoscere lo stile di attaccamento e la situazione socioeconomica familiare per offrire il miglior supporto in questa importante opera di prevenzione. Formazione professionale e programmazione sanitaria sono importanti incentivi in questa opera di sostegno alla genitorialità.
Parole chiave Sviluppo del bambino. Literacy. Genitorialità. Lettura ad alta voce
Il processo di attaccamento porta il bambino ad utilizzare la madre come una
“base sicura” per esplorare il mondo [1].
Un mondo fisico, fatto di spazi da percorrere camminando insieme. Un mondo
fatto di percezioni: la prima percezione
tattile, indelebile nella memoria profonda di ogni persona, è il contatto pelle a
pelle con la propria mamma. Percezioni
visive: luci che costruiscono forme. La
percezione dei profumi: l’olfatto, il senso
del ricordo e del desiderio nelle parole di
Jean Jacques Rousseau, che già il bambino utilizza durante la vita fetale per ricordare i sapori dei cibi veicolati dall’amnios. Percezioni uditive, infine: suoni
che costruiscono parole e danno voce a
dei simboli ricchi di molteplici interpretazioni, non a concetti. Parole che non
hanno un contenuto se non è presente
chi, interessato a quel bambino, le porge
con voce affettuosa insieme a un gesto e
uno sguardo carichi di significato.
La parola come relazione
Le parole pronunciate non sono solo un
fenomeno fisico descritto come energia
vibratoria che si diffonde nell’aria, ma
sono il principio fondante della relazione
umana. Relazione che, per l’Uomo, è la
struttura ultima della realtà. Con tutti i
sensi noi conosciamo ed esploriamo il
mondo, ma con la “parola” riusciamo a
comprendere e a relazionarci con il
nostro prossimo. Parola che non esisterebbe se non ci fosse non solo chi la pronuncia, ma chi la ascolta. Parola come
creatrice di realtà [2].
Ecco perché “Nati per Leggere” (NpL)
sembra essere un paradigma della relazione tra una mamma e il suo bambino:
intimità e contatto fisico nell’accogliere
il bimbo sulle ginocchia abbracciandolo;
la lettura ad alta voce che dà vita a una
condivisione della propria attività; il rispetto dei tempi di attenzione del bambino come primo momento di ascolto per il
genitore. In “NpL” il bambino accolto
nel grembo materno, abbracciato, sostenuto e avvolto dal suono, dalla melodia
delle parole pronunciate dalla mamma,
questo bambino immerso in questa piena
e compiuta esperienza sensoriale e affettiva riconosce la “base sicura” da cui può
iniziare a esplorare il mondo. Questa
accoglienza materna, premessa necessaria per una buona crescita, non è un
mero processo naturale ma un fatto cul-
turale che nasce solo dall’interazione tra
due persone, e appunto perché evento
culturale non è detto che si compia in
modo istintivo [3]. Esplorare un mondo
fisico e anche un mondo psichico, quindi. Il mondo che esplora il bimbo è un
mondo fisico: libro, immagini, suoni, caratteri stampati che permettono così di
sviluppare quella capacità definita dagli
studiosi come Emergent Literacy, una
vera e propria “emersione” nel corso dello sviluppo di uno straordinario complesso di interazioni psichiche, affettive,
intellettive che il bambino sviluppa interagendo con l’adulto che gli legge un
libro con lettere e/o figure, portando così
il bambino a costruire conoscenze, abilità e attitudini precursori delle forme
convenzionali di lettura e scrittura [4].
Nello stesso tempo avviene qualcosa di
più profondo: il bambino passa dall’esplorazione di una realtà fisica all’esplorazione di una realtà psichica. Una realtà
che esiste e non può essere percepita dai
sensi, ma dalla mente: sensazioni e percezioni interiori filtrate dalla propria
esperienza mentale. In questo scenario le
parole stanno al posto di un atto. Questo
ci conduce a riflettere su una delle funzioni più importanti del linguaggio: le
parole sostituiscono gli atti umani. Il
controllo degli stimoli del corpo, il temporeggiamento, la posposizione e perfino
la rinuncia o la scelta di una diversa gratificazione che l’Uomo acquisisce sono
in gran parte dovuti unicamente ai processi mentali superiori e sono resi possibili dal linguaggio [5]. La parola parlata,
la parola ascoltata, la parola scritta, la
parola letta, la parola pensata, la parola,
insomma, può diventare quell’atto creativo che apre le porte a un nuovo destino,
alla possibilità di nuove scelte, quindi a
una libertà che non sarebbe possibile
senza l’incontro tra due persone: mamma
e bambino. Queste capacità di comprendere e usare le parole, competenze che
devono essere presenti se vogliamo defi-
Per corrispondenza:
Costantino Panza
e-mail: [email protected]
283
nati per leggere
nirci umani, possono essere possibili se
iniziamo a proporre la parola come atto
di relazione tra bambino e mamma dove
il bambino riflette e pensa la mamma, e
la mamma, viceversa, pensa e riflette il
bambino.
Con l’interazione dialogica si compie in
modo impercettibile quello che ancora
consideriamo una magia: dall’interazione sociale arriviamo alla regolazione
affettiva del bambino, ossia la sua capacità di modulare i propri stati emotivi,
processo necessario per arrivare alla
mentalizzazione del Sé e alla nascita del
pensiero simbolico con la comparsa della
capacità di comprendere sia che la madre
può avere scopi stabiliti propri e interessi separati da quelli del bambino stesso e
quindi di prenderli in considerazione
come entità separata dal Sé. Nella relazione che si costruisce tra madre e bambino, la madre sensibile può collegare il
centro di attenzione sulla realtà fisica e lo
stato interno, in modo sufficiente perché
il bambino abbia la possibilità di identificare una realtà fisica e una realtà interiore. Alla fine, il bambino perviene alla
conclusione che la reazione della madre
nei suoi confronti conferisce significato
ai suoi stati interni. In modo inconscio
più che consapevole, il genitore attribuisce con il proprio comportamento uno
stato mentale al bambino, trattandolo
come un soggetto agente dotato di una
propria mente. Tutto ciò viene infine percepito e utilizzato dal bambino nella elaborazione dei suoi modelli mentali
permettendo così lo sviluppo di un senso
del Sé [6].
“Nati per Leggere”
per arricchire la relazione
La proposta di “NpL”, vista come un
possibile sentiero da percorrere per arricchire la relazione genitore-figlio, è una
proposta semplice, semplicissima, facile
da accogliere anche in quelle famiglie
che riconosciamo essere a rischio:
depressione, povertà, illetteralismo, isolamento sociale, disoccupazione, importanti stress familiari. Il programma di
“NpL”, con le sue semplici indicazioni,
può diventare così un sentiero sicuro per
recuperare e sostenere le risorse positive
anche della famiglia più fragile; una pro284
Quaderni acp 2011; 18(6)
posta che guida questa famiglia su una
prassi di buone relazioni [7]. Garante di
questa proposta per una nuova intimità
familiare è il pediatra. Ma il pediatra
deve stare attento, perché il mondo degli
umili si mostra nascondendosi. Questo è
il paradosso del mondo dei più deboli e il
pediatra deve saper guardare nelle ombre, nelle parole non dette, nei bisogni
non pronunciati delle famiglie a rischio,
quelle famiglie che, per definizione, non
sanno chiedere aiuto.
Gli esiti di “NpL” sono misurabili in capacità di linguaggio recepito e linguaggio espressivo, in misura della Early Literacy. Tuttavia, sappiamo essere partecipi degli esiti pur sempre concreti, reali,
che vanno oltre la possibilità di una misurazione quantitativa offerta dalla scienza attuale. Non possiamo misurare la
creazione di una relazione compiuta, una
relazione autentica dove autentico significa spogliato degli orpelli con i quali
addobbiamo le nostre esistenze; autentica nell’aprire la nostra storia individuale
e i nostri sentimenti all’ascolto dell’altro.
Marinus Van Ijzendoorn, ricercatore
attento agli esiti dell’attaccamento, all’abuso infantile e alle abilità cognitive del
bambino, rimase stupito dal fatto che un
intervento come il favorire la lettura ad
alta voce nelle famiglie con bambini difficili, bambini con un comportamento
non controllabile dai genitori, e in famiglie difficili, con poche risorse dei genitori, fosse efficace. Un intervento a basso
costo sanitario riusciva a convogliare le
energie della famiglia verso un’attività
positiva, la lettura ad alta voce, portando
a un cambiamento della qualità della vita
in famiglia e a migliorare il comportamento del bambino. Il tutto senza l’utilizzo regolare di assistenti sociali, di psicologi, di medici, ma con le sole risorse
interne al nucleo familiare [7-8]. Non
possiamo più pensare alla lettura in famiglia come un metodo di insegnamento,
ma come un processo fondamentalmente
sociale [9].
Con “NpL” si potrà costruire una relazione tra il bambino e il libro che lo accompagnerà per tutta la vita. Di ciò abbiamo le prove dirette: nelle case dove
arriva “NpL”, dove arriva il libro donato,
si costruisce una gioia nella lettura con-
divisa tra genitore e figlio [10]. Ma, perché no? Con “NpL” si potrà aiutare anche alla costruzione di una relazione
che si compie tra mamma e bambino,
base necessaria per crescere una persona
adulta.
L’impegno del pediatra
Cosa c’entra il pediatra in questo tempio
della creazione, la creazione di una persona? Il pediatra deve sapere che la lettura ad alta voce non solo promuove le abilità di literacy di quel bambino “fragile”,
ma può essere una medicina per curare,
tutelare, proteggere da un’incapacità o
una difficoltà del genitore a proporre un
modello positivo di disciplina educativa.
Dove la relazione di attaccamento
madre-bambino è insicura, la lettura condivisa sarà difficile:
– “Come va, signora, la lettura con il
bambino” – chiediamo durante la
visita di controllo.
– “Non sta attento” – risponde la mamma – “quando lo prendo in braccio
piange, e vuole girare continuamente
per la stanza”; “Getta via il libro”;
“Si irrigidisce tutto quando inizio a
leggere”.
Sono questi i casi che meritano l’attenzione del pediatra a incoraggiare il genitore, e a non forzare una situazione come spesso, invece, mette in atto un genitore insicuro. Sono queste le situazioni
dove una lettura fatta da volontari può
fare da modello, da stimolo e da incoraggiamento.
Ed è proprio qui che il pediatra potrà
indicare le tecniche della lettura dialogata o della decontestualizzazione della lettura, ossia la possibilità di interrompere
la lettura del testo per fare domande o per
chiedere commenti al bambino più grandicello, favorendone così una partecipazione più attiva [11-13]:
– “Cos’è questo che ti indico?”.
– “Dove sono i fiorellini?”.
– “Hai visto, hai sentito cosa ha fatto
l’orsetto? Lo faresti anche tu?”.
– “Che paura i maximostri; tu hai preso
paura? Davvero? E allora come ti
senti?”.
Il pediatra del XXI secolo, quindi, non
può, ma deve fornirsi delle competenze
nati per leggere
per combattere e per profilassare il bambino dalle nuove malattie non più infettive, ma che nascono da un rischio sociale
o mentale. Sì, il pediatra deve avere anche competenze umanistiche [14].
L’impegno del pediatra è di mettere in
rilievo la lettura ad alta voce nei consigli
anticipatori che fornisce ai genitori
durante le visite di controllo [15-16].
Deve chiedere a ogni visita di controllo
come sta andando l’esperienza della lettura condivisa con il bambino, con lo
stesso interesse con cui chiede se il bambino dorme o mangia.
– “Dottore, mio figlio non mangia la
verdura!”.
– “Ah… ma lei, signora, gli legge ad
alta voce tre volte al giorno?”.
Tutto questo non basta. Non è nemmeno
sufficiente riempire la sala d’aspetto di
libri per bambini. Non è sufficiente
distribuire un depliant informativo sul
progetto “NpL”. È utile, è necessario, ma
può non essere sufficiente regalare un
libro.
Il pediatra deve rifondare in se stesso una
nuova o antichissima competenza, l’empatia, capacità della mente completamente antitetica alla simpatia o antipatia
e momento fondante per la relazione medico-paziente [17]. In sincero spirito di
empatia deve prendere in mano il libro,
offrirlo al bambino aprendone una pagina, accennando un inizio di lettura, e con
vero interesse rivolgersi alla mamma:
– “Come sarà bello leggere questo libro
a suo figlio. Un’esperienza fortunata”.
Per usare parole evangeliche: dobbiamo
cercare “testimoni e non maestri”. Pediatri come testimoni di un profondo
interesse per il bambino e per il suo futuro. Questo futuro non significa semplicemente una misura del tempo che scorre,
ma futuro inteso come materia organica
indivisibile dal resto del corpo del bambino. Un futuro che il pediatra deve sempre esaminare durante la visita clinica
Quaderni acp 2011; 18(6)
con la stessa abitudine con cui esamina
un orecchio o una gola. Il futuro: un
bisogno irrinunciabile per ogni bambino
[18]. “NpL” parla a questo organo vitale
del bambino.
La promozione della lettura ad alta voce
si presenta oggi come un’opera di fondamentale importanza ormai ampiamente
riconosciuta dalle più recenti linee-guida
professionali pediatriche [16]. La posizione privilegiata offerta dalla propria
professione, il particolare impegno
comunicativo verso la famiglia al di là
del semplice atto di informazione caricano il pediatra di una responsabilità che
deve essere sempre sostenuta da un’opera di studio, formazione e verifica personale, momenti indispensabili per maturare una propria motivazione. Perché solo
una convinta e sempre viva motivazione
personale può offrire le energie necessarie per questo particolare impegno. In
una moderna organizzazione delle Cure
Primarie questa preziosa attività di prevenzione e di promozione della salute
non può essere lasciata solo alla volontà
e alla spontaneità del singolo professionista. Programmi di formazione ad hoc
diffusi capillarmente su tutto il territorio,
associati al riconoscimento e incentivazione di progetti come “NpL” da parte di
aziende sanitarie locali e regionali, dovrebbero necessariamente far parte di
una programmazione sanitaria in un quadro di sostegno alla famiglia. u
Bibliografia
[1] Bowlby J. Attachment and Loss, 1, Attachment.
London: Hogarth Press, 1969. Tr. it.: Attaccamento
e perdita, vol 1, Attaccamento alla madre. Torino:
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[18] Brazelton TB, Greenspan SI. The Irreducible
Needs of Children: What Every Child Must Have
to Grow, Learn, and Flourish Da Capo Press
Cambridge, Massachusetts, 2000. Tr. it. I bisogni
irrinunciabili dei bambini. Ciò che un bambino
deve avere per crescere e imparare. Milano: Raffaello Cortina editore, 2001.
285
Quaderni acp 2011; 18(6): 286
Rubrica a cura di Federica Zanetto
Confronto sull’attivazione
di percorsi
per la promozione
dell’allattamento materno
in Regione Lombardia
Il 21 giugno si è svolto a Milano all’Auditorium Gaber nel Palazzo della Regione un Convegno il cui obiettivo era
presentare il percorso e i primi risultati di
una politica volta al sostegno dell’allattamento al seno.
Le relazioni della mattinata sono state
dedicate prevalentemente alla “teoria”,
ovvero ai presupposti e al percorso legislativo regionale che ha permesso di
avviare azioni utili alla diffusione della
promozione e del sostegno all’allattamento in un quadro più generale di
prevenzione. Per i meno abituati a ragionare in termini politici è stato interessante capire, grazie alla relazione di M. Gramegna (Direzione generale sanità, Regione Lombardia), quali sono gli organismi in ambito socio-sanitario cui sono
deputate le funzioni di organizzazione,
erogazione e prevenzione, e come questi
possano dialogare favorendo l’avvio di
percorsi sia formativi che di organizzazione del lavoro a livello locale. Con la
relazione di M. E. Pirola (Direzione
generale sanità, Regione Lombardia) è
stato possibile quantificare la bontà e
l’efficacia delle buone pratiche, confrontando i dati relativi alle percentuali di
allattamento al seno in Lombardia, prima
e dopo l’avvio della politica a esso dedicata. Sono dati incoraggianti che gratificano e stimolano tutti i professionisti
coinvolti a proseguire il lavoro intrapreso.
Una ricaduta importante della politica in
questo ambito è il coinvolgimento di più
istituzioni: l’Università, che ha il compito di formare i futuri professionisti (medici, pediatri, infermieri, ostetriche, ginecologi) che hanno un ruolo importante
nella promozione e nel sostegno all’allattamento; le Società scientifiche che, per
prime, dovrebbero fare cultura e forma-
286
controluce
zione; gli Enti erogatori (ospedali, consultori, medicina convenzionata).
Il ruolo di Università e Società è stato
illustrato da G. Banderali che ha annunciato l’introduzione del Corso OMS/UNICEF per il sostegno all’allattamento al
seno nella facoltà di Medicina milanese e
nella Specialità di Pediatria. L. Speri
(UNICEF), nel corso della sua relazione
dedicata allo stato dell’arte di BFHI, ha
raccomandato una scelta attenta dei formatori, che devono provenire da una cultura e da una esperienza convalidata nell’ambito del sostegno all’allattamento
secondo i criteri OMS/UNICEF. Nel pomeriggio, dedicato alla pratica, sono stati
illustrati percorsi ed esperienze nelle
varie realtà: dall’“Ospedale amico del
bambino” alla Comunità amica dei bambini, sino a una proposta di “Ambulatorio amico del bambino”.
Carica di emozioni la relazione di F. Morandi dell’Ospedale “Sacra Famiglia” di
Erba (unico Ospedale lombardo BFHI),
con la fatica e le difficoltà che il cambiamento sempre impone, ma anche la ricchezza culturale e le soddisfazioni che si
raccolgono alla fine del percorso.
La composizione multi-professionale
della sala rispecchiava la rete che occorre
costruire e attivare per ottenere un vero
sostegno alle mamme che allattano. Ha
inoltre permesso un confronto a più voci
sull’utilità e la fattibilità di azioni di promozione di buone pratiche e sinergie tra
la politica e il mondo civile del lavoro.
Patrizia Elli
Il punto sulla
“Newsletter” pediatrica
A Verona, sabato 10 settembre 2011, si è
svolto l’annuale incontro congiunto dei
gruppi di lettura ACP, attivi nel servizio
di sorveglianza della letteratura pediatrica (Milano, Verona, Vicenza, Venezia, Asolo/Bassano, Trieste). Da Reggio Emilia, Roma, Napoli sono arrivati i referenti dei gruppi in procinto di partire.
Hanno partecipato all’incontro Michele
Gangemi, Luca Ronfani, Roberto Buzzetti, Laura Reali (in qualità di referente
nazionale ACP per la formazione), Giacomo Toffol (“Pediatri per un mondo
possibile”).
I referenti dei gruppi attivi e collaboranti
alla redazione della “Newsletter” hanno
presentato la loro attuale composizione e
le rispettive modalità di sorveglianza
degli indici e di elaborazione delle sintesi critiche strutturate. Sono stati confermati validità, efficacia e interesse per il
progetto formativo, accanto al bisogno di
affinamento del metodo e dei criteri per
la corretta redazione del commento agli
articoli selezionati. È stata ricordata la
pubblicazione delle schede di lettura,
selezionate tra quelle pervenute dai gruppi attivi, anche sulle pagine elettroniche
di Medico e Bambino (come già in precedenza nel Digest della rivista), accanto
alla disponibilità di un vero e proprio
archivio “Newsletter” sul sito ACP, aperto a tutti, in cui si possono recuperare
titoli, abstract e commenti. È stata anche
presentata una revisione tematica delle
“newsletter” sino a ora pubblicate, con
un’analisi dei contenuti selezionati nel
tempo dai gruppi di lettura.
Anche in risposta all’espresso bisogno di
acquisire strumenti efficaci per attivare
ulteriori esperienze di lettura in gruppo
tra pari, ci si è confrontati su una proposta di educazione di formatori che, nei
singoli gruppi, siano in grado di guidare
le diverse fasi del percorso di lettura (lettura e valutazione critica – breve analisi
della letteratura – produzione della scheda – supervisione – sistematizzazione
editoriale – pubblicazione/immissione
nel sito) e di garantirne il supporto teorico. La realizzazione del Progetto, di cui
verranno definiti e articolati i dettagli in
tempi brevi, è prevista nel corso del
2012. Tale formazione permetterebbe
una maggior autonomia dei gruppi locali
dal coordinamento nazionale che si
impegna all’uscita di una scheda mensile
sulle riviste e sull’apposito sito.
Federica Zanetto
Quaderni acp 2011; 18(6): 287
a Qacp
Egregio Direttore,
grazie anzitutto per avere risposto, con
l’articolo di Giovanna Malgaroli, alla mia
richiesta di informazioni sulle biblioteche
per ragazzi, pubblicata tempo fa nelle lettere di Quaderni acp. Oggi vorrei mettere al corrente i lettori di una chicca.
Stefano Allessina è Assistant Professor
del Department of Ecology & Evolution
Computation Institute alla Chicago University. Ha avuto una singolare idea: calcolare il nepotismo dentro le università
italiane. Lo studio è pubblicato su PLoSONE del 3 agosto 2011 (Frequency of
last names in disciplines, institutions suggests rampant nepotism). Ha utilizzato un
metodo rozzo che poi ha affinato. È partito dai cognomi e ne ha studiato la ripetizione fra i 63.342 docenti censiti dal
Ministero della università. Ha trovato che
i cognomi che sono presenti una sola
volta sono 27.220 su 63.342. Sorprendente? Sì, ma soggetto a molte possibilità di errore. È andato avanti e ha confrontato le ripetizioni con un campione
casuale di cognomi; operazione simulata
ripetuta un milione di volte: ha trovato
che una ripetizione del genere è del tutto
anomala. Ancora di più se le ripetizioni si
concentrano in una stessa disciplina. I
risultati indicano insomma una elevata
probabilità di comportamenti nepotistici
sia a Nord che a Sud. Alessina ha cercato
di valutare la diffusione nepotistica per
aree disciplinari: delle 28 prese in esame
le più colpite sono 9. Fra le 9 le messe
peggio sono Ingegneria industriale,
Giurisprudenza e Medicina.
Stefano Favetto
Questioni di sangue?
Chi mai lo avrebbe sospettato?
(Red)
Caro Direttore,
leggo su Il Sole24ORESanità una protesta di due Società scientifiche e di un sindacato perché (lo dico in sintesi) nel
Piano vaccini nuovo non è compresa la
vaccinazione contro la varicella che era
invece contemplata nella proposta fatta
dai tre che fanno la “levata di scudi”. La
cosa, cioè la protesta, mi inquieta perché
conferma lo stato di confusione istituzionale in cui versa il Paese. Chi decide? Gli
organi istituzionali dello Stato o le società o i sindacati? Questi hanno certa-
Una levata di scudi
mente il diritto-dovere di essere ascoltati
(hearing), ma non certo di decidere. E se
non sono “obbediti” hanno il diritto di
essere ri-ascoltati, ma non certo quello di
contestare un diritto di un organo costituzionale a valutare costi, costi/benefici,
costi/opportunità e a essere l’ultimo
decisore. Del resto come stupirsi? Sono
anni che questo stravolgimento di compiti è nei fatti in Italia, anche in controverse politiche molto alte. Che sia giunto
anche nelle piccole controversie non
meraviglia; addolora.
Efrem Marri
Abbiamo letto anche noi Il Sole Sanità,
ma non sappiamo esattamente quale sia
il Piano vaccini 2012. Versioni diverse si
susseguono. Abbiamo chiesto comunque
a Rosario Cavallo, del Gruppo ACP per
la prevenzione delle malattie infettive, di
rispondere alla lettera dell’amico Marri
sempre puntuale nel sollevare questioni
di interesse generale. Come ben dice il
nostro interlocutore, questa della sovrapposizione di decisioni provenienti
dal “privato” sugli istituti della Repubblica è una delle piaghe del nostro presente politico.
(Red)
Un po’ di storia di questa faccenda nella
quale l’ACP ha avuto una sua presenza.
In seguito alla presentazione di una
interrogazione parlamentare dello scorso 26 maggio che chiedeva l’adozione
nazionale di un calendario vaccinale
proposto da Fimp-Sip-Siti, l’ACP ha
ritenuto di dover intervenire con un
comunicato stampa in cui ribadiva che,
fermo restando il condiviso valore di un
unico calendario vaccinale nazionale
(ahimè il federalismo vaccinale!), il
ruolo della sua definizione non poteva
essere delegato a società scientifiche o
associazioni o sindacati medici, ma
doveva restare compito specifico di
Istituzioni della Repubblica: per esempio
l’Istituto Superiore di Sanità.
La ricerca di pareri deve essere la più
ampia possibile, rivolta a chi ha conoscenze ed esperienza nel campo e ovviamente non limitata ad alcune (tre?)
società o sindacati. La trasmissione di
pareri era ovviamente avvenuta prima
della decisione dell’Istituto Superiore di
Sanità. Aggiungevamo, poi, che, dato
che ben più di tre sono le associazioni
che si occupano di vaccinazioni garanti-
vamo da parte dell’ACP ogni forma di
disponibilità al confronto.
Alla base del quale deve stare la necessità
di chiarire “prima” i criteri generali che
stanno a monte di ogni scelta e che devono essere rispettati nella introduzione in
calendario di nuovi vaccini. Intendiamo
dire che occorre una valutazione seria dei
costi/benefici e un’altrettanto seria attenzione alle pressioni di carattere hobbistico, legittime, ma delle quali deve essere
scarnificata la obiettiva utilità relativa ai
bisogni reali e alle priorità sulla base
delle necessità epidemiologiche e del peso sociale della malattia prevenibile col
vaccino, specie in momenti come questi
con un rapporto deficit/PIL clamoroso e
con tagli altrettanto clamorosi (ancorché
negati) ai bilanci della Sanità.
E abbiamo aggiunto, trattandosi di vaccini ovviamente prodotti da industrie
“con interessi” e quindi di una scelta
assai delicata, che le persone cui è chiesto il parere devono dichiarare una comprovata assenza di ogni tipo di conflitto
di interesse. Una dichiarazione, usuale
in tutto il mondo, ma molto rara e poco
amata in questo Paese.
Venendo al caso specifico della vaccinazione antivaricella, l’ACP ha sollevato e
continua a sollevare non poche perplessità, almeno rispetto alle modalità previste dalla proposta che Fimp-Sip-Siti vorrebbero vedere approvata. Detto questo e
richiamandoci a quanto scrive il collega
Marri, concordiamo con lui sullo “stato
di confusione istituzionale in cui versa il
Paese. Chi decide? Gli organi istituzionali dello Stato o le società o i sindacati?”.
Nel piccolo campo del Piano vaccini speriamo che la presa di posizione dell’ISS
decreti l’inizio di un nuovo metodo.
Non è quindi difficile comprendere la
“vibrata protesta” delle associazionisocietà-sindacati di cui parla Marri.
Ebbene a noi piace che le Istituzioni
abbiamo preso una decisione autonoma
e non perché la decisione rispecchia le
nostre idee, ma perché si torna finalmente nell’ambito delle regole.
Da parte nostra continueremo, pur nei
limiti delle nostre piccole possibilità, nel
nostro lavoro di controllo e verifica della
bontà delle politiche vaccinali e della
correttezza della loro applicazione nel
rispetto dell’obiettivo di una sanità sempre più efficiente e appropriata.
Rosario Cavallo
287
Quaderni acp 2011; 18(6): indice
VOLUME 18
GENNAIO-DICEMBRE 2011
INDICE DELLE RUBRICHE
ACP news
Modifiche della prescrizione dell’ormone della crescita.
Una proposta dell’ACP
Chi si nasconde dietro le piramidi alimentari
per la prima infanzia?
La battaglia per evitare la pubblicità sul DHA
nel latte artificiale
XXIII Congresso Nazionale ACP
Alto Patronato del Presidente della Repubblica
al Congresso Nazionale dell’ACP
Chicco crede che i gemelli non si possano
allattare al seno
ANSA e City travisano una ricerca dell’ISS
Il punto sulla “Newsletter” pediatrica
Aggiornamento avanzato
Il dolore del neonato
Il dolore da cancro nel bambino
Il potenziale biologico del latte umano: non solo nutrizione
La valutazione del dolore nel bambino
con severo deficit cognitivo
Cure palliative pediatriche: perché occuparsene
Lo sviluppo delle cure palliative pediatriche
in oncoematologia
Angolo della comunità (l’)
Il ritardo dell’intervento per il testicolo ritenuto
Il “Luogo del Controllo” nelle malattie croniche:
il caso della celiachia
Identificare e gestire i casi di maltrattamento
Caso che insegna (il)
Febbre, linfoadenopatia, rash ed epilessia
Piccola ma bella. Un caso di sindrome
di Shwachman-Diamond
Un adolescente con artrite persistente
Prendersi cura delle obesità gravi
Insidie diagnostiche nella Malattia di Kawasaki
Una gastroenterite eosinofila?
Congressi controluce
Bambini, diamoci una mano per un mondo migliore
Autismo: dalla ricerca alla risposta dei Servizi
Bisogni comunicativi complessi
e partecipazione nei contesti di vita
Come cambiano l’aiuto allo sviluppo
e la cooperazione internazionale
Modi di curare: che bisogno abbiamo
di medicina narrativa?
Dal diario di Liliana alla storia di Albertino
Prendersi cura dei bambini e dei loro genitori.
Incontro con Patricia Crittenden
I sistemi sanitari europei e la sfida dell’inclusione
Tabiano XX
Dislessia. La musica come opportunità
La rete lombarda delle malattie rare compie 10 anni
A Cesena le banche del latte
Genitori, pediatri e pratiche quotidiane di cura
Meeting annuale delle Società di pediatria
americane e asiatiche
Storia “scientifica” e narrazione: la talassemia a Ferrara
Confronto sui percorsi per la promozione
dell’allattamento materno in Regione Lombardia
Il punto sulla “Newsletter” pediatrica
Editoriale
“Tengo famiglia”
Un Piano sanitario senza bambini
Early Childhood Interventions
Costruiamo una cultura dell’infanzia.
Se non ora, quando?
L’ACP e la cooperazione internazionale
Cosa vuol fare la pediatria da grande
Esperienze
Allattamento adottivo in Italia: reale e misconosciuto
Mamme del mondo raccontano le loro fiabe
288
1
42
A. Cohen, et al.
3 139
Red
3 139
4 184
Red
S. C. Nibali
5 238
Red
5 238
5 238
5 239
Red
Red
Red
1
2
2
P. Papacci
L. Manfredini
A. Biasini, et al.
19
65
70
4 154
5 216
M. Massaro, et al.
F. Benini, M. Gangemi
6 260
V. Leoni, et al.
1
26
Red
3 116
6 276
Red
Red
C. Radice, et al.
1
23
2
3
3
4
6
73
110
112
159
270
1
1
40
40
G. Toffol
M. Gangemi
1
40
F. Zanetto
2
87
F. Zanetto
E. Desiderio, et al.
F. De Maddi, et al.
R. Tanas, et al.
M. Giovannini, et al.
A. Pulella, et al.
2 87
3 140
P. Elli
F. Ciotti
3
3
3
4
4
4
4
F. Zanetto
F. Severino
F. Zanetto
C. Panza
F. Zanetto
A. Biasini
F. Zanetto
140
141
141
190
190
190
191
5 221
5 221
C. Panza
G. Biasini
6 286
6 286
P. Elli
F. Zanetto
1
2
3
G. Biasini
G. Biasini
G. Biasini
1
49
97
4 145
5 193
6 241
P. Siani
G. Tamburlini
P. Siani, et al.
3 125
4 168
M. E. Armeni, G. Bellettini
A. Satta
Farmacipì
Le raccomandazioni dell’AIFA su farmaci e bambini
In Europa molti bambini ricevono farmaci off label
Nuovo formulario dell’OMS
dei farmaci essenziali per bambini
Tre revisioni sistematiche su efficacia
e sicurezza dei farmaci
L’agenzia europea dei medicinali ha approvato
le prime due autorizzazioni al commercio
per uso pediatrico
La vitamina A in età prescolare
nei Paesi a risorse limitate: intervento salvavita
33
91
A. Clavenna, F. Fortinguerra
A. Clavenna, F. Fortinguerra
3 129
A. Clavenna, F. Fortinguerra
4 176
A. Clavenna, et al.
5 228
A. Clavenna, et al.
6 279
A. Clavenna, et al.
1 35
2 93
3 132
I. Spada
I. Spada
I. Spada
4 177
5 232
6 282
I. Spada
I. Spada
I. Spada
Forum
Le associazioni di genitori: da esperienza personale
a valore aggiunto per la cura dei più piccoli
La nascita pretermine: problema di sanità pubblica
Tanti, troppi tagli cesarei in Italia
La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato?
1 14
2 58
5 202
6 242
C. Corchia
C. Corchia
S. Donati
G. Rapisardi
Infermiere dei bambini (l’)
Quando gli infermieri vengono interrotti
2
77
F. Festini, et al.
2
2
2
2
2
2
2
2
2
60
60
60
60
60
61
61
61
61
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
2 61
3 102
3 102
3 102
Red
Red
Red
Red
3
3
3
3
3
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
6
6
6
6
103
103
103
103
103
214
214
214
214
214
214
214
214
215
215
215
215
215
258
258
258
258
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
Red
6 258
Red
6 259
6 259
Red
Red
Film
La multiculturalità alla base della convivenza. Miral
L’uomo in catene. L’amore buio
Somewhere. Non importa dove
Per educare i ragazzi bisogna pedalare al loro fianco
Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au velo)
Film o saggio? The Tree of Life
Il mare amaro di Terraferma
Info
I dirigenti del SSN vogliono essere valutati?
Lotta all’Aids
La siliramina non serve
11.000 medici in più
Sorpresa: la giovane ricerca italiana è efficiente
L’H5N1 non è scomparso
Sprechi mondiali sulla sanità
Bisfenolo A vietato nella UE
Il Paese dei balocchi
Il Governo indiano mette in guardia l’IMA
contro le promozioni dei prodotti commerciali
UK: cambia il National Health Service
UK: un nuovo codice con l’industria del farmaco
Salute nel web
“Ragazzi dentro”, rapporto “Antigone”
sulle carceri minorili
Verdura biologica e antiossidanti
Errori in Sanità
Aumenta il numero degli studenti in Medicina
Copertura dei Nidi
Adolescenti e giovani adulti non stanno molto bene
L’Università di Oxford investe in armi
India: cresce l’economia, non la salute
OMS: abuso di antibiotici
Anche il non vedente vede la scrittura
Costi per farmaci in cinque anni
Rapporto nazionale sulle malattie rare
Cinquantotto bambini ancora in carcere
Cesarei: dimensione e tipo del centro nascita
La pratica dell’iniezione letale
Istituito il Garante nazionale per l’infanzia
I privati nel SSN
La morte di Cavour
L’OMS verso la privatizzazione?
Malattie croniche: un progetto apparentemente virtuoso
UK: sospesa la riforma della Sanità
Benfluorex: una storia ignobile
Linee-guida francesi
ritirate per potenziali conflitti di interesse
Micotossine nel latte di formula
e negli omogeneizzati di carne
Bacini di utenza per specialità
1
2
Quaderni acp 2011; 18(6): indice
Informazioni per genitori
Prevenire o rispondere a un cattivo comportamento
Quando il mio bimbo piange
Le convulsioni febbrili: molta paura… senza danni
1 34
2 92
5 229
Interviste
In Lombardia un nuovo sindacato di pediatri di famiglia 3 133
Lettere
Prevenzione primaria degli esiti avversi
della riproduzione
Il congresso ACP di Palermo
Musica in Palestina
I bambini e il dottore
Quaderni acp nella bibliografia su Piero Camporesi
Cosa rende efficace un Sistema sanitario?
Bassi redditi più povertà: vero o no?
Pubblicità pericolosa e anche intempestiva
Ma saranno proprio pochi i medici?
Una eredità del prof. Luigi Capotorti:
bambini che leggono
Questioni di sangue?
Una levata di scudi
Libri
Promoting Positive Parenting
Prima dei 18 anni
Il grande tulipano
Il pallido Dio delle colline
W la pappa!
L’Italia che legge
Conversazioni con Ivan Illich
The Doctor is In
Coccolite Giramondo e il mago Rufus
Dislessia evolutiva in pediatria
Guarì Guaròss
The Neurosciences and Music III
Canale Mussolini
Farmacologia di Genere
Prevenire i tumori mangiando con gusto
Per una medicina umanistica
Lingua madre
Il bene ostinato
Acciaio
Ternitti
Prenditi cura di lei
Disegnare il vento
Psicodinamica dell’alimentazione nella prima infanzia
Musicantando
Dislessia evolutiva in pediatria
1
1
2
2
2
3
3
3
4
45
46
96
96
96
142
142
143
192
Red
M. Grandolfo
E. Uga
F. Scaglione
C. Cantalamessa Carboni
G. Cerasoli
N. Iorio
P. Cirillo
C. Corchia
G. Favetto
5 240
6 287
6 287
F. Luchino
S. Favetto
E. Marri
1
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
4
4
4
4
5
5
5
5
6
6
6
6
F. Jufier, et al.
S. Benzoni, et al.
G. Gerbino
R. Shehadeh
P. Negri
G. Solimine
D. Caley
J. M. Costa
M. Belardinelli
G. Stella, et al.
G. Cerasoli, B. Garavini
S. Dalla Bella, et al.
A. Pennacchi
F. Francini, et al.
A. Villarini, G. Allegro
G. Israel
D. Falk
P. Rumiz
S. Avallone
M. Desiati
K.-S. Shin
E. Ferrero
S. Cimino
C. Pizzorno, E. Seritti
G. Stella, et al.
36
36
36
37
37
94
94
95
95
130
130
130
131
178
178
179
179
230
230
231
231
280
280
281
281
Musical-mente
Le iniziative di “Nati per la Musica”
1 38
Musica in gioco. Esplorazioni sonore nella prima infanzia 5 236
Le iniziative di “Nati per la Musica”
6 273
“Narrative” e dintorni
“Narrative” e dintorni: una nuova rubrica
La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
C. Panza, et al.
C. Panza
P. Siani, S. Manetti
Red
C. Pizzorno
Red
5 222
M. Gangemi, F. Zanetto
6 267
L. Aite
3 135
G. Malgaroli
Nati per Leggere
Biblioteche per bambini e ragazzi
Leggere ad alta voce in situazione di emergenza:
NpL a un anno dal sisma in Abruzzo
Una bibliografia e una notizia interessanti
Valdagno, città del libro 2011
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
4 187
5 234
5 235
I. Filograsso, et al.
Red
M. Cocco
6 283
C. Panza, A. M. Davoli
Occhio alla pelle
Macchie bianche innocenti o…?
Escara nucale: è TIBOLA?
2 88
6 274
P. Rana, L. La Selva
S. Costa
Offside
Conversazione sulla famiglia
Mitologia di una pandemia
4 180
5 233
F. Ciotti
D. Colazzo
Osservatorio internazionale
Il Sistema Sanitario francese
L’Africa salvata dai ragazzini
Il Codice sul marketing del latte artificiale
2 62
5 211
5 212
E. Ciotti
N. D’Andrea
S. Conti Nibali
Organizzazione sanitaria
I gruppi di auto mutuo aiuto: sono una valida risposta
ai problemi del post-nascita?
2 55
Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
6 254
M. Sandretto, et al.
I. Robieux, et al.
Pediatri fra due mondi
Il viaggio di Ulisse
6 257
F. Sereni, A. Edefonti
Perunmondopossibile
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
6 277
L. Brusadin, et al.
1
M. V. Manzoli, et al.
Punto su (il)
La stereopsi globale e locale
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
Novità in diabetologia pediatrica
ADHD e genetica. Uno studio e molte reazioni
2 80
4 170
5 226
C. Panza
T. Suprani, et al.
S. Zanini
Rassegne
L’asma visto da The Lancet nell’Anno del Polmone
3 104
V. Venturoli, E. Valletta
Ricerca
Musica e cervello nei primi giorni di vita
Studio di efficacia del progetto “Nati per Leggere”
1
2
5 195
M. C. Saccuman, et al.
G. Toffol, et al.
Salute mentale
I disturbi del comportamento alimentare
Il pediatra di famiglia e le competenze neuropsichiatriche
La diagnosi precoce di autismo: il ruolo del pediatra
La terapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva
1 10
2 54
4 149
6 256
A. Spataro
A. Spataro
A. Spataro
A. Spataro
1
V. Balducci
Salute pubblica
Un’architettura per l’infanzia.
Colonie di vacanza in Italia
Case finding per la celiachia:
dovremmo fare qualcosa di diverso?
La prevenzione primaria nei Punti Nascita
Incidenza di donne in età fertile suscettibili alla rosolia
Piano sanitario Regione Sicilia 2010-2012
Strumento di programmazione o puro esercizio?
La prevenzione del maltrattamento
Health Equity Audit: uno strumento per agire
sulle disuguaglianze in salute
Saper fare
L’intradermoreazione alla Mantoux
Scenari
Musica e mente: prove di efficacia dell’intervento
Esposizione al sole: fattori di rischio
ed efficacia della protezione
Varicella: efficacia dell’Aciclovir
Telescopio
Ventilazione oscillatoria nel neonato prematuro:
nuovo studio, vecchi dubbi
Sicurezza del parto a domicilio verso quello in ospedale
Uso dei corticosteroidi inalatori al bisogno
nell’asma persistente lieve
Esposizione precoce ad antibiotici e asma
in età scolare: causa-effetto o bias?
6
2 50
3 98
4 146
E. Valletta, et al.
L. Charrier, et al.
R. Cavallo
5 206
6 245
A. Spataro
G. Cirillo
6 250
M. Palazzi, et al.
5 224
F. Antonelli, P. Siani
1
11
M. F. Siracusano, et al.
4 164
6 263
M. F. Siracusano, et al.
I. Fontana, et al.
1 16
3 107
L. Maggio
D. Di Lallo, A. Di Napoli
4 150
E. Valletta
5 208
F. Rusconi
Ten stories
I cambiamenti climatici: l’ONU chiede maggiore ascolto 2
Vaccinacipì
Le raccomandazioni ministeriali
per la prevenzione dell’influenza
La vaccinazione antinfluenzale universale
Una guida per le controindicazioni alle vaccinazioni
La copertura vaccinale è alta,
ma la Bordetella pertussis circola ancora
In arrivo la nuova stagione influenzale
Vacciniamo tutti i bambini a rischio
Morbillo: lontano l’obiettivo della eliminazione
27
86
S. Manetti
1 32
2 90
3 128
R. Cavallo
R. Cavallo
Gruppo ACP
4 175
F. Giovanetti
5 227
6 278
R. Cavallo
F. Giovanetti
289
Quaderni acp 2011; 18(6): indice
INDICE ANALITICO
Abuso
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
La prevenzione del maltrattamento
Identificare e gestire i casi di maltrattamento
2 80
6 245
6 276
C. Panza
G. Cirillo
Red
Aciclovir
Varicella: efficacia dell’Aciclovir
6 263
I. Fontana, et al.
Acido valproico
Febbre, linfoadenopatia, rash ed epilessia
1
C. Radice, et al.
Adalimumab
Nuovo formulario dell’OMS
dei farmaci essenziali per bambini
3 129
A. Clavenna, F. Fortinguerra
ADHD
ADHD e genetica. Uno studio e molte reazioni
5 226
S. Zanini
Africa
L’Africa salvata dai ragazzini
5 211
N. D’Andrea
Allattamento
Allattamento adottivo in Italia: reale e misconosciuto
3 125
M. E. Armeni, G. Bellettini
Allattamento al seno
Il Codice sul marketing del latte artificiale
Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
5 212
6 254
S. Conti Nibali
I. Robieux, et al.
Antibiotici
Esposizione precoce ad antibiotici e asma
in età scolare: causa-effetto o bias?
5 208
F. Rusconi
Antiepilettici
Febbre, linfoadenopatia, rash ed epilessia
1
C. Radice, et al.
Antipiretici
Le convulsioni febbrili: molta paura… senza danni
5 229
P. Siani, S. Manetti
Appropriatezza
Tanti, troppi tagli cesarei in Italia
5 202
S. Donati
Area materno-infantile
Piano sanitario Regione Sicilia 2010-2012
Strumento di programmazione o puro esercizio?
5 206
A. Spataro
Artrite reumatoide
Un adolescente con artrite persistente
3 110
F. De Maddi, et al.
3 104
V. Venturoli, E. Valletta
4 176
A. Clavenna, et al.
4 150
E. Valletta
1
C. Corchia
Asma
L’asma visto da The Lancet nell’Anno del Polmone
Tre revisioni sistematiche su efficacia
e sicurezza dei farmaci
Uso dei corticosteroidi inalatori al bisogno
nell’asma persistente lieve
Associazionismo
Le associazioni di genitori: da esperienza personale
a valore aggiunto per la cura dei più piccoli
Autismo
La diagnosi precoce di autismo: il ruolo del pediatra
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
Beclometasone
Uso dei corticosteroidi inalatori al bisogno
nell’asma persistente lieve
Benzene
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
Biblioteche
Biblioteche per bambini e ragazzi
Black carbon
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
290
23
4 175
F. Giovanetti
Bronchiolite
Tre revisioni sistematiche su efficacia
e sicurezza dei farmaci
4 176
A. Clavenna, et al.
Bronco-displasia
Ventilazione oscillatoria nel neonato prematuro:
nuovo studio, vecchi dubbi
1
16
L. Maggio
Carbamazepina
Febbre, linfoadenopatia, rash ed epilessia
1
23
C. Radice, et al.
2
50
E. Valletta, et al.
Celiachia
Case finding per la celiachia:
dovremmo fare qualcosa di diverso?
Il “Luogo del Controllo” nelle malattie croniche:
il caso della celiachia
3 116
Red
CHAT
La diagnosi precoce di autismo: il ruolo del pediatra
4 149
A. Spataro
CHEOPS
La valutazione del dolore nel bambino
con severo deficit cognitivo
4 154
M. Massaro, et al.
Codice Internazionale di Commercializzazione
dei sostituti del latte materno
Il Codice sul marketing del latte artificiale
5 212
S. Conti Nibali
Colica
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
Quando il mio bimbo piange
2
2
80
92
C. Panza
C. Panza
Colonie marine
Un’architettura per l’infanzia.
Colonie di vacanza in Italia
1
6
Comunicazione
La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
6 267
L. Aite
Convulsioni
Le convulsioni febbrili: molta paura… senza danni
5 229
P. Siani, S. Manetti
Copy Number Variationis
ADHD e genetica. Uno studio e molte reazioni
5 226
S. Zanini
Counselling
Il pediatra di famiglia e le competenze neuropsichiatriche 2 54
La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
6 267
V. Balducci
A. Spataro
L. Aite
Cure palliative pediatriche
Cure palliative pediatriche: perché occuparsene
Lo sviluppo delle cure palliative pediatriche
in oncoematologia
5 216
F. Benini, M. Gangemi
6 260
V. Leoni, et al.
M. Sandretto, et al.
Deficit cognitivo
La valutazione del dolore nel bambino
con severo deficit cognitivo
4 154
M. Massaro, et al.
M. Palazzi, et al.
Depressione materna
I gruppi di auto mutuo aiuto: una valida risposta
ai problemi del post-nascita?
2
M. Sandretto, et al.
4 149
A. Spataro
Dermacentor
Escara nucale: è TIBOLA?
6 274
S. Costa
6 277
L. Brusadin, et al.
Diabete
Novità in diabetologia pediatrica
4 170
T. Suprani, et al.
Difetti del tubo neurale
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
6 277
L. Brusadin, et al.
L. Brusadin, et al.
Disturbi comportamento alimentare (DCA)
I disturbi del comportamento alimentare
1
10
A. Spataro
G. Malgaroli
Disturbi pervasivi dello sviluppo
La terapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva 6 256
A. Spataro
L. Brusadin, et al.
Disuguaglianze
Health Equity Audit: uno strumento per agire
sulle disuguaglianze in salute
M. Palazzi, et al.
Attaccamento
I gruppi di auto mutuo aiuto: sono una valida risposta
ai problemi del post-nascita?
2
Audit
Health Equity Audit: uno strumento per agire
sulle disuguaglianze in salute
23
Bordetella pertussis
La copertura vaccinale è alta,
ma la Bordetella pertussis circola ancora
14
55
6 250
4 150
6 277
3 135
6 277
E. Valletta
55
6 250
Quaderni acp 2011; 18(6): indice
Dolore
Il dolore del neonato
Il dolore da cancro nel bambino
La valutazione del dolore nel bambino
con severo deficit cognitivo
1
2
19
65
P. Papacci
L. Manfredini
4 154
M. Massaro, et al.
Early Childhood Development
Early Childhood Interventions
3
G. Biasini
Epidemiologia
La nascita pretermine: problema di sanità pubblica
Tanti, troppi tagli cesarei in Italia
Cure palliative pediatriche: perché occuparsene
2 58
5 202
5 216
C. Corchia
S. Donati
F. Benini, M. Gangemi
Equità
Health Equity Audit: uno strumento per agire
sulle disuguaglianze in salute
6 250
M. Palazzi, et al.
Errori in sanità
Quando gli infermieri vengono interrotti
2
F. Festini, et al.
Etanercept
La vitamina A in età prescolare nei Paesi
a risorse limitate: intervento salvavita
6 279
Esposizione al sole
Esposizione al sole: fattori di rischio
ed efficacia della protezione
4 164
97
77
LES
Un adolescente con artrite persistente
Lettura ad alta voce
Leggere ad alta voce in situazione di emergenza:
NpL a un anno dal sisma in Abruzzo
Studio di efficacia del progetto “Nati per Leggere”
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
Lidocaina
Nuovo formulario dell’OMS
dei farmaci essenziali per bambini
70
A. Biasini, et al.
3 110
F. De Maddi, et al.
4 187
5 195
I. Filograsso, et al.
G. Toffol, et al.
6 283
C. Panza, A. M. Davoli
3 129
A. Clavenna, F. Fortinguerra
Literacy
Leggere ad alta voce in situazione di emergenza:
NpL a un anno dal sisma in Abruzzo
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
4 187
I. Filograsso, et al.
6 283
C. Panza, A. M. Davoli
A. Clavenna, et al.
Luogo del Controllo (LdC)
Il “Luogo del Controllo” nelle malattie croniche:
il caso della celiachia
3 116
Red
M. F. Siracusano, et al.
Malassorbimento
Piccola ma bella. Un caso di sindrome
di Shwachman-Diamond
2
E. Desiderio, et al.
Malattie croniche
In arrivo la nuova stagione influenzale
Vacciniamo tutti i bambini a rischio
5 227
R. Cavallo
Malformazioni congenite
La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
6 267
L. Aite
2 80
6 245
6 276
C. Panza
G. Cirillo
Red
Età gestazionale
La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato? 6 242
G. Rapisardi
FANS
Il dolore del neonato
Le raccomandazioni dell’AIFA su farmaci e bambini
1
1
P. Papacci
A. Clavenna, F. Fortinguerra
Fattore reumatoide
Un adolescente con artrite persistente
3 110
19
33
Latte umano
Il potenziale biologico del latte umano: non solo nutrizione 2
F. De Maddi, et al.
73
Febbre
Le convulsioni febbrili: molta paura… senza danni
5 229
P. Siani, S. Manetti
Formazione
Cure palliative pediatriche: perché occuparsene
“Narrative” e dintorni: una nuova rubrica
5 216
5 222
F. Benini, M. Gangemi
M. Gangemi, F. Zanetto
Maltrattamento
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
La prevenzione del maltrattamento
Identificare e gestire i casi di maltrattamento
1
C. Panza, et al.
Mantoux
L’intradermoreazione alla Mantoux
5 224
F. Antonelli, P. Siani
C. Panza, A. M. Davoli
Medical Humanities
“Narrative” e dintorni: una nuova rubrica
5 222
M. Gangemi, F. Zanetto
Medicina narrativa
“Narrative” e dintorni: una nuova rubrica
5 222
M. Gangemi, F. Zanetto
Melanoma
Esposizione al sole: fattori di rischio
ed efficacia della protezione
4 164
M. F. Siracusano, et al.
Mercaptopurina
L’agenzia europea dei medicinali ha approvato
le prime due autorizzazioni al commercio
per uso pediatrico
5 228
A. Clavenna, et al.
Microinfusori
Novità in diabetologia pediatrica
4 170
T. Suprani, et al.
Midazolam
L’agenzia europea dei medicinali ha approvato
le prime due autorizzazioni al commercio
per uso pediatrico
5 228
A. Clavenna, et al.
Morbillo
Morbillo: lontano l’obiettivo della eliminazione
6 278
F. Giovanetti
Genitorialità
Prevenire o rispondere a un cattivo comportamento
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
34
6 283
GH
Modifiche della prescrizione dell’ormone della crescita.
Una proposta dell’ACP
1
42
A. Cohen, et al.
Guide anticipatorie
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
2
80
C. Panza
H1N1
In arrivo la nuova stagione influenzale
Vacciniamo tutti i bambini a rischio
5 227
Infertilità
Il ritardo dell’intervento per il testicolo ritenuto
Influenza
Le raccomandazioni ministeriali
per la prevenzione dell’influenza
La vaccinazione antinfluenzale universale
1
1
2
26
32
90
R. Cavallo
Red
R. Cavallo
R. Cavallo
Inquinamento da traffico
Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
6 277
L. Brusadin, et al.
Insulinodipendenza
Novità in diabetologia pediatrica
4 170
T. Suprani, et al.
Interventi precoci
Early Childhood Interventions
3
G. Biasini
Ipereosinofilia
Una gastroenterite eosinofila?
6 270
A. Pulella, et al.
Ipsaritmia
Macchie bianche innocenti o…?
2
P. Rana, L. La Selva
Kawasaki
Insidie diagnostiche nella Malattia di Kawasaki
4 159
M. Giovannini, et al.
Ketoprofene
Le raccomandazioni dell’AIFA su farmaci e bambini
1
A. Clavenna, F. Fortinguerra
97
88
33
Mortalità neonatale
Sicurezza del parto a domicilio verso quello in ospedale 3 107
D. Di Lallo, A. Di Napoli
Mucolitici
Le raccomandazioni dell’AIFA su farmaci e bambini
A. Clavenna, F. Fortinguerra
1
33
Musica
Musica e cervello nei primi giorni di vita
1
2
Musica e mente: prove di efficacia dell’intervento
1 11
Musica in gioco. Esplorazioni sonore nella prima infanzia 5 236
Nati per Leggere
Early Childhood Interventions
Leggere ad alta voce in situazione di emergenza:
NpL a un anno dal sisma in Abruzzo
Studio di efficacia del progetto “Nati per Leggere”
3
97
4 187
5 195
M. C. Saccuman, et al.
M. F. Siracusano, et al.
C. Pizzorno
G. Biasini
I. Filograsso, et al.
G. Toffol, et al.
291
Quaderni acp 2011; 18(6): indice
Neonato
Musica e cervello nei primi giorni di vita
Ventilazione oscillatoria nel neonato prematuro:
nuovo studio, vecchi dubbi
Il dolore del neonato
La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato?
Neutropenia
Piccola ma bella. Un caso di sindrome
di Shwachman-Diamond
Obesità
Prendersi cura delle obesità gravi
Off label
In Europa molti bambini ricevono farmaci off label
Oppioidi
Il dolore del neonato
Orchidopessi
Il ritardo dell’intervento per il testicolo ritenuto
Ormone della crescita
Modifiche della prescrizione dell’ormone della crescita.
Una porposta dell’ACP
Paracetamolo
Il dolore del neonato
Le raccomandazioni dell’AIFA su farmaci e bambini
In Europa molti bambini ricevono farmaci off label
Parto a domicilio
Sicurezza del parto a domicilio verso quello in ospedale
Pianto
Il pianto. Natura, significato, clinica e prevenzione
nel primo anno di vita
Quando il mio bimbo piange
Poliartrite
Un adolescente con artrite persistente
Prematurità
Le associazioni di genitori: da esperienza personale
a valore aggiunto per la cura dei più piccoli
Ventilazione oscillatoria nel neonato prematuro:
nuovo studio, vecchi dubbi
La nascita pretermine: problema di sanità pubblica
Pretermine
Le associazioni di genitori: da esperienza personale
a valore aggiunto per la cura dei più piccoli
La nascita pretermine: problema di sanità pubblica
Prevenzione
La nascita pretermine: problema di sanità pubblica
La prevenzione del maltrattamento
Identificare e gestire i casi di maltrattamento
Prevenzione primaria
La prevenzione primaria nei Punti Nascita
Reazioni avverse
L’agenzia europea dei medicinali ha approvato
le prime due autorizzazioni al commercio
per uso pediatrico
Reflusso gastroesofageo
Tre revisioni sistematiche su efficacia
e sicurezza dei farmaci
Rickettsia slovaca
Escara nucale: è TIBOLA?
Ritardo mentale
La terapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva
Rosolia congenita
Incidenza di donne in età fertile suscettibili alla rosolia
Rubeotest
Incidenza di donne in età fertile suscettibili alla rosolia
Salute
Un’architettura per l’infanzia
Colonie di vacanza in Italia
Il pediatra di famiglia e le competenze neuropsichiatriche
Il Codice sul marketing del latte artificiale
Health Equity Audit: uno strumento per agire
sulle disuguaglianze in salute
Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
Sclerosi tuberosa
Macchie bianche innocenti o…?
292
1
2
1 16
1 19
6 242
2
73
M. C. Saccuman, et al.
L. Maggio
P. Papacci
G. Rapisardi
E. Desiderio, et al.
3 112
R. Tanas, et al.
2
91
A. Clavenna, F. Fortinguerra
1
19
P. Papacci
1
26
Red
1
42
A. Cohen, et al.
1
1
2
19
33
91
P. Papacci
A. Clavenna, F. Fortinguerra
A. Clavenna, F. Fortinguerra
3 107
2
2
80
92
3 110
D. Di Lallo, A. Di Napoli
C. Panza
C. Panza
F. De Maddi, et al.
1
14
C. Corchia
1
2
16
58
L. Maggio
C. Corchia
1
2
14
58
C. Corchia
C. Corchia
2 58
6 245
6 276
C. Corchia
G. Cirillo
Red
3
L. Charrier, et al.
98
5 228
A. Clavenna, et al.
4 176
A. Clavenna, et al.
6 274
S. Costa
6 256
A. Spataro
4 146
R. Cavallo
4 146
R. Cavallo
1
6
2 54
5 212
V. Balducci
A. Spataro
S. Conti Nibali
6 250
6 254
M. Palazzi, et al.
I. Robieux, et al.
2
P. Rana, L. La Selva
88
Scottature
Esposizione al sole: fattori di rischio
ed efficacia della protezione
4 164
6+1
La prevenzione primaria nei Punti Nascita
3 98
Shaken baby syndrome
Quando il mio bimbo piange
2 92
Shwachman-Diamond
Piccola ma bella. Un caso di sindrome
di Shwachman-Diamond
2 73
Sicurezza dei pazienti
Quando gli infermieri vengono interrotti
2 77
Sicurezza del parto a domicilio verso quello in ospedale 3 107
Sildenafil
Nuovo formulario dell’OMS
dei farmaci essenziali per bambini
3 129
Sindrome da ipersensibilità agli anticonvulsivanti
Febbre, linfoadenopatia, rash ed epilessia
1 23
Sindrome simil-influenzale
La vaccinazione antinfluenzale universale
2 90
Sviluppo cognitivo
Musica e mente: prove di efficacia dell’intervento
1 11
Sviluppo del bambino
La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
6 283
Taglio cesareo
Tanti, troppi tagli cesarei in Italia
5 202
La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato? 6 242
Terapia cognitivo-comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva 6 256
Terpeni
La vitamina A in età prescolare nei Paesi
a risorse limitate: intervento salvavita
6 279
Testicolo ritenuto
Il ritardo dell’intervento per il testicolo ritenuto
1 26
Test linguistici
Studio di efficacia del progetto “Nati per Leggere”
4 195
TIBOLA
Escara nucale: è TIBOLA?
6 274
Trapianto di beta-cellule
Novità in diabetologia pediatrica
4 170
Trapianto di pancreas
Novità in diabetologia pediatrica
4 170
Tubercolosi
Un’architettura per l’infanzia
Colonie di vacanza in Italia
1
6
L’intradermoreazione alla Mantoux
5 224
Unicef
Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
6 254
Vaccinazioni
Le raccomandazioni ministeriali
per la prevenzione dell’influenza
1 32
La vaccinazione antinfluenzale universale
2 90
Una guida per le controindicazioni alle vaccinazioni 3 128
Incidenza di donne in età fertile suscettibili alla rosolia 4 146
La copertura vaccinale è alta,
ma la Bordetella pertussis circola ancora
4 175
In arrivo la nuova stagione influenzale
Vacciniamo tutti i bambini a rischio
5 227
Varicella
Varicella: efficacia dell’Aciclovir
6 263
Ventilazione oscillatoria
Ventilazione oscillatoria nel neonato prematuro:
nuovo studio, vecchi dubbi
1 16
Visite domiciliari
La prevenzione del maltrattamento
6 245
Vitamina A
La vitamina A in età prescolare nei Paesi
a risorse limitate: intervento salvavita
6 279
Wheezing
Esposizione precoce ad antibiotici e asma
in età scolare: causa-effetto o bias?
5 208
M. F. Siracusano, et al.
L. Charrier, et al.
C. Panza
E. Desiderio, et al.
F. Festini, et al.
D. Di Lallo, A. Di Napoli
A. Clavenna, F. Fortinguerra
C. Radice, et al.
R. Cavallo
M. F. Siracusano, et al.
C. Panza, A. M. Davoli
S. Donati
G. Rapisardi
A. Spataro
A. Clavenna, et al.
Red
G. Toffol, et al.
S. Costa
T. Suprani, et al.
T. Suprani, et al.
V. Balducci
F. Antonelli, P. Siani
I. Robieux, et al.
R. Cavallo
R. Cavallo
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Quaderni
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Editoriale
241 Cosa vuol fare la pediatria da grande?
Paolo Siani e il Consiglio direttivo dell’ACP
Musical-mente
273 Le iniziative di “Nati per la Musica”
Stefano Gorini (a cura di)
Forum
242 La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato?
Gherardo Rapisardi
Occhio alla pelle
274 Escara nucale: è TIBOLA?
Stefano Costa
Salute pubblica
245 La prevenzione del maltrattamento
Giuseppe Cirillo
250 Health Equity Audit: uno strumento per agire localmente
sulle disuguaglianze in salute
Mauro Palazzi, Chiara Reali, Barbara Calderone, et al.
Organizzazione sanitaria
254 Quando gli “effetti collaterali” sono benefici
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L’angolo della comunità
276 Identificare e gestire i casi di maltrattamento:
il ruolo del pediatra
Red
Perunmondopossibile
277 Effetti nocivi dell’inquinamento da traffico;
efficacia degli interventi volti a ridurlo
Laura Brusadin, Laura Todesco, Giacomo Toffol
Salute mentale
256 La terapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva
Angelo Spataro (a cura di)
Vaccinacipì
278 Morbillo: è lontano l’obiettivo della eliminazione
Franco Giovanetti
Pediatri fra due mondi
257 Il viaggio di Ulisse
Fabio Sereni, Alberto Edefonti
Farmacipì
279 La vitamina A in età prescolare nei Paesi
a risorse limitate: intervento salvavita
Antonio Clavenna, Filomena Fortinguerra,
Daniele Piovani
Info
258 L’OMS verso la privatizzazione?
258 Malattie croniche:
un progetto apparentemente virtuoso
258 UK: sospesa la riforma della Sanità
258 Benfluorex: una storia ignobile
258 Linee-guida francesi
ritirate per potenziali conflitti di interesse
259 Micotossine nel latte di formula
e negli omogeneizzati di carne
259 Bacini di utenza per specialità
Aggiornamento avanzato
260 Lo sviluppo delle cure palliative pediatriche
in oncoematologia: percorso e modelli
Veronica Leoni, Valentina Decimi, Milka Adzic, et al.
Scenari
263 Varicella: efficacia dell’Aciclovir nel trattamento
e nella prevenzione
Ilaria Fontana, Cinzia Cucchi, Costantino Panza
“Narrative” e dintorni
267 La relazione come strumento di cura
nelle terapie intensive neonatali
Lucia Aite
Il caso che insegna
270 Una gastroenterite eosinofila?
Antonio Pulella, Angela Tisci, Rocco Cavaliere,
Franco Panizon
Libri
280 Disegnare il vento di Ernesto Ferrero
280 Psicodinamica dell’alimentazione nella prima infanzia
di Silvia Cimino
281 Musicantando di Cecilia Pizzorno, Ester Seritti
281 Dislessia evolutiva in pediatria di Giacomo Stella, et al.
Film
282 Il mare amaro di Terraferma
Italo Spada
Nati per Leggere
283 La lettura: uno strumento per arricchire la relazione
genitore-figlio. Decisivo l’impegno del pediatra
Costantino Panza, Anna Maria Davoli
Congressi controluce
286 Confronto sull’attivazione di percorsi
per la promozione dell’allattamento materno
in Lombardia
286 Il punto sulla “Newsletter” pediatrica
Lettere
287 Questioni di sangue?
287 Una levata di scudi
288 Indice delle Rubriche
290 Indice analitico
Come iscriversi o rinnovare l’iscrizione all’ACP
La quota d’iscrizione per l’anno 2011 è di 100 euro soci ordinari, 10 euro per gli specializzandi, 30 euro per infermieri pediatrici e non sanitari. Il versamento deve essere effettuato tramite il c/c postale
n. 12109096 intestato a: Associazione Culturale Pediatri - via Montiferru, 6 - Narbolia (OR), indicando nella causale l’anno a cui si riferisce la quota. Per iscriversi la prima volta occorre inviare
una richiesta (fax 079 302 70 41 oppure e-mail: [email protected]) con cognome, nome, indirizzo e qualifica. Nel caso si voglia predisporre un pagamento annuale automatico (come per le altre
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