regole per lo sviluppo interiore

Transcript

regole per lo sviluppo interiore
REGOLE PER LO SVILUPPO INTERIORE
secondo
LA MODERNA SCIENZA DELLO SPIRITO
- MASSIMO SCALIGERO –
(da un dattiloscritto originale proveniente dalla Scuola di Scaligero)
I seguenti esercizi vengono comunicati come presupposti, metafisicamente fondati, di una disciplina
rispondente alla formazione interiore dell’uomo di questo tempo, perciò come sostanziale terapia di
ogni alterazione della vita psichica e degli effetti di pratiche irregolari, orientali o occidentali.
La Scienza dello Spirito, di cui gli esercizi sono espressione, non è una religione bensì un metodo di
conoscenza, che dà modo al religioso, cristiano o buddista o islamico, ecc. di ritrovare le fonti vive
della propria religione e al tipo agnostico o ateo di questo tempo, di riconoscere da sé
sperimentalmente lo Spirituale da cui il suo sentimento ateo muove.
La Scienza dello Spirito lascia gli uomini liberi, non cerca proseliti: non ha nulla da dire a coloro
che sono paghi della propria verità: parla solo a coloro che avvertono la contingenza della propria
verità.
1° - CONCENTRAZIONE – Consiste nel riattivare, mediante la concentrazione del pensiero, le
forze originarie della coscienza. L’esercizio si inizia con l’eliminare, per quel che è
preliminarmente possibile, il flusso disordinato dei pensieri, che per solito deteriorano la psiche e il
corpo.
Si rivolge quindi il pensiero ad un determinato oggetto, o tema, il più semplice possibile, ponendo
questo al centro dell’attenzione cosciente e richiamando altri pensieri che formino un nesso logico
con esso. La semplicità dell’oggetto, o del tema, è richiesta dal senso assolutamente pratico
dell’esercizio: la coscienza non tanto dell’oggetto, quanto della forza-pensiero messa in atto.
L’esercizio tende a usare sperimentalmente il potenziale sintetico del concetto, indipendentemente
dal significato. E’ importante, per la riuscita dell’esercizio, l’illimitata attenzione, ossia l’evitare
qualsiasi distrazione, riguardo al tema: che deve permanere al centro della coscienza almeno 5
minuti. In seguito, questo tempo può essere accresciuto, allorché si noterà un beneficio generale
della vita interiore e di quella corporea, in conseguenza dell’esercizio.
1
2° - AZIONE PURA – E’ l’esercizio che dinamizza direttamente la volontà, attuando l’ascesi dell’
“agire per l’agire”. Consiste nell’imporre a se stessi doveri quotidiani di poca o nessuna importanza,
per es. spostare una sedia, spolverare un mobile, predeterminandone l’ora, anche 24 ore prima.
I moventi ordinari delle azioni scaturiscono per lo più dalle relazioni sociali, dall’educazione, dalla
professione, ecc. : raramente da iniziativa pura. Si deve trovare nella giornata un minimo di tempo ,
pochi secondi, per compiere azioni volute di propria iniziativa. In quanto insignificanti, esse
conseguono un fine più profondo che le significanti: sollecitano direttamente il potenziale della
volontà.
3° - EQUANIMITA’ – Consiste nel servirsi delle emozioni intense, per un intervento della volontà
cosciente, che, sia pure per attimi, sospenda la reazione istintiva. Si tratta di cominciare a evitare
all’anima la continua oscillazione tra il tripudio e l’abbattimento.
Chi crede che la propria spontaneità emotiva o il proprio sentimento artistico ne abbiano a soffrire,
ignora la potenza interiore che consegue al chiaro equilibrio del sentimento. Dapprima non è
possibile evitare gli intensi sentimenti, quando sopraggiungono, ma è possibile esercitarsi a
sospenderne per attimi la travolgenza, ritrovando al centro se stessi: indi lasciarli andare secondo la
loro necessità.
Tale minimo controllo, con il tempo, conduce a una positiva autonomia rispetto ad essi: dà modo di
assumere la loro forza senza esserne travolti. Si può dire di possedere l’equanimità , quando si
giunge a sentire come propri i dolori e le gioie degli altri, e come di altri i propri dolori, le proprie
gioie.
4° - POSITIVITA’ – Per mezzo di questa qualità, si giunge a vedere il bello e il buono degli esseri
e delle cose, in quanto si rivolge l’attenzione al contenuto meno appariscente di essi. Lo spirito di
tale attitudine può essere lumeggiato da una leggenda persiana del Cristo: Il Cristo vide un giorno
un cane morto abbandonato per la via. Egli si fermò a contemplarlo: i discepoli, che erano con lui,
si scostarono presi da ribrezzo. Ciò vedendo, il Cristo esclamò: “Che bei denti aveva questo
animale!” Persino in quella carogna, Egli sapeva trovare il bello. Se, secondo tale spirito, si orienta
l’anima, si scorgerà in ogni cosa, o essere, la qualità positiva, il meglio, proprio quando ciò riesce
difficile.
Tale attitudine esercita una potente azione formatrice sull’anima e sul corpo, in quanto il buono e il
bello di un essere sono la sua realtà: con la quale la nostra realtà entra in accordo di profondità.
2
5° - SPREGIUDICATEZZA – Coltivando la disciplina, il discepolo trova necessario l’educarsi a
non fondare il proprio giudizio esclusivamente sul passato. Deve poter trascurare, in talune
circostanza, ciò che ha acquisito con l’esperienza: deve potersi aprire senza pregiudizi a nuove
esperienze o a un diverso giudizio riguardo a cose già interpretate. Egli si esercita a tale attitudine
coscientemente. Se, per esempio, qualcuno gli dice che il campanile del Duomo, veduto poc’anzi, si
è spostato di 45°, non deve dire subito che ciò non è possibile: egli deve sempre sapersi riservare
uno spiraglio aperto alla novità.
Chi rimane ancorato a giudizi definitivi, immobilizza la propria anima. Non v’è giudizio umano
che, rispetto all’evoluzione dell’uomo, possa essere definitivo. Il cercatore deve poter essere
ricettivo verso l’inaspettato: altrimenti si chiude alla Verità, ossia a ciò che è oltre il limite
dell’ordinario conoscere. Occorre rendersi indipendenti dai giudizi già formati, per poter accogliere
l’ignoto. Grazie a tale attitudine, il corpo fisico e l’anima vengono trasposti a uno stato di superiore
luminosità.
-.-.-.-.-.-.-.-.-
EQUILIBRIO CREATIVO – Questo si costruisce gradualmente da sé, come prodotto dei cinque
esercizi. Il discepolo deve concentrare la propria attenzione sulle qualità che ne risultano. Se egli si
impossessa di forze interiori, senza coltivare tali qualità, si troverà presto in difficoltà. Le forze
interiori si corrompono, diventando istinti distruttivi, in colui che non le congiunga con il Principio
superiore dell’anima, mediante la coscienza responsabile.
Gli esercizi qui brevemente descritti sviluppano simultaneamente le forze e il loro orientamento
morale: essi derivano da un insegnamento che accompagna perennemente l’uomo, per tutelare in
lui, attraverso i mutamenti e le evoluzioni, ciò che è originario.
Non v’è esperienza autentica del Soprasensibile, che possa conseguirsi con mezzi illeciti o non
pertinenti, come droghe, allucinogeni, pratiche spiritistiche o di grossolana magia. L’autentica
esperienza soprasensibile esige un potenziamento delle forze superiori dell’anima, conseguibile
soprattutto grazie a una rigorosa disciplina del pensiero, del sentimento e della volontà. Questa
disciplina non può essere l’escogitazione di una acuta intelligenza umana, bensì l’espressione di una
saggezza superumana. I cinque esercizi, malgrado la loro apparente semplicità, esprimono questa
Saggezza.
Occorre guardarsi dall’alimentare in se stessi l’illusione che le qualità risultanti dai cinque esercizi
si posseggano, solo per il fatto che si è capaci talora di positività, spregiudicatezza, ecc. : tali qualità
vanno sviluppate di proposito, con impegno metodico e con il preciso intento della liberazione delle
forze superiori dell’anima: che danno modo al discepolo di scindere, nella quotidiana pratica della
vita, l’essenziale dall’illusorio: di vedere la realtà oltre la parvenza.
3
TECNICHE INTERIORI – Attraverso il vedere estrasensibile, il discepolo può giungere all’udire
spirituale. Al gradino del v e d e r e, gli occorre anzitutto imparare in quale rapporto le immagini
del mondo sovrsensibile stiano con il sensibile: il conoscere vero. Egli penetrerebbe impreparato
nella sfera dell’anima, o astrale, che non è ancora il vero mondo spirituale, se si abbandonasse alle
iniziali percezioni interiori, senza orientamento. Anche per questo gli occorre un metodo, che gli dia
modo di riconoscere fin dall’inizio come si concatenino le esperienze.
Le discipline dello Yoga non si addicono all’uomo occidentale. Lo Yoga, quale tecnica interiore
propria a un tipo umano ancora privo di autocoscienza razionale, ma dotato solo di coscienza
soprasensibile, oggi sviluppa le correnti astrali dell’anima, in opposizione alla corrente dell’Io, nella
quale unicamente fluisce lo Spirito.
Nello Yoga, lo Spirito viene contemplato come trascendente: non viene realizzato nella coscienza di
veglia. Parimenti, il potenziamento vitale dovuto alle tecniche respiratorie, non si addice
all’occidentale, cui non è possibile – come del resto non è più possibile neppure all’orientale – la
percezione interiore del respiro, onde il tentativo di tale potenziamento si rivela illusorio e consegue
l’effetto opposto a quello atteso.
Ciò che l’antico Yoghi conseguiva mediante il respiro, l’occidentale moderno può conseguirlo
mediante la percezione della forza insita nel pensiero logico, normalmente non cosciente ad esso.
LA VIA DEL PENSIERO – La via “occidentale” , di cui sono espressione i cinque esercizi,
include in sé e supera quella “orientale” : essa cura che, parallelamente all’addestramento interiore,
il discepolo svolga un’energica disciplina del “p e n s a r e” . Ciò dipende anzitutto dal fatto che il
pensare è l’attività mediante cui lo Spirito, come Io, ha immediata presa nella coscienza. Inoltre il
pensare ha una proprietà che le altre facoltà non hanno. Ogni facoltà interiore muove sul piano in
cui sorge, senza superarlo, anche se scaturisce da livelli superiori. Si può dire che ogni livello ha le
sue proprie percezioni.
V’è un’attività, invece, che si muove simultaneamente nei vari mondi, dal fisico all’animico, allo
spirituale, ed è il p e n s i e r o l o g i c o . Un pensiero logico, che sia veste cosciente di una verità,
risuona, anche se non l’avverte, nei mondi superiori, come una reale forza. La disciplina
rosicruciana addestra prevalentemente il pensiero, trasformandolo in una forza cosciente di ascesa.
Il pensiero, divenendo autonomo, si congiunge con le forza superindividuali del sentire e del volere,
costituendo un’unica forza reintegratrice di quel che nell’uomo è originario.
Per il discepolo, è fondamentale apprendere il metodo della liberazione del pensiero. Normalmente
l’uomo passa da un oggetto all’altro, o da un tema all’altro, ma non sa di passare in realtà da un
pensiero all’altro. Muove di continuo mediante concetti delle cose, ma ignora il formarsi in lui del
concetto, onde il potere di relazione da concetto a concetto viene illegittimamente usato dalla psiche
legata alla corporeità: la relazione interiore originaria viene sostituita dalle esteriore relazione
logica.
4
La relazione originaria tra concetto e concetto è la reale forza del pensiero e risponde alla interna
relazione delle cose, ma il pensiero scisso dal razionalista di questo tempo la sostituisce con la
relazione stabilita dall’esterno, che ha la parvenza della e verità nella forma logica: onde esistono
molte logiche: ciascuno dispone della logica necessaria alla propria limitata verità, che però afferma
come tutta la verità. Ciascuno ha la logica del proprio pensiero alienato. La disciplina del pensiero
porta invece il discepolo dal pensiero fisso o riflesso al pensiero che come forza vive
simultaneamente nel mentale e nel sopramentale, essendo l’essenza delle cose, la logica vera.
L’uomo non è libero finchè non consegua la liberazione del pensiero, o la congiunzione della
corrente viva del pensiero con l’Io, secondo il metodo proprio alla “via cosciente” o via occidentale,
cui fanno riferimento gli accennati esercizi. Qualsiasi orientamento culturale o ideologico egli
accolga prima di una tale liberazione del pensiero, lo rende strumento di una dottrina o di una
corrente, pedina di un giuoco che egli non può controllare: ostacola la sua evoluzione e di
conseguenza l’evoluzione della società di cui fa parte.
-.-.-.-.-.-.-.-.-
5