Scarborough Fair - Associazione Pro Urbino

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Scarborough Fair - Associazione Pro Urbino
Non posso riposare
amore e cuore,
pensando a te soltanto
ogni momento;
non essere in tristezza,
treccia d‟oro,
né in dispiacere
o pensamento.
T‟assicuro che te
solo bramo,
che t‟amo forte e t‟amo
e t‟amo e t‟amo.
Se in angelo potessi
trasformarmi,
di spirito invisibile
avrei preso
le forme, e avrei portato
via dal cielo
il sole, le stelle,
e avrei formato
un mondo bellissimo
per te,
per poterti servire
d‟ogni bene.
Dio ti saluta o Maria,
piena di grazia;
della grazia sei la sorgente
e la corrente.
Il Dio Onnipotente
è stato con te
per sé ti ha preservata
immacolata.
Benedetta e lodata
gloriosa sopra tutte le cose,
sei mamma, figlia e sposa
del Signore.
Benedetto il fiore
e frutto del tuo seno
Gesù fiore divino
Signore nostro.
Pregate vostro Figlio
per noi peccatori
che tutti gli errori
ci perdoni.
E ci doni la grazia
in vita e nella morte
e nella beata sorte
in Paradiso.
Valzer lucano
Dalla Basilicata, un valzer per
arpa piccola.
Er alaò
Canzone del Pescatore
Ecco due canti di mare, dalla riva
siciliana e dalle acque campane:
una ninnananna delle mogli dei
pescatori di Trapani e una
villanella campana del „500.
Ed alaò, ed alaò,
ora viene tuo padre.
Ti porta la seta scarlatta
per ricamarti la cortina.
Ed alaò, Sant‟Antonino,
mettetegli bene il cuscino.
Ed alaò, San Francesco di Paola,
portatevelo alla vostra tavola,
dategli a mangiare pane e pesce,
forse il bambino s‟addormenta!
Vorrei diventare un pesce d’oro
e girare dentro il mare
e verrebbe il pescatore a pescarmi
e nella nassa mi metterebbe
e verrebbe la mia bella a comprarmi
e nella padella mi friggerebbe.
Mi voglio fare una casa
n mezzo al mare
tappezzata di penne
di pavone.
Tarantella di Armento
Tarantella lucana per arpa piccola.
LA SIBYLLE TRIO
si dedica allo studio
dell‟impiego di stilemi etnici
nella musica colta e
all‟elaborazione
di musiche celtiche e di
melodie popolari del bacino del
Mediterraneo,
con particolare attenzione
alla tradizione Sefardita e
dell‟Asia Minore.
DANIELA BATTISTI si è diplomata
in canto al Conservatorio “G.
Rossini” di Pesaro studiando
con Maria Clara Ziegler. Ha
seguito corsi di
perfezionamento in canto
barocco della S.I.F.D. di Roma,
tenuti da Cristina Miatello,
Claudio Cavina e Rossana
Bertini e ha conseguito il
diploma in Maestro di Canto
nell‟Accademia del Teatro
“Città di Cagli” con Mario
Melani,
Pietr Kenealy e Nadia Bellelli.
Si è esibita in recital e come
soprano solista con coro e
orchestra in varie città
italiane e al Festival de
musique universitaire di
Belfort (Francia).
All‟attività concertistica
affianca
quella di preparatrice vocale
in cori amatoriali. È laureata
in Giurisprudenza, diplomata in
Scienze Religiose e impiegata
nell‟Università degli Studi di
Urbino “Carlo Bo”.
FEDERICA DALL’ACQUA, urbinate,
giovanissima intraprende i
primi studi pianoforte nella
sua città. All‟età di 14 anni
accede al Conservatorio “G.
Rossini” di Pesaro ed entra a
far parte della classe del M°
Nicola Jannucci, sotto la cui
guida nel ‟97 consegue il
diploma con ottimi voti.
Perfezionatasi nel repertorio
di Otto e Novecento,
particolare interesse e plauso
ha suscitato il concerto per
pianoforte solo, due e tre
pianoforti, in cui ha eseguito
musiche di illustri compositori
italiani contemporanei quali A.
Casella e G. Petrassi. Si è
esibita come solista ed in
formazioni cameristiche in
Auditorium e Teatri di varie
città italiane. Ha collaborato
con la classe di violoncello
del M° Sante Amadori e ad oggi
coopera con Associazioni ed
Istituti Musicali. È laureata
in Giurisprudenza presso
l‟Università di Urbino “Carlo
Bo”.
ANTONELLA PIERUCCI si è diplomata
in arpa nel 1980 con il massimo
dei voti al Conservatorio “G.
Rossini”
di Pesaro, sotto la guida di
Bianca Maria Monteverde Amadori
e ha conseguito l‟attestato
finale
del corso triennale
in Didattica della Musica.
Ha al suo attivo concerti in
tutta
Italia in formazioni
cameristiche:
duo (due arpe; flauto e arpa;
canto e arpa), trio (flauto,
fagotto, arpa; flauto, sax,
arpa) e altre. Ha curato e
presentato trasmissioni
radiofoniche di musica classica
(“Concerti in diretta”) e ha
organizzato concerti didattici
nelle scuole con il sostegno
dell‟Ente Concerti di Pesaro,
del cui Comitato direttivo è
stata membro.
È insegnante di Educazione
Musicale
nella Scuola Media.
MDEF2004
Third Workshop
“Modelli Dinamici in Economia e
Finanza”
Settembre, 16-17-18, 2004
Urbino, Italia
notte
mediterran
ea
la Sibylle trio
DANIELA BATTISTI
FEDERICA DALL‟ACQUA
ANTONELLA PIERUCCI
venerdì 17 settembre 2004
ore 21.00
palazzo Battiferri - via
Saffi 42
Sefarad
Comunità ebraiche furono presenti
in
Spagna (Sefarad) almeno dal 5°
secolo
avanti Cristo, ma la maggiore
ondata
immigratoria fu nel secolo 8°, al
seguito della conquista araba.
Dopo alcuni secoli di prosperità,
la
reconquista cristiana portò fino ai
ghetti e
ai pogrom dei secoli 14°-15°.
Finché, il 31 marzo 1492, un editto
reale decretò l‟espulsione degli
ebrei dal paese.
Emigrarono in 300.000, circa il 5%
della popolazione, abbandonando
tutti i loro averi, e trovarono
rifugio in Portogallo, Paesi Bassi,
Marocco, Tunisia, Italia e,
soprattutto, nell‟Impero Ottomano.
Nella diaspora conservarono la loro
identità ispanica e l‟idioma
castigliano.
Non è possibile datare con
precisione i canti sefarditi. La
tradizione orale fece sopravvivere
le melodie alla perdita delle fonti
scritte.
La struttura modale delle musiche
proviene dell‟influenza araba in
Spagna, che produsse una espansione
degli originali modi greci.
La Serena
La melodia d‟amore sefardita La
Serena
è originaria di Istanbul ed ha
influenze flamenche.
La storia è legata a una leggenda
che si narra intorno alla Torre
della Fanciulla, che sorge su
un‟isoletta nel braccio di mare tra
il Bosforo e il Mar di Marmara, a
200 metri dalla punta di Scutari,
il settore asiatico di Istanbul.
Questa torre-fortezza fu eretta nel
12° secolo e riedificata nel 17°.
Si racconta che fu dimora della
figlia del Sultano degli Ottomani,
il quale voleva così sottrarla alla
profezia per cui sarebbe morta
all‟età di 19 anni per il morso di
una vipera.
Si innamorò di lei, da un ritratto,
il figlio del nemico Scià di
Persia. Travestito da marinaio,
egli la conquistò con una serenata.
Le inviò in dono un cesto di rose e
tra queste c‟era la vipera
dell‟antica predizione, che la
morse. Vedendola morente, egli
decise di morire per lo stesso
veleno. Ma, succhiandoglielo dal
dito, la salvò, per essere poi
salvato dalle ire del Sultano
dall‟indovino di corte, che
predisse futura felicità.
Il motivo del magico potere del
canto è
comune alle tradizioni folcloriche
europee.
Se il mare fosse di latte
diverrei un pescatore,
pescherei i miei dolori
con paroline d‟amore.
Nel mare c‟è una torre
nella torre una finestra
alla finestra c‟è una bella
che chiama i marinai.
Durme durme
Questa antica kantiga de cuna,
originaria di
Istanbul, è molto amata nelle
comunità sefardite di tutto il
mondo. Le romanze erano cantate
anche come ninne nanne.
Dormi dormi, fanciulla mia
dormi, senza ansia e dolore.
Che il tuo schiavo tanto desidera
vedere il tuo sonno con grande
amore.
Sono due anni che soffre la mia
anima
per te, gioia, mia bella dama.
Ascoltami al suono della mia
chitarra
ascoltami, bella,
ascoltami cantare la mia
sofferenza.
Chi è che scende nel giardino
con un cesto per raccogliere i
fiori?
Nani nani
Ninna nanna sefardita dal Marocco,
raccolta
in un codice nel 16° secolo da
Francisco
de Salinas, organista cieco della
cattedrale
di Salamanca.
Nanna vuole il figlio della mamma,
da piccino si farà grande.
Ay, dormi anima mia, occhi miei,
che tuo padre viene, pieno di
gioia.
Ay, apritemi la porta, mia signora,
che arrivo stanco da arare gli
orti.
Ay, non vi aprirò, non tornate
stanco,
poiché venite da un nuovo amore.
Ay, non è più bella, né più forte,
né aveva gioie più belle delle mie.
Noches noches
Romanza sefardita da Sarajevo.
Notti, buone notti, notti per
innamorarsi.
Ay, che notti, madre mia, che non
arrivano.
Ay, rigirandomi per la stanza
come un pesce nel mare.
Por qué llorax
Romanza sefardita da Sarajevo,
utilizzata
anche come lamento funebre.
Può estendersi fino a circa venti
strofe.
Perché piangi bianca fanciulla,
perché piangi bianco fiore?
Piango per voi cavaliere,
che ve ne andate e mi abbandonate.
Mi lasciate giovane e bella,
ho figli piccoli, piangono per il
pane.
Se chiedono del loro padre,
che risposta dovrò dar loro?
Egli mise una mano in tasca
e le diede cento dobloni.
Basterà questo per il vino o il
pane?
Se
non
basterà,
avete
altre
risorse.
Venderete vigne e campi, mezza
città.
Venderete vigne e campi lungo il
mare.
La hermosa durmiente
Questa romanza sefardita viene
dall‟isola
di Rodi ed è una delle tante
varianti
musicali del testo di Durme durme.
Dormi, dormi, bella fanciulla,
dormi, bella, senza ansia e dolore!
Ecco il tuo schiavo che tanto
desidera
guardare il tuo sonno con grande
amore.
Senti, gioia, il suono della mia
chitarra,
sentimi cantare il mio male;
io non dormo né notte né giorno;
chi ama è nel dolore.
Sempre, gioia, sempre vorrei
guardare il tuo sonno con grande
amore;
senti, gioia, guardami in faccia;
se non mi guardi tu mi uccidi.
Como la rosa
Pianto sefardita del Mediterraneo
orientale.
Come la rosa nel giardino
e i fiori non ancora sbocciati
così è una fanciulla nell‟ora di
morire.
Tristi ore in quel giorno,
quando la piccola si ammalò.
Come la regina sul suo letto,
si ammalò ed appassì.
Le lacrime di una madre
Dio le ascolterà,
le sembra che sei nata ora
con l‟avvenire davanti.
Aprite porte e finestre e venite a
vedere
mia figlia! la strada la piangeva,
vedendo questo angelo morire!
Italia
Nell‟immaginario internazionale
“Italia” è “un” Paese e “un” popolo,
ma dietro alla sua unità ci sono
tanti popoli e tante lingue, uniti
dalla storia, dalla vita e dalla
comune atavica passione per l‟arte e
per la musica.
Il nostro viaggio tocca le isole di
Sicilia e Sardegna, la Campania e la
terra di Lucania, patria della
musica popolare per arpa piccola.
Fenesta che lucive
Mi vôtu e mi rivôtu
suspirannu
Il canto d‟amore di origine
siciliana Mi vôtu e mi rivôtu
suspirannu, risalente alla prima
metà del 17° secolo, fu reso famoso
dalla versione napoletana, Fenesta
che lucive, pubblicata nel 1842
dall‟editore
partenopeo Girard.
Fenesta che lucive e mò nun luce,
segn‟è ca Nenna mia sta ce malata!
S‟affaccia la sorella e me lo dice:
Nennella
toja
è
morta
e
s‟è
atterrata!
Chiagneva sempe ca dormeva sola,
“Mò
dorme
cu
li
muorte
accumpagnata”!
Va dint‟a chiesa e scuopre lo
tavuto,
e vide Nenna toja comm‟è turnata.
Da chella vocca che
n‟asceano
sciure
mo n‟esceno li vierme, oh che
pietate!
Zi Parrocchiano mio, tienece cura;
na lampa sempe tienece allumata!
“Mò
dorme
cu
li
muorte
accumpagnata”!
Addio, fenesta, restate nzerata,
ca Nenna mia mò nun
se po‟
affacciare…
Io cchiù nun passaraggio da sta
strada:
vaco a lo Camposanto a passiare:
nzino a lo juorno che la morte
‟ngrata
mme face Nenna mia ire a truvare!
“Mò
dorme
cu
li
muorte
accumpagnata”!
Mi vôtu e mi rivôtu suspirannu,
passu la notti „ntera senza sonnu,
e li bellizzi to‟ jeu cuntimplannu
mi passa di la notti sina a jornu.
Pri tia nun pozzu un‟ura ripusari,
paci nun avi cchiù st‟affrittu
cori.
Lu sai quannu jeu t‟aju a lassari?
Quannu la vita mia finisci e mori!
Polka di Vittorio
Alla tradizione popolare della
Basilicata appartiene l‟arpa
piccola di Viaggiano,
che nei secoli 18° e 19° venne
esportata
verso i paesi anglosassoni (dove
l‟arpa celtica dal tardo Settecento
divenne
il simbolo nazionale dell‟Irlanda)
e verso il Sudamerica.
Ninnia
Non potto reposare
Deus ti salvet Maria
Nel 1923, nel suo Canti di Sardegna
G. Fara scriveva che il popolo
sardo “accompagna ogni atto della
vita con la musica. Dalla culla
alla bara… La musica è pel sardo
religione, patria, domestico
focolare. Tutta la vita materiale e
spirituale è quasi compendiata e
rievocata nelle poche note di un
breve canto. Colui che suona e che
canta, spesso per lunghe ore, è
compreso dell‟importanza della sua
missione, di un intimo senso di
dignità e grandezza come sacerdote
officiante. E gli ascoltatori
serissimi, non si permettono un
bisbiglio, un motto, un cenno, che
possa turbare il raccoglimento…
e solo ne sottolineano con sommesse
approvazioni o vive risate i passi
più
salienti, tristi o mordaci”.
Sulla pianta di lavanda
un usignolo canta.
Il cuore mio è piccino,
ci sta solo un bambino.
Due cuori sono uniti
senza sapere come,
sembra che sian divisi,
ma è uno solamente.