Fitting tips con lenti a contatto morbide toriche
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Fitting tips con lenti a contatto morbide toriche
EDUCATIONAL Fitting tips con lenti a contatto morbide toriche Nonostante ormai da molti anni si possa disporre di un notevole numero di materiali e geometrie per lenti morbide toriche, molte volte si considera l’applicazione di queste lenti come una seconda scelta, da considerare solo in caso di insuccesso con la correzione sferica. di Francesco Vargellini, optometrista, docente Istituto B. Zaccagnini La decisione di correggere l’astigmatismo si orienta sulla possibilità di eliminare il compromesso visivo dato dalla sottocorrezione cilindrica, oppure dal discomfort visivo attribuibile alla stessa. A fronte di questo vanno considerati un maggior numero di costi, in termini di tempo professionale, da dedicare al paziente, sia durante le sedute applicative che a livello di controlli successivi; inoltre rischi di fallimento, dovuti a difficoltà di fitting della lente ottimale o di feeling del portatore con la lente stessa, soprattutto se sono già portatori di lenti morbide sferiche. Rispetto a qualche hanno fa, il numero delle geometrie disponibili, anche con cilindro minimo di 0.75 Dt sono aumentate ed inoltre le tecniche costruttive le hanno rese più stabili e confortevoli, oltre che più abbordabili economicamente, soprattutto nel caso di un uso non frequente (lenti toriche 1 day). dossier Tab. 1. Fattori Astigmatismo meno importante se potere sferico potere elevato asse dell’astigmatismo secondo regola precedente correzione precedente correzione senza cilindro tempo d’uso mezza giornata esigenze visive non specifiche occhio dominante astigmatismo inferiore sull’occhio dominante 62 P.O. Professional Optometry® Luglio 2008 Questo nuovo assetto di cilindri di moderata entità ha reso meno fruibile la regola dell’equivalente sferico, prima più utilizzata anche su cilindri di 1.00 Dt o più. Resta ancora una questione di giudizio, ma la correzione si è spostata verso valori di astigmatismo inferiori al passato recente. Se da un lato, quello dei bassi valori di astigmatismo, la correzione è diventata sempre più percorribile e consigliata, dall’altro, quello degli elevati valori di cilindro, si è verificata una ulteriore piccola rivoluzione. Poter correggere agevolmente con lenti di tipo disposable, quindi a ricambio frequente, tutta quella fascia di astigmatici sopra le 2.50 Dt che ancora sono convinti di non poter indossare delle comuni lenti, definite popolarmente “usa e getta”, perché non disponibili. Anche in questa fascia di ametropi disponiamo oggi di lenti a ricambio frequente, mensili e altro, che possono correggere fino a 5.00 Dt di astigmatismo, includendo così finalmente una relativamente ampia fascia di soggetti prima trascurati sotto questo aspetto. A volte per comprendere meglio la differenza tra la correzione cilindrica e la soluzione con sfera equivalente, risulta utile dimostrare al soggetto il possibile incremento visivo ottenibile con l’aggiunta del cilindro correttore (senza equivalente sferico) facendogli indossare una lente a contatto con potere sferico equivalente, e introducendo la sovrarefrazione sfero-cilindrica mancante. In questo modo, ma solo se indossa già la lente EDUCATIONAL a contatto a sfera equivalente, paziente e operatore possono farsi un’idea del contributo cilindrico e considerare se interessarsi a questa soluzione. Comprensione della stabilizzazione Una prima considerazione generale è che una lente torica ben fatta deve avere una alta ripetibilità di risultato, quindi stabilizzarsi anche in modo costante su una buona quantità di cornee. La posizione della lente si regola in tutti i casi grazie all’azione delle palpebre. Nel caso di lenti con stabilizzazione prismatica (prisma a base bassa), il maggior peso, ma soprattutto il maggior spessore della lente nella sua sezione inferiore consentono un buon orientamento della lente in molte condizioni. La palpebra superiore ha il compito di mantenere la zona inferiore allineata grazie al suo continuo movimento di discesa e risalita. Solo nel caso in cui la lente dovesse ruotare rispetto alla sua posizione ideale di più di 20°-30°, si può parlare di un parziale “effetto zavorra” del prisma stesso. A dimostrazione di questo, basti pensare che utilizzando le lenti in posizione orizzontale laterale (es: sdraiati su un fianco davanti alla tv) difficilmente si avrà una rotazione sensibile della lente. L’azione dinamica delle palpebre tende a influenzare sia la posizione di centraggio sulla cornea, che la rotazione della lente. L’ammiccamento involontario, fisiologico, crea una tendenza alla rotazione della lente. Occhi che hanno il “canto palpebrale esterno” più alto del “canto interno” tendono con più probabilità a ruotare la zona inferiore della lente verso il naso (Fig. 1) anche clinicamente questo risulta essere una tendenza presente solamente in una parte buona parte degli occhi. Di conseguenza risulta comunque indispensabile applicare la lente interessata per stabilire l’efficacia della stabilizzazione. La posizione di stabilizzazione raramente è costante nel tempo. A seconda della posizione oculare mantenuta, nonché della coerenza del materiale rispetto al film lacrimale e alla forma della cornea, possiamo avere anche in pochi minuti variazioni di orientamento da 5° a 10°. Fig. 1. Schematizzazione delle dinamiche palpebrali sulla lente a contatto durante l’ammiccamento. Quando si osserva l’appoggio della lente è bene annotare diverse volte la posizione delle tacche di riferimento, in modo da poter conoscere non la posizione in cui si orienta la lente sulla cornea, ma il range di posizioni in cui si orienta! In questo modo si potrà eventualmente compensare la rotazione conoscendo le due posizioni limite dell’errore di posizione, e in accordi agli eventuali limiti di modifica dell’orientamento, ordinare la lente che veramente soddisfa maggiormente. Mettiamo il caso che la lente abbia un orientamento non costante che va da 5° a 10° antiorario. Se la lente applicata possiede un cilindro nominale con orientamento a 180°, la nuova lente potrà avere due possibili orientamenti, 175° oppure 170°. Nel caso in cui si disponga di assi con step di 10° l’applicatore potrà decidere di ordinare la nuova lente con asse 170° invece che lasciarla a 180° come avrebbe fatto osservando una rotazione di 5°, non assecondabile dai parametri di costruzione della lente scelta. Toro posteriore o anteriore? Una considerazione interessante rispetto alla posizione del “toro” della lente è che anche se attualmente la stramaggioranza delle lenti vengono prodotte con toricità sulla superficie posteriore, questa non sia in grado di aumentare, rispetto alla stessa lente con toricità anteriore, la stabilità alla rotazione in maniera diretta. Si è provato che una lente con toricità anteriore e una posteriore, senza alcun sistema di stabilizzazione, impiegano tempi simili per portarsi in posizione d’uso, e simili difficoltà a mantenere la stessa posizione. In una lente con 2.00 Dt di cilindro costruite in zona anteriore o posteriore, risul- Luglio 2008 P.O. Professional Optometry® 63 EDUCATIONAL Fig. 2. La stabilizzazione può complicarsi in presenza di astigmatismi obliqui. La distribuzione degli spessori ad esempio in una lente con cilindro a 45° risulta tale da determinare un’azione disturbante della palpebra superiore al momento della sua discesa. In questo esempio ad ogni ammiccamento il maggior spessore del meridiano a 135° causa una rotazione temporale della lente, che non risulta comunque facilmente compensabile, a causa di una naturale instabilità, dovuta al gioco di forze risultanti tra lo spessore della lente nel suo meridiano più spesso e il sistema di stabilizzazione adottato dalla geometria della lente. ta una differenza di altezza sagittale di solo 10˜μm, insufficienti per creare un effetto di maggior stabilità. Il fattore più importante, oltre che ovviamente la scelta e la qualità del sistema di stabilità prescelto, risulta essere la distribuzione degli spessori della lente nella zona di ammiccamento o di stazionamento della palpebra sulla lente, e di come queste zone agiscono sul singolo individuo, con la sua condizione soggettiva. Direzione della rotazione Solo una piccola percentuale di lenti hanno rotazione nulla. La maggior parte di queste ruotano di 5°-10° dalla loro posizione di zero. Al contrario di quello che spesso si sente dire, una quantità leggermente superiore di lenti ruota verso il lato temporale. Tuttavia anche se un paio di lenti con diversa geometria ruotano da uno stesso lato, non è detto che ordinando un terzo tipo di lente con opportuna compensazione, sulla base delle precedenti lenti provate, questa si orienti similarmente. La regola per ordinare l’asse di orientamento di una lente di prova è sempre quello di ordinare, se disponibile, l’orientamento uguale a quello della correzione oftalmica, approssimandolo, se non disponibile al primo orientamento temporale. Ad esempio, con correzione oftalmica: OD Sf -2.00 Cil -1.50 x 5°, e potendo ordinare con asse 180° oppure 10°, si sceglierà 10°. Ovviamente questa è una semplice regola di base a cui non si riferiscono tutti quegli occhi che mostrano una marcata inclinazione della direzione di chiusura delle palpebre. Selezione della lente: set di prova o lente campione? La risposta probabilmente non esiste. L’uso praticamente totalitario di lenti a ricambio frequente ha modificato le esigenze di chi applica, rendendo duale il percorso da svolgere per arrivare ad un buon risultato applicativo. In entrambi i casi l’applicazione richiede spesso una seconda prova con lenti “compensate” sull’asse. Nel caso si decida di ordinare una lente campione, lo si fa ovviamente dovendo “aggiustare” l’ordine in base al prodotto ordinato: - correzione del potere al vertice corneale; - arrotondamenti di sfera e di cilindro di primo potere inferiore disponibile; - arrotondamento al più vicino asse del cilindro. Un piccolo accorgimento pratico è quello di ordinare una terza o quarta lente di prova per lo stesso soggetto, ma con asse differente. Questo più che un secondo valore di sfera può aiutare l’applicatore a ridurre i tempi di lavoro. L’approccio ideale rimane sempre quello di poter disporre di un moderno set diagnostico, comunque impegnativo da realizzare, anche se spesso già predisposto dalle aziende, di circa 400 pezzi. Fitting stretto o piatto? Riuscire a determinare il perfetto equilibrio tra questi due pattern, è sicuramente il miglior risultato possibile. Una lente con appoggio piatto, o meglio con un fitting lasso (comprendendo in questa definizione anche il contributo delle palpebre e del film lacrimale) tenderà a un orientamento più veloce in condizioni visive statiche, ma sarà al contempo più instabile in altri momenti. Un appoggio tendenzialmente stretto, sarà entro brevi tempi di porto, inizialmente avvertito come più confortevole, ma in caso di variazione di assetto tenderà a non centrarsi facilmente o a 64 P.O. Professional Optometry® Luglio 2008 EDUCATIONAL rendere la visione più fluttuante. La maggior parte delle moderne lenti morbide toriche dispone di un solo raggio base, con lo scopo di essere adattabile al maggior numero possibile di occhi. Ovviamente si dovrà disporre di più modelli e quindi geometrie per poter coprire i limiti vicendevoli che ogni lente inevitabilmente dovrà possedere con alcuni pazienti. Determinare il potere cilindrico correttivo Con lenti di tipo tradizionale, la prevedibilità del cilindro correttore con la prima lente di costruzione era più bassa. A causa degli spessori in gioco la lente poteva facilmente mostrare delle grossolane differenze di potere rifrattivo, richiedendo fantomatiche aggiunte in sovrarefrazione, di Diottrie di sfera, cilindro e rotazioni di questo. Il problema era da risalire allo spessore e dai menischi di lacrime che una lente torica, anche se morbida, metteva in gioco; attribuendo spesso ai costruttori difetti di fabbricazione. Nell’era delle lenti ultrasottili, e ad altissima idratazione, questo problema è sicuramente svanito in buona parte. Risulta invece più comune trovare errori sulla trascrizione del cilindro al vertice corneale. Spesso si sente dire che quando si effettua la correzione del potere all’apice corneale, si devono compensare i valori di sfera da 4.00 Diottrie in su, guardando nelle tabelle di conversione. E il cilindro? “…rimane come sull’occhiale!!..” improbabile. Anche il valore cilindrico va calcolato all’apice corneale, tenendo conto del valore e del segno della sfera che lo precede nella prescrizione. Ad esempio, se la correzione oftalmica risulta Sf -5.00 Cil -1.50 x 90° la correzione all’apice corneale diventerà Sf -4.75 Cil -1.25 x 90°. L’eventuale scelta tra uno step di 1.00 Dt e 1.50 Dt di cilindro correttore dovrebbe far cadere la scelta sul primo dei due cilindri, (la scelta del cilindro 1.50 Dt avrebbe ovviamente creato dei problemi di sovracorrezione). Calcolando in modo separato le due componenti diottriche della ricetta oftalmica otterremo spesso un’apparente modifica del cilindro correttore che potrà a seconda del segno della sfera che lo precede, aumentare o diminuire il suo valore numerico, ma non il suo valore correttivo effettivo. Quanto sono precise le lenti a contatto morbide toriche? Le tolleranze costruttive usate per le “toriche” sono anche il doppio di quelle delle equivalenti lenti oftalmiche. La tolleranza ISO è di +/- 0.25 Dt sia per sfera che per cilindro correttore, e di +/- 5° per l’asse. A volte si registrano anche casi di lenti con poteri fuori dalla tolleranza raccomandata. Quanto serve la sovrarefrazione Quando il risultato visivo di una lente è deludente, la prima opzione è di riordinare una nuova lente basata sulla sovrarefrazione sfero-cilindrica, fatta sulla “presunta” posizione di orientamento della lente presente. Esistono anche software dedicati per questo scopo. Tuttavia teniamo conto che la relativa precisione di costruzione di queste lenti le porta ad avere delle tolleranze, che in alcuni casi possono portare alla confusione. Possiamo perciò avere casi in cui, pur rimanendo nelle tolleranze costruttive che i produttori si danno, si possano avere delle performance molto ridotte. Ad esempio, quando con una lente già applicata abbiamo un caso di miglioramento della visione ruotando la lente “manualmente mentre è applicata. Un altro modo è quello di calcolare la risultante tra il cilindro correttore della lente con il suo orientamento applicativo, e il cilindro spesso obliquo rispetto al primo, che scaturisce dalla sovrarefrazione. Top tips per il fitting di lenti a contatto morbide toriche - Aggiornare la refrazione; - se i poteri correttivi sono maggiori di 4.00 Dt portare la correzione all’apice corneale; - per bassi astigmatismi provare se il soggetto beneficia della correzione cilindrica sulla lente a contatto; - osservare e annotare gli eventuali range di orientamento della lente; - controllare la stabilità dell’orientamento al- Luglio 2008 P.O. Professional Optometry® 65 EDUCATIONAL l’ammiccamento e durante i movimenti di versione; - se possibile lasciare in prova delle lenti con l’esatta correzione; - sostituire la lente in caso di risposta anomala alla sovracorrezione o di visione fluttuante o instabile; - utilizzare sovrarefrazioni minime per un nuovo ordine attendibile. Soluzioni a problemi frequenti Quando si valuta l’appoggio di una lente torica morbida, si osserva il centraggio e il movimento in posizione di sguardo primaria e verso l’alto. Durante queste osservazioni si dovrebbe decidere se la posizione delle marcature di rotazione, si trovino nella giusta posizione. Normalmente sono localizzate nella zona di lente a maggior spessore. Questo consente così di discriminare agevolmente la maggior parte delle lenti, almeno nel riconoscimento del loro sistema di stabilizzazione. Le lenti con sistema a prisma di ballast o similari hanno tacche nella zona “ore 6”, dove appunto è localizzato il prisma e con questo Fig. 3. Tacche di riferimento in posizione inferiore in una lente morbida torica. In questo esempio è presente la cosiddetta “tripletta” due tacche laterali rispetto a quella centrale aiutano a comprendere l’entità della rotazione assunta dalla lente. Le tacche laterali vengono apposte a distanza angolare fissa in ogni tipo di lente. A seconda del modello possono distare tra i 10° e i 20°, ma le più utilizzate sono forse quelle a 15°. La stima visiva fatta con le tacche laterali può essere confermate mediante l’uso di una lampada a fessura; si concentra una fessura di luce di circa 2 mm di larghezza e la si pone in posizione coincidente con il sistema osservante del microscopio. Poi si inclina la direzione della luce (quasi tutte le lampade a fessura consentono di farlo) fino a riuscire a sovrapporre la direzione della luce a quella della tacca “centrale”. A questo punto basterà leggere sulla scala angolare disegnata sullo strumento, a quale valore di inclinazione corrisponde la posizione della fessura, e sommarla o sottrarla dalla nostra lente, per compensarne la rotazione. 66 P.O. Professional Optometry® Luglio 2008 un consistente aumento di spessore. Quando invece la geometria di stabilizzazione utilizzata è prettamente di tipo “dinamico” o anche detta “per assottigliamento” allora avremo con ogni probabilità tacche orizzontali ad “ore 3” e “ore 9”. Non mancano le eccezioni, con lenti che possiedono o una geometria di stabilizzazione mista e con questa anche tacche in posizioni miste, ad esempio “ore 3-6-9” oppure lenti che, per la semplicità dei parametri e l’impossibilità a perfezionare l’asse correttore, non possiedono alcuna tacca, in particolare tra le monouso. La regola di calcolo smemonico più facile da ricordare è quella che si genera dall’acronimo L.A.R.S. (dall’inglese Left-Add / Right-Substract) ossia (Sinistra-Addiziona / Destra-Sottrai). Applicando la regola, se una lente ordinata con asse nominale 180° ruota in senso antiorario di 10°, corrispondente a una rotazione della tacca di riferimento ore 6, verso destra, si dovrà ordinare una lente con asse 170°. Quando la nuova lente applicata sullo stesso paziente sarà indossata, questa dovrà assolutamente, posizionarsi nello stesso modo della precedente, cioè a destra di 10°, in modo da produrre l’effetto correttivo ricercato inizialmente, cioè quello di un cilindro con asse 180°. Se questo non si dovesse verificare, allora si troverà il bisogno di compensare nuovamente il cilindro correttore, a causa della nuova posizione raggiunta. Si può anche effettuare una sovrarefrazione (SRx) sfero-cilindrica per quantificare la quantità di rotazione da compensare. Le possibili combinazioni di cilindro sovracorrettore sono: - il cilindro SRx ha lo stesso identico asse di quello nominale della lente; - il cilindro SRx ha l’asse girato di 90° rispetto a quello nominale della lente; - il cilindro SRx ha un asse diverso, ossia obliquo rispetto a il nominale della lente. Nel primo caso, il più semplice, basterà calcolare il cilindro risultata sommandolo (se dello stesso segno di quello della lente contatto) o sottraendolo a seconda del segno del cilindro SRx. Nel secondo caso, il cilindro SRx può com- EDUCATIONAL portarsi in modo speculare a seconda del segno del cilindro della lente. Essendo questo in contattologia utilizzato sempre, per convenzione, con segno negativo, allora si può riassumere che: - se il cilindro SRx è negativo, abbassa della stessa quantità il cilindro correttore e si trasforma in sfera negativa da sommare a quella gia presente in lente. Quando il cilindro SRx si trova invece con un orientamento obliquo, si deve calcolare la sua influenza su quello nominale prescritto sulla lente. Come si nota dal grafico di figura 4, un disallineamento di 15° della lente produce un astigmatismo indotto pari circa alla metà di quello corretto. Un disallineamento di 30° addirittura un astigmatismo indotto, pari a quello corretto dalla lente. A prescindere dal fatto che sulla carta sia possibile calcolare il valore cilindrico e il nuovo asse da ordinare per la nuova lente, si consiglia di sostituire la geometria della lente o di modificarne il raggio base, quando rispetto alla posizione di “zero” questa tende ad avere una rotazione pari 25°-30° Bibliografia - - - - - Jung JY, Edrington TB. Contact Lenses for Patients With Astigmatism. This mini toric lens fitting guide helps you manage the visual needs of your astigmatic contact lens patients. Edrington TB. Toric Thoughts. Young G, Hickson-Curran S. Reassessing Toric Soft Lens Fitting. Forget earlier techniques - this article reviews what you need to know to find success in toric soft lens fitting. Reindel B, Orsborn G. Fitting and Vision Characteristics of Two Silicone Hydrogel Torics. This study compared the performance of two silicone hydrogel lens designs for correcting astigmatism. Bergenske PD. Achieving First Fit Success With Toric Lenses. Becherer PD. Soft Toric Lenses: What’s Available Today. A look at the tried-and-true lenses of old as well as those recently entering the market. Lindsay RG. Determining Power for Disposable Soft Torics. Use these tips to maximize your success with soft toric lens trial fitting. Fig. 4. In questo grafico si può apprezzare la quantità di astigmatismo indotto dalla rotazione della lente rispetto al suo asse di bilanciamento. Ad ogni linea del grafico corrisponde un diverso errore di allineamento. Sono stati presi in esame gli errori di 5°, 15° e 30°. Luglio 2008 P.O. Professional Optometry® 67