Lenti a contatto toriche morbide

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Lenti a contatto toriche morbide
Mario Giovanzana
10 giugno’01
LENTI A CONTATTO TORICHE
MORBIDE
ASTIGMATISMO
DEFINIZIONE E FONDAMENTO OTTICO
Fu il fisico Whewell ( 1817 ) a dare per primo la definizione di astigmatismo.
Egli definì come “ astigmatismo “ o “ ametropia astigmatica “ l’ametropia caratterizzata da una differenza
fra i raggi di curvatura , e quindi fra i poteri diottrici , della cornea registrabili lungo i vari meridiani. ( Per
meridiani corneali si intendono i diametri della cornea che si incrociano sul suo vertice). Un’ulteriore e in
definitiva migliore definizione di astigmatismo fu quella data da Gullstrand che definì
l’ametropia astigmatica come il risultato di una asimmetria della rifrazione oculare.
Conoide di STURM
Fig.1
GENESI DELL’ASTIGMATISMO
La causa tipo dell’astigmatismo è la toricità di una o più superfici oculari; si tratta quindi di un astigmatismo
di curvatura. Non si può escludere comunque la possibilità di un astigmatismo per incidenza obliqua .
Irregolare è invece l’astigmatismo causato da una chiara mancanza di coincidenza fra l’asse ottico della
cornea e quello del cristallino. Inoltre irregolare è l’astigmatismo definito da indice ( tipicamente del
cristallino nella cataratta incipiente ).
Di minima importanza inoltre è l’astigmatismo da inclinazione dello schermo retinico.
1
SEDE DELL’ASTIGMATISMO
Nella maggior parte dei casi, l’astigmatismo è da attribuire alla superficie anteriore della cornea.
Nell’astigmatismo “ secondo regola “, il meridiano verticale della cornea avrà un raggio più stretto ,
mentre nel “ contro regola “ il raggio sarà più piatto.
Sede dell’astigmatismo può essere anche la superficie posteriore delle cornea.
Un’ulteriore sede dell’astigmatismo è quella del cristallino, che rappresenta l’elemento più importante
dell’astigmatismo residuo.
Fig.2
ASTIGMATISMO CORNEALE
La superficie corneale anteriore non risulta sferica, SENFF e VON HELMHOLTZ la consideravano di
profilo ellissoidale; da ricerche meno antiche ( MATTHIESSEN, ERIKSEN, GULLSTRAND, LO CASCIO
) è stata dimostrata distinguibile in due zone: la parte centrale, o ZONA OTTICA, di forma circolare con un
diametro non superiore ai quattro millimetri, con il suo punto medio, in genere, decentrato rispetto al polo
oftalmometrico e leggermente torica; la zona basale, anulare, progressivamente più piatta verso la periferia.
L’appiattimento della zona basale risulta un po’ più accentuato nel meridiano verticale, a causa della
pressione esercitata dalla palpebra.
La superficie posteriore della cornea è di difficile rilevazione, data la sua vicinanza alla superficie anteriore.
ASTIGMATISMO DEL CRISTALLINO
Le superfici esterne del cristallino non hanno una curvatura sferica, ma tendono, secondo le teorie di
Nordenson e Lo Cascio, alla paraboloide. E’ comunque accertabile un rapido appiattimento, verso la
periferia. Inoltre la superficie anteriore è più piatta rispetto a quella posteriore.
Lo spessore del cristallino si aggira intorno ai quattro millimetri.
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CORREZIONE DELL’ASTIGMATISMO
LENTI A CONTATTO SFERICHE
L’utilizzo di lenti sferiche, morbide, nei casi di bassi poteri di astigmatismo è la soluzione migliore in quanto
una lente coassiale, priva di prismi e differenze di spessore nella giunzione e quindi più confortevole,
assicura comunque una correzione ottimale.
Fig.3
LENTI A CONTATTO ASFERICHE
Lo studio delle lenti asferiche fu iniziato più di tre secoli fa da Cartesio, studio che è tuttora di grande
attualità.
Tale studio ha come fondamento la legge della rifrazione dalla quale si osserva che i raggi paralleli all’asse
ottico di una lente, una volta usciti dalla faccia di emergenza, non si incontrano in un punto dell’asse stesso
ma su punti di zone diverse.
La zona vicina all’asse ottico si chiama PARASSIALE e quella vicino all’orlo si chiama MARGINALE. Di
conseguenza, esistono sull’asse un fuoco parassiale, un fuoco marginale e tanti fuochi intermedi.
La potenza della lente varia passando dalla zona marginale a quella parassiale. Questo fenomeno si chiama
ABERRAZIONE SFERICA, e deve il suo nome al fatto che è generata dalla forma sferica delle superfici.
La soluzione era quella di generare una superficie non sferica, ma sempre di rivoluzione intorno all’asse
ottico.
Le lenti a contatto asferiche hanno una superficie asferica ( esterna ) e una superficie sferica ( interna ) sono
assosimmetriche. L’uso di lenti asferiche si è rivelato efficace in quanto, correggendo l’aberrazione sferica,
favoriscono una visione più contrastata con immagini più nitide.
Le lenti sferiche e asferiche non assicurano una correzione ottimale dell’astigmatismo quando il difetto
supera certi valori ( per semplicità : 2 diottrie per lenti rigide; 0,75 diottrie per lenti morbide ).
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LENTI A CONTATTO TORICHE
Le lenti a contatto a forma torica sono in uso da molti anni e, grazie ad un perfezionamento delle tecniche di
produzione e ripetibilità della geometria, il loro uso è notevolmente aumentato.
Le lenti toriche vengono applicate nei seguenti casi:
quando le lenti sferiche, per l’elevato valore o tipo di astigmatismo, non sono in grado di correggerlo in
modo ottimale,
per migliorare l’applicabilità della lente attraverso una geometria fisiologicamente più confortevole.
Questi due utilizzi possono essere disgiunti, oppure in alcune circostanze essere sovrapposti.
Il principio di base delle lenti toriche si riferisce all’allineamento dei due meridiani principali oculari,
attraverso diversi sistemi di stabilizzazione.
Le lenti toriche sono realizzabili sia con materiale rigido che morbido. Nell’ambito delle classificazioni più
frequentemente proposte, ne ho selezionato alcune che, per quanto ho potuto verificare nella mia esperienza
professionale, si sono rivelate le più idonee alla soluzione delle problematiche appena evidenziate.
Gruppo rigido
• Lente con superficie interna torica, zona ottica e curva periferica torica
• Lente a base nella zona ottica interna sferica e curva periferica torica
Gruppo morbido
• Lente a stabilizzazione prismatica
• Lente a stabilizzazione dinamica
• Lente a stabilizzazione prismo-dinamica
LENTI A CONTATTO TORICHE GRUPPO MORBIDO
Le lenti a contatto toriche del gruppo morbido trovano il loro ideale ambito di applicazione nei casi di
astigmatismo non corneale. Tuttavia possono costituire una soluzione efficace anche nei casi di astigmatismo
corneale.
Lo strumento più diffuso per rilevare l’astigmatismo corneale è l’oftalmometro.
Dopo l’applicazione di una lente morbida sferica su una cornea astigmatica noteremo all’oftalmometro che la
variazione tra i due meridiani principali non varia di molto e di conseguenza anche l’asse dell’astigmatismo.
Invece, dopo l’applicazione di una lente morbida torica su una cornea astigmatica noteremo che la
differenza tra i due meridiani principali si ridurrà notevolmente, ma non dovrà annullarsi completamente in
quanto l’indice di rifrazione del materiale delle lenti è più elevato di quello della cornea.
La lente torica morbida presenta dei problemi di stabilizzazione legati alla pressione palpebrale in quanto la
palpebra tende a ricercare il minor spessore della lente.
Concentreremo quindi la nostra attenzione sui diversi sitemi di stabilizzazione. Prendiamo in considerazione
una cornea astigmatica, secondo regola, dove il meridiano orizzontale è più piatto di quello verticale; ora, se
noi applichiamo una lente bicurva torica interna, priva di sistemi di stabilizzazione, noteremo che questa
lente ruoterà di 90°.
Il motivo per cui questa lente ruota di 90° è da ricercare nella differenza di spessore nella giunzione tra i due
meridiani principali: nel meridiano dove il raggio è più piatto lo spessore della giunzione è minore
(posizionandosi sullo stesso asse di chiusura delle palpebre) nel meridiano dove il raggio è più curvo lo
spessore della giunzione è maggiore.
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GENERATORE DI SUPERFICIE TORICA INTERNA
Gfeller City Crown IT – 4 CNC
Questo tipo di tornio permette di produrre lenti a contatto morbide e rigide, bicurve e tricurve con combinazione di
superfici sferiche e toriche.
Fig. 5
ESEMPIO DI SUPERFICIE TORICA INTERNA
La fig. 6 illustra la superficie interna di una lente a contatto morbida torica. La zona centrale ( evidenziata in giallo ) è
una superficie torica, mentre la curva periferica è sferica. Per stabilizzare la lente a contatto nell’occhio non è necessario
che la curva periferica sia torica.
Fig. 6
5
LENTE A CONTATTO MORBIDA A STABILIZZAZIONE PRISMATICA
Questo tipo di lente è quello maggiormente diffuso in quanto il sistema di produzione è consolidato ed il
risultato è affidabile su qualsiasi potenza (positiva o negativa). Il lato negativo di questa lente è lo
spostamento dell’immagine causato dal decentramento della superficie esterna rispetto a quella interna. Nel
caso di applicazione di una sola lente si consiglia quindi, dove è possibile, una stabilizzazione dinamica.
Il sistema di calcolo da me sviluppato consente, una volta stabilito il decentramento (vedi fig. 7 e 8) e le aree
periferiche di stabilizzazione, di avere un valore del raggio lenticolare tale da garantire lo spessore al bordo
voluto.
Tale sistema si sviluppa attraverso un programma computerizzato utilizzabile sia per lenti negative che per
lenti positive.
Una volta inseriti i valori dell’indice di rifrazione, sagittale, raggio base, potere, diametro totale, spessore
totale, larghezza delle due aree di stabilizzazione, spessore al bordo e decentramento (specificando inoltre,
nel caso si tratti di lente negativa, lo spessore centrale; nel caso si tratti di lente positiva, lo spessore della
giunzione tra la curva ottica e il raggio lenticolare), il programma fornisce le altre variabili necessarie alla
produzione della lente.
ESEMPIO DI APPLICAZIONE DEL PROGRAMMA
Lente negativa
Fig.7
Lente negativa
Fig.8
6
Lente positiva
Fig.9
Lente positiva
Fig.10
7
LENTE A CONTATTO MORBIDA A STABILIZZAZIONE DINAMICA
Anche questo tipo di lente utilizza la superficie interna per la correzione dell’astigmatismo e la superficie
esterna per la stabilizzazione.
Tale stabilizzazione si ottiene perché lo spessore di giunzione minimo si posiziona sempre sull’asse di
chiusura delle palpebre, e ciò determina una minor resistenza al loro ammiccamento.
Inserendo nel calcolatore i seguenti dati: indice di rifrazione, sagittale, spessore centrale (per lenti negative) e
giunzione (per lenti positive), raggio base, potere, zona ottica, diametro totale, spessore totale, larghezza
dell’area di stabilizzazione, decentramento; il programma fornisce: curva ottica, raggio lenticolare e diametro
totale.
ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL PROGRAMMA
Lente negativa
Fig.11
Lente positiva
Fig.12
8
LENTE A CONTATTO A STABILIZZAZIONE PRISMO DINAMICA
Questo tipo di lente è sicuramente il più innovativo in quanto sfrutta i vantaggi dei due sistemi di
stabilizzazione precedenti senza incorrere nell’inconveniente dell’effetto prismatico.
Il sistema di calcolo da me sviluppato consente, cambiando la larghezza delle aree P1 e P2, di ottenere
un profilo prismatico della lente, dato da una differenza di giunzione.
ESEMPIO DI APPLICAZIONE DEL PROGRAMMA
Lente negativa
Fig.13
Lente positiva
Fig.14
9

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