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Oncoematologia Pediatrica Palermo
Azienda Civico ARNAS
L’immunità innata e l’insorgenza delle patologie ematologiche
maligne in età pediatrica: studio dei polimorfismi dei geni
TLRs e prospettive di immunoterapia.
BORSA DI STUDIO FONDAZIONE ALAZIO 2009
Dott. Antonino Trizzino
Introduzione
Le patologie ematologiche maligne sono le malattie tumorali più frequenti
in età pediatrica con una incidenza di circa 80 casi anno di leucemia per
milione di soggetti dai 0 ai 14 anni e 22 casi per milione di linfoma dai 0 ai
14
anni8.
Un
recente
studio
epidemiologico
condotto
nel
nord
dell’Inghilterra ha messo in evidenza un trend in aumento del tasso annuo
di incidenza dello 0.6% per le leucemie nei maschi, e dello 0.9% per i
linfomi nei maschi ed addirittura del 3.5% per le femmine, nella fascia di
età 0-14 anni. Nella fascia di età 15-24 anni si osserva viceversa un trend
in lieve riduzione8. È possibile che tale dato dipenda dal ruolo delle
infezioni particolarmente frequenti nella fascia di età 0-14 anni o dalla
combinazione con l’esposizione ad altri agenti ambientali. In uno studio
condotto in Svizzera che esplorava tutte le possibili associazioni fra
caratteristiche familiari e rischio di leucemia linfoblastica acuta (LLA), si
osservò un’associazione tra l’aumento dell’età materna ed il rischio di LLA
(Odds Ratio 1.18)9. Numerosi fattori ambientali sono chiamati in causa e
sono stati oggetto di intenso dibattito come fattori di rischio per lo
sviluppo delle emopatie maligne. Tra questi la radiazioni ionizzanti
avrebbero un ruolo in epoca prenatale, preconcezionale e postnatale.53
Secondo il lavoro di Sohrabi et al. vivere a meno di 600 metri da una linea
elettrica ad alto voltaggio conferisce un rischio significativo per LLA (OR
2.61) che decresce man mano che aumenta la distanza35. L’esposizione ai
policlorobifenili (PCD) aumenta il rischio di LLA con un OR di 1.97.37 Come
in tutte le patologie multifattoriali, un ruolo fondamentale è giocato oltre
che
dagli
agenti
ambientali,
anche
dalle
caratteristiche
proprie
dell’ospite.
La sceneggiatura prevede almeno due personaggi principali: il complice,
ossia la predisposizione genetica che determina una condizione di
suscettibilità, e l’assassino ossia il trigger ambientale che crea un danno
ed innesca la patologia nei soggetti predisposti. L’arma del delitto, cioè la
modalità con cui agisce il fattore ambientale è l’elemento che rimane
tuttora troppo spesso nell’ombra.
Negli ultimi anni è stata sottolineata anche l’importanza dell’immunità
innata. I suoi recettori Toll-like receptors (TLRs) capaci di riconoscere
potenzialmente tutti i patogeni, sono un argine pronto ed immediato alla
loro disseminazione, influenzano le risposte infiammatorie e condizionano
anche l’immunità adattiva3,4,17. Il rapporto ospite patogeno è stato
chiamato in causa nella patogenesi non solo delle patologie infettive ma
anche delle patologie infiammatorie, autoimmuni e dei tumori. Numerose
ricerche stanno esplorando l’ipotesi che i polimorfismi dei geni dei
recettori dell’immunità innata o delle molecole coinvolte nei pathways di
trasduzione del segnale, possano conferire suscettibilità e/o protezione
verso tali patologie1,2,5,6,7,10,11,13,15,16. Il nostro studio si inserisce in questo
contesto con lo scopo di verificare se polimorfismi dei geni che codificano
per i Toll-like receptors
possano o meno conferire una suscettibilità
genetica alle patologie ematologiche maligne in età pediatrica.
L’immunità ed i tumori
È ormai chiaro che il sistema immunitario svolge un ruolo chiave non solo
nella difesa dai patogeni ma anche nella patogenesi di patologie
autoreattive/autoimmuni e tumorali ed è sempre più spesso riconosciuto,
proprio nella complessità delle interazioni fra patogeno e sistema
immunitario, l’anello debole che può, se alterato, innescare la patogenesi
di tali patologie. È noto che soggetti immunodeficienti hanno un maggior
rischio di sviluppare un tumore. L’attività citotossica mediata dalle cellule
natural killer (NK) e dai linfociti citotossici (CTL) è coinvolta nei
meccanismi di immunosorveglianza nei confronti delle cellule tumorali.
La variabilità genetica del sistema immunitario, strategia necessaria a
garantire la risposta efficace nei confronti di tutti i potenziali patogeni,
è quindi alla base sia della variabilità individuale della capacità di risposta
alle infezioni, che della suscettibilità allo sviluppo di malattie autoimmuni
e tumori.
Il virus di Epstein Barr (EBV) fu identificato per la prima volta nel 1964
in colture cellulari di pazienti affetti da linfoma di Burkitt endemico
africano e solo successivamente fu riconosciuto come il patogeno
implicato nella più frequente mononucleosi infettiva41. Negli anni è stato
poi confermato il suo coinvolgimento nella patogenesi non solo di tumori
ematologici della linea B e T cellulare o dei Natural Killer, ma anche di
tumori
dei
muscoli
lisci,
del
carcinoma
del
rinofaringe
e
degli
adenocarcinomi gastrici41,42. La sieroprevalenza dell’EBV nel mondo
raggiunge anche il 95% della popolazione, viceversa il numero dei soggetti
portatori di EBV che sviluppa un tumore è molto basso. Ciò dipende
proprio dall’estrema variabilità genetica dell’ospite che conferisce a
ciascuno un rischio differente.
È ormai riconosciuto che numerosi altri patogeni hanno un ruolo nello
sviluppo del cancro. HTLV1 e HTLV2 sono retrovirus intensamente
studiati nelle ultime 3 decadi per la loro capacità di trasformare le cellule
T e la loro associazione con la leucemia a cellule T dell’adulto (HTLV1) e
con la leucemia a cellule capellute (HTLV2 – pochi casi accertati).32,31 Più
recentemente anche alcuni virus epatotropi come l’HCV ed il TTV (virus a
DNA di recente identificazione) sono stati coinvolti nello sviluppo di
patologie linfoproliferative.29,30 È noto che i pazienti affetti da AIDS
presentano un rischio elevato di linfoma di Burkitt. Tale associazione non
dipende unicamente dall’immunodeficienza T cellulo-mediata; in questi
soggetti infatti, il linfoma di Burkitt si manifesta più spesso come sintomo
precoce quando ancora la competenza dell’immunità cellulo-mediata è
conservata.42 HIV come pure EBV posseggono piuttosto la capacità di
attivare i B linfociti. Nella lotta tra ospite e patogeno il nostro organismo,
per difendersi dalle infezioni virali, ha escogitato l’astuto stratagemma di
innescare l’apoptosi delle cellule infettate. Il virus di Epstein Barr ha
imparato con l’evoluzione ad evadere questo meccanismo producendo una
particolare proteina BHRF 1 che ha un effetto antiapoptotico e favorisce
l’instaurarsi della latenza del virus all’interno dei linfociti B.40 La
disregolazione dell’oncogene c-myc, che è un segno distintivo del linfoma
di Burkitt, determina un aumento della proliferazione della cellula ed
anche dell’apoptosi. L’EBV complementa quindi il ruolo della disregolazione
di c-myc ed inibendo l’apoptosi aumenta il rischio di linfoma di Burkitt.
Alterazioni genetiche ed epigenetiche addizionali sono importanti nella
patogenesi. Il 55% dei soggetti con Linfoma di Burkitt presenta
alterazione anche di ARF e P53 che sono oncosoppressori e di MDM2 che
è un regolatore negativo di p53.42 Ciò a confermare che il patogeno è solo
uno dei tanti fattori che intervengono nella patogenesi tumorale. (Box 1)
Box 1 – EBV e tumori
•
Il 100% dei linfomi di Burkitt endemici sono EBV positivi
•
Solo il 15-20% dei linfomi di Burkitt sporadici sono EBV positivi
•
Il criterio indispensabile per sospettare il ruolo dell’EBV nella patogenesi è
la dimostrazione della presenza degli acidi nucleici o delle proteine del virus
nelle cellule
•
Il golden standard rimane la ricerca di EBER (piccolo RNA non codificante)
o EBNA1
•
PTLD (post transplantation lymphoproliferative disease) associata con EBV
•
Nei tumori derivati dalle cellule T e NK l’associazione con EBV è così alta
che l’assenza di quest’ultimo esclude la diagnosi.
•
BHRF1 inibisce l’apoptosi indotta dai chemioterapici e condiziona la prognosi
Negli anni è emerso con chiarezza come il polimorfismo dei geni dell’HLA
necessario per la protezione nei confronti degli agenti infettivi fosse
coinvolto nella suscettibilità ad un gran numero di patologie. I Toll-like
receptors rappresentano la controparte del sistema maggiore di
istocompatibilità, nella immunità adattiva. Si aggiungono sempre più studi
che dimostrano come la variabilità dei TLRs conferita da alcuni
polimorfismi sia un fattore di rischio per alcune patologie tumorali. Lo
studio approfondito dei recettori dell’immunità innata può aprire nuove
prospettive
sia
nell’individuazione
nel
di
chiarire
nuove
la
patogenesi
modalità
della
terapeutiche
malattia
che
attraverso
una
immunoregolazione selettiva, targeting dei TLR o delle molecole che
intervengono nella trasmissione del segnale33 (figura 1).
Figura 1. Esempio di targeting del recettore TLR7 con Imidazoquinoline,
sostanze analoghe all’agonista naturale ssRNA33
Toll-like receptors
I Toll-like receptors sono elementi critici del braccio innato dell’immunità
dei vertebrati. Hanno un ruolo chiave nella identificazione precoce dei
patogeni e nell’innesco dell’immunità innata ed adattiva e permettono di
identificare
virtualmente
ogni
patogeno
essendo
simultaneamente
espressi in una data cellula, principalmente nelle cellule che presentano
l’antigene. Nell’uomo sono stati identificati sinora 11 TLR4,17(tabella 1).
Tabella 1. Toll-like receptors (TLRs)
Recettore toll-like
Ligandi
TLR1
Lipoproteine batteriche
TLR2
Acido lipotecoico, peptidoglicano, zymosan,
lipoproteine batteriche
TLR3
RNA a doppia elica
TLR4
Lipopolisaccaride, proteina MMTV dell’envelope virale
TLR5
Flagellina
TLR6
Acido lipotecoico, lipopeptidi diacilici, zymosan
TLR7
RNA a singola elica, imidazoquinoloni
TLR8
RNA a singola elica, imidazoquinoloni
TLR9
CpG DNA non metilato
TLR10
Non noto
TLR11
Non noto
Sono stati isolati nelle cellule dendritiche, nei monociti, nei neutrofili nei
linfociti B ed anche nelle cellule endoteliali, nei fibroblasti, negli
pneumociti e negli astrociti17,36.
I TLRs riconoscono strutture molecolari conservate dei patogeni
(Pathogen Associated Molecular Patterns - PAMPS) che non possono
essere modificate per sfuggire all’identificazione, in quanto sono
essenziali per la sopravvivenza del patogeno stesso. Intervengono quindi
in uno stadio molto precoce dell’infezione ed attraverso un’identificazione
grossolana del germe ne bloccano la disseminazione3,4,17.
I TLRs riconoscono anche molecole endogene che sono rilasciate in
seguito al danno cellulare ed alla necrosi (damage associated molecular
patterns DAMPs; tra queste anche il DNA che viene riconosciuto dal
TLR933. E’ stato ipotizzato che DAMPs e PAMPs inneschino vie di
segnalazione intracellulari differenti. I ligandi esogeni indurrebbero la
trascrizione di geni coinvolti nell’infiammazione, nella riparazione dei
tessuti e nell’attivazione del sistema adattivo. Le sostanze endogene,
viceversa,
indurrebbero
geni
coinvolti
nell’infiammazione
e
nella
riparazione dei tessuti ma non nell’attivazione del sistema adattivo48.
Un’alterazione del meccanismo di riconoscimento ed attivazione di questi
recettori da parte di sostanze endogene potrebbe essere quindi uno dei
meccanismi coinvolti nella patofisiologia delle malattie autoimmuni34,48.
Il primo membro di questa classe di recettori, TOLL fu descritto per la
prima volta come componente dello sviluppo embrionale della drosofila e
solo successivamente si scoprì che era coinvolto anche nella risposta di
questo organismo ad i funghi ed ai batteri Gram positivi.51 I TLRs attivano
risposte infiammatorie e modulano l’immunità attraverso diversi pathways
di traduzione del segnale che determinano in ultima analisi la trascrizione
di diversi geni innescata da NF-kB4,17 (figura 2).
Figura 2. I Toll-like receptors innescano una cascata di segnalazione che porta
all’attivazione del fattore di trascrizione NF-kB.
Alcuni TLRs sono localizzati sulla plasma membrana (TLR 1-2-6-4-5)
mentre altri sono per lo più localizzati all’interno della cellula su endosomi
(TLR 3-7-8-9)17 (figura 3).
Figura 3. Distribuzione dei Toll-like receptors
Il sistema è organizzato in maniera tale che la segnalazione dei vari TLRs
nei confronti di un dato patogeno risulti ridondante; in tal modo il difetto
di segnalazione di uno dei recettori o delle molecole del pathway di
segnalazione può essere compensato da altri recettori o vie di
trasmissione. Sono state però identificate patologie a trasmissione
mendeliana patogeno specifiche in cui l’alterazione di una delle molecole
del sistema innato, deputate alla risposta verso uno specifico patogeno,
non può essere vicariata da altri elementi e pertanto tali soggetti “sani” e
competenti verso la stragrande maggioranza dei germi presentano un
difetto immunitario selettivo verso uno spettro strettissimo di patogeni
(Box 2)24,25,26,52.
Box 2 - Malattie mendeliane monogeniche
“patogeno specifiche”: encefalite erpetica26,52
Il virus herpes simplex 1 è un virus a DNA della famiglia delle
herpesviridae e rappresenta la causa più frequente di encefalite
sporadica fatale (70% di mortalità se non trattata) e cecità nell’uomo.
Si diffonde dall’epitelio al SNC attraverso i nervi cranici. Il nervo
olfattorio deriva dall’ectoderma e non è mielinizzato. Il dsRNA è un
comune prodotto intermedio della replicazione virale.
Sino ad oggi solo in una piccola percentuale dei pazienti con
encefalite erpetica è stata identificata una causa genetica:
•
•
•
•
TLR3 (mutazione 1660C>T – P554S)
Unc93B
Tank Binding Kinase 1 (G159A – Casanova)
STAT1
Studio personale
Razionale
Vi sono ormai numerose conferme che l’abilità di alcuni individui a
rispondere adeguatamente ai ligandi dei TLRs può esser compromessa da
polimorfismi nei geni che codificano per gli stessi, e ciò dà luogo ad una
aumentata suscettibilità a malattie infiammatorie e/o autoimmuni ed allo
sviluppo di neoplasie44,23.
IL TLR2 gioca un ruolo cardine nella risposta dell’ospite all’Helicobacter
pylori e ciò può spiegare l’associazione tra polimorfismi di TLR2 e cancro
gastrico e con i linfomi del MALT (tessuto linfatico delle mucose). Alcuni
polimorfismi di TLR2 conferiscono anche una predisposizione a sviluppare
il cancro della cervice ed il cancro della colecisti.18,21,28
Il TLR4 lega il lipopolisaccaride della parete batterica. I polimorfismi
Asp299Gly e Thr399Ile del TLR4, tra i più studiati negli ultimi anni,
conferiscono un’aumentata suscettibilità alle infezioni da batteri gram
negativi ed alle sepsi, alle infezioni da funghi nel paziente trapiantato, e si
associano ad una carica virale più alta nei pazienti con infezione da
HIV49,50
Il
polimorfismo
Thr399Ile
riduce
inoltre
la
risposta
all’Helicobacter pylori ed è associato ad una maggiore incidenza di
gastriti, lesioni precancerose e tumori gastrici.22,27 È stata dimostrata
un’associazione tra il polimorfismo Asp299Gly ed i linfomi del MALT ed i
linfomi di Hodgkin.
46
Il genotipo 1237C e 2848A di TLR9 è associato ad un rischio di linfoma di
Hodgkin negli adulti OR 2.53.20
Lo studio cristallografico dei TLRs ha permesso di interpretare le
modalità di funzionamento degli stessi e di prevedere l’effetto di
eventuali mutazioni o polimorfismi sulla struttura e sulla funzione3.
Il modello più frequentemente osservato prevede che in seguito al
riconoscimento delle molecole conservate dei patogeni, da parte degli
ectodomini o domini del TLR che si trovano all’esterno della membrana,
venga stimolata la formazione di omo o eterodimeri3 (figura 4).
Figura 4. I TLRs in seguito al legame con il loro agonista formano dimeri: TLR1/TLR2,
TLR2/TLR6, TLR3/TLR3, TLR4/TLR4, TLR5/TLR5, TLR8/TLR8, TLR9/TLR9
Questi eventi determinano modificazioni conformazionali che innescano la
trasduzione del segnale da parte dei domini citoplasmatici (TIR) che
reclutano molecole adattatrici (MyD88, MAL/TIRAP, TRIF, TRAM,
SARM)3,17.
Il TLR3 ad esempio, localizzato su endosomi acidici all’interno del
citoplasma, presenta un ectodomino formato da 23 spire con sequenze
ricche di leucina, ed assume una forma solenoide che ricorda un ferro di
cavallo3 (figura 5).
Figura 5. A sinistra spira ricca di leucina.
A destra l’ectodominio di TLR3 assume una forma simile ad un ferro di cavallo.
In presenza di RNA a doppia elica della lunghezza minima di 45bp si
formano dei dimeri di TLR3 e si instaura un legame tra il core idrofobico
formato dai due ectodomini di TLR e lo scheletro di ribofosfati del RNA
(figura 6). Ciò spiega il motivo per cui il legame è indipendente dalla
specificità delle basi azotate. Il legame è fortemente cooperativo, cioè
aumenta d’intensità a mano a mano che procede il contatto fra le due
molecole, ed è condizionato dal pH che deve essere inferiore a 6.53.
Figura 6. Legame tra dsRNA e TLR3
Il DNA non può legarsi perché assume una conformazione dell’elica
differente rispetto all’RNA. I dominio intracitoplasmatico TIR (Toll-like
IL-1- Resistance, omologo con il dominio di segnalazione del recettore
dell’IL-1) innesca la trasduzione del segnale reclutando proteine
adattatrici
(TRIF nel caso di TLR3) che a cascata in ultima analisi
determinano la trascrizione di alcuni geni3.
Sono stai identificati nell’uomo più di 136 polimorfismi di TLR3. Di questi
quattro alterano la sequenza della proteina. Dalla posizione del residuo
nella proteina si può cercare di desumere l’effetto sulla funzione della
stessa. I due residui più conservati (dal pesce ad i mammiferi) sono quelli
in cui la sostituzione dell’amminoacido connessa al polimorfismo (N84I e
L412F) determina verosimilmente una alterazione dell’assemblaggio della
proteina che ne abolisce o annulla l’attività. Gli altri due residui conservati
solo nei mammiferi si trovano in punti meno critici tanto che la funzione
della proteina non viene alterata dal cambio di aminoacido (Y307D e
S737T). Secondo questa teoria “evolutionary tracing” dal grado di
conservazione di un residuo nelle diverse specie si può desumere
l’importanza di un’alterazione dello stesso44.
I polimorfismi N284I ed L412F non compromettono né la traduzione né la
stabilità della proteina, ma interferendo con l’espressione di superficie ne
compromettono l’attività funzionale44(figura 7).
Figura 7. Posizione dei polimorfismi nella proteina TLR3
Confermato che questi polimorfismi si associano ad un difetto funzionale
della proteina, il passo successivo è quello di verificare se sono coinvolti
in una o più patologie.
Nel topo, i polimorfismi di TLR3 si associano ad una predisposizione alle
infezione da enterovirus ed ad un aumentato rischio di patologia cardiaca
correlata (miocardite e cardiomiopatia dilatativa)13.
Nell’uomo
le
mutazioni
missense
P554S
e
F303S
si
associano
rispettivamente all’encefalite erpetica ed alla encefalopatia associata al
virus dell’influenza19,26.
Il ruolo dei polimorfismi è stato evidenziato per la prima volta da
Ishizaki et al hanno che hanno notato nel 2008 un’associazione tra il
polimorfismo di TLR3 Phe412Leu (L412F) e la panencefalite sclerosante
subacuta confermando l’ipotesi di un danno neurologico indotto dal virus
del morbillo verosimilmente favorito da un alterazione di TLR312,11. IL
polimorfismo 829A>C di TLR3 è associato con l’infezione da EBV ed il
carcinoma nasofaringeo.47 IL TLR3 è infatti il recettore che riconosce il
virus di Epstein Barr.
I polimorfismi dei TLRs sono coinvolti anche nella storia naturale della
malattia e condizionano la risposta alla terapia e la prognosi. Ad esempio
la variante rs3775291 di TLR3 è un fattore prognostico indipendente del
cancro del colon retto al 2° stadio; il genotipo TT è connesso con un
rischio aumentato del 93% di morte rispetto al genotipo CC.14 È stato
dimostrato che il polimorfismo Asp299Gly di TLR4 condiziona un outcome
peggiore di alcuni tumori, in quanto l’attivazione e la funzione di questo
recettore sono fondamentali per l’effetto della radioterapia e della
chemioterapia; in particolare queste terapie inducendo la lisi delle cellule
tumorali liberano una grande quantità di antigeni tumorali che attivano il
sistema immunitario che partecipa alla distruzione del tumore.
Basandoci su questi presupposti, abbiamo quindi deciso di verificare
l’ipotesi che polimorfismi di alcuni TLRs potessero conferire una
suscettibilità genetica alle emopatie maligne in epoca pediatrica. La
totalità degli studi sinora pubblicati sono stati eseguiti su adulti. Il dato
di aumento di incidenza di queste patologie proprio nelle primissime
epoche della vita (1-4 anni) potrebbe essere messo in relazione ad una
maggiore incidenza delle infezione proprio in questa fascia di età.8
Obiettivo secondario dello studio, con una osservazione dopo un periodo di
follow-up adeguato di almeno 5 anni, sarà inoltre la valutazione
dell’effetto dei polimorfismi studiati sugli indicatori di prognosi della
patologia: Event free survival ed overall survival. Abbiamo preso in
considerazione inizialmente 2 polimorfismi di TLR3 che è il recettore di
EBV, e successivamente anche alcuni polimorfismi di TLR2, TLR4, TLR7 e
TLR9.
Disegno dello studio e Metodologia
Popolazione in studio
I pazienti arruolati nello studio sono stati selezionati secondo i criteri
diagnostici dell’AIEOP Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia
Pediatrica);
la
diagnosi
citofluorimetrica
è
stata
confermata
mediante
analisi
e citogenetica su sangue da aspirato midollare
all’esordio di leucemie linfoblastiche acute e mieloblastiche acute e
dall’istologia e citogenetica su campioni di tessuto nei Linfomi di Hodgkin
e non Hodgkin. Questi accertamenti sono stati effettuati presso i
laboratori di riferimento e centralizzazione AIEOP dell’Università di
Padova ed in doppio cieco presso il laboratorio di citofluorimetria
dell’Ospedale Civico di Palermo e l’Istituto di Anatomia patologica del
medesimo Ospedale. I pazienti sono stati arruolati a partire dal Gennaio
del
2009
presso
l’Unità
Operativa
di
Oncoematologia
pediatrica
dell’Ospedale Civico, centro che si occupa della diagnosi e della cura delle
patologie ematologiche per tutta la Sicilia occidentale in ambito
pediatrico. I campioni di sangue periferico sono stati raccolti dai pazienti
alla diagnosi o durante il follow-up della malattia. Le informazioni cliniche
necessarie per la conferma della diagnosi sono state analizzate mediante
un modulo appositamente sviluppato. I primi 53 pazienti arruolati nello
studio hanno completato l’analisi dei polimorfismi scelti dei TLR3, TLR7 e
TLR9. L’end point finale sarà quello di raggiungere un campione costituito
da circa 100 pazienti affetti dal leucemia linfoblastica acuta e
mieloblastica acuta ed altri 100 affetti da linfoma di Hodgkin e non
Hodgkin. Undici dei 53 pazienti sono affetti da linfoma (6 linfoma di
Hodgkin e 5 con linfoma non Hodgkin) e 42 da leucemia acuta. Sono stati
successivamente raccolti i campioni di 113 neonati sani da utilizzare come
gruppo di controllo. Tutti i pazienti ed i controlli sono di origine siciliana.
La numerosità del campione e dei controlli era stata decisa considerando
la frequenza attesa del polimorfismo più frequente tra quelli scelti per
l’analisi, cioè Phe412Leu di TLR3, circa il 27% nella popolazione europea.
L’end
point
prefissato
era
quello
di
verificare
una
differenza
statisticamente significativa di almeno il 15% tra il gruppo analizzato e
quello controllo.
Lo studio molecolare del gene TLR3 è stato eseguito presso il nostro
laboratorio di biologia molecolare tramite sequenziamento delle regioni
esoniche. Sono state escluse dall’indagine le regioni introniche e
regolatrici dei geni, per cui eventuali mutazioni riguardanti tali sequenze
non sono state considerate.
Le sequenze dei primers sono state dedotte dalla sequenza genomica del
gene TLR3 del National Center for Biotechnology Information NCBI. Il
DNA genomico dei pazienti
è stato ottenuto dal sangue periferico e
amplificato mediante Reazione di Polimerizzazione a Catena (PCR)
utilizzando enzimi ad alta specificità (HotStart-PCR).
Il gene TLR3 è stato amplificato in 7 reazioni. L’analisi di sequenza è
stata eseguita direttamente sui prodotti di amplificazione purificati
applicando la metodologia di Sanger modificata (Big Dye Terminator Cycle
Sequencing Kit, Applied Biosystem), può essere distinta in due fasi, una
prima di “cycle sequencing”, seguita dall’ acquisizione della sequenza
stessa. Ogni frammento è stato sequenziato sia dal primer forward che
dal reverse, in maniera tale da confermare l’eventuale mutazione su
entrambi gli strand.
In una seconda fase è stato eseguito lo studio delle mutazioni dei geni
TLR7 e TLR9 in tutti i soggetti mediante minisequenziamento e
sequenziamento, dopo amplificazione delle regioni d’interesse.
Il DNA genomico dei pazienti e dei controlli è stato ottenuto dal sangue
periferico e amplificato mediante Reazione di Polimerizzazione a Catena
utilizzando enzimi ad alta specificità (HotStart-PCR).
Minisequenziamento: questo tipo di tecnica viene utilizzata per
l’individuazione di mutazioni puntiformi e polimorfismi noti. La reazione è
basata sull’ estensione di una singola base di un primer oligonucleotidico
utilizzato per la minisequenza “single nucleotide extension”. La reazione è
stata standardizzata per l’identificazione contemporanea di diverse
posizioni nucleotidiche di interesse (ABI PRISM SNaPshot Multiplex Kit).
Durante la reazione di sequenza il primer con il 3’ prossimale alla
posizione da indagare, in presenza di dideossinucleotidi marcati con
fluorocromi che fungono da terminatori della reazione, potrà incorporare
un singolo nucleotide; i prodotti di reazione vengono visualizzati come
picchi di emissione di fluorescenza mediante elettroforesi capillare (ABI
PRISM 3130 – Applied Biosystems) ed analizzati con un software
specifico (GeneMapper – Applied Biosystems). Il colore dei picchi di
emissione permette di individuare la base nucleotidica incorporata. Le
sequenze dei primers sono state dedotte dalla sequenza genomica del
gene PRF1 (National Center for Biotechnology Information NCBI).
Sequenziamento : l’analisi di sequenza è stata eseguita direttamente sui
prodotti di amplificazione purificati (GFX- PCR purifcation columns –
Amersham) applicando la metodologia di Sanger modificata
(Big Dye
Terminator Cycle Sequencing Kit, Applied Biosystem). I prodotti di
sequenza sono stati visualizzati mediante elettroforesi capillare e l’analisi
è stata effettuata mediante software specifici (ABI PRISM 3130Sequencing Analysis, SeqScape). Le sequenze ottenute
sono state
comparate a quelle esistenti in banca dati (NCBI-BLAST).
Qui di seguito riportiamo i polimorfismi dei TLRs presi in considerazione.
In grassetto sono riportati i “polimorfismi non sinonimi” che determinano
un cambio dell’aminoacido, e che quindi potenzialmente alterano la
funzione della proteina, su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione.
TLR7: Gln11Leu ed Ala448Val. TLR9: Arg311Gln e Arg905His.
In una terza fase prenderemo in considerazione anche i polimorfismi di
altri due TLRs (TLR2 e TLR4) che sono stati implicati nella patogenesi e
nell’outcome di diverse patologie tumorali.
Risultati
Abbiamo preso in considerazione la prevalenza dei due polimorfismi più
frequenti di TLR3: 1234C>T che determina la sostituzione della
fenilalanina da parte di una leucina al residuo 412, ed il polimorfismo
1377C>T che non determina cambio di aminoacido.
Il polimorfismo 1234 C>T è stato identificato nel 50.4% dei controlli
(figura 8).
Figura 8. Polimorfismo 1234C/T
Il polimorfismo 1377C>T è stato identificato nel 51% dei controlli (figura
9).
Figura 9. Polimorfismo 1377C/T
La frequenza del polimorfismo Phe412Leu descritta in letteratura viene
riferita intorno al 20% globalmente e 27% nella popolazione europea44.
Abbiamo quindi osservato una differenza statisticamente significativa
dell’incidenza di tale polimorfismo nella popolazione siciliana che è
spiegata dalla peculiarità genetica della nostra popolazione. La frequenza
così alta di questi due polimorfismi ci ha obbligato a sospendere l’analisi
nei pazienti in quanto la numerosità del campione per osservare una
differenza significativa tra casi e controlli dovrebbe essere troppo alta.
Abbiamo quindi concentrato la nostra attenzione sui polimorfismi non
sinonimi di TLR7 e TLR9. Il polimorfismo Gln11Leu è presente nel 24.5%
dei 53 pazienti analizzati e nel 14% dei controlli con un OR di 1,996 (0.864,64). IL SNP Ala448Val di TLR7 è presente nello 0% dei 50 pazienti
analizzati e nel 4% dei controlli. Figura 10.
IL SNP Arg399Gln di TLR9 era presente nel 6.4% dei 47 pazienti
analizzati e nell’1% dei controlli. Mentre il SNP Arg905His era presente
nello 0% dei pazienti e nell’1% dei controlli. Figura 11.
Figura11.
Le differenze osservate non raggiungono un livello di significatività
statistica. Il polimorfismo Gln11Leu era presente in omozigosi nel 5.6%
dei pazienti e nello 0% .Tale dato non raggiunge comunque significatività
statistica a causa della consistenza del campione. Tabella 2.
Tabella 2
Pazienti
Controlli
TLR7: Gln11Leu
13/53
14/100
TLR7: Ala448Val
0/50
4/100
TLR9: Arg311Gln
3/47
1/101
TLR9: Arg905His
0/43
1/100
TLR3: 1377C>T
-
58/113
TLR3: 1234C>T
-
54/107
Analisi future
Verrà
continuata
l’analisi
dei
polimorfismi
già
studiati
sino
al
completamento del campione. Verranno inoltre avviate le analisi dei
polimorfismi non sinonimi di TLR2 e TLR4 e l’analisi del polimorfismo
N284I di TLR3 che ha mostrato nei controlli una frequenza di circa il 4%.
Tale percentuale rende possibile rilevare una differenza statisticamente
significativa tra casi e controlli in relazione alla numerosità del campione
attesa. Verranno compilate le schede di follow-up per consentire alla fine
dello studio (tra 5 anni) una valutazione della correlazione tra il genotipo
e la prognosi della malattia.
Discussione
Le leucemie ed i linfomi sono le patologie tumorali più frequenti in età
pediatrica e costituiscono un modello di malattia multifattoriale in cui è
necessaria l’azione combinata di un fattore ambientale scatenante su un
substrato
genetico
predisponente.
Come
in
ogni
patologia
ad
eziopatogenesi multifattoriale è spesso complesso attribuire l’esatto
rischio a ciascuno fattore potenzialmente coinvolto. Ciò è connesso con
l’eterogeneità presente anche all’interno di un medesimo gruppo di
patologie. Un ampio ed acceso dibattito ha interessato il ruolo dei vari
fattori ambientali di volta in volta coinvolti nella patogenesi (radiazioni,
agenti chimici, onde elettromagnetiche etc.) Negli ultimi anni è emerso
anche il ruolo determinante della multifattorialità genetica.
La citogenetica ha consentito di caratterizzare i tumori fornendo dati
preziosi per la diagnosi, per la prognosi e per l’adattamento dell’intensità
della terapia alle fasce di rischio. Le percentuali di cura della leucemia
linfoblastica acuta in età pediatrica sono aumentate da meno del 10% nel
1960 a più dell’80% ai giorni nostri.43 La prognosi resta però cattiva nei
pazienti che recidivano. La caratterizzazione genetica della leucemia ha
contribuito ad una migliore stratificazione del rischio ed ad un
adattamento della intensità del trattamento. I soggetti le cui cellule
leucemiche presentano la traslocazione TEL/AML (ETV6-Runx), circa il
20-25% dei casi di leucemia linfoblastica acuta B, hanno una bassa
incidenza di recidive di morti ed un più lungo EFS.43 La presenza del
cromosoma Philadelphia, dovuto alla traslocazione dei cromosomi 9 e 22, è
generalmente correlata ad una cattiva prognosi. L’affinamento delle
metodiche di citogenetica che consente lo studio dei polimorfismi, sta
implementando le possibilità di identificare caratteristiche ancora più fini
delle cellule neoplastiche, permettendo un’ancora migliore stratificazione
del rischio. Whole sequencing genome è una tecnica che consente di
studiare in modo relativamente semplice l’intero genoma per mettere in
evidenza difetti che non potevano essere visti dalla citogenetica classica
di metafase. La disomia uniparentale UPD che origina da un errore della
meiosi fa si che entrambe le copie di un cromosoma o di una regione
cromosomica derivino da uno stesso genitore; ciò determina la perdita di
eterozigosi per vari geni che saranno presenti in quel soggetto in
omozigosi.43
La
presenza
di
UDP
segmentale
nelle
sindromi
mielodisplastiche è alta (47%) ed ancora di più nelle leucemie mieloidi
acute (87%). In quest’ultimo gruppo di pazienti ad esempio, l’UDP nei loci
19q, 11p, 13q e 21q corrisponde alla presenza di mutazioni in omozigosi
rispettivamente dei geni CEBPA, WT1, FLT3 e AML1 che sono state
identificate come fattori prognosticamente negativi.43 La storia naturale
e la prognosi di un tumore può dipendere oltre che dalle caratteristiche
intrinseche della neoplasia (alterazioni genetiche della cellula neoplastica)
anche dalle caratteristiche dell’ospite. La variabilità del sistema
immunitario innato ed i polimorfismi di TLRs e delle molecole dei pathways
di segnalazione, possono essere fattori determinanti nelle capacità
dell’individuo di eliminare le cellule concerose condizionando sia il
targeting delle stesse da parte dei CTL che la risposta alla terapia
(chemio/radioterapia).
Lo studio dei TLRs offre l’opportunità di percorrere una strada innovativa
per intervenire sul sistema immunitario in maniera mirata e selettiva in
modo da evitare i gravi effetti collaterali connessi alle terapie
attualmente disponibili. L’uso di agonisti dei TLRs può aumentare la
capacità del sistema immunitario di riconoscere gli antigeni tumorali ed
eliminare le cellule cancerose. L’immunoterapia per le leucemie acute è una
strategia promettente per eradicare le cellule residue dopo una terapia
standard, per prevenire le recidive ad aumentare la sopravvivenza dei
pazienti. Risposte immuni efficaci contro la leucemia sono ostacolate dalla
scarsa immunogenicità delle cellule leucemiche, quindi bisognerebbe
investire per i identificare fattori capaci di aumentare l’immunogenicità
delle stesse per ottenere un migliore effetto antileucemico. Gli agonisti
di TLR3-4-7-8-9 rappresentano i più promettenti agenti immunoterapici
contro il cancro. Sono già stati approvati 2 TLR-agonisti che vengono
utilizzati in monoterapia. Il primo costituito da una miscela di Bacillo di
Calmette e Guarin è approvato per l’uso intravescicale e si è dimostrato
più efficace delle antracicline topiche nella terapia del carcinoma
vescicale, inducendo lo sviluppo di una immunità specifica T cellulare
attraverso l’attivazione di TLR2, TLR4 e TLR9.9 Il secondo è una
imidazoquinolina sintetica che agisce come agonista di TLR7 ed è
utilizzata sotto forma di crema al 5% per la terapia dei papillomi genitali
e perianali, dei basaliomi superficiali e delle metastasi cutanee di
melanoma.9 Purtroppo l’uso sistemico di tali sostanze rimane limitato
perchè il loro effetto immunostimolatorio necessario per l’efficacia
antitumorale determina una tossicità sistemica significativa costringendo
alla riduzione delle dosi. Gli agonisti dei TLRs sono stati utilizzati in vari
protocolli come adiuvanti di vaccini antitumorali ed in associazione alla
chemioterapia convenzionale. Ad esempio il CpG ODN agonista di TLR9
induce un upergolazione di CD20 nelle cellule maligne di origine B che può
essere sfruttato per la terapia con l’anticorpo monoclonale anti CD20
(rituximab).9
La più recente strategia è quella del vaccino basato sulle cellule
dendritiche. La Deoxypodophyllotoxina estratta dall’Anthriscus sylvestris
agisce inducendo la maturazione delle cellule dendritiche attraverso la
stimolazione di TLR4; queste cellule acquisiscono una capacità potenziata
di presentare gli antigeni tumorali. 39
Il nostro studio ha evidenziato una suscettibilità genetica allo sviluppo
delle emopatie maligne legato al polimorfismo di TLR7 Gln11Leu. Questo è
un dato promettente che andrà confermato con il completamento del
campione. La possibilità di agire sul recettore TLR7 tramite agonisti
potrà, se tale dato verrà associato anche alla prognosi, esser utilizzata in
associazione alle terapie convenzionali.
Abbiamo
osservato,
nella
popolazione
siciliana,
una
differenza
statisticamente significativa (50,4% vs 27%). della prevalenza del
polimorfismo 1234C>T di TLR3, rispetto a quanto era segnalato in
letteratura e non abbiamo quindi proceduto all’analisi nei pazienti perché
il campione sarebbe dovuto essere estremamente più grande per poter
rilevare una differenza statisticamente significativa.
Gli studi che analizzano l’associazione con polimorfismi delle molecole del
sistema adattivo devono tenere in considerazione la possibile variabilità
genetica da regione a regione. Lo studio dei polimorfismi Ala448Val di
TLR7 e Arg399Gln e Arg905His di TLR9 non ha evidenziato alcuna
suscettibilità genetica.
Lo studio dei TLRs offre l’opportunità di percorrere una strada innovativa
per intervenire sul sistema immunitario in maniera mirata e selettiva in
modo da evitare i gravi effetti collaterali connessi alle terapie
attualmente disponibili. In questo affascinante scenario il targeting di
TLRs
potrebbe
essere
utilizzato
nella
terapia
delle
patologie
ematologiche maligne per potenziare gli effetti dell’attuale terapia.
L’uso degli agonisti dei TLRs può avere a volte un effetto negativo ad
esempio nei pazienti con mieloma multiplo gli agonisti di TLR9 proteggono
le cellule tumorali dall’apoptosi indotta dal desametasone. Bisogna quindi
avere molta cautela ed è auspicabile che lo studio dei SNPs ed del loro
effetto sulla funzione della proteina venga ulteriormente implementato.
Ringraziamenti
Si ringraziano la Dott.ssa Giuseppa Bruno e la Dott.ssa Sonia Cannella che
hanno svolto tutto il lavoro di biologia molecolare presso il laboratorio
dell’U.O. di Oncoematologia pediatrica dell’Azienda Civico di Palermo.
La Fondazione Giuseppe Alazio per aver contribuito al finanziamento del
progetto di ricerca.
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