Anno 3 – 3° numero

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Anno 3 – 3° numero
ShinBuNews
Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo
L’Aikido
è
Poesia...
Sommario
Editoriale
3
Irlanda!
X Anniversario Aikikai Irlanda
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5
Senti chi parla:
Segni particolari: Cintura Nera
Intervista doppia
7
9
Reportage:
Stage del Maestro Dionino Giangrande
11
Rubriche:
L’angolo del C(u)ore
Il Mercatino
Facciamo gli auguri a...
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25
Un Maestro dal multiforme ingegno
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Varie:
I Pensieri di O’Sensei
Storie Zen
Foto Scoop!
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Responsabile: Fabrizio Ruta
Redazione: Ilaria Emiliano, Jacqueline Gentile, Gaetano Nevola
Foto: Pietro Delvecchio, Ilaria Emiliano, Alessio Mattera, Salvatore Scalise
In copertina: Rei del Maestro Giangrande
ShinBuNews
Editoriale
Aprile 2007
Eccoci qui, con un nuovo ShinbuNews!
Un numero incentrato, come l’annuale tradizione vuole, sullo stage che il
Maestro D. Giangrande ha tenuto a Bari nel week end del 10-11 febbraio
2007. Un appuntamento riassunto in un reportage in cui troverete, oltre ai
consueti commenti di chi ha voluto condividere le emozioni dello stage e degli esami, anche le immancabili foto buffe che hanno caratterizzato i momenti più divertenti delle due giornate.
A fine gennaio, un gruppo di shinbuisti ha seguito il nostro Maestro Ruta
nella “fresca” Irlanda per prendere parte allo stage che egli stesso ha
tenuto, assieme ad altri insegnanti, in occasione della celebrazione del X
anniversario dell’Aikikai Irlanda. Anche di questo evento estero, troverete
testimonianza con un articolo scritto da Fabrizio e con le foto che, ammettiamolo… fanno un po’ rodere di invidia quanti sono restati a casa!
Lo spazio dedicato alle interviste vede invece protagonisti: Bartolo, I
Dan , il quale, con tono divertente, ci ha svelato alcuni aspetti di sé, e Clio
e Piero, entrati, da pochi mesi, a far parte della famiglia dell’aikido, i
quali hanno risposto con entusiasmo alle nostre curiosità.
Nell’angolo riservato alla Core Energetica, invece, potrete leggere i racconti di coloro che, avvicinandosi a questa disciplina, stanno scoprendo nuovi
tasselli del complicato puzzle della propria interiorità man mano che percorrono le strade di questo affascinante cammino interiore.
Rinnovandovi l’appuntamento al prossimo numero dello ShinbuNews, vi
porgiamo i nostri più calorosi auguri per una Buona Pasqua.
Buona lettura!
La Redazione
"L'origine del vero Budo è l'amore universale
e spirituale"
O’Sensei
Irlanda!
di Fabrizio Ruta
Cari allievi,
la redazione della rivista ha insistito perché scrivessi qualcosa sul
seminario irlandese e così, mio
malgrado, mi trovo a redigere
queste brevi righe… Che dire?
All’inizio, non avevo alcuna voglia
di scrivere e raccontare però, seduto davanti al computer, i ricordi
prendono a fluire e la gioia per
quei giorni vissuti in Irlanda si fa
di nuovo strada nella mia memoria…
Il seminario, che celebrava il decennale dell’Aikikai Irlandese, si è
tenuto a Sligo (per gli ignoranti si
legge “slaigo”) tenuto da me e
altri due insegnanti di alto livello,
Bernhard Kollhofer e Dragisa Jocic oltre che dal responsabile dell’Aikikai, Simone Chierchini.
La mia prima grande soddisfazione è stata quella di essere stato
invitato a questo evento internazionale e la seconda che si è instaurato un incredibile rapporto di
stima, rispetto e complicità con gli
altri insegnanti. Le nostre lezioni
fluivano una dentro l’altra come
se ci fossimo messi d’accordo,
non c’era competizione né voglia
di prevaricare o primeggiare sugli
altri.
Inoltre sono stato veramente felice che un bel gruppo di miei allievi (Alessio, Erica, Francesco S.,
Francesco D., Gaetano, Cinzia,
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Cristiana, Stefano, Piero S.) e Serafina e Raffaello mi hanno seguito in questa splendida esperienza
che li ha tutti toccati e aiutati a
crescere nella loro pratica.
Sicuramente gli allievi irlandesi
sono rimasti un po’ scioccati dal
mio modo anticonvenzionale di
insegnare e di tenere una sessione… non dimenticate – come ho
fatto io – che in Irlanda il Cattolicesimo è imperante e radicato…
Vi invito a vedere il video che ha
ripreso, più o meno integralmente, le nostre lezioni (per informazioni: www.aikikai.ie) e a partecipare ai seminari che danno la
grande opportunità di crescere e
di confrontarsi con altri modi di
insegnare e con altri praticanti.
dove coniugare turismo e pratica
in questa splendida e affascinante
terra.
PS:
Mi rendo conto di essere stato un
po’ “stitico” in questo breve articolo ma ho avuto difficoltà a trovare
le parole per esprimere il riconoscimento che provo nei confronti
di Simone (per l’esperienza che
mi ha permesso di vivere), di Dragisa (per l’autorità e la creatività
che esprimeva nel suo insegnamento) e di Bernhard (per il calore umano che possiede).
Con soddisfazione,
Fabrizio
Dell’Irlanda porto nel mio cuore i
grandi spazi verdi e la bellezza
dell’oceano, l’esperienza formativa come insegnante di aikido, il
calore degli studenti, il bagno alle
alghe, l’ospitalità di Simone, della
moglie Lara e dei figli Luke e Lorena e… i pubs tradizionali!
Credo che, non appena potrò,
tornerò a fare visita a questa
splendida terra che ha l’unica
pecca (almeno per me meridionale) del clima umido e nebbioso
dove il sole è più timido di un adolescente al suo primo incontro
amoroso. E invito anche voi a
pensare alla possibilità di fare in
futuro una vacanza aikidoistica
SHINBUNEWS
X Anniversario Aikikai Irlanda
Sligo, 26-27-28 Gennaio 2007
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SHINBUNEWS
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SHINBUNEWS
Segni particolari: Cintura Nera
Redazione: Quando e come hai conosciuto l’Aikido?
Bartolomeo Lanzolla: L’Aikido l’ho
conosciuto grazie a mio figlio e a Vito
Lionetti. Mio figlio andava a scuola
con la figlia di Vito e, dopo un anno
infruttuoso presso una piscina non
proprio agonistica per Enzo (mio figlio), ci trovammo a mandare i nostri
figli presso una palestra di Acquaviva
delle Fonti e successivamente, in
tempi diversi, abbiamo proseguito
Vito e poi io.
Redazione: In che modo la pratica
dell’Aikido credi ti abbia cambiato o
abbia influenzato la tua vita?
Bartolomeo Lanzolla: Influenzato la
mia vita sicuramente, sto meno a casa, non so se è un bene per mia moglie o un male.
L’Aikido mi ha aperto molto più verso
gli altri, anche perché è frequentato
da persone sane e pulite.
Per il resto bisognerebbe chiederlo a
qualcun altro, penso comunque niente di quello che già non ero, ma solo,
fatto uscire fuori nel modo peggiore,
grazie a Fabrizio.
Redazione: Ricordi il tuo esame da
sesto kyu?
Bartolomeo Lanzolla: Al mio primo
esame, non avevo paura per l’eventuale esecuzione delle tecniche, che
conoscevo bene, in quanto apprese
indirettamente nel tempo, a furia di
vedere frequentare mio figlio nel Dojo, ma la paura di rimettermi in gioco.
Un gioco col quale, con il passare
degli anni, eviti di metterti in discussione, per non scoprire eventualmente il tuo fianco agli altri, ma che ti indebolisce sempre più dentro.
Rimettermi in discussione, specialmente con altri più giovani di me, ha
contribuito a rendermi più forte, fregandomene di quello che potevano
pensare gli altri.
Redazione: Ci racconti le emozioni
provate per l’esame da cintura nera?
Bartolomeo Lanzolla: L’emozione
più forte che ricordo di quell’esame, è
stato ricevere i complimenti da altre
cinture nere lì presenti che non cono-
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scevo e da un III Dan, istruttore di
Salerno, che mi aveva fatto da uke, al
posto di quello titolare che aveva dovuto gettare la spugna, in quanto in
affanno.
A riguardo della voglia di Terminetor,
posso dire che, avendo raggiunto la
pace dei sensi, ho trovato un equilibrio e una pace che non conoscevo e
che mi aiuta e mi ha aiutato nei momenti più difficili a estraniarmi e a
Redazione: Come ci si sente da cin- rivolgere le mie attenzioni altrove,
ture nere?
specialmente su qualche bel paesagBartolomeo Lanzolla: Molto gasati, gio di passaggio (capisci a me).
ma conscio di essere nuovamente ad
un punto di partenza, “Mu-Dan”.
Redazione: Ci racconti un episodio in
cui gli insegnamenti del tuo Maestro,
Redazione: Cosa hai maggiormente visto il lavoro che fai, hanno impedito
apprezzato negli insegnamenti del M° il degenerare di una discussione?
Bartolomeo Lanzolla: Sono diversi
Ruta?
Bartolomeo Lanzolla: La professio- gli episodi in questione, sia sull’autonalità, la passione, l’amore, l’umiltà, bus che giù dall’autobus, ma tutti in
l’energia, la forza interiore, la bellez- comune, adesso che mi ci fate sofferza interiore e le donne che riesce a mare, hanno che, da parte mia, sufar affluire al Dojo.
bentrava un senso di controllo e nei
casi più estremi una ricerca interiore
Redazione: Perché consiglieresti la di calma, necessaria ad affrontare
pratica dell’Aikido?
l’eventuale pericolo.
Bartolomeo Lanzolla: Perché oltre Non nascondo che questa calma che
agli aspetti “marziali”, scopri maggior- in alcuni casi celava paura per quello
mente te stesso e poi se ti viene a che sarebbe potuto accadere, infonmancare quel lato lì, a buon intendito- deva negli eventuali turbolenti sconre poche parole, è meglio andare in certo, tanto da portarli alla fine a desipalestra a scaricare le tensioni accu- stere dai loro propositi (il loro sconmulate, che è meglio.
Redazione: Nel corso degli anni di
pratica dell’Aikido, c’è stato un momento in cui hai pensato di abbandonare l’allenamento? Se sì, quali sono
stati i motivi?
Bartolomeo Lanzolla: No, mai, tranne ultimamente per problemi di salute. Il mio unico risentimento è di non
esser entrato nel mondo dell’Aikido
molto tempo prima.
Redazione: La respirazione e la concentrazione hanno influito sul tuo modo di guidare gli autobus? Ovvero…
hai represso la voglia di graffiare le
auto parcheggiate in seconda fila che
ostruiscono il tuo passaggio?
Bartolomeo Lanzolla: Sul primo
punto, sì. Ogni tanto qualche viaggiatore mi guarda esterrefatto, quando
fermo ad un semaforo, inizio ad effettuare Ikkyo, Nikkyo, Sankyo, Kotegaeshi e poi, proseguendo con roteazione della testa, faccio scricchiolare le
ossa del collo.
SHINBUNEWS
certo forse era il pensiero di avere di
fronte o uno che sapeva il fatto suo
oppure “Ma cuss iè proprie sceme o
iè nù strunz”, nel loro profondo e acuto stupore, penso che abbiano optato
per la prima soluzione.
Bartolomeo Lanzolla: Sicuramente
sì, ma certe volte può essere uno
svantaggio, perché in certi casi forse
è meglio “una ritirata vergognosa che
una vittoria rovinosa” (Confucio, il
saggio).
ca, secondo praticare AIKIDO fino al
giorno prima di morire di gnocca, per
ultimo affancxlo tutto il resto.
Si ringrazia il gentile lettore per il
tempo che ha perso, invece di impiegarlo nei modi più proficui come riRedazione: Essere cintura nera ti fa Redazione: Cosa ti auguri per il fu- portato sopra al punto 12 .
essere più sicuro di te stesso, nel turo?
lavoro che fai, trovandoti a contatto Bartolomeo Lanzolla: Prima di tutto
con tanti “personaggi”?
(se non è censurato) morire di gnoc-
Cognome: Lanzolla
Nome: Bartolomeo
Data di nascita: 20/09/1959
Professione: Operatore d’esercizio (L’autista, per intenderci)
Grado di Aikido: I Dan
Hobbies: Gnocca, pesca-sub, sci e collezione di farfalle per
le donne
Un mio pregio: Vorrei tanto divertirmi
Un mio difetto: Non riesco tanto a divertirmi e, a proposito, mi
piacciono le Rosse: attente a voi!
Segni particolari: Sessodipendente
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SHINBUNEWS
Intervista doppia!
Redazione: Come hai conosciuto lo Shin-bu dojo?
Clio L.: È stato merito di
Piero (Delvecchio) se vi ho
conosciuti... Da quando si
è iscritto, mi ha stressata
tutte le volte perché dovevo
ASSOLUTAMENTE
venire almeno a vedere
com’era questo aikido... ed
eccomi qua... Non so se
sono stata un buon acquisto per voi... Per le rimostranze, prendetevela con
lui!!! :-))
Redazione: Conoscevi già
l’Aikido?
Clio L.: Sinceramente no,
ho praticato kick boxing
per 4 anni, ma arti marziali
vere e proprie no...
Redazione: Avevi mai praticato arti marziali prima?
Clio L.: No e mi sarebbe
servito...
Redazione: Ricordi la tua
prima lezione al dojo? Cosa hai provato?
Clio L.: Certo che me la
ricordo... È stato a metà
novembre, mi sentivo veramente un pesce fuor d'acqua... Ma ero decisa a provare qualcosa di completamente diverso dalla danza
o dal kick, indipendentemente dalla mia colossale
ignoranza in materia di arti
marziali... E poi mi avete
accolta con molto affetto...
E questo aiuta a non sentirsi proprio dei marziani,
no?
Redazione: La pratica dell’Aikido, anche se solo da
qualche mese, pensi stia
influenzando la tua vita?
Clio L.: Si, decisamente...
Sono sempre stata una
persona molto riflessiva,
timida e… poco muscolosa!! Con l’aikido ho imparato che non sempre vincono i più forti... Ho qualche speranza, no??? :-)
Redazione: Cosa apprezzi
di più nel M° Ruta? Cosa
invece cambieresti in lui?
Clio L.: È una persona
molto gentile, paziente e,
pur essendo di una bravura stratosferica, si dedica
molto soprattutto a noi
principianti che magari
“fatichiamo” un po’… Cosa
cambierei? Penso nulla…
Mi sta molto simpatico...
Redazione:
Preferisci
qualche tecnica in particolare? Ne esiste al contrario
una che detesti? E perché?
Clio L.: A dire il vero mi
piace imparare e provare
tutte le tecniche proposte,
ma mi diverte shihonage
perché è in assoluto quella
che conosco che necessita
di minor forza... Quella che
mi piace di meno??? Ma,
forse quelle che mi proiettano sulla spalla debole...
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Redazione: Come hai conosciuto lo Shin-bu dojo?
Pietro D.: L’ho conosciuto
grazie a tre miei amici, Davide e Rossella del pomeriggio
e Alessandra A. del pomeriggio/sera. I loro racconti mi
hanno incuriosito e mi ero
promesso che quando avrei
raggiunto degli obiettivi in
palestra, avrei potuto cambiare attività senza alcuna
remora... e infatti eccomi qui!
:)
Redazione: Conoscevi già
l’Aikido?
Pietro D.: In prima persona,
ahimé, no. Sapevo che c’era
uno stile detto Aikido perché i
suddetti amici mi parlavano
della sua esistenza, ma non
sapevo granché a riguardo.
Redazione: Avevi mai praticato arti marziali prima?
Pietro D.: No, mai praticato.
Anche se in verità c’è stato
un accenno di arti marziali
con un mio amico dell’università durante tutte le pause di
lezione: voleva insegnarmi
un po’ di Jujitsu, ma data la
scarsa possibilità di cadere
sul pavimento il tutto si limitava ad un esercizio coreografato che ci faceva trovare dal
prof. successivo tutti sudati e
affannati tra tanti studenti
seri.
non riuscivano e che un paziente Bartolo correggeva...
ma ricordo anche una sensazione molto bella, cioè l’assistere al passaggio di grado di
alcune persone... ho riassunto tutto il mio primo giorno! :D
Redazione: La pratica del
l’Aikido, anche se solo da
qualche mese, pensi stia influenzando la tua vita?
Pietro D.: Decisamente sì. È
stata influenzata sotto vari
punti di vista. Dal punto di
vista fisico, infatti ogni persona che mi incontra mi chiede
quale dieta strana stia facendo. Dal punto di vista emotivo... probabilmente sono rimasto lo scapocchione di
sempre, ma più allegro... si
può
dire
in
tv
“scapocchione”? :)
Redazione: Cosa apprezzi di
più nel M° Ruta? Cosa invece cambieresti in lui?
Pietro D.: Le cose che apprezzo sono tante: il carisma,
la passione che mette nell’in-
Redazione: Ricordi la tua
prima lezione al dojo? Cosa
hai provato?
Pietro D.: Sì, chiaramente.
Ricordo una mix di sensazioni... :) Appena entrato, tutto
intimorito chiesi ad Alessandra cosa dovessi fare per
partecipare alla lezione e mi
disse: “Parla con il Maestro e
vatti a cambiare” - “Ma come... così? Subito? Brutale?”
pensai tra me e me... per non
parlare poi del saluto, della
prima respirazione con suoni
e delle prime tecniche che
SHINBUNEWS
Ma achtung ragazzi, sta nostante si sia caduti in
modo vergognoso mentre
guarendo... :-)))
gli altri sono molto più
Redazione: Ed ora qual- bravi di te e non sentirsi
che riga libera... sull’aiki- comunque a disagio, che
do, sul dojo, sulle amici- si può abbandonare un
zie... su quello che vuoi!!! po’ di timidezza...E che,
Clio L.: ...Che dire... So- per qualche incomprensino neanche 3 mesi che bile motivo, sul tatami
sono dei vostri... Ho in- basta un saluto e qualche
contrato nuove persone, tecnica fatta insieme per
ho consolidato un’amici- sorridersi e sentire che un
zia precedente e spero di po’ di strada per conoavere l’occasione di cono- scersi sia stata percorsa
scervi meglio... Ho impa- in pochissimi istanti...
rato che si può ridere no-
Cognome: Labellarte
Nome: Clio
Data di nascita: 16/08/1983
Professione: Studentessa di medicina... In tesi (povera
me...)
Hobbies: Troppi!! Oltre all’aikido, pratico danza
(moderna e classica), nuoto, leggo romanzi e poi sono una
appassionata di motociclismo...
Un mio pregio: Non mi arrabbio QUASI mai (occhio al
quasi, eh!)
Un mio difetto: Sono troppo sensibile... Spesso mi sento
come la cristalleria quando è passato l’elefante del famoso
modo di dire...
Segni particolari: Sono talmente bianca che non si noterebbe la differenza tra me e il gi se non fosse per i capelli!! … ah, dimenticavo, non so se è un segno particolare
ma faccio ottimi dolci e mi piace cucinare... o almeno ci
provo!
segnamento, riuscendo a
mixare con l’Aikido tante
altre cose nelle sue lezioni,
la sua simpatia e il suo
modo di spiegare che avrà
fatto rivoltare il povero O’
Sensei nel suo “tavuto”.
Cosa cambierei? Uhm... lo
farei donna e formosa! :P
ehehehe
Redazione:
Preferisci
qualche tecnica in particolare? Ne esiste al contrario
una che detesti? E perché?
Pietro D.: Tecniche che
preferisco? Ne ho una categoria: tutte quelle in cui
volo, dato che dopo la prima inerzia di cadute autolesioniste, sono riuscito a
superare il tabù e la paura
del capovolgermi a capa
sotto. Un’altra che mi piace è... non mi ricordo il
nome, ma mi piace anche
perché mi ricorda la pratica con una ragazza che
veniva prima al dojo e che
di punto in bianco non si è
più presentata... :) Tecniche che odio? Uhm... quelle che non mi riescono... :)
Redazione: Ed ora qualche riga libera... sull’Aikido, sul dojo, sulle amicizie... su quello che vuoi!!!
Pietro D.: Penso di essere
stato già abbastanza pro-
lisso nel rispondere alle
altre domande, quindi continuo così. Questo dojo è
stata una splendida scoperta (ringrazio i suddetti
amici), poiché è un ambiente molto molto caloroso. Se non fosse stato così, non avrei mai incluso il
dojo tutto nei ringraziamenti della tesi. Non sono
riuscito a farveli leggere
perché non ne ho trovato
mai l’occasione. Volevo
farli leggere durante la
festa di Natale ma sin dai
primi attimi c’è stato casino... quindi rimedio ora:
“[...]Non di solo studio vive
l’uomo, ma anche di palestra! :D [...] Un ringraziamento agli amici della nuova palestra (o per precisione il nuovo dojo) con cui
ho legato “subitissimo” in
questi due mesi (e che mi
hanno donato ore di sana
spensieratezza) e sopratutto al maestro Fabrizio.
[...]”. Piccoli, stringati ma
sentiti, come tutti i miei
ringraziamenti nella tesi. :)
Includere i nomi non mi è
stato possibile, dato che
già avevo fatto due pagine,
e neanche posso farlo ora
(altrimenti Jacqueline mi
uccide). Domo arigatoo
gozaimashita a tutti (non
so se si scrive così, ma è
lo stesso).
Cognome: Delvecchio (tutto attaccato ← diventerà parte
del mio cognome)
Nome: Pietro
Data di nascita: 01/06/1983
Professione: Non so dirlo… diciamo ingegnere ;-P
Hobbies: Aikido, LAN parties, dipingere miniature, uscire
con gli amici :)
Un mio pregio: Precisione, serietà
Un mio difetto: Scapocchione (tutto l’opposto dei pregi!)
Segni particolari: Nessuno degno di nota, credo
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SHINBUNEWS
Speciale Reportage:
Stage del Maestro D. Giangrande
Bari, 10-11 Febbraio 2007
RUTA DIXIT:
“Dionino è una donna molto esigente: gli piacciono i preliminari lunghi!”
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SHINBUNEWS
Erano dieci piccoli indiani… e poi non rimase nessuno.
(Agatha Christie)
ovvero
Esami Kyu allo Shin Bu
di Salvatore Scalise
Neanche il tempo di fare asciugare i
keikogi, nell’intervallo tra i vari stages di Tada, Fujimoto, Ruta (per chi
ha avuto la possibilità di seguirlo
all’estero), che gli esami ci piombano addosso.
Il giorno della verità incombe. Gli
allenamenti hanno assunto un ritmo,
in alcuni casi forsennato. Io mi rendo conto di essere totalmente fuori
fiato, nonostante l’allenamento continuo. Le ukemi, che avevamo abbandonato, son ricomparse, ma la
resistenza dei praticanti è in visibile
crollo. Il problema è, a mio avviso,
dovuto al fatto che la preparazione
fisica a un esame deve iniziare molti mesi prima, per giungere all’apice
della forma in corrispondenza della
prestazione prevista. Invece sto notando che spesso all’esame si arriva
spompati, si è bruciato troppo prima
e così il picco di forma non coincide
con quello della prestazione. Parlo
per me, ma penso che ci si focalizzi
troppo, fino alla nausea sulle tecniche, perdendo di vista il fatto che
poi l’esame è fatto, per tanta parte,
di fiato e resistenza. Immagino che
si possa esser padroni della tecnica
e, nello stesso tempo, presentarla in
modo indecente se si è viola in volto, con le gambe tremule, gli attacchi finti (alla Fantozzi, per intenderci) e le schivate che diventano delle
“schifate”.
Per conferma di quanto su esposto,
invito ognuno di noi a fare seria
autocritica sull’esame sostenuto e,
se alla fine si è troppo benevoli con
se stessi, andiamo a rivedere il filmato dell’esame stesso. A parte Lara, che ormai sono convinto, ha degli innesti bionici, tutti gli altri abbiamo dato uno spettacolo di forma
fisica alquanto discutibile. Sicura-
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mente nelle precedenti giornate di
allenamento al dojo non eravamo
così cotti!
Allenarsi troppo non vuol dire allenarsi per forza bene, anzi!
Interi volumi parlano dei danni da
sovrallenamento: maggiore incidenza di traumi, abbassamento delle
difese immunitarie, abbassamento
del livello delle prestazioni, abbassamento del livello d’attenzione in
gara, crollo psicologico e via dicendo.
Vero è anche che, da un po’ di tempo, l’avvicinarsi allo stage sembra
un concentrato di sfiga: varicella
(vedi Nicola e Roberto), lombalgia
(Bartolo
e
Saverio),
traumi
(Salvatore e Giuseppe), influenza
(ancora Salvatore… sì, perché lui
era il prediletto!).
Insomma, con tutte queste “belle”
premesse, siamo arrivati finalmente
allo stage del M.° Giangrande. Anche se due terzi li ho vissuti da fotopanchinaro, si tratta sempre di una
esperienza molto coinvolgente e
intensa.
La presenza del Maestro sul tatami
si “sente”. Mi piacciono molto il
suo rigido formalismo, il rispetto
dell’etichetta, il suo modo “muto”
di parlare, la precisione e la pulizia
delle forme tecniche esposte. Come
mi ha preso dal primo momento il
modo di insegnare Aikido del nostro caro Fabrizio, fatto di rigore
tecnico, calore umano, impostazione alla Tada e amicizia fraterna.
Penso, M.° Ruta, questa non è piaggeria, mi conosci, che sia molto bello questo scambio in corso da anni
tra il nostro dojo e quello romano.
Sembrano due facce di un’unica
medaglia.
Lo stage dicevamo, scorre su binari
noti ma mai soliti. I praticanti si
divertono un mondo e io, con una
spalla dolorante e una tosse da
“untore”, come dice il Sensei, friggo in panchina, scatto qualcosa come trecento foto e, fra me e me,
spero non torni il febbrone equino
che mi ha intrattenuto a letto per
sette giorni prima dell’esame
(fortunello, che non sono altro!).
Sette giorni durante i quali non ho
fatto altro che allenarmi mnemonicamente. Un’ossessione!
Non volevo permettere a una spalla
contusa e all’influenza di rubarmi
una prova che mi ero posto come
obiettivo. Chiariamo, superare l’esame mi interessava (è chiaro!), ma,
dopo tanto allenamento, dovevo
misurarmi con me stesso. Nel frattempo pensavo: “Domani, se mi
reggo ancora in piedi, vado all’attacco… si fa per dire!”
Domenica mattina è giunta, inquieto
come una verginella giapponese
dell’isola di Kyoto, mi incammino
verso il dojo, i pensieri si affollano
in mente: “Salva, questa volta, la
seconda clavicola rotta l’hai scansata di un pelo, attento a non fare cavolate… “u nonn, e se ti becchi una
bronchite sul tatami?... ma sei sicuro di non intrippiquarti nei tuoi stessi piedi, con questa debolezza???”
Mi cambio, indosso l’amato gi, che
una suocera amorevole ha lavato
con settecento litri di candeggina.
Se pure mi fosse rimasto addosso
un virus, quello sarebbe stato folgorato da tutto quell’ipoclorito di sodio (NaClO, passatemi la citazione
chimica), in compenso profumo sul
tatami di Ace-gentile e svolazzo
come un ricchionazzo dell’isola di
Okkaido, contento di esser tornato
nella mischia.
SHINBUNEWS
Prudentemente indosso sulla spalla
infortunata un visibilissimo elastico
verde, che chiaramente indichi il
mio stato al tori di turno. Difatti,
come vado sul tatami, uno mi dice:
“Scusa, ma a che serve quell’elastico???” Penso: “Stammapost!!!” e
rispondo che dato che le hakama
erano terminate, a me per il momento hanno dato l’elastico. Ah, non li
fanno più gli aikidoka di una volta!
Inizia l’ultima tornata dello stage e,
manco due minuti dopo, due onesti
padri di famiglia (per di più di opposte colorazioni politiche) come
me e Vito, si ritrovano avvinghiati
in abbraccio tango-aikidoisticostretchato alla Dionino, il tutto ripreso dall’implacabile Ilaria che,
con sadico sorrisetto, scattava foto a
tutta forza. La lezione continua e io
col pensiero sempre rivolto a quello
che ci aspetta dopo, risparmio le
forze centellinandole col contagocce. Il fiatone monta e mi viene da
pensare che era meglio se me ne
stavo in panciolle ad aspettare tempi
migliori. Intanto è tutto terribilmente coinvolgente e dopo un po’ ci
diamo dentro a tutto gas. La lezione
volge al termine, saluto, quindici
minuti di pausa e poi esame. Vengo
prelevato da Saverio (il mio secondo all’angolo), mi fa un massaggio
e mi offre un bustina di Polase, che
ingurgito avidamente.
Questo dojo è anche questo.
L’ansia dell’esame è esplosa d’un
colpo, mi pare di non ricordare nulla, la mente è bloccata. No, questo
proprio no, passi la spalla, passi la
febbre, ma farsi fregare dall’ansia,
questo no. Dopo tanti salti mortali,
no. A chi legge, attribuire una simile valenza a un esame al dojo, può
apparire esagerato e sicuramente lo
è, ma vi assicuro che è tutto vero.
Alla fine l’esame è qualcosa che
travalica e trascende il suo intrinseco significato, è una prova contro se
stessi e contro quanto ti rema, a volte, contro. Finalmente si ricomincia,
saluto, cadute, prime tecniche, il
ghiaccio si scioglie e poi la prova va
come il buon Dio vuole. Ad uno ad
uno si sale verso i kyu più alti e
restiamo sempre in meno, con le
ginocchia sempre più dolenti. Uno
contro tutti e tutti contro uno. Alla
fine ne resterà solo uno… Dionino!
Sull’esame sorvolerò, ma ho voglia
di dirvi di una sensazione bellissima provata prima e dopo.
In un’altra arte marziale ci sarebbe
stata la gara. Una situazione nella
quale uno avrebbe dovuto buttare
giù gli altri e dire: “Mazza che figo!” Nell’Aikido, tutto questo non
esiste. Tutti erano realmente in
gara solo con se stessi e solo appa-
rentemente in competizione con gli
altri. I veri avversari erano la stanchezza, l’ansia da prestazione, l’ipossigenazione. Alla fine, è stato
bellissimo dire: “Sicuramente non il
massimo, ma una bella esperienza.
Maestro Tada, sei un gradino più
vicino! E chiacchiere non ce ne vogliono!”
Grazie Maestro Fabrizio, grazie
Maestro Dionino, grazie Amici. Al
prossimo kyu.
Vostro Kikiyashiashiashi, Ashi!
Pensieri in libertà in compagnia di una birra
di Vincenza Patruno
Eccomi qua, appena rientrata a casa
dopo l’esame. Non ho trovato compagnia per andare a bere una birra:
tutti erano più orientati ad andare a
pranzare visto che sono le tre del
pomeriggio; così sono rientrata a
casa, birra alla mano, in compagnia
del mio pc, e sono qui che scrivo le
impressioni fresche fresche (o meglio... a caldo) post esame, con la
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schiena dolorante e le ginocchia che
da poco hanno incominciato a smettere di chiedere pietà.
Se penso a come era cominciata
tranquillamente la giornata di oggi!
Ho fatto colazione in compagnia dei
miei soliti passerotti, che da qualche tempo hanno preso l’abitudine
di far visita alle piante del mio balcone dove mi premuro di lasciar lo-
ro molliche varie per le loro necessità. E loro mi ringraziano con la loro presenza ed il loro allegro cinguettio. E mentre facevamo colazione, ognuno a modo proprio, ripensavo alla serata precedente trascorsa
in pizzeria con alcuni amici del dojo di Bari e insieme a Luca e Ilaria,
venuti da Roma…
Ma torniamo al presente e ai brevi
SHINBUNEWS
commenti su questa nuova esperienza. Cosa dire del Maestro Dionino? Carismatico ed elegante, come sempre, l’ho trovato più allegro
durante il seminario e più sadico
durante l'esame!
Gradevole la sua disponibilità e i
suoi insegnamenti che, in alcuni
tratti, mi ricordavano argomenti che
affrontiamo nelle classi di corenergetics.
Cosa dire del mio esame per il II
kyu? A corto di fiato, mentre ero lì
sul tatami, cercando in qualche modo di sopravvivere, pensavo che
non sarebbe finito mai e contemporaneamente: “Non farò mai l’esame
per il primo, se già questo...” E in-
vece, ora, anche grazie a questa birra che sto gustando, so che domani
sarò lì, nel mio dojo, con i miei
compagni, e... si ricomincia!
E in questo piccolo spazio di foglio
bianco, voglio ringraziare proprio
loro, i miei compagni di allenamento, in generale per le sudate fatte
insieme, i miei compagni di grado
in particolare per la loro solidarietà,
durante l’esame, nel sostituirsi nei
turni di attacchi di gruppo quando
qualcuno era “un po’”giù di fiato, nel mio cammino di crescita in queVito Mexico, per il suo affettuoso sti recenti giorni. A tutti, il mio sinabbraccio ed incoraggiamento pro- cero sorriso.
prio prima di cominciare l’esame, e
il mio amico di c(u)ore Marcello,
per la sua presenza e il suo sostegno
La parola vola, l’esempio trascina
di Michele Zonno
Due lezioni eccezionali ho
imparato da questo stage:
La prima dal M° Giangrande, che voglio riassumere
con questa frase: niente deve
essere lasciato al caso. Il
suo controllo e la sua consapevolezza di ogni più piccolo
movimento è stata straordinaria.
La seconda dal M° Ruta, che
con un’umiltà eccezionale ha
partecipato allo stage con lo
stesso spirito di una cintura
bianca. È stata una straordinaria lezione di AIKIDO e
non solo.
Grazie ad entrambi.
Le impressioni di un panchinaro
di Marcello Lanza
Non ho alcuna esperienza del mondo del calcio (ero e sono un pessimo giocatore), ma da quel poco che
so i calciatori non amano assistere
ad un match dalla panchina. Sabato
10 e domenica 11 febbraio ho finalmente capito perché. Sì, sono rimasto al bordo del tatami a causa di un
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infortunio che mi è capitato
“tempestivamente” qualche giorno
prima dello stage. Però ho voluto
partecipare ugualmente perché sentivo che si trattava di un evento importante per tutto il dojo. E di partecipazione posso parlare sia perché
lo stage ha avuto il potere di coin-
volgermi profondamente, nonostante fossi solo un osservatore, sia perché mi sono sentito partecipe del
destino di tutti i praticanti coinvolti,
senza contare la palpabile tensione
degli esami.
Due cose mi hanno colpito oltre
modo. La prima, i suoni dello stage:
SHINBUNEWS
per l’intera prima ora di pratica il
M° Giangrande non ha pronunciato
una singola sillaba, col risultato che
questi fatidici 60 minuti sono trascorsi nel più assoluto silenzio, lasciando spazio ai suoni dei corpi
che si muovevano nei taisabaki e
durante l’esecuzione delle tecniche.
Ad essi, si affiancava il suono dei
respiri che si facevano più profondi
via via che l’impegno fisico aumen-
tava. Ed era una musica che esprimeva perfettamente l’energia che
l’aikido riesce a sprigionare. Seconda cosa, mi hanno affascinato lo
stile e la raffinatezza dei movimenti
del M° Giangrande, che ho conosciuto per la prima volta e il cui
magnetismo si è rivelato all’altezza
delle aspettative (sono settimane
che sento parlare del “leggendario”
maestro di Roma…). Il suo stile di
insegnamento mi è sembrato essenziale
e
poco
incline
alle
“divagazioni” a cui il M° Ruta mi
ha abituato (e che sono un’enorme
fonte di ricchezza, capito Fabrizio?!). Tuttavia, al di là delle differenze, sono emerse notevoli affinità
tra i due Maestri soprattutto in relazione a certi esercizi che potevano
sembrare a prima vista fuori luogo e
che invece si inserivano perfettamente nell’ottica della autorealizzazione propria dell’Aikido. Mi riferisco al momento in cui bisognava
“toccare” con un dito il proprio partner, o all’esercizio in cui bisognava
liberarsi dalla stretta di un partner
con tutta la potenza di cui si è capaci o, ancora, a quello in cui biso-
gnava colpire il tatami con forza e
decisione. Esercizi che miravano,
così mi è sembrato di capire, ad
esplorare le proprie risorse e i propri limiti passando da un estremo
(la massima dolcezza) all’altro (la
forza più intensa) per giungere finalmente all’equilibrio del “giusto
mezzo”.
Concludo con un’osservazione sugli esami. Finalmente ho capito perché Fabrizio ha tanto insistito sulla
necessità di aumentare il fiato e la
resistenza alla fatica (o alla tortura,
dipende dai punti di vista). E se è
fondata la voce del popolo shinbuista secondo cui Fabrizio è un esaminatore più esigente di Dionino,
allora mi sa che la preparazione per
il mio esame da VI kyu di giugno
(infortuni permettendo) comincerà
non appena rimetto piede sul tatami…
Rivolgo i miei più sentiti complimenti a tutti gli esaminati: quale
che sia il risultato, siete riusciti a
resistere alla fatica e a rimanere in
piedi!!
Buon keiko a tutti!
RUTA DIXIT:
“Quando fate la tecnica, dovete stare diritti! Però… non come
se aveste una scopa in cuxo!”
RUTA DIXIT:
(Metafore naturalistiche…)
“Nella vita, dobbiamo imparare a fare più tenkan. Questo però non esiste in natura.
Immaginate se, quando due cervi si affrontano, uno dei due facesse tenkan? Poi se, di
lì, passa una cerva dice: «Tiè, non ti voglio» perché lei sceglierebbe il più forte…”
(E poi con aria riflessiva): “Chissà come si fa a fare tenkan con quattro zampe?”
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Giri di tango...
Con caschè!
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SHINBUNEWS
Disquisizioni tra Grandi Maestri...
Rivelazioni...
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SHINBUNEWS
L’angolo del C(u)ore
Pensieri, racconti, emozioni di chi ha intrapreso
il cammino della Core Energetica
Core Energetica: che passione!
di Fabrizio Ruta
Apro questo articolo con i ringraziamenti a tutti coloro che mi hanno seguito in questi mesi con forza d'animo nell’esperienza delle “classi di esercizi”, dei seminari e delle sedute individuali. É per me fonte di
grande soddisfazione vedere il gruppo crescere in numero e in coraggio. Vi ringrazio anche per l’appoggio e l’entusiasmo che state dando a questa mia nuova proposta che ad alcuni è sembrata troppo lontana
dall’aikido. Vi assicuro invece che la core illumina e approfondisce molti aspetti dello studio aikidoistico
(provare per credere!)…
Partiamo dal presupposto che il nostro corpo è energia condensata e strutturata in una particolare architettura scheletrica, muscolare e nervosa che si è modellata sulle nostre esperienze emotive e su convinzioni
mentali. Il non buon funzionamento del nostro organismo è quindi anche legato a blocchi emotivi, rigide
convinzioni culturali, tabù, idee fisse, paure, tensioni irrazionali e inconsce… Tutti i “movimenti” interni
al nostro animo plasmano il modo in cui il corpo si esprime e si struttura. Tutta la branca della comunicazione non verbale ha dimostrato che noi parliamo con il corpo dando messaggi attraverso gesti, atteggiamenti e posture. É quindi naturale che, ripetendo nel tempo certi comportamenti (legati a emozioni e pensieri), modelliamo letteralmente noi stessi. A sua volta la cosiddetta “armatura corporea” che si viene a
formare limita l’espressione e la libertà interiore. Si viene così a creare un circolo vizioso e noi ci troviamo limitati nelle possibilità espressive, creative e vitali oltre che bloccati nel corpo.
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Le classi di esercizi sono un’ esperienza di “movimento consapevole” che mira al recupero delle nostre
potenzialità espressive, alla liberazione dell’energia bloccata e repressa, all’ampliamento della nostra visione del mondo, alla capacità di sentire e mostrare una maggior gamma di emozioni.
Le sedute individuali uniscono, alle esperienze corporee-emozionali, l’esplorazione delle personali dinamiche che limitano la pienezza e la gioia della nostra vita.
Nei seminari il gruppo funge da catalizzatore e da specchio per attivare a accelerare i processi di crescita
e consapevolezza personale. Così i partecipanti potranno sentire di appartenere ad una famiglia ideale, al
cui interno ognuno può “rinascere e ricominciare a crescere”, e questa volta senza sentimenti proibiti, né
minacce, né punizioni, ma in un clima di fiducia ed amore reciproco.
Vi ricordiamo che le classi di esercizi si tengono tutti i martedì dalle ore 20 alle ore 21.30, le sedute individuali si tengono su appuntamento e i prossimi seminari si terranno domenica 29 aprile (“La saggezza
del corpo” tenuto da Fabrizio Ruta) e sabato 3 e domenica 4 giugno ( “Affondare nella Terra per trovare
la Sorgente” tenuto da Laura Manavella).
Dialogo sulla Core Energetics
di Marcello Lanza
A e B sono amici da parecchio tempo. Si incontrano casualmente dopo una pausa di qualche mese. Dopo
i soliti convenevoli, A e B si accordano per una serata da passare insieme, come ai vecchi tempi…
A: Allora, ci vediamo martedì prossimo in prima serata al solito posto, tipo alle 8?
B: Alle 8 non posso, ma raggiungo con piacere te e gli altri verso le 10.
A: Mmh, hai impegni galanti in prima serata, vero?
B: No, a dire il vero ho una lezione di Core Energetics, una disciplina che pratico da qualche settimana.
Vi raggiungo subito dopo la lezione. Va bene?
A: Certo, certo. Ma dimmi un po’, cos’è questa Core Energetics? È un’arte marziale... americana?
B: No, nessuna arte marziale. Si tratta di una “ginnastica emozionale”, una pratica che porta ad un contatto più intimo col proprio Sé.
A: Ah, insomma roba da santoni new age con tanto di meditazioni e incensini bruciati… Tu sai come la
penso a riguardo!
B: Aspetta, la meditazione c’è, sicuro, ma non ha nulla a che vedere con la new age.
A: E allora? Che si fa in questa Core?
B: Be’, mi è difficile spiegartelo a parole. È come se ti volessi insegnare a nuotare: il primo passo per imparare consiste nel tuffarsi in acqua… Per la Core vale la stessa cosa: capiresti di che si tratta solo partecipando ad una lezione. Ti interessa?
A: No, non ho proprio tempo da perdere in questo periodo.
B: Nemmeno io. Se pensassi di “perdere” tempo non ci andrei.
A: D’accordo. Ma puoi almeno dirmi che cosa fate in una lezione tipo?
B: La Core è, come ti ho detto prima, una ginnastica emozionale. Si tratta di tirare fuori le proprie emozioni attraverso movimenti corporei, ginnici insomma. La parola stessa “emozione” significa proprio questo:
ciò che emerge, ciò che viene fuori dal profondo – “ex motio” – ok, il latino non è il tuo forte, ma l’idea
dovrebbe essere chiara.
A: Sicuramente, caro il mio Virgilio... Ma potresti essere un po’ più concreto?
B: Va bene, facciamo una prova. Metti le palme delle tue mani contro le mie.
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A: Mhm, va bene...
B: Ora comincia a spingere. Io farò lo stesso. Cerca di non parlare e concentrati sulle tue mani e soprattutto su ciò che senti.
A e B si “spingono” a vicenda per un po’. Entrambi cominciano quasi subito ad emettere suoni e sbuffi.
Dopo poco, di comune accordo, interrompono l’esercizio.
B: Che cosa hai provato?
A: Ma, inizialmente, ho sentito la tua spinta a cui ho reagito opponendoti la mia. Subito dopo, però, mi è
parso che la mia spinta fosse quasi autonoma, come se ti avessi voluto spingere indipendentemente da ciò
che facevi tu. Ecco, volevo spingerti e basta.
B: Prova a dare un nome a questa tua “spinta autonoma”.
A: Non saprei, forse la chiamerei “aggressività”. Sì, è come se ad un certo punto l’aggressività mi avesse
pervaso, senza ragione… Non so come questo sia possibile. Tu sai bene che sono un tipo pacifico!
B: Ma certo che lo so. Però so anche che quell’aggressività non proveniva dall’esterno. Al contrario, si
tratta di un’emozione che è emersa dal tuo interno. Capisci? Hai espresso un’emozione attraverso un semplice atto corporeo. Ecco il significato di “ginnastica emozionale”.
A: Interessante! Ma funziona solo con, diciamo, le emozioni negative?
B: No, la Core serve per far emergere tutte le emozioni, dalla gioia alla tristezza, dalla frenesia all’indifferenza. L’importante è riuscire a tirare fuori ciò che giace nel tuo cuore e che magari è nascosto. Un po’
come la tua aggressività: è vero che tu sei un tipo pacifico, però è pur vero che quella spinta proveniva da
te, eri TU che spingevi. La postura delle mani è stata solo un’occasione per manifestare questa tua emozione.
A: Capisco – o almeno credo di capire. Ma non è imbarazzante mostrare i tuoi sentimenti agli altri? Presumo che tu non sia il solo a frequentare questa Core, vero?
B: Sì, faccio parte di un gruppo che segue le lezioni di Core. Però non c’è di che vergognarsi. Gli altri sono come me, ognuno di loro è impegnato in un percorso simile al mio. Perciò non c’è giudizio perché siamo tutti sulla stessa barca, accomunati dallo stesso intento: scoprire noi stessi.
A: Insomma, questa Core di cui parli non ha nulla di religioso o di fideistico, non è così?
B: La Core non è una religione e non comporta un credo da professare. È un mezzo per conoscersi meglio
e volersi bene.
A: Capisco il conoscersi meglio, ma che c’entra il “volersi bene”?
B: Perché diventa difficile accettarsi e amarsi se non ci si conosce. Come faccio a volermi bene se non so
chi sono? Non solo: spesso mi capita di avere paura di alcune parti di me che conosco poco e male. Dove
c’è paura non ci può essere amore perché regnano soltanto diffidenza e difesa. La mia interiorità è il mio
“nucleo” originario: la Core, quindi, serve a sviscerare questo nucleo interiore per amarlo così com’è –
“core” in inglese significa proprio “nucleo”.
A: Quindi il tuo slogan è: “Gente, praticate la Core e sarete felici!?”
B: Non proprio. La Core non è un fine, ma solo un mezzo. È uno strumento che ti porta alla conoscenza di
te stesso. Il fine sei e resti sempre TU.
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Brevi memorie di una zampa ferita
di Maria Martinelli
7 febbraio
Due giorni fa ho avuto un’altra distorsione del ginocchio, simile a quella che, l’anno scorso, mi ha tenuto lontano dall’aikido per qualche mese. La mia prima prevedibile reazione è stata di rabbia e sconforto,
ma ora ho abbastanza tempo per riflettere su quello che il mio corpo mi sta comunicando e chiedendo. In
questi ultimi mesi il corpo ha ricevuto tanti input diversi contemporaneamente (aikido, iaido, aikijo,
core, nuoto). Mi sono accorta che questo ha generato un’ansia che alla fine ha cominciato a togliermi il
piacere di queste attività.
Stamattina, dopo aver dormito più del solito ed essermi alzata con la prospettiva di dover vegetare tutto
il giorno, il mio viso era disteso e riposato...
Ho preteso, come è mia abitudine e curiosità, di esplorare e oltrepassare i limiti del corpo umano, senza
però ascoltare il mio. Per andare oltre il limite devo accettarlo: qualunque sia il motivo, il mio ginocchio
si storce se faccio finta che non esista. Se continuerò a voler fare tutti i movimenti senza tener conto di
lui, lui continuerà a storcersi. Devo imparare a fare gli stessi movimenti, ma tenendo conto delle sue caratteristiche specifiche, guardando il movimento da un’“altra prospettiva”. Oggi, mentre camminavo,
zoppicando e sentendo il dolore, pensavo a come può essere la vita di un disabile: il disabile ha un modo
di agire suo proprio, diverso da quello della maggior parte delle persone, ma adatto al suo modo di essere. Sentivo la sensazione che può avere una persona che ha continuamente dolori ossei e articolari, per la
quale sicuramente arrivare da una stanza all’altra è una fatica insormontabile, che fa passare la voglia di
compiere qualunque piccola azione quotidiana. E questo sempre, non per quindici giorni.
Mi sono ricordata di alcune persone (mi viene in mente Pilates, afflitto da febbri reumatiche e asma, o
anche Iyengar, di fragile costituzione da bambino) che sono andate davvero al di là di ogni aspettativa e
hanno addirittura creato una propria scuola proprio per aggirare una debolezza fisica. Ma da quella debolezza sono partiti, l’hanno accettata, studiata, inclusa nel loro modo di essere. Se l’avessero ignorata,
immagino la gabbia di rigidità che avrebbero creato intorno a loro, gabbia forte quanto più forte sarebbe
stata la determinazione con cui si sarebbero sforzati di negare il problema.
15 febbraio
Durrante la scorsa seduta di corenergetica, dovevo adattare alle mie possibilità i movimenti che Fabrizio
suggeriva: tutto quello che gli altri facevano in piedi, io dovevo farlo in posizione seduta per terra o distesa. Quali sono state le mie sensazioni? Innanzitutto, mi sentivo diversa, ma in modo “neutro”, né esclusa né particolarmente al centro dell’attenzione. Temevo soprattutto di sentirmi osservata come
“inabile” e “poverina” e di avere fastidio di questo, ma non è stato così. Ho preso il mio spazio e ho adattato gli esercizi. Paradossalmente (ma non tanto), mi sono sentita più libera di esprimermi col corpo
in tutte le forme, perché non dovevo curare la perfezione del mio movimento (era scontato che non fosse
perfetto, non avevo aspettative!), ma dovevo solo sentirlo e viverlo. Inutile dire che teoricamente so che
lo scopo della core è proprio quello di sentire il corpo e lasciarlo libero di esprimersi, e che non esiste il
movimento perfetto in questo senso. Lo so, teoricamente… Comunque, questa sensazione si è acuita
nella fase finale, quando c’era anche la musica e i movimenti dovevano seguirla. Ho fatto una specie di
danza per terra, e ho scoperto di avere un’ampia possibilità di movimenti anche così, ma quello che non
mi aspettavo era la possibilità che questi movimenti fossero tanti e anche aggraziati, veloci, esplosivi.
Era come avere a disposizione una tavolozza infinita, ma avere come limite un piccolo foglio bianco su
cui utilizzare i colori.
Sono tornata a pensare a come ognuno può adattare il mondo esterno alle proprie necessità e caratteristiche. Forse così ogni forma di vita si adatta all’ambiente.
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Queste sensazioni però si alternavano o piuttosto si mescolavano ad altre, quasi opposte: ero dolcemente bloccata, potevo muovere e anche agitare le braccia, le gambe, il resto del corpo, ma c’era sempre un nucleo che doveva restare fermo, che doveva trattenermi. Non dovevo necessariamente tenere
fermo il ginocchio, che potevo stendere e piegare. No, era un filo con la terra che dovevo conservare
per evitare di farmi male. Per paura di farmi male. Se fossi stata all’esterno, mi sarei vista come un gomitolo dal quale fuoriescono e si agitano avidamente lunghi nastri colorati.
Mi chiedo perché, dopo tutto il lavoro di yoga, bioenergetica e simili che ho fatto finora e che mi ha
impegnato per anni, adesso l’osteopata mi dice che il problema al ginocchio dipende da una cattiva postura! Una smentita totale per me! E
due cose a questo punto credo: prima, che evidentemente il mio approccio è stato sempre sbagliato, esterno, poco profondo, più mentale
che fisico e sensoriale, di testa invece che di cuore e di pancia; seconda, che evidentemente tutto il lavoro psico-fisico e spirituale è in fondo
soltanto una preparazione, utile sicuramente, ma solo se a un certo
punto si verifica una specie di salto quantico, viene fuori un quid che
forse in un istante ti fa scattare una molla interiore che ti permette di
mettere in moto le cose e di cambiare rotta. Forse è quello che Castaneda chiama “la volontà”, quella che secondo lui parte dal plesso solare. Forse questo salto corrisponde all'illuminazione, chissà. Tutto il lavoro precedente è solo un lungo prepararsi e rendersi disponibile a
quest'unico momento. Forse è anche questo il segreto del miracolo. La
volontà profonda, viscerale. Volontà di guarire, in senso lato.
Le mie impressioni sulla Core Energetica
di Rossella Capriati
La paura di essere giudicata, la paura di esprimere i miei sentimenti e le mie emozioni mi è passata
dopo qualche minuto dall’inizio della “prima lezione”. Cosa questa
che mi ha molto stupito perché, un po’ per carattere, un po’ per il
tipo di educazione ricevuta, tendo a nascondere le mie emozioni, a
volte anche a me stessa.
Abbracciare liberamente un amico, ascoltare il suo respiro sono emozioni molto difficili da spiegare ma, che quando le vivi, ti riempiono
il cuore.
Allora, mi sono posta una domanda: perché non ho iniziato prima?
La risposta che mi sono data è che, probabilmente, prima non era il
momento giusto, il momento giusto per capire chi sono io e come
sono fatta facendo così calare la maschera.
RUTA DIXIT:
(durante un’attività da svolgere in coppia)
“Se oggi non avete voglia di soffrire, dite al vostro partner: «Chian chian!»”
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Carnevale di emozioni
Riflessioni sul seminario: “Travestirsi per mostrarsi”
di Jacqueline Gentile
Si è, di certo, trattato di un seminario diverso rispetto agli altri, tenuti da Fabrizio, a cui ho partecipato
finora. Ci è stato richiesto di travestirci, di scegliere cioè due “maschere”, per noi: una rappresentante
una nostra aspirazione, quello che abbiamo sempre sognato di essere e in cui ritenevamo poterci sentire
a nostro agio, l’altra simboleggiante la nostra peggiore paura, qualcosa che mai avremmo voluto essere
e che, alla sola idea di identificare, ci causava panico o ribrezzo.
È stato come se questo seminario fosse iniziato già nei giorni precedenti ad esso, quando noi partecipanti ci siamo ritrovati tutti un po’ messi “in crisi” dalla scelta che dovevamo compiere: abbiamo iniziato a
prendere in considerazione le diverse opzioni, a confrontarci con le svariate possibilità e, soprattutto, a
sentire l’effetto che l’idea di calarci in determinati “panni” aveva su di noi. Tra di noi, non si parlava
d’altro: abbiamo cominciato a scambiarci vestiti, a prestarci reciprocamente sciarpe, borse e accessori
vari e improbabili che alimentavano la curiosità sui vari travestimenti che abbiamo mantenuto (più o
meno!) segreti. In tutto questo, ho scorto un aspetto molto divertente: ho realizzato che erano anni che
non mi mascheravo, sono tornata un po’ bambina, ho riscoperto un piacere leggero di giocare a cercare
tutto quanto potesse essermi utile per le mie maschere.
Il giorno del seminario è arrivato e, con esso, il momento di indossare il nostro primo travestimento.
Nello spogliatoio femminile, si è scatenato un putiferio: una confusione di vestiti ammucchiati, accessori per il trucco, movimenti frenetici regnava sovrana e i tanti: “Come sto?”, “Cosa sei???”, “Che ne dici, vado bene così?”, “Passami il rossetto”, “Come si mette questo?”, “Meglio questa o questa qui?”
riempivano l’aria, resa già frizzante dalla curiosità, dalla fretta per i pochi minuti di cui disponevamo
per cambiarci e, anche… dalla paura. Sì, credo che, in tutti noi, ci fosse anche un po’ di paura, quasi
fossimo attori al debutto: eravamo in procinto di entrare in una divertente performance, ma con la differenza che andavamo a mettere in scena un lato di noi stessi e che il teatro era quello della nostra esistenza. E questo connotava di serietà questo insolito Carnevale.
E così, tornata sul tatami, mi sono ritrovata catapultata in un mondo fatto di rockstars, di maghi, di sciamani, di aviatori… Cercando di non esprimere commenti, ci guardavamo reciprocamente e un po’ stentavamo a riconoscerci. La mia sensazione predominante era un mix di familiarità e di estraneità: i volti
mi erano noti, erano quelli dei miei amici con la maggior parte dei quali condivido il percorso della
Core Energetica, ma questi abiti che indossavano e le espressioni che i loro visi assumevano li rendevano a me sconosciuti. Sono stata, quindi, presa dalla curiosità di conoscere queste persone “nuove” da
cui ero circondata, diverse da quelle a me note per il nome, l’aspetto, il ruolo che stavano rivestendo e
gli atteggiamenti. E, soprattutto, ammiravo il coraggio da cui ognuno di noi era animato non soltanto
per il fatto di vivere, con differenti miscele di imbarazzo e di disinvoltura, il momento da ”attori” su una
specie di palcoscenico lì al centro, davanti a tutti, ma anche perché tutto questo è stato inscenato con la
consapevolezza che, malgrado la leggerezza del gioco e gli abiti, stavamo svelando un importante aspetto di noi agli altri ma, sopra ogni cosa, a noi stessi e ne stavamo subendo l’effetto, grazie alla sensazione che avevamo nel nostro corpo e a quella che l’occhio obiettivo degli altri ci rimandava.
Nel pomeriggio, è stata la volta dell’altra maschera, quella che ci spaventava.
In questo secondo momento, ho potuto leggere, nello spogliatoio, il cambiamento di tono: ci stavamo
quasi facendo forza per indossare quegli abiti, consci che quando, qualche ora dopo, saremmo rientrati a
toglierceli, anche noi saremmo stati diversi ma ignoravamo in quale direzione sarebbe avvenuta questa
trasformazione: forse ci saremmo liberati con sollievo di questo travestimento oppure l’avremmo amorevolmente accolto come inevitabile parte di noi.
Portando dentro di noi questa strana agitazione, ci siamo ritrovati in cerchio sul tatami nuovamente a
guardarci con curiosità ma, soprattutto, con deferente rispetto perché ognuno di noi stava dichiarando,
attraverso la maschera, la propria paura più grande, proiettata nel futuro o pescata dal proprio passato.
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Una maschera che, vestendoci, ci lasciava nudi e indifesi al cospetto degli altri e che ci avvicinava profondamente gli uni agli altri in una rete. L’atmosfera era vera, la tensione era palpabile: consentivamo
a noi stessi di rabbrividire sentendo il dolore altrui, di ammettere quanto fosse difficile sostenerne
l’impatto, è sparita ogni forma di giudizio risucchiata dalla profonda consapevolezza che l’altro rispecchia te o una parte di te.
In un solo giorno, ho impersonato altre due donne che esistono in me e, riconoscendomi negli altri, ne
ho inaspettatamente scoperte altre ancora; in una manciata di ore, dei semplici abiti a me non usuali mi
hanno portata a delle rivelazioni interessanti e incredibili.
La sera successiva, ero sul divano del dojo a chiacchierare con altri partecipanti al seminario per condividere l’esperienza vissuta e abbiamo avvertito l’urgenza di ritrovarci ancora per darci un aiuto reciproco nel “metabolizzare” quanto emerso. In capo a due giorni, eravamo intorno ad un tavolo in una
pizzeria con i nostri abiti quotidiani, con la nostra solita identità ma con nel cuore e negli occhi le tracce di questo vissuto. È stato il nostro Carnevale, fuori tempo, ma credo sia sempre il tempo giusto per
fare un tuffo nelle emozioni e per regalarsi un po’ di umanità, quell’umanità che ho sentito forte e per
la quale Jasmine, Tracy e Jacqueline ringraziano di cuore.
Seminario di
CORE-ENERGETICA
“La saggezza del corpo”
“Quando diventiamo sensibili ai messaggi del nostro corpo possiamo
iniziare a fidarci della sua innata saggezza”
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una bottiglia di acqua, una coperta, un cuscino da meditazione,
del cibo da condividere nella pausa pranzo.
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Rivolto a chi, da tempo, cerca me telefonandomi a casa:
puoi recarti personalmente al Dojo dove mi troverai di sicuro risparmiando così
gli euro che da tempo stai spendendo.
Spero che il mio messaggio sia letto così questa vana ricerca, che da tempo si
sta verificando, potrà essere risolta.
Grazie,
Saverio
Facciamo gli auguri a…
Vincenzo Servedio per la nascita di suo figlio Davide.
Benvenuto alla vita Davide! Lo Shin bu Dojo è ansioso di conoscerti!
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SHINBUNEWS
Un Maestro dal multiforme ingegno
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I pensieri di O‘Sensei
a cura di Gaetano Nevola
Non dipendere dai sensi
Noi non dovremmo dipendere in eccessiva misura dai Sei Sensi.
Quando il Buddismo cerca la purificazione dei Sei Sensi, deve essere compreso che i sensi sono resi
disponibili al nostro corpo fisico in base a quanto possiamo osservare
la luminosità del mondo fenomenico.
Anche a questo livello di percezione è necessario aprire la strada ai Sei Sensi.
Dovessimo fallire nella purificazione di questi,
essi si bloccherebbero e rimarrebbero soltanto statici.
Questo, di conseguenza, spinge i Sei Sensi a muoversi tutti insieme nella direzione sbagliata.
In una parola, questo è l'inizio di un mondo distorto.
Sconvolgere l'armonia di questo mondo è il più grande dei delitti.
Per impedire che questo accada, tutto quanto si deve fare è
purificare il proprio cuore e illuminare la via dello Spirito per permettere ai Sei Sensi
di agire liberamente.
Una volta che questo è ottenuto, i Sei Sensi diventano luce essi stessi
e si manifestano in superficie.
Una volta che i Sei Sensi cominciano ad emettere luce, ogni cosa è fatta
nella vibrazione dello Spirito.
Il Sé poi genera cose, l'interno fluisce liberamente verso l'esterno e viceversa.
Ogni cosa, fino a quel momento al di fuori,viene compresa interamente nel Sé.
Guardando dal punto di osservazione del Sé,
noi sentiamo che tutte le cose materiali appartengono alla stessa universale famiglia.
L'insegnamento spirituale di qualcuno non è, così, qualcosa da essere insegnato agli altri membri di
questa famiglia; è piuttosto da essere praticato con essi.
Nel processo di questo più ampio addestramento spirituale,
io penso diventi necessario mettere gli altri, chiunque e qualunque cosa, davanti a se stessi.
Dovresti prima conoscere te stesso, finirai per capire tutto.
Qualunque cosa nell'universo è, in poche parole, inclusa nel Sé.
Questa è la ragione dell'esistenza del Sé; questo è il motivo per cui
è possibile purificare i naturali istinti del Sé.
É a questo punto che noi possiamo cominciare a lavorare alla nostra missione individuale.
Un simile lavoro non può tuttavia essere svolto da soli, ed è possibile soltanto
assieme all'intero Universo.
É perciò imperativo che noi capiamo la relazione tra il Sé e il regno di cui io parlo.
L'uomo deve realizzare che egli è il "Senso della Creazione",
e che l'Universo e lui sono la stessa cosa.
Facendo crescere il Figlio dell'Universo (o, come direbbe un religioso, il Divino Figlio di Dio),
noi faremmo il massimo per impedire a questo mondo di cadere nel Caos.
Questo di conseguenza richiede che noi si dia spazio ad ogni cosa.
Dobbiamo mettere noi stessi sempre dopo gli altri. Noi dobbiamo, in questo modo, portare ogni cosa
alla Creazione della Vita.
Questa via dell'Aiki porta gli Spiriti a unirsi con gli Spiriti.
Aiki apre la strada della macrocosmica forza vitale dell'Universo,
insieme alla Divina Forma dell'Ordine, alle universali forme del mondo animale.
Aikido è la via per rendere chiaro tutto questo.
Aikido è la via per fare proprio tutto questo.
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Storie Zen
a cura di Gaetano Nevola
Ancora tre giorni
Suiwo, il discepolo di Hakuin, era un bravo insegnante. Un'estate, durante un periodo
di ritiro, ebbe la visita di un allievo che era venuto a lui da un'isola meridionale del
Giappone. Suiwo gli diede il problema: «Senti il suono di una sola mano». L'allievo si
fermò per tre anni da lui, ma non riusciva a superare questa prova. Una notte andò in
lacrime da Suiwo. «Devo tornarmene confuso e svergognato nella mia isola,» disse
«perché non riesco a risolvere questo problema». «Aspetta un'altra settimana e medita
incessantemente» gli consigliò Suiwo. Ma il discepolo non ricevette l'Illuminazione.
«Prova ancora per una settimana» disse Suiwo. L'allievo obbedì, ma invano. «Ancora
un'altra settimana». Ma non servì a nulla. Disperato, lo studente pregò il maestro di lasciarlo libero, ma Suiwo gli chiese di meditare per altri cinque giorni. Anche questi trascorsero senza risultato. Allora il maestro disse: «Medita per altri tre giorni, poi, se non
riesci a ottenere l'Illuminazione, faresti meglio a ucciderti». Il secondo giorno l'allievo
fu illuminato.
Una dolce fragola
Un Uomo che camminava in un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto ad un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si
lascio penzolare oltre l'orlo. La tigre lo fiutava dall'alto. Tremando. l'uomo guardò giù,
dove, in fondo l'abisso, un'altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L'uomo scorse accanto a
sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l'altra spiccò la
fragola. Com'era dolce !
Il mondo dei sogni
«Dopo pranzo. il nostro maestro di scuola faceva sempre un pisolino» raccontava un
discepolo di Soyen Shaku. «Noi bambini gli domandammo perché lo facesse e lui ci rispose: "Vado nel mondo dei sogni a trovare i vecchi saggi, come faceva Confucio".
Quando Confucio dormiva, sognava gli antichi saggi e dopo parlava di loro ai suoi seguaci. «Un giorno c'era un caldo terribile e alcuni di noi si appisolarono. Il maestro ci
rimproverò. "Siamo andati nel mondo dei sogni a trovare gli antichi saggi proprio come
faceva Confucio" spiegammo noi. "E che cosa vi hanno detto quei saggi?" volle sapere
il maestro. Uno di noi rispose: "Siamo andati nel mondo dei sogni, abbiamo incontrato i
saggi e domandato se il nostro maestro andava là tutti i pomeriggi, ma loro ci hanno
detto di non averlo mai visto".
Il Maestro apre la porta, ma tocca
all’allievo il compito di varcarla.
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Tenete le mani aperte, tutta la sabbia del
deserto passerà nelle vostre mani.
Chiudete le mani, non otterrete che qualche
granello di sabbia.
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Foto scoop!
Bari, 11 febbraio 2007
Tenera buona notte...
RUTA DIXIT:
“Il nostro corpo è morbido fuori e duro all’interno.
Ad esempio, una cozza è fatta al contrario: è dura fuori e morbida
dentro… Infatti, secondo me, le cozze... non scopano bene!”
RUTA DIXIT:
“Vi chiedo di darmi la vostra adesione ai seminari entro il giorno
stabilito… Non faccio i seminari... last minute!”
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S H I N B U NE W S
E-MAIL: [email protected]
SHIN BU DOJO
VIA G. PETRONI TRAV.39 N.5
TEL.: 080/5574488
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