Nov. 2013
Transcript
Nov. 2013
Nadir l a r iv is ta d e gli stud enti mazzi ani d i pad o v a Nadir 1,<Novembre 2013 Copia gratuita 2 Nadir, nov 2013 In questo numero 1. Editoriale Cambio della guardia 2. Politica Legge di stabilità: niente di .. 3 Schrodinger’s cat 4 3. Attualità Lampedusa: ci sarà una svolta? 5 Alfred Nobel e la crisi 6 4 Collegio Una molesta proposta 7 Intervista doppia: nostalgia... 9 Incontro del secondo anno 13 Intervista doppia: mai... 14 2 5. 6. Cronaca delle fatiche di una.. 16 Intervista doppia: matricole 17 Uscita dell’anno... 21 Cultura Il problema della resistenza...23 Racconto Gigantomachia 26 7. Poesia Fuochi d’artificio Sylvia II In estate, sul finire 8. Oroscopo : L’ultima profezia... 31 9. Test Prendiamovi un po’ in giro... 32 10. La rubrica del fattone H come Hanimali 33 11. Giochi 34 12. Eventi PD 36 29 30 30 Editoriale Cambio della guardia Andrea Corbanese Un caloroso benvenuto alle ragazze e ai ragazzi del primo anno, ben ritrovati a tutti gli altri. Un nuovo anno accademico è iniziato, da abbastanza tempo perché ciascuno abbia cominciato a prendere le misure. Condivido con voi la mia gioia per l’entusiastica partecipazione al Nadir: al maschile è stato esaurito il numero chiuso di otto persone, mentre al femminile la redazione conta sei ragazze, contro le tre dell’anno passato. Presentare ciascuno come si deve richiederebbe molto spazio, e io ancora non conosco bene tutti; spero perdonerete la mia pigrizia se mi limito a fare l’appello: dal lato femminile presiede la Commissione la divina Mirjam Vego, assistita dalla segretaria – nonché new entry – Chiara De Faveri. Fanno il loro ingresso, oltre a Chiara, la nostra Federica Bloise e tre matricole: Sara Dal Corso, Giordana Daniotti e Cristina Leonardo. Dal lato maschile l’onore di presie- dere la Commissione è ancora mio, come è ancora segretario l’inestimabile Davide Rosi. Restano con noi anche Angelo Balestra, Gabriele Bogo e Riccardo Gabrielli. Si uniscono alla Redazione Enrico Ridente e Lorenzo Zarantonello, insieme a Vito Squicciarini, unica matricola ad aver passato il vaglio, non certo generoso, del numero chiuso. Molti hanno già cominciato a darsi da fare, organizzando per esempio il sondaggio online sugli argomenti di attualità cui avete partecipato numerosi; qualcun altro sta ancora guardandosi intorno, ma nel corso dell’anno avrete occasione di conoscerli tutti e si parrà la loro nobilitate. Per un motivo o per l’altro in molti sono rimasti fuori dalla commissione, ma non credo se ne resteranno inoperosi. Sono certo che sentiremo ancora parlare di Jerryman, Clara e Arianna – che dopo essersi tanto occupata dei nostri Erasmus ha deciso di unirsi a loro – come pure di Alessandro Dal Maso, storica voce di questa rivista. Giovanni Battocchio, che per anni è stato il “volto” del Nadir con i suoi splendidi disegni, è stato così gentile da regalarci un’altra meravigliosa copertina delle sue, come commiato. A lui e a tutti coloro che hanno recentemente lasciato il Collegio va il nostro saluto affettuoso insieme ai nostri migliori auguri. Rinnovo a tutti gli allievi il mio invito a scrivere e a inviarci tutto ciò che ritengono meritevole di essere letto. Ringraziamo, en passant, Patrizia che ormai da molto tempo svolge l’indispensabile compito di stampare il Giornalino, e tutti coloro che pur non essendo in Commissione hanno voluto partecipare a questo numero: dal più giovane al più vecchio, Nicola Nicodemo, Alessandro Piccoli, Tommaso Comellato, Jerryman Appiahene Gyamfi e Alessandro Dal Maso – ve l’ho detto che ne avreste sentito parlare ancora! Chiudo facendo i migliori auguri per il nuovo anno accademico a tutti coloro che leggono queste righe, e a tutti coloro che dedicano a questo Collegio tempo, impegno, risorse. Buona lettura! Nadir, nov 2013 3 Politica Legge di stabilità: niente di nuovo sotto il sole Alessandro Dal Maso Al vaglio delle camere come ogni anno è giunta la Legge di Stabilità, grande calderone, temuto (molto spesso a dovere) dalle categorie sociali, ma sempre meno oggetto di discussione tra le forze politiche, che si trovano ormai concordi su che direzione dare al bilancio dello Stato. I moventi ispiratori fondamentali sono gli stessi che aleggiano ormai da anni: il pareggio di bilancio, e la riduzione del rapporto deficit/PIL sotto al 3%, obiettivi che impone l’adesione al Patto di Stabilità e Crescita firmato assieme agli altri membri dell’Unione Europea. La legge di stabilità prevede uscite per 11,6 miliardi di euro. Di questi, trovano copertura (entrate) 8,6 miliardi, mentre i rimanenti 3 miliardi sono a deficit. Per quanto riguarda le coperture, 3,5 miliardi arriveranno da tagli alla spesa pubblica, in particolare da interventi sulla Pubblica Amministrazione (16 miliardi in 3 anni) e società controllate dallo Stato. Si avrà, infatti, il blocco della contrattazione fino al 2014, il blocco del turnover fino al 2018, e il taglio del costo degli straordinari del 10%. 3,2 miliardi dovrebbero arrivare da dismissioni immobiliari, dalla rivalutazione di alcuni beni statali e da una revisione dell’entità delle partecipazioni statali all’interno di diverse società. 1,9 miliardi verranno reperiti dall’introduzione di nuova fiscalità. La legge di stabilità prevede, tra gli altri provvedimenti, l’introduzione della TRISE (tassa sui rifiuti e sui servizi), vale a dire una nuova tassa che è l’unione tra IMU (imposta sugli immobili), TARES e TARSU (tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani). L’imposta di bollo salirà al 2 per mille. Inoltre, non saranno rivalutati gli assegni mensili delle pensioni sopra i 3000 euro e l’adeguamento passerà dal 90% al 50% del tasso di inflazione per le pensioni comprese tra 3 e 5 volte il minimo INPS. Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti statali verrà versato in 2 tranche se maggiore di 50 mila euro. Per quanto riguarda le uscite, 1,5 miliardi serviranno a ridurre il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra stipendio mensile lordo e al netto delle trattenute fiscali (tuttavia, solo per i lavoratori che hanno uno stipendio annuale fino a 55mila euro). Il Parlamento deciderà quale sarà la ripartizione tra i lavoratori. Ulteriore obiettivo è ridurre la pressione fiscale dal 44,2 al 43,3%. 600 milioni saranno a disposizione della Cassa integrazione in deroga e mobilità, 250 rifinanzieranno la “Social Card”, 3 miliardi saranno destinati a vari cantieri (400 milioni al Mose; altri 400 al miglioramento della rete ferroviaria). 230 milioni saranno a disposizione di Università e Policlinici universitari. Infine, viene rinnovato il cosidetto “Ecobonus”, che prevede uno sconto sugli interventi di risparmio energetico pari al 65%, mentre sulle ristrutturazioni semplici del 50%, fino a fine 2014 (la somma scontata verrà scalata dalle dichiarazioni dei redditi dei successivi 10 anni). Alla presentazione dei provvedimenti hanno fatto seguito le esternazioni, nel complesso critiche, delle associazioni delle categorie produttive, soprattutto della CGIA e di Confindustria e delle associazioni dei consumatori. Ciò che appare, infatti, dalle misure, è la prevalenza dell’aumento delle entrate come modalità di finanziamento della spesa statale. In particolare, la Confcommercio calcola che alcuni esercenti, quali ristoratori, commercianti di frutta e verdura, fioristi potranno arrivare a pagare con la nuova TRISE fino al 600% della somma finora in vigore. Allo stesso modo, la riduzione degli assegni pensionistici, causerà una riduzione della domanda di beni di consumo. Invece, i provvedimenti che dovrebbero sostenere la domanda, quali la riduzione della pressione fiscale o la riduzione del cuneo fiscale avranno un’entità trascurabile (la CGIA di Mestre calcola che i non molti lavoratori che beneficeranno della riduzione del cuneo fiscale avranno circa 14 euro in più nella busta paga mensile). L’impressione generale sulla manovra non è tra le più positive. Nonostante le dichiarazioni pubbliche del primo ministro, tutte sottolineanti la riduzione delle imposizioni, ciò che risulta evidente è che la tassazione non è diminuita; oltre all’aspetto quantitativo, dal punto di vista qualitativo, si sono privilegiate come fonti di finanziamento le vie più facili e sicure, quali il prelievo dagli stipendi dei dipendenti. Resta, invece, inesplorata, la via del taglio degli sprechi, come pure la riduzione dell’evasione fiscale, oppure una dismissione più cospicua del patrimonio immobiliare statale. Infine, è da sottolineare come 4 manchi la chiarezza sui provvedimenti, difatti, sono molto spesso demandate agli organi di stampa specializzati la divulgazione e la spiegazione dei dettagli sulle imposte, ruolo che dovrebbe spettare di regola alle Agenzie delle Entrate distribuite nel territorio. La discussione sui provvedimenti concreti è, come sempre (e forse volutamente?), lasciata dai principali organi di informazione in secondo piano rispetto alla quotidianità politica, costantemente ondeggiante tra la discussione sulle alleanze politiche, la decadenza del Senatore Berlusconi, e più recentemente focalizzata sui congressi della “rinata” Forza Italia e del Partito Democratico. Nadir, nov 2013 Politica SCHRÖDINGER’S CAT - La Giustizia firmata Cancellieri Nicola Nicodemo A sapè ffa la scena, quarche cosa se ruspa, dicono a Roma. Con l’accento della Cancellieri suona meglio. Lei ne sa qualcosa. Dopo il pasticcio istituzionale nel quale si era cacciata, è bastato un discorso, neanche troppo illuminato, per sanare lo strappo. È bastato fare la voce grossa. Quelli del Pd (e del Pdl), che si sbugiardano da anni, applaudivano il discorso del Ministro fino a spellarsi le mani. Mancava che la portassero in trionfo sul Carro di Cesare o innalzassero in suo onore la statua della Vittoria Alata. Per fortuna, di fronte all’indecenza - qualche volta - si fermano anche loro. La questione di fondo è che non si tratta più di dignità, coerenza o valori, che non appartengono alla dialettica politica: è una questione di convenienza. Lo spirito delle leggi, che aveva ben chiaro Montesquieu tre secoli fa, e - per estensione - lo spirito della democrazia, è stato sostituito da tempo dallo spirito della convenienza. Ed è questo spirito a rendere tali governanti dei piccoli ‘uomini’ politici. Le loro parole diventano vagiti. Come quelle del Presidente Letta: senza la Cancellieri salta il governo. Come se l’impegno a risolvere i problemi dell’Italia fosse condizionato alla sopravvivenza del Ministro. Pare piuttosto la ridicola minaccia di un uomo politicamente ‘piccolo’ di fronte a uomini ancora più ‘piccoli’, giullari del potere. La questione, per come è stata inadeguatamente discussa in Parlamento, non entrava affatto nel merito. Si limitava al tacito accordo: la Cancellieri rimane perché al- trimenti cade il governo. Cade questo sistema di relazioni tra politica, burocrazia e finanza. Salvare la Cancellieri significa garantire questo contorto sistema. Dell’umanità, della dignità, della coerenza, del fatto che i detenuti continuano a morire in condizioni - queste sì - disumane, non frega nulla a nessuno. Non fregava nulla al Parlamento (popolari e democratici senza distinzioni) quando salvò il Ministro Alfano che volens nolens lasciò che deportassero una donna rifugiata politica e la sua bambina nel Paese che le perseguitava. Non frega nulla al Parlamento dello spirito delle leggi quando si tratta di liquidare Berlusconi: da tre mesi interpretano una legge che dice in modo chiaro: la decadenza deve essere immediata, per evitare accordi, ricatti, corruttela. Non gliene fregava nulla neppure di Josefa Idem, Ministro del governo Letta costretta a dimettersi per non aver pagato l’Imu sulla palestra. Lei non era del sistema. Non intervenne Letta, non intervenne Napolitano. Il Pd scoprì di punto in bianco di avere una coscienza: non era conveniente difenderla. Così la Cancellieri, serena e convinta di essere un’eroina, acclamata da politicanti e giornaloni, non si porrà neppure la domanda su cosa abbia sbagliato, perché nel Palazzo non interessa a nessuno. A loro basta che il problema sia risolto. Che, ora, possano navigare, in pace, verso il baratro. A quel punto, il baratro, non sarà più un loro problema. Nadir, nov 2013 5 Attualità (articolo vincitore del sondaggio) Lampedusa: ci sarà una svolta? Federica Bloise Sono trascorsi due mesi dalla tragedia del 3 ottobre 2013, quando 366 migranti sono morti annegati nelle acque al largo di Lampedusa; 700 i morti accertati dall’inizio del 2013. L’emergenza non finisce mai, è infinita e si trascina dietro naufragi, annegamenti, lutti infiniti che vanno ad aggiungersi alla lista del Cimitero Mediterraneo. In occasione della commemorazione dei defunti del 2 novembre, Fondazione Migrantes ha rivolto un appello ai fedeli cristiani, affinché non si pregasse solo per i propri cari ma anche per i migranti morti nel Mediterraneo. Nel comunicato della fondazione si cita lo scrittore francese Georges Bernanos e “I grandi cimiteri sotto la luna”: “Uno di questi è il Mediterraneo, un segno della nostra incapacità di difendere e tutelare il cammino dei più deboli, migranti e rifugiati”. Penso che la tragedia di Lampedusa sia un problema che ormai dilaga sempre di più, che non riusciamo a controllare e a gestire al meglio. Quante volte sento dire: “Ma cosa vengono a fare in Italia? Cosa pensano di trovare? Non possono stare a casa loro?” o peggio sentire persone che esultano per la loro morte in mare. Tante volte anch’io mi sono chiesta “perché accade tutto questo?”, ma una risposta non la trovo, non dispongo di mezzi per dare una risposta concreta e credo che solo coloro che vivono questa situazione con la loro pelle, con i loro occhi possono esprimere giudizio. Nonostante le crisi che abbiamo qui in Italia di cui tutti noi risentiamo, dai più anziani ai più giovani, mi ritengo fortunata non solo per tutto ciò che possiedo, ma soprattutto perché vivo in un Paese privo di guerra. Nemmeno lontanamente possiamo immaginare cosa vuol dire vivere in un Paese in guerra, vedere la tua città, il tuo paese sotto le bombe, dover fuggire e abbandonare la propria casa o vedere la tua famiglia, i tuoi amici morti per strada,... non sono in grado di immaginarlo e spero di non vederlo mai. Siamo sempre pronti a criticare i migranti senza sapere nulla di loro, della loro vita, delle condizioni in cui vivevano prima. Molti sono costretti a partire, alcuni cercano una vita migliore, ma quando arrivano qui cosa trovano? Tanto odio e rifiuto, l’accoglienza è per pochi. Non voglio fare però la moralista e non voglio nemmeno dire che tutti coloro che vengono in Italia sono persone da compatire, assolutamente. Tanti di loro finiscono sulla “cattiva strada” (o forse vi erano già): spaccio di droga, prostituzione, abusi, criminalità di ogni genere. Il nodo che viene al pettine qual è? Lo Stato, il Governo Italiano (come sempre) che non si interessa minimamente di ciò che accade fuori. Impieghiamo la maggior parte del nostro tempo ad ascoltare i “problemi” di Berlusconi o di altri Ministri, ma quando accadono tragedie come quella di Lampedusa il Governo cosa fa? Perché dobbiamo sempre aspettare che ci scappi il morto per prendere provvedimenti? Lo strumento c’è ma l’Italia non lo vede. Come dice Alberto Bobbio è inutile che il ministro degli Interni Angelino Alfano continui a lamentarsi sul fatto che per far fronte all’immigrazione del Nord Africa occorre un piano europeo. La norma è quella della protezione temporanea prevista dalla direttiva Dell’Unione Europea 2001/55 che è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo del 7 aprile 2003, n° 85: offre un permesso che permetterebbe ai profughi la possibilità di spostarsi su tutto il territorio europeo, alleggerendo la pressione sui Paesi di arrivo. Ma l’Italia non ha mai presentato formalmente la proposta di attivare la direttiva. Se fosse attivata, su richiesta di un Paese, le norme comunitarie prevedono un permesso di soggiorno della durata di un anno, valido anche per lo studio e per il lavoro e che consentirebbe agli immigrati di chiedere il ricongiungimento familiare. L’Europa, dopo questa tragedia, condanna la legge BossiFini. Il 23 ottobre scorso, infatti, il Parlamento europeo di Strasburgo ha approvato una mozione bipartisan con cui ha chiesto di “modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare”. Il riferimento implicito, è alla legge Bossi-Fini che punisce con il carcere chi aiuta i migranti ad entrare in Italia con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel Documento si ricorda che “Lampedusa deve rappresentare un punto di svolta per l’Europa” e “l’unico modo per evitare un’altra tragedia è di adottare un approccio coordinato, basato sulla solidarietà e sulla responsabilità, coadiuvato da strumenti comuni”. Per concludere voglio riportare una frase citata dal Tenente di vascello Catia Pellegrino, la quale lotta per salvare uomini, donne e bambini dai flutti: “Quando ricevi l’allarme non pensi mai a chi c’è in mare. Ma una volta che li hai portati a bordo e guardi i loro volti solo allora ti rendi conto di chi hai salvato”. 6 Nadir, nov 2013 Attualità (articolo secondo posto del sondaggio) Alfred Nobel e la crisi Cristina Leonardo Il chimico e filantropo svedese Alfred Nobel nasce a Stoccolma il 21 Ottobre del 1833. Tornato in Svezia da Pietroburgo, in cui si era trasferito giovanissimo ricevendo istruzione privata russa, si dedica allo studio di esplosivi. Particolarmente importante è il suo studio sulla nitroglicerina, precedentemente scoperta da Sobrero, che lo condusse a brevettare la dinamite e ad approfondire i suoi studi sugli esplosivi fino alla scoperta della balistite. È proprio ai suoi brevetti e allo sfruttamento di campi petroliferi da lui acquistati a Baku che dobbiamo la nascita dell’importante onorificenza mondiale: il premio Nobel. In data 27 Novembre 1895, mediante testamento, Alfred Nobel destinò il suo patrimonio a una fondazione, la Nobelstiftelsen, avente lo scopo di distribuire annualmente 5 premi a coloro che avessero reso «i maggiori servizi all’umanità». Com’è ben noto, il premio Nobel è indirizzato negli ambiti della fisica, della chimica, della medicina o fisiologia, della letteratura e a chi si fosse particolarmente distinto per favorire le relazioni amichevoli fra i popoli. A tali premi, distribuiti a partire dal 1901, si aggiunge quello assegnato dalla Banca centrale di Svezia, a partire dal suo terzo centenario di attività (1968), nell’ambito di scienze economiche; quest’ultimo è di entità pari a quella degli altri premi Nobel. Il denaro devoluto da Nobel, che ammonta quasi a 31 miliardi di corone dell’epoca (circa 194 milioni di euro), è accuratamente custodito nelle casseforti della fondazione di Stoccolma; il 94% del patrimonio della fondazione è basato sulla donazione originale fatta da Nobel. Eppure La Repubblica del 18 Ottobre 2013 porta in prima pagina il titolo « Aiuto, stanno finendo i soldi anche per i premi Nobel». Tutto nasce dall’allarme lanciato dall’ ex governatore della Banca centrale Svedese, Lars Heikensten, il quale sostiene: «Per adesso la fondazione non pensa a finanziamenti privati, ma è probabile che dovremo studiare l’ipotesi nei prossimi anni». L’istituzione, infatti, è attualmente ben lontana dall’essere in bancarotta, ma la crisi del subprime del 2006, considerata la crisi economica peggiore dai tempi della grande depressione, sembra minacciare anche la benestante Stoccolma. I primi segni di crisi sono già visibili: la fondazione ha dovuto tagliare il valore dei premi del 20%, riducendo a 900mila euro l’entità dell’assegno che verrà consegnato ai laureati del prossimo 10 Dicembre. Inoltre, il celebre banchetto per 1.300 persone organizzato a Stoccolma come parte della cerimonia dei Premi Nobel, alle cui spese partecipa anche la famiglia reale svedese, si vede ridotti di un quinto i finanziamenti. Come risulta evidente dalle parole di Heikensten, tra le soluzioni possibili si è considerata l’idea di una campagna di raccolta fondi, andando contro a ciò che può essere considerato un motivo di vanto della fondazione: l’indipendenza economica che ne garantisce la neutralità. Un’altra soluzione presa in considerazione si basa sull’aumento dello sfruttamento commerciale del marchio; è già in costruzione un museo sull’isola di Blasiehol- men, a Stoccolma, più grande di quello attualmente esistente. Questo, che si pensa aprirà nel 2018, è stato in gran parte finanziato da donatori privati. Come riportato nell’articolo citato de La Repubblica, finora i ricavi finanziari sono sempre stati sufficienti per mandare avanti l’attività dei Nobel, grazie anche all’ esenzione fiscale concessa dal governo nel 1946. In particolare il patrimonio di Alfred è stato in parte investito in azioni, in parte in polizze assicurative ed in parte in altri investimenti. La crisi attuale, comunque, minaccia il bottino originale, al punto che non si esclude addirittura una campagna di crownfunding online, mirando alle microdonazioni di privati cittadini; tale soluzione viene definito, nell’articolo citato, “una gigantesca colletta per salvare l’onore dei Nobel”. RISULTATI DEL SONDAGGIO Lampedusa, onere o accoglienza? 63 (19%) Il Papa e l’udienza ai collegi 39 (12%) Festival del cinema di Venezia 41 (13%) Tasse e governo, niente di nuovo sotto il sole? 42 (13%) Alitalia e Telecom, società “private”? 52 (16%) Nobel, senza fondi. 58 (18%) Biennale 33 (10%) Nadir, nov 2013 7 Collegio Una molesta proposta Andrea Corbanese Quando si dice: «è una provocazione», si intende, di solito: «ho detto una sciocchezza ma voi fatevi gli affari vostri.» Dal momento che io la mia sciocchezza non l’ho ancora detta, sappiate che questa è una provocazione, ma del tipo che ricerca una reazione: la vostra. Ciò che mi accingo a fare è fare una proposta per risolvere un problema, nella speranza che voi mi mandiate al diavolo e troviate una soluzione migliore, grazie ai vostri ottimi ingegni e alla vostra alta moralità. Innanzitutto il problema: le matricole. Giunto al quinto anno e dunque tecnicamente “vecchio”, sensu strictiori, posso permettermi di sentirmi vecchio, e come tale di guardare con occhio burbero e cisposo alla gioventù, mugugnando nella mia bocca sdentata: «non ci sono più le matricole di una volta.» Ai bei tempi infatti le matricole erano piene di timore reverenziale nei confronti dei vecchi, accettavano senza fiatare compiti e disciplina ben più sgradevoli di quelli che si vedono oggi. I vecchi non si facevano scrupolo di terrorizzare le matricole, che potevano dormire per terra per intere settimane, in attesa che un vecchio ritenesse che avessero appreso una lezione. E io che facevo, a quei tempi, direte voi? Eh, a quei tempi la matricola ero io. Oggigiorno, benché la disciplina sia ben più rilassata e siano ormai dimenticati molti dei vecchi strumenti di tortura, le matricole sembrano sempre più insofferenti e inclini alla ribellione. Impressione falsata dal passare del tempo, dal fatto che io sono ormai passato da vittima a carnefice? Possibile. Ma il carnefice ha delle ragioni che la vittima non può comprendere. Rilevo, per inciso, che non tutti i vecchi trovano preoccupante la situazione, anzi ce ne sono che hanno ricevuto impressioni affatto positive delle nuove leve del Mazza. Ciò in parte mi conforta, ma non mi rimuove dalla mia determinazione a parlarne. Se poi non è un problema ma un parto della mia mente ormai senescente, tanto meglio. Non penso però di essere l’unico ad avere questa allucinazione: ho sentito vari discorsi sull’argomento, e visto vecchi scuotere la testa maledicendo il passaggio dai gancetti alle doghe come i cavalieri dell’Ariosto imprecavano contro l’archibugio. Forse la perduta autorità dei vecchi si trova sulla Luna, in mezzo a tante altre cose perdute; data però l’attuale deplorevole scarsità di ippogrifi, temo dovremo fare buon viso a cattiva sorte. Altri più autorevoli di me potranno discutere su come restituire ai vecchi la loro antica dignità, io preferisco affrontare il problema da un altro lato. Ciò che vorrei evitare è il perdersi della dimensione goliardica del collegio. Il fatto è che si tratta di una dimensione la cui esistenza si basa su un equilibrio fragile: la capacità di sopportazione degli allievi più giovani, il senso del limite dei più vecchi e il chiudere un occhio (per non dire il tacito supporto) della direzione. Ora, non è in nostro potere influenzare la direzione, che sembra sempre più orientata al proibizionismo, e per tutelare le proprietà del collegio e per evitare guai di ogni sorta. Molti vecchi hanno la sensazione di essere fin troppo limitati, ma del re- sto il limite va tarato sulle matricole di oggi e non su quelle di tre, quattro anni fa, e forse non ci stiamo ancora impegnando abbastanza. Intanto sembra che sempre di più tra le matricole ci sia la tendenza a non tollerare alcuna imposizione, a non dare peso all’autorità dei vecchi, e a invocare autorità esterne – la direzione o addirittura i genitori – per risolvere problemi tutto sommato interni come uno sbrando che si ritiene immeritato. Qui mi rivolgo alle matricole: cercate di capirci. Forse eravamo noi ingenui e vigliacchi a piegarci a ogni arbitrio dei vecchi; forse noi abbiamo una mentalità diversa, e certamente la nostra è meno efficace per levarsi un fastidio, ma scomodare la direzione per uno sbrando a noi appare vile come andarsi a nascondere tra le sottane della mamma. Ovviamente il primo impatto con la goliardia può essere traumatico, soprattutto se improvviso come quello di chi arriva in collegio e subito si ritrova coinvolto in qualcosa di caotico e terribile come può essere l’Immatricolazione. Io quindi non voglio accusarvi di viltà, anche perché non sono certo io a poter dare lezioni di coraggio. Rilevo però questa tendenza, e, sperando di essere in errore, sono preoccupato che possa portare alla fine di un modo di essere comunità che è peculiare e, credo, meritevole di essere preservato. Come dunque salvare capra e cavoli? Come mantenere, addolcita ma ancor viva, la Mazzianità come l’abbiamo conosciuta noi? Il mio primo pensiero è stato questo: le matricole devono sapere cosa le aspetta. Questo dovrebbe essere una componente essenziale del concorso, ma sembra che sempre più frequentemente il collegio accetti anche aspiranti allievi che per una ragione o per l’atra (ottime ragioni, non ho dubbi in proposito) non riescono a parteciparvi. Inoltre il concorso può dare un’idea di cosa sia la goliardia, un’idea non necessariamente 8 sufficiente a prevenire ogni male. Anche perché se bisogna prevenire conseguenze legali (possibilità che spiace perfino menzionare ma che trascurare non si può) un avviso informale non basta. Ecco perché si è formato un secondo pensiero nella mia mente: far firmare agli aspiranti allievi una liberatoria. Per entrare in collegio si firma un contratto, varrebbe la pena stabilire per contratto che all’ingresso al Mazza si accetta (nei limiti del buon senso) l’autorità degli allievi più anziani e una ragionevole disciplina. Questa soluzione porrebbe però due problemi: in primo luogo, sarebbe possibile dare una forma legalmente valida a qualcosa del genere? Da incompetente di giurisprudenza non so dare una risposta; temo inoltre che questa istituzionalizzazione snaturerebbe alquanto la goliardia, ma nulla è certo. Il secondo problema è invece ineludibile: quanti accetterebbero di entrare in collegio se fosse posta in modo chiaro e fin dal principio una tale condizione, quanti di noi sarebbero voluti entrare al Mazza sapendo già tutto quello a cui sarebbero andati incontro? Temo ben pochi. Io apprezzo molto questo collegio e la sua goliardia, ma ciò perché ho una visione interna delle cose. Se da un punto di vista interno ogni cosa ha il suo senso, dall’esterno la gran parte delle nostre tradizioni, della nostra “cultura”, può apparire barbara. Chi ha provato a parlare delle usanze del collegio a qualcuno che sta in appartamento o in un collegio ESU sa cosa intendo. Ci sarà anche chi vorrà entrare solo per trovare un posto per dormire e mangiare, con una compagnia stimolante e varie occasioni culturali, ma senza ulteriori distrazioni dionisiache. Ebbene, anche i Cripto hanno il diritto di stare in questo collegio, e di starvi in pace. Anche perché, molto pragmaticamente, il collegio per funzionare ha bisogno di fondi, i fondi vengono dalle rette, e chi siamo noi per dire al collegio di rifiutare giovani Nadir, nov 2013 meritevoli e motivati solo perché non condividono la nostra visione dell’essere comunità? La mia proposta pertanto è questa: istituzionalizzare i Cripto. Stabilire una divisione, moderatamente permeabile, tra chi accetta di vivere il collegio anche nei suoi aspetti più folcloristici (e talvolta più fastidiosi) e chi invece vuole godere solo l’ambiente senza mettersi troppo in gioco. Come si tradurrebbe in pratica questa idea? La cosa andrebbe naturalmente ponderata, ma proverò a buttare giù un canovaccio in modo da farvi capire meglio cosa propongo. Permettetemi di passare, per pure ragioni di comodità, dal condizionale all’indicativo. APPUNTI PER UNA CRIPTOCOSTITUZIONE: • I Mazziani si dividono in tre categorie, che chiameremo provvisoriamente A, B e C. La divisione è ufficiosa e non comporta modifiche al regolamento del Collegio. • Tutti gli allievi sono tenuti a impegnarsi nello studio e nell’arricchimento della propria personalità, per il bene di tutta la società, secondo lo spirito del Mazza. • Gli appartenenti alle categorie A (Matricole) e B (Vecchi) partecipano alla goliardia interamente e sono interamente sottoposti alle regole comuni, secondo le rispettive modalità. • Gli appartenenti alla categoria B si fanno carico dell’educazione delle matricole ai valori Mazziani e alle tradizioni del Collegio, come pure di eventuali modifiche di tali tradizioni. In linea di principio, il loro comportamento deve essere esemplare. • Gli appartenenti alla categoria C (Cripto) sono qui solo per studiare, e al limite per godersi la compagnia e l’offerta culturale. Non possono quindi essere oggetto di sbrando o di pratiche analoghe. Eventuali forme edulcorate di goliardia per i C possono essere sviluppate in seguito; esse non dovranno però comportare alcuna costrizione. • Le violazioni delle regole comuni all’interno della categoria A sono punite esclusivamente dalla categoria B, mediante sbrando e/o forme analoghe. Quelle commesse all’interno della categoria B sono punite analogamente, da parte di B più anziani o dal Consiglio degli Anziani. Eventuali contrasti con la o nella categoria C, che non fosse possibile risolvere con un civile dialogo, vengono risolti con la mediazione della Direzione. • Vengono concordate regole comuni che tutte le categorie devono rispettare, come pure le regole cui devono sottostare solo le categorie “goliardiche” A e B. • Le matricole non rientrano in alcuna categoria fino alla prima assemblea (o ad altra occasione prestabilita); pertanto fino a tale data non sono sbrandabili. Nel corso della suddetta assemblea esse decidono se appartenere alla categoria A o alla C; nel corso delle successive assemblee (o in altre occasioni prestabilite) gli allievi possono manifestare la decisione di cambiare categoria. • L’ingresso nella categoria A è sancito dall’Immatricolazione o, fuori tempo, da un opportuno Processo. L’ingresso nella categoria B è sancito esclusivamente dalla Smatricolazione, cui possono prendere parte solo allievi del secondo anno o successivi. Il passaggio alla categoria C può avvenire in qualunque momento, ma è consigliabile un pacifico approfondimento delle motivazioni, ove l’interessato fosse disponibile in tal senso: la nostra speranza è che quanti più allievi possibile vivano in pienezza l’esperienza del Collegio. Nadir, nov 2013 9 Collegio (per disguidi tecnici non pubblicato nel numero di Agosto) Intervista doppia: nostalgia dell’estate?... Mirjam Vego ANDREA MAROLLA DOMANDE VALENTINA BARBERO Andrea Marolla! 1.Come ti chiami? Valentina Barbero... ciao! Perché mi chiamo Andrea Ma- 2.Perché? rolla? Eh, che caspita! Boh, chiedilo ai miei! ( per non dire: “che domanda è?”) Perché mi chiamo così? Ah, perché è colpa dei miei genitori, non lo so! A me Valentina non piace, però a loro evidentemente sì! Ingegneria dell’energia, secon- 3.Cosa studi? do anno! Ho finito la triennale di psicologia, mi sono laureata la scorsa settimana. Perché mi piaceva eeeee... ma 4.Perché? “perché mi piaceva” dai penso possa andare... (dopo essere sceso a patti sulla risposta, notate che eeee, beh, boh si sprecano!) Perché? Perché... mo’ quello so fare! Mo’ non è che so fare altre cose, che ne so, lavorare coi numeri, scrivere bene, quindi faccio psicologia... quindi... no scherzo, perché mi piace essenzialmente e penso sia un po’ quello che so fare meglio! E quindi da lì psicologia e quindi vedremo cosa fare dopo! Riguardo a? Riguardo a qualsi- 5.E’ importante la motivaasi cosa? Beh sì aiuta un sacco, zione? nello studio e, per quello che mi riguarda, anche nello sport. Beh, nelle gare che ho fatto... ci vuole testa per arrivare fino in fondo! Tanto! Sicuramente tantissimo, soprattutto penso in certi tipi di percorso, quando tipo non so.. medicina, piuttosto che psicologia, ma anche in altri tipi… perché quando ci sono degli ostacoli, hai qualcosa che ti spinge ad andare oltre anche se ti se in quel momento vorresti dire solo: (pausa) “Basta!” ...fondamentalmente... Curiositaaaaaà, beh impara- 6.E la curiosità? re cose nuove fa sempre bene, può sempre tornare utile... quindi se si ha propensione, sì! Ancora di più della motivazione (sorride)! No è che sono molto curiosa, quindi devo giustificare questa cosa: no curiosità nel senso di andare a conoscere, quello sì! Curiosità nel senso che mi faccio gli affari di chiunque mi sia intorno, allora quello no! Quindi curiosità legata alla conoscenza sì, tante, e deve guidare un po’ gli studi di tutti! Curiosità legata ai fattacci altrui, per quanto io sia una donna e mi piaccia far 10 Nadir, nov 2013 gossip, (ride) non è una cosa molto carina da fare! Sì, e anche ieri! Eh, è stata una bella esperienza! Se ho l’occasione l’anno prossimo la rifaccio volentieri! (Ogni tanto guarda il suo vassoio, da cui l’ho distolto mentre mangiava, e si controlla alle spalle verso l’altra parta del tavolo, che prova ad acoltarlo...) 7.Hai conosciuto persone oggi... molte In CCR? Beh, il mio compito è… (si ferma) quello di capire un po’ i caratteri e le personalità di quelli che entrano eeeeee vedere se sono non più che altro persone adatte al collegio, ma più che altro se possono vivere l’esperienza del collegio integralmente. 8.Qual è il tuo compito? Mah, ho fatto un po’ di tutto! Ho portato caffè, ho fatto fotocopie, poi vabbè, ho parlato coi ragazzi, sono stata con loro… non mi piace dire che li abbiamo selezionati, nel senso che è stato un modo per conoscerli e di far vedere loro com’è il collegio e capire chi di loro può essere inserito in un collegio, perché il collegio è un po’ particolare come realtà e quindi non tutti secondo me possono stare in questo posto. Sì un po’, però oggi su certi ho cambiato idea... percheeeeeé mi avevano fatto una certa impressione ieri, ma... oggi che li ho sentiti parlare, che ci ho parlato un po’, ho cambiato idea! 9.Sono influenti le prime impressioni? Si e no. Nel senso che sì perché tutti abbiamo delle prime impressioni, no perché secondo me bisogna avere la voglia di andare oltre... perché sennò anche alcuni ragazzi che abbiamo conosciuto, fermandoci alla prima impressione, magari dicevi no o dicevi subito sì! Se non andavi un po’ oltre, il giudizio era superficiale... ed è un peccato! Il 6... senso? Mah...Non so neanche se l’ho mai usato! (Ridacchia!!) 10.Scommetti sul tuo sesto senso? Sì, tantissimo! Si però in CCR al di fuori che vista e udito eeeeee... basta... perché è sentir parlare e poi non ha nessun senso! 11.Anche i cinque sensi avranno la loro utilità a questo scopo... Si... ma scommetto di più sul sesto! (approfitto dell’unica risposta breve di Vale per dirvi che è in posa professionale. Alterna i gomiti per fare perno su di essi e appoggiarsi: dal braccio della panchina, allo schienale, al tavolo; poi raccoglie le mani sulle gambe e ogni tanto si sistema i capelli: tutto con una certa ciclicità!) Si, mi sono anche impegnata con i nome! Forse perché avevamo i foglietti con le foto, (climax ascendente in un grande trattenimento della risata) e quindi ho avuto la possibilità di affrontare i nomi, poi avendo storpiato i cognomi, e poi avendo anche avuto la possibilità di associare nome cognome e storpiatura di cognome (che sfocia in un sospiro)... e quindi si ne ho conosciuti veramente tanti!...e tante persone splendide! È stato molto molto bello! Nadir, nov 2013 11 Di CCR? (no, però non fa niente... lasciamo che dica la sua!) Beh è bello perché.... più che altro a me ha richiamato in mente quando l’ho fatto io... e vedere gli altri che lo facevano anche è stato divertente, e gestire le loro attività, ed essere, diciamo, dall’altra parte... 12.Cosa è bello di questo? Del sesto senso? (no neanche adesso, però pazienza!!) Avere l’intuizione, riuscire ad andare quel pochettino oltre, che è appunto di tutti i cinque sensi, avere qualche deduzione sulle persone, per quanto mi riguarda. Mi ripeti? Non ho capito... non ho capito la tua... cos’è che volevi? Riguardo a cosa? Aaaaaaaa... beh la schedatura penso che tu intendi in fatto che, in tema di voti, ti arriva uno eeee.... Come fa il test... e quelle robe lì! ...(pensa) sì! (cosa?) però quello che è più importante, chiamiamolo pettegolezzo, comunque è la chiacchiera che fai con qualcuno: capisci subito che tipo di persona è! Non tanto da come fa il test, da che voti ha... capisci? Ma parlando insieme!! ( (In realtà non ho capito molto la sua risposta non molto pertinente, ma questo flusso di coscienza mi piace, per cui non l’ho fermato!) 13.Il pettegolezzo, la schedatura e la vaghezza: riesci a dare una tua opinione? Allora... sul pettegolezzo... no non è giusto, non va bene farlo, è, però lo si fa! Perché ha un modo che è chiacchiera, è tutto detta chiacchiera, soprattutto quando si vive in tante persone insieme!...le altre quali erano? Allora la schedatura, allora... io sono un po’ contro le schedature, cioè una persona può essere così in un modo per un periodo e poi dopo di che cambiare! Perché è normale: prima o poi cambierà! E...la vaghezza... non mi piace, assolutamente, io sono una che, per quanto non pare, deve arrivare al punto, assolutamente! Quindi preferisco avere un quadro preciso e non rimanere troppo sul vago. Un segreto mio? (No, il fatto di mantenere un segreto o di scoprirlo...) Aaaa, beh forse una spia dell’FBI, diciamo che più che spia, se vengono a chiedermi qualcosa riguardante quel segreto, mi cerco di defilare... nel senso che non sono come uno scrigno, che dice no e basta! (ma quindi qualcos altro?) Quindi direi più spia io! (Vabbè...) 14.Il segreto: scrigno, spia dell’FBI, oppure... ...qualcosa di importante da custodire? (è lei che fa le domande a me adesso! Spiego: in merito alla segretezza da custodire, come ti sei sentita?) mah segreto relativamente, nel senso che non dovevamo dire niente ai partecipanti, però non c’era molto da tenere segreto, anche perché appunto erano tutti ragazzi tranquillissimi! (Lei però non si descrive!) Beh per questa esperienza di CCR, beh, 30 e lode! Cioè, è stata divertente e... se avete l’occasione fatela! Eeeee magari forse devo riuscire a stare un po’ più attento, ma quella è una cosa mia... e poi metterci più impegno, perché avevo un esame ieri! Però, per il resto, mi è piaciuta! 15.Il verdetto e poi a casa: cosa porti con te? Allora...innanzitutto un’esperienza bellissima, quanto faticosissima, quindi... chi vuole fare ccr, sappia che è faticosa! Porto a casa sicuramente di aver conosciuto tantissime persone, e anche un po’ la voglia di non fermarmi alla prima impressione, che anche un po’ alle volte mi può succedere. EEE. Altro che porto con me è l’importanza di imparare a stare dall’altra parte, nel senso che prima sono stata quella che “fra virgolette” è animata dai ccr, ora sono stata quella che animava! Ed è stato bello capire cosa c’è al di là, anche per dare importanza che all’inizio 12 Nadir, nov 2013 non avevo dato, alle persone che sono state di là! Beh ai ragazzi che sono qua di rivederli tutti, e... a me di passare gli esami! 16.Cosa auguri per settembre? Di prendere altrettanto persone valide come quelle che abbiamo preso? No scherzo, che ci siano delle persone che rendano questo posto ancora più bello di quello che già è, in modo che ci sia tanta voglia di fare, tanta voglia di partecipare, sì! (Io:e infatti la domanda era “e per te”! e lui ormai ripete:) A me di passare gli esami eeee... boh dai, spero di rivederli tutti, questi, dai! (cioè, avreste dovuto vederlo come ha aperto il braccio indicandoli...) 17.E per te? Per me, per me di trovar una magistrale l’anno prossimo da fare! ( ride) No scherzo, per me di portare avanti gli obiettivi che ho cominciato quest’anno con il collegio e cercare di inserire quante più persone nuove nei nuovi progetti; per dare continuità ai progetti, ma allo stesso modo per dare un ricambio. Eh per me no perché adesso... gli esami a Bressanone saranno fino al dieci, e dopo avrò venti giorni forse di pausa, perché avrò gli esami a settembre però!...saranno poche vacanze! 18.L’amore non va in vacanza, neanche lo studio? O sì? Eh quello è andato in vacanza, è brutto da dire, ma la pagherò cara... anche il mio letto l’ha già pagata per un paio di volte già, quindi ok! No, l’amore non va in vacanza, spero di no, invece lo studio sì, perché fino a ottobre, non si dice questa cosa, niente più libri? E anche se non si dice, verrà sopperita da tanti altri libri di lettura!!! (con l’entusiasmo alle stelle) Grazie! (e si carezza la testa) 19.Buon lavoro e rientro Grazie, ciao!! Nadir, nov 2013 13 Collegio Incontro del secondo anno. Tema “la povertà” Enrico Ridente Ecco a voi lettori il succo di quello che è stato l’incontro formativo al rifugio Boschetto per (no)i ragazzi del secondo anno. Il primo momento di riflessione che abbiamo vissuto è stato l’incontro con il prof. Vito Massalongo che ci ha immersi per un paio d’ore nella cultura Cimbra. Abbiamo compreso come in effetti il problema dell’integrazione dello straniero non è solo un problema d’attualità, e come l’uomo tenda in ogni epoca storica a relazionarsi nei confronti dello straniero umile e bisognoso con diffidenza e paura, timoroso di perdere i propri beni a causa di illeciti compiuti da chi “ pare stranio “. Subito dopo, grazie a Carlo Menegari, Volontario del Centro Studi Immigrazione Cestim, abbiamo affrontato il problema dell’immigrazione. Il tema è stato affrontato partendo proprio dall’italia che è passata da terra di emigranti a paese di “”” benessere “”” con un flusso di immigrazione notevole. Come sappiamo i migranti vivono spesso situazioni di disagio, nonostante riescano magari a risolvere i loro problemi economici. “Si è passati da homo sapiens sapiens a homo migrans migrans” ripeteva Menegari. Una delle domande da porci è senz’altro: “ è vero che nessuno è straniero? “ Nel pomeriggio Paolo e Franca, due volontari impegnati nella Guinea Bissau, ci hanno spiegato ( ma anche contagia- to) un po’ di quel “ mal d’Africa “ che loro vivono nel quotidiano. Paolo ci racconta come ci si accorga che noi abbiamo e sprechiamo tutto mentre solo chi non possiede nulla può realmente insegnarci il valore delle cose. Ecco quindi che la povertà diventa servizio, attivando la sensibilità accorgendosi del bisogno del nostro vicino, offrendo ascolto e comprensione. Nel tardo pomeriggio è stato svolto un lavoro di gruppo su differenti tematiche . Un gruppo ha analizzato la povertà intesa come servizio, il secondo gruppo ha affrontato la povertà come scelta di vita e il terzo gruppo ha esaminato invece la povertà come essenzialità. Grazie a Don Flavio, nella seconda mattina, abbiamo potuto analizzare la spiritualità della montagna, metafora della vita in tutti i suoi aspetti. Lassù abbiamo imparato a dipendere meno dai nostri beni materiali ( ad esempio il cellulare che non prendeva e internet ) e ad aprirci molto di più agli altri. Li comprendi davvero i tuoi limiti ed impari anche ad accettarti per quello che davvero sei. La vita è una sfida che va affrontata. Anche per Gesù essa è stata un lungo cammino pieno di avversità. Insegnandoci come è Dio che dà ogni cosa ed è per questo che l’uomo povero affida a Lui tutto se stesso attraverso la vera preghiera e l’umiltà. La spiritualità della montagna ti porta inevitabilmente all’ammirazione di ciò che è Infinito ed Eterno. Durante la nostra uscita residenziale abbiamo inoltre visitato la bottega dell’artigiano del ferro Gino Bonamini, il quale ci ha anche dato una breve dimostrazione della sua arte. Grazie invece alla guida di un uomo del Corpo Forestale, Luca Signori , abbiamo imparato a riconoscere le varie specie di alberi nel bosco del monte Carega. Non si può fare a meno di parlare della sera che ci ha visti impegnati in un avvincente partita a “ Lupus in tabula “ durante la quale abbiamo dato il meglio/peggio della nostra furbizia e stupidità. 14 Nadir, nov 2013 Collegio (per disguidi tecnici non pubblicato nel numero di Agosto) Intervista doppia: ...mai ripeterlo due volte! Mirjam Vego Prima: PIERO DOMANDE Dopo tre secondi: SAVIO Piersavino. Come ti chiami? Piersavino! ...ah, ok, scusa! Medicina Cosa studi? Medicina... Ormai, ormai, ero abituato!... Medicina e Chirurgia! Si Hai finito la sessione? Si Anatomia La più grande palla al piede è stata... Anatomia (scuotendo la testa) (ci pensa) boh, genetica! Eeee boh sto pensando ma... Il successo più grande... La vittoria al torneo di biliardino! Per il Nadir, mh! (ridacchia) Perché ti sto intervistando? Per fare un’unica intervista dove io sono l’unico grande protagonista! beh, innanzitutto sono un bel tipètto, poi... sono simpatico, eeee eh!...e affascinante! Tre motivi per cui sei interessante: Sono responsabile, sono...insomma, faccio ridere, eee sono, insomma, abbastanza affascinante! Dalla Basilicata Da dove vieni? Venosa Potenza (perché un altro pregio è l’essenzialità!!!!) Eh già, però diciamo che io sono il capo fondatore. C’è una buona componente qui in collegio... Si, siamo in cinque, da Venosa, e... sono tutti miei seguaci! “Biliardino” dici? Perché è una sport interessante, e si continua la tradizione mediterranea... (il lato politico di Piero che riempie lo “sport”interessante!) Perché giocate a “calcetto”? Perché è uno sport che ti tira fuori tante emozioni e... sì è uno sport!! Solo i veri giocatori possono dire che è uno sport! Eh, si tiene... dà consigli, ma i migliori trucchi se li tiene per sé! Un maestro svela mai la tecnica? Assolutamente no! Un coro! Eh...(silenzio) non me ne viene manco uno... (ma sei tifoso?) Sì, ma non Ultras! Sei tifoso? Il coro migliore... “Siam venuti fin qua, siam venuti fin qua, per vedere segnare...(fa una pausa, soride) Piersà!!” Le frise sono, praticamanete, le... cioè dipende, come si possono dire??... una specie di.... di bruschetta, di forma circo- Da buon terrone spiegaci cosa sono le frise Allora le frise sono un... ( e quando finalmente aveva le idee chiare, dall’esterno osservano la pausa dei tre secondi e Nadir, nov 2013 15 lare, a ciambella!, poi sopra ci metti il pomodoro e, mmmm, e l’olio, e il sale, e l’origano, eccetera... (nel frattempo raccoglie i viso tra i pugni e si appoggia sul tavolo) gli urlano: Parla!!!) Ovvio che parlo!! Io posso! (e riprende senza scomporsi) le frise sono una specie di bruschette a forma di ciambella che possono essere condite con pomodoro, olio, sale, origano, e sono molto buone! Eh, praticamente...( e qui si mette dritto sulla schiena, sorride) sarò baciato dal sole della California, se tutto va bene... (sapeva di aver peccato di poca umiltà...) Un po’ di mare quest’anno? Eh, si spera, se riuscirò ad andare, in California da mio fratello, farò un po’ di mare, un po’ di surf... No, niente!!! Settimana enigmistica sotto l’ombrellone? No, solo io, il sole, il mare, e la brezza che mi accarezza i capelli! Dragonball! (più sicuro di lui chi poteva essere?) Goku, va là! (aaaaaa) 13 orizzontale: Protagonista del manga di Akira Toriyama Il mitico Goku!!... (si cruccia e dice:) comunque alla fine dillo che puzzavo come un caprone durante l’intervista! La mia! (e sorride soddisfatto) L’onda energetica più potente dell’estate è? Il mio viaggio in California! Potrebbe essere quello... Eee... non comprendo, non capisco l’inglese! (io: era una frase della canzone, appoggiarsi alle nuvole, la tua nuvoletta?) Speedy!! “Resting through the clouds”: la tua nuvoletta? Eh...le persone che mi sono più vicine, le persone speciali! (Farfuglia qualcosa e ride...) La sfera, di cristallo, dice che tornerai a Padova a settembre, e... Farò un bel po’ di esami! E il tirocinio! A me e basta proprio!! Buone vacanze a te e a? Tutti i cari mazziani e tutte le persone che leggeranno tutte le m*n***ate che ho detto! 16 Nadir, nov 2013 Collegio Cronaca delle fatiche di una matricola Vito Squicciarini Foglie rossastre si adagiavano dolcemente al suolo, numerose, leggiadre, rischiarate appena dal tenue, argenteo barlume di Artemide. La terra sembrava gelosa del vello dai caldi colori, quasi anelasse proteggersi dai primi tremori autunnali, dai tragitti sempre più brevi dei cavalli del cocchio di Apollo, esausti, fiaccati dalle spensierate galoppate d’estate. Le foglie cadevano inerti, silenti; così anche la Luna con gli astri danzava senza un rumore, rispettosa di un silenzio che parlava mille parole. Tutto, in quel crepuscolo d’ottobre, suggeriva tensione. L’Olimpo era in fermento. Da tempo immemorabile, ormai, nessun mortale ardiva porsi sullo stesso piano delle divinità. Erano i tempi di Asclepio e Ganimede; ma quelle apoteosi, lungi dal costituire una sfida al cielo, furono certo aliene da tanta superbia. Gli dei, siatene certi, erano irritati. Non che nessuno osasse opporsi direttamente alle sue richieste, beninteso. Forse qualcuno meritava questo premio più di lui? Era pur sempre un semidio, benché mortale; il più forte degli uomini, coraggioso come un leone, sensibile come una farfalla, capace, con le stesse mani, di strangolare bestie feroci e di asciugarsi il bel volto rigato di lacrime amare; insomma, gli dei l’avrebbero accolto tra di loro, ma non prima di averlo sottoposto ad un’immatricolazione in grande stile. Era una fredda serata, lì, nella landa settentrionale che ancora serbava le spoglie del povero Fetonte. C’erano tutti, dei e dee ed eroi e mortali, frementi in attesa dello spettacolo. Her- mes, messaggero degli dei, araldo della tenzone, annunciò solennemente che, nella prima delle fatiche, avrebbe dovuto sfidare i più veloci tra i mortali. Ad Eracle sfuggì un ghigno: “Tutto qui?” pensò. Si trattava però di vincerli con l’ausilio di una gamba sola. L’eroe si aggiudicò, non senza sforzo, tra i boati di meraviglia del pubblico mortale, questa e le altre prove ginniche. Dopo l’ennesima fatica, il sudore iniziava a grondare copioso sull’ampia fronte del tebano. Chiuse gli occhi. Un istante più tardi, tutto intorno a lui era cambiato: eccogli dinanzi gli Argonauti, gli antichi compagni di avventure, ecco la nave Argo, Orfeo, Giasone, i Dioscuri… gli sembrò di sognare. Ma erano lì, in carne ed ossa; e sfidavano assieme, come una volta, le mani vigorose avvolte attorno agli agili remi, i flutti del Ponto. Mentre la burrasca portava le onde ad infrangersi possenti su di loro, come fossero secchiate d’acqua fredda lanciate a tradimento da Poseidone, con dolcezza crescevano, avvicinandosi sempre più, le note di una melodia soave, argentina, di un canto ammaliante... Le sirene! Il tracio Orfeo, presa la cetra, accompagnò le urla sguaiate dei marinai, canti improvvisati, sgraziati, canti popolari, canzoni famose, che sovrastando quelle altre, consentirono a tutti di uscirne indenni. Un battito di ciglia e l’eroe, con le mani legate e un grosso macigno in equilibrio sul capo, era ora in un’impervia foresta, buia e popolata dalle spaventevoli voci di divinità ctonie. Eracle, l’invincibile Eracle, aveva paura. Nel buio della notte, inciampò su una radice, facendo cadere il grave. Colpa nefasta, a causa della quale anche il suo stomaco dovette soffrire. Gli dei ridevano, compiacendosi della propria cattiveria. Si tramanda che alcuni tra loro lo apostrofassero come “S.M.D.M.”, ma nessuno conosce l’esatto significato della formula. “Sporco mortale di Maratona” sosteneva qualcuno, “Stupido marito di Megara”, affermavano altri. Eracle, indomito, resisteva. Le forze gli vennero meno, quando dovette scendere al piano inferiore, alle profondità più recondite dell’Ade, e trovarsi a faccia a faccia con i Titani, ambasciatore per conto degli dei. Ciò che accadde nel Tartaro, nessuno lo sa. Stremato, spossato, tornò in superficie. Zeus lo invitò a mettersi a suo agio. Sembrava finita, ma era solo l’inizio della più difficile delle fatiche: trovare il tripode di Zeus, la sedia che non c’è. Solo dopo la festa poté cominciare. Il Sole sorgeva di nuovo sulla terra, dissipando le tenebre. Zeus, finalmente, sorrise. L’Olimpo aveva un nuovo inquilino. Nadir, nov 2013 17 Collegio Intervista doppia alle matricole! Giordana Daniotti GAIA DOMANDE PARIS Prima di iniziare devo dire una cosa, brutte cose accadranno se non la dico (Accendo il registratore, ora puoi dire quello che vuoi!) Sono del Gran Ducato (sei del gran ducato?) Si, significa quinto piano e sesto piano..se non l’avessi detto sarei stato sbrandato per tutto l’anno. Gaia! Nome Paris Pasqualin (pasqualin?) si.. di solito è strano il Paris, non il Pasqualin! Gaia! Gaietta... Non ne ho. Scrivi che mi spiace molto che non ho mai avuto un soprannome. Soprannome Del piano? (No, come ti chiamano di solito!) Io vengo dalla Grecia, però visto che avevo origine italiane, mi chiamavano l’Italiano (e adesso ti chiamano il Greco?) No, non esattamente.. mi chiamano Gettuz..sarebbe il soprannome del mio piano 23 Età 18 anni Pavia Da dove vieni? Ho vissuto tutta la mia vita in Atene, Grecia, però sono nato a Verona. Per studiare, per fare la magistrale. Perché sei a Padova? Per studiare, perché la Grecia non è un posto per studiare. Eh.. Posso dirgli che cos’è un matematico perché mi è venuta oggi in mente la definizione.. allora no, che cos’è l’università.. in maniera seria è il luogo dove puoi costruire e iniziare a costruire il tuo futuro.. in maniera non seria è il luogo dove bruci gli anni più belli della tua giovinezza, tra alti e bassi di felicità e depressione più totale.. cioè sono cinque anni di totale mancanza di equilibrio! Cosa diresti ad un bambino se ti chiedesse cos’è l’università? Eh.. una cosa divertente direi, molto diversa dalla scuola visto che puoi fare quello che vuoi, i tuoi genitori non ti dicono niente.. però se me lo chiedesse direi che è una cosa tipo da divertimento e.. un po’ di studio (solo un po’!) un po’ si! 18 Nadir, nov 2013 ..in cui però costruisci il tuo futuro! (e cos’è un matematico? Lo stavi dicendo, ora dillo!) eh, ma tu fai matematica? Sennò non capisci.. è l’unica categoria di uomo che può dire con fierezza “meno male che c’è l’o-piccolo”.. vabbè è una battuta nerd (senti allora io la scriverò, i nerd capiranno!) A che età? Tipo a tre anni il muratore, perché mi piaceva fare le costruzioni e i cappelli a barchetta! quindi sognavo di fare il muratore di costruzioni di lego, anche se ero molto scarsa... poi c’è stato il veterinario, e poi la psicologa.. e poi il nulla, e poi sono finita a ingegneria e poi a matematica Da bambino, cosa pensavi che avresti fatto da ‘grande’? Una cosa quasi come quella che faccio adesso, mio padre era ingegnere civile e mi piaceva tanto, volevo fare quello. Però adesso ho scelto ingegneria dell’energia. Cosa penso che farò non lo so! Cercherò di applicare i miei studi in matematica... ..e adesso pensi che farai.. Ingegnere dell’energia Eh, boh.. pregando qualche entità superiore e dicendo “tanta merda” come sempre.. e bevendo tanta Redbull, soprattutto bevendo tanta Redbull! Bevendo tanta, tanta, tanta Redbull, prima dopo e durante! Come affronterai gli esami? Da quello che ho capito ce ne sono alcuni molto difficili, però a me sembrano facili. E quelli che sembrano facili agli altri sembrano difficili a me, quindi.. non so come spiegartelo! Tipo analisi mi sembra facile, però disegno industriale è una cosa impossibile per me. (figurati per me!) La Redbull! Hai un portafortuna? No Si, per gli esami tantissimo. Cioè quindi, se uno va bene gli altri devo farli con gli stessi vestiti, le stesse cose.. non ho mai cambiato la cartella dalla seconda liceo, mi son laureata con stessa cartella, e di fatti mi sono andata a laureare con la cartella con gli adesivi dei Sex Pistols, imbarazzantissimo.. e non ho voluto nessuno agli orali, quindi non ho voluto nessuno alla discussione della tesi! Sei una persona superstiziosa? No per niente ..blu! Colore preferito Eh.. difficile. Direi o rosso o nero, non saprei quale dei due Anche la faccia? (no!) no.. se mi pagano si.. allora dico verde, e andresti mai in giro vestita tutta di verde, si! Usciresti mai vestito interamente di questo colore? No! Però mezzo rosso e mezzo nero si. (riferimenti calcistici?) no io non seguo il calcio quindi... di sicuro non è il milan! Nadir, nov 2013 19 (tutta di verde si, tutta di blu no..?) blu, no! Non ha senso come risposta lo so Credo di si.. si.. si, tantissimo, originalissima! Sei originale? Si dai, un po.. sono un po strano anche, me lo dicono spesso! (strano in senso positivo?) si dai strano positivo, mi differisco dagli altri però in modo sempre positivo La fissa? Eh di fisse ne ho tantissime! Quando mangio sono piena di fisse! Ma fisse nel senso paturnie? Cioè tipo quando studio devo continuamente controllare se la porta è chiusa, controllare le cose.. ne ho troppe! Mi fai sentire malata cosi! Devo sempre avere gli armadi chiusi, le luci come dico io, quando dormo non deve entrare luce, non ci devono essere rumori, quando mangio devo mangiare come dico io, tot bocconi di cibo, tot sorsi d’acqua regolari... Sembro matta! (ma un periodo in cui ti eri fissata di fare qualcosa..) ma ogni cosa che faccio è perché mi sono fissata di fare quella cosa! Beh, aspetta.. quando avevo 12 anni volevo affinare i miei sensi quindi andavo in giro per casa ad occhi chiusi, perché speravo che migliorassi come i ciechi l’olfatto, l’udito.. o sennò cercavo di parlare agli animali.. La fissa più strana oppure l’hobby più strano che tu abbia mai avuto Beh faccio tanti sport d’acqua.. uno che qua non conoscono tanto è il kitesurf.. (eh infatti!) è un po’ extreme, c’è una vela che vola e tu vai sull’acqua sopra una tavola.. però non lo faccio più perché ho avuto un incidente e mi sono quasi rotto una gamba! Qualunque, vedo tutto, ogni film, ogni giorno, sempre! Genere di film preferito Mi piacciono i film d’azione, però di solito se un film ha qualcosa da dire in generale, mi piace, se vuole passare qualcosa insomma Eh dipende dai periodi! Idealmente, non mi ricordo se è Thelma o Louise, Susan Sarandon in “Thelma e Louise”.. (Louise!) poi per un periodo della mia vita mi sembrava di essere Susanna Kaysen, di ragazze interrotte, perché mi ero interrotta anche io, e poi.. eh devo pensarci, ho troppi film preferiti! Ci devo pensare! .... (passaparola?) Passaparola, sennò inventalo, metti Tata Matilda! Dì un personaggio di un film in cui ti riconosci e perchè mmm... boh! Fino all’anno scorso quando ero a scuola, mi dicevano tutti che assomigliavo.. hai mai visto il film Nuovo Cinema Paradiso? (si!!!) mi dicevano che assomigliavo a quel bambino perché avevo cominciato a proiettare dei film nella mia scuola, quindi tutti mi dicevano “Totò, Totò!” 20 Nadir, nov 2013 Non lo posso dire in pubblico! Se spegni il registratore te lo dico.. non si può scrivere! (non si può scrivere..) allora un superpotere.... Fermare il tempo! Come in una puntata dei Simpson! L’altro no, non si può dire... CE L’HO! Il personaggio del film, mi è venuto in mente! (eh vai allora diccelo adesso!) Nikita, di Luc Besson! Perché è un personaggio molto figo.. e perché le piacciono i ravioli.. non perché a me piacciono i ravioli ma è un personaggio molto bello, mi colpisce.. Beh, cambierò mille volte idea! (per ora accontentiamoci) Se potessi avere un superpotere, quale sarebbe? Me lo domandavo da piccolo, e dipende da come lo vuoi usare: se mi dicessero di combattere, vorrei tipo controllare il ghiaccio. Perché posso fare scudi e anche delle armi... se invece mi dicessero, non so, di salvare persone forse direi volare La capacità di adattamento Una capacità di cui vai fiero mmm.... So fare.... Esercizi di matematica? Non direi che so fare cose strane... so fare così! (piega le braccia dietro la schiena) Pregio, la tenacia. Difetto, la mancanza di equilibrio. (in questo momento si sta dondolando in bilico su uno sgabello) ....tranne su questo sgabello! Un tuo pregio e un tuo difetto Un difetto... a volte mi succede tipo di arrabbiarmi con i miei genitori e gridargli... altre cose non mi vengono in mente.. (e un pregio?) cosa sarebbe? (una cosa bella!) ...... boh! (non ne hai?) no, ne ho... ma non so... che sono affettuoso?! Allora, pregio, il confronto con altre persone. Il difetto... il confronto. Cioè il fatto che ti devi confrontare sempre è un pregio e anche un difetto, cioè sei portato sempre a confrontarti con altri anche quando magari desideri, anche non positivamente, l’isolamento. Un pregio e un difetto della vita in collegio Una cosa bella qua è che puoi conoscere tante persone... un difetto.. non so cosa dirti, perché puoi tornare quando vuoi, puoi fare quasi quello che vuoi.. un difetto sarebbe che non posso portare persone che voglio nella mia stanza, è l’unica cosa che mi viene in mente Le recensioni culinarie del cibo della mensa! (...) Scritte da Giordana! Cosa ti piacerebbe leggere in un futuro numero del Nadir? Mi piacciono le cose scientifiche, le cose strane... di solito mi piace leggere cose strane.. poi, non è che leggo tanto! (ride) Mi piacerebbe anche leggere cose di psicologia, perché mi interessa. Infatti se chiedi tutti dicono che dovrei fare psicologia! Saluto la relazione.. la redazione! Ciao a tutti i matematici della relazione, eh, redazione! A tutti i matematici che capiranno la battuta, e ciao a tutti i non matematici, ciao a tutti Saluta la redazione Ciao giornalino! E buona fortuna e buona… non lo so.. buone stampe! Nadir, nov 2013 21 amici! Eh non so come si dice.. come si dice ‘ciao’ in greco? Ciaoingreco, tutto attaccato! Saluta il/la tuo/a compagno/a di intervista Ciao Daniela... ehh.. (?? Gaia!!) Gaia? Gaia non è l’altra ragazza? Tu sei Gaia?? (No! Gaia è la tua compagna intervistata!) ah, credevo che dovevo salutare te!! (Noo! Lei! Ma io non sono Gaia!) ah, ciao gaia! Stammi bene! Collegio L’USCITA DELL’ANNO... ...Se il furgone è tedesco, l’autista è divino Mirjam Vego e Gabriele Bogo Ivair diceva di non amare il sole... e di preferire Santa Maria degli Angeli a San Damiano. Noi invece siamo andati a fare gli eremiti! E don Mario tirava dritto, avanti col suo passo lanciato... sarà anche perché la massa non lo rallentava molto, essendo noi in quattro! Sfruttando la spinta dei camion, siamo arrivati a Costano e ci ha accolto il Signor Lanfranco, con la delicatezza di una nonna. Tempo di cena e di visite per i curiosi giunge al tramonto: dopo la pizza e l’insalata don Mario ci ha regalato il panorama notturno di Assisi ai piedi della collina... ecco un assaggino... Dopo una passeggiata per la città, siamo tornati nell’appartamento, dove abbiamo letto insieme la vita di san Francesco e santa Chiara; perché prima viene la teoria e poi la pratica. Il giorno successivo, un sabato mattina di sole e foschia, siamo stati nei pressi della basilica di san Francesco: chi a guardare i dipinti, chi a pregare in Chiesa, chi a pensare e incontrare gente in città... e poi c’è stata la messa concelebrata da don Mario nella Basilica Inferiore. Abbiamo approfittato per fare un confronto ai fornelli, prima di entrare nella parte viva delle giornate, dato che tutto cominciò a San Damiano...… anche noi siamo partiti da lì, sempre meno turisti e sempre più eremiti. Tra quelle mura ognuno di noi ha “riparato la propria casa” secondo un percorso spirituale autonomo e, forse, favorito dal fatto che eravamo in pochi. Nel convento abbiamo ripercorso i luoghi della vita dei frati e di santa Chiara e, uscendo dalla stanza della sua morte, siamo andati nella chiesa a lei dedicata. Lì abbiamo trovato l’originale del crocifisso di San Damiano e il corpo della santa, approfittando così per un altro momento di preghiera. Ormai eravamo in cerca di posti dove l’anima incontra la pace, anzi se stessa… e abbiamo preso suggerimento da quello che san Francesco stesso preferiva: l’eremo delle Carceri. Anche qui ciascuno ha seguito il proprio sentiero: chi quello di frate Vento, chi quello di frate Leone, chi in adorazione, chi semplicemente in contemplazione. 22 Nadir, nov 2013 Dopo una fame, viene l’altra...e uno dei desideri più grandi di don Mario era di entrare ad Assisi in macchina, così dopo tanti anni è stato soddisfatto! La seconda fame è stata placata con la cena, dopo la quale ci siamo preparati alla domenica, con il commento delle letture e del Vangelo. Svegli dall’alba, al cambio dell’ora erano le 7.00, abbiamo partecipato alle lodi mattutine con i frati e alla messa a San Damiano concelebrata da don Mario. Prima di raccogliere i bagagli, abbiamo insieme scelto il programma del giorno: passaggio per Rivotorto, tappa alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, che portarono la Porziuncola ad Assisi, e deviazione verso La Verna, per completare il percorso di san Francesco. Ai Chiusi di La Verna, tra Diario e Compito, il Casentino toscano ci ha accolti nella nebbia dei boschi. Il convento era gremito di Casertani in pellegrinaggio, nonostante le castagne di cui facevano vanto. Tra la natura del Sasso Spicco, presso cui il santo ha ricevuto le stigmate, e l’arte dei fiorentini allievi di Della Robbia, abbiamo assaggiato l’essenzialità del posto. La conclusione di questo viaggio di tre giorni ad Assisi è questa. La sua lettura è molteplice: storia, spiritualità, arte, natura, indagine, confronto. Secondo la propria disposizione d’animo, ciascuno ha potuto vivere la riflessione e forse un cambiamento. Alla ricerca o meno di questo, spontaneamente l’ambiente diventa coinvolgente e trasmette la sensazione di quiete tangibile. Ivair cosa pensi? I Passeggeri Nadir, nov 2013 23 Cultura Il problema della resistenza immaginativa (appunti dalle lezioni; D. Hume, Of the Standard of Taste) Riccardo Gabrielli Le prime pagine del romanzo Lolita, di Vladimir Nabokov, sono riservate a una prefazione. Prefazione, per così dire, apocrifa. Alla tradizionale narrazione – svolta tramite l’espediente del manoscritto ritrovato – va ad aggiungersi, infatti, un’introduzione – attribuita anch’essa a un personaggio fittizio – cui sono affidate, con ironico distanziamento, valutazioni di buon senso e considerazioni morali. Citando da tale preludio: Egli [l’autore – simulato – delle pagine che seguono] è indubbiamente un individuo ripugnante ed abietto, un fulgido esempio di lebbra morale, una commistione di ferocia e lepidezza che rivela forse un’infelicità estrema, ma non contribuisce affatto a rendercelo simpatico. [...] E’ un anormale. Non è un gentleman. Ma con quanta magia il canto del suo violino sa evocare una tenerezza, una compassione [...] che ci fanno leggere rapiti il libro mentre ne aborriamo l’autore! Il passo indicato – il cui tono, dominato perlopiù dal ribrezzo, è dovuto agli orribili reati di cui si sta implicitamente trattando – può offrire alcuni spunti di riflessione per quanto riguarda un tema variamente discusso in filosofia dell’arte, ossia la cosiddetta resistenza immaginativa. Perché sottolineare che la “rapita” lettura del libro è accompagnata da una certa forma di disprezzo? Donde, inoltre, tanta preoccupazione, da parte di Nabokov, nel dissimulare al massimo grado la sua voce? Non può trattarsi, forse, di una scelta estetica che ha varie e profonde implicazioni con la sfera morale? Infine, è legittimo – o, ancor più: è verosimile che un parere, concernente un prodotto artistico, sia influenzato da credenze appartenenti alla vita pratica? Siffatte questioni, che sorgono quasi spontaneamente, possono essere d’aiuto nel presentare l’argomento della resistenza a immaginare. In cosa consiste la resistenza immaginativa? Secondo Tamar Gendler, “[It] occurs when a subject finds it difficult or problematic to engage in some sort of prompted imaginative activity”. L’eventualità presentata nel seguito del testo citato è puntuale. E’ descritta un’ideale variante di Macbeth in cui l’omicidio di Duncan è messo in scena con grande fedeltà al testo di Shakespeare, seppur alcuni elementi originali presentino il delitto come deplorevole per la sola ragione di aver interferito con il sonno di Macbeth; se un astante è contrariato nell’accettare un simile stato di cose, si ha a che fare, da parte sua, con un comportamento di resistenza immaginativa. Appare immediatamente evidente come questa sia una condotta che, se da un lato è inevitabile, dall’altro compromette radicalmente il giudizio complessivo nei confronti del prodotto estetico – il mancato coinvolgimento emotivo non è dovuto a una pessima recitazione o a una debole sceneggiatura, ma nel non riuscire a far propri dei valori a tal punto inusuali da risultare assolutamente inammissibili, poiché glacialmente indifferenti alla sofferenza. D’altron- de le opere d’arte si definiscono preliminarmente, come rileva Kendall Walton, per essere dei supporti all’attività dell’immaginazione, per prescrivere norme al fantasticare della mente, per stimolare una funzione intellettuale tipica dell’umanità. Respingendo un sollecito a immaginare, non si collabora al gioco di far finta stabilito, che, così, non può che concludersi in un fallimento. In altri termini: si danno delle circostanze in cui un’opera d’arte invita ad assumere un punto di vista che un fruitore può non essere disposto ad interiorizzare; una carenza etica si traduce così in un difetto estetico insormontabile. Questo genere di resistenza a immaginare può essere definita di tipo morale. A titolo di esempio: alcuni possono scegliere di abbandonare la lettura di Nella colonia penale di Kafka ritenendo che far propria una prospettiva terrificante, qual è quella che il racconto invita a condividere, possa condizionare negativamente anche azioni compiute nella vita reale; altri, invece, possono avvertire nel loro animo una sorta di repulsione che non gli permette di apprezzare a pieno la prosa e la creatività dello scrittore di lingua tedesca. Di là dalle divergenze, ciò che è comune a entrambi gli atteggiamenti è l’esitazione nell’accettare un mondo finzionale moralmente deviante, distante dal proprio. Non è certamente questo, in ogni caso, l’unico genere di resistenza immaginativa: Brian Weatherson e altri notano come il medesimo contegno si dia non solo in corrispondenza di concetti normativi come quelli etici, bensì anche per descrizioni ontologicamente bizzarre o addirittura fisicamente impossibili. Potremmo parlare, a tal riguardo, di una resistenza di tipo teoretico. Il comportamento descritto è giustificato? Un giudizio estetico, quando – per così dire – è mescolato a una valutazione di tipo etico, è accettabile? Tra le due tipologie di resistenza, morale e teoretica, s’istaura 24 una gerarchia? L’una ha la priorità sull’altra? Anche a queste domande è dedicato il saggio Of the Standard of Taste di David Hume, del 1757. Hume, nello stesso paragrafo in cui individua la problematicità della resistenza immaginativa, esprime anche, direttamente e inequivocabilmente, la sua tesi: [W]here vicious manners are described, without being marked with the proper characters of blame and disapprobation, this must be allowed to disfigure the poem, and to be a real deformity. I cannot, nor is it proper I should, enter into such sentiments; and [...] I can never relish the composition. Il filosofo empirista considera inappropriato, ed anche impossibile, che, da lettori, ci s’immedesimi in abitudini degenerate. Egli legittima che l’assenza di moralità sfiguri un poema, che una mancanza etica interna all’opera comprometta l’efficacia della stessa. Tuttavia, appoggiandosi a quali ragionamenti l’autore giunge a simili conclusioni? Perché, inoltre, affermare che le “vicious manners”, affinché s’infrangano inevitabilmente e negativamente sul giudizio estetico, non devono essere “marked with the proper characters of blame and disapprobation”? E’ necessario, a questo punto, evidenziare come Hume arrivi a formulare l’argomentazione segnalata. Lo svolgimento di Of the Standard of Taste trae origine dalla constatazione della grande varietà di posizioni differenti che regna nell’ambito del gusto. In questo modo, però, si prende atto di una contraddizione. Da una parte, i giudizi di gusto non sembrano essere suscettibili di descrizione razionale. Essi riguardano, infatti, la bellezza, che non è da Hume considerata una qualità oggettiva, sussistente nel mondo, ma al pari di ente inerente soltanto alla relazione tra soggetto e oggetto. Come nel mondo non esistono i colori veri e propri, ma frequenze che possono entrare in contatto con i nostri Nadir, nov 2013 occhi, così il piacere che si prova nei confronti di un lavoro d’arte segna “a conformity or relation between the object and the organs or faculties of the mind”. Di conseguenza: “[E]ach mind perceives a different beauty. One person may even perceive a deformity, where another is sensible of beauty”. In arte, e non solo, tutto sembra essere dominato dal soggettivismo, dalla relatività delle valutazioni: “every individual ought to acquiesce in his own sentiment, without pretending to regulate those of others”. D’altro canto, il senso comune si esprime anche nella direzione opposta: Whoever would assert an equality of genius and elegance between OGILBY and MILTON, or BUNYAN and ADDISON, would be thought to defend no less an extravagance, than if he had maintained a mole-hill to be as high as TENERIFFE, or a pond as extensive as the ocean. Laddove ogni possibile ricorso a una regola del gusto sembrava essere stato allontanato definitivamente, il pensiero di un canone ideale riemerge. Alcuni giudizi si mostrano come più stravaganti di altri; l’uguaglianza di “genius and elegance between OGILBY and MILTON” risulta poco plausibile. Come sciogliere, dunque, la tensione tra le due posizioni contrastanti? Hume propone di stabilire uno “standard of taste” che, se da un lato è fondato semplicemente su “organs and faculties of the mind”, dall’altro può, forse, permettere di eludere quella certa forma di prospettivismo assoluto, che, come si è visto, è difficilmente sostenibile. La strategia di Hume è cristallina. La bellezza ha, per certi versi, affinità con le qualità sensibili degli enti; si può affermare, d’altronde, che tendiamo a svalutare la capacità di riconoscere i sapori di un uomo ammalato – ad esempio. A man in a fever would not insist on his palate as able to decide concerning flavors; nor would one, affected with the jaundice, pretend to give a verdict with regard to colours. In each creature, there is a sound and a defective state; and the former alone can be supposed to afford us a true standard of taste and sentiment. If, in the sound state of the organ, there be an entire or a considerable uniformity of sentiment among men, we may thence derive an idea of the perfect beauty; in like manner as the appearance of objects in daylight, to the eye of a man in health, is denominated their true and real colour, even while colour is allowed to be merely a phantasm of the senses. E’ intuitivo riconoscere che gli organi di senso possono trovarsi sia in un buono stato, che in una condizione poco attendibile. Al tempo stesso, v’è un’oggettività irriducibile nelle “mutual relation and correspondence of parts” che contraddistinguono le opere di genio. A questo punto si può cercare, dunque, di individuare quali caratteristiche, quali modi d’essere dell’intelletto, definiscano il perfetto fruitore d’arte, e da qui inferire un canone della critica, una regola del gusto. Quali sono le condizioni che definiscono il buon critico? Essenzialmente, le sue analisi devono essere guidate dal buon senso; le sue personali inclinazioni – che, ad esempio possono portarlo a essere maggiormente sensibile per l’incisività lirica di Orazio che non per l’incantevole complessità di Tacito – temperate dalla ragione. Più specificamente, è imprescindibile dal vero giudice • una lunga pratica, affinché gli sia permesso “to acquire experience”, cosicché “his feeling becomes more exact and nice” mediante l’esercizio delle facoltà; • una lunga pratica, affinché gli sia permesso “to acquire experience”, cosicché “his feeling becomes more exact and nice” mediante l’esercizio delle facoltà; • la libertà “from all prejudice”: Hume riconosce che le orazioni di epoca classica sono Nadir, nov 2013 state scritte per un pubblico con una sensibilità remota da quella dell’uomo moderno. Il buon critico deve sempre prendere in considerazione le circostanze particolari che accompagnano un’opera; • l’imposizione di una “violence on his imagination” al fine di poter dimenticare se stesso, la sua contingenza storica ed emotiva, ed assumere un punto di vista imparziale. Il trattato, che apparentemente sembra potersi concludere, presenta ora l’attenta formulazione della resistenza ad immaginare: Hume nota che laddove sono descritte abitudini immorali, “without being marked with the proper characters of blame and disapprobation”, l’opera è ineluttabilmente sfigurata. Si tratta di un passaggio che ha destato varie perplessità tra i lettori. Perché in un’opera le imperfezioni etiche sono tanto sgradevoli, mentre – come si afferma apertamente – si può soprassedere naturalmente, con uno sforzo dell’immaginazione, ad errori scientifici e speculativi? L’autore scrive: “[w]hatever speculative errors may be found [...] they detract but little from the value of those compositions”. Inoltre, Michelle Mason, insieme ad altri studiosi, ha posto l’accento su un probabile paradosso: se il critico ideale si caratterizza per la capacità di astrarre da ogni prospettiva particolare, con lo scopo di assurgere ad un punto di vista il più imparziale possibile, perché ciò non può avvenire anche per costumi morali diversi dai propri? A FRENCHMAN or ENGLISHMAN is not pleased with the ANDRIA of TERENCE, or CLITIA of MACHIAVEL; where the fine lady, upon whom all the play turns, never once appears to the spectators, but is always kept behind the scenes, suitably to the reserved humour of the ancient GREEKS and modern ITALIANS. [...] A man of learning and reflection can make allowance for these peculiarities of manners [...]. Qual è la differenza tra una 25 commedia di Machiavelli, in cui certi elementi sono giustificabili da un uomo colto ed intelligente – “[a] man of learning and reflection” – ed alcuni crudeli versi dei poemi omerici, che Hume, nonostante ne riconosca il valore artistico, non esista a ritenere incapaci di commuovere un uomo di buon senso? E’ credibile che il filosofo illuminista reputi inadeguato immedesimarsi in personaggi malvagi, affinché non si subiscano influenza negative per le azioni della vita reale, se concepisce il senso morale come estremamente saldo e stabile, se il buon giudice “is confident of the rectitude of that moral standard, by which he judges”? A tal proposito, Christopher MacLachlan giudica addirittura l’intero Of the Standard of Taste un breve ma altamente ironico trattato. Nonostante la posizione di MacLachlan sia profondamente originale, è indubbio che possano darsi anche esegesi meno impegnative, ma forse più esplicative, del saggio di Hume. Sembra questa, ad esempio, la strada seguita da Reed Winegar: la ragione per cui il critico non ha alcuna colpa se si rifiuta di assumere, anche solo momentaneamente, un modo immorale di vedere il mondo, è dovuta all’importanza che Hume attribuisce al buon senso. Non si deve dimenticare che è il buon senso a permettere che vi sia libertà da ogni pregiudizio. It is well known, that in all questions, submitted to the understanding, prejudice is destructive of sound judgment, and perverts all operations of the intellectual faculties: It is no less contrary to good taste; nor has it less influence to corrupt our sentiment of beauty. It belongs to good sense to check its influence in both cases; and in this respect, as well as in many others, reason, if not an essential part of taste, is at least requisite to the operations of this latter faculty. Un uomo di buon senso è un eccellente critico perché può comparare con arguzia il valore diverse opere d’arte, può intendere a pieno la finalità di un lavoro letterario, e può relativizzare le differenze di costumi che intercorrono tra la nostra civiltà ed un’altra; tuttavia, è proprio in virtù di questo stesso buon senso che non può prescindere dal proprio ethos, che non può sorvolare sulla devianza morale come se fosse semplicemente un errore teoretico. L’uomo di cultura ed intelligenza non smette mai di confidare nella “rectitude of that moral standard, by which he judges”, non teme neanche per un istante di poter perdere il suo senso etico; al tempo stesso, non può metterlo tra parantesi: non perché abbia paura di eventuali conseguenze, ma perché se lo facesse perderebbe la stessa qualità grazie alla quale è riconosciuto come un’autorità in fatto di sensibilità estetica. Questa posizione è, ancora oggi e con ogni probabilità, più condivisibile di quanto non possa sembrare. Si prenda ancora una volta in considerazione Lolita, esempio di eccellente narrativa, largamente apprezzata, che espone le vicissitudini di un individuo corrotto e depravato. Ci si può rendere conto, allora, di come l’autore eviti di trattare la vicenda con diretta sfrontatezza: la forte dissimulazione e l’accentuato distanziamento ironico sembrano avere lo scopo di farci assumere il punto di vista non del criminoso protagonista, ma di un lettore al quadrato, di un lettore di un lettore della sua storia. In conclusione, secondo Hume, non è solo comprensibile che, nel caso di un’opera che richieda di identificarsi in ideali contro ragione, un uomo di buon senso provi una sensazione di disagio, ma è addirittura suo dovere tramutare l’inadeguatezza etica in una imperfezione estetica. 26 Nadir, nov 2013 Racconto Gigantomachia Parte prima - La fine del viaggio Angelo Balestra “Capitano, siamo appena usciti dal tunnel spazio-temporale, iniziamo ad avvertire l’attrazione gravitazionale del pianeta I633-571”. “Vedo. Iniziate pure a risvegliarli. Atterraggio previsto tra ottantadue micro-Croni*...”. “AHHHHHHH! Ahh, ahh, ahh...”. L’aria fece irruzione nella capsula e disperse nell’atmosfera della nave il gas in cui Bramir era stato immerso per centonovanta Croni: si fece strada nella sua gola, percorse la trachea, attraversò i bronchi e arrivò fino al sangue. Il cuore riprese a pulsare a pieno regime. Il ragazzo tossì per buttare fuori il liquido che sentiva depositato sul fondo dei polmoni, e aprì gli occhi. Davanti a lui c’erano le tombe bianche nelle quali dormivano gli altri suoi compagni di viaggio, e gli uomini dell’equipaggio attivo che camminavano in quel cimitero spaziale e muovevano veloci le mani sugli olografici. Risvegliavano i morti. Alla fine erano riusciti davvero a trasportare quel colossale cilindro bianco ai confini dell’universo, tra wormhole e curvature dello spazio-tempo, tempeste magnetiche a piogge di asteroidi, e ora che il loro compito era quasi terminato soffiavano la vita nei polmoni dell’equipaggio passivo. Non serbando ricordi del tempo trascorso all’interno della nave, gli uomini che avevano dormito cullati dalle radiazioni dello spazio profondo potevano soltanto immaginare l’assurdo viaggio che li aveva portati fino a lì. Bramir continuava a tossire. Aveva l’affanno: la pressione sulla nave era molto più bassa di quella su Yalta, e sentiva nel corpo la stanchezza e lo shock di quel sonno innaturale. Una brezza leggera strisciava sulla sua pelle umida, dovuta al fatto che la nave ruotava su se stessa con una velocità angolare di 0,6 radianti al secondo per simulare la gravità. Si passò una mano sul cranio, si mise seduto e si guardò intorno: alla sua sinistra gli alberi da frutta e le canne da zucchero erano cresciuti come edera su un muro bianco, e le magnolie erano diventate alte. La parte destra, invece, si era riempita di pini e di viti. L’odore pungente gli ricordò la pineta dove correva ogni mattina prima di andare a lezione. Nell’aria aleggiava una musica familiare. Un brano terrestre, note dure e vagamente allucinogene, in inglese: una rivisitazione neo-classica di un brano di Aphex Twin. Appena lo riconobbe, Bramir non poté fare a meno di muovere la testa a tempo. Su Yalta, fatta eccezione che per gli studenti, erano davvero pochi quelli che conoscevano l’inglese, soprattutto perché lì la densità dell’aria era diversa, e il differente modo di propagarsi delle onde sonore faceva si che parlare in inglese fosse molto più complicato che sulla Terra. Nonostante questo, la musica terrestre andava forte: la gente si era abituata ad ascoltarla un po’ come durante il medioevo il volgo ascoltava la messa in latino. Sedici capsule più in basso, uno dei membri dell’equipaggio attivo risvegliò Flavia. Anche la nebbia bianca della sua capsula si disperse nell’atmosfera della nave, e anche lei si mise seduta e tossì per sputare fuori il muco dai polmoni. Poi guardò in direzione di Bramir. Gli occhi verdi, non ancora abituati alla luce bianca e accecante che guizzava da ogni angolo della nave, lentamente misero a fuoco le mani, il petto umido, il viso, gli occhi scuri. I due si sorrisero. In quel momento, a Bramir venne in mente il giorno in cui Flavia gli parlò della sua decisione di iscriversi come volontaria per la missione sul Pianeta dei Giganti. Allora frequentavano l’università militare su Yalta. Lei era seduta nel banco alla sua destra, agitava le mani tra le figure sottili del suo oloquaderno e scriveva sullo schermo le parole del professore di “storia ed evoluzione dei trasporti intergalattici”. “...Come evidenziato da numerose ricerche antropologiche sulla natura nomade della nostra specie, quello di viaggiare è uno dei bisogni più antichi dell’essere umano: ancora prima di uscire dal sistema solare, o addirittura dal proprio pianeta d’origine, l’uomo era dominato dal desiderio di oltrepassare i propri confini, e l’unico limite che conosceva era il livello di avanzamento del progresso scientifico-tecnologico...”. Il professore era un ologramma in tele-trasmissione da un’aula sulla Terra: in quel momento la sua immagine era proiettata in trecento altre aule di trecento altre università su quindici pianeti differenti. Su Yalta, la sua proiezione gesticolava tra l’arredo in legno di una riproduzione della sala conferenze dell’Imperial College dove stava tenendo la lezione in tempo reale. “Mmmh, vedo che accanto agli appunti hai disegnato una caricatura del professor Flint... Immagino che ti sarà utile, quando dovrai ripassare...”. Disse Bramir sbirciando sull’oloquaderno di Flavia. Flavia alzò lo sguardo sorridendo. Nadir, nov 2013 “Guarda che è una tecnica mnemonica...” “...Le caravelle spagnole: un potente strumento che permetteva di sfruttare al meglio l’energia eolica. Proprio quello di cui c’era bisogno nel quindicesimo secolo per raggiungere le Americhe! E non credete che le prime arche spaziali fossero tanto diverse da questo miracolo dell’ingegneria dei trasporti. Come con le caravelle, anche qui i primi pionieri della nostra galassia partivano per sempre per colonizzare nuovi mondi...” Flavia riprese a prendere appunti. “Senti, posso dirti una cosa?” “Cosa?” chiese la ragazza, spalancando gli occhi senza girare la testa: e guardandolo di lato, quell’occhio verde sembrava quasi quello di una balena che emergeva fuori dall’acqua, la cicatrice sulla guancia lasciata lì da qualche baleniere piegata in un’espressione incuriosita. “Mi dispiace che tu abbia deciso di partecipare alla missione...”. Flavia alzò la testa e lo guardò negli occhi. “Anche se... Forse fai bene a mollare tutto. Yalta non è un posto per gente che sa vivere...” continuò lui, mentre graffiava con la punta di un coltellino una “F” sul banco di metallo. “...Dopo l’energia chimica, iniziò l’era dei motori a fissione nucleare. Questa fonte di energia scadente e pericolosa, tra imprevisti e missioni fallite, ci servì bene fino a quando arrivammo ad edificare le prime basi spaziali sui satelliti di Giove. Il traguardo più importante che siamo riusciti a raggiungere sfruttando la fissione dell’uranio è stato una bella gita sulla cometa di Halley: come immagino voi tutti sappiate, quella fu la prima spedizione che portò sulla terra microorganismi extra-terrestri. Poi fu l’era dei motori a fusione, che ci permisero di arrivare fino alle regioni più estreme del nostro sistema solare...” “Sai che non è quello...” disse Flavia, abbassando lo sguardo. “Il fatto è che qui ho la sensa- 27 zione di... Non lo so, di non essere importante, di non partecipare alla marcia dell’uomo...”. “Qui su Yalta?” “Si! Cioè... Ormai ne ho piena la testa di storie sulle nostre origini, sulla conquista dell’universo e tutto il resto... Non voglio rimanere qui per sempre, circondata da ologrammi di gente che mi raccontano il progresso e le spedizioni dell’umanità... A volte fatico anche a credere di essere io un essere umano!” esclamò allargando le braccia e guardando l’ologramma del professor Flint. Lo sguardo di Bramir colpì prima le doppie palpebre trasparenti, poi le piccole branchie sul collo, e infine la pelle dura e arsa: tutte le piccole differenze che la selezione naturale e la bioingegneria avevano fatto nascere tra i coloni e i terrestri**. “Qui non c’è niente... Non ha senso spaccarsi il culo studiando i segreti dell’universo se poi rimaniamo qui... non ci meritiamo di essere confinati su Yalta per tutta la vita...” “...L’antimateria! Ecco la forma di energia che ci permette tuttora di coprire praticamente qualsiasi distanza all’interno della nostra galassia, e con cui siamo riusciti a raggiungere l’abisso di Einstein! Furono proprio gli esperimenti condotti in quel buco nero che hanno illuminato territori di conoscenza che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare, e ci hanno permesso di mappare le gallerie gravitazionali dello spazio tempo e sfruttarle per i nostri viaggi inter-galattici! Nella seconda metà del quattromila-ottocento almeno mille uomini avevano già viaggiato all’interno di un tunnel spazio-temporale, riuscendo così a raggiungere i luoghi più remoti della Via Lattea...” “E poi... La prima missione extra-galattica dell’umanità...… Non dirmi che non ne senti il fascino neanche un po’... E’ una vita che si sente parlare del “Pianeta dei Giganti, dove la storia della materia e dell’energia ebbe inizio”... Secondo me, anche tu sotto sotto muori dalla voglia di andarci!”. Bramir sorrise. “Sì, beh, se devo essere sincero, ci ho pensato anch’io... Ci sto ancora pensando, a dire il vero... Ma, non lo so, lasciare tutto, per tutta la vita...” Disse il ragazzo, staccando il coltellino dal banco: sul metallo, la parola “Flavia” galleggiava su un mare di altre scritte. “Conosci già quello che lasci... Ma non sai niente di quello che trovi...“ disse lei sorridendo. “E ti dirò un’altra cosa: è inutile che ci rifletti così tanto. O almeno, io non l’ho fatto. Non ha senso riflettere di una cosa che non conosci, soprattutto di qualcosa come questo viaggio, che non puoi mai sapere in che modo cambierà il modo che hai di vedere le cose... Meglio sprecare più energie per quello che verrà dopo...” “Cosa?” “Giustificare nel miglior modo possibile la scelta che hai preso!” esclamò Flavia mentre rideva, e prese la mano del ragazzo. Il professor Flint, intanto, spiegava il funzionamento di un motore ad antimateria che aveva appena iniziato a galleggiare a mezz’aria sulle teste degli studenti. “Comunque vada a finire questa storia, sappi che ti ho voluto bene in questo periodo.” “V’informiamo che tra dieci micro-croni entreremo nel campo magnetico del pianeta I633-571. Il viaggio sta per concludersi. Indossate le tute che troverete sotto la vostra capsula e recatevi in maniera ordinata davanti alla porta anteriore della nave”. Bramir guardò in alto. Avevano spento la musica. Si staccò dal corpo i sensori che durante il viaggio avevano impedito ai suoi muscoli di atrofizzarsi e uscì dalla capsula. Un cassetto con all’interno la tuta si aprì davanti ai suoi piedi. Le tute che dovevano indossare erano sottili e trasparenti: aderivano quasi perfettamente al corpo, e all’interno del tessuto dei raggi rossi viaggiavano velocissimi come meteore che 28 bruciano nell’atmosfera, vibrando come le corde di una chitarra. Quegli abiti così sottili riuscivano a leggere e controllare le vibrazioni delle stringhe, e nei pochi millimetri che separavano la stoffa dalla pelle creavano un varco dimensionale nel quale l’atmosfera e la temperatura erano quelle sulla superficie di Yalta. Tutto, ovviamente, era controllato dal computer di bordo della nave. Con le tute impostate in un altro modo, gli astronauti avrebbero respirato lo zolfo e il titanio delle miniere di Ganimede. Con un’altra impostazione ancora, avrebbero sentito sulla pelle l’energia che sintetizzava l’oro e l’uranio all’interno delle supernove. Le tute erano programmate anche per smorzare la forza di gravità del Pianeta dei Giganti. Dopo che ebbe indossato la tuta, Bramir si avviò insieme gli altri verso l’uscita, camminando lentamente per fare in modo che Flavia lo raggiungesse. “Com’è andato il viaggio?” “Bene... Pensavo che risvegliandomi duecento Croni più vecchia sarei stata peggio, invece mi sento in forma...” “Hai sognato?” “Si, credo di si... Ma non ricordo molto... Ricordo che quando avevo degli incubi era tremendo, perché non riuscivo mai a svegliarmi quando arrivavo nel momento peggiore!” Disse Flavia sorridendo. “Neanche io ricordo quello che ho sognato, ma doveva essere qualcosa di allucinante... Potremmo provare a chiedere a qualcuno dell’equipaggio attivo se riesce a farci vedere le registrazioni oniriche, magari le conservano da qualche parte...” Arrivarono davanti alla porta anteriore della nave. Erano duemilatrecento-cinque, ammassati come davanti a un concerto appena prima dell’apertura dei cancelli. La porta era enorme e circolare, completamente bianca. La folla era distribuita su due file, su due lati opposti del cilindro cavo: tra le due file, le piante e gli al- Nadir, nov 2013 beri oscillavano leggermente a causa del vento. “Salve” La porta circolare divenne uno schermo, e l’immagine di un uomo iniziò a parlare all’equipaggio: un uomo imponente, vestito con una tuta uguale a quelle che l’equipaggio della nave aveva appena indossato, calvo come il resto dell’umanità. “Sono il generale Teogon, senatore della Coalizione e principale responsabile di questa missione. Vi do il benvenuto sul pianeta I633-571. La vostra è la trentacinquesima nave che raggiunge questo corpo celeste. Siamo lieti di avervi con noi. L’unico obiettivo della nostra presenza qui è la ricerca scientifica: l’osservazione astronomica ci ha fornito evidenze che questo pianeta occupa una posizione di fondamentale interesse nello sviluppo del nostro universo, e noi siamo qui per studiarne la composizione e la storia. Immagino che vi sia nota l’esistenza di forme di vita autoctone su questo pianeta. I nostri satelliti hanno rilevato un totale di 8600 creature viventi. Non siamo qui per muovere guerra contro questa razza aliena. Tuttavia, la loro reticenza ad accoglierci come ospiti e incontrarci in modo pacifico ha fatto nascere delle ostilità, e ci ha costretto ad alcuni atti di violenza. Saremo più chiari su questo punto in futuro. Per ora vi do il più caloroso benvenuto. Appena sarete sbarcati, verrete introdotti nella base sotterranea numero tre. Lì vi saranno illustrati i vostri compiti e il vostro ruolo all’interno della missione. Vi auguro un buon atterraggio”. La porta tornò bianca. Una voce annunciò che la nave stava per entrare nell’atmosfera del pianeta. “Non ci informano di quello che sta succedendo su Yalta?” disse Bramir voltandosi di scatto verso Flavia. “E di cosa dovremmo essere informati? Vuoi un elenco delle persone morte di vecchiaia mentre eravamo in viaggio?”. “No, ma potrebbero almeno aggiornarci sulle novità politiche, su...”. “Bramir, credo che faresti meglio a dimenticarti della tua vita precedente...”. La nave penetrò nel muro di nuvole nere e dorate. Dei fulmini viola sfrecciarono dalle nubi e colpirono il metallo bianco: gli aloni neri e le ammaccature accumulati nel corso dei viaggi nelle deformazioni dello spazio tempo si illuminarono per un momento, poi furono seppelliti dalle montagne di gas e dall’oceano di polveri dell’atmosfera del pianeta. Pochi micro-Croni dopo la nave sbucò dall’altra parte delle nuvole, e scoprì le terre cupe e aspre sulla superfice: un deserto nero scorreva sotto la nave, catene montuose nascondevano le loro valli come le dorsali degli abissi oceanici, crepe nere ferivano la terra come enormi cicatrici, e ogni tanto, sorvolando le pianure grigie, creature enormi e mostruose si fermavano un momento in ascolto, e occhi di un blu intenso si alzavano al cielo seguendo la traiettoria della nave. La nave atterrò su un piccolo promontorio. Sei bracci rossi di metallo si staccarono dai fianchi del cilindro come le zampe di un ragno, e attutirono l’impatto con il suolo. Una voce all’interno istruì l’equipaggio sul luogo dove avrebbero dovuto dirigersi una volta usciti dalla nave. La porta anteriore si aprì, e il plotone calpestò velocemente la terra nera che separava la nave dall’ingresso della base sotterranea numero tre. Note per lettori del passato: *Dopo la fondazione delle prime colonie spaziali sul pianeta Kepler-20, la Coalizione decise di soppiantare il metodo usato fino ad allora per misurare il tempo in favore di un sistema decimale non più legato allo scorrere delle stagioni e degli anni sul pianeta Terra. Un Crono equivale a circa 70 giorni terrestri. ** La pelle dura e le doppie palpebre trasparenti erano state sviluppate come protezione per le numerosissi- Nadir, nov 2013 29 me tempeste di sabbia. Le branchie erano frutto della bioingegneria, impiantate dai primi coloni di Yalta che avevano deciso di lasciare il sottosuolo per occupare la superficie del pianeta (I primi abitanti vivevano esclusivamente in basi sotterranee, per proteggersi dalle tempeste di sabbia, dai meteoriti e dalle radiazioni). Inoltre, rispetto ai terrestri, gli abitanti di Yalta si erano evoluti con una statura più bassa e una struttura ossea più esile, poiché la forza di gravità era minore rispetto a quella sulla Terra. Poesia Fuochi d’artificio Peemm peemm shhh Wow. Come son lontani quei fuochi, eppur quel rumore appare così nitido. Ricordo si stupiva quel pargolo frigido vedendoli splendere sopra i suoi giuochi. C’ero anch’io in quel dì di festa tra la gente del mio piccolo paese muto. Come un critico di fronte ad un nudo non so se il genio sia natura o artista. Peemm peemm shhh Wow. Dal balcone del settimo piano si vede tutta Padova, così come l’uomo l’ha fatta. Nel caldo di questa notte il mio occhio cammina tra le strade, bottiglie, bicchieri, mozziconi, Piazza dei Signori, la gente che urla, che canta, che salta, che beve, che balla. Il mio occhio riparte, usa la specola come lente, Prato della Valle come sgabello. Din don din don. Le campane di Sant’Antonio! Sembrano fondersi con il suono degli spari! Mezzanotte, un altro giorno è fin...iziato. Enrico Ridente 30 Nadir, nov 2013 Poesia Sylvia II (My Eternal Dame) From that look – Flawless seraphic stare, In whose warmth My very soul rejoices – Comes my solace. Amidst that aura – Heaven’s chef-d’oeuvre, Whose mysterious touch Reels me out of my deep slough – Resides my redemption. Then, from an appalled soul, I cry out In shattering racket My guilt of unworthiness To deaf-muted Heavens. But who is man to dispute The savagery of his Master? And so I bow my head And forever sidle past you In shadows of a stranger – Not in fear, not in pusillanimity, But in inevitable complaisance – So as to wrought sempiternal This vehement passion For my eternal dame – you. JAGS For I have not a dime, Nor possessions, nor fine arts Worthy of thee Than to keep the flames Of my love perpetual. In estate, sul finire So, with unrelenting strength, I’m drowning my desires To catch eye with you, grin and say, “Hello my eternal dame, How gracious thou art”, In estate, sul finire le cicale aumentano il frinire. And ride on the wheels of love – Like Damon and Pythias – The miles of this fleeting life Hand in hand, with your head Proudly resting upon my shoulder; For that which is gained Is meant to be lost; And the moment I hold you In my enfeebled arms, The very moment Fate, With a heart weighed down With envy, grudge Us our love – our paradise – And sever asunder Our souls into weariness. Spogliate le chiome presto il sole sarà spento, e i canti felici un soffio di vento. Troppo tardi capite, care cicale, quanto è male separare il vivere e l’essenziale; di corpi imbiancati, di involucri vuoti ha fame l’inverno: nel silenzio della neve dimenticati in eterno. Alessandro Piccoli Nadir, nov 2013 31 Oroscopo L’ultima profezia di Fermat Andrea Corbanese Il giorno 22 ottobre ricorreva il quarto anniversario della sparizione in circostanze misteriose di un notevole geologo, antropologo e astrologo dilettante, il torinese Paul Fermat, disperso nel corso di una spedizione scientifica sull’altopiano del Pamir. Per commemorare questo controverso ma affascinante personaggio pubblichiamo qui alcune delle note in margine al suo monumentale lunario, e precisamente quelle riferite alla giornata del 17 novembre 2013 (luna piena). Non si tratta di veri e propri oroscopi ma di semplici indicazioni, non tecniche ma orientate a fungere da canovaccio per l’oroscopo vero e proprio. La limitata capienza dei margini delle pagine ha fatto sì che molte delle suddette note siano rimaste incomplete o parzialmente illeggibili, a grande danno nostro e della nostra capacità di comprendere questo genio del recente passato. Confidiamo però che questo inconveniente non ne renderà la lettura meno illuminante. Ringraziamo il signor Augusto Valle, curatore della mostra retrospettiva “l’ultima profezia di Fermat”, per averci permesso di esaminare il prezioso volume. N.B.: le interruzioni causate dai margini sono state indicate con il segno †; eventuali parole in parte o del tutto illeggibili sono state rimosse e sostituite dal segno ‡. Ariete (21/03 – 20/04): Vergine (24/08 – 22/09): Risente moderatamente dell’effetto di Mercurio, buon periodo per intraprendere qualsiasi attività. Come per i Pesci, però, rischio di conflitti. Nulla di cui preoccuparsi, comunque, perché † Giove e Saturno in congiunzione. Tutte le discordie si ricomporranno, ma potrebbe trattarsi di una fase transitoria. Non abbassare la guardia. I rapporti affettivi temono la noia. Toro (21/04 – 20/05): Bilancia (23/09 – 22/10): Mercurio esercita la massima influenza, producendo la massima efficacia in ogni azione. Tendenza alla positività e alla critica costruttiva dal punto di vista dell’umore, condizioni ideali per recuperare ‡ arretrati e gettare le basi per nuove ‡. Forte lo spirito di competizione e la voglia di mettersi in gioco; i risultati però potrebbero essere inferiori alle aspettative. Non disperare, riorganizzarsi e cercare il sostegno degli altri, che non mancherà. Dopotutto, † Gemelli (21/05 – 21/06): Scorpione (23/10 – 22/11): Giornata eccezionalmente positiva grazie al forte influsso della Luna piena, ma non mancheranno sbalzi d’umore. Bene la salute e il lavoro, i rapporti affettivi potrebbero subire qualche stress: godere il momento non deve tradursi nel trascurare † Marte si fa sentire forte e chiaro. Picco di autostima e desiderio di misurarsi con gli altri; non disperdere gli sforzi in molte direzioni o si otterranno pochi risultati concreti. Irritabilità. Costruire sull’onda dell’entusiasmo non garantisce ‡. Cancro (22/06 – 22/07): Sagittario (23/11 – 21/12): Grande energia, ma Venere alquanto sfavorevole: facili incomprensioni. In amore necessarie molta pazienza e massima attenzione; un po’ di soddisfazione per ciascuno. Evitare di irrigidirsi sulle proprie ‡. Nel lavoro ottimi risultati, si può puntare a essere un riferimento per gli altri, ma c’è comunque un senso di insoddisfazione. Non abbattersi, non mollare, ma anche non pretendere troppo. Gli affetti restituiscono la serenità. Leone (23/07 – 23/08): Capricorno (22/12 – 20/01): Grandi risorse per il lavoro, salute ferma; poca chiarezza sul fronte sentimentale, rischio di frustrazione. Prendersi un po’ di tempo per raccogliere le idee. Trionfo di Venere, momento ideale per approfondire qualche relazione che allo stato attuale non è del tutto soddisfacente. Il tempo per prendere le misure c’è stato, ora si può 32 Nadir, nov 2013 mettere mano ad ago e filo. Lavoro intenso e forse un po’ † Acquario (21/01 – 19/02): Ottima la salute, in amore c’è spazio per creare nuovi legami e mettere in discussione i vec- Test 1. Se ti dicono caco 3 pensi a: a. b. c. Un frutto Un composto chimico Un bagno 2. Se ti dicono butanone tu rispondi: a. Hai molte competenze in ambito chimico b. Hai poche competenze in ambito fisico c. Grazie 3. Cos’è il satanarchibugiardinfernalcolico? a. Il nome di un cocktail a base di vodka secca e rum b. Una pozione magica c. L’alternativa a supercalifragilistichespiralidoso, poi bocciata chi. Rimettersi in discussione, c’è molto ‡ da ‡ e ‡ sono potenzialità non ‡. Pesci (20/02 – 20/03): derà molta determinazione. In amore abbondanti gli imprevisti, non necessariamente ‡. Serena la sfera lavorativa. La posizione di Giove e Saturno minaccia conflitti, si richie- Sara Dal Corso e Cristina Leonardo 4. Il verbo stocazomai porta il significato di: a. Stupore e meraviglia b. Triviale espressione di disappunto c. Espressione rituale giapponese che precede un incontro di sumo 5. Banana Yoshimoto e Kazuto Sakata sono: a. Una scrittrice e un motociclista giapponesi b. Pseudonimi di due attori giapponesi a luci rosse c. Fondatori di una nota corporation giapponese produttrice di motoveicoli 6. La palliata, commedia latina sviluppatasi tra il III e il II secolo a.C., deve il suo nome: a. Al fatto che durante l’intervallo si organizzavano tornei di pallamano b. Al nome degli stivali indossati dagli attori c. Al nome del mantello indossato dagli attori 7. Ergoluminescenza spettrofotomimica astrale significa: a. Tecnica utilizzata in ambito astrofisico per riprodurre la fluttuazione nel tempo dell’intensità luminosa dei corpi celesti mediante analisi spettroscopica b. Non ha significato c. Entrambe le precedenti Nadir, nov 2013 8. La frase “Passer, diliciae meae puellae...” (“oh passero, delizia della mia fanciulla...”) è tratta da: a. b. c. Giovenale, le Satire Catullo, Liber D’annunzio, Il Piacere 9. L’avent niplette è: a. Una marca di strumenti di depilazione di nuova generazione 33 b. Quello che si ottiene battendo la mano sulla tastiera c. Uno strumento medico 10. Evans Rutto è: a. Un soprannome attribuito a Janus per il suo rutto da 18 secondi definito un “rombo di tuono” b. Il nome d’arte di un artista della musica pop del Gabon c. Un atleta keniota vinci- La rubrica del fattone H come Hanimali Tommaso Comellato e Enrico Ridente Tobu: Che hai fatto lunedì Smiluz: Ma nel 1954 non c’erasera? no arcieri. Smiluz: Come ogni sabato mattina, mentre disegnavo un animale di strada, pensavo al lontano 1954 e a Valentina.. Tobu: Forse i comandanti ? Smiluz: Non so... Tobu: Ma era a colori o in bianco e nero? Smiluz: Il suo colore lo ricordo ancora.. uguale a quello di una cavia dopo una bella doccia sotto l’estratto più pregiato di cuore di pungi topo. Piango ancora quando penso alle sofferenze di quel piccolo quadrupede... Tobu: Ma è un paradosso!!! Tobu: Vignali??? Quanti ricordi!!! Smiluz: I leoni che ruggivano, i gatti che miagolavano. Un giorno come gli altri dirai tu. Tobu: Un giorno come gli altri. Smiluz :Invece no. Era un giorno speciale perché un animale era sparito, era scomparso, disseminato nel nulla. Tobu: Saranno stati gli arcieri? tore della maratona di Chicago nel 2003 Smiluz: Si, ed è come le porte a.. scomparsa. L’ha nascosto in quella provincia quel disgraziato. Tobu: Ma chi è che lo ha preso? Sono stra-curioso. Smiluz: Eh beh un uomo ovviamente, se così si può definire... Tobu: Ricordo la sua barba... Smiluz: Oddio barba... quel pezzo del quale andava fiero alla fiera dell’est dove forse da piccolo suo padre per due soldi LE SOLUZIONI A PAGINA 35!!! quell’animale voleva comprargli. Dai è impossibile che non hai capito di chi parlo... Almeno il colore dell’animale? Tobu: Emm.. no niente.. Smiluz: ...comunque se cerchi sul surf sicuramente troverai il protagonista di questa strana storia di hanimali Chi sarà in grado di aiutare il nostro caro Tobu nella ricerca dell’ hanimale? In premio due pezzi da 20 cent. in monete d’oro per colui che indovinerà per primo anche parzialmente la risposta e un punto e mezzo della Ferrero al secondo classificato. Si ringrazia vivamente il nostro caro amico nonché cugino del figlio di nostro zio, George Orwell, Andreas Tabarius (il quale, se fosse un animale (che non è quello scomparso), sarebbe il miglior amico del proprietario), Urbano Rattazzi, i suoi cugini Enrico Ridente (Smiluz) , Tommaso Comellato (Tobu) e MG. La risposta deve contenere: razza dell’animale, colore dell’animale, il proprietario temporaneo e il luogo di collocazione attuale. Le risposte vanno presentate agli scrittori dell’articolo personalmente in forma cartacea o su banconote da 500 euro. Consegna entro il 31/12/2013. 34 Nadir, nov 2013 Giochi Federica Bloise Cruciverba Le soluzioni nel prossimo numero! Nadir, nov 2013 35 Sudoku APPASSIONATI FACILE Test Risultati a b c 1 2 1 3 2 1 2 3 Libridinoso (10 – 14) Lo si riconosce da come rallenta davanti ad una libreria: si blocca, dà uno sguardo morboso alla vetrina, vorrebbe allontanarsi ma non ce la fa, esita ancora un poco, poi alla fine una forza sconosciuta lo scaraventa all’interno, lo costringe ad aggirarsi fra i banchi, a guardare freneticamente i titoli, i colori, le copertine e le fascette con le tirature. Ha forse bisogno di comprare qualche libro in particolare? No: è semplicemente attratto dalla presenza dei libri, vorrebbe toccarne il più alto numero possibile, e, nei casi più gravi, vorrebbe annusarli. Lo si trova tre quarti d’ora prima dell’inizio delle lezioni già appollaiato in aula al primo banco con la mano alzata. Spicca tra la folla perché davanti al «Passer, diliciae meae puellae...», tra le risate generali, è l’unico ad occuparsi della scansione metrica del verso e a non offendersi sentendosi apo- 3 2 1 3 4 1 3 2 5 1 3 2 6 3 2 1 7 3 1 2 8 2 1 3 9 2 3 1 10 3 2 1 strofare con un deciso «stocazo maaaaaai». soqquadro la cultura nel vano tentativo di sfoggiarla!! (Liberamente tratto da «Il caffe’ sospeso», Luciano De Crescenzo) Cul...turista (24 – 30) Esibizionista (14 – 23) Soffre di una deviazione culturale che consiste nel godimento ad esibire di fronte ad altre persone le sue “spropositate” doti naturali che in realtà sono presenti in quantità esigue, cosa di cui è del tutto inconsapevole ma che risulta lampante al resto della comunità umana. Quando parla è talmente assorbito dall’ostentazione del proprio sapere da non cogliere la totale assenza di significato delle sue parole. Appassionato di musica pop del Gabon, oltre ad essere estremamente intelligente, è sempre perfettamente depilato grazie all’uso frequente dell’ultimo modello di avent niplette. La sua principale occupazione?? Mettere a Prova una viscerale ed istintiva repulsione verso qualsiasi frammento cartaceo che non sia un abbonamento per la palestra o un buono sconto della Decathlon. Non considera l’Università un luogo di cultura ma di caccia e si vanta di essere un gran butanone, ignorando chiaramente il significato del termine. È l’unico sulla faccia della terra a sapere cosa sia l’ Ergoluminescenza spettrofotomimica astrale. Nell’adolescenza pensava che le mutande servissero a coprire il cervello perché in risposta ai suoi momenti di estro culturale riceveva sempre un «Ma come c***o ragioni??». È superiore persino alla necessità di sentirsi dotto perché sa di dover puntare tutto sul suo fisico da urlo (sperando che almeno questo non manchi). 36 Nadir, nov 2013 Eventi Eventi - Padova Lorenzo Zarantonello Saletta al piano terra del Centro Culturale Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71 - Padova al 19 dicembre 2013, dalle ore 18:00 alle 20:00 Incontri ad ingresso libero. • 21 novembre MARCO POLO TEAM - Transhimalaya Incontro con Marco Polo Team, che presenta le foto e i video della loro ultima fatica, la Trans-Himalaya. • 28 novembre ANTONIA ARSLAN - Favole di Natale Incontro con la scrittrice Antonia Arslan che presenta in anteprima il suo nuovo libro. • 5 dicembre GUENDALINA FERLIN - La tavola di Natale Incontro con Guendalina Ferlin che propone una serie di idee geniali ed esclusive sulla tavola di Natale. • 12 dicembre CIVICO 10 - Custom Harley Davidson Incontro con “Civico 10”, personaggio di fama mondiale per le sue interpretazioni delle Harley Davidson. • 19 dicembre Incontro con le “Emozioni e Sensazioni”. VIII edizione delle Giornate della Cooperazione di Padova, intitolata “Buone pratiche per un altro sviluppo”. • Mercoledì 27 novembre, ore 18:00 Sala Nassiriya, piazza dei Signori “La gestione sostenibile delle foreste: dal globale alle buone pratiche locali”, tavola rotonda organizzata dall’ong Cospe. • Giovedì 28 novembre, ore 21:00 Centro culturale Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71 “Pop Economix Live Show”, conferenza-spettacolo che racconta della crisi globale che ci ha investito, una narrazione teatrale di impegno civile, a tratti leggera, comica e drammatica, arricchita dalla proiezione di un montaggio di materiali video. Il progetto teatrale è di Pop Economix, Teatro Popolare Europeo, Banca Popolare Etica e il Mutamento Zona Castalia. Alla scoperta della Padova sotterranea Dove: sotterranei di Palazzo della Ragione (partenza da palazzo Moroni) – visita alla mostra e ai sotterranei (ingresso da piazza delle Erbe) Quando: ogni martedì e giovedì a partire dalle ore 15 fino alle ore 19 (turni di un’ora) e il sabato dalle ore 10 fino alle ore 13 Info e costi: 4 euro - le visite devono essere prenotate o attraverso il sito o telefonicamente al tel. 049 8364363