Nov. 2013

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Nov. 2013
Nadir
l a r iv is ta d e gli stud enti mazzi ani d i pad o v a
Nadir 1,<Novembre 2013
Copia gratuita
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Nadir, nov 2013
In questo numero
1.
Editoriale
Cambio della guardia
2.
Politica
Legge di stabilità: niente di .. 3
Schrodinger’s cat
4
3.
Attualità
Lampedusa: ci sarà una svolta? 5
Alfred Nobel e la crisi
6
4
Collegio
Una molesta proposta
7
Intervista doppia: nostalgia... 9
Incontro del secondo anno 13
Intervista doppia: mai...
14
2
5.
6.
Cronaca delle fatiche di una.. 16
Intervista doppia: matricole 17
Uscita dell’anno...
21
Cultura
Il problema della resistenza...23
Racconto
Gigantomachia 26
7.
Poesia
Fuochi d’artificio
Sylvia II
In estate, sul finire
8.
Oroscopo : L’ultima profezia... 31 9.
Test
Prendiamovi un po’ in giro... 32
10.
La rubrica del fattone
H come Hanimali
33
11.
Giochi
34
12.
Eventi PD
36
29
30
30
Editoriale
Cambio della
guardia
Andrea Corbanese
Un caloroso benvenuto alle
ragazze e ai ragazzi del primo
anno, ben ritrovati a tutti gli
altri. Un nuovo anno accademico è iniziato, da abbastanza
tempo perché ciascuno abbia
cominciato a prendere le misure. Condivido con voi la mia
gioia per l’entusiastica partecipazione al Nadir: al maschile è
stato esaurito il numero chiuso
di otto persone, mentre al femminile la redazione conta sei
ragazze, contro le tre dell’anno passato. Presentare ciascuno come si deve richiederebbe
molto spazio, e io ancora non
conosco bene tutti; spero perdonerete la mia pigrizia se mi
limito a fare l’appello: dal lato
femminile presiede la Commissione la divina Mirjam
Vego, assistita dalla segretaria
– nonché new entry – Chiara
De Faveri. Fanno il loro ingresso, oltre a Chiara, la nostra
Federica Bloise e tre matricole:
Sara Dal Corso, Giordana Daniotti e Cristina Leonardo. Dal
lato maschile l’onore di presie-
dere la Commissione è ancora
mio, come è ancora segretario
l’inestimabile Davide Rosi.
Restano con noi anche Angelo
Balestra, Gabriele Bogo e Riccardo Gabrielli. Si uniscono
alla Redazione Enrico Ridente
e Lorenzo Zarantonello, insieme a Vito Squicciarini, unica
matricola ad aver passato il
vaglio, non certo generoso,
del numero chiuso. Molti hanno già cominciato a darsi da
fare, organizzando per esempio il sondaggio online sugli argomenti di attualità cui
avete partecipato numerosi;
qualcun altro sta ancora guardandosi intorno, ma nel corso dell’anno avrete occasione
di conoscerli tutti e si parrà la
loro nobilitate. Per un motivo
o per l’altro in molti sono rimasti fuori dalla commissione, ma non credo se ne resteranno inoperosi. Sono certo
che sentiremo ancora parlare
di Jerryman, Clara e Arianna –
che dopo essersi tanto occupata dei nostri Erasmus ha deciso
di unirsi a loro – come pure di
Alessandro Dal Maso, storica
voce di questa rivista. Giovanni Battocchio, che per anni è
stato il “volto” del Nadir con i
suoi splendidi disegni, è stato
così gentile da regalarci un’altra meravigliosa copertina delle sue, come commiato. A lui e
a tutti coloro che hanno recentemente lasciato il Collegio va
il nostro saluto affettuoso insieme ai nostri migliori auguri. Rinnovo a tutti gli allievi il
mio invito a scrivere e a inviarci tutto ciò che ritengono meritevole di essere letto. Ringraziamo, en passant, Patrizia che
ormai da molto tempo svolge
l’indispensabile compito di
stampare il Giornalino, e tutti coloro che pur non essendo
in Commissione hanno voluto
partecipare a questo numero:
dal più giovane al più vecchio,
Nicola Nicodemo, Alessandro
Piccoli, Tommaso Comellato,
Jerryman Appiahene Gyamfi e
Alessandro Dal Maso – ve l’ho
detto che ne avreste sentito
parlare ancora! Chiudo facendo i migliori auguri per il nuovo anno accademico a tutti coloro che leggono queste righe,
e a tutti coloro che dedicano a
questo Collegio tempo, impegno, risorse. Buona lettura!
Nadir, nov 2013
3
Politica
Legge di stabilità:
niente di nuovo sotto il sole
Alessandro Dal Maso
Al vaglio delle camere come
ogni anno è giunta la Legge di
Stabilità, grande calderone, temuto (molto spesso a dovere)
dalle categorie sociali, ma sempre meno oggetto di discussione tra le forze politiche, che si
trovano ormai concordi su che
direzione dare al bilancio dello
Stato.
I moventi ispiratori fondamentali sono gli stessi che aleggiano ormai da anni: il pareggio
di bilancio, e la riduzione del
rapporto deficit/PIL sotto al
3%, obiettivi che impone l’adesione al Patto di Stabilità e Crescita firmato assieme agli altri
membri dell’Unione Europea.
La legge di stabilità prevede
uscite per 11,6 miliardi di euro.
Di questi, trovano copertura
(entrate) 8,6 miliardi, mentre
i rimanenti 3 miliardi sono a
deficit.
Per quanto riguarda le coperture, 3,5 miliardi arriveranno
da tagli alla spesa pubblica, in
particolare da interventi sulla Pubblica Amministrazione
(16 miliardi in 3 anni) e società
controllate dallo Stato. Si avrà,
infatti, il blocco della contrattazione fino al 2014, il blocco
del turnover fino al 2018, e il
taglio del costo degli straordinari del 10%.
3,2 miliardi dovrebbero arrivare da dismissioni immobiliari,
dalla rivalutazione di alcuni
beni statali e da una revisione
dell’entità delle partecipazioni statali all’interno di diverse
società.
1,9 miliardi verranno reperiti dall’introduzione di nuova
fiscalità. La legge di stabilità
prevede, tra gli altri provvedimenti, l’introduzione della
TRISE (tassa sui rifiuti e sui
servizi), vale a dire una nuova
tassa che è l’unione tra IMU
(imposta sugli immobili),
TARES e TARSU (tassa sullo
smaltimento dei rifiuti solidi
urbani). L’imposta di bollo salirà al 2 per mille. Inoltre, non
saranno rivalutati gli assegni
mensili delle pensioni sopra
i 3000 euro e l’adeguamento
passerà dal 90% al 50% del tasso di inflazione per le pensioni
comprese tra 3 e 5 volte il minimo INPS. Il trattamento di fine
rapporto dei dipendenti statali verrà versato in 2 tranche se
maggiore di 50 mila euro.
Per quanto riguarda le uscite,
1,5 miliardi serviranno a ridurre il cuneo fiscale, ovvero la
differenza tra stipendio mensile lordo e al netto delle trattenute fiscali (tuttavia, solo per
i lavoratori che hanno uno stipendio annuale fino a 55mila
euro). Il Parlamento deciderà
quale sarà la ripartizione tra i
lavoratori. Ulteriore obiettivo
è ridurre la pressione fiscale
dal 44,2 al 43,3%. 600 milioni
saranno a disposizione della
Cassa integrazione in deroga e
mobilità, 250 rifinanzieranno
la “Social Card”, 3 miliardi saranno destinati a vari cantieri
(400 milioni al Mose; altri 400
al miglioramento della rete
ferroviaria). 230 milioni saranno a disposizione di Università
e Policlinici universitari. Infine, viene rinnovato il cosidetto “Ecobonus”, che prevede
uno sconto sugli interventi di
risparmio energetico pari al
65%, mentre sulle ristrutturazioni semplici del 50%, fino a
fine 2014 (la somma scontata
verrà scalata dalle dichiarazioni dei redditi dei successivi 10
anni).
Alla presentazione dei provvedimenti hanno fatto seguito
le esternazioni, nel complesso
critiche, delle associazioni delle categorie produttive, soprattutto della CGIA e di Confindustria e delle associazioni dei
consumatori. Ciò che appare,
infatti, dalle misure, è la prevalenza dell’aumento delle entrate come modalità di finanziamento della spesa statale.
In particolare, la Confcommercio calcola che alcuni esercenti,
quali ristoratori, commercianti di frutta e verdura, fioristi
potranno arrivare a pagare con
la nuova TRISE fino al 600%
della somma finora in vigore.
Allo stesso modo, la riduzione degli assegni pensionistici,
causerà una riduzione della
domanda di beni di consumo.
Invece, i provvedimenti che
dovrebbero sostenere la domanda, quali la riduzione della pressione fiscale o la riduzione del cuneo fiscale avranno
un’entità trascurabile (la CGIA
di Mestre calcola che i non molti lavoratori che beneficeranno
della riduzione del cuneo fiscale avranno circa 14 euro in più
nella busta paga mensile).
L’impressione generale sulla
manovra non è tra le più positive. Nonostante le dichiarazioni pubbliche del primo
ministro, tutte sottolineanti la
riduzione delle imposizioni,
ciò che risulta evidente è che
la tassazione non è diminuita;
oltre all’aspetto quantitativo,
dal punto di vista qualitativo,
si sono privilegiate come fonti di finanziamento le vie più
facili e sicure, quali il prelievo
dagli stipendi dei dipendenti. Resta, invece, inesplorata,
la via del taglio degli sprechi,
come pure la riduzione dell’evasione fiscale, oppure una dismissione più cospicua del patrimonio immobiliare statale.
Infine, è da sottolineare come
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manchi la chiarezza sui provvedimenti, difatti, sono molto
spesso demandate agli organi
di stampa specializzati la divulgazione e la spiegazione dei
dettagli sulle imposte, ruolo
che dovrebbe spettare di regola alle Agenzie delle Entrate
distribuite nel territorio.
La discussione sui provvedimenti concreti è, come sempre
(e forse volutamente?), lasciata dai principali organi di informazione in secondo piano
rispetto alla quotidianità politica, costantemente ondeggiante tra la discussione sulle
alleanze politiche, la decadenza del Senatore Berlusconi, e
più recentemente focalizzata
sui congressi della “rinata”
Forza Italia e del Partito Democratico.
Nadir, nov 2013
Politica
SCHRÖDINGER’S
CAT - La Giustizia firmata
Cancellieri
Nicola Nicodemo
A sapè ffa la scena, quarche
cosa se ruspa, dicono a Roma.
Con l’accento della Cancellieri
suona meglio. Lei ne sa qualcosa. Dopo il pasticcio istituzionale nel quale si era cacciata, è
bastato un discorso, neanche
troppo illuminato, per sanare lo strappo. È bastato fare la
voce grossa. Quelli del Pd (e
del Pdl), che si sbugiardano da
anni, applaudivano il discorso
del Ministro fino a spellarsi le
mani. Mancava che la portassero in trionfo sul Carro di Cesare o innalzassero in suo onore
la statua della Vittoria Alata.
Per fortuna, di fronte all’indecenza - qualche volta - si fermano anche loro.
La questione di fondo è che non
si tratta più di dignità, coerenza o valori, che non appartengono alla dialettica politica: è
una questione di convenienza.
Lo spirito delle leggi, che aveva ben chiaro Montesquieu tre
secoli fa, e - per estensione - lo
spirito della democrazia, è stato sostituito da tempo dallo
spirito della convenienza. Ed
è questo spirito a rendere tali
governanti dei piccoli ‘uomini’
politici. Le loro parole diventano vagiti. Come quelle del Presidente Letta: senza la Cancellieri salta il governo. Come se
l’impegno a risolvere i problemi dell’Italia fosse condizionato alla sopravvivenza del Ministro. Pare piuttosto la ridicola
minaccia di un uomo politicamente ‘piccolo’ di fronte a uomini ancora più ‘piccoli’, giullari del potere. La questione,
per come è stata inadeguatamente discussa in Parlamento,
non entrava affatto nel merito.
Si limitava al tacito accordo: la
Cancellieri rimane perché al-
trimenti cade il governo. Cade
questo sistema di relazioni tra
politica, burocrazia e finanza.
Salvare la Cancellieri significa garantire questo contorto
sistema. Dell’umanità, della
dignità, della coerenza, del fatto che i detenuti continuano a
morire in condizioni - queste
sì - disumane, non frega nulla a
nessuno. Non fregava nulla al
Parlamento (popolari e democratici senza distinzioni) quando salvò il Ministro Alfano che
volens nolens lasciò che deportassero una donna rifugiata
politica e la sua bambina nel
Paese che le perseguitava. Non
frega nulla al Parlamento dello spirito delle leggi quando si
tratta di liquidare Berlusconi:
da tre mesi interpretano una
legge che dice in modo chiaro:
la decadenza deve essere immediata, per evitare accordi,
ricatti, corruttela. Non gliene
fregava nulla neppure di Josefa Idem, Ministro del governo
Letta costretta a dimettersi per
non aver pagato l’Imu sulla palestra. Lei non era del sistema.
Non intervenne Letta, non intervenne Napolitano. Il Pd scoprì di punto in bianco di avere
una coscienza: non era conveniente difenderla.
Così la Cancellieri, serena e
convinta di essere un’eroina,
acclamata da politicanti e giornaloni, non si porrà neppure
la domanda su cosa abbia sbagliato, perché nel Palazzo non
interessa a nessuno. A loro basta che il problema sia risolto.
Che, ora, possano navigare, in
pace, verso il baratro. A quel
punto, il baratro, non sarà più
un loro problema.
Nadir, nov 2013
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Attualità (articolo vincitore del sondaggio)
Lampedusa: ci sarà
una svolta?
Federica Bloise
Sono trascorsi due mesi dalla tragedia del 3 ottobre 2013,
quando 366 migranti sono
morti annegati nelle acque al
largo di Lampedusa; 700 i morti accertati dall’inizio del 2013.
L’emergenza non finisce mai, è
infinita e si trascina dietro naufragi, annegamenti, lutti infiniti che vanno ad aggiungersi
alla lista del Cimitero Mediterraneo. In occasione della commemorazione dei defunti del
2 novembre, Fondazione Migrantes ha rivolto un appello ai
fedeli cristiani, affinché non si
pregasse solo per i propri cari
ma anche per i migranti morti
nel Mediterraneo. Nel comunicato della fondazione si cita
lo scrittore francese Georges
Bernanos e “I grandi cimiteri
sotto la luna”: “Uno di questi è
il Mediterraneo, un segno della nostra incapacità di difendere e tutelare il cammino dei più
deboli, migranti e rifugiati”.
Penso che la tragedia di Lampedusa sia un problema che ormai dilaga sempre di più, che
non riusciamo a controllare e a
gestire al meglio. Quante volte
sento dire: “Ma cosa vengono
a fare in Italia? Cosa pensano
di trovare? Non possono stare
a casa loro?” o peggio sentire persone che esultano per la
loro morte in mare. Tante volte
anch’io mi sono chiesta “perché accade tutto questo?”, ma
una risposta non la trovo, non
dispongo di mezzi per dare
una risposta concreta e credo
che solo coloro che vivono questa situazione con la loro pelle,
con i loro occhi possono esprimere giudizio. Nonostante le
crisi che abbiamo qui in Italia di cui tutti noi risentiamo,
dai più anziani ai più giovani,
mi ritengo fortunata non solo
per tutto ciò che possiedo, ma
soprattutto perché vivo in un
Paese privo di guerra. Nemmeno lontanamente possiamo
immaginare cosa vuol dire vivere in un Paese in guerra, vedere la tua città, il tuo paese
sotto le bombe, dover fuggire
e abbandonare la propria casa
o vedere la tua famiglia, i tuoi
amici morti per strada,... non
sono in grado di immaginarlo
e spero di non vederlo mai. Siamo sempre pronti a criticare i
migranti senza sapere nulla di
loro, della loro vita, delle condizioni in cui vivevano prima.
Molti sono costretti a partire,
alcuni cercano una vita migliore, ma quando arrivano qui
cosa trovano? Tanto odio e rifiuto, l’accoglienza è per pochi.
Non voglio fare però la moralista e non voglio nemmeno dire
che tutti coloro che vengono
in Italia sono persone da compatire, assolutamente. Tanti
di loro finiscono sulla “cattiva
strada” (o forse vi erano già):
spaccio di droga, prostituzione, abusi, criminalità di ogni
genere. Il nodo che viene al
pettine qual è? Lo Stato, il Governo Italiano (come sempre)
che non si interessa minimamente di ciò che accade fuori.
Impieghiamo la maggior parte
del nostro tempo ad ascoltare i
“problemi” di Berlusconi o di
altri Ministri, ma quando accadono tragedie come quella
di Lampedusa il Governo cosa
fa? Perché dobbiamo sempre
aspettare che ci scappi il morto
per prendere provvedimenti?
Lo strumento c’è ma l’Italia
non lo vede. Come dice Alberto
Bobbio è inutile che il ministro
degli Interni Angelino Alfano
continui a lamentarsi sul fatto
che per far fronte all’immigrazione del Nord Africa occorre
un piano europeo. La norma è
quella della protezione temporanea prevista dalla direttiva
Dell’Unione Europea 2001/55
che è stata recepita dall’Italia
con il decreto legislativo del
7 aprile 2003, n° 85: offre un
permesso che permetterebbe
ai profughi la possibilità di
spostarsi su tutto il territorio
europeo, alleggerendo la pressione sui Paesi di arrivo. Ma
l’Italia non ha mai presentato
formalmente la proposta di attivare la direttiva. Se fosse attivata, su richiesta di un Paese, le
norme comunitarie prevedono
un permesso di soggiorno della durata di un anno, valido anche per lo studio e per il lavoro
e che consentirebbe agli immigrati di chiedere il ricongiungimento familiare.
L’Europa, dopo questa tragedia, condanna la legge BossiFini. Il 23 ottobre scorso, infatti, il Parlamento europeo di
Strasburgo ha approvato una
mozione bipartisan con cui ha
chiesto di “modificare o rivedere eventuali normative che
infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare”. Il riferimento implicito, è alla legge
Bossi-Fini che punisce con il
carcere chi aiuta i migranti ad
entrare in Italia con l’accusa di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel Documento si ricorda che “Lampedusa deve rappresentare un
punto di svolta per l’Europa”
e “l’unico modo per evitare
un’altra tragedia è di adottare un approccio coordinato,
basato sulla solidarietà e sulla
responsabilità, coadiuvato da
strumenti comuni”.
Per concludere voglio riportare una frase citata dal Tenente
di vascello Catia Pellegrino, la
quale lotta per salvare uomini, donne e bambini dai flutti:
“Quando ricevi l’allarme non
pensi mai a chi c’è in mare. Ma
una volta che li hai portati a
bordo e guardi i loro volti solo
allora ti rendi conto di chi hai
salvato”.
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Nadir, nov 2013
Attualità (articolo secondo posto del sondaggio)
Alfred Nobel e la crisi
Cristina Leonardo
Il chimico e filantropo svedese
Alfred Nobel nasce a Stoccolma il 21 Ottobre del 1833. Tornato in Svezia da Pietroburgo,
in cui si era trasferito giovanissimo ricevendo istruzione privata russa, si dedica allo studio
di esplosivi. Particolarmente
importante è il suo studio sulla nitroglicerina, precedentemente scoperta da Sobrero,
che lo condusse a brevettare la
dinamite e ad approfondire i
suoi studi sugli esplosivi fino
alla scoperta della balistite. È
proprio ai suoi brevetti e allo
sfruttamento di campi petroliferi da lui acquistati a Baku che
dobbiamo la nascita dell’importante onorificenza mondiale: il premio Nobel.
In data 27 Novembre 1895, mediante testamento, Alfred Nobel destinò il suo patrimonio a
una fondazione, la Nobelstiftelsen, avente lo scopo di distribuire annualmente 5 premi
a coloro che avessero reso «i
maggiori servizi all’umanità».
Com’è ben noto, il premio Nobel è indirizzato negli ambiti
della fisica, della chimica, della
medicina o fisiologia, della letteratura e a chi si fosse particolarmente distinto per favorire
le relazioni amichevoli fra i popoli. A tali premi, distribuiti
a partire dal 1901, si aggiunge
quello assegnato dalla Banca
centrale di Svezia, a partire dal
suo terzo centenario di attività
(1968), nell’ambito di scienze
economiche; quest’ultimo è di
entità pari a quella degli altri
premi Nobel.
Il denaro devoluto da Nobel,
che ammonta quasi a 31 miliardi di corone dell’epoca (circa
194 milioni di euro), è accuratamente custodito nelle casseforti della fondazione di Stoccolma; il 94% del patrimonio
della fondazione è basato sulla
donazione originale fatta da
Nobel. Eppure La Repubblica del 18 Ottobre 2013 porta in
prima pagina il titolo « Aiuto,
stanno finendo i soldi anche
per i premi Nobel». Tutto nasce dall’allarme lanciato dall’
ex governatore della Banca
centrale Svedese, Lars Heikensten, il quale sostiene: «Per
adesso la fondazione non pensa a finanziamenti privati, ma è
probabile che dovremo studiare l’ipotesi nei prossimi anni».
L’istituzione, infatti, è attualmente ben lontana dall’essere
in bancarotta, ma la crisi del
subprime del 2006, considerata la crisi economica peggiore
dai tempi della grande depressione, sembra minacciare anche la benestante Stoccolma.
I primi segni di crisi sono già
visibili: la fondazione ha dovuto tagliare il valore dei premi
del 20%, riducendo a 900mila
euro l’entità dell’assegno che
verrà consegnato ai laureati del
prossimo 10 Dicembre. Inoltre,
il celebre banchetto per 1.300
persone organizzato a Stoccolma come parte della cerimonia
dei Premi Nobel, alle cui spese
partecipa anche la famiglia reale svedese, si vede ridotti di
un quinto i finanziamenti.
Come risulta evidente dalle
parole di Heikensten, tra le soluzioni possibili si è considerata l’idea di una campagna di
raccolta fondi, andando contro
a ciò che può essere considerato un motivo di vanto della
fondazione: l’indipendenza
economica che ne garantisce
la neutralità. Un’altra soluzione presa in considerazione si
basa sull’aumento dello sfruttamento commerciale del marchio; è già in costruzione un
museo sull’isola di Blasiehol-
men, a Stoccolma, più grande
di quello attualmente esistente. Questo, che si pensa aprirà
nel 2018, è stato in gran parte
finanziato da donatori privati.
Come riportato nell’articolo
citato de La Repubblica, finora
i ricavi finanziari sono sempre
stati sufficienti per mandare
avanti l’attività dei Nobel, grazie anche all’ esenzione fiscale
concessa dal governo nel 1946.
In particolare il patrimonio di
Alfred è stato in parte investito in azioni, in parte in polizze
assicurative ed in parte in altri
investimenti. La crisi attuale,
comunque, minaccia il bottino
originale, al punto che non si
esclude addirittura una campagna di crownfunding online,
mirando alle microdonazioni
di privati cittadini; tale soluzione viene definito, nell’articolo citato, “una gigantesca
colletta per salvare l’onore dei
Nobel”.
RISULTATI DEL
SONDAGGIO
Lampedusa, onere o accoglienza?
63 (19%)
Il Papa e l’udienza ai collegi 39 (12%)
Festival del cinema di Venezia 41 (13%)
Tasse e governo, niente di nuovo sotto il sole? 42 (13%)
Alitalia e Telecom, società “private”? 52 (16%)
Nobel, senza fondi. 58 (18%)
Biennale 33 (10%)
Nadir, nov 2013
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Collegio
Una molesta
proposta
Andrea Corbanese
Quando si dice: «è una provocazione», si intende, di solito:
«ho detto una sciocchezza ma
voi fatevi gli affari vostri.» Dal
momento che io la mia sciocchezza non l’ho ancora detta,
sappiate che questa è una provocazione, ma del tipo che ricerca una reazione: la vostra.
Ciò che mi accingo a fare è fare
una proposta per risolvere un
problema, nella speranza che
voi mi mandiate al diavolo e
troviate una soluzione migliore, grazie ai vostri ottimi ingegni e alla vostra alta moralità.
Innanzitutto il problema: le
matricole. Giunto al quinto
anno e dunque tecnicamente “vecchio”, sensu strictiori,
posso permettermi di sentirmi
vecchio, e come tale di guardare con occhio burbero e cisposo
alla gioventù, mugugnando
nella mia bocca sdentata: «non
ci sono più le matricole di una
volta.» Ai bei tempi infatti le
matricole erano piene di timore reverenziale nei confronti
dei vecchi, accettavano senza
fiatare compiti e disciplina ben
più sgradevoli di quelli che si
vedono oggi. I vecchi non si facevano scrupolo di terrorizzare
le matricole, che potevano dormire per terra per intere settimane, in attesa che un vecchio
ritenesse che avessero appreso
una lezione. E io che facevo, a
quei tempi, direte voi? Eh, a
quei tempi la matricola ero io.
Oggigiorno, benché la disciplina sia ben più rilassata e siano
ormai dimenticati molti dei
vecchi strumenti di tortura, le
matricole sembrano sempre
più insofferenti e inclini alla
ribellione. Impressione falsata
dal passare del tempo, dal fatto che io sono ormai passato da
vittima a carnefice? Possibile.
Ma il carnefice ha delle ragioni
che la vittima non può comprendere.
Rilevo, per inciso, che non
tutti i vecchi trovano preoccupante la situazione, anzi ce ne
sono che hanno ricevuto impressioni affatto positive delle
nuove leve del Mazza. Ciò in
parte mi conforta, ma non mi
rimuove dalla mia determinazione a parlarne. Se poi non è
un problema ma un parto della
mia mente ormai senescente,
tanto meglio. Non penso però
di essere l’unico ad avere questa allucinazione: ho sentito
vari discorsi sull’argomento,
e visto vecchi scuotere la testa
maledicendo il passaggio dai
gancetti alle doghe come i cavalieri dell’Ariosto imprecavano contro l’archibugio. Forse
la perduta autorità dei vecchi
si trova sulla Luna, in mezzo a
tante altre cose perdute; data
però l’attuale deplorevole scarsità di ippogrifi, temo dovremo fare buon viso a cattiva sorte. Altri più autorevoli di me
potranno discutere su come restituire ai vecchi la loro antica
dignità, io preferisco affrontare il problema da un altro lato.
Ciò che vorrei evitare è il perdersi della dimensione goliardica del collegio. Il fatto è che
si tratta di una dimensione
la cui esistenza si basa su un
equilibrio fragile: la capacità
di sopportazione degli allievi
più giovani, il senso del limite
dei più vecchi e il chiudere un
occhio (per non dire il tacito
supporto) della direzione. Ora,
non è in nostro potere influenzare la direzione, che sembra
sempre più orientata al proibizionismo, e per tutelare le proprietà del collegio e per evitare
guai di ogni sorta. Molti vecchi
hanno la sensazione di essere
fin troppo limitati, ma del re-
sto il limite va tarato sulle matricole di oggi e non su quelle
di tre, quattro anni fa, e forse
non ci stiamo ancora impegnando abbastanza. Intanto
sembra che sempre di più tra
le matricole ci sia la tendenza
a non tollerare alcuna imposizione, a non dare peso all’autorità dei vecchi, e a invocare
autorità esterne – la direzione
o addirittura i genitori – per risolvere problemi tutto sommato interni come uno sbrando
che si ritiene immeritato. Qui
mi rivolgo alle matricole: cercate di capirci. Forse eravamo
noi ingenui e vigliacchi a piegarci a ogni arbitrio dei vecchi;
forse noi abbiamo una mentalità diversa, e certamente la nostra è meno efficace per levarsi
un fastidio, ma scomodare la
direzione per uno sbrando a
noi appare vile come andarsi a
nascondere tra le sottane della
mamma. Ovviamente il primo
impatto con la goliardia può
essere traumatico, soprattutto
se improvviso come quello di
chi arriva in collegio e subito
si ritrova coinvolto in qualcosa
di caotico e terribile come può
essere l’Immatricolazione. Io
quindi non voglio accusarvi di
viltà, anche perché non sono
certo io a poter dare lezioni di
coraggio. Rilevo però questa
tendenza, e, sperando di essere in errore, sono preoccupato
che possa portare alla fine di
un modo di essere comunità
che è peculiare e, credo, meritevole di essere preservato.
Come dunque salvare capra
e cavoli? Come mantenere,
addolcita ma ancor viva, la
Mazzianità come l’abbiamo
conosciuta noi? Il mio primo
pensiero è stato questo: le matricole devono sapere cosa le
aspetta. Questo dovrebbe essere una componente essenziale
del concorso, ma sembra che
sempre più frequentemente il
collegio accetti anche aspiranti allievi che per una ragione o
per l’atra (ottime ragioni, non
ho dubbi in proposito) non riescono a parteciparvi.
Inoltre il concorso può dare
un’idea di cosa sia la goliardia,
un’idea non necessariamente
8
sufficiente a prevenire ogni
male. Anche perché se bisogna
prevenire conseguenze legali
(possibilità che spiace perfino
menzionare ma che trascurare
non si può) un avviso informale non basta. Ecco perché si è
formato un secondo pensiero
nella mia mente: far firmare
agli aspiranti allievi una liberatoria. Per entrare in collegio
si firma un contratto, varrebbe
la pena stabilire per contratto che all’ingresso al Mazza
si accetta (nei limiti del buon
senso) l’autorità degli allievi
più anziani e una ragionevole
disciplina. Questa soluzione
porrebbe però due problemi:
in primo luogo, sarebbe possibile dare una forma legalmente valida a qualcosa del genere?
Da incompetente di giurisprudenza non so dare una risposta; temo inoltre che questa
istituzionalizzazione snaturerebbe alquanto la goliardia,
ma nulla è certo. Il secondo
problema è invece ineludibile:
quanti accetterebbero di entrare in collegio se fosse posta in
modo chiaro e fin dal principio
una tale condizione, quanti di
noi sarebbero voluti entrare al
Mazza sapendo già tutto quello a cui sarebbero andati incontro? Temo ben pochi. Io apprezzo molto questo collegio e
la sua goliardia, ma ciò perché
ho una visione interna delle
cose. Se da un punto di vista interno ogni cosa ha il suo senso,
dall’esterno la gran parte delle
nostre tradizioni, della nostra
“cultura”, può apparire barbara. Chi ha provato a parlare delle usanze del collegio a qualcuno che sta in appartamento
o in un collegio ESU sa cosa
intendo. Ci sarà anche chi vorrà entrare solo per trovare un
posto per dormire e mangiare,
con una compagnia stimolante e varie occasioni culturali,
ma senza ulteriori distrazioni
dionisiache. Ebbene, anche i
Cripto hanno il diritto di stare
in questo collegio, e di starvi
in pace. Anche perché, molto
pragmaticamente, il collegio
per funzionare ha bisogno di
fondi, i fondi vengono dalle
rette, e chi siamo noi per dire
al collegio di rifiutare giovani
Nadir, nov 2013
meritevoli e motivati solo perché non condividono la nostra
visione dell’essere comunità?
La mia proposta pertanto è
questa: istituzionalizzare i
Cripto. Stabilire una divisione, moderatamente permeabile, tra chi accetta di vivere il
collegio anche nei suoi aspetti
più folcloristici (e talvolta più
fastidiosi) e chi invece vuole
godere solo l’ambiente senza mettersi troppo in gioco.
Come si tradurrebbe in pratica
questa idea? La cosa andrebbe
naturalmente ponderata, ma
proverò a buttare giù un canovaccio in modo da farvi capire
meglio cosa propongo. Permettetemi di passare, per pure
ragioni di comodità, dal condizionale all’indicativo.
APPUNTI PER UNA CRIPTOCOSTITUZIONE:
• I Mazziani si dividono in tre
categorie, che chiameremo
provvisoriamente A, B e C.
La divisione è ufficiosa e non
comporta modifiche al regolamento del Collegio.
• Tutti gli allievi sono tenuti a impegnarsi nello studio e
nell’arricchimento della propria personalità, per il bene di
tutta la società, secondo lo spirito del Mazza.
• Gli appartenenti alle categorie A (Matricole) e B (Vecchi)
partecipano alla goliardia interamente e sono interamente
sottoposti alle regole comuni,
secondo le rispettive modalità.
• Gli appartenenti alla categoria B si fanno carico dell’educazione delle matricole ai valori
Mazziani e alle tradizioni del
Collegio, come pure di eventuali modifiche di tali tradizioni. In linea di principio, il loro
comportamento deve essere
esemplare.
• Gli appartenenti alla categoria C (Cripto) sono qui solo per
studiare, e al limite per godersi la compagnia e l’offerta culturale. Non possono quindi
essere oggetto di sbrando o di
pratiche analoghe. Eventuali
forme edulcorate di goliardia
per i C possono essere sviluppate in seguito; esse non dovranno però comportare alcuna costrizione.
• Le violazioni delle regole
comuni all’interno della categoria A sono punite esclusivamente dalla categoria B,
mediante sbrando e/o forme
analoghe. Quelle commesse
all’interno della categoria B
sono punite analogamente,
da parte di B più anziani o dal
Consiglio degli Anziani. Eventuali contrasti con la o nella
categoria C, che non fosse possibile risolvere con un civile
dialogo, vengono risolti con la
mediazione della Direzione.
• Vengono concordate regole
comuni che tutte le categorie
devono rispettare, come pure
le regole cui devono sottostare
solo le categorie “goliardiche”
A e B.
• Le matricole non rientrano in
alcuna categoria fino alla prima assemblea (o ad altra occasione prestabilita); pertanto
fino a tale data non sono sbrandabili. Nel corso della suddetta
assemblea esse decidono se appartenere alla categoria A o alla
C; nel corso delle successive
assemblee (o in altre occasioni
prestabilite) gli allievi possono manifestare la decisione di
cambiare categoria.
• L’ingresso nella categoria A è
sancito dall’Immatricolazione
o, fuori tempo, da un opportuno Processo. L’ingresso nella
categoria B è sancito esclusivamente dalla Smatricolazione,
cui possono prendere parte
solo allievi del secondo anno
o successivi. Il passaggio alla
categoria C può avvenire in
qualunque momento, ma è
consigliabile un pacifico approfondimento delle motivazioni, ove l’interessato fosse
disponibile in tal senso: la nostra speranza è che quanti più
allievi possibile vivano in pienezza l’esperienza del Collegio.
Nadir, nov 2013
9
Collegio (per disguidi tecnici non pubblicato nel numero di Agosto)
Intervista doppia:
nostalgia dell’estate?...
Mirjam Vego
ANDREA MAROLLA
DOMANDE
VALENTINA BARBERO
Andrea Marolla!
1.Come ti chiami?
Valentina Barbero... ciao!
Perché mi chiamo Andrea Ma- 2.Perché?
rolla? Eh, che caspita! Boh,
chiedilo ai miei! ( per non dire:
“che domanda è?”)
Perché mi chiamo così? Ah,
perché è colpa dei miei genitori, non lo so! A me Valentina
non piace, però a loro evidentemente sì!
Ingegneria dell’energia, secon- 3.Cosa studi?
do anno!
Ho finito la triennale di psicologia, mi sono laureata la scorsa settimana.
Perché mi piaceva eeeee... ma 4.Perché?
“perché mi piaceva” dai penso possa andare... (dopo essere
sceso a patti sulla risposta, notate che eeee, beh, boh si sprecano!)
Perché? Perché... mo’ quello so
fare! Mo’ non è che so fare altre cose, che ne so, lavorare coi
numeri, scrivere bene, quindi
faccio psicologia... quindi...
no scherzo, perché mi piace
essenzialmente e penso sia un
po’ quello che so fare meglio! E
quindi da lì psicologia e quindi
vedremo cosa fare dopo!
Riguardo a? Riguardo a qualsi- 5.E’ importante la motivaasi cosa? Beh sì aiuta un sacco, zione?
nello studio e, per quello che
mi riguarda, anche nello sport.
Beh, nelle gare che ho fatto... ci
vuole testa per arrivare fino in
fondo!
Tanto! Sicuramente tantissimo, soprattutto penso in certi
tipi di percorso, quando tipo
non so.. medicina, piuttosto
che psicologia, ma anche in altri tipi… perché quando ci sono
degli ostacoli, hai qualcosa che
ti spinge ad andare oltre anche
se ti se in quel momento vorresti dire solo: (pausa) “Basta!”
...fondamentalmente...
Curiositaaaaaà, beh impara- 6.E la curiosità?
re cose nuove fa sempre bene,
può sempre tornare utile...
quindi se si ha propensione, sì!
Ancora di più della motivazione (sorride)! No è che sono
molto curiosa, quindi devo
giustificare questa cosa: no
curiosità nel senso di andare a
conoscere, quello sì! Curiosità
nel senso che mi faccio gli affari di chiunque mi sia intorno,
allora quello no! Quindi curiosità legata alla conoscenza sì,
tante, e deve guidare un po’ gli
studi di tutti! Curiosità legata
ai fattacci altrui, per quanto io
sia una donna e mi piaccia far
10
Nadir, nov 2013
gossip, (ride) non è una cosa
molto carina da fare!
Sì, e anche ieri! Eh, è stata una
bella esperienza! Se ho l’occasione l’anno prossimo la rifaccio volentieri! (Ogni tanto
guarda il suo vassoio, da cui
l’ho distolto mentre mangiava, e si controlla alle spalle verso l’altra parta del tavolo, che
prova ad acoltarlo...)
7.Hai conosciuto
persone oggi...
molte
In CCR? Beh, il mio compito è…
(si ferma) quello di capire un
po’ i caratteri e le personalità
di quelli che entrano eeeeee vedere se sono non più che altro
persone adatte al collegio, ma
più che altro se possono vivere
l’esperienza del collegio integralmente.
8.Qual è il tuo compito?
Mah, ho fatto un po’ di tutto!
Ho portato caffè, ho fatto fotocopie, poi vabbè, ho parlato coi
ragazzi, sono stata con loro…
non mi piace dire che li abbiamo selezionati, nel senso che è
stato un modo per conoscerli e
di far vedere loro com’è il collegio e capire chi di loro può
essere inserito in un collegio,
perché il collegio è un po’ particolare come realtà e quindi
non tutti secondo me possono
stare in questo posto.
Sì un po’, però oggi su certi ho
cambiato idea... percheeeeeé
mi avevano fatto una certa impressione ieri, ma... oggi che
li ho sentiti parlare, che ci ho
parlato un po’, ho cambiato
idea!
9.Sono influenti le prime
impressioni?
Si e no. Nel senso che sì perché
tutti abbiamo delle prime impressioni, no perché secondo
me bisogna avere la voglia di
andare oltre... perché sennò
anche alcuni ragazzi che abbiamo conosciuto, fermandoci
alla prima impressione, magari dicevi no o dicevi subito sì!
Se non andavi un po’ oltre, il
giudizio era superficiale... ed è
un peccato!
Il 6... senso? Mah...Non so neanche se l’ho mai usato! (Ridacchia!!)
10.Scommetti sul tuo sesto
senso?
Sì, tantissimo!
Si però in CCR al di fuori che
vista e udito eeeeee... basta...
perché è sentir parlare e poi
non ha nessun senso!
11.Anche i cinque sensi
avranno la loro utilità a
questo scopo...
Si... ma scommetto di più sul
sesto! (approfitto dell’unica risposta breve di Vale per dirvi
che è in posa professionale. Alterna i gomiti per fare perno su
di essi e appoggiarsi: dal braccio della panchina, allo schienale, al tavolo; poi raccoglie le
mani sulle gambe e ogni tanto
si sistema i capelli: tutto con
una certa ciclicità!)
Si, mi sono anche impegnata
con i nome! Forse perché avevamo i foglietti con le foto, (climax ascendente in un grande
trattenimento della risata) e
quindi ho avuto la possibilità
di affrontare i nomi, poi avendo storpiato i cognomi, e poi
avendo anche avuto la possibilità di associare nome cognome
e storpiatura di cognome (che
sfocia in un sospiro)... e quindi
si ne ho conosciuti veramente
tanti!...e tante persone splendide! È stato molto molto bello!
Nadir, nov 2013
11
Di CCR? (no, però non fa niente... lasciamo che dica la sua!)
Beh è bello perché.... più che
altro a me ha richiamato in
mente quando l’ho fatto io... e
vedere gli altri che lo facevano
anche è stato divertente, e gestire le loro attività, ed essere,
diciamo, dall’altra parte...
12.Cosa è bello di questo?
Del sesto senso? (no neanche
adesso, però pazienza!!) Avere
l’intuizione, riuscire ad andare quel pochettino oltre, che è
appunto di tutti i cinque sensi,
avere qualche deduzione sulle
persone, per quanto mi riguarda.
Mi ripeti? Non ho capito... non
ho capito la tua... cos’è che volevi? Riguardo a cosa? Aaaaaaaa...
beh la schedatura penso che tu
intendi in fatto che, in tema di
voti, ti arriva uno eeee.... Come
fa il test... e quelle robe lì!
...(pensa) sì! (cosa?) però quello
che è più importante, chiamiamolo pettegolezzo, comunque è la chiacchiera che fai con
qualcuno: capisci subito che
tipo di persona è! Non tanto da
come fa il test, da che voti ha...
capisci? Ma parlando insieme!!
( (In realtà non ho capito molto
la sua risposta non molto pertinente, ma questo flusso di
coscienza mi piace, per cui non
l’ho fermato!)
13.Il pettegolezzo, la schedatura e la vaghezza: riesci
a dare una tua opinione?
Allora... sul pettegolezzo... no
non è giusto, non va bene farlo, è, però lo si fa! Perché ha un
modo che è chiacchiera, è tutto
detta chiacchiera, soprattutto
quando si vive in tante persone insieme!...le altre quali
erano? Allora la schedatura,
allora... io sono un po’ contro
le schedature, cioè una persona può essere così in un modo
per un periodo e poi dopo di
che cambiare! Perché è normale: prima o poi cambierà! E...la
vaghezza... non mi piace, assolutamente, io sono una che,
per quanto non pare, deve arrivare al punto, assolutamente! Quindi preferisco avere un
quadro preciso e non rimanere
troppo sul vago.
Un segreto mio? (No, il fatto
di mantenere un segreto o di
scoprirlo...) Aaaa, beh forse
una spia dell’FBI, diciamo che
più che spia, se vengono a chiedermi qualcosa riguardante
quel segreto, mi cerco di defilare... nel senso che non sono
come uno scrigno, che dice no
e basta! (ma quindi qualcos altro?) Quindi direi più spia io!
(Vabbè...)
14.Il segreto: scrigno, spia
dell’FBI, oppure...
...qualcosa di importante da
custodire? (è lei che fa le domande a me adesso! Spiego:
in merito alla segretezza da
custodire, come ti sei sentita?)
mah segreto relativamente,
nel senso che non dovevamo
dire niente ai partecipanti,
però non c’era molto da tenere
segreto, anche perché appunto
erano tutti ragazzi tranquillissimi! (Lei però non si descrive!)
Beh per questa esperienza di
CCR, beh, 30 e lode! Cioè, è stata divertente e... se avete l’occasione fatela! Eeeee magari forse devo riuscire a stare un po’
più attento, ma quella è una
cosa mia... e poi metterci più
impegno, perché avevo un esame ieri! Però, per il resto, mi è
piaciuta!
15.Il verdetto e poi a casa:
cosa porti con te?
Allora...innanzitutto un’esperienza bellissima, quanto faticosissima, quindi... chi vuole
fare ccr, sappia che è faticosa!
Porto a casa sicuramente di
aver conosciuto tantissime
persone, e anche un po’ la voglia di non fermarmi alla prima impressione, che anche un
po’ alle volte mi può succedere.
EEE. Altro che porto con me è
l’importanza di imparare a
stare dall’altra parte, nel senso
che prima sono stata quella che
“fra virgolette” è animata dai
ccr, ora sono stata quella che
animava! Ed è stato bello capire cosa c’è al di là, anche per
dare importanza che all’inizio
12
Nadir, nov 2013
non avevo dato, alle persone
che sono state di là!
Beh ai ragazzi che sono qua di
rivederli tutti, e... a me di passare gli esami!
16.Cosa auguri per settembre?
Di prendere altrettanto persone valide come quelle che
abbiamo preso? No scherzo,
che ci siano delle persone che
rendano questo posto ancora
più bello di quello che già è, in
modo che ci sia tanta voglia di
fare, tanta voglia di partecipare, sì!
(Io:e infatti la domanda era “e
per te”! e lui ormai ripete:) A
me di passare gli esami eeee...
boh dai, spero di rivederli tutti, questi, dai! (cioè, avreste dovuto vederlo come ha aperto il
braccio indicandoli...)
17.E per te?
Per me, per me di trovar una
magistrale l’anno prossimo da
fare! ( ride) No scherzo, per me
di portare avanti gli obiettivi
che ho cominciato quest’anno
con il collegio e cercare di inserire quante più persone nuove
nei nuovi progetti; per dare
continuità ai progetti, ma allo
stesso modo per dare un ricambio.
Eh per me no perché adesso...
gli esami a Bressanone saranno
fino al dieci, e dopo avrò venti giorni forse di pausa, perché avrò gli esami a settembre
però!...saranno poche vacanze!
18.L’amore non va in vacanza, neanche lo studio? O sì?
Eh quello è andato in vacanza,
è brutto da dire, ma la pagherò cara... anche il mio letto l’ha
già pagata per un paio di volte già, quindi ok! No, l’amore
non va in vacanza, spero di no,
invece lo studio sì, perché fino
a ottobre, non si dice questa
cosa, niente più libri? E anche
se non si dice, verrà sopperita
da tanti altri libri di lettura!!!
(con l’entusiasmo alle stelle)
Grazie! (e si carezza la testa)
19.Buon lavoro e rientro
Grazie, ciao!!
Nadir, nov 2013
13
Collegio
Incontro del secondo anno.
Tema “la povertà”
Enrico Ridente
Ecco a voi lettori il succo di
quello che è stato l’incontro
formativo al rifugio Boschetto
per (no)i ragazzi del secondo
anno.
Il primo momento di riflessione che abbiamo vissuto è stato l’incontro con il prof. Vito
Massalongo che ci ha immersi
per un paio d’ore nella cultura
Cimbra.
Abbiamo compreso come in
effetti il problema dell’integrazione dello straniero non è
solo un problema d’attualità,
e come l’uomo tenda in ogni
epoca storica a relazionarsi nei
confronti dello straniero umile e bisognoso con diffidenza
e paura, timoroso di perdere
i propri beni a causa di illeciti
compiuti da chi “ pare stranio
“.
Subito dopo, grazie a Carlo Menegari, Volontario del
Centro Studi Immigrazione
Cestim, abbiamo affrontato il
problema dell’immigrazione.
Il tema è stato affrontato partendo proprio dall’italia che è
passata da terra di emigranti
a paese di “”” benessere “””
con un flusso di immigrazione notevole. Come sappiamo i
migranti vivono spesso situazioni di disagio, nonostante riescano magari a risolvere i loro
problemi economici. “Si è passati da homo sapiens sapiens a
homo migrans migrans” ripeteva Menegari. Una delle domande da porci è senz’altro: “ è
vero che nessuno è straniero? “
Nel pomeriggio Paolo e Franca, due volontari impegnati
nella Guinea Bissau, ci hanno
spiegato ( ma anche contagia-
to) un po’ di quel “ mal d’Africa “ che loro vivono nel quotidiano. Paolo ci racconta come
ci si accorga che noi abbiamo e
sprechiamo tutto mentre solo
chi non possiede nulla può
realmente insegnarci il valore
delle cose. Ecco quindi che la
povertà diventa servizio, attivando la sensibilità accorgendosi del bisogno del nostro
vicino, offrendo ascolto e comprensione.
Nel tardo pomeriggio è stato
svolto un lavoro di gruppo su
differenti tematiche . Un gruppo ha analizzato la povertà intesa come servizio, il secondo
gruppo ha affrontato la povertà come scelta di vita e il terzo
gruppo ha esaminato invece la
povertà come essenzialità.
Grazie a Don Flavio, nella seconda mattina, abbiamo potuto analizzare la spiritualità della montagna, metafora della
vita in tutti i suoi aspetti. Lassù
abbiamo imparato a dipendere
meno dai nostri beni materiali ( ad esempio il cellulare che
non prendeva e internet ) e ad
aprirci molto di più agli altri.
Li comprendi davvero i tuoi limiti ed impari anche ad accettarti per quello che davvero sei.
La vita è una sfida che va affrontata. Anche per Gesù essa
è stata un lungo cammino pieno di avversità. Insegnandoci
come è Dio che dà ogni cosa ed
è per questo che l’uomo povero affida a Lui tutto se stesso
attraverso la vera preghiera e
l’umiltà. La spiritualità della
montagna ti porta inevitabilmente all’ammirazione di ciò
che è Infinito ed Eterno.
Durante la nostra uscita residenziale abbiamo inoltre visitato la bottega dell’artigiano del ferro Gino Bonamini,
il quale ci ha anche dato una
breve dimostrazione della sua
arte.
Grazie invece alla guida di un
uomo del Corpo Forestale,
Luca Signori , abbiamo imparato a riconoscere le varie specie di alberi nel bosco del monte Carega.
Non si può fare a meno di parlare della sera che ci ha visti
impegnati in un avvincente
partita a “ Lupus in tabula “
durante la quale abbiamo dato
il meglio/peggio della nostra
furbizia e stupidità.
14
Nadir, nov 2013
Collegio (per disguidi tecnici non pubblicato nel numero di Agosto)
Intervista doppia: ...mai ripeterlo due volte!
Mirjam Vego
Prima: PIERO
DOMANDE
Dopo tre secondi: SAVIO
Piersavino.
Come ti chiami?
Piersavino! ...ah, ok, scusa!
Medicina
Cosa studi?
Medicina... Ormai, ormai, ero
abituato!... Medicina e Chirurgia!
Si
Hai finito la sessione?
Si
Anatomia
La più grande palla al piede
è stata...
Anatomia (scuotendo la testa)
(ci pensa) boh, genetica! Eeee
boh sto pensando ma...
Il successo più grande...
La vittoria al torneo di biliardino!
Per il Nadir, mh! (ridacchia)
Perché ti sto intervistando?
Per fare un’unica intervista
dove io sono l’unico grande
protagonista!
beh, innanzitutto sono un bel
tipètto, poi... sono simpatico,
eeee eh!...e affascinante!
Tre motivi per cui sei interessante:
Sono responsabile, sono...insomma, faccio ridere, eee sono,
insomma, abbastanza affascinante!
Dalla Basilicata
Da dove vieni?
Venosa Potenza (perché un altro pregio è l’essenzialità!!!!)
Eh già, però diciamo che io
sono il capo fondatore.
C’è una buona componente
qui in collegio...
Si, siamo in cinque, da Venosa,
e... sono tutti miei seguaci!
“Biliardino” dici? Perché è una
sport interessante, e si continua
la tradizione mediterranea...
(il lato politico di Piero che riempie lo “sport”interessante!)
Perché giocate a “calcetto”?
Perché è uno sport che ti tira
fuori tante emozioni e... sì è
uno sport!! Solo i veri giocatori
possono dire che è uno sport!
Eh, si tiene... dà consigli, ma i
migliori trucchi se li tiene per
sé!
Un maestro svela mai la
tecnica?
Assolutamente no!
Un coro! Eh...(silenzio) non me
ne viene manco uno... (ma sei
tifoso?) Sì, ma non Ultras!
Sei tifoso? Il coro migliore...
“Siam venuti fin qua, siam venuti fin qua, per vedere segnare...(fa una pausa, soride) Piersà!!”
Le frise sono, praticamanete,
le... cioè dipende, come si possono dire??... una specie di....
di bruschetta, di forma circo-
Da buon terrone spiegaci
cosa sono le frise
Allora le frise sono un... ( e
quando finalmente aveva le
idee chiare, dall’esterno osservano la pausa dei tre secondi e
Nadir, nov 2013
15
lare, a ciambella!, poi sopra ci
metti il pomodoro e, mmmm,
e l’olio, e il sale, e l’origano,
eccetera... (nel frattempo raccoglie i viso tra i pugni e si appoggia sul tavolo)
gli urlano: Parla!!!) Ovvio che
parlo!! Io posso! (e riprende
senza scomporsi) le frise sono
una specie di bruschette a forma di ciambella che possono
essere condite con pomodoro,
olio, sale, origano, e sono molto buone!
Eh, praticamente...( e qui si
mette dritto sulla schiena, sorride) sarò baciato dal sole della
California, se tutto va bene...
(sapeva di aver peccato di poca
umiltà...)
Un po’ di mare quest’anno?
Eh, si spera, se riuscirò ad andare, in California da mio fratello, farò un po’ di mare, un
po’ di surf...
No, niente!!!
Settimana enigmistica sotto l’ombrellone?
No, solo io, il sole, il mare, e la
brezza che mi accarezza i capelli!
Dragonball! (più sicuro di lui
chi poteva essere?) Goku, va là!
(aaaaaa)
13 orizzontale: Protagonista del manga di Akira Toriyama
Il mitico Goku!!... (si cruccia e
dice:) comunque alla fine dillo
che puzzavo come un caprone
durante l’intervista!
La mia! (e sorride soddisfatto)
L’onda energetica più potente dell’estate è?
Il mio viaggio in California!
Potrebbe essere quello...
Eee... non comprendo, non capisco l’inglese! (io: era una frase della canzone, appoggiarsi
alle nuvole, la tua nuvoletta?)
Speedy!!
“Resting
through
the
clouds”: la tua nuvoletta?
Eh...le persone che mi sono più
vicine, le persone speciali!
(Farfuglia qualcosa e ride...)
La sfera, di cristallo, dice
che tornerai a Padova a settembre, e...
Farò un bel po’ di esami! E il
tirocinio!
A me e basta proprio!!
Buone vacanze a te e a?
Tutti i cari mazziani e tutte le
persone che leggeranno tutte
le m*n***ate che ho detto!
16
Nadir, nov 2013
Collegio
Cronaca delle fatiche
di una matricola
Vito Squicciarini
Foglie rossastre si adagiavano dolcemente al suolo, numerose, leggiadre, rischiarate
appena dal tenue, argenteo
barlume di Artemide. La terra sembrava gelosa del vello
dai caldi colori, quasi anelasse
proteggersi dai primi tremori
autunnali, dai tragitti sempre
più brevi dei cavalli del cocchio
di Apollo, esausti, fiaccati dalle
spensierate galoppate d’estate.
Le foglie cadevano inerti, silenti; così anche la Luna con gli
astri danzava senza un rumore, rispettosa di un silenzio che
parlava mille parole. Tutto,
in quel crepuscolo d’ottobre,
suggeriva tensione.
L’Olimpo era in fermento.
Da tempo immemorabile, ormai, nessun mortale ardiva
porsi sullo stesso piano delle divinità. Erano i tempi di
Asclepio e Ganimede; ma quelle apoteosi, lungi dal costituire
una sfida al cielo, furono certo
aliene da tanta superbia. Gli
dei, siatene certi, erano irritati.
Non che nessuno osasse opporsi direttamente alle sue richieste, beninteso. Forse qualcuno
meritava questo premio più
di lui? Era pur sempre un semidio, benché mortale; il più
forte degli uomini, coraggioso
come un leone, sensibile come
una farfalla, capace, con le stesse mani, di strangolare bestie
feroci e di asciugarsi il bel volto rigato di lacrime amare; insomma, gli dei l’avrebbero accolto tra di loro, ma non prima
di averlo sottoposto ad un’immatricolazione in grande stile.
Era una fredda serata, lì, nella
landa settentrionale che ancora serbava le spoglie del povero Fetonte. C’erano tutti, dei e
dee ed eroi e mortali, frementi
in attesa dello spettacolo. Her-
mes, messaggero degli dei,
araldo della tenzone, annunciò solennemente che, nella
prima delle fatiche, avrebbe
dovuto sfidare i più veloci tra
i mortali. Ad Eracle sfuggì un
ghigno: “Tutto qui?” pensò.
Si trattava però di vincerli con
l’ausilio di una gamba sola.
L’eroe si aggiudicò, non senza
sforzo, tra i boati di meraviglia
del pubblico mortale, questa e
le altre prove ginniche.
Dopo l’ennesima fatica, il sudore iniziava a grondare copioso sull’ampia fronte del
tebano. Chiuse gli occhi. Un
istante più tardi, tutto intorno a lui era cambiato: eccogli
dinanzi gli Argonauti, gli antichi compagni di avventure,
ecco la nave Argo, Orfeo, Giasone, i Dioscuri… gli sembrò di
sognare. Ma erano lì, in carne
ed ossa; e sfidavano assieme,
come una volta, le mani vigorose avvolte attorno agli agili
remi, i flutti del Ponto. Mentre
la burrasca portava le onde ad
infrangersi possenti su di loro,
come fossero secchiate d’acqua
fredda lanciate a tradimento da Poseidone, con dolcezza crescevano, avvicinandosi
sempre più, le note di una melodia soave, argentina, di un
canto ammaliante... Le sirene!
Il tracio Orfeo, presa la cetra,
accompagnò le urla sguaiate
dei marinai, canti improvvisati, sgraziati, canti popolari,
canzoni famose, che sovrastando quelle altre, consentirono a
tutti di uscirne indenni.
Un battito di ciglia e l’eroe,
con le mani legate e un grosso
macigno in equilibrio sul capo,
era ora in un’impervia foresta,
buia e popolata dalle spaventevoli voci di divinità ctonie. Eracle, l’invincibile Eracle, aveva
paura. Nel buio della notte, inciampò su una radice, facendo
cadere il grave. Colpa nefasta,
a causa della quale anche il suo
stomaco dovette soffrire.
Gli dei ridevano, compiacendosi della propria cattiveria.
Si tramanda che alcuni tra
loro lo apostrofassero come
“S.M.D.M.”, ma nessuno conosce l’esatto significato della
formula. “Sporco mortale di
Maratona” sosteneva qualcuno, “Stupido marito di Megara”, affermavano altri. Eracle,
indomito, resisteva. Le forze
gli vennero meno, quando dovette scendere al piano inferiore, alle profondità più recondite dell’Ade, e trovarsi a faccia a
faccia con i Titani, ambasciatore per conto degli dei. Ciò che
accadde nel Tartaro, nessuno
lo sa.
Stremato, spossato, tornò in
superficie. Zeus lo invitò a
mettersi a suo agio. Sembrava
finita, ma era solo l’inizio della
più difficile delle fatiche: trovare il tripode di Zeus, la sedia
che non c’è. Solo dopo la festa
poté cominciare. Il Sole sorgeva di nuovo sulla terra, dissipando le tenebre. Zeus, finalmente, sorrise. L’Olimpo aveva
un nuovo inquilino.
Nadir, nov 2013
17
Collegio
Intervista doppia
alle matricole!
Giordana Daniotti
GAIA
DOMANDE
PARIS
Prima di iniziare devo dire una
cosa, brutte cose accadranno se
non la dico
(Accendo il registratore, ora
puoi dire quello che vuoi!)
Sono del Gran Ducato
(sei del gran ducato?)
Si, significa quinto piano e sesto piano..se non l’avessi detto
sarei stato sbrandato per tutto
l’anno.
Gaia!
Nome
Paris Pasqualin
(pasqualin?)
si.. di solito è strano il Paris,
non il Pasqualin!
Gaia! Gaietta... Non ne ho.
Scrivi che mi spiace molto che
non ho mai avuto un soprannome.
Soprannome
Del piano?
(No, come ti chiamano di solito!)
Io vengo dalla Grecia, però visto che avevo origine italiane,
mi chiamavano l’Italiano
(e adesso ti chiamano il Greco?)
No, non esattamente.. mi chiamano Gettuz..sarebbe il soprannome del mio piano
23
Età
18 anni
Pavia
Da dove vieni?
Ho vissuto tutta la mia vita in
Atene, Grecia, però sono nato a
Verona.
Per studiare, per fare la magistrale.
Perché sei a Padova?
Per studiare, perché la Grecia
non è un posto per studiare.
Eh.. Posso dirgli che cos’è un
matematico perché mi è venuta
oggi in mente la definizione..
allora no, che cos’è l’università.. in maniera seria è il luogo
dove puoi costruire e iniziare a
costruire il tuo futuro.. in maniera non seria è il luogo dove
bruci gli anni più belli della
tua giovinezza, tra alti e bassi
di felicità e depressione più totale.. cioè sono cinque anni di
totale mancanza di equilibrio!
Cosa diresti ad un bambino
se ti chiedesse cos’è l’università?
Eh.. una cosa divertente direi, molto diversa dalla scuola
visto che puoi fare quello che
vuoi, i tuoi genitori non ti dicono niente.. però se me lo
chiedesse direi che è una cosa
tipo da divertimento e.. un po’
di studio
(solo un po’!)
un po’ si!
18
Nadir, nov 2013
..in cui però costruisci il tuo futuro!
(e cos’è un matematico? Lo stavi dicendo, ora dillo!)
eh, ma tu fai matematica? Sennò non capisci.. è l’unica categoria di uomo che può dire con
fierezza “meno male che c’è
l’o-piccolo”.. vabbè è una battuta nerd
(senti allora io la scriverò, i
nerd capiranno!)
A che età? Tipo a tre anni il muratore, perché mi piaceva fare
le costruzioni e i cappelli a barchetta! quindi sognavo di fare
il muratore di costruzioni di
lego, anche se ero molto scarsa... poi c’è stato il veterinario,
e poi la psicologa.. e poi il nulla, e poi sono finita a ingegneria e poi a matematica
Da bambino, cosa pensavi
che avresti fatto da ‘grande’?
Una cosa quasi come quella
che faccio adesso, mio padre
era ingegnere civile e mi piaceva tanto, volevo fare quello.
Però adesso ho scelto ingegneria dell’energia.
Cosa penso che farò non lo so!
Cercherò di applicare i miei
studi in matematica...
..e adesso pensi che farai..
Ingegnere dell’energia
Eh, boh.. pregando qualche
entità superiore e dicendo
“tanta merda” come sempre.. e
bevendo tanta Redbull, soprattutto bevendo tanta Redbull!
Bevendo tanta, tanta, tanta
Redbull, prima dopo e durante!
Come affronterai gli esami?
Da quello che ho capito ce ne
sono alcuni molto difficili,
però a me sembrano facili. E
quelli che sembrano facili agli
altri sembrano difficili a me,
quindi.. non so come spiegartelo! Tipo analisi mi sembra facile, però disegno industriale è
una cosa impossibile per me.
(figurati per me!)
La Redbull!
Hai un portafortuna?
No
Si, per gli esami tantissimo.
Cioè quindi, se uno va bene
gli altri devo farli con gli stessi
vestiti, le stesse cose.. non ho
mai cambiato la cartella dalla
seconda liceo, mi son laureata
con stessa cartella, e di fatti mi
sono andata a laureare con la
cartella con gli adesivi dei Sex
Pistols, imbarazzantissimo..
e non ho voluto nessuno agli
orali, quindi non ho voluto
nessuno alla discussione della
tesi!
Sei una persona superstiziosa?
No per niente
..blu!
Colore preferito
Eh.. difficile. Direi o rosso o
nero, non saprei quale dei due
Anche la faccia?
(no!)
no.. se mi pagano si.. allora
dico verde, e andresti mai in
giro vestita tutta di verde, si!
Usciresti mai vestito interamente di questo colore?
No! Però mezzo rosso e mezzo
nero si.
(riferimenti calcistici?)
no io non seguo il calcio quindi... di sicuro non è il milan!
Nadir, nov 2013
19
(tutta di verde si, tutta di blu
no..?)
blu, no! Non ha senso come risposta lo so
Credo di si.. si.. si, tantissimo,
originalissima!
Sei originale?
Si dai, un po.. sono un po strano anche, me lo dicono spesso!
(strano in senso positivo?)
si dai strano positivo, mi differisco dagli altri però in modo
sempre positivo
La fissa? Eh di fisse ne ho tantissime! Quando mangio sono
piena di fisse! Ma fisse nel senso paturnie? Cioè tipo quando
studio devo continuamente
controllare se la porta è chiusa,
controllare le cose.. ne ho troppe! Mi fai sentire malata cosi!
Devo sempre avere gli armadi chiusi, le luci come dico io,
quando dormo non deve entrare luce, non ci devono essere
rumori, quando mangio devo
mangiare come dico io, tot
bocconi di cibo, tot sorsi d’acqua regolari... Sembro matta!
(ma un periodo in cui ti eri fissata di fare qualcosa..)
ma ogni cosa che faccio è perché mi sono fissata di fare quella cosa! Beh, aspetta.. quando
avevo 12 anni volevo affinare
i miei sensi quindi andavo in
giro per casa ad occhi chiusi,
perché speravo che migliorassi
come i ciechi l’olfatto, l’udito..
o sennò cercavo di parlare agli
animali..
La fissa più strana oppure
l’hobby più strano che tu
abbia mai avuto
Beh faccio tanti sport d’acqua..
uno che qua non conoscono
tanto è il kitesurf..
(eh infatti!)
è un po’ extreme, c’è una vela
che vola e tu vai sull’acqua sopra una tavola.. però non lo
faccio più perché ho avuto un
incidente e mi sono quasi rotto
una gamba!
Qualunque, vedo tutto, ogni
film, ogni giorno, sempre!
Genere di film preferito
Mi piacciono i film d’azione,
però di solito se un film ha
qualcosa da dire in generale,
mi piace, se vuole passare qualcosa insomma
Eh dipende dai periodi! Idealmente, non mi ricordo se è
Thelma o Louise, Susan Sarandon in “Thelma e Louise”..
(Louise!)
poi per un periodo della mia
vita mi sembrava di essere Susanna Kaysen, di ragazze interrotte, perché mi ero interrotta
anche io, e poi.. eh devo pensarci, ho troppi film preferiti!
Ci devo pensare!
....
(passaparola?)
Passaparola, sennò inventalo,
metti Tata Matilda!
Dì un personaggio di un
film in cui ti riconosci e
perchè
mmm... boh! Fino all’anno
scorso quando ero a scuola, mi
dicevano tutti che assomigliavo.. hai mai visto il film Nuovo
Cinema Paradiso?
(si!!!)
mi dicevano che assomigliavo a
quel bambino perché avevo cominciato a proiettare dei film
nella mia scuola, quindi tutti
mi dicevano “Totò, Totò!”
20
Nadir, nov 2013
Non lo posso dire in pubblico!
Se spegni il registratore te lo
dico.. non si può scrivere!
(non si può scrivere..)
allora un superpotere.... Fermare il tempo! Come in una
puntata dei Simpson! L’altro
no, non si può dire... CE L’HO!
Il personaggio del film, mi è
venuto in mente!
(eh vai allora diccelo adesso!)
Nikita, di Luc Besson! Perché
è un personaggio molto figo..
e perché le piacciono i ravioli.. non perché a me piacciono
i ravioli ma è un personaggio
molto bello, mi colpisce.. Beh,
cambierò mille volte idea!
(per ora accontentiamoci)
Se potessi avere un superpotere, quale sarebbe?
Me lo domandavo da piccolo, e
dipende da come lo vuoi usare:
se mi dicessero di combattere,
vorrei tipo controllare il ghiaccio. Perché posso fare scudi e
anche delle armi... se invece
mi dicessero, non so, di salvare
persone forse direi volare
La capacità di adattamento
Una capacità di cui vai fiero
mmm.... So fare.... Esercizi di
matematica? Non direi che so
fare cose strane...
so fare così! (piega le braccia
dietro la schiena)
Pregio, la tenacia. Difetto, la
mancanza di equilibrio.
(in questo momento si sta dondolando in bilico su uno sgabello)
....tranne su questo sgabello!
Un tuo pregio e un tuo difetto
Un difetto... a volte mi succede
tipo di arrabbiarmi con i miei
genitori e gridargli... altre cose
non mi vengono in mente..
(e un pregio?)
cosa sarebbe?
(una cosa bella!)
...... boh!
(non ne hai?)
no, ne ho... ma non so... che
sono affettuoso?!
Allora, pregio, il confronto
con altre persone. Il difetto...
il confronto. Cioè il fatto che ti
devi confrontare sempre è un
pregio e anche un difetto, cioè
sei portato sempre a confrontarti con altri anche quando
magari desideri, anche non positivamente, l’isolamento.
Un pregio e un difetto della
vita in collegio
Una cosa bella qua è che puoi
conoscere tante persone... un
difetto.. non so cosa dirti, perché puoi tornare quando vuoi,
puoi fare quasi quello che
vuoi.. un difetto sarebbe che
non posso portare persone che
voglio nella mia stanza, è l’unica cosa che mi viene in mente
Le recensioni culinarie del cibo
della mensa!
(...)
Scritte da Giordana!
Cosa ti piacerebbe leggere
in un futuro numero del
Nadir?
Mi piacciono le cose scientifiche, le cose strane... di solito
mi piace leggere cose strane..
poi, non è che leggo tanto!
(ride) Mi piacerebbe anche leggere cose di psicologia, perché
mi interessa. Infatti se chiedi
tutti dicono che dovrei fare
psicologia!
Saluto la relazione.. la redazione! Ciao a tutti i matematici
della relazione, eh, redazione!
A tutti i matematici che capiranno la battuta, e ciao a tutti
i non matematici, ciao a tutti
Saluta la redazione
Ciao giornalino! E buona fortuna e buona… non lo so.. buone stampe!
Nadir, nov 2013
21
amici!
Eh non so come si dice.. come
si dice ‘ciao’ in greco?
Ciaoingreco, tutto attaccato!
Saluta
il/la
tuo/a
compagno/a di intervista
Ciao Daniela... ehh..
(?? Gaia!!)
Gaia? Gaia non è l’altra ragazza? Tu sei Gaia??
(No! Gaia è la tua compagna intervistata!)
ah, credevo che dovevo salutare te!!
(Noo! Lei! Ma io non sono
Gaia!)
ah, ciao gaia! Stammi bene!
Collegio
L’USCITA DELL’ANNO...
...Se il furgone è tedesco,
l’autista è divino
Mirjam Vego e Gabriele Bogo
Ivair diceva di non amare il
sole... e di preferire Santa Maria degli Angeli a San Damiano. Noi invece siamo andati a
fare gli eremiti! E don Mario tirava dritto, avanti col suo passo lanciato... sarà anche perché
la massa non lo rallentava molto, essendo noi in quattro!
Sfruttando la spinta dei camion, siamo arrivati a Costano
e ci ha accolto il Signor Lanfranco, con la delicatezza di
una nonna. Tempo di cena e
di visite per i curiosi giunge al
tramonto: dopo la pizza e l’insalata don Mario ci ha regalato
il panorama notturno di Assisi
ai piedi della collina... ecco un
assaggino...
Dopo una passeggiata per la
città, siamo tornati nell’appartamento, dove abbiamo letto
insieme la vita di san Francesco
e santa Chiara; perché prima
viene la teoria e poi la pratica.
Il giorno successivo, un sabato
mattina di sole e foschia, siamo
stati nei pressi della basilica di
san Francesco: chi a guardare i
dipinti, chi a pregare in Chiesa, chi a pensare e incontrare
gente in città... e poi c’è stata
la messa concelebrata da don
Mario nella Basilica Inferiore.
Abbiamo approfittato per fare
un confronto ai fornelli, prima di entrare nella parte viva
delle giornate, dato che tutto
cominciò a San Damiano...…
anche noi siamo partiti da lì,
sempre meno turisti e sempre
più eremiti. Tra quelle mura
ognuno di noi ha “riparato la
propria casa” secondo un percorso spirituale autonomo e,
forse, favorito dal fatto che eravamo in pochi. Nel convento
abbiamo ripercorso i luoghi
della vita dei frati e di santa
Chiara e, uscendo dalla stanza
della sua morte, siamo andati
nella chiesa a lei dedicata. Lì
abbiamo trovato l’originale del
crocifisso di San Damiano e il
corpo della santa, approfittando così per un altro momento
di preghiera. Ormai eravamo
in cerca di posti dove l’anima
incontra la pace, anzi se stessa…
e abbiamo preso suggerimento da quello che san Francesco
stesso preferiva: l’eremo delle
Carceri. Anche qui ciascuno ha
seguito il proprio sentiero: chi
quello di frate Vento, chi quello di frate Leone, chi in adorazione, chi semplicemente in
contemplazione.
22
Nadir, nov 2013
Dopo una fame, viene l’altra...e
uno dei desideri più grandi
di don Mario era di entrare ad
Assisi in macchina, così dopo
tanti anni è stato soddisfatto!
La seconda fame è stata placata con la cena, dopo la quale ci
siamo preparati alla domenica,
con il commento delle letture e
del Vangelo.
Svegli dall’alba, al cambio
dell’ora erano le 7.00, abbiamo
partecipato alle lodi mattutine con i frati e alla messa a San
Damiano concelebrata da don
Mario. Prima di raccogliere i
bagagli, abbiamo insieme scelto il programma del giorno:
passaggio per Rivotorto, tappa alla Basilica di Santa Maria
degli Angeli, che portarono la
Porziuncola ad Assisi, e deviazione verso La Verna, per completare il percorso di san Francesco.
Ai Chiusi di La Verna, tra Diario e Compito, il Casentino toscano ci ha accolti nella nebbia
dei boschi. Il convento era gremito di Casertani in pellegrinaggio, nonostante le castagne
di cui facevano vanto. Tra la
natura del Sasso Spicco, presso
cui il santo ha ricevuto le stigmate, e l’arte dei fiorentini allievi di Della Robbia, abbiamo
assaggiato l’essenzialità del
posto.
La conclusione di questo viaggio di tre giorni ad Assisi è questa.
La sua lettura è molteplice: storia, spiritualità, arte, natura,
indagine, confronto. Secondo
la propria disposizione d’animo, ciascuno ha potuto vivere
la riflessione e forse un cambiamento. Alla ricerca o meno
di questo, spontaneamente
l’ambiente diventa coinvolgente e trasmette la sensazione
di quiete tangibile. Ivair cosa
pensi?
I Passeggeri
Nadir, nov 2013
23
Cultura
Il problema della resistenza
immaginativa (appunti dalle lezioni;
D. Hume, Of the Standard of Taste)
Riccardo Gabrielli
Le prime pagine del romanzo
Lolita, di Vladimir Nabokov,
sono riservate a una prefazione. Prefazione, per così dire,
apocrifa. Alla tradizionale narrazione – svolta tramite l’espediente del manoscritto ritrovato – va ad aggiungersi, infatti,
un’introduzione – attribuita
anch’essa a un personaggio fittizio – cui sono affidate, con
ironico distanziamento, valutazioni di buon senso e considerazioni morali. Citando da
tale preludio:
Egli [l’autore – simulato – delle
pagine che seguono] è indubbiamente un individuo ripugnante
ed abietto, un fulgido esempio di
lebbra morale, una commistione
di ferocia e lepidezza che rivela
forse un’infelicità estrema, ma
non contribuisce affatto a rendercelo simpatico. [...] E’ un anormale. Non è un gentleman. Ma
con quanta magia il canto del suo
violino sa evocare una tenerezza,
una compassione [...] che ci fanno
leggere rapiti il libro mentre ne aborriamo l’autore!
Il passo indicato – il cui tono,
dominato perlopiù dal ribrezzo, è dovuto agli orribili reati di cui si sta implicitamente
trattando – può offrire alcuni
spunti di riflessione per quanto riguarda un tema variamente discusso in filosofia
dell’arte, ossia la cosiddetta
resistenza immaginativa. Perché sottolineare che la “rapita” lettura del libro è accompagnata da una certa forma
di disprezzo? Donde, inoltre,
tanta preoccupazione, da parte di Nabokov, nel dissimulare
al massimo grado la sua voce?
Non può trattarsi, forse, di una
scelta estetica che ha varie e
profonde implicazioni con la
sfera morale? Infine, è legittimo – o, ancor più: è verosimile
che un parere, concernente un
prodotto artistico, sia influenzato da credenze appartenenti
alla vita pratica?
Siffatte questioni, che sorgono
quasi spontaneamente, possono essere d’aiuto nel presentare l’argomento della resistenza
a immaginare.
In cosa consiste la resistenza
immaginativa? Secondo Tamar Gendler, “[It] occurs when
a subject finds it difficult or
problematic to engage in some
sort of prompted imaginative
activity”. L’eventualità presentata nel seguito del testo
citato è puntuale. E’ descritta
un’ideale variante di Macbeth
in cui l’omicidio di Duncan è
messo in scena con grande fedeltà al testo di Shakespeare,
seppur alcuni elementi originali presentino il delitto come
deplorevole per la sola ragione
di aver interferito con il sonno di Macbeth; se un astante
è contrariato nell’accettare un
simile stato di cose, si ha a che
fare, da parte sua, con un comportamento di resistenza immaginativa. Appare immediatamente evidente come questa
sia una condotta che, se da un
lato è inevitabile, dall’altro
compromette radicalmente il
giudizio complessivo nei confronti del prodotto estetico – il
mancato coinvolgimento emotivo non è dovuto a una pessima recitazione o a una debole
sceneggiatura, ma nel non riuscire a far propri dei valori a
tal punto inusuali da risultare
assolutamente inammissibili,
poiché glacialmente indifferenti alla sofferenza. D’altron-
de le opere d’arte si definiscono preliminarmente, come
rileva Kendall Walton, per essere dei supporti all’attività
dell’immaginazione, per prescrivere norme al fantasticare
della mente, per stimolare una
funzione intellettuale tipica
dell’umanità. Respingendo un
sollecito a immaginare, non si
collabora al gioco di far finta stabilito, che, così, non può che
concludersi in un fallimento.
In altri termini: si danno delle circostanze in cui un’opera
d’arte invita ad assumere un
punto di vista che un fruitore
può non essere disposto ad interiorizzare; una carenza etica si traduce così in un difetto
estetico insormontabile.
Questo genere di resistenza a
immaginare può essere definita di tipo morale. A titolo di
esempio: alcuni possono scegliere di abbandonare la lettura di Nella colonia penale di Kafka ritenendo che far propria
una prospettiva terrificante,
qual è quella che il racconto invita a condividere, possa condizionare negativamente anche
azioni compiute nella vita reale; altri, invece, possono avvertire nel loro animo una sorta di
repulsione che non gli permette di apprezzare a pieno la prosa e la creatività dello scrittore
di lingua tedesca. Di là dalle
divergenze, ciò che è comune
a entrambi gli atteggiamenti
è l’esitazione nell’accettare un
mondo finzionale moralmente
deviante, distante dal proprio.
Non è certamente questo, in
ogni caso, l’unico genere di resistenza immaginativa: Brian
Weatherson e altri notano
come il medesimo contegno si
dia non solo in corrispondenza di concetti normativi come
quelli etici, bensì anche per
descrizioni ontologicamente
bizzarre o addirittura fisicamente impossibili. Potremmo
parlare, a tal riguardo, di una
resistenza di tipo teoretico.
Il comportamento descritto è
giustificato? Un giudizio estetico, quando – per così dire – è
mescolato a una valutazione
di tipo etico, è accettabile? Tra
le due tipologie di resistenza,
morale e teoretica, s’istaura
24
una gerarchia? L’una ha la priorità sull’altra? Anche a queste
domande è dedicato il saggio
Of the Standard of Taste di David
Hume, del 1757.
Hume, nello stesso paragrafo
in cui individua la problematicità della resistenza immaginativa, esprime anche, direttamente e inequivocabilmente,
la sua tesi:
[W]here vicious manners are described, without being marked with
the proper characters of blame and disapprobation, this must be allowed
to disfigure the poem, and to be a real
deformity. I cannot, nor is it proper I
should, enter into such sentiments;
and [...] I can never relish the composition.
Il filosofo empirista considera inappropriato, ed anche
impossibile, che, da lettori,
ci s’immedesimi in abitudini
degenerate. Egli legittima che
l’assenza di moralità sfiguri
un poema, che una mancanza
etica interna all’opera comprometta l’efficacia della stessa. Tuttavia, appoggiandosi a
quali ragionamenti l’autore
giunge a simili conclusioni?
Perché, inoltre, affermare che
le “vicious manners”, affinché
s’infrangano inevitabilmente
e negativamente sul giudizio
estetico, non devono essere
“marked with the proper characters
of blame and disapprobation”?
E’ necessario, a questo punto,
evidenziare come Hume arrivi
a formulare l’argomentazione
segnalata.
Lo svolgimento di Of the Standard of Taste trae origine dalla
constatazione della grande varietà di posizioni differenti che
regna nell’ambito del gusto. In
questo modo, però, si prende
atto di una contraddizione. Da
una parte, i giudizi di gusto
non sembrano essere suscettibili di descrizione razionale.
Essi riguardano, infatti, la bellezza, che non è da Hume considerata una qualità oggettiva,
sussistente nel mondo, ma al
pari di ente inerente soltanto
alla relazione tra soggetto e
oggetto. Come nel mondo non
esistono i colori veri e propri,
ma frequenze che possono entrare in contatto con i nostri
Nadir, nov 2013
occhi, così il piacere che si prova nei confronti di un lavoro
d’arte segna “a conformity or
relation between the object
and the organs or faculties
of the mind”. Di conseguenza: “[E]ach mind perceives a
different beauty. One person
may even perceive a deformity, where another is sensible
of beauty”. In arte, e non solo,
tutto sembra essere dominato
dal soggettivismo, dalla relatività delle valutazioni: “every
individual ought to acquiesce
in his own sentiment, without
pretending to regulate those of
others”. D’altro canto, il senso
comune si esprime anche nella
direzione opposta:
Whoever would assert an equality
of genius and elegance between
OGILBY and MILTON, or BUNYAN and ADDISON, would be
thought to defend no less an extravagance, than if he had maintained a
mole-hill to be as high as TENERIFFE, or a pond as extensive as
the ocean.
Laddove ogni possibile ricorso a una regola del gusto sembrava essere stato allontanato
definitivamente, il pensiero
di un canone ideale riemerge.
Alcuni giudizi si mostrano
come più stravaganti di altri;
l’uguaglianza di “genius and
elegance between OGILBY and
MILTON” risulta poco plausibile. Come sciogliere, dunque,
la tensione tra le due posizioni
contrastanti? Hume propone
di stabilire uno “standard of taste” che, se da un lato è fondato
semplicemente su “organs and
faculties of the mind”, dall’altro può, forse, permettere di
eludere quella certa forma di
prospettivismo assoluto, che,
come si è visto, è difficilmente
sostenibile.
La strategia di Hume è cristallina. La bellezza ha, per certi
versi, affinità con le qualità
sensibili degli enti; si può affermare, d’altronde, che tendiamo a svalutare la capacità
di riconoscere i sapori di un
uomo ammalato – ad esempio.
A man in a fever would not insist
on his palate as able to decide concerning flavors; nor would one,
affected with the jaundice, pretend to give a verdict with regard
to colours. In each creature, there
is a sound and a defective state;
and the former alone can be supposed to afford us a true standard
of taste and sentiment. If, in the
sound state of the organ, there be
an entire or a considerable uniformity of sentiment among men,
we may thence derive an idea of
the perfect beauty; in like manner as the appearance of objects
in daylight, to the eye of a man in
health, is denominated their true
and real colour, even while colour
is allowed to be merely a phantasm of the senses.
E’ intuitivo riconoscere che
gli organi di senso possono
trovarsi sia in un buono stato,
che in una condizione poco
attendibile. Al tempo stesso,
v’è un’oggettività irriducibile nelle “mutual relation and
correspondence of parts” che
contraddistinguono le opere
di genio. A questo punto si può
cercare, dunque, di individuare quali caratteristiche, quali
modi d’essere dell’intelletto,
definiscano il perfetto fruitore
d’arte, e da qui inferire un canone della critica, una regola
del gusto.
Quali sono le condizioni che
definiscono il buon critico?
Essenzialmente, le sue analisi devono essere guidate dal
buon senso; le sue personali
inclinazioni – che, ad esempio possono portarlo a essere
maggiormente sensibile per
l’incisività lirica di Orazio che
non per l’incantevole complessità di Tacito – temperate dalla
ragione. Più specificamente, è
imprescindibile dal vero giudice
• una lunga pratica, affinché gli
sia permesso “to acquire experience”, cosicché “his feeling
becomes more exact and nice”
mediante l’esercizio delle facoltà;
• una lunga pratica, affinché gli
sia permesso “to acquire experience”, cosicché “his feeling
becomes more exact and nice”
mediante l’esercizio delle facoltà;
• la libertà “from all prejudice”: Hume riconosce che le
orazioni di epoca classica sono
Nadir, nov 2013
state scritte per un pubblico
con una sensibilità remota da
quella dell’uomo moderno. Il
buon critico deve sempre prendere in considerazione le circostanze particolari che accompagnano un’opera;
• l’imposizione di una “violence on his imagination” al fine
di poter dimenticare se stesso,
la sua contingenza storica ed
emotiva, ed assumere un punto di vista imparziale.
Il trattato, che apparentemente sembra potersi concludere,
presenta ora l’attenta formulazione della resistenza ad immaginare: Hume nota che laddove sono descritte abitudini
immorali, “without being marked with the proper characters of
blame and disapprobation”, l’opera è ineluttabilmente sfigurata. Si tratta di un passaggio che
ha destato varie perplessità tra
i lettori. Perché in un’opera le
imperfezioni etiche sono tanto
sgradevoli, mentre – come si
afferma apertamente – si può
soprassedere naturalmente,
con uno sforzo dell’immaginazione, ad errori scientifici
e speculativi? L’autore scrive:
“[w]hatever speculative errors
may be found [...] they detract
but little from the value of those compositions”. Inoltre, Michelle Mason, insieme ad altri
studiosi, ha posto l’accento su
un probabile paradosso: se il
critico ideale si caratterizza per
la capacità di astrarre da ogni
prospettiva particolare, con lo
scopo di assurgere ad un punto
di vista il più imparziale possibile, perché ciò non può avvenire anche per costumi morali
diversi dai propri?
A FRENCHMAN or ENGLISHMAN is not pleased with the
ANDRIA of TERENCE, or CLITIA of MACHIAVEL; where the
fine lady, upon whom all the
play turns, never once appears to
the spectators, but is always kept
behind the scenes, suitably to the
reserved humour of the ancient
GREEKS and modern ITALIANS.
[...] A man of learning and reflection can make allowance for these
peculiarities of manners [...].
Qual è la differenza tra una
25
commedia di Machiavelli, in
cui certi elementi sono giustificabili da un uomo colto
ed intelligente – “[a] man of
learning and reflection” – ed
alcuni crudeli versi dei poemi
omerici, che Hume, nonostante ne riconosca il valore artistico, non esista a ritenere incapaci di commuovere un uomo
di buon senso? E’ credibile che
il filosofo illuminista reputi
inadeguato immedesimarsi in
personaggi malvagi, affinché
non si subiscano influenza negative per le azioni della vita
reale, se concepisce il senso
morale come estremamente
saldo e stabile, se il buon giudice “is confident of the rectitude of that moral standard, by
which he judges”? A tal proposito, Christopher MacLachlan
giudica addirittura l’intero Of
the Standard of Taste un breve
ma altamente ironico trattato.
Nonostante la posizione di
MacLachlan sia profondamente originale, è indubbio che
possano darsi anche esegesi
meno impegnative, ma forse più esplicative, del saggio
di Hume. Sembra questa, ad
esempio, la strada seguita da
Reed Winegar: la ragione per
cui il critico non ha alcuna colpa se si rifiuta di assumere, anche solo momentaneamente,
un modo immorale di vedere
il mondo, è dovuta all’importanza che Hume attribuisce
al buon senso. Non si deve dimenticare che è il buon senso a
permettere che vi sia libertà da
ogni pregiudizio.
It is well known, that in all questions, submitted to the understanding, prejudice is destructive
of sound judgment, and perverts
all operations of the intellectual
faculties: It is no less contrary to
good taste; nor has it less influence to corrupt our sentiment of beauty. It belongs to good sense to
check its influence in both cases;
and in this respect, as well as in
many others, reason, if not an
essential part of taste, is at least requisite to the operations
of this latter faculty.
Un uomo di buon senso è un
eccellente critico perché può
comparare con arguzia il valore diverse opere d’arte, può
intendere a pieno la finalità di
un lavoro letterario, e può relativizzare le differenze di costumi che intercorrono tra la
nostra civiltà ed un’altra; tuttavia, è proprio in virtù di questo stesso buon senso che non
può prescindere dal proprio
ethos, che non può sorvolare
sulla devianza morale come se
fosse semplicemente un errore
teoretico. L’uomo di cultura ed
intelligenza non smette mai di
confidare nella “rectitude of
that moral standard, by which
he judges”, non teme neanche
per un istante di poter perdere il suo senso etico; al tempo
stesso, non può metterlo tra
parantesi: non perché abbia
paura di eventuali conseguenze, ma perché se lo facesse perderebbe la stessa qualità grazie
alla quale è riconosciuto come
un’autorità in fatto di sensibilità estetica.
Questa posizione è, ancora
oggi e con ogni probabilità, più
condivisibile di quanto non
possa sembrare. Si prenda ancora una volta in considerazione Lolita, esempio di eccellente
narrativa, largamente apprezzata, che espone le vicissitudini di un individuo corrotto
e depravato. Ci si può rendere
conto, allora, di come l’autore
eviti di trattare la vicenda con
diretta sfrontatezza: la forte
dissimulazione e l’accentuato
distanziamento ironico sembrano avere lo scopo di farci
assumere il punto di vista non
del criminoso protagonista,
ma di un lettore al quadrato,
di un lettore di un lettore della
sua storia.
In
conclusione,
secondo
Hume, non è solo comprensibile che, nel caso di un’opera
che richieda di identificarsi in
ideali contro ragione, un uomo
di buon senso provi una sensazione di disagio, ma è addirittura suo dovere tramutare
l’inadeguatezza etica in una
imperfezione estetica.
26
Nadir, nov 2013
Racconto
Gigantomachia
Parte prima - La fine del
viaggio
Angelo Balestra
“Capitano, siamo appena usciti dal tunnel spazio-temporale,
iniziamo ad avvertire l’attrazione gravitazionale del pianeta I633-571”.
“Vedo. Iniziate pure a risvegliarli. Atterraggio previsto tra
ottantadue micro-Croni*...”.
“AHHHHHHH! Ahh, ahh,
ahh...”.
L’aria fece irruzione nella capsula e disperse nell’atmosfera
della nave il gas in cui Bramir
era stato immerso per centonovanta Croni: si fece strada nella
sua gola, percorse la trachea,
attraversò i bronchi e arrivò
fino al sangue. Il cuore riprese
a pulsare a pieno regime. Il ragazzo tossì per buttare fuori il
liquido che sentiva depositato
sul fondo dei polmoni, e aprì
gli occhi. Davanti a lui c’erano
le tombe bianche nelle quali
dormivano gli altri suoi compagni di viaggio, e gli uomini dell’equipaggio attivo che
camminavano in quel cimitero
spaziale e muovevano veloci le
mani sugli olografici. Risvegliavano i morti. Alla fine erano riusciti davvero a trasportare quel colossale cilindro
bianco ai confini dell’universo,
tra wormhole e curvature dello
spazio-tempo, tempeste magnetiche a piogge di asteroidi, e
ora che il loro compito era quasi terminato soffiavano la vita
nei polmoni dell’equipaggio
passivo. Non serbando ricordi
del tempo trascorso all’interno
della nave, gli uomini che avevano dormito cullati dalle radiazioni dello spazio profondo
potevano soltanto immaginare
l’assurdo viaggio che li aveva
portati fino a lì.
Bramir continuava a tossire.
Aveva l’affanno: la pressione
sulla nave era molto più bassa
di quella su Yalta, e sentiva nel
corpo la stanchezza e lo shock
di quel sonno innaturale. Una
brezza leggera strisciava sulla sua pelle umida, dovuta al
fatto che la nave ruotava su se
stessa con una velocità angolare di 0,6 radianti al secondo
per simulare la gravità. Si passò una mano sul cranio, si mise
seduto e si guardò intorno:
alla sua sinistra gli alberi da
frutta e le canne da zucchero
erano cresciuti come edera su
un muro bianco, e le magnolie
erano diventate alte. La parte
destra, invece, si era riempita
di pini e di viti. L’odore pungente gli ricordò la pineta dove
correva ogni mattina prima di
andare a lezione.
Nell’aria aleggiava una musica familiare. Un brano terrestre, note dure e vagamente
allucinogene, in inglese: una
rivisitazione neo-classica di un
brano di Aphex Twin. Appena
lo riconobbe, Bramir non poté
fare a meno di muovere la testa
a tempo. Su Yalta, fatta eccezione che per gli studenti, erano
davvero pochi quelli che conoscevano l’inglese, soprattutto
perché lì la densità dell’aria era
diversa, e il differente modo di
propagarsi delle onde sonore
faceva si che parlare in inglese
fosse molto più complicato che
sulla Terra. Nonostante questo, la musica terrestre andava
forte: la gente si era abituata ad
ascoltarla un po’ come durante
il medioevo il volgo ascoltava
la messa in latino.
Sedici capsule più in basso,
uno dei membri dell’equipaggio attivo risvegliò Flavia.
Anche la nebbia bianca della
sua capsula si disperse nell’atmosfera della nave, e anche lei
si mise seduta e tossì per sputare fuori il muco dai polmoni.
Poi guardò in direzione di Bramir.
Gli occhi verdi, non ancora abituati alla luce bianca e accecante che guizzava da ogni angolo
della nave, lentamente misero
a fuoco le mani, il petto umido,
il viso, gli occhi scuri.
I due si sorrisero.
In quel momento, a Bramir
venne in mente il giorno in cui
Flavia gli parlò della sua decisione di iscriversi come volontaria per la missione sul Pianeta dei Giganti.
Allora frequentavano l’università militare su Yalta. Lei era
seduta nel banco alla sua destra, agitava le mani tra le figure sottili del suo oloquaderno e
scriveva sullo schermo le parole del professore di “storia ed
evoluzione dei trasporti intergalattici”.
“...Come evidenziato da numerose ricerche antropologiche sulla natura nomade della
nostra specie, quello di viaggiare è uno dei bisogni più antichi dell’essere umano: ancora
prima di uscire dal sistema solare, o addirittura dal proprio
pianeta d’origine, l’uomo era
dominato dal desiderio di oltrepassare i propri confini, e
l’unico limite che conosceva
era il livello di avanzamento
del progresso scientifico-tecnologico...”.
Il professore era un ologramma
in tele-trasmissione da un’aula
sulla Terra: in quel momento
la sua immagine era proiettata
in trecento altre aule di trecento altre università su quindici
pianeti differenti. Su Yalta, la
sua proiezione gesticolava tra
l’arredo in legno di una riproduzione della sala conferenze
dell’Imperial College dove stava tenendo la lezione in tempo
reale.
“Mmmh, vedo che accanto agli
appunti hai disegnato una caricatura del professor Flint...
Immagino che ti sarà utile,
quando dovrai ripassare...”.
Disse Bramir sbirciando sull’oloquaderno di Flavia.
Flavia alzò lo sguardo sorridendo.
Nadir, nov 2013
“Guarda che è una tecnica
mnemonica...”
“...Le caravelle spagnole: un
potente strumento che permetteva di sfruttare al meglio
l’energia eolica. Proprio quello
di cui c’era bisogno nel quindicesimo secolo per raggiungere
le Americhe! E non credete che
le prime arche spaziali fossero
tanto diverse da questo miracolo dell’ingegneria dei trasporti. Come con le caravelle,
anche qui i primi pionieri della nostra galassia partivano per
sempre per colonizzare nuovi
mondi...”
Flavia riprese a prendere appunti.
“Senti, posso dirti una cosa?”
“Cosa?” chiese la ragazza, spalancando gli occhi senza girare
la testa: e guardandolo di lato,
quell’occhio verde sembrava
quasi quello di una balena che
emergeva fuori dall’acqua, la
cicatrice sulla guancia lasciata
lì da qualche baleniere piegata
in un’espressione incuriosita.
“Mi dispiace che tu abbia deciso di partecipare alla missione...”.
Flavia alzò la testa e lo guardò
negli occhi.
“Anche se... Forse fai bene a
mollare tutto. Yalta non è un
posto per gente che sa vivere...”
continuò lui, mentre graffiava
con la punta di un coltellino
una “F” sul banco di metallo.
“...Dopo l’energia chimica, iniziò l’era dei motori a fissione
nucleare. Questa fonte di energia scadente e pericolosa, tra
imprevisti e missioni fallite,
ci servì bene fino a quando arrivammo ad edificare le prime
basi spaziali sui satelliti di Giove. Il traguardo più importante
che siamo riusciti a raggiungere sfruttando la fissione dell’uranio è stato una bella gita
sulla cometa di Halley: come
immagino voi tutti sappiate,
quella fu la prima spedizione
che portò sulla terra microorganismi extra-terrestri. Poi fu
l’era dei motori a fusione, che
ci permisero di arrivare fino
alle regioni più estreme del nostro sistema solare...”
“Sai che non è quello...” disse
Flavia, abbassando lo sguardo.
“Il fatto è che qui ho la sensa-
27
zione di... Non lo so, di non
essere importante, di non partecipare alla marcia dell’uomo...”.
“Qui su Yalta?”
“Si! Cioè... Ormai ne ho piena la
testa di storie sulle nostre origini, sulla conquista dell’universo e tutto il resto... Non voglio rimanere qui per sempre,
circondata da ologrammi di
gente che mi raccontano il progresso e le spedizioni dell’umanità... A volte fatico anche
a credere di essere io un essere
umano!” esclamò allargando
le braccia e guardando l’ologramma del professor Flint. Lo
sguardo di Bramir colpì prima
le doppie palpebre trasparenti,
poi le piccole branchie sul collo, e infine la pelle dura e arsa:
tutte le piccole differenze che
la selezione naturale e la bioingegneria avevano fatto nascere
tra i coloni e i terrestri**.
“Qui non c’è niente... Non ha
senso spaccarsi il culo studiando i segreti dell’universo se poi
rimaniamo qui... non ci meritiamo di essere confinati su
Yalta per tutta la vita...”
“...L’antimateria! Ecco la forma di energia che ci permette
tuttora di coprire praticamente qualsiasi distanza all’interno della nostra galassia, e con
cui siamo riusciti a raggiungere l’abisso di Einstein! Furono proprio gli esperimenti
condotti in quel buco nero che
hanno illuminato territori di
conoscenza che nessuno di noi
avrebbe mai potuto immaginare, e ci hanno permesso di
mappare le gallerie gravitazionali dello spazio tempo e
sfruttarle per i nostri viaggi
inter-galattici! Nella seconda
metà del quattromila-ottocento almeno mille uomini avevano già viaggiato all’interno di
un tunnel spazio-temporale,
riuscendo così a raggiungere
i luoghi più remoti della Via
Lattea...”
“E poi... La prima missione
extra-galattica dell’umanità...…
Non dirmi che non ne senti il
fascino neanche un po’... E’
una vita che si sente parlare del
“Pianeta dei Giganti, dove la
storia della materia e dell’energia ebbe inizio”... Secondo me,
anche tu sotto sotto muori dalla voglia di andarci!”.
Bramir sorrise. “Sì, beh, se
devo essere sincero, ci ho pensato anch’io... Ci sto ancora
pensando, a dire il vero... Ma,
non lo so, lasciare tutto, per
tutta la vita...” Disse il ragazzo, staccando il coltellino dal
banco: sul metallo, la parola “Flavia” galleggiava su un
mare di altre scritte.
“Conosci già quello che lasci...
Ma non sai niente di quello che
trovi...“ disse lei sorridendo.
“E ti dirò un’altra cosa: è inutile che ci rifletti così tanto. O
almeno, io non l’ho fatto. Non
ha senso riflettere di una cosa
che non conosci, soprattutto di
qualcosa come questo viaggio,
che non puoi mai sapere in che
modo cambierà il modo che
hai di vedere le cose... Meglio
sprecare più energie per quello
che verrà dopo...”
“Cosa?”
“Giustificare nel miglior modo
possibile la scelta che hai preso!” esclamò Flavia mentre rideva, e prese la mano del ragazzo. Il professor Flint, intanto,
spiegava il funzionamento di
un motore ad antimateria che
aveva appena iniziato a galleggiare a mezz’aria sulle teste degli studenti. “Comunque vada
a finire questa storia, sappi che
ti ho voluto bene in questo periodo.”
“V’informiamo che tra dieci micro-croni entreremo nel
campo magnetico del pianeta
I633-571. Il viaggio sta per concludersi. Indossate le tute che
troverete sotto la vostra capsula e recatevi in maniera ordinata davanti alla porta anteriore
della nave”.
Bramir guardò in alto. Avevano spento la musica. Si staccò
dal corpo i sensori che durante
il viaggio avevano impedito ai
suoi muscoli di atrofizzarsi e
uscì dalla capsula. Un cassetto
con all’interno la tuta si aprì
davanti ai suoi piedi.
Le tute che dovevano indossare
erano sottili e trasparenti: aderivano quasi perfettamente al
corpo, e all’interno del tessuto dei raggi rossi viaggiavano
velocissimi come meteore che
28
bruciano nell’atmosfera, vibrando come le corde di una
chitarra. Quegli abiti così
sottili riuscivano a leggere e
controllare le vibrazioni delle stringhe, e nei pochi millimetri che separavano la stoffa
dalla pelle creavano un varco
dimensionale nel quale l’atmosfera e la temperatura erano quelle sulla superficie di
Yalta. Tutto, ovviamente, era
controllato dal computer di
bordo della nave. Con le tute
impostate in un altro modo,
gli astronauti avrebbero respirato lo zolfo e il titanio delle
miniere di Ganimede. Con
un’altra impostazione ancora,
avrebbero sentito sulla pelle
l’energia che sintetizzava l’oro e l’uranio all’interno delle
supernove. Le tute erano programmate anche per smorzare
la forza di gravità del Pianeta
dei Giganti. Dopo che ebbe indossato la tuta, Bramir si avviò
insieme gli altri verso l’uscita,
camminando lentamente per
fare in modo che Flavia lo raggiungesse.
“Com’è andato il viaggio?”
“Bene... Pensavo che risvegliandomi duecento Croni più
vecchia sarei stata peggio, invece mi sento in forma...”
“Hai sognato?”
“Si, credo di si... Ma non ricordo molto... Ricordo che quando avevo degli incubi era tremendo, perché non riuscivo
mai a svegliarmi quando arrivavo nel momento peggiore!”
Disse Flavia sorridendo.
“Neanche io ricordo quello che
ho sognato, ma doveva essere
qualcosa di allucinante... Potremmo provare a chiedere a
qualcuno dell’equipaggio attivo se riesce a farci vedere le
registrazioni oniriche, magari
le conservano da qualche parte...”
Arrivarono davanti alla porta anteriore della nave. Erano duemilatrecento-cinque,
ammassati come davanti a un
concerto appena prima dell’apertura dei cancelli. La porta
era enorme e circolare, completamente bianca. La folla era
distribuita su due file, su due
lati opposti del cilindro cavo:
tra le due file, le piante e gli al-
Nadir, nov 2013
beri oscillavano leggermente a
causa del vento.
“Salve”
La porta circolare divenne uno
schermo, e l’immagine di un
uomo iniziò a parlare all’equipaggio: un uomo imponente,
vestito con una tuta uguale a
quelle che l’equipaggio della
nave aveva appena indossato,
calvo come il resto dell’umanità.
“Sono il generale Teogon, senatore della Coalizione e principale responsabile di questa
missione. Vi do il benvenuto
sul pianeta I633-571. La vostra
è la trentacinquesima nave che
raggiunge questo corpo celeste. Siamo lieti di avervi con
noi.
L’unico obiettivo della nostra
presenza qui è la ricerca scientifica: l’osservazione astronomica ci ha fornito evidenze
che questo pianeta occupa una
posizione di fondamentale interesse nello sviluppo del nostro universo, e noi siamo qui
per studiarne la composizione
e la storia. Immagino che vi
sia nota l’esistenza di forme di
vita autoctone su questo pianeta. I nostri satelliti hanno rilevato un totale di 8600 creature viventi. Non siamo qui per
muovere guerra contro questa
razza aliena. Tuttavia, la loro
reticenza ad accoglierci come
ospiti e incontrarci in modo
pacifico ha fatto nascere delle
ostilità, e ci ha costretto ad alcuni atti di violenza. Saremo
più chiari su questo punto in
futuro. Per ora vi do il più caloroso benvenuto. Appena sarete
sbarcati, verrete introdotti nella base sotterranea numero tre.
Lì vi saranno illustrati i vostri
compiti e il vostro ruolo all’interno della missione. Vi auguro un buon atterraggio”.
La porta tornò bianca.
Una voce annunciò che la nave
stava per entrare nell’atmosfera del pianeta.
“Non ci informano di quello
che sta succedendo su Yalta?”
disse Bramir voltandosi di
scatto verso Flavia. “E di cosa
dovremmo essere informati?
Vuoi un elenco delle persone
morte di vecchiaia mentre eravamo in viaggio?”.
“No, ma potrebbero almeno
aggiornarci sulle novità politiche, su...”.
“Bramir, credo che faresti meglio a dimenticarti della tua
vita precedente...”.
La nave penetrò nel muro di
nuvole nere e dorate. Dei fulmini viola sfrecciarono dalle nubi e colpirono il metallo bianco: gli aloni neri e le
ammaccature accumulati nel
corso dei viaggi nelle deformazioni dello spazio tempo si
illuminarono per un momento, poi furono seppelliti dalle
montagne di gas e dall’oceano
di polveri dell’atmosfera del
pianeta. Pochi micro-Croni
dopo la nave sbucò dall’altra
parte delle nuvole, e scoprì le
terre cupe e aspre sulla superfice: un deserto nero scorreva
sotto la nave, catene montuose nascondevano le loro valli come le dorsali degli abissi
oceanici, crepe nere ferivano
la terra come enormi cicatrici,
e ogni tanto, sorvolando le pianure grigie, creature enormi
e mostruose si fermavano un
momento in ascolto, e occhi
di un blu intenso si alzavano
al cielo seguendo la traiettoria
della nave.
La nave atterrò su un piccolo
promontorio. Sei bracci rossi di metallo si staccarono dai
fianchi del cilindro come le
zampe di un ragno, e attutirono l’impatto con il suolo. Una
voce all’interno istruì l’equipaggio sul luogo dove avrebbero dovuto dirigersi una volta
usciti dalla nave.
La porta anteriore si aprì, e il
plotone calpestò velocemente la terra nera che separava la
nave dall’ingresso della base
sotterranea numero tre.
Note per lettori del passato:
*Dopo la fondazione delle prime colonie spaziali sul pianeta Kepler-20,
la Coalizione decise di soppiantare il
metodo usato fino ad allora per misurare il tempo in favore di un sistema
decimale non più legato allo scorrere
delle stagioni e degli anni sul pianeta
Terra. Un Crono equivale a circa 70
giorni terrestri.
** La pelle dura e le doppie palpebre
trasparenti erano state sviluppate
come protezione per le numerosissi-
Nadir, nov 2013
29
me tempeste di sabbia. Le branchie
erano frutto della bioingegneria,
impiantate dai primi coloni di Yalta
che avevano deciso di lasciare il sottosuolo per occupare la superficie
del pianeta (I primi abitanti vivevano
esclusivamente in basi sotterranee,
per proteggersi dalle tempeste di
sabbia, dai meteoriti e dalle radiazioni). Inoltre, rispetto ai terrestri, gli
abitanti di Yalta si erano evoluti con
una statura più bassa e una struttura
ossea più esile, poiché la forza di gravità era minore rispetto a quella sulla
Terra.
Poesia
Fuochi d’artificio
Peemm peemm shhh
Wow.
Come son lontani quei fuochi,
eppur quel rumore appare così nitido.
Ricordo si stupiva quel pargolo frigido
vedendoli splendere sopra i suoi giuochi.
C’ero anch’io in quel dì di festa
tra la gente del mio piccolo paese muto.
Come un critico di fronte ad un nudo
non so se il genio sia natura o artista.
Peemm peemm shhh
Wow.
Dal balcone del settimo piano si vede tutta Padova,
così come l’uomo l’ha fatta.
Nel caldo di questa notte il mio occhio cammina
tra le strade, bottiglie, bicchieri, mozziconi,
Piazza dei Signori, la gente che urla,
che canta, che salta, che beve, che balla.
Il mio occhio riparte,
usa la specola come lente,
Prato della Valle come sgabello.
Din don din don.
Le campane di Sant’Antonio!
Sembrano fondersi con il suono degli spari!
Mezzanotte,
un altro giorno è fin...iziato.
Enrico Ridente
30
Nadir, nov 2013
Poesia
Sylvia II
(My Eternal Dame)
From that look –
Flawless seraphic stare,
In whose warmth
My very soul rejoices –
Comes my solace.
Amidst that aura –
Heaven’s chef-d’oeuvre,
Whose mysterious touch
Reels me out of my deep slough –
Resides my redemption.
Then, from an appalled soul,
I cry out
In shattering racket
My guilt of unworthiness
To deaf-muted Heavens.
But who is man to dispute
The savagery of his Master?
And so I bow my head
And forever sidle past you
In shadows of a stranger –
Not in fear, not in pusillanimity,
But in inevitable complaisance –
So as to wrought sempiternal
This vehement passion
For my eternal dame – you.
JAGS
For I have not a dime,
Nor possessions, nor fine arts
Worthy of thee
Than to keep the flames
Of my love perpetual.
In estate, sul finire
So, with unrelenting strength,
I’m drowning my desires
To catch eye with you, grin and say,
“Hello my eternal dame,
How gracious thou art”,
In estate, sul finire
le cicale aumentano
il frinire.
And ride on the wheels of love –
Like Damon and Pythias –
The miles of this fleeting life
Hand in hand, with your head
Proudly resting upon my shoulder;
For that which is gained
Is meant to be lost;
And the moment I hold you
In my enfeebled arms,
The very moment Fate,
With a heart weighed down
With envy, grudge
Us our love – our paradise –
And sever asunder
Our souls into weariness.
Spogliate le chiome
presto il sole sarà spento,
e i canti felici
un soffio di vento.
Troppo tardi capite, care cicale,
quanto è male separare
il vivere e l’essenziale;
di corpi imbiancati, di involucri vuoti
ha fame l’inverno:
nel silenzio della neve
dimenticati in eterno.
Alessandro Piccoli
Nadir, nov 2013
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Oroscopo
L’ultima profezia
di Fermat
Andrea Corbanese
Il giorno 22 ottobre ricorreva il
quarto anniversario della sparizione in circostanze misteriose di un notevole geologo,
antropologo e astrologo dilettante, il torinese Paul Fermat,
disperso nel corso di una spedizione scientifica sull’altopiano
del Pamir. Per commemorare
questo controverso ma affascinante personaggio pubblichiamo qui alcune delle note in
margine al suo monumentale
lunario, e precisamente quelle
riferite alla giornata del 17 novembre 2013 (luna piena). Non
si tratta di veri e propri oroscopi ma di semplici indicazioni,
non tecniche ma orientate a
fungere da canovaccio per l’oroscopo vero e proprio. La limitata capienza dei margini delle
pagine ha fatto sì che molte
delle suddette note siano rimaste incomplete o parzialmente
illeggibili, a grande danno nostro e della nostra capacità di
comprendere questo genio del
recente passato. Confidiamo
però che questo inconveniente
non ne renderà la lettura meno
illuminante. Ringraziamo il
signor Augusto Valle, curatore della mostra retrospettiva
“l’ultima profezia di Fermat”,
per averci permesso di esaminare il prezioso volume.
N.B.: le interruzioni causate
dai margini sono state indicate
con il segno †; eventuali parole
in parte o del tutto illeggibili
sono state rimosse e sostituite
dal segno ‡.
Ariete (21/03 – 20/04):
Vergine (24/08 – 22/09):
Risente
moderatamente
dell’effetto di Mercurio, buon
periodo per intraprendere
qualsiasi attività. Come per i
Pesci, però, rischio di conflitti.
Nulla di cui preoccuparsi, comunque, perché †
Giove e Saturno in congiunzione. Tutte le discordie si ricomporranno, ma potrebbe
trattarsi di una fase transitoria. Non abbassare la guardia.
I rapporti affettivi temono la
noia.
Toro (21/04 – 20/05):
Bilancia (23/09 – 22/10):
Mercurio esercita la massima
influenza, producendo la massima efficacia in ogni azione.
Tendenza alla positività e alla
critica costruttiva dal punto di
vista dell’umore, condizioni
ideali per recuperare ‡ arretrati e gettare le basi per nuove ‡.
Forte lo spirito di competizione e la voglia di mettersi in gioco; i risultati però potrebbero
essere inferiori alle aspettative.
Non disperare, riorganizzarsi
e cercare il sostegno degli altri,
che non mancherà. Dopotutto,
†
Gemelli (21/05 – 21/06):
Scorpione (23/10 – 22/11):
Giornata eccezionalmente positiva grazie al forte influsso
della Luna piena, ma non mancheranno sbalzi d’umore. Bene
la salute e il lavoro, i rapporti
affettivi potrebbero subire
qualche stress: godere il momento non deve tradursi nel
trascurare †
Marte si fa sentire forte e chiaro. Picco di autostima e desiderio di misurarsi con gli altri;
non disperdere gli sforzi in
molte direzioni o si otterranno pochi risultati concreti. Irritabilità. Costruire sull’onda
dell’entusiasmo non garantisce ‡.
Cancro (22/06 – 22/07):
Sagittario (23/11 – 21/12):
Grande energia, ma Venere
alquanto sfavorevole: facili incomprensioni. In amore
necessarie molta pazienza e
massima attenzione; un po’
di soddisfazione per ciascuno.
Evitare di irrigidirsi sulle proprie ‡.
Nel lavoro ottimi risultati, si
può puntare a essere un riferimento per gli altri, ma c’è comunque un senso di insoddisfazione. Non abbattersi, non
mollare, ma anche non pretendere troppo. Gli affetti restituiscono la serenità.
Leone (23/07 – 23/08):
Capricorno (22/12 – 20/01):
Grandi risorse per il lavoro, salute ferma; poca chiarezza sul
fronte sentimentale, rischio
di frustrazione. Prendersi un
po’ di tempo per raccogliere le
idee.
Trionfo di Venere, momento
ideale per approfondire qualche relazione che allo stato attuale non è del tutto soddisfacente. Il tempo per prendere
le misure c’è stato, ora si può
32
Nadir, nov 2013
mettere mano ad ago e filo. Lavoro intenso e forse un po’ †
Acquario (21/01 – 19/02):
Ottima la salute, in amore c’è
spazio per creare nuovi legami
e mettere in discussione i vec-
Test
1.
Se ti dicono caco 3
pensi a:
a.
b.
c.
Un frutto
Un composto chimico
Un bagno
2.
Se ti dicono butanone tu rispondi:
a.
Hai molte competenze
in ambito chimico
b.
Hai poche competenze
in ambito fisico
c.
Grazie
3.
Cos’è il satanarchibugiardinfernalcolico?
a.
Il nome di un cocktail a
base di vodka secca e rum
b.
Una pozione magica
c.
L’alternativa a supercalifragilistichespiralidoso, poi
bocciata
chi. Rimettersi in discussione,
c’è molto ‡ da ‡ e ‡ sono potenzialità non ‡.
Pesci (20/02 – 20/03):
derà molta determinazione. In
amore abbondanti gli imprevisti, non necessariamente ‡. Serena la sfera lavorativa.
La posizione di Giove e Saturno minaccia conflitti, si richie-
Sara Dal Corso e Cristina Leonardo
4.
Il verbo stocazomai
porta il significato di:
a.
Stupore e meraviglia
b.
Triviale espressione di
disappunto
c.
Espressione
rituale
giapponese che precede un incontro di sumo
5.
Banana Yoshimoto e
Kazuto Sakata sono:
a.
Una scrittrice e un motociclista giapponesi
b.
Pseudonimi di due attori giapponesi a luci rosse
c.
Fondatori di una nota
corporation giapponese produttrice di motoveicoli
6.
La palliata, commedia latina sviluppatasi tra
il III e il II secolo a.C., deve
il suo nome:
a.
Al fatto che durante
l’intervallo si organizzavano
tornei di pallamano
b.
Al nome degli stivali indossati dagli attori
c.
Al nome del mantello
indossato dagli attori
7.
Ergoluminescenza
spettrofotomimica astrale
significa:
a.
Tecnica utilizzata in
ambito astrofisico per riprodurre la fluttuazione nel tempo dell’intensità luminosa dei
corpi celesti mediante analisi
spettroscopica
b.
Non ha significato
c.
Entrambe le precedenti
Nadir, nov 2013
8.
La frase “Passer, diliciae meae puellae...” (“oh
passero, delizia della mia
fanciulla...”) è tratta da:
a.
b.
c.
Giovenale, le Satire
Catullo, Liber
D’annunzio, Il Piacere
9.
L’avent niplette è:
a.
Una marca di strumenti
di depilazione di nuova generazione
33
b.
Quello che si ottiene
battendo la mano sulla tastiera
c.
Uno strumento medico
10.
Evans Rutto è:
a.
Un soprannome attribuito a Janus per il suo rutto da
18 secondi definito un “rombo
di tuono”
b.
Il nome d’arte di un artista della musica pop del Gabon
c.
Un atleta keniota vinci-
La rubrica del fattone
H come Hanimali
Tommaso Comellato e Enrico Ridente
Tobu: Che hai fatto lunedì Smiluz: Ma nel 1954 non c’erasera?
no arcieri.
Smiluz: Come ogni sabato
mattina, mentre disegnavo un
animale di strada, pensavo al
lontano 1954 e a Valentina..
Tobu: Forse i comandanti ?
Smiluz: Non so...
Tobu: Ma era a colori o in bianco e nero?
Smiluz: Il suo colore lo ricordo ancora.. uguale a quello di
una cavia dopo una bella doccia sotto l’estratto più pregiato
di cuore di pungi topo. Piango
ancora quando penso alle sofferenze di quel piccolo quadrupede...
Tobu: Ma è un paradosso!!!
Tobu: Vignali??? Quanti ricordi!!!
Smiluz: I leoni che ruggivano,
i gatti che miagolavano. Un
giorno come gli altri dirai tu.
Tobu: Un giorno come gli altri.
Smiluz :Invece no. Era un giorno speciale perché un animale
era sparito, era scomparso, disseminato nel nulla.
Tobu: Saranno stati gli arcieri?
tore della maratona di Chicago
nel 2003
Smiluz: Si, ed è come le porte
a.. scomparsa. L’ha nascosto in
quella provincia quel disgraziato.
Tobu: Ma chi è che lo ha preso?
Sono stra-curioso.
Smiluz: Eh beh un uomo ovviamente, se così si può definire...
Tobu: Ricordo la sua barba...
Smiluz: Oddio barba... quel
pezzo del quale andava fiero
alla fiera dell’est dove forse da
piccolo suo padre per due soldi
LE SOLUZIONI A PAGINA
35!!!
quell’animale voleva comprargli. Dai è impossibile che non
hai capito di chi parlo... Almeno il colore dell’animale?
Tobu: Emm.. no niente..
Smiluz: ...comunque se cerchi
sul surf sicuramente troverai il
protagonista di questa strana
storia di
hanimali
Chi sarà in grado di aiutare il
nostro caro Tobu nella ricerca
dell’ hanimale?
In premio due pezzi da 20 cent.
in monete d’oro per colui che
indovinerà per primo anche
parzialmente la risposta e un
punto e mezzo della Ferrero al
secondo classificato.
Si ringrazia vivamente il nostro caro amico nonché cugino
del figlio di nostro zio, George Orwell, Andreas Tabarius
(il quale, se fosse un animale
(che non è quello scomparso),
sarebbe il miglior amico del
proprietario), Urbano Rattazzi, i suoi cugini Enrico Ridente
(Smiluz) , Tommaso Comellato (Tobu) e MG.
La risposta deve contenere:
razza dell’animale, colore
dell’animale, il proprietario
temporaneo e il luogo di collocazione attuale. Le risposte
vanno presentate agli scrittori
dell’articolo personalmente in
forma cartacea o su banconote
da 500 euro. Consegna entro il
31/12/2013.
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Nadir, nov 2013
Giochi
Federica Bloise
Cruciverba
Le soluzioni nel prossimo numero!
Nadir, nov 2013
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Sudoku
APPASSIONATI
FACILE
Test
Risultati
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b
c
1
2
1
3
2
1
2
3
Libridinoso (10 – 14)
Lo si riconosce da come rallenta
davanti ad una libreria: si blocca, dà uno sguardo morboso
alla vetrina, vorrebbe allontanarsi ma non ce la fa, esita ancora un poco, poi alla fine una
forza sconosciuta lo scaraventa
all’interno, lo costringe ad aggirarsi fra i banchi, a guardare
freneticamente i titoli, i colori,
le copertine e le fascette con
le tirature. Ha forse bisogno
di comprare qualche libro in
particolare? No: è semplicemente attratto dalla presenza
dei libri, vorrebbe toccarne il
più alto numero possibile, e,
nei casi più gravi, vorrebbe annusarli. Lo si trova tre quarti
d’ora prima dell’inizio delle
lezioni già appollaiato in aula
al primo banco con la mano alzata. Spicca tra la folla perché
davanti al «Passer, diliciae meae
puellae...», tra le risate generali, è l’unico ad occuparsi della
scansione metrica del verso e a
non offendersi sentendosi apo-
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strofare con un deciso «stocazo
maaaaaai».
soqquadro la cultura nel vano
tentativo di sfoggiarla!!
(Liberamente tratto da «Il caffe’ sospeso», Luciano De Crescenzo)
Cul...turista (24 – 30)
Esibizionista (14 – 23)
Soffre di una deviazione culturale che consiste nel godimento ad esibire di fronte ad altre
persone le sue “spropositate”
doti naturali che in realtà sono
presenti in quantità esigue,
cosa di cui è del tutto inconsapevole ma che risulta lampante al resto della comunità umana. Quando parla è talmente
assorbito dall’ostentazione del
proprio sapere da non cogliere
la totale assenza di significato
delle sue parole. Appassionato di musica pop del Gabon,
oltre ad essere estremamente
intelligente, è sempre perfettamente depilato grazie all’uso
frequente dell’ultimo modello
di avent niplette. La sua principale occupazione?? Mettere a
Prova una viscerale ed istintiva repulsione verso qualsiasi
frammento cartaceo che non
sia un abbonamento per la palestra o un buono sconto della
Decathlon. Non considera l’Università un luogo di cultura
ma di caccia e si vanta di essere
un gran butanone, ignorando
chiaramente il significato del
termine. È l’unico sulla faccia
della terra a sapere cosa sia l’
Ergoluminescenza spettrofotomimica astrale. Nell’adolescenza
pensava che le mutande servissero a coprire il cervello perché
in risposta ai suoi momenti di
estro culturale riceveva sempre
un «Ma come c***o ragioni??».
È superiore persino alla necessità di sentirsi dotto perché sa
di dover puntare tutto sul suo
fisico da urlo (sperando che almeno questo non manchi).
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Nadir, nov 2013
Eventi
Eventi - Padova
Lorenzo Zarantonello
Saletta al piano terra del Centro Culturale Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71 - Padova
al 19 dicembre 2013, dalle ore 18:00 alle 20:00
Incontri ad ingresso libero.
• 21 novembre
MARCO POLO TEAM - Transhimalaya
Incontro con Marco Polo Team, che presenta le foto e i video della loro ultima fatica, la Trans-Himalaya.
• 28 novembre
ANTONIA ARSLAN - Favole di Natale
Incontro con la scrittrice Antonia Arslan che presenta in anteprima il suo nuovo libro.
• 5 dicembre
GUENDALINA FERLIN - La tavola di Natale
Incontro con Guendalina Ferlin che propone una serie di idee geniali ed esclusive sulla tavola di
Natale.
• 12 dicembre
CIVICO 10 - Custom Harley Davidson
Incontro con “Civico 10”, personaggio di fama mondiale per le sue interpretazioni delle Harley
Davidson.
• 19 dicembre
Incontro con le “Emozioni e Sensazioni”.
VIII edizione delle Giornate della Cooperazione di Padova, intitolata “Buone pratiche per un altro
sviluppo”.
• Mercoledì 27 novembre, ore 18:00
Sala Nassiriya, piazza dei Signori
“La gestione sostenibile delle foreste: dal globale alle buone pratiche locali”, tavola rotonda organizzata dall’ong Cospe.
• Giovedì 28 novembre, ore 21:00
Centro culturale Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71
“Pop Economix Live Show”, conferenza-spettacolo che racconta della crisi globale che ci ha investito, una narrazione teatrale di impegno civile, a tratti leggera, comica e drammatica, arricchita
dalla proiezione di un montaggio di materiali video.
Il progetto teatrale è di Pop Economix, Teatro Popolare Europeo, Banca Popolare Etica e il Mutamento Zona Castalia.
Alla scoperta della Padova sotterranea
Dove: sotterranei di Palazzo della Ragione (partenza da palazzo Moroni) – visita alla mostra e ai
sotterranei (ingresso da piazza delle Erbe)
Quando: ogni martedì e giovedì a partire dalle ore 15 fino alle ore 19 (turni di un’ora) e il sabato
dalle ore 10 fino alle ore 13
Info e costi: 4 euro - le visite devono essere prenotate o attraverso il sito o telefonicamente al tel.
049 8364363