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arc1 LQ First Faculty of Architecture “L.Quaroni” University “La Sapienza”_Rome,Italy LUCIO BARBERA BECOMING ARCHITECT DIVENTARE ARCHITETTO 10 Lucio Barbera, born 1937 - Full professor at the First Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni”, University of Rome, "La Sapienza". - From 2003 Dean of the Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni” University of Rome “La Sapienza”. - 1997/2003, Chairman of the Department of Architectural and Urban Design (DPAU) of the University "La Sapienza". – - From 1995 Coordinator of the "Dottorato di ricerca in Composizione Architettonica" of the University "La Sapienza". -1997/2003 Editor of the quarterly architectural review "Ricerca e Progetto” - 2000/2005, Promoter and Director of the Master of “Design of architectural Interactive Spaces”, the Department of Architectural and Urban Design (DPAU) of the University "La Sapienza" of Rome. - From 2006, Promoter and Director of the Master of “Archeology for Architecture and Architecture for Archeology” in collaboration among the Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni, the Faculty of humanistic Sciences, The Department of Architecture and the Department of Archeology of “La Sapienza”. - From 2006, Director of the Research “Special Materials and new Terchnologies for the Communication in the Archeological Sites”. - 2005, Promoter and Director of the International Symposium “Becoming Architect in the XXI Century, organized by the Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni” of Rome, “La Sapienza” - 2006, Promoter and Director of the International Symposium “Becoming Landscape Architect in the XXI Century”, organized by the Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni” of Rome, “La Sapienza” in collaboration with the Regione Lazio, Office for Landscape and Territorial Planning. - 2006, Promoter and Director of the International Seminar “Housing and the Cities” , organized by the Faculty of Architecture “Ludovico Quaroni” of Rome, “La Sapienza” in collaboration with the Regione Lazio, Office for the Public Works and Housing, - 2005/2006, Promoter and Director of the International Research “ A research for Corviale” in collaboration with the Columbia University of New York , research financed by the Regione Lazio, in the Framework of a general Research on the impact of the great Public Housing Programmes in the outskirts of Rome. - 2005/2006, Promoter and Director of the International workshop “Spring Field Studio on the Design a Territorial Park in Beijing, in collaboration with the Tsingua University of Beijing and professor Laurie Olin, of the University of Pennsylvania US. Previous main curricular points of interest: - 1991/1992, Deputy Mayor of Rome for Culture, Museums, Art Galleries, Archaeological Areas, and Historical Centre of the Town, - 1985, Design for the Public Housig Neighborough of Rocca Fiorita, Rome, 3,500 inhabitants - 1981/91 Coordinator for the Architectural and Urban Design of the Reconstruction and Preservaion of the Centre of Neaples after the 1981 Earthquake - 1971/81 Design of the Railway Stations of the Direct Line from Rihyad to the Gulf – Design of the Sheraton Hotel of Damascus, Syria – Coordinator and Designer of the new University of Sheba, Lybia - 1963/71 Design for the Public Housig Neighborough of Spinaceto, Rome, 25.000 inhabitants – Design of the hotel/villages Valtur in the South of Italy: at ostuni, Puglia; at IsolaCapo Rizzuto, Calabria; at Brucoli, Sicily Awards: - 1982 invited by the Biennale d’Architettura of Venice - 1969, National Price of the National Institute of Architecture Directed by Bruno Zevi La Facoltà d’Architettura “Ludovico Quaroni” dell’Università “La Sapienza”, di Roma, assieme alle altre due Facoltà di Architettura della Capitale, è diretta erede della Facoltà di Architettura di Roma fondata nel 1921, la prima ad essere istituita tra le Facoltà di Architettura italiane che, tra le due guerre, videro la luce come preziose innovazioni nel quadro degli studi universitari italiani. Il progetto in sé stesso era un progetto d’assoluta modernità, elaborato da un gruppo di grandi studiosi d’architettura, d’ingegneri, d’architetti e d’artisti culturalmente guidati da Gustavo Giovannoni. Gettando un solido ponte tra la tradizione delle Accademie di Belle Arti, le scienze dell’ingegneria e la tradizione degli studi storici, la formazione dell’architetto moderno fu concepita come obiettivo e strumento del superamento della frattura tra Beaux Arts e innovazione tecnica nella trasformazione della città e del territorio. La cultura architettonica italiana si pose, in tal modo, all’avanguardia del fermento che agitava il mondo occidentale dopo la Prima guerra Mondiale riguardo ai destini e agli scopi della città. La forma organizzativa, i programmi didattici, la filosofia pedagogica e l’articolazione del gruppo dirigente della Facoltà erano tali da innescare obbligatoriamente un dibattito profondo, animatissimo, spesso acerrimo tra le diverse componenti culturali che confluivano nel progetto formativo. Da una parte stava la forza della tradizione dell’architettura italiana, custode dell’alta eredità intellettuale, artistica e tecnica che proveniva – e proviene – dalla stupefacente fecondità di tanti secoli di primato, dall’altra l’energia dell’ancora nascente cultura moderna, rappresentata dai più giovani protagonisti dell’accademia che, a ben guardare, erano pronti a gettare nella discussione sia i migliori frutti dell’ancora recente dibattito tardo romantico sulla questione dell’architettura del nuovo stato unitario, sia le nuove, straordinarie visioni che il manifesto dell’architettura futurista, pochi anni prima, aveva fatto lampeggiare di fronte all’intera Europa. Chi ha la mia età ed ha studiato in questa nostra Facoltà nel secondo dopoguerra, ben ricorda il grande, quasi monumentale modello ligneo di una parte della città futurista di Sant’Elia, troneggiante al piano dell’ingresso, memoria viva del modernismo che viveva nella Facoltà di Giovannoni e di Piacentini prima della seconda guerra mondiale. Nei fatti, l’intelligenza di Giovannoni e l’arditezza del progetto formativo fecero nascere la nostra Facoltà come luogo di dibattito dove, discutendo pubblicamente su quali dovessero essere le migliori concezioni e le più efficienti pratiche per la formazione dell’architetto moderno italiano in realtà si faceva emergere l’architettura come essenziale interprete e motore della società in trasformazione. Oggi a molti sfugge che il carattere innovativo di quel progetto, che in noi cerca dei non indegni interpreti, stava proprio nell’avere, al suo centro, l’idea che una Facoltà d’architettura italiana, per rispondere al suo ruolo, è in primo luogo sede di dibattito permanente sulla natura della modernità contemporanea, sulla sempre diversa domanda di trasformazione fisica del territorio e dell’ambiente che proviene dalla società, sui processi formativi più adatti, di tempo in tempo, a rispondere alla complessità degli impegni dell’architettura. Ottant’anni sono trascorsi dalla fondazione delle Facoltà d’Architettura in Italia. Alla Facoltà di Giovannoni, che rispecchiava le aspirazioni e le visioni di una società liberale e cautamente modernista, successe quella di Piacentini, che interpretò la formazione dell’architetto come affermazione di una modernità conclamata, ma conforme a un’idea autoritaria e fortemente nazionale della società, della cultura, della città. Il secondo dopoguerra trovò nella Facoltà una delle principali sedi del rinnovato dibattito sulla società, nuova, democratica, di massa e sul ruolo dell’architettura nel dare forma alle aspettative del dolente popolo che emergeva da un guerra disastrosa. La risposta dei docenti migliori, che erano anche tra i migliori architetti del momento, fu intensa e per molti aspetti decisiva. La naturale, ancorché breve affermazione del Neorealismo, innestò la rinascente cultura architettonica direttamente nel tronco della rinascita delle arti, della pittura, del cinema, della letteratura. Il formarsi di una straordinaria schiera di architetti-docenti operanti nel solco del razionalismo e dell’internazionalismo d’architettura animò il dibattito all’interno di una generazione straordinaria. Le suggestioni dell’architettura organica, giunte dall’America portate dal vento della liberazione lo accelerò e aprì la nostra visione a nuovi orizzonti, nuove ricerche linguistiche, frutto di un’idea ancora più dinamica della nostra società, al limite dell’utopia. La Facoltà, progettata come luogo di formazione delle idee attraverso il libero dibattito e il confronto tra generazioni, riprese in pieno, forse anche con maggiore vitalità, il compito affidatole dai suoi fondatori. E seppe affrontare senza morire il tremendo periodo della contestazione giovanile e politica, uscendone profondamente cambiata, ma capace di rendersi conto delle modificazioni travolgenti che la società e la cultura italiane avevano imposto a tutte le strutture del paese. E fu in grado di riallacciare i nodi che sembravano spezzati, di ampliare il respiro delle proprie attività e, soprattutto, di riflettere sul nuovo ruolo sociale che la formazione dell’architetto assumeva, ormai, nei riguardi di un vertiginoso ampliamento della domanda di formazione universitaria. Le strutture didattiche furono modificate, anzi, da allora, esse sono oggetto di una continua messa a punto secondo un processo di progettazione continua ormai affidato ad un’articolazione di responsabilità accademiche e funzionali corrispondenti all’articolazione dei profili professionali che sono obiettivo delle nostre attività didattiche. Oggi la formazione dell’Europa come vero ambito di confronto e di elaborazione comune per tutti, dunque anche per noi docenti d’architettura, impone che il processo di messa a punto di programmi sempre più adeguati alle esigenze delle diverse professioni in cui la figura dell’architetto s’è articolata, venga discusso e confrontato con le Facoltà d’architettura della Unione Europea. Allo stesso tempo le correnti planetarie dell’internazionalizzazione, ci fanno sempre più consapevoli della necessità che il confronto, il dibattito non si arrestino ai confini d’Europa. L’Estremo Oriente, gli Stati Uniti, il mondo Mediorientale, l’Africa, costituiscono ormai un campo unitario non solo per conoscere e comprendere i fenomeni urbani in atto, la diversità delle condizioni di sviluppo della città e del territorio, le pressanti domande che provengono a un paese di cultura profonda e moderna come l’Italia dalla platea dei popoli emergenti, ma anche per rendere i nostri progetti formativi adatti alle prossime generazioni di architetti italiani che, certamente, avranno nel mondo intero il loro campo di applicazione, il loro orizzonte culturale e professionale. Proprio a tale scopo questo Symposium è stato organizzato. Altri ne seguiranno, uno ogni anno, su temi riguardanti aspetti specifici della formazione dell’architetto. Saranno importanti occasioni per comunicare ai giovani e a noi stessi, il senso e la responsabilità di diventare architetto nel ventunesimo secolo. 11