rivista di informazione e orientamento

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rivista di informazione e orientamento
4 - 2010
ATTUALITÀ
PERSONAGGIO
STORIE DI VITA
Digitalnatives.org
ovvero i giovani
raccontati
Daniele Zaffiri:
vivere di pane
e musica
The Priests
Le popstar
col collare bianco
MONDOVOC
Poste Italiane S.P.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma - Aprile 2010
RIVISTA
RIVISTA DI
DI INFORMAZIONE
INFORMAZIONE E
E ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO
FIGLI DEI NUOVI
MEDIA
LA RIVISTA DI ORIENTAMENTO PER I GIOVANI
Mensile di:
- Attualità
- Informazione
- Cultura religiosa e sociale
- Formazione giovanile
In ogni numero:
- Notizie dal mondo giovanile
- Incontri con i protagonisti
- Interviste
- Documentazione e analisi
- Testimonianze e storie di vita
- Sussidi per gli animatori
- Novità multimediali
MONDOVOC
RIVISTA DI INFORMAZIONE E ORIENTAMENTO
Mensile
di orientamento
giovanile pensato
per gli animatori
e per i giovani
che sono alla ricerca
del senso della vita
come vocazione,
per costruire
il proprio futuro
e quello del mondo.
Quota abbonamento 2009: Italia (ordinario) € 28,00 - Estero (via aerea) € 55,00
Peer abbonarsi: Conto Corrente Postale n. 77389005 intestato a “Libreria Editrice Rogate - Via dei Rogazionisti, 8 - 00182 Roma”.
oppure chiama il numero 067023430 - Fax 067020767 - Email: [email protected] - www.vocations.it
SOMMARIO
ATTUALITÀ
Nuovi media: una rivoluzione
antropologica e culturale
di Stella F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4
Le popstar col collare bianco
di Vito Magno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28
Chiamati ad essere “testimoni digitali”
ANNO SACERDOTALE
La rete delle reti
di Domenico Pompili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7
di Paolo Fucili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .30
Digitalnatives.org ovvero i giovani raccontati
di Adamo Calò . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10
INCONTRAGIOVANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32
La comunicazione è un dono e un compito
di Aldo Maria Valli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12
I figli del calendario
TESTIMONI
Sandra Sabattini. Questa vita non è mia
di Carlo Climati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14
di Gianni Epifani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34
DIVERSO PARERE
Malati di Facebook
MEDIAEDUCATION
E-book
di Catena Fiorello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16
di Stella F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .36
FRATELLO WEB
Twitter, Facebook, msn, iphone, sms…
NEWS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38
di Luca Cilento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18
VOCAZIONE E DINTORNI
Benedetto… il silenzio
GIOVANIMISSIO
Il risveglio dopo il click del mouse
di Massimiliano Nobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40
di Michele Pignatale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .20
TELEFILMITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .42
PERSONAGGIO
Daniele Zaffiri: vivere di pane e musica
CINEMA/MUSICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44
di Antonella Prenna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22
PAROLA PER VIVERE
Dalla Chiesa saliva incessantemente
a Dio una preghiera
MODA E TENDENZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25
di Marinella Perroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .46
ORIENTARSI
Mosè, l’amico di Dio
LIBRI
di Amedeo Cencini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26
di Luciano Cabbia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .47
STORIE DI VITA
The Priests.
Risponde Padre Sandro Perrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48
LETTERE
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NOVITÀ
GESÙ MAESTRO
PAGINE DI VOCAZIONE NEI VANGELI
Carlo Ghidelli
Editrice Rogate, Roma 2010, pp. 132, € 10,00.
Un indovinato e assai utile sussidio per la pastorale vocazionale.
Sulla scorta dell’urgenza del tema educativo nell’agenda della
pastorale della Chiesa italiana per il prossimo decennio, Mons.
Ghidelli riflette sull’idea che non si può ipotizzare alcuna opera
educativa senza passare attraverso la testimonianza dei Vangeli
dove viene presentato Gesù il Maestro, l’educatore numero uno,
e il suo “metodo” dal quale nessun vero educatore può esimersi.
Così viene illustrata la chiamata di Giuseppe, lo sposo di Maria; la
vocazione dei Dodici; la chiamata di Levi-Matteo; la chiamata di
Pietro; l’incontro di Gesù con il giovane ricco; la chiamata di tre
personaggi anonimi raccontata nel vangelo di Luca; e poi,
ancora: Gesù e Nicodemo; Il Risorto e i discepoli di Emmaus;
Maria, ancella della Parola… Con queste meditazioni l’Autore
presta un valido sevizio a quanti, soprattutto giovani, sono
desiderosi di conoscere la volontà del Signore sulla loro vita.
Carlo Ghidelli, ha conseguito la Laurea in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. È stato docente alla Facoltà Teologica di Milano. Ha collaborato alla traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente (Ldc-Abu) e alla revisione della
Bibbia CEI. Dal 2001 è vescovo della diocesi di Lanciano-Ortona.
È l’attuale presidente della Conferenza Episcopale AbruzzeseMolisana. È socio fondatore della Società Biblica in Italia. Nel
campo degli studi biblici è specializzato negli scritti lucani: Terzo
Vangelo e Atti degli Apostoli. È autore di numerose pubblicazioni. In questa Collana ha pubblicato: Secondo la tua Parola. Pagine bibliche di vocazione (2009).
Richiedilo a Editrice Rogate
Via dei Rogazionisti, 8 - 00182 Roma - 06/7023430 - Fax 06/7020767
Anno 18 • n°4
Aprile 2010
DIRETTORE RESPONSABILE
Antonella Prenna
DIRETTORE EDITORIALE
Adamo Calò
REDATTORE CAPO
Gianni Epifani
CONSIGLIO DI REDAZIONE
Pasquale Albisinni, Luciano
Cabbia, Luca Cilento, Carlo Climati,
Alessandra De Tommasi,
Marinella Perroni, Michele
Pignatale, Giovanni Sanavio,
Aldo Maria Valli
COLLABORATORI
Amedeo Cencini, Stella F., Catena
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Fiorello, Tonino Lasconi,
Vito Magno, Enrico Papi,
Antonio Valente
PROGETTO GRAFICO
E IMPAGINAZIONE
Giada Castellani
FOTO
Gianni Epifani, Roberto
Gregori, Viviani, Luciano
Cabbia, Romano Siciliani,
Giorgio Nalin, Vision, Fotolia
DIREZIONE,
AMMINISTRAZIONE,
REDAZIONE
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Vocazionale Rogate” di Roma
dei Padri Rogazionisti
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2
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liana
EDITORIALE
La giungla virtuale
dei nuovi linguaggi
YouTube, Facebook, dvd, cellulari, blog, providers sono solo alcuni dei termini
che compongono l’universo in continua, rapidissima espansione delle nuove
tecnologie. Giovani e adolescenti sono tutti ormai esperti fruitori, e a noi, ‘vecchia generazione’, non resta che adeguarci ai tempi se non vogliamo rimanere
tagliati completamente fuori. Internet ha modificato il modo di comunicare ma
anche la natura dei rapporti interpersonali nella nostra società, allargando all’infinito la rete dei contatti che diventano di conseguenza superficiali, fluidi,
e instabili. Non è purtroppo una novità che negli ultimi tempi la diffusione di
questi media sia cresciuta al punto tale da sviluppare a volte le caratteristiche
della dipendenza. Tale mondo attrae in particolare gli adolescenti che lo utilizzano per nuove forme di comunicazione o socializzazione attraverso forum, email, giochi, film e musica. Ma come riuscire a districarsi in questa oscura selva della società contemporanea? Soprattutto per i meno giovani può essere difficile stare al passo con i tempi. Conoscere però tutte le implicazioni di questo
fenomeno è fondamentale, in particolare per quanti (genitori, nonni, insegnanti, educatori) operano nel delicato mondo della formazione, per aiutare i più
piccoli ad un uso responsabile e critico del “giocattolo” tecnologico. La sfida è
quella di educare/educarci da un uso ‘individuale’ dei nuovi media ad un uso
“personale” che ne rispetti cioè la “persona”. Bisogna entrare in possesso di
questi linguaggi per interagire e dialogare con i giovani anche nell’ambito delle reti sociali. Nella rete i giovani, pre-adolescenti e adolescenti, portano tutto
il loro mondo. Non soltanto amici e amicizia, intrattenimento e relax, informazione e notizie di musica, moda, sport, senza risparmiarsi nessuna esperienza,
a dispetto dei rischi. La rete raramente diventa oggetto di dialogo costruttivo
all’interno della famiglia, anzi i giovani tendono piuttosto a costruirvi intorno
una barriera per evitare divieti e censure da parte degli adulti. Non si può lasciare uno strumento così prezioso per la conoscenza come sostituto della presenza dell’adulto, a completare ruoli educativi carenti o inadeguati. Essere educatori di buoni cristiani e onesti cittadini significa entrare nel mondo virtuale
che i giovani frequentano. Sta agli adulti essere sempre più vicini agli ambienti virtuali pur rimanendone vigili. Nonostante nei nuovi media tutto sia passeggero, è importante ricordare che internet offre molte possibilità per nuove forme d’interazione, influendo sul comportamento e sui valori. Compito degli
educatori è chiedersi cosa fare in questo nuovo ambiente di comunicazione e
come interagire con gli altri soggetti ricordandosi che al centro di questo ambiente virtuale c’è l’essere umano.
Antonella Prenna
a
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ATTUALITÀ
RAGAZZI E NUOVI MEDIA. NUOVI ABITUDINI, NUOVI STILI DI VITA, NUO
Nuovi media: una rivoluzione an
Chiamati “digital natives”, i ragazzi d’oggi vivono
in un mondo in cui imperano i nuovi media e sono figli
di una cultura veloce, globale, generazionale che ha
modificato, stravolgendoli, stile di vita, linguaggio, abitudini.
Niente di preoccupante, purché l’approccio sia responsabile.
C
Campeggiava sul diario di una quindicenne l’espressione “xke nn c6”. A prima vista poteva sembrare un
geroglifico di quelli da tradurre con la stele di Rosetta alla mano. Invece era una semplicissima frase scritta nel gergo degli adolescenti e stava a significare
“perché non ci sei”. La cosa probabilmente sorprende e lascia basiti gli over cinquanta, fa sorridere quelli che hanno più di trent’anni, è normalissima per i
“figli dei nuovi media”, per quei ragazzi che in sintesi
possiedono l’ultimo modello di cellulare, che scaricano la musica da internet e la passano sull’Ipod, che
hanno il profilo su Facebook e l’album fotografico su
Flicker, che condividono video con Youtube. Sono i
ragazzi definiti, per usare un’espressione davvero indovinata di Mark Prensky, “digital natives” ossia i nati nell’era digitale, quelli venuti al mondo e cresciuti
in una società altamente tecnologica. Per loro sono
naturali l’uso della webcam, l’ascolto degli mp3, l’accesso a Twitter; per loro è scontato scrivere risparmiando sui caratteri, oltre che necessario; certo, comunicano principalmente con gli sms o attraverso le
chat, strumenti che richiedono elevate (eccessive)
doti di sintesi, i primi per ragioni economiche (superato un certo numero di caratteri si paga il costo di un
ulteriore messaggino), le seconde per la rapidità tra il
✖ Sono definiti “digital
natives” i ragazzi nati
nell’era digitale. Per loro
sono naturali l’uso della
webcam, l’ascolto degli
mp3, l’accesso a Facebook,
le chat e gli sms ✖
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botta e risposta che deve simulare una conversazione
orale (basti pensare quanto tempo ci vuole per scrivere “perché non ci sei” a confronto della sua versione
telegrafica “xke nn c6”). Viviamo insomma in una società governata dai nuovi media: siti web, chat, social
network, blog, cellulari, dvd, lettori mp3, cioè da quegli strumenti di moderna invenzione che traducono la
realtà attraverso l’uso di supporti digitali o informatici e che condizionano fortemente il modo di vivere,
specialmente dei più giovani.
La cultura nella società dei nuovi media
Questa nuova cultura che ha permeato di sé la nostra
società ha dei caratteri peculiari. Innanzitutto è familiare. Viene fruita quotidianamente, in modo sempre
più naturale, tanto che i nuovi media fanno ormai parte di noi e delle nostre vite. È veloce. Si innova a ritmi
vertiginosamente serrati e richiede continue capacità
di adattamento. È elastica. Favorisce il passaggio da
uno strumento all’altro in modo semplice (dal telefono
scarichiamo foto sul computer, dal computer passiamo
mp3 sull’Ipod, dal cellulare leggiamo le e-mail). È partecipativa. Richiede una fruizione attiva da parte dell’utente, la sua continua interazione con lo strumento
e con altri utenti, così da dare vita al paradigma della
rete, in cui le relazioni tra i soggetti si intrecciano all’infinito. È democratica. Tutti possono contribuire a
crearla, ma proprio per questo è al tempo stesso poco
autorevole; non sempre infatti le informazioni che circolano sono veritiere e attendibili. È globale. Travalica
confini spazio temporali. È generazionale. Ci si sentono a proprio agio le nuove generazioni, quei “digital
natives” così naturali nell’approccio ai nuovi media e
così distanti dai “digital immigrants” che invece i nuovi media devono imporseli, familiarizzandoci il più in
fretta possibile per non essere tagliati fuori dalle comunicazioni, dall’informazione, dalla società. Infine è
ineguale. Per tante ragioni. Per le distanze generazionali di cui si parlava poc’anzi, perché non tutti hanno
possibilità di accedervi (solo il 23,8% della popolazione può disporre di mezzi digitali e strumenti tecnologici), perché non tutti quelli che vi hanno accesso usano i nuovi media nello stesso modo o approfittano pienamente dei vantaggi ad essi legati.
VITA, NUOVI PROBLEMI IN UNA SOCIETÁ CHE STA RAPIDAMENTE CAMBIANDO
ne antropologica e culturale
di Stella F.
✖ I nuovi media stanno rivoluzionando modi di fare,
pensieri, azioni e comportamenti nella società ✖
I limiti della cultura nuovo-mediale
I nuovi media per molti versi facilitano sicuramente la
vita, ma stanno anche rivoluzionando modi di fare, pensieri, azioni e comportamenti nella società al punto che
i problemi che portano con sé sono almeno pari ai benefici. Punto primo: l’approccio alla realtà è “mediato”
prevalentemente dalle immagini/icone. Questo comporta alcune conseguenze, nemmeno tanto ovvie, che è
bene considerare specialmente se si è educatori; e determina altresì lo sviluppo di percorsi mentali diversi da
quelli a cui sono abituati gli adulti, che è bene conoscere per non restare spiazzati, ad esempio, di fronte alle
frasi crittografate come “xke nn c6”. Chi è abituato a ve-
dere e vivere il mondo attraverso i monitor o i lettori digitali è poco avvezzo ad esempio alla lettura. Fa fatica a
concentrasi sui testi e sulle parole scritte. Ragiona e apprende molto più velocemente attraverso processi mentali visivi e tattili. Questo spiega ad esempio le difficoltà di molti ragazzi ad usare i tradizionali libri di testo nelle scuole e le sperimentazioni di didattica digitale, alle
quali si guarda con sempre maggiore interesse, che rappresentano esperienze molto più vicine al vissuto quotidiano, alle pratiche e al linguaggio dei giovani. E anche sul linguaggio c’è da soffermarsi; siamo al punto
due. Si ricordava prima che i ragazzi hanno modificato
il loro modo di esprimersi, specialmente in forma scrit-
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ATTUALITÀ
Glossario
ta, a detrimento della lingua italiana. Si economizza sulle vocali, si usano la k al posto della sillaba ch, la x al posto del per, il simbolo matematico > invece di scrivere
maggiore e così via. I ragazzi ormai scrivono così (ahinoi!) non solo quando inviano un messaggino o chattano (cosa che sarebbe anche accettabile e che perfino
l’Accademia della Crusca ha sdoganato, purché circoscritta come pratica agli ambiti su indicati), ma anche
quando svolgono un compito in classe o quando leggono. Resta tra i più esilaranti e significativo questo breve
aneddoto. Esame di maturità; l’insegnante chiede al
candidato chi fosse il luogotenente di Garibaldi e il ragazzo risponde “Biperio”. Dopo concitate indagini la
commissione scopre che si trattava, correttamente, del
generale Bixio, il cui nome però era stato letto e memorizzato dallo studente sostituendo la x con il per. Punto
tre: la metamorfosi antropologica. I giovani stanno cambiando e affermano la propria identità nell’inconsistente mare magnum dell’etere. Superficialità, approssimazione, rapidità sono le peculiarità di questa mutazione.
Provate a commissionare una ricerca ad un ragazzo.
State certi che non userà mai l’enciclopedia tradizionale, ma copierà interamente da Wikipedia le informazioni relative all’argomento che ne è oggetto, senza chiedersi quanto attendibili siano e senza porsi minimamente il problema della violazione di diritti d’autore. Punto
quattro: la dipendenza. Un tempo la peggiore punizione che si potesse infliggere ad un adolescente era quella di segregarlo in casa per settimane. Oggi gli si tolgono cellulare e computer, da cui i ragazzi hanno una dipendenza patologica. Non riescono a stare senza collegarsi a Facebook o senza messaggiare. Uno studio condotto sui ragazzi delle scuole superiori e sugli universitari dimostra che, durante le pause dalle lezioni, gli studenti si precipitano al computer per scaricare la posta,
aggiornare il proprio profilo, comunicare con gli amici
dislocati ovunque, con maggiore urgenza rispetto ad al-
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Social network o rete sociale: gruppo di persone
collegate tra loro da legami di vario genere (amicizia,
lavoro, conoscenza casuale ecc.). In internet rappresenta
una delle forme più riuscite di comunicazione in rete, che
permette di incontrare vecchi e nuovi amici, presentare il
proprio profilo, condividere foto, immagini, video, opinioni,
gusti.
Facebook: social network creato nel 2004 da uno
studente di Harward, Mark Zuckerberg, per mettere in
contatto tra di loro, via internet, gli studenti e gli ex
studenti dell’Università più prestigiosa d’America. Ad oggi
vanta 400 milioni di utenti registrati che pubblicano foto,
si scambiano messaggi, si iscrivono a gruppi che
condividono interessi comuni, ampliano la lista dei propri
contatti.
Twitter: social network creato nel 2006 che permette di
crearsi una pagina personale da cui inviare messaggi
(massimo 140 caratteri) a tutti gli utenti che si sono
registrati per riceverli. Ha dimostrato la sua utilità in varie
occasioni, come ad esempio i terremoti in Abruzzo o ad
Haiti per i quali l’aggiornamento in tempo reale su quanto
accadeva nei luoghi del disastro è stato condotto
prevalentemente tramite questo strumento.
Wikipedia: enciclopedia multilingue on line, realizzata
con i contributi degli utenti (enciclopedia collaborativa).
Flicker: software multilingue che permette di creare
album fotografici on line e pubblicare foto da condividere
con chiunque abbia accesso a internet.
Youtube: software per la condivisione di video, creato nel
2005, a cui accedono oltre 20milioni di visitatori al mese.
tre esigenze (mangiare, recarsi ai servizi, perfino fumare). Da qui un altro problema tipico della cultura dei
nuovi media: la sicurezza dei dati. Pochi sanno che qualunque interazione con le moderne tecnologie lascia
tracce. Esiste quindi una sorta di memoria in cui sono
registrate tutte le nostre azioni: dove ci troviamo, con
chi stiamo parlando o messaggiando, cosa pensiamo,
quali sono le nostre abitudini, i nostri gusti. Spesso poi
queste informazioni o i dati che pubblichiamo o lasciamo inavvertitamente nella rete vengono usati in modo
irresponsabile, con grave pregiudizio per la nostra privacy. Infine, per citare solo i casi più macroscopici, non
dimentichiamo i problemi legati all’abuso dei nuovi media, come luogo di propaganda razzista o di incitamento alla delinquenza.
Vivere i nuovi media con responsabilità
L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dai
tanti aspetti positivi che le nuove tecnologie offrono,
semplificando la vita, divulgando conoscenza e informazione, offrendo opportunità prima impensabili. Basta viverle con responsabilità. È l’appello lanciato dalla
Chiesa ed è la sfida della nostra epoca. Nel documento
Etica delle comunicazioni sociali (Conferenza Episcopale Italiana – 2000) si legge: “la persona umana e la
comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei
mezzi di comunicazione sociale”. Da qui l’invito ai genitori perché controllino e guidino i figli nel complesso
processo di integrazione tra vecchi valori e nuovi linguaggi e agli educatori perché insegnino la facoltà di discernere e l’uso appropriato dei nuovi media.
Oggi non basta
più soltanto “stare”
dentro il mondo
dei nuovi media
e “occuparlo”; bisogna
starci con un profilo
riconoscibile,
da “cristiani”,
cioè da soggetti
che siano in grado
di far risuonare
la parola del Vangelo.
Chiamati ad essere
“testimoni digitali”
di Domenico Pompili
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ATTUALITÀ
LA CHIESA È CHIAMATA A COMUNICARE E AD EVANGELIZZARE
U
Un nuovo continente da evangelizzare: ecco come la
Chiesa guarda ad Internet. Bendetto XVI lo ha ripetuto
più volte invitando i giovani prima e i sacerdoti poi ad
“abitare” la rete e ad essere anche lì araldi del Vangelo.
Quello delle comunicazioni sociali è un mondo in costante, rapidissima evoluzione. Mentre prima i mass
media erano ben definiti nella loro individualità, ora si
sono come liquefatti nel nuovo ambiente tecnologico.
Internet e i social network, in un modo che per certi
aspetti può essere percepito quasi come “magico”, rappresentano degli straordinari catalizzatori di rapporti,
capaci di azzerare le distanze spazio-temporali tra le persone. Allo stesso tempo, però, possono anche mettere in
crisi il significato della “presenza”, nella misura in cui la
semplice connessione non riesce a compiere il decisivo
salto di qualità che la trasforma in una relazione interpersonale. In questo panorama anche la missione della
Chiesa si sta rapidamente evolvendo. Oggi non basta
più soltanto “stare” dentro il mondo dei nuovi media,
“occuparlo”; bisogna starci con un profilo riconoscibile
perché il contesto pluralistico nel quale ci troviamo esige che siamo chiaramente riconoscibili. La Chiesa è
chiamata a comunicare, anche attraverso le nuove tecnologie, il suo sguardo assolutamente originale sulla realtà: lo sguardo della fede. Internet diventerà sempre
più un luogo in cui l’annuncio del Vangelo trova cittadinanza, oltre che un “cortile dei gentili” per incontrare i lontani, nella misura in cui noi cristiani sapremo
starci “da cristiani” e sapremo passare dallo stare in rete all’essere rete, prima di tutto tra di noi. Il primo passo
però, rimane quello di capire in che modo la prassi pastorale debba essere incarnata nei nuovi media, valutando potenzialità e rischi di questa commistione.
Internet e pastorale:
tra rischi e potenzialità…
Un primo ambito da considerare è l’impatto di internet
sulla concreta recezione del dato di fede nelle comunità. L’ampia possibilità di “personalizzare” il messaggio
religioso offerta dal web non deve essere necessariamente percepita come un ostacolo pastorale. Scongiurato il pericolo di relativizzare l’assunto di fede, è senza dubbio
positivo che la rete agevoli di molto l’approccio
personale al dato religioso. Allo stesso
modo, internet
può incentivare
lo scambio di
esperienze e la
elaborazione
di progetti pastorali in comune tra fedeli, o tra preti
e laici. Altro
aspetto da considerare è la solidità
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del legame sociale nella rete. Si tratta di una realtà che
lascia spesso discutere. Se ne parla sovente in relazione
alle cosiddette comunità virtuali, e non manca chi, ottimisticamente, vi veda una garanzia per la reinterpretazione degli stessi rapporti della vita reale: un’occasione, ad esempio, per la ricomposizione dei legami di etnicità oltre ogni barriera; o, pastoralmente, un’esaltante modalità o estensione del concetto di comunione ecclesiale. Rovescio della medaglia, però, è che lo straniamento delle relazioni sociali on line contribuisce, talvolta, al progressivo sradicamento del singolo dalla comunità territoriale, connettendolo ad altre cerchie sociali
senza che però possa stabilire con esse un legame di intensità pari a quelli vigenti nelle comunità tradizionali.
In ogni caso il moltiplicarsi delle esperienze di comunità in rete non significa, al momento, un automatico tracollo dell’aggregazione radicata sul territorio. Rispetto
ad essa tale proliferare costituisce una sfida e una proposta di pensiero, se non altro come stimolo a riconsiderare il valore essenziale e le dimensioni fondanti del
creare comunità, prima e oltre le sue stesse modalità di
esercizio.
… e alcune sfide da raccogliere
Legata alla percezione della dimensione ecclesiale è,
immancabilmente, la sfida pastorale della preghiera e
della mediazione cultuale in rete. L’eventualità di un
contesto liturgico-celebrativo che impegni intensivamente internet e gli ambienti virtuali interpella già da
tempo la riflessione teologica e pastorale. È possibile
e anzi doveroso affermare quanto di positivo internet
possa offrire per l’ideazione e l’arricchimento di contesti di preghiera alternativi alle modalità tradizionali.
Il web è un linguaggio di linguaggi, un ambiente strutturale, un meta-codice. In questo senso, la sua “virtualità” è più vicina al reale di quanto si possa ipotizzare.
Proprio nel suo fascinoso approssimarsi al mondo come totalità di senso globale – fatto da tutti i linguaggi
parlati dall’uomo, mediato dalla più ampia accezione
possibile di multi e polimedialità – internet potrebbe
offrire un valido aiuto nel rimandare al contesto celebrativo reale come totalità esperienziale complessa. In
questa maniera, più che astrarre e differire il contatto
col reale, la rete finirebbe per custodirlo e anzi garantirlo. In altre parole: nel riconoscere e accompagnare
la bellezza di momenti aggregativi che si avvantaggino
della virtualità, non può comunque venir meno la consapevolezza che la pienezza della comunione ecclesiale in praesentia carnis rappresenta quell’orizzonte ultimo di cui internet e le sue immagini sono, per così dire, solo riflesso e promessa. La riflessione teologica,
insomma, non ha nulla da temere dal confronto con i
nuovi media, anzi. Può lasciarsi provocare a rileggere
ed attualizzare alcune sue categorie comunicative: riformulare, ad esempio, il dentro e il fuori della fede
senza creare ghetti e barriere; o ancora evitare di moralizzare a priori gli spazi comunicativi – e quindi predefinire un dentro “buono” e un fuori “cattivo” –, se è
vero che tali spazi sono oggi quanto mai fluidi. E poi
ANC
RE
ANCHE ATTRAVERSO LE NUOVE TECNOLOGIE
la leggerezza della comunicazione digitale può mettere in discussione un certo stile un po’ stantio dell’annuncio evangelico, stimolando la comunità cristiana a
superare l’esteriorismo e il monodirezionalismo comunicativo e a vincere quell’immobilismo tipico di certi
nostri ambienti.
L’importanza dell’appuntamento di Roma
C’è anche tutto questo nell’orizzonte del prossimo grande appuntamento che attende la Chiesa Italiana nell’ambito delle comunicazioni sociali: il convegno nazionale “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”, promosso dalla Cei, che si terrà a Roma dal
22 al 24 aprile 2010 e chiamerà a raccolta quanti si occupano di comunicazione e cultura nel nostro Paese.
L’obiettivo che il convegno si prefigge è racchiuso già
nel titolo che è stato scelto. “Testimoni digitali”: un sostantivo e un aggettivo. Partiamo dall’aggettivo “digitali”: la tecnologia digitale, infatti, sta ridefinendo i vecchi e i nuovi media, cambiando anche la nostra vita
quotidiana e relazionale. Il convegno intende mettere a
tema questa nuova condizione culturale. L’aggettivo,
però, è preceduto dal sostantivo ‘testimoni’, che è l’elemento fondamentale: dentro questa nuova condizione
noi dobbiamo essere dei testimoni, cioè dei soggetti che
siano in grado d’interpretarla facendo risuonare la parole del Vangelo. Il convegno sarà articolato in quattro
fasi. In un primo momento, introdotto da mons. Crociata e centrato sulla relazione di Nicholas Negroponte
(uno dei massimi esperti mondiali di media), si cercherà un’analisi tecnologica dei nuovi scenari mediatici,
che in un secondo momento saranno invece esaminati
da un punto di vista antropologico (con la presentazione di una ricerca curata appositamente per “Testimoni
digitali” dall’Università Cattolica). L’obiettivo si sposterà poi su come i volti e i linguaggi dell’era cross-mediale interpellino l’annuncio del Vangelo da un punto di vista teologico, pastorale e pedagogico: a tirare le fila di
questo momento sarà la relazione del cardinal Bagnasco. In conclusione, infine, Benedetto XVI riceverà in
udienza i partecipanti al convegno nell’aula Paolo VI e
conferirà loro il mandato di evangelizzare il continente
digitale. Durante tutto il convegno (e fin da ora attraverso il sito www.testimonidigitali.it) tutti siete invitati
a contribuire in modo interattivo alla riflessione.
✖ Internet diventerà
sempre più un luogo in cui
l’annuncio del Vangelo
trova cittadinanza ✖
mondovoc | 9
ATTUALITÀ
L’EDUCAZIONE NON PASSA PIÙ DA PADRE IN FIGLIO
Digitalnatives.org
ovvero i giovani
raccontati
di Adamo Calò
The X generation
Ve la ricordate? La generazione dei nati tra gli anni sessanta e ottanta, battezzati come baby busters, ad indicare una generazione senza identità, senza nulla di rilevante da dire in contrasto con i baby boomers, i sessantottini figli della silent generation? Sembra preistoria. Tutto
è ormai alle spalle! Negli ultimi anni le nuove generazioni sono cambiate, arricchite e condizionate da una tecnologia sempre più avanzata.
È il tempo dei digital natives perché nati e cresciuti in
un mondo in cui la tecnologia e il computer sono la vita. Il 75% dei giovani tra i 16 e i 24 anni non potrebbero vivere senza il web. È questo il risultato di una ricerca pubblicata da YouthNet, un’associazione che si occupa di promuovere un utilizzo sicuro della rete.
Quattro giovani su cinque ricorrono ad Internet per
chiedere consigli di varia natura. Un terzo di questi ha
ammesso di trovare molto più semplice rapportarsi con
il Web che non con una persona con cui parlare. Il web
è parte integrante del loro mondo e deve essere considerato come tale, non come qualcosa di esterno a loro. Il
71,1% di questi ragazzi possiede un profilo su Facebook,
il social network più diffuso.
The now generation
Descrivendo l’età del disagio, l’Eurispes in un Rapporto
nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza aveva rintracciato i segni del cambiamento della condizione giovanile nei primi anni novanta.
Una gioventù che a causa della velocità delle trasformazioni sociali e tecno-economiche, enfatizzava l’immediatezza ed il presente, poiché il futuro sembrava incerto e
nebuloso. La comunicazione tra le generazioni soffre
sempre di più del divario ampio nei linguaggi usati e nelle conoscenze. Si segnalava allora la forte tendenza giovanile verso comportamenti consumistici, improntati ad
un eccessivo pragmatismo e ad un miope senso dell’im-
mediatezza. Una generazione del tutto e subito, figli
padroni sedotti dal consumismo e dai mezzi della
comunicazione a loro disposizione, aggressivi con
il gruppo dei pari, con i
professori e con gli stessi
genitori.
The bedroom
generation
Una espressione coniata in
Inghilterra nel tentativo di descrivere il cambiamento in atto
nel mondo dei giovani. Un mondo giovanile oggi racchiuso tra le
quattro mura della loro cameretta,
dalla quale con un computer possono raggiungere e comunicare, anche se solo virtualmente, ogni angolo del mondo. Un comunicare spesso senza parlare. Intromettersi in
questo universo angusto e ristretto
non è impresa facile. Forse solo la
pubblicità riesce a infiltrarsi e a
stimolarli. I giovani diventano
sempre meno interessati ad approfondire gli argomenti quanto sarebbe invece necessario e
rischiano di affrontare tematiche con approccio scandalistico, con una visione delle cose e della vita incompleta, superficiale e stereotipata. La bedroom
non risulta l’ambiente
Un comunicare spesso senza parlare.
Intromettersi in questo universo angusto
e ristretto non è impresa facile.
10 | mondovoc
giovanile ideale per imparare ad assumersi le responsabilità del lavoro e soprattutto per portare a termine nel
migliore dei modi quello che è il mestiere più difficile ed
al medesimo tempo più bello ed importante, quello di
crescere e diventare adulti.
Generazione Y
Cos’è la Generazione Y ovvero i technosexual, come li
definisce un marchio pubblicitario? È una denominazione per identificare i giovani di oggi dai 18 ai 25 anni svezzati a personal computer e cellulare. Un’espressione studiata apposta per identificare quei giovani legati ad Internet e ad altre tecnologie, chat e sms, iPod, blog,
BlackBerry, webcam, Skype, peer-to-peer, video-sharing
che li fanno sentire connessi, inseriti, padroni di se stessi, audaci e curiosi. Ragazzi che hanno dimenticato però il gusto di un biglietto scritto a mano e che si affidano a un modo di comunicare tecnologico, fatto di abbreviazioni, segni ed emoticon. Ragazzi e giovani considerati e descritti assolutamente in pace con se stessi, non turbati ma diversamente pronti e informati per il futuro lavoro. Non tutti però sono d’accordo su questo ultimo
giudizio. Per alcuni pare che questo continuo afflusso di
informazioni produca una pressione psicologica che sfarina la loro identità e impedisce un vero contatto con gli
altri. I rapporti umani si trasformano in una mescolanza
di reale e virtuale.
Generazione E
I figli del disincanto. Poco partecipativi ma attenti ai
cambiamenti. Idealisti. Rivolti all’etica più che alla politica. Incapaci di dichiarare un’appartenenza di destra o
di sinistra. Eredi di un disincanto trasmesso loro forse da
genitori delusi dai partiti e dalla vita sociale. Questo il ritratto della «generazione E», i giovani europei nati dopo
il 1980 (M. Bontempi e R. Pocaterra, I figli del disincanto, Mondadori). Il volume raccoglie e commenta i dati di
Euyoupart (Political participation of young people in
Europe), un’indagine sulla partecipazione politica giovanile. I risultati sfatano una serie di luoghi comuni che si
sono andati affermando in questi ultimi anni su giovani
e giovanissimi: disimpegno, incapacità di analisi della situazione politica, inattività, poca coscienza critica. Sono
i figli di una generazione che ha visto, con la caduta del
muro di Berlino, la fine di un certo modo di vivere, fatto di passione e di ideali. Il disincanto dei genitori ha determinato il nuovo atteggiamento dei figli. Le istituzioni,
i partiti, la classe politica non sono più centrali. L’impegno si è spostato in altre aree della vita sociale. Sono sparite le attenzioni a lotte sindacali o a movimenti politici
e si affacciano nuove forme di attivismo, interessi precisi legati alla vita sociale, la discussione su temi etici come la manipolazione genetica o la pena di morte, l’associazionismo, la religiosità, la disoccupazione e la precarietà, l’inquinamento e le tematiche ambientali, la violenza e la povertà.
Cyber bullying
Il mondo dei nuovi media intercetta sicuramente alcuni bisogni dei giovani e adolescenti di oggi sentiti
come urgenti quali, ad esempio, la riconoscibilità
entro il gruppo dei pari o il bisogno di comunicare e confrontarsi su stati d’animo, pensieri ed
emozioni. Divertimento, espressione creativa e
comunicazione rientrano anche tra le esperien-
ze virtuali positive. I ragazzi sono consapevoli e lo sono
in maniera più informata e profonda di quanto non lo
siano gli adulti. Altri parlano di rischi riferiti all’utilizzo
delle nuove tecnologie, che possono essere impiegate
anche come strumento di violenza. Le cronache, parlano spesso ormai di filmati girati da adolescenti con il telefonino e diffusi via Internet, con scene di violenza all’interno e fuori dalle scuole. L’invio di sms, e-mail o la
creazione di siti Internet che si configurano come minaccia o calunnia ai danni della vittima e la diffusione di
immagini o di filmati compromettenti, che mostrano atteggiamenti di disprezzo verso stranieri e disabili. È necessario educare e formare i giovani al rapporto con le
tecnologie senza trascurare gli aspetti relazionali ed
umani, valori che possono veramente prevenire episodi
estremi. Di sicuro oggi la conoscenza e l’educazione non
passa più di padre in figlio, anzi accade sempre più spesso che siano proprio i figli ad insegnare ai padri come
orientarsi tra i meandri della Rete e ad informarli sull’evoluzione delle apparecchiature informatiche e sulle
nuove modalità di comunicazione.
Sexting generation
Per i giovani e molti ragazzi le nuove tecnologie non hanno segreti. Sexting si riferisce alla tendenza ormai diffusa tra i giovani di scambiare sul web immagini e video a
sfondo sessuale, con immagini personali di nudo o in atteggiamenti ambigui. Tutto ciò fa sì che il mostrarsi nudi sul web è un fenomeno di curiosità, per loro simpatica e divertente, e non percepita come fonte di rischio o
potenziale pericolo. Secondo un’indagine realizzata da
Ipsos per l’organizzazione umanitaria Save the children,
i ragazzi sentono il desiderio di esprimere la loro sessualità attraverso la rete, stringere contatti e relazioni con
utenti del web. Il rapporto prende in considerazione ragazzi tra i dodici e 19 anni. Il 43% degli intervistati confessa di inviare messaggi a sfondo sessuale; guardare video e immagini a sfondo sessuale (41%); ricevere messaggi con riferimento sessuale e avere rapporti intimi
con qualcuno incontrato su Internet. Lo slogan del Safer Internet day 2010 era incentrato su questo concetto:
Think B4 U post! Pensaci prima di pubblicarlo.
Youthtopia
Una ricerca realizzata da Mtv International verso
l’agosto dello scorso anno, ha preso in considerazione
il mondo dei giovani di età compresa tra 16 e 34 anni
nei paesi europei. Per ottenere un risultato il più possibile diretto e veritiero, la ricerca ha utilizzato gli stessi strumenti tecnologici che i teenager usano ogni
giorno per comunicare tra di loro, dunque internet, i
blog, le webcam e i video uplodati. La ricerca ha evidenziato le divergenze tra il modo in cui i giovani d’oggi vengono ritratti dai media e il modo in cui loro stessi si vedono. Dalla ricerca emerge che i giovani europei vogliono vivere una vita tutt’altro che spericolata,
senza sballi dovuti ad alcol e droga e soprattutto con
un’attenzione particolare all’amicizia e all’onestà. Sono motivati guardando al futuro: il 66% infatti si sente protagonista del proprio futuro ed è pronto ad agire in prima persona per raggiungere i propri obiettivi,
anche se mai a scapito degli altri. Questa generazione
pensa sia fondamentale essere felici e positivi nella vita. Viverla con pienezza e passione, assumendosi le
proprie la responsabilità.
mondovoc | 11
ATTUALITÀ
IL GRANDE RICHIAMO ESERCITATO DAI NUOVI MEDIA È QUELLO DELLA
FAC
La comunicazione è un d
I
I nuovi media in casa nostra sono stati accolti con fiducia e gratitudine. I dvd, per esempio, ci hanno permesso di affrancarci sempre di più dalla dittatura dei
programmi televisivi, i siti web ci tengono aggiornati
con rapidità e in modo personalizzato molto più di
quanto non possano fare i vecchi giornali di carta, la
posta elettronica ci dà la possibilità di comunicare con
una velocità e una facilità impensabili solo fino a pochi anni fa, i gruppi di discussione rappresentano momenti di confronto vivace, i blog e i social website sono fonti alternative che consentono di allargare gli
orizzonti conoscitivi oltrepassando le barriere e le rigidità imposte per vari motivi dai media tradizionali, e la
telefonia mobile comporta vantaggi che sono sotto gli
occhi di tutti.
L’altra faccia della medaglia
Come sempre accade nel mondo della comunicazione, c’è però anche un’altra faccia della medaglia, rap-
12 | mondovoc
presentata in questo caso da tre rischi: quello di sostituire la realtà fisica e materiale con la realtà virtuale e
digitale, quello di contribuire alla formazione di
un’identità immaginaria che non è più la propria e che
corrisponde a una fuga da se stessi (l’uso dei nicknames, il mondo degli avatar), e quello di finire omologati dentro un sistema globalizzato che alla lunga impone ancora una volta alcuni modelli lasciando ben
poco spazio all’autonomia e al giudizio critico.
Gli educatori devono fare i conti con gli aspetti più costruttivi dei nuovi media e con quelli più deleteri, cercando un equilibrio che torni a vantaggio della formazione e della crescita di ogni persona così come del
gruppo e della comunità. In questo lavoro educativo
inevitabili sono alcuni conflitti, specie tra generazioni
diverse, ma il conflitto spesso è di per sé un momento
di crescita e di scelta. Quindi meglio non evitarlo, ma
riconoscerlo e trovare i modi per ricomporlo in una
sintesi che rappresenti un passo avanti per tutti.
LLA
FACILITÀ
n dono e un compito
Gli educatori devono fare
i conti con gli aspetti
più costruttivi dei nuovi
media e con quelli
più deleteri.
di Aldo Maria Valli
Un’isola che separa le persone
In famiglia è facile verificare che l’ambiente mediatico può trasformarsi in un’isola che separa le persone,
il che è paradossale per strumenti che nascono per facilitare l’incontro, la conoscenza e la socializzazione.
Forte è anche il rischio che questi strumenti creino
forme di dipendenza, dalle quali può essere molto difficile uscire. È sempre più importante quindi elaborare una vera e propria cultura della comunicazione, ben
sapendo che il confronto con i nuovi media e con le
loro continue trasformazioni mette in discussione la
nostra libertà.
La Chiesa già dal Concilio Vaticano II, con il decreto
conciliare Inter mirifica, chiede a tutti di assumere
questa responsabilità. La stessa intelligenza umana
che rende i mass media ogni giorno più perfezionati va
messa in campo per riuscire a gestirli con sapienza.
Giovanni Paolo II ha chiesto a più riprese di “prendere il largo” con coraggio nel mare del web (si pensi al
messaggio Internet, un nuovo forum per proclamare il
Vangelo, per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2002) e dunque la sfida va accolta con spirito di fiducia.
Benedetto XVI propone di portare la testimonianza
della fede nel mondo digitale e invita soprattutto i giovani, che con questi mezzi hanno più dimestichezza, a
introdurre nel nuovo ambiente comunicativo i valori
su cui poggia la vita cristiana (Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di
dialogo, di amicizia, messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2009).
Un cambio di prospettiva radicale
Il paragone proposto da papa Ratzinger è efficace e affascinante: come gli apostoli, nei primi tempi della
Chiesa, per portare la buona novella nel mondo grecoromano si impegnarono a comprendere la cultura e i
costumi di quei popoli, così ora l’annuncio di Cristo
dentro l’universo caratterizzato dai nuovi media deve
partire da una conoscenza attenta delle tecnologie e
dei cambiamenti che esse determinano per la singola
persona e per le società. Soprattutto, ciò che oggi viene chiesto è di pensare gli individui e le comunità proprio in termini di comunicazione. La comunicazione,
quindi, non più come un’appendice e un’opportunità
più o meno importante, ma come ciò che propriamente caratterizza i soggetti. È un cambio di prospettiva radicale, al quale gli educatori sono chiamati in
modo speciale. Questo percorso di conoscenza e di
crescita ha bisogno di un lavoro educativo circolare,
all’interno del quale il giovane è sia educando sia educatore, perché la sua prontezza nel cogliere le opportunità delle trasformazioni è un patrimonio da valorizzare e da mettere a disposizione di tutti. Da parte
dell’adulto è importante non mostrare un pregiudizio
che può essere facilmente percepito come ostilità o
come paura.
Offrire vere alternative
In quanto genitore ho potuto verificare che i miei figli
non vengono fagocitati dai nuovi media se dispongono di vere alternative. Lo sport, in questo senso, esercita una funzione importante. Spesso lo schermo del
computer diventa il compagno più invadente ed esclusivo soltanto perché riempie un vuoto e risponde a un
senso di noia. Quando invece la vita, con i suoi vari
momenti, è ricca, è più agevole trovare un equilibrio.
Il grande richiamo esercitato dai nuovi media è quello della facilità. Nel loro mondo tutto sembra più rapido, più accessibile, meno faticoso, meno stancante,
il che riguarda anche i rapporti umani. Da parte dell’educatore è importante richiamare alla dimensione
della realtà, nella quale non basta premere un tasto o
agire su un mouse per uscire da una situazione sgradevole o per evitare di rispettare un impegno gravoso.
Un altro rischio che vedo per i nostri ragazzi è quello
della confusione. Quando la mole dei messaggi diventa eccessiva e quando le chiavi di lettura si moltiplicano, ecco che l’opportunità di conoscenza offerta dai
nuovi media può trasformarsi nel suo contrario, in
qualcosa che non ti rende più cittadino del mondo ma
più spaesato. In questo caso all’adulto spetta il compito di aiutare il giovane a “mettere ordine” fra i dati e i
valori, spiegando che esistono gerarchie, che non tutto è uguale e che non tutto merita di essere acquisito
solo perché è disponibile.
Benedetto XVI ci è di grande aiuto quando ricorda che
la nostra capacità di comunicare, con ogni mezzo, non
è il prodotto del caso. Alla luce del messaggio biblico
essa infatti “riflette piuttosto la nostra partecipazione
al creativo, comunicativo e unificante Amore trinitario che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo” (messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2008). Per il cristiano, sale della terra e luce del
mondo, la comunicazione è un dono e un compito.
mondovoc | 13
ATTUALITÀ
L’INVASIONE DEI NUOVI MEDIA
I FIGLI
DEL CALENDARIO
Bisogna aiutare i giovani a non “bere” passivamente tutti
i messaggi che vengono loro proposti.
di Carlo Climati
A
Alle soglie del terzo millennio, ci accorgiamo di vivere in un mondo che cambia sempre più rapidamente.
All’origine di questo mutamento c’è un dato essenziale, che deve farci riflettere: l’influenza schiacciante
dei mass media sulle nuove generazioni.
I giovani d’oggi, a volte, sono più “figli dei mass media” che dei loro stessi genitori.
Un tempo, l’educazione dei ragazzi era il frutto di tre
fonti fondamentali: la famiglia, la scuola e la religione. Oggi non è più così. I giovani sono “educati”, nel
bene o nel male, dai milioni di messaggi che ricevono
attraverso i mezzi di comunicazione: televisione, Internet, giornali, riviste, chat, gruppi di discussione,
telefonini, canzoni, video musicali…
Ognuno di questi strumenti propone dei messaggi.
Possiamo, perciò, immaginare quale straordinario
bombardamento di notizie e opinioni raggiunga costantemente le nuove generazioni.
Un salto in edicola
Per affrontare questo tema, non voglio parlare ancora di Internet e delle “piazze virtuali”. Si tratta di un
argomento già abbondantemente trattato nei numeri
precedenti di Mondo Voc.
Voglio prendere spunto, invece, da uno di quei “nuovi media” di cui si parla poco: il calendario.
Proprio così. Il calendario, da alcuni anni a questa
parte, è diventato, a tutti gli effetti, un nuovo “mezzo
di comunicazione”.
Proviamo a fare un esempio concreto. Una ragazza si
reca all’edicola per comprare una rivista e si trova di
fronte tre o quattro calendari con donne nude, reduci dai soliti reality show.
Questo impatto avrà sicuramente un effetto devastante sulla mente di questa ragazza, per varie ragioni. Prima di tutto occorre ricordare che, in molti casi, le immagini di certi calendari sono ingannevoli.
Sono ritoccate al computer, con il chiaro obiettivo di
proporre esempi di bellezza irreali, irraggiungibili.
14 | mondovoc
Questi calendari non fanno altro che generare stati di
insicurezza nei giovani. Chi non assomiglia a certi
modelli rischia di sentirsi diverso, inferiore, limitato.
Fragilità e debolezza
Viviamo nell’era dell’apparenza e dell’immagine. Nei
calendari ogni cosa sembra perfetta. Ed è costruita
per sembrarlo.
Così, chi non assomiglia alla fotomodella di turno va
inevitabilmente in crisi. Comincia a guardarsi allo
specchio e a provare una sensazione di fragilità e debolezza.
Forse è proprio per questa ragione che tanti ragazzi,
invece di vivere un’esistenza reale, preferiscono tuffarsi nella realtà mascherata e virtuale delle “chat”.
Hanno paura di essere giudicati, di non essere sufficientemente belli e perfetti come i personaggi irreali
e ritoccati al computer.
Vediamo, perciò, che attraverso uno strumento apparentemente banale ed innocuo, come il calendario, i
giovani finiscono per ricevere pressioni molto forti.
Un altro effetto devastante di certi calendari è la “rottamazione del senso del pudore”. Il corpo della donna diventa un oggetto, una “merce” esposta in vetrina. Non esiste intimità. Tutto viene assolutamente
svelato, esposto, regalato agli occhi delle persone. Ed
è questo il messaggio che viene comunicato alle nuove generazioni: il tuo corpo non conta nulla. Può essere usato, strumentalizzato, “urlato”, ridotto ad uno
stato di pura schiavitù.
Le tappe bruciate
Mi viene da pensare ad un bellissimo film di Ermanno Olmi: “L’albero degli zoccoli”. Interpretato da contadini della campagna bergamasca, racconta la vita di
alcune famiglie lombarde, alla fine del secolo scorso.
È la toccante fotografia di un’epoca. Un affresco ricco di emozioni, dall’inizio alla fine della pellicola.
All’inizio della storia, c’è una scena che esprime pie-
namente la poesia di quel tempo lontano. Un giovane
saluta una ragazza, mentre cammina su un viale di
campagna. Lei gli risponde, senza voltarsi completamente. Solo per un attimo gli rivolge uno sguardo, per
poi abbassare immediatamente gli occhi e riprendere
il cammino verso casa.
In quel breve e timido dialogo, quasi sussurrato, c’è
tutta la bellezza di un tempo in cui gli esseri umani
riuscivano a rispettarsi e a guardarsi nella profondità
dell’anima. Queste immagini, oggi, sembrano davvero lontane. I due contadini appaiono ai nostri occhi
come bizzarri extraterrestri, che si comportano in modo strano. Nell’epoca dei “nuovi media” l’imperativo
è esattamente l’opposto: tutto deve consumarsi rapidamente. Anche l’amore. Anche il corpo.
I giovani d’oggi, figli del calendario, non sono più capaci di vivere a poco a poco le tappe fondamentali della vita. Il calendario, cattivo maestro, ha insegnato loro che il corpo può essere tranquillamente consumato a tempo di record.
Gli alleati del calendario
“L’amore è una cosa meravigliosa”, diceva il titolo di
un vecchio film. E lo sarebbe davvero, se tutti lo vivessero nel modo più giusto e naturale, come autentico dono di se stessi. Ma, come abbiamo visto, i gio-
vani sono bersagliati da un certo tipo di non-cultura
che tende a ridurre questo stupendo sentimento ad
una dimensione egoistica, superficiale, priva di senso. Il calendario, nella diffusione di questa non-cultura, ha tanti pericolosi alleati. Per accorgersene, basta accendere la televisione e dare un’occhiata a certi programmi dedicati ai ragazzi. Si parla sempre meno d’amore, e sempre più di sesso. Si moltiplicano i
cosiddetti “esperti di sessualità”, che dovrebbero avere il compito di dare risposte agli interrogativi degli
adolescenti.
Ma quali sono queste risposte? In molti casi si tratta
di banalizzazioni, di affermazioni senza etica in cui il
rapporto personale tra due persone sembra ridursi ad
una forma di “ginnastica”.
Nell’era dei calendari siamo tutti chiamati ad una
nuova sfida educativa: quella di aiutare i giovani a
non naufragare nel vastissimo mare dei nuovi mezzi
di comunicazione.
I nuovi mass media non sono strumenti da demonizzare. Bisogna semplicemente utilizzarli nel modo giusto, stimolando i ragazzi a non “bere” passivamente
tutto ciò che viene loro proposto.
È importante essere vicini ai giovani ed insegnare loro come vivere serenamente il rapporto con i nuovi
media, senza paura. Con gioia e buon senso.
mondovoc | 15
DIVERSO PARERE
SEMPRE PIÙ PERSONE PREFERISCONO RIMANERE DIETRO
di Catena Fiorello
✖ [email protected]
I
Malati
di Facebook
Il 17 Gennaio 2010 il telegiornale di RaiUno ha mandato in onda un servizio intitolato “Malati di Facebook”,
dove si parlava di persone che invaghite dal nuovo social network di Internet, ne diventano a tal punto dipendenti da dover ricorrere nei casi più gravi (pochi credo,
almeno lo spero!) alle cure di uno psicologo o, come nel
caso di un ospedale del nord Italia, che si è attrezzato
per la nuova patologia, di uno staff specializzato per le
cure del caso.
Anche io uso Facebook (FB per i frequentatori) da un
anno circa, e lo trovo un modo carino, veloce, divertente e se vuoi anche disinvolto, senza tanti fronzoli, per fare nuove amicizie, ritrovare vecchi amici o semplicemente per comunicare agli altri quello che sentiamo,
pensiamo, o che vogliamo far sapere al mondo. Una
persona prende una pagina virtuale (gratuitamente, almeno per ora… basta iscriversi), nello spazio infinito di
Internet, la fa diventare propria, apponendo il proprio
nome, o la propria sigla, o un nomignolo simpatico con
cui si è conosciuti, aggiunge poi, ad iscrizione avvenuta, foto, immagini, scritte ed il gioco è fatto. Poi, liberamente, questa persona potrà decidere con chi condividere queste sue proprietà del pensiero ed esperienze, e
se, quando vorrà, sempre in totale libertà, potrà decidere di chiudere quella pagina e dire “Basta!”. Dipende,
dipende da quello che si desidera o da quello che ci si
aspettava…
In questo modo (spero sintetico e lineare) ho cercato di
spiegare quello che è FB per me, vale a dire un gioco.
Certo, a volte anch’io mi ritrovo a scrivere di argomenti seri, importanti, con gli amici della mia rubrica. Mi
sembra anche giusto “chiacchierare” virtualmente del
mondo che ci circonda; però non ho mai pensato che
Facebook possa sostituire la mia vita reale, né che oltre
Facebook non ci sia altra possibilità per fare nuove conoscenze o possibilità di comunicare. Posso dire che
questo “posto virtuale”, che io ho chiamato il mio “Condominio” (chiunque volesse vederlo basta che scriva il
mio nome sulle ricerche di FB e mi cerchi con nome e
cognome, senza nomignoli aggiuntivi…) è una possibilità in più, tutto quì, come lo sono stati, ma lo sono ancora, MSN, MySpace e altri posti in Internet che permettono a noi utenti di conoscerci e comunicare.
Ma… Come sempre c’è un “MA” per tutto, basta dargli
il giusto valore, la giusta considerazione, fare quattro
16 | mondovoc
I social network sono
certamente una grande risorsa
che consente di comunicare
e fare nuove conoscenze
ma rischiano di sostituire
la vita reale. Impariamo
a vivere il mondo, ad uscite,
a viaggiate, a comunicare
con tutti i nostri sensi,
sempre in presa diretta,
per apprezzare veramente
la vita reale.
conti, e il resto vien da se. Mi chiedo, ma perché attecchiscono con così grande successo questi social network? C’è un motivo per cui le persone preferiscono rimanere dietro lo schermo asettico e impersonale di un
computer e non hanno più il coraggio o la voglia di interfacciarsi con gli altri? Non sto descrivendo la scena
di un film di fantascienza, credetemi, descrivo semplicemente quello che i miei occhi vedono, e quello che le
mie orecchie, sempre tese a recepire notizie, per imparare, per apprendere, ascoltano. Anche al ristorante, e
mi capita spesso, o in metropolitana, o dal parrucchiere, è visibile, agli occhi di tutti noi, qualche scena che
racconta quello che vi scrivo. Persone in compagnia di
altre che, invece di guardare l’interlocutore negli occhi
e ascoltare quello che sta dicendo, o che potrebbe dire,
giocherellano con il loro telefonino, applicate come
scienziati a una formula segreta, al loro apparecchio, o
completamente isolate dal resto del mondo, a tal punto
da non rendersi conto che, per esempio, sedute in metropolitana, è arrivato il loro turno, dovrebbero scende-
LO
TRO
LO SCHERMO ASETTICO E IMPERSONALE DI UN COMPUTER
✖ Nessun Facebook
potrà riprodurre
le emozioni
del vostro cuore ✖
sa
re, e invece, avendo perduto la cognizione del tempo e
del luogo dove si trovano, si trascinano distratte fino alla fermata di “Cinecittà” (è una fermata della Metro di
Roma!) e stralunati dal loro display, bello fiammeggiante, si trovano costrette a rifare la corsa al contrario per
ritornare alla fermata di “Termini” che era la destinazione finale del loro viaggio. Oh mio Dio, aiutaci! Un altro
piccolo aneddoto al riguardo: giorni fa, una signora che
conosco molto bene, Rosa, mi raccontava di quanto
oramai suo marito sia assorto totalmente dal suo computer. La poveretta, che non è esperta di nuovi fenomeni dei media, cercava una spiegazione, una risposta da
me, e mi informava, con gli occhi pieni di domande, di
come suo marito passi tutte le notti davanti al computer, e che, sempre questo bravo uomo, abbia fatto tante
amicizie in questo posto misterioso (parole sue!), e che
spesso esce in compagnia di questi amici (tutti uomini,
dice lui!) che come lui amano il calcio e la musica.
Io ho risposto a Rosa che forse è arrivato il momento
che lei chieda a suo marito di vedere in faccia questi
amici e, nel caso, di chiedergli di interrompere questa
attività frenetica notturna in cambio di un po’ di pace
familiare e di attenzione verso una moglie che è vera,
esiste, in carne e ossa, e ha bisogno del suo affetto. Vi
ho raccontato questo perché secondo me FB, così come gli altri social network, non sono un problema fine
a se stesso, nel senso che dipende da noi non farli diventare tali, ma soprattutto che in ogni caso non riguardano solo i giovani, e menomale, una volta tanto c’è
qualcosa su cui i giovani non hanno tutte le colpe del
mondo, però ai giovani, e solo a loro, mi permetto di rivolgere il mio messaggio al riguardo: imparate a vivere
il mondo, uscite, viaggiate, comunicate con la vostra voce, con i vostri occhi, usate le mani, le braccia, i gesti,
camminate, correte, piangete, sorridete, ma sempre in
presa diretta. Fate diventare il film della vostra vita, unico, irripetibile, e siatene i protagonisti. Nessun FB potrà riprodurre le emozioni del vostro cuore, al massimo
comunicarle con qualche ora di ritardo a chi vi sta a
cuore, ma prima, sempre prima, è stato il vostro cuore
a produrle. E del cuore vostro nessuno può farsi padrone, se non voi stessi. Felice e sereno FB & C. a tutti!
mondovoc | 17
FRATELLO WEB
INTERNET È IL MASS MEDIA PIÙ ADERENTE ALLA VITA QUOTIDIANA
TWITTER, FACEBOOK,
MSN, IPHONE, SMS…
I
Il terremoto di Haiti è stato uno degli avvenimenti che
negli ultimi anni ha scosso maggiormente l’opinione
pubblica. Bombardati da immagini e commenti ventiquattr’ore su ventiquattro. Prima lo choc, poi l’angoscia
per la sorte dei terremotati, infine la corsa agli aiuti seduti comodamente sul divano di casa e mandando un
sms o facendo una semplice telefonata. Soltanto venti
o trent’anni fa la notizia dello stesso avvenimento, sarebbe arrivata in Italia un paio di giorni dopo e non con
tutto il suo contorno di immagini drammatiche. Twitter, Facebook, msn, iphone, sms. La parola d’ordine per
la società moderna è immediatezza e i new media sono
parte integrante e dominante del rapporto con la società e i giovani. “Il mezzo che più di tutti suscita paure e
perplessità sulla qualità del ruolo educativo è ancora la
televisione – spiega Daniele Damele, docente di etica e
comunicazione all’Università di Udine e Gorizia –. Rispetto alle generazioni precedenti, i bambini d’oggi nascono già con un televisore dentro casa, e, quindi, si abituano sin da piccoli sia all’oggetto, dal quale sono molto attratti, sia ai programmi televisivi proposti. Per i più
piccoli, che non hanno ancora la capacità di capire che
cosa rappresentano le diverse immagini colorate che si
muovono all’interno dello schermo, la televisione, peraltro, è percepita quasi come una vera e propria persona”. Il passo successivo è l’apertura al mondo attraverso internet che fornisce la maggior parte dei new media. Un’informazione fai da te, fatta di blogger e condivisione di notizie che spesso supera e bypassa quella più
tradizionale di quotidiani e televisioni che ripetono sulla rete le impostazioni della tradizione cartacea.
I quotidiani
La rilevazione sul gradimento dei quotidiani è curata
dall’audipress (www.audipress.com). E si scopre che
dall’edicola al web, si ribaltano le posizioni dei quotidiani più seguiti d’Italia. Mentre nelle edicole il Corriere
della Sera continua ad essere il quotidiano più venduto
e La Repubblica si deve ‘accontentare’ del secondo posto, lo stesso non si può dire delle rispettive versioni online. Su web infatti i due giornali si ritrovano a dati invertiti. Repubblica.it, la versione online del quotidiano
La Repubblica, secondo i dati pubblicati dal settimanale L’Espresso su base Audiweb/Nielsen, a gennaio ha
avuto ben 1.416.000 visitatori unici al giorno e
21.007.000 pagine visualizzate (sempre al giorno), classificandosi come il quotidiano online più seguito. Al secondo posto troviamo Corriere.it, la versione online del
Corriere della Sera, con 1.250.000 visitatori unici e
11.323.000 pagine visualizzate (quasi 10 milioni in meno di Repubblica.It). Al terzo posto, la Gazzetta dello
Sport: 851mila visitatori unici e 11.638.000 pagine visualizzate. A debita distanza dai primi due quotidiani
online, Libero News con 571.000 visitatori unici e
10.642.000 pagine visualizzate. Seguono TgCom
(465mila visitatori unici), IlSole24Ore.com (292.000),
Corrieredellosport.it (277mila), LaStampa.it (255mila), Tuttosport.it (190mila) e IlGiornale.it (130mila).
Lo scorso autunno illustri anchormen si sono chiesti a
New York se Twitter fosse la Cnn della Generazione dei
18 | mondovoc
DEL
ANA
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DELLE PERSONE
La parola d’ordine
per la società moderna
è immediatezza
e i new media sono parte
integrante e dominante
del rapporto con la società
e i giovani.
di Luca Cilento
Repubblica.it
New Media. Il servizio di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza
massima di 140 caratteri, www.twitter.com, ha una
curva di crescita vertiginosa: in un solo anno impennata del 1.400%. Gli utenti, che al lancio del social network, nel 2007, postavano in tutto 5mila messaggi al
giorno, si sono moltiplicati velocemente e oggi i numeri parlano di una crescita con 50 milioni di tweets messi in rete ogni giorno. Il servizio è diventato estremamente popolare, anche come avversario di Facebook,
l’altro social network del nuovo millennio, grazie alla
semplicità ed immediatezza di utilizzo. Informazione
sempre più che sfugge ai canali tradizionali.
I blog personali
Un esempio sono i blog personali. Secondo l’ultima indagine Eurisko New Media il 2% degli utenti internet
possiede/gestisce un blog personale, ciò significa che in
Italia ci sono circa 350.000 blog. Proprio questa indagine visibile su www.gfk.com/gfk-eurisko, serve un pò
a smitizzare internet come mondo del falso e del virtuale. Internet è profondamente concreto per le persone
che lo usano. La loro vita e le loro azioni si esprimono,
passano anche attraverso Internet. Si usa per la vita
quotidiana, il lavoro, lo studio, il tempo libero, la comunicazione, le vacanze. L’utilizzo fine a se stesso è solo
uno dei vari aspetti, ma non il principale. Il più delle volte Internet si affianca, e si integra potenziandole, alle attività umane pre-esistenti. Quando pensiamo a Internet
come a un mass media, siamo costretti ad ammettere
che è quello più aderente alla vita quotidiana delle persone. Sono semmai altri i media che vivono in un tempo differente da quello attuale. E nell’integrazione televisione-computer-telefono destinati sempre di più a diventare un unicum, l’avvento dell’iphone ha cambiato
ancora di più il modo di considerare l’informazione. Gli
ultimi tipi di palmari, infatti, permettono di usare Facebook, YouTube, Last.fm e tutti gli altri social media che
stanno su Internet, senza dover stare davanti a un computer.
www.twitter.com
www.gfk.com/gfk-eurisko
mondovoc | 19
GIOVANIMISSIO
DAL RIFUGIO DI “SECOND LIFE” ALL’APPRODO AD UNA TERZA VITA
Il risveglio dopo
il click del mouse
S
Sedici ore al giorno di lavoro durante i mesi estivi e tante altre durante il periodo invernale. Era la vita di ogni
giorno che faceva fino all’anno scorso Luciano, un giovane di Senigallia di 26 anni impegnato durante il periodo estivo a gestire con i genitori un lido sulla bellissima
spiaggia marchigiana e durante l’inverno a portare avanti un pub che i genitori avevano rilevato pensando al futuro dei figli. Ogni giorno della stagione balneare il lavoro cominciava molto presto nella cura della spiaggia, nell’accoglienza dei bagnanti, nella disponibilità al bar e alla mensa. Un lavoro che non lasciava spazio nemmeno
per respirare. L’unico rifugio era rappresentato dalla sua
ormai riconosciuta malattia di navigare in internet. Per
lui la nuova tecnologia non aveva segreti ed era sempre
attento alle novità che lo sviluppo tecnologico sfornava
nel campo dei media e della telefonia. Erano i momenti
in cui riusciva a rilassarsi, a dimenticare per quanto possibile tutte le fatiche e le incombenze della giornata.
Certo l’attività lavorativa gli permetteva di godere di tante cose. Non aveva problemi di spesa. I suoi guadagni
erano sudati e si sentiva libero di spenderli come desiderava perché dentro sentiva che quello che faceva non lo
soddisfaceva al massimo se non altro per il motivo che
mentre i suoi amici erano in spiaggia per divertirsi lui doveva lavorare sodo e questo non gli garbava tanto.
20 | mondovoc
La storia di Luciano,
un giovane di Senigallia,
che alla vita virtuale
vissuta in rete
ha preferito quella reale
della gente povera
e malata di Aids
del Madagascar.
di Michele Pignatale
Catturato da Second life
Aveva dentro un desiderio di vivere un’altra vita in cui
poter gestire in prima persona le scelte e concretizzare i
sogni che si affacciavano di volta in volta. Si portava dentro un desiderio di felicità legato anche ad un lavoro di
successo dove poter mettere in atto le sue capacità che
tante volte i genitori, non volendo rischiare, avevano
contribuito a mortificare. Così quando è scoppiato il fenomeno di “Second life” lui si è buttato a capofitto. “Sono capitato per curiosità – ci racconta Luciano – e in un
momento in cui quello che facevo mi pesava molto. Sedici ore al giorno di lavoro non sono uno scherzo e lasciano
il segno se non puoi avere uno svago o un tempo per pensare a te stesso, a quello che desideri, ai progetti che puoi
aver in testa. Allora prendi come un’occasione la promessa del raggiungimento della vera felicità, anche se virtuale, perché quello che stai vivendo non ti soddisfa e cominci a gustare dentro questa realtà virtuale, il fatto che sei tu
stesso che crei ciò che desideri, dando vita ad una nuova
realtà che sarà la proiezione dei miei desideri. E così ho
cominciato a giocare sollecitato da tutto ciò che mi portavo dentro. Sono diventato un imprenditore alberghiero,
ho investito dei soldi, ho acquistato un’isola e per quasi un
paio d’anni sono stato avvinto da questa seconda vita in cui
io mi ritrovavo come reale pur essendo in un mondo virtuale”. Era chiaro che il gioco non poteva continuare all’infinito perché un mondo del genere non può essere realmente in grado di mantenere le promesse di felicità e
di successo che dichiara. Come si può trovare soddisfa-
CON
ITA
CONDIVISA CON CHI SOFFRE
zione in un mondo che non esiste? Se la realtà non soddisfa, può farlo un surrogato virtuale di questa? Davanti
al mare elettronico di “Second life” forse ci si aspetta
qualcosa di più da questa seconda vita perché creata da
noi stessi, sulle ali dei nostri desideri. Poi basta pensare
e fare l’esperienza di come, pochi bit più in là dalla propria isola, una umanità si rincorre e schiamazza, crea legami di una sera e ne distrugge altri con la stessa leggerezza. E ci si può interrogare sul senso di questo fiume
infinito che attraversa le nostre vite di figurine di carta
destinate a perdersi nel suo fluire.
Il risveglio e la terza vita
È la sensazione che ha provato Luciano dopo che nell’estate di due anni fa ha conosciuto nel proprio lido una
giovane coppia francese approdata in vacanza a Senigallia per un meritato riposo dopo due anni di permanenza
in Madagascar al servizio di un Organismo di Volontariato francese.
“Per me è stato un incontro miracoloso – continua a raccontare Luciano – perché attraverso la loro vita semplice
e la loro gioia di comunicare ciò che stavano vivendo, mi
hanno letteralmente strappato da quel mondo virtuale in
cui dimoravo e dove cominciavo a sentire la stessa insoddisfazione pur essendomi rifugiato per scappare da quella
che provavo nella vera realtà. Ho scoperto che era una illusione perché mi sono accorto che tutto nasceva dal sogno di poter realizzare il proprio desiderio attraverso qualcosa che non è in grado di soddisfarlo. Ho preso coscienza
di quanto sia importante per l’uomo il legame con la realtà e quanto più questo legame è debole tanto più siamo facili ad essere manipolati e illusi dalla possibilità di crearsi
una nuova vita in un luogo che non c’è. Al risveglio, quando con un clic del mouse esci da questo mondo virtuale, è
la realtà che, testarda, torna ad invadere l’esistenza cer-
cando ancora una volta qualcosa nel mondo reale, fatto di
oggetti veri e di persone di carne più attrattivo di una seconda vita alla Second life”. La conoscenza di Anne e Paschal ha aperto una terza vita a Luciano. Infatti nel settembre dello scorso anno ha raggiunto i suoi amici francesi in Madagascar. La decisione è stata presa dopo un
anno di contatti con Paschal ed Anne e un corso più approfondito di francese e di lingua malgascia. “Sono arrivato in questa isola vera e meravigliosa – ci dice Luciano
– con uno stato d’animo che fino a quel momento non avevo mai provato. Gran parte di queste sensazioni erano dovute al fatto di stare insieme ad Anne e Paschal, ragazzi
davvero speciali e all’accoglienza che la gente del luogo mi
ha riservato. A poco a poco ho preso coscienza della realtà in cui mi trovavo e soprattutto della situazione del territorio della parrocchia che ci ospitava. La nostra attività
consisteva nel fare dei corsi d’informatica e per le donne
dei corsi di cucina e di igiene. Inoltre abbiamo scoperto la
triste realtà dei malati di AIDS e abbiamo cominciato a
collaborare con un movimento locale di sensibilizzazione
e di lotta contro l’indifferenza della popolazione verso tale problema. Abbiamo dato disponibilità a dei giorni di
presenza nella Casa di accoglienza per malati terminali di
AIDS con lo scopo soltanto di ascoltare, essere vicini passando delle ore con loro, insegnando l’uso del computer e
di internet. Ho scoperto quanto sia importante per queste
persone vittime di questa tragedia, allontanati dalle loro
famiglie, avere qualcuno che li ascolti senza essere giudicati, di poter essere riconosciuti nella loro dignità di persona malgrado le loro sofferenze. Ecco anche qui lavoro
sedici ore al giorno come facevo a Senigallia. Potrebbe
sembrare che non sia cambiato nulla nella mia vita ed invece sono rinato alla mia terza vita più leggera, più affascinante, perché condivisa con i bisogni e le sofferenze degli altri”.
mondovoc | 21
PERSONAGGIO
Daniele Zaffiri:
vivere di pane e m
D
Daniele Zaffiri è un giovane tanto talentuoso quanto ostinato. Ed è per questo che, nonostante la sua giovane età,
è sulla cresta dell’onda dal 1994 come Dj e dal 2003 anche come produttore. Ai vertici del classifiche con Il Gioco dell’Amore, suo primo CD singolo e vinile dance tra i
più venduti del 2003, nel 2008 pubblica Plug & Play:
31 canzoni per le quali per la prima volta in assoluto viene utilizzato un lettore audio-video come supporto, al posto del CD! Il lavoro fatto finora è stato tanto ma lui non
intende certo fermarsi sul più bello… Leggiamo cosa ha
da dire ai nostri lettori
Come è nato Danijay?
Ho iniziato molto giovane a suonare nei locali genovesi
intorno alla metà degli anni ‘90 partendo da zero, nessuno mi ha mai insegnato nulla in questo lavoro... ma per
me è sempre stata una passione così forte che sembrava
lo facessi da una vita; non sentivo stanchezza o affaticamento ma soprattutto sapevo sempre cosa fare e come
farlo. Gli anni di “gavetta” mi hanno permesso di accumulare moltissima esperienza che poi mi è servita quan-
22 | mondovoc
di Antonella Prenna
È uno dei DJ più conosciuti
e talentuosi del panorama
italiano e non solo.
Suona nelle discoteche
e nei locali più importanti
d’Italia, Spagna, Francia,
Germania, ecc.
do dal 2003 sono diventato anche produttore; i miei dischi erano studiati in modo da avere la massima resa in
pista e per radio e il mercato reagiva sempre positivamente. Anche in questo caso sapevo sempre cosa fare: i
e musica
suoni da utilizzare, lo stile da adottare erano tutte cose
che avevo già dentro.
Raccontaci come si svolge il tuo lavoro
Il mio è un lavoro diviso in due principali settori: la produzione e gli spettacoli. Da una parte il lavoro in studio
è un pò il lato negativo del progetto in cui si passano
giornate e nottate davanti ai computer senza pausa per
sfruttare al massimo i momenti creativi, che purtroppo
non sono controllabili a piacimento! Dall’altra invece ci
sono le serate dove vengo chiamato come ospite per
suonare dal vivo le mie canzoni e per fare il mio show
del tutto inedito e di grande impatto scenico. Questo invece è il lato positivo! Il contatto con il pubblico e i miei
fans mi da’ un’energia indescrivibile, mi permette di ricaricare le batterie dopo durissime giornate in studio e
mi da’ il carburante necessario per continuare con ancora maggiori motivazioni. Sentire cantare le mie canzoni da migliaia di ragazzi nei più prestigiosi locali in
tutta Europa è una sensazione unica! L’effetto di questa energia è veramente speciale e mi trasforma sia psicologicamente che fisicamente nel momento in cui salgo sul palco: il mio umore cambia, la stanchezza sparisce ed è solo energia, e più ne trasmetto e più mi ritorna dalla gente! Sono momenti speciali!
Questo numero della Rivista è dedicato ai Figli dei nuovi media, tu ti ritieni tale?
Si! Cerco di essere sempre aggiornato sulle ultimissime
tecnologie e di sfruttarle al meglio. Il mio staff per esempio è composto, tra gli altri, da tre informatici pronti
sempre a sfruttare qualsiasi canale comunicativo.
Credi che i nuovi media possono essere di
aiuto?
Sicuramente sì, ma in questo caso dipende molto dall’utilizzo che se ne fa e soprattutto dai soggetti che se ne
servono. Internet per esempio è tanto utile e fondamentale per il miglioramento della vita e della società quanto pericoloso covo di malintenzionati il cui raggio d’azione può essere infinitamente superiore a prima. Nel mio
caso i nuovi media mi hanno permesso di avere una visibilità superiore rispetto a prima, il che è positivo ma
purtroppo ciò alla lunga ha anche portato a un livellamento sullo stesso piano di tutti coloro che lo utilizzano,
siano essi meritevoli o meno dal punto di vista artistico.
Il tuo lavoro ti porta spesso fuori casa, come
vivi il distacco dalla famiglia?
Io sono molto legato a tutta la mia famiglia e anche se
quasi ogni fine settimana lo trascorro all’estero a suonare, il contatto non si interrompe mai. Spesso ci sentiamo appena prima dello show e comunque durante tutte le tappe del viaggio. È l’unico modo per rimanere
sempre coi piedi per terra, per avere sempre coscienza
delle proprie azioni e comportarsi di conseguenza.
Cosa pensi dei giovani che vanno a sballarsi
nelle discoteche?
Potrà sembrare strano ma al di fuori degli spettacoli che
faccio io non sono un frequentatore di discoteche. Detto questo bisogna fare una profonda distinzione che
spesso i media non fanno tra i giovani e le discoteche in
generale e quei casi estremi che si vedono nei notiziari.
Penso che in qualsiasi settore, luogo pubblico o ricreativo ci sia del marcio; pensiamo allo stadio dove la stragrande maggioranza del pubblico va per vedere la propria squadra del cuore e solo una piccola parte invece
combina i disastri che sappiamo. La discoteca che conosco io non è un luogo di perdizione per definizione ma
un locale dove ci si diverte fino a tardi ballando con gli
amici. Diversa cosa sono i “rave” o certi locali di tendenza dove ci si reca appositamente per “sballarsi” facendo
uso di droghe e alcol quasi fossero requisiti minimi per
parteciparvi ma questi riguardano una ristretta clientela, che forse coincide con quella sopra citata degli stadi.
Pensi che la Chiesa sia lontana dai giovani
che vanno in discoteca?
Discografia
2003 Il Gioco dell’Amore (New Music International)
2004 I Fiori di Lillà (CDS) (Universal)
2004 Luna Nera (CDS) (Universal)
2005 Say Me & Condition (CDS) (Universal)
2006 Dance & Breakfast (ALBUM) (Universal)
2008 Plug&Play (ALBUM) (Danijay PML)
Tra le produzioni più recenti più importanti figurano anche:
Provenzano DJ - Vibe (Danijay Remix)
Luca Zeta - My Angel (Danijay Remix)
Dance Passion Vol. 1, 2, 3 (Selezionata e Mixata da Danijay e Luca Zeta)
Dance Essence 2008
mondovoc | 23
PERSONAGGIO
Daniele Zaffiri
Credo di sì, credo che la Chiesa rispetto ai giovani debba aggiornare i metodi e i canali comunicativi. I giovani che vanno in discoteca non sono anime perse che si
recano nell’oblio della perdizione ma sono ragazzi normali con la stessa normale voglia di divertirsi di tutti i
giovani di tutte le epoche; siamo sempre gli stessi cambiano solo i tempi.
Quali sono per te i valori che contano di più
nella vita?
Come ho detto prima la famiglia per me è sempre il
punto di riferimento. La nostra unione è forte ed è sempre presente, ovunque. Credo anche che quando se ne
ha la possibilità si deve pensare anche agli altri, non intendo solo attraverso la carità ma spesso una parola, un
gesto fa molto di più.
Il tuo rapporto con la fede?
Sono credente e provengo da una famiglia cattolica,
molti valori della Chiesa mi hanno accompagnato naturalmente nel corso della vita.
Un messaggio per i tuoi coetanei.
Ai miei coetanei posso solo dire di comportarsi sempre
con coscienza e di dare il 100% in quello in cui credono perché è il solo modo di ottenere dei risultati e delle
soddisfazioni.
Riuscire ad esprimere quello che si fa con vera passione significa arrivare direttamente al cuore di chi hai davanti.
A cosa ti stai dedicando in questo periodo?
Ultimamente sto sviluppando un progetto insieme al celebre cantautore Alberto Fortis. Si tratta di uno show con
l’inedita accoppiata tra il “classico” del pianoforte-voce e
il “moderno” mixaggio video che uniti insieme danno un
effetto molto coinvolgente e interattivo.
Portiamo questa formula nei teatri in giro per l’Italia e
siamo molto contenti della resa che abbiamo ottenuto.
Ovviamente non ci fermiamo mai e pensiamo sempre a
nuovi innesti per migliorare ulteriormente lo spettacolo.
Biografia
Danijay è nato a Genova nel 1977. DJ dal 1994 e
produttore dal 2003, ha iniziato la sua carriera
con il singolo Il gioco dell’amore. CD singolo e
vinile dance tra i più venduti del 2003, entra
nei primi 10 nella classifica generale di vendite
(CD singoli, album nazionali ed internazionali) e
arriva ai primi posti in Spagna nelle vendite di
vinili e CDS. N.°1 nelle classifiche radiofoniche
Dance italiane ed europee, arriva al terzo posto
nella DJ Parade di Radio Deejay.
Dopo il debutto sulle scene della musica dance
con questa hit, pubblica il suo secondo singolo,
I Fiori di Lillà, che vanta la collaborazione del
celebre cantautore Alberto Fortis e viene
suonato come “stacchetto” nel popolare
programma Passa Parola (Canale 5).
Nel 2004 il terzo singolo, Luna Nera. Say Me
& Condition, uscito nel 2005, entra nella top
10 delle vendite nei megastore in Italia, e in
diverse compilation europee. Le due canzoni
diventano un punto di riferimento della dance
Europea. Lo stesso anno, L’Impazienza
rappresenta l’Italia nel più importante
concorso europeo di musica dance. Il 20
gennaio 2006 la sua passione per la musica
Dance lo porta a realizzare il più grande sogno
24 | mondovoc
nella carriera di un artista: l’uscita
del suo primo album Dance &
Breakfast, su etichetta Universal. È
il progetto sul quale la Major ha
puntato maggiormente per
rilanciare la Dance commerciale
Made in Italy. 17 tracce che
contengono tutta la storia di
Danijay - Passato Presente e
soprattutto Futuro: da I Fiori di Lillà
ai successi dell’estate seguente,
insieme a remix straordinari in collaborazioni
famose, nuove canzoni in italiano, inglese e
spagnolo, e un inedito con Roby Rossini dal
titolo “Arcobaleno”. Dopo pochi giorni
dall’uscita Dance & Breakfast è entrato nella
classifica assoluta di vendite di album in Italia,
ufficialmente divulgata dalla F.I.M.I, arrivando
a fino al 63° posto. Un risultato eccezionale
soprattutto per un album Dance. Il successo
dell’album e l’amicizia con i DJ della radio,
hanno portato Danijay al debutto radiofonico
su M2O il 9 febbraio 2006 con il programma
TRIBE, che lo vede ospite fisso ogni mese. Nella
tracklist ufficiale (100% Danijay) risultano
nuovi remix e brani inediti, nonché nuove
versioni delle canzoni contenute nel suo album
Dance & Breakfast. ll sito www.danijay.com è
molto popolare (con una media di 15.000 visite
al mese) e il suo forum
(www.danijay.com\forum) è cresciuto fino ad
ospitare circa 1500 iscritti (da tutto il mondo)
ed è sempre più attivo e frequentato.
Danijay Live: É il testimonial del più avanzato
sistema di mixaggio su computer. Ha suonato
nelle discoteche e nei locali più importanti in
Italia, Spagna, Francia, Slovenia, Danimarca,
Germania e Austria. I suoi DJ set sono una
fusione di istinto e precisione tecnica, mentre i
suoi live show combinano il suo talento come
DJ con le doti vocali dei suoi cantanti.
MODA&TENDENZE
Intercultura: incontri
che cambiano il mondo
C
Ci siamo. Con i primi caldi di primavera entrano in casa brochure e preventivi per pensare ad una vacanza
studio all’estero. O meglio a uno scambio interculturale. Il che non riguarda esclusivamente gli universitari e l’ormai ultraventennale progetto Erasmus nato
nel 1987 che fino ad oggi ha fatto viaggiare circa 2 milioni di studenti. Ma centinaia di migliaia di ragazzi
che si spostano grazie ad agenzie specializzate per studiare ed immergersi in una cultura differente dalla
propria. Intercultura è un ente morale posto sotto la
tutela del Ministero degli Affari Esteri. Dal 1 gennaio
1998 ha status di ONLUS, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, iscritta al registro delle associazioni di volontariato del Lazio: è infatti gestita e amministrata da migliaia di volontari, che hanno scelto di
operare nel settore educativo e scolastico, per sensibilizzarlo alla dimensione internazionale. Intercultura
invia ogni anno quasi 1500 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel
nostro paese altrettanti giovani di ogni nazione che
scelgono di arricchirsi culturalmente trascorrendo un
periodo di vita nelle nostre famiglie e nelle nostre
scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari, conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per presidi, insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo. Ma non si deve pensare soltanto a partire. Sono oltre ventimila le famiglie italiane che accolgono studenti stranieri. Ospitare un giovane di un altro Paese significa educare i propri figli e
se stessi a convivere con stili di vita, mentalità, culture diverse; significa confrontarsi con qualcuno che ha
Favorire l’incontro e il dialogo
tra persone di tradizioni
culturali diverse ed aiutarle
a comprendersi e a collaborare
in modo costruttivo.
di Luca Cilento
abitudini differenti dalle proprie, sorprendersi a guardare da una prospettiva diversa ciò che prima poteva
apparire strano o addirittura sbagliato. Per i giovani sarà come avere un fratello o una sorella in più. Per i genitori sarà un modo per osservarsi attraverso gli occhi
di un nuovo figlio e apprezzare in maniera diversa il
proprio ruolo di educatori. Ma ci sono anche aziende
private che propongono viaggi studio per ragazzi dagli
11 anni. Non è mai troppo presto, infatti, per imparare una lingua, anzi. In linea con i programmi ministeriali, sono strutturate vacanze studio per gli studenti
della Scuola Secondaria di 1° grado e della Scuola Primaria, con soggiorno in centri accoglienti ed una didattica specifica, che tiene conto delle esigenze dei
giovanissimi per viaggiare, imparare e divertirsi in tutta tranquillità e sicurezza. L’ultima novità? Imparare
una lingua giocando a calcio. Lo sport può essere la
carota che convince il ragazzo a fare la vacanza studio,
può essere un premio, può essere il motivo principale
per partire. Ma la cosa più importante è che chi si sente al proprio agio e si diverte, impara meglio la lingua.
Bolton, Manchester City, Real Madrid sono
soltanto alcune delle
società che offrono questo tipo di college. La
mattina si studia, il pomeriggio ci si allena con
tecnici professionisti e
per forza di cose si dovrà imparare una lingua. L’ultimo nato è il
Chelsea Football camp
con i ragazzi che potranno allenarsi direttamente con le giovanili
della squadra diretta da
Ancelotti e perché no
andare ad assistere anche a qualche partita
nel mitico stadio di
Stanford Bridge.
mondovoc | 25
ORIENTARSI
LA VOCAZIONE: SOSTANTIVO “PLURALE”
MOSÈ, L’AMICO DI DIO
L
La storia dei chiamati alla salvezza trova in Mosè un personaggio assolutamente centrale, anzi il più grande dei
profeti, colui che con Dio poteva parlare senza intermediari, faccia a faccia, lungo una storia vocazionale infinita, o lungo un’esistenza fatta di continue chiamate, inedite e improvvise, sorprendenti e a volte incomprensibili, di fronte alle quali l’uomo non solo resta dubbioso e
scettico, ma anche a volte recalcitrante e stanco di stare
al passo di questo Dio che non si stanca di chiamarlo. La
vita di Mosè sembra un romanzo vocazionale, o contiene una sorta di grammatica della vocazione.
La vita di Mosè sembra
un romanzo vocazionale,
e contiene una sorta
di grammatica della vocazione
nei suoi elementi essenziali.
di Amedeo Cencini
Salvato dalle acque
Mosè è anzitutto colui che è salvato in modo prodigioso
da morte sicura, come quella decretata dal Faraone per
tutti i nati maschi ebrei. Appare subito nella sua vita –
assieme alla furbizia umana – l’intervento decisivo di
Dio, colui che chiama alla vita, e si oppone a tutte le forze contrarie, a quelle tante voci di morte, che attraggono come sirene ancora oggi troppi giovani nelle acque
del nulla, della vita stupidamente spensierata e anche
vuota, della falsa libertà che rende ebeti, addirittura incapaci di saper godere, di godere della vita. Il nostro Dio
non sopporta di essere solo, ma vuole la vita, ed è Dio dei
vivi nella misura in cui i suoi figli accolgono dalle sue
mani la vita come dono, ne godono con intelligenza, lo
vivono in pieno, lo trasmettono a loro volta ad altri assieme al gusto di essere vivi.
Come Mosè che condurrà poi Israele attraverso il mar
Rosso, perché gli Ebrei sperimentino la potenza del Dio
vivo. In quelle stesse acque troverà la morte il Faraone
col suo esercito di morte.
C’è qui una contrapposizione netta tra la vita e la morte,
tra Mosè, salvato dalle acque, e il Faraone, travolto dalle acque. È la differenza tra l’uomo che si sente chiamato e chiama altri, e l’uomo senza vocazione, che annega
nel non senso esistenziale normalmente trascinandovi
anche altri.
Sorpreso dal fuoco
La ricca vicenda di Mosè trova il suo punto di svolta sul
monte di Dio, dinanzi a uno spettacolo insolito: un roveto che arde di fuoco senza consumarsi. È rivelazione di
Dio, ma ancor prima è svelamento del vivere umano e
poi dell’uomo stesso. Quel roveto che il fuoco non di-
✖L’inadeguatezza
umana come paradigma
di ogni vocazione ✖
26 | mondovoc
strugge, infatti, è l’esistenza umana, piena di una presenza di Dio così ricca e intensa che mai potrà essere del
tutto scoperta, e oggetto di una chiamata costante, cui
non basta rispondere una volta per tutte; vita, dunque,
che l’uomo deve maneggiare con cura: è terra santa! Ma
quel roveto in fiamme è anche Dio, quel Dio che è passione infinita d’amore, che ha visto la sofferenza del suo
popolo e ne ha udito i lamenti, quel Dio dei vivi che non
sopporta che i suoi figli soffrano. E allora interviene, cioè
chiama. La vocazione di Mosè, ecco la grammatica vocazionale, non è mai un progetto che si riferisce al singolo chiamato e alla sua personale salvezza, ma parte da
lontano, coinvolge altri, è in funzione del bene di molti.
Nessuno troverà mai la propria vocazione né si sentirà
mai chiamato se pensa solo a sé o alla propria personale salvezza.
Sconvolto dalla chiamata
Ma proprio qui viene il bello o il difficile. Quel cuore di
Dio che arde di amore e compassione per i suoi pone
Mosè, pastore in esilio che già un bel po’ di volte è scampato per un pelo alla morte e che ora guida un gregge neanche suo, dinanzi all’impossibile: lo invia, infatti, a convincere gente che a suo tempo lo ha respinto; lo incarica di riferire il volere di un Dio di cui non si sa neppure
il nome; chiede di parlare a un uomo che non sa parlare, “impacciato di bocca e di lingua”. Mosè ne è sconvolto: non sarò mai capace di fare tutto ciò!
In realtà siamo di fronte a una caratteristica fondamentale della chiamata divina: il fatto di apparire umanamente impossibile, troppo al di là delle capacità del chiamato.
Qui la grammatica vocazionale si scontra con la dinamica normale della vita umana o con quel “buon senso”
che raccomanda di non fare il passo più lungo della gamba, di calcolare bene, di essere prudenti… In verità non
ne possiamo più di questo “buon senso” che è puro distillato di mentalità pagana; sarà anche buono, ma è stolto lasciarsene condizionare perché antivocazionale,
dunque contro tutti i nostri interessi. Con quella paura
O
ne
✖Quando è in gioco
la vocazione di tutto un popolo ✖
uno non realizzerà mai nulla nella vita, e starà sempre lì
a calcolare e preoccuparsi che le sue scelte non oltrepassino il confine strategico delle sue capacità. E magari finirà per ripetersi come una triste fotocopia di sé e fare
sempre le stesse cose. Che miseria!
Sicuro della sua presenza
Alle titubanze del chiamato il Signore risponde in sostanza con due affermazioni in cui si impegna in prima
persona: “Io ti mando”, e poi: “Io sarò con te”. Che sono
come due rocce granitiche su cui è scolpito il senso di
ogni vocazione, la sua grammatica.
Prima “roccia”: il chiamato è un mandato, mandato da
Dio. Tale certezza gli dà un’enorme forza, ma lo rende
anche responsabile di una missione da compiere in nome di Dio, di una parola da dire che non viene sempli-
cemente dall’uomo. La vocazione, ribadiamolo con forza, non è semplice e pagana autorealizzazione o annuncio di sé, ma coscienza di essere inviato dall’Altissimo per
compiere qualcosa di grande, di divino.
Seconda certezza “rocciosa”: il Signore sarà sempre a
fianco di colui che ha inviato, non potrà mai abbandonarlo. Soprattutto quando costui si troverà nelle difficoltà o avrà l’impressione che il compito lo supera da tutte
le parti o che il suo annuncio non susciti interesse e accoglienza. Com’è successo a tutti gli inviati da Dio: da
Geremia a tutti i profeti, da Gesù stesso, il mandato dal
Padre, ai suoi discepoli. Il chiamato non ha garanzie legate alle proprie capacità e competenze, ma molto, molto di più: la certezza della presenza costante di colui che
lo ha inviato.
È la forza di Mosè!
mondovoc | 27
STORIE DI VITA
LA LORO PASSIONE PER LA MUSICA È NATA IN SEMINARIO
THE PRIESTS
Le popstar
col collare bianco
di Vito Magno
S
Si tratta di tre parroci irlandesi: padre Eugene O’Hagan, padre Martin O’Hagan (suo fratello) e padre David Delarg, meglio noti come The Priests. Non sembrano minimamente scalfiti dal successo; questo se mai li
aiuta ad avvicinare persone lontane. La loro passione
per la musica è esplosa durante gli studi in seminario.
Finora hanno inciso due CD di arie sacre. Con il primo hanno scalato le classifiche di mezzo mondo finendo nel Guinness dei primati; con il secondo sono in lizza per i Brit Awards 2010.
The Priests. Preti, ma anche parroci?
Sì, siamo responsabili di tre parrocchie vicino a Belfast.
Preti, ma anche Stelle del pop?
28 | mondovoc
Sacerdoti, innanzitutto, con l’opportunità di usare il
dono della voce che Dio ci ha dato. Cerchiamo l’equilibrio programmando i concerti live durante l’anno,
due o tre settimane ogni sei mesi.
Condividono la vostra scelta i parrocchiani?
Sì, siamo sacerdoti da 20 anni e i nostri fedeli sanno
bene che siamo preti e cantanti.
Anche il vescovo la pensa così?
Il vescovo vede il nostro lavoro come un’opportunità di
evangelizzazione attraverso il dono della musica, come
aiuto all’uomo per incontrare Cristo e la Chiesa.
“Armonie”, il vostro nuovo disco cosa contiene?
Contiene pezzi classici, come lo “Stabat Mater”, mu-
Hanno venduto
due milioni di dischi.
Tv e giornali se
li contendono, il pubblico
fa la fila per ottenere
i loro autografi.
Tutto normale per tre stelle
della musica, se non fosse
che le stelle in questione
indossano abito scuro
e collare e più che
alla casa discografica
rispondono a Dio.
siche di Pergolesi e Vivaldi, “Astro del ciel” in italiano. Di originale c’è un nostro pezzo chiamato “Padre
nostro”.
A chi vi rivolgete con le vostre canzoni?
Il nostro è un messaggio di speranza, quindi per tutti. Per coloro che hanno la fede e per coloro che non
ce l’ hanno.
Dove avete cantato negli ultimi mesi?
Abbiamo tenuto concerti in Australia a Sidney, in America a New York, in Canada nelle città di Montreal e Toronto, in Irlanda, in Inghilterra, Francia, Spagna e Italia. Abbiamo avuto la possibilità di
incontrare cristiani e non, soprattutto persone in ricerca. Per molti
di loro era la prima volta che venivano a contatto con un prete.
In parrocchia che uso fate
delle canzoni?
Usiamo il nostro disco durante
alcune celebrazioni liturgiche per
riflettere e per pregare.
Non avete avuto mai modo
di cantare con Bono degli
U2, vostro conterraneo?
Non ancora. Chissà nel futuro! Sarebbe bello discutere con loro. Bono ha una visione della natura, dell’ecologia, molto vicina al Vangelo.
Dei cantanti italiani del
passato quali preferite?
Lucano Pavarotti, Beniamino Gigli, Caruso.
Vi aspettavate tanto successo in un anno?
Assolutamente no! È stata una sorpresa. All’inizio
pensavamo di raggiungere soltanto qualche vicino.
Invece la Sony quanti dischi ha venduto?
Circa due milioni in 32 Paesi.
Chi è il vostro santo protettore?
Dieci anni fa abbiamo formato un coro e lo abbiamo
intitolato “Santa Cecilia”, patrona della musica. Penso che sia stata lei a parlare di questo nostro progetto con Qualcuno più in alto!
A chi pensate di devolvere i profitti?
Stiamo progettando di aiutare chi non ha casa, i ciechi, i ragazzi che non hanno la possibilità di comprare i libri per andare a scuola.
Come mai parlate italiano così bene?
Tutti e tre abbiamo studiato a Roma negli anni ‘70
presso l’Università Gregoriana. Quegli anni sono stati per
noi un dono. Siamo stati nel
cuore della Chiesa, accanto
alla tomba di Pietro. Tante
volte abbiamo cantato davanti al Papa.
È stato a Roma che vi è
nata la passione per il
canto?
Veramente l’avevamo fin dai
tempi del collegio ad Autrim.
Il seminario e le visite ai parrocchiani distrutti dalla guerra tra cattolici e protestanti
hanno reso il nostro canto
uno sfogo. Abbiamo capito
che la musica è la forma di
comunicazione più efficace,
arriva simultaneamente al cervello e al cuore.
La musica come ponte di pace!
Non abbiamo ambizioni, pensiamo solamente che la
nostra è un’avventura che può sconfiggere pregiudizi
attraverso la musica, che fornisce punti d’incontro tra
realtà diverse.
mondovoc | 29
ANNO SACERDOTALE
A COLLOQUIO CON L’ARTEFICE DI “PRETI ONLINE”
Don Giovanni
Benvenuto
è l’ideatore di
www.pretionline.it,
un sito nato per dare
visibilità, favorire
il contatto e offrire
alla gente
la possibilità
di contattare
i sacerdoti.
di Paolo Fucili
La rete delle reti
U
Un archivio digitale di profili e recapiti e-mail di quasi
1.000 tonache dislocate lungo tutto il nostro stivale. Basta sceglierne uno a piacimento, inviare un messaggio e
l’interessato risponderà entro un termine da lui prestabilito. Si va da due o tre giorni dei più veloci alle due settimane dei più richiesti o indaffarati. Ecco in soldoni come funziona www.pretionline.it, indirizzo che ha fatto
la storia del web cattolico. Qualcuno sorriderà beffardo
al pensiero delle più modaiole, agili chat, dove il ‘dialogo’ telematico si dipana quasi vorticoso, tempo una manciata di secondi e l’interlocutore ribatte, in un inesausto,
frenetico picchiettar la tastiera. Ma per comunicare cosa, davvero? Conciliare velocità e immediatezza dello
strumento con la profondità della comunicazione stessa
è tutt’altro che scontato, a giudicare ad esempio dallo
scialbo profluvio di banalità di tanti profili e bacheche su
facebook (dove pure abbondano preti, suore, giovani seminaristi...). La formula a cui invece www.pretionline.it
si attiene “magari è un pò antica”, riconosce l’ideatore di
30 | mondovoc
questa piazza virtuale, don Giovanni Benvenuto, genovese, 38 anni. “Così però c’è anche tempo per riflettere,
perché quando problemi o questioni da affrontare sono
complesse non si risolve tutto subito”, aggiunge. Era il
lontano 1997, quando don Giovanni, fresco di ordinazione sacerdotale ricevuta l’anno prima, partì per una nuova, sconosciuta eppur promettente terra di missione; la
rete delle reti. Ragioniere col pallino innato del computer, una fede respirata da sempre come valore fondamentale in famiglia, dove pure un fratello, Paolo, aveva imboccato in precedenza la strada del seminario. La stessa
che Giovanni, assiduo frequentatore della parrocchia, si
risolse ad intraprendere con naturalezza terminati gli
studi superiori, ma senza abbandonare l’hobby dell’informatica, né i suoi superiori pretesero mai questo. Internet, a quei tempi, era pane per denti da pionieri o quasi,
tra i quali tuttavia i sacerdoti già non eran pochi. E fu così che “pensai ad un sito che desse loro visibilità, favorisse il contatto tra loro e desse anche alla gente la possibi-
re
lità di contattarli”, era l’intento originario, non altri.
L’idea si rivela da subito azzeccata, e l’impegno richiesto
per darle gambe travalica ben presto i limiti di quella che
all’inizio era “una passione personale o poco più. Perciò
andai a parlarne al mio vescovo, il cardinal Tettamanzi
(ora arcivescovo di Milano, ndr), che mi accolse con atteggiamento aperto e sereno e mi incoraggiò a continuare. Tanto meno ho incontrato resistenze in seguito”.
Un approdo sicuro tra le tempeste
della vita
Nel frattempo, infatti, la rete delle reti ha ricevuto tante
e solenni ‘benedizioni’, l’ultima il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2010. Non
solo “utili”, scrive Benedetto XVI, sono “le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche”, strumento addirittura “indispensabile” per gli evangelizzatori. Perché lungo queste vie, è l’esperienza di don Giovanni, anzitutto si incontra gente di tutti i tipi: “difficile tracciarne un profilo. Si va dal giovane che avverte una vocazione e si chiede come verificarla all’adulto con una situazione affettiva e familiare ingarbugliata, che chiede
se e come può avere un rapporto con Dio e la Chiesa;
dalle coppie avviate al matrimonio, in cerca di consigli,
all’anziano che, con alle spalle qualche prova dolorosa
della vita, desidera riscoprire la spiritualità”. Così è successo ad un anziano affetto da una malattia incurabile,
un ex sindacalista vissuto una vita lontano dalla Chiesa,
prima di un contatto con un sacerdote di
www.pretionline.it, da lì l’amicizia con alcune suore di
clausura, infine un’intervista ad un’importate testata nazionale cui raccontò della fede ritrovata e della serena attesa della morte. L’episodio, risalente ai primi anni di attività, don Giovanni lo ricorda ancora come conferma, a
suo tempo, di avere imboccato la giusta strada, lungo la
quale è stato quindi affiancato, nella gestione del sito,
dall’amico bergamasco trapiantato in Svizzera don Gianfranco Falgari. Oppure andate a leggervi, sull’home page di www.pretionline.it, una storia che è una struggente dichiarazione di amore al sacerdote e ad internet insieme, un’appassionata testimonianza di quali ‘miracoli’
Dio sa compiere tramite un prete armato di computer.
L’autrice è una moglie e madre di famiglia con un ingombrante passato da suora di clausura, tanto da “sospendere la ‘questione’ Dio” per ben 10 anni in cui comunque non sono mancati incontri con più di un prete.
Ma “chi ha fatto finta di nulla, chi il severo confessore,
chi mi ha ignorato, chi l’amicone, chi il prezioso, il giudice, lo psicologo, il teologo, chi il datore di lavoro...”. Solo uno mai visto né conosciuto, interpellato sul web, ha
trovato il bandolo di una matassa vieppiù ingarbugliata.
“So solo che Dio mi ha ripreso in braccio sconvolgendomi ancor la vita” termina questo straordinario racconto.
Su internet non è possibile
la confessione sacramentale
Tutti i social network prevedono la possibilità di celare,
se non camuffare addirittura, la propria identità. “Prendiamo ad esempio quanto avviene in un santuario”, prova a spiegare don Giovanni, “che non è come in parrocchia. In un santuario capitano persone di ogni genere,
magari un pò acciaccate o tormentate nello spirito, an-
che chi in Chiesa di norma non va, ma tutte sono di passaggio. Ecco, internet è una sorta di confessionale, tipo
quelli dei santuari, con la grata e la penombra che ti permettono di non farti riconoscere e di esprimerti con più
libertà”. Un paragone che si presta nondimeno ad un
equivoco che i preti online sono i primi interessati a fugare: “su internet non è possibile la confessione sacramentale, abbiamo detto e ridetto! Se però tu, prete, sei
stato capace di un feedback significativo, allora sai che
la grazia di Dio in qualche modo ha toccato quella persona. Con la quale magari non avrai più contatti, tantomeno la vedrai. E magari ti sei scambiato con lei paginate di lettere, e ti chiedi a cosa è servito. Ma il Signore parla anche tramite parole digitate sulla tastiera, se lo scambio è stato autentico”.
Perché trascurare internet?
Poi, naturalmente, oltre allo spazio virtuale da presidiare c’è anche quello fisico della parrocchia di Genova a
lui affidata, dove incontrare uomini e donne senza il tramite di computer e telefono. E non è meglio così, in carne ed ossa, viene da chiedere? “Certo che il contatto personale è il più importante” risponde don Giovanni, “ma
non sempre è possibile” aggiunge con realismo: “un pò
per il calo delle vocazioni, un pò perché noi preti siamo
pieni di impegni e in parrocchia e in confessionale si sta
molto poco...”. Perché allora, è la logica conclusione,
trascurare internet se tante persone, per avviare un contatto, scelgono di servirsi di esso? “Magari fanno così
perché preti non ne conoscono, oppure per curiosità, o
perché all’inizio preferiscono farsi avanti in forma anonima...”. In ogni caso, “aprite le vostre mani, i vostri occhi, le vostre labbra, verso quanti hanno fame e sete di
Dio. C’è una folla immensa che gira attorno alla vostra
mensa. Lasciate cadere da questa anche solo le briciole,
ma lasciatele cadere”, scriveva la donna che abbiamo già
menzionato, idealmente rivolta a tutti i preti del mondo,
online o offline che siano. “Non tutti hanno il coraggio
di dire ‘ho fame’, ma voi chiedete, chiedete senza paura:
‘hai bisogno di Dio?’“. Perché il sacerdote, conclude don
Giovanni con lo sguardo rivolto indietro all’esperienza
fatta, rimane per la gente, nonostante tutto, “la persona
di cui sai di poterti fidare, che ti ascolta in modo gratuito e disinteressato, a cui puoi affidare quello che non diresti neppure al coniuge o ad un amico fidato. Un approdo sicuro tra le tempeste della vita”.
mondovoc | 31
INCONTRAGIOVANI
Scheda di animazione giovanile
“Fate agli altri la carità d
La presente scheda di animazione
giovanile è un incontro da realizzare con persone che lavorano nel
mondo dei media, in particolare
con coloro che utilizzano gli strumenti di comunicazione sociale per
diffondere il Vangelo. L’animatore
del gruppo prepari per tempo l’incontro, prendendo contatto con
qualcuna di queste persone che offre quotidianamente la propria testimonianza di fede nel grande villaggio globale dei media.
Il titolo della scheda è preso da una
32 | mondovoc
celebre espressione pronunciata
dal grande apostolo delle comunicazioni sociali: il Beato Giacomo Alberione.
L’incontro prevede:
● Canto iniziale
● Lettura di alcuni numeri del documento del Concilio Vaticano II sugli strumenti di comunicazione
sociale
● Una o più testimonianze degli
operatori della comunicazione sociale
●
●
Un momento di confronto con domande da parte dei giovani
Preghiera e canto conclusivi
Canto iniziale
L’incontro comincia con un canto di
gioia.
Lettura del documento conciliare
Uno o più giovani leggono con calma queste parti del documento che
esprimono il pensiero ufficiale della Chiesa sui mezzi di comunicazione sociale.
di Pasquale Albisinni
à della verità”
DAL DECRETO “INTER MIRIFICA”
DEL CONCILIO VATICANO II
SUGLI STRUMENTI
DI COMUNICAZIONE SOCIALE
“Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con
l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la
Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà
spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta
di notizie, idee, insegnamenti. Tra
queste invenzioni occupano un posto
di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli,
ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la
stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi
possono essere chiamati: strumenti
di comunicazione sociale. La Chiesa
nostra madre riconosce che questi
strumenti se bene adoperati, offrono
al genere umano grandi vantaggi,
perché contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il regno di Dio. Ma essa sa pure
che l’uomo può adoperarli contro i
disegni del Creatore e volgerli a propria rovina; anzi, il suo cuore di madre è addolorato per i danni che molto sovente il loro cattivo uso ha provocato all’umanità. Perciò questo sacro Concilio, perseverando nelle sollecitudini dei sommi Pontefici e dei
vescovi in un argomento di sì grande
importanza, ritiene suo dovere trattare dei principali problemi relativi
agli strumenti di comunicazione sociale. Confida inoltre che questa
esposizione dei suoi principi dottrinali e delle sue norme non solo sarà
di giovamento spirituale ai fedeli, ma
contribuirà anche al progresso di
tutta l’umanità. La Chiesa cattolica,
essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti
gli uomini, ed essendo perciò spinta
dall’obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere
servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare
l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso di
questi strumenti. Compete pertanto
alla Chiesa il diritto innato di usare e
di possedere siffatti strumenti, nella
misura in cui essi siano necessari o
utili alla formazione cristiana e a
ogni altra azione pastorale. Così pure è dovere dei sacri pastori istruire
e guidare i fedeli perché essi, anche
con l’aiuto di questi strumenti, perseguano la salvezza e perfezione propria e di tutta la famiglia umana. Peraltro è compito anzitutto dei laici
animare di valori umani e cristiani
tali strumenti, affinché rispondano
pienamente alla grande attesa dell’umanità e ai disegni di Dio. [….] Del
resto il sacro Concilio confida che
[….] tutti i figli della Chiesa, servendosi anche di questi strumenti, non
solo non ne riportino danno, ma come sale e luce fecondino e illuminino
il mondo. Inoltre esso rivolge la sua
esortazione a tutti gli uomini di buona volontà, specialmente a quanti
hanno nelle loro mani questi strumenti. Li invita a impiegarli unicamente per il bene dell’umanità, il cui
avvenire dipende ogni giorno di più
dal loro retto uso. Pertanto, come
già avvenne con i capolavori delle
arti antiche, così anche da queste invenzioni recenti sia glorificato il nome del Signore, secondo il detto dell’Apostolo: « Gesù Cristo, ieri e oggi
e per tutti i secoli» (Eb 13,8)“.
(Numeri 1-3.24; 4 dicembre 1963)
Testimonianze
A questo punto, seguono alcune testimonianze di uno o più operatori
mediatici. Ascoltando le loro storie,
deve comprendersi come il linguaggio della comunicazione è essenziale alla fede.
Confronto
Segue il confronto con i giovani che
possono suscitare il dialogo attraverso domande o esperienze.
Preghiera finale
Al termine dell’incontro si può concludere con questa preghiera e con
un canto di gioia o fraternità.
PREGHIERA PER L’APOSTOLATO
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
O Dio, che per comunicare
agli uomini il Tuo Amore
hai mandato sulla terra
Tuo unico Figlio, Gesù Cristo,
e lo hai costituito Maestro di Via,
Verità e Vita dell’umanità,
concedi che gli strumenti
della comunicazione sociale:
stampa, cinema, televisione, radio,
dischi, informatica e telematica
siano sempre utilizzati
per la Sua gloria e per il bene
delle anime.
Suscita vocazioni per questo
multiforme apostolato
e ispira tutti gli uomini
di buona volontà a contribuire
con la preghiera, con l’azione
e con l’offerta, perché la Chiesa
possa predicare, con questi mezzi,
il Vangelo a tutte le genti.
BEATO GIACOMO ALBERIONE
mondovoc | 33
TESTIMONI
I SEGRETI DEL SUO CAMMINO SPIRITUALE RIVELATI
Sandra Sabattini
Questa vita non è mia
«C’è l’inflazione di buoni cristiani mentre il mondo
ha bisogno di Santi!» ha scritto a ventidue anni.
Con questo spirito, determinata ad incarnare
intensamente il Vangelo, ha vissuto la sua breve vita.
Aveva 23 anni quando fu uccisa da un’auto.
Era volontaria della Comunità Papa Giovanni
e ha lasciato un esempio eccezionale.
di Gianni Epifani
S
Sono circa le 9 di mattina del 29 aprile 1984 quando
Sandra arriva ad Igea Marina in macchina con il fidanzato Guido e l’amico Elio, per un incontro della
Comunità Papa Giovanni XXIII di cui fanno parte.
Scendendo dalla macchina, un’auto, guidata da un
ventitreenne, la prende in pieno catapultandola sul
cofano e ferendo anche Elio. Da quel momento entra
in coma profondo. Si spegnerà due giorni dopo in
ospedale. Andandosene così in fretta ha conservato
tutta la purezza di cuore riservata ai santi. A quel genere di persone che hanno capito, con chiarezza, quale direzione prendere: lei aveva scelto quella dell’amore che conduceva dritta verso Dio. Se già chi l’aveva
conosciuta aveva percepito in lei qualcosa di speciale, dopo la sua morte si è svelata totalmente la sua
grandezza. Appunti, pensieri, riflessioni, scritti qua e
là su fogli, agende, quaderni, diventati poi un libro, Il
diario di Sandra (Ancora), svelano il percorso personale che stava compiendo, teso verso l’infinito, immerso nella fede.
Sandra Sabattini nasce il 19 agosto 1961 a Riccione
e vive con la famiglia, profondamente cristiana, a Misano Adriatico. All’età di 4 anni la famiglia, si trasferisce presso la canonica della Parrocchia di San Girolamo in Rimini, dove è parroco lo zio Giuseppe, fra-
34 | mondovoc
tello della madre. Il 24 gennaio 1972 all’età di 10 anni, Sandra inizia a scrivere un diario: «La vita vissuta
senza Dio è un passatempo, noioso o divertente, con cui
giocare in attesa della morte».
A 12 anni, conosce don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, grazie ad alcuni incontri organizzati dallo zio parroco a San Girolamo.
IN U
ATI
IN UN DIARIO
Nell’estate 1974 partecipa al soggiorno estivo per
adolescenti alla Casa Madonna delle Vette a Canazei,
insieme a ragazzi con disabilità anche gravi. Rimane
entusiasta di quell’esperienza e tornata a casa afferma con decisione alla madre: «Ci siamo spezzate le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai».
Sandra inizia così un serio cammino di ascesi, scavando in se stessa per eliminare difetti e limiti. «Signore
sento che Tu mi stai dando una mano per avvicinarmi
a Te; mi dai la forza per fare un passo in avanti. Accettarti io vorrei, prima però devo sconfiggere me stessa, il
mio orgoglio, le mie falsità. Non ho umiltà e non voglio
riconoscerlo, mi lascio condizionare terribilmente dagli altri, ho paura di ciò che possono pensare di me. Sono incoerente, con una gran voglia di rivoluzionare il
mondo, e che poi si lascia assoggettare da questo. Dio,
mi sai accettare così come sono, piena di limiti, paure,
speranze?».
Vive dentro i fatti della vita, intensamente. Gli esami
di maturità, l’esperienza dei campeggi, la vita sociale.
Ha la certezza che nulla venga a caso: «Signore, sto
aspettando, aspetto che mi indichi la scelta concreta
definitiva, che possa fare di me “uno strumento del tuo
Amore”». «Sento sempre più la necessità di una scelta
radicale, ma non so in che senso e come operare questa scelta (che fare: andare o no all’Università?)». Si
iscrive a Medicina. Si divide tra studio, famiglia e
condivisione con i poveri. Come tutti i giovani, anche
lei vive i suoi momenti di contrasto in famiglia. Non,
però, perché desidera andare in discoteca, ma per
troppa dedizione ai poveri.
Non trascura mai gli studi: ad ogni esame riporta ottimi voti. Fra i suoi sogni quello di essere medico missionario in Africa.
Ama la natura, lo sport. Corre, è forte e fa anche delle gare. Ha lo stupore di un bambino. A volte la sentivano pregare cantando in mezzo ai prati. «Bisognerebbe avere tutti i giorni un’anima stupefatta, poiché
la libertà vera è uno spazio infinito dello spirito. Colui
che è pieno di sé è già vecchio, perché non ha più spazi liberi nell’animo».
Nei fine settimana e durante le vacanze estive del
1982 e 1983 condivide la vita con i tossicodipendenti, nelle strutture di recupero della Comunità Papa
Giovanni XXIII. I ragazzi in recupero terapeutico si
sentono da lei amati di un amore puro e disinteressato e pian piano riscoprono il senso della loro vita.
L’amore di Sandra per il Signore si riflette in tutti coloro che vengono a contatto con lei: la sua persona
emana gioia ed entusiasmo che conducono a Gesù.
Le piaceva vivere in silenzio il suo rapporto con Dio,
perciò si alzava presto di buon mattino, per rimanere
in meditazione al buio, in Chiesa, davanti al Santissimo Sacramento. Passa molto tempo in preghiera.
Quando lo zio prete andava ad aprire la Chiesa, la trovava stesa per terra davanti al Santissimo. Anche la
sera a qualsiasi ora rientrasse, trascorreva un’ora in
preghiera davanti a Gesù. Amava pregare e meditare
sempre seduta in terra, in segno di umiltà e povertà.
«La verità è che dobbiamo imparare nella fede l’attesa
di Dio, e questo non è un piccolo sforzo come atteggiamento dell’anima. Questo attendere, questo non preparare i piani, questo scrutare il cielo, questo fare silenzio è la cosa più interessante che compete a noi. Poi verrà anche l’ora della chiamata, ma ciechi se in tale ora
penseremo di essere gli attori di tali meraviglie: la meraviglia semmai è Dio che si serve di noi così miserabili e poveri. La carità è la sintesi della contemplazione
e dell’azione, è il punto di sutura tra il cielo e la terra,
tra l’uomo e Dio».
Quattro giorni prima dell’incidente racconta alla
mamma di aver visto in sogno il suo funerale e la sua
tomba piena di fiori. Amava i cimiteri. La prima volta
che lei e Guido erano usciti insieme è proprio lì che
lo aveva portato: ci andava per pregare e ricordare il
senso della vita.
Il 27 aprile 1984, ci regala questa riflessione: «Non è
mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c’è nulla a questo mondo che
sia tuo. Sandra, renditene conto! È tutto un dono su
cui il “Donatore” può intervenire quando e come vuole: Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora».
mondovoc | 35
MEDIAEDUCATION
UN TESTO MULTIMEDIALE CHE COINVOLGE IL LETTORE IMPEGNANDOLO
E-BOOK
Il futuro del libro
o un libro del futuro?
di Stella F.
tivo di lettura digitale che può essere un ebook reader (lettore di e-book, come la lavagnetta digitale di cui si parlava prima
per capirci) oppure un palmare, un Ipad, un I-touch ma anche un semplice
computer.
Come un libro cartaceo, se non è stampato, rilegato, fornito di copertina non
può definirsi tale, così un testo elettronico di un libro se non ha un’interfaccia di fruizione specifica (pc, e-book
reader, palmare ecc.) non può definirsi a rigore un e-book.
Il libro magico
del cancelliere Tusmann
I
Immagino una scuola in cui i ragazzi non abbiano più
gli zaini in spalla (pesanti peraltro) ma una leggera lavagnetta elettronica sotto il braccio nella quale siano
contenuti tutti i libri di testo, gli eserciziari, i volumi
della biblioteca scolastica, il blocco note per gli appunti. Utopia? Chissà! Al momento è poco diffuso, è
una sorta di prototipo futurista di libro dal nome ebook ovvero libro elettronico. Ma cosa è esattamente
un e-book? Non esiste una definizione universalmente condivisa.
Non lo si può identificare soltanto come strumento
digitale di lettura (ad esempio la lavagnetta di cui sopra) né lo si può definire semplicemente il formato
elettronico di un libro tradizionale (ad esempio il pdf
di un testo cartaceo). Facendo una sintesi delle più
accreditate fonti, si può parlare di e-book come di un
testo in formato elettronico supportato da un disposi-
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Un libro elettronico è dunque un
oggetto complesso, dato dall’unione di tecnologia digitale e contenuto elettronico, anche se materialmente si traduce in un quadretto
digitale, leggero e maneggevole,
che al suo interno può contenere migliaia di libri, milioni a dire il vero, una vera e propria biblioteca elettronica, disponibile in qualunque momento.
Per rendere l’idea il prof. Gino Roncaglia, esperto di
didattica digitale e responsabile scientifico di un corso universitario sugli e-book, racconta ai suoi studenti la storia del cancelliere Tusmann, un personaggio
di una fiaba di Hoffmann intitolata “La scelta della
sposa”. Tre pretendenti si contendono la mano della
✖ Un dispositivo digitale,
leggero e maneggevole,
che al suo interno
può contenere migliaia
di libri ✖
IN A
OLO
IN AZIONI DINAMICHE E INTERATTIVE
giovane Albertina Vosswinkel. Uno è un barone, ricco e potente ma ripugnante, tale Beniamino; l’altro è
un giovane, affascinante pittore, squattrinato, Edmondo Lehsen. Il terzo è appunto il cancelliere Tusmann, bibliofilo incallito, il terrore di tutti i bibliotecari perché sempre in cerca di libri introvabili e rarissimi.
Come stabilire a chi andrà la mano di Albertina? Si
decide di affidare la scelta alla sorte, consegnando a
ciascun pretendente uno scrigno. Uno solo dei tre
contiene il ritratto della fanciulla; chi lo troverà potrà
sposare Albertina. La sorte favorisce il bel pittore, che
in realtà è aiutato da una specie di mago il quale fa in
modo che a lui tocchi lo scrigno con il ritratto. Il mago però, per non scontentare nessuno, pensa di lasciare un gradito dono anche ai perdenti. Così, dallo
scrigno del barone viene fuori una lima fatata con la
quale si possono limare le monete d’oro senza mai
consumarle (figurarsi la gioia dell’avido Beniamino!).
Nello scrigno del cancelliere Tusmann è contenuto
invece un libricino dalle pagine bianche. Deluso il
cancelliere domanda a cosa mai potrà servire un libro
senza contenuto.
Presto scopre che invece il libro è magico e che di
contenuti ne ha un’infinità. Basta che lui pensi ad un
testo, anche il più antico, il più raro, un testo introvabile nella biblioteche, che quello scritto si materializza nel suo libricino. Un piccolo libro che può contenerne milioni. In pratica la versione ante litteram di
un e-book.
✖ Qualcosa di innovativo
che affiancherà la tradizione,
offrendo nuove opportunità ✖
re musica (con l’e-book si può vedere come si esegue
ad esempio una diteggiatura su un piano, si possono
ascoltare i suoni degli strumenti, le note di un pentagramma).
La carta sopravviverà
alle nuove tecnologie?
Quello che spaventa molti oppositori dell’e-book è il
pensiero che i libri tradizionali possano scomparire
così come gli affezionati lettori dei quotidiani temono
l’avanzata dei giornali on line. Ma l’e-book non è il futuro del libro tradizionale, ciò che ne decreterà la
morte. È, più semplicemente, un libro del futuro;
qualcosa di innovativo che affiancherà la tradizione,
offrendo nuove opportunità.
Sul tema recentemente il Corriere della sera ha pubblicato un’intervista a Derrick de Kerckhove, sociologo dei nuovi media, che alla domanda “La carta sopravviverà a internet?” ha risposto: “Penso di sì. I media non si eliminano l’un l’altro, c’è piuttosto concertazione tra loro. Il libro dà sostanza e conferisce autorevolezza a ciò che già esiste in rete. Ciò che passa
velocemente nella rete si sostanzia nella carta che fissa il pensiero e lo approfondisce”.
I vantaggi di un e-book
Cosa ha di buono un e-book? Qual è il valore aggiunto e quale il suo fascino? Intanto un e-book è un “oggetto simpatico”. È sì un libro, ma si “usa” (non si legge semplicemente) attraverso un dispositivo digitale
di quelli con cui i ragazzi oggi convivono. Immaginate di leggere la storia del cancelliere Tusmann su un
tradizionale libro cartaceo o invece di averla in formato elettronico e leggerla (anche se il termine migliore
per rendere l’idea in questo caso potrebbe essere “navigarla”) attraverso un dispositivo che permetta di
ascoltare le voci dei personaggi mentre commentano
quello che lo scrigno riserva loro o che permetta di
collegarsi, cliccando su un link, alla biografia dell’autore o all’elenco delle sue opere.
L’e-book insomma è un testo multimediale, che coinvolge il lettore nel processo di comprensione, impegnandolo in azioni dinamiche e interattive. Immaginate poi quanto efficace possa essere nella didattica
e nell’apprendimento. A scuola con gli e-book significherebbe meno pesi sulle spalle, meno spreco di carta, meno costi di acquisto (un e-book si può aggiornare facilmente e l’aggiornamento si può scaricare da
internet senza bisogno di ricomprare i libri ogni volta
che cambia l’edizione perché viene modificata una
sola pagina). Immaginate quanto utile possa essere
un e-book per apprendere le lingue, visto che consente di ascoltare la pronuncia delle parole o per studia-
mondovoc | 37
NEWS
di Gianni Epifani
In Australia boom di vocazioni. Un DVD
per l’Anno sacerdotale. Sri Lanka:
4mila giovani pregano per la loro vocazione.
ANNO SACERDOTALE
“Alter Christus”,
video in Internet e DVD
In occasione dell’Anno Sacerdotale convocato da Benedetto XVI, la HM Television, attraverso la Fondazione E.U.K. Mamie, in collaborazione con la Congregazione vaticana per il Clero, ha prodotto un DVD dal titolo “Alter Christus: Fidelitas Christi, Fidelitas Sacerdotis” (“Un altro Cristo: fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”). “Questa produzione dà rapide pennellate sui molteplici aspetti della vita
sacerdotale. Prendendo come centro la vita di San Giovanni Maria Vianney, i temi che tratta vanno dall’identità sacerdotale ai sacramenti, dal celibato alla missione”, spiegano i produttori in un
comunicato. La produzione si presenta in due formati: uno completo, in DVD, di una durata di 180
minuti, un altro più breve su Internet, di una durata di circa 30 minuti. Il video può essere visionato e il DVD acquistato ai seguenti link:
Italiano: http://www.eukmamie.org/it/alter/; Spagnolo: http://www.eukmamie.org/es/alter/
Francese: http://www.eukmamie.org/fr/alter; Inglese: http://www.eukmamie.org/en/alter
SRI LANKA - 4mila giovani pregano
per la loro vocazione
Oltre 4mila tra bambini e giovani provenienti dall’intera arcidiocesi di
Colombo hanno partecipato in questi giorni alla Giornata dal titolo
“Eccomi, manda me”. L’incontro è stato organizzato presso il Santuario di
Nostra Signora di Lanka, dal Centro catechistico dell’arcidiocesi.
L’iniziativa si ripete ogni anno e ha lo scopo di aiutare i bambini e i giovani
a comprendere la loro vocazione attraverso rappresentazioni teatrali e
testimonianze di sacerdoti e religiosi. Per aumentare il senso di unità tra i
bambini mons. Malcom Ranjith, arcivescovo di Colombo e altri tre prelati
hanno celebrato la messa in tre diverse lingue: sinhala, tamil e inglese. Il
prelato ha invitato i bambini a seguire l’esempio di Samuele, Santa Teresa
del Bambini Gesù, Madre Teresa e San Giovanni Vianney, che hanno reso
sante le loro vite rispondendo alla chiamata di Dio. “Questo è stato un
grande giorno per noi – afferma uno dei ragazzi – stiamo prendendo
importanti decisioni per la nostra vita e questa giornata ci ha aiutato a
scegliere la strada giusta”.
ASIA/HONG KONG
Terzo incontro vocazionale giovanile
“L’Amore… fa realizzare un sogno” è il tema del terzo incontro vocazionale giovanile nell’Anno della Vocazione Sacerdotale promosso dalla Commissione per le Vocazioni della diocesi di Hong Kong svoltosi nei giorni scorsi. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese), l’incontro ha voluto incoraggiare i giovani a realizzare il proprio sogno attraverso l’amore di Cristo. Circa 60 sacerdoti, seminaristi e giovani di Hong Kong hanno preso parte a questo incontro, che è stato guidato da don Benedict Lam,
presidente della Commissione per le Vocazioni e Rettore del Seminario diocesano
dello Spirito Santo. Un Frate francescano e le suore della congregazione del Buon
Pastore hanno condiviso il loro cammino vocazionale con tutti i presenti.
38 | mondovoc
AUSTRALIA
Boom di vocazioni
nell’Anno
Sacerdotale
Nell’Arcidiocesi di Sydney, si registra un
autentico “boom di vocazioni” nella Chiesa locale: sei ordinazioni sacerdotali nel
giugno prossimo, numerosi ingressi in
Seminario e molti giovani che si interessano alla vita religiosa e al sacerdozio,
iniziando un percorso di discernimento
vocazionale. I responsabili diocesani sono molto felici di questa “spinta verso
l’Alto” che si registra nell’Anno Sacerdotale e che affonda le sue radici anche nell’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, che ha avuto il merito sensibilizzare e scuotere le coscienze dei giovani, risvegliando il seme dello Spirito
Santo nel loro cuore e il desiderio di rispondere alla chiamata di Dio. Sarà il
Cardinale George Pell, Arcivescovo di
Sydney, a ordinare sei nuovi sacerdoti
l’11 giugno prossimo: si tratta del gruppo
più numeroso da vent’anni a questa parte. Oltre ai sei, due diaconi ugandesi, che
hanno studiato in Australia, saranno ordinati a luglio 2010 nel loro paese, per
poi tornare in Australia a svolgere il servizio pastorale. Il Rettore del Seminario
del Buon Pastore a Sydney, p. Fr. Anthony Percy, conferma questo rinnovato interesse, annotando che nel Seminario sono stati appena accettati 10 nuovi candidati, che hanno iniziato il percorso degli
studi filosofici e teologici. Secondo il Rettore, “un influsso
benefico è venuto dalla GMG”,
mentre stanno
dando il loro
frutto altre moderne forme di
evangelizzazione
dei giovani, adottate in Australia,
come l’uso delle
nuove tecnologie, dei blog, degli incontri a
sfondo religioso
organizzati anche nei pub.
VOCAZIONI NELLA CHIESA
Una breve sintesi della situazione nel mondo
Le più recenti statistiche sulle vocazioni nella Chiesa cattolica a livello mondiale parlano di oltre
406 mila presbiteri (dei quali il 48% in Europa), 116 mila seminaristi, oltre 36 mila diaconi
permanenti. I religiosi sono in totale 170 mila, mentre le religiose sono 750 mila. A livello
italiano si contano circa 89 mila religiose e 22 mila religiosi, suddivisi rispettivamente in 600
congregazioni femminili e 130 istituti maschili. Si devono anche considerare alcune migliaia di
aderenti a 75 istituti secolari maschili e femminili, forma di consacrazione particolare, dove può
non esserci la “vita comune”, oppure l’abito religioso, e gli aderenti conducono una vita
lavorativa e sociale ordinaria; o ancora può mancare un’opera propria per l’istituto che ha lo
scopo di sostenere il cammino spirituale dei suoi aderenti, lasciando a ciascuno la libertà e la responsabilità di compiere mestieri e servizi
nei più diversi campi. Una realtà in crescita è costituita dall’Ordine delle Vergini, forma di vita consacrata presente nella Chiesa fin dai tempi
di sant’Ambrogio; ripristinata dopo il Concilio Vaticano II, oggi conta alcune centinaia di aderenti. Si devono anche annoverare diverse
migliaia di persone che, all’interno di associazioni e movimenti laicali, professano “voti privati” o “impegni evangelici”, secondo gli statuti di
volta in volta riconosciuti a livello di Chiesa universale oppure delle Chiese particolari.
HONG KONG - Pellegrinaggio
nell’Anno delle Vocazioni Sacerdotali
Consolidare la consapevolezza dell’identità e della spiritualità del sacerdote vivendo l’Anno Sacerdotale: questo il motivo del pellegrinaggio dei sacerdoti della diocesi di Hong Kong in Europa. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano), mons. Domenico Chan, Vicario della diocesi di Hong Kong e guida del pellegrinaggio, ha spiegato che questa iniziativa
diocesana intende aiutare i sacerdoti, soprattutto i giovani sacerdoti, a vivere le tre
dimensioni – di essere cioè guida, sacerdote e pastore – visitando Ars, la casa di Santa Teresina del Bambino Gesù, il monastero benedettino e i santuari presenti in Francia. Il pellegrinaggio, previsto dal 27 aprile al 13 maggio, si concluderà con l’incontro dei sacerdoti con l’Arcivescovo di Parigi e la comunità protestante locale. Mons.
John Tong, Vescovo della diocesi di Hong Kong, darà la sua benedizione ai 22 sacerdoti pellegrini in partenza, provenienti da 17 parrocchie. Durante l’incontro preparatorio, mons. Chan ha presentato il programma, incentrato sul tema del pellegrinaggio e sul ritiro spirituale.
CHIESA - Il sacerdozio è un dono
Il sacerdozio è un dono di Dio, e quindi non si può
esigere come un diritto, spiega il segretario della
Congregazione per il Clero. Nel cuore dell’Anno Sacerdotale, l’Arcivescovo Mauro Piacenza ha inviato ai sacerdoti del mondo un messaggio per riflettere sulla preghiera di consacrazione che il Vescovo ha pronunciato su di loro in occasione della loro ordinazione sacerdotale. Guidato da questa preghiera, monsignor Piacenza mostra che il sacerdozio è “essenzialmente un dono” di Dio, e quindi
comporta “una dignità che tutti, fedeli laici e clero, sono sempre chiamati a riconoscere”. “Si tratta di una dignità che non viene dagli uomini, ma che è puro dono di grazia, al quale si è chiamati e che nessuno può rivendicare come diritto”, spiega. “La dignità del presbiterato, donata dal ‘Padre Onnipotente’, deve trasparire nella vita dei sacerdoti: nella loro
santità, nell’umanità accogliente e piena di umiltà e carità pastorale, nella luminosità della fedeltà al Vangelo e alla dottrina della Chiesa, nella sobrietà e solennità della celebrazione dei divini misteri, nell’abito ecclesiastico”. “Tutto, nel
Sacerdote, deve ricordare, ad egli stesso ed al mondo, che è stato fatto oggetto di un dono immeritato ed immeritabile, che lo rende presenza efficace dell’Assoluto nel mondo, per la salvezza degli uomini”.
ASIA/CINA
La promozione
delle vocazioni
In occasione della solennità di S. Giuseppe, le
comunità cattoliche del continente si sono impegnate a promuovere le vocazioni, nell’Anno
Sacerdotale, perché tutti i genitori siano generosi come Lui. Il Gruppo vocazionale denominato “Amore per la Vigna del Signore” della
Cattedrale della diocesi di Gui Yang, dedicata
a S. Giuseppe, ha portato un caloroso saluto e
il proprio ringraziamento ai genitori dei 53 sacerdoti diocesani, in occasione della festa di S.
Giuseppe, per promuovere le vocazioni. Secondo il responsabile dell’iniziativa, la Cattedrale,
che conta oltre 7.000 fedeli, “ha vissuto un anno meraviglioso per l’evangelizzazione e la pastorale. Tutto questo è merito dei sacerdoti e
della loro dedizione, ma dietro a loro c’è anche
il sostegno silenzioso dei propri genitori. Quindi nell’Anno Sacerdotale, per la solennità di S.
Giuseppe, abbiamo voluto rendere omaggio a
tutti i genitori che, come San Giuseppe, hanno
sostenuto i figli con tanto amore e gratuità.
Inoltre ci auguriamo che tutti i genitori siano
generosi come San Giuseppe”. Il “Gruppo di
promozione vocazionale” della diocesi di Xia
Men della provincia di Fu Jian ha iniziato un
campagna di promozione per le vocazioni intitolata “La messe è molta, ma gli operai sono
pochi!”. L’iniziativa si è svolta nella zona di Min
Xi, dove da anni mancano i sacerdoti residenti.
In cinque giorni, a partire dall’8 marzo, i membri del Gruppo hanno percorso cinque città e
distretti, visitando le Comunità ecclesiali di base. Il sacerdote del Gruppo ha celebrato la
Messa per i fedeli e i membri hanno condiviso
con i fedeli locali l’importanza delle vocazioni
per la vita della Chiesa, incoraggiando i giovani, ma anche i genitori, a rispondere alla chiamata del Signore.
mondovoc | 39
VOCAZIONE E DINTORNI
SOLO NEL SILENZIO E NELLA SOLITUDINE L’UOMO SCOPRE SE STESSO
Benedetto…
il silenzio
di Massimiliano Nobile
“Per amore
del silenzio
bisogna
rinunciare
anche
ai discorsi
buoni”.
(Benedetto,
La Regola, VI)
S
Se c’è una cosa davvero difficile da fare per l’uomo contemporaneo è il silenzio. Lo sviluppo tecnologico, il crescente aumento della popolazione, l’accrescersi a dismisura dei mezzi di trasporto e gli scambi relazionali sempre più frequenti e veloci hanno contribuito a creare
una società del rumore e dalle “orecchie inquinate”.
Siamo lontani mille miglia dalla raccomandazione di
San Benedetto ai suoi monaci.
Nella formazione del monaco, la solitudine e il silenzio
sono dimensioni essenziali in cui l’amore può realmente attecchire. Il filosofo L. Lavelle ha trattato dell’intimo rapporto tra silenzio e amore rimarcando quanto le
“parole possano distruggere la fragile delicatezza e la grazia sempre nascente dell’amore. Se la parola è come un
fiume che porta la verità da un’anima verso l’altra, il silenzio è come un lago che la riflette e nel quale tutti gli
sguardi vanno a incontrarsi”.
È vero, non tutti siamo chiamati a una vita di contemplazione in cui il silenzio assume anche e soprattutto
40 | mondovoc
una dimensione interiore. Ma è pur vero che anche chi
fa una vita “normale” ha bisogno di ritagliarsi degli spazi solitari e momenti di silenzio che paradossalmente lo
riempiano. Il silenzio non può essere solo esteriore.
Non si tratta di escludere solo parole e rumori. Anche i
pensieri, i sentimenti, il cuore devono essere in pace. Silenzio reale significa dominio dello spirito e discesa profonda nell’anima che apre alla pace della vita interiore.
Nulla di oscuro nel silenzio, non è un viaggio verso
l’ignavia ma è attesa vigile in cui tutto è desto e pronto.
Già, il silenzio non è vuoto, assenza, impossibilità di comunicazione, paura di esporsi, claustrofobia verbale ma
è valore, spazio sacro, nastro di incisione, fondamento
e collante logico del linguaggio. È un valore da custodire come un tesoro: “Il silenzio è d’oro” ci ricorda un abusato ma pur sempre valido proverbio popolare.
Anche negli scambi interpersonali il silenzio ha la sua
importanza: ordina le parole, le frasi, alterna pensieri
esposti a pensieri espressi da silenzi, sottolinea sguardi,
EA
SSO
E APRE L’ORECCHIO E IL CUORE
Il decalogo del silenzio
Silenziosa sapienza
atteggiamenti, espressioni del viso impercettibili, movimenti degli occhi che spiegano più di ogni parola. Il linguaggio dei giovani presenta un ricco repertorio di frasi che, in modo sagace e ironico, difendono la bontà del
silenzio: “Prima di aprire bocca, azionare il cervello”,
“Hai perso un’altra occasione per stare zitto”, “Chi tace
acconsente” e “Prima pensa poi parla, perchè parole poco pensate pesano poco”.
Se analizzati un po’ più a fondo, questi modi di dire rivelano un filo rosso comune: il silenzio come premessa
al pensiero e alla parola. Anna Maria Canopi, una testimone dei nostri giorni, nel suo libro “Il Silenzio”, l’esperienza mistica della presenza di Dio, così afferma: “Il silenzio è quella realtà che rende bella la parola, che la rende viva, che la rende toccante, che la rende penetrante,
capace di comunicare l’essere e di far sì che due persone
si incontrino. La parola più piena coincide con il silenzio più profondo”.
La musica e il cinema sottopongono alla nostra riflessione testi e pellicole in cui il silenzio diventa presagio
di rivelazioni inattese. Paolo Limiti, autore di testi, ha
scritto una canzone dal titolo “La voce del silenzio” portata al successo da Mina e recentemente ripresa da Andrea Bocelli. Questa canzone è un inno al silenzio: “E
ho sentito nel silenzio una voce dentro me”, e ancora: “Ci
sono cose in un silenzio che non mi aspettavo mai”. Il silenzio viene ossimoricamente presentato come rivelatore. In esso si avverte una voce interiore che parla rivelando cose inaspettate. Molte volte facciamo esperienza
di silenzi che si rivelano più eloquenti di tante parole
che non riescono a spiegare. Altre volte scegliamo il silenzio quale commento migliore a tante provocazioni. E
poi, è faticoso a dirsi, il silenzio, tante altre volte ancora, gioca il ruolo di educatore perché mette a nudo la
nostra coscienza permettendoci di maturare. Quando
restiamo senza parole potrebbe essere segno che abbiamo commesso delle défaillances e il silenzio viene a svolgere il ruolo di arbitro nella partita con la verità. Chissà quante volte ci è capitato di sentirci dire dai nostri insegnanti di fronte ai silenzi di una interrogazione: “Il tuo
è un silenzio eloquente” per stigmatizzare in modo retorico l’evidente impreparazione. In musica capire il valore del silenzio è una
delle prime nozioni da imparare. La
pausa nella musica è fondamentale.
Ogni buona melodia deve avere un intervallo, un silenzio studiato, opportuno, importante come l’armonia delle
note in una polifonia.
Nel 2006 è uscito nelle sale cinematografiche il film “Die grosse Stille” (Il
Grande Silenzio) di Philip Gröning. Si
tratta di una pellicola girata nella Grande Chartreuse di Grenoble in Francia.
Il protagonista del film è un attore inusuale: il silenzio. Il dialogo “muto” nel
film avviene tra l’uomo e la natura
scandito dalla preghiera liturgica dei
monaci.
Comunicare è sicuramente parlare,
dialogare e interagire ma questa capa-
1. “Rigira sette volte la lingua per avere il tempo di tacere: il
silenzio è forma di saggezza (A. Arnoux)
2. “La quiete ed il silenzio ordinano l’universo” (T. Te Ching)
3. “Il silenzio è un amico fedele che non tradisce mai”
(Confucio)
4. “Soltanto bevendo dal fiume del silenzio tu potrai
realmente cantare” (K. Gibran)
5. “Il silenzio è il linguaggio degli Dei” (Kuthuma)
6. “In una carestia di parole significanti, il silenzio è il
terriccio umido in cui possono attecchire parole di vita”
(Burton-Christie)
7. “Nel silenzio l’amore prende coscienza della sua essenza
miracolosa” (L. Lavelle)
8. “Solo il silenzio apre il nostro orecchio” (R. Guardini)
9. “Fai silenzio: ritroverai la calma e la serenità” (R. Battaglia)
10. “Nel silenzio anche un sorriso può far rumore” (L. Battisti)
cità può essere vanificata se non si crea l’ambiente per
la comunicazione. L’ascolto è la casa della comunicazione. E la premessa all’ascolto è il silenzio attento. Senza il silenzio la comunicazione è falsata. Senza il silenzio tutto si sbiadisce. Lo stesso silenzio può essere la migliore forma di comunicazione.
Ad avvalorare l’importanza del silenzio calza a pennello
l’inizio del salmo 65 che la traduzione italiana ha così
reso: “A te si deve lode, o Dio”. In realtà l’ebraico dice altro: “Il silenzio è lode a te, o Dio”. Sembra di sentire risuonare le parole di Gesù che ci mettono in guardia
contro lo spreco di parole durante la preghiera (cfr., Mt
6,7). Romano Guardini, nel suo libro “Il testamento di
Gesù” si chiede cosa sia in fondo il silenzio. E così risponde: “Silenzio significa riconoscere che le mie preoccupazioni non possono fare molto. Silenzio significa lasciare a Dio ciò che è oltre la mia portata e le mie capacità. Il silenzio è un umile ma sicuro cammino verso
l’amore”. Nel prologo della sua Regola il santo monaco
Benedetto richiama l’attenzione dei suoi novizi: “Ascolta o figlio i precetti del maestro e apri l’orecchio del tuo
cuore”. Questa raccomandazione, che può avere la sua
validità anche al di fuori delle quattro mura del monastero, vuol dire che: il silenzioascolto dà senso alle parole, ricerca l’essenziale, vuole la semplicità, insegna la docilità. Per entrare
in una relazione profonda è necessario porsi in un sincero atteggiamento di silenzioso ascolto.
Colui che sarà capace di silenzio
saprà ascoltare e sarà in grado di
comunicare.
Cronologia essenziale
di Benedetto da Norcia
480 nasce a Norcia
497/498 si ritira a Subiaco
525/529 fonda il monastero di Montecassino
21 marzo 547 muore a Montecassino
mondovoc | 41
TELEFILMITÀ
Showtime
NURSE JACKIE
Agisce con fermezza
sicura di compiere il proprio
dovere in corsia.
SCHEDA
Showtime
Genere: medical
Anno di nascita: 2009
Stagioni: 1 in Italia e in America
Interpreti: Edie Falco, Peter
Facinelli, Eve Best
Creatore: Liz Brixius, Evan Dunsky,
Linda Wallem
Produzione: Showtime e
Lionsgate
Curiosità: L’attore Peter Facinelli
veste il camice medico anche nella
saga di “Twilight”, dove interpreta il
di Alessandra De Tommasi
Nurse Jackie
è la risposta
al vetriolo
a Dr. House: chi
vincerà la sfida tra
camici, l’infermiera
o il chirurgo?
42 | mondovoc
Uno zelo di troppo
Le vere trasgressioni televisive non riguardano le prostitute dalla
doppia vita (“Il diario segreto di una squillo per bene”) o le
casalinghe assassine (“Desperate Housewives”) ma hanno in
comune con loro un’intera gamma di luci ed ombre. Il giorno e la
notte le vede tutte protagoniste di comportamenti tra loro
incostanti e incoerenti. L’immagine pubblica e quella domestica a
volte viaggiano su binari inconciliabili.
Nulla è mai quello che sembra. L’ultima serie a raccontarcelo è
“Nurse Jackie” (in onda su Sky Uno), incentrata sulla vita e le
opere di un’infermiera (interpretata da Edie Falco, reduce dal
successo de “I Soprano”). Uno dei colleghi medici le dice: “Sei così
zelante!”, etichettandola con un giudizio quasi sicuramente
condiviso da tutti quelli che lavorano con lei. Professionale e
impeccabile, si massacra di doppi turni (lavora 80 ore a settimana)
e seda i vari dolori ricorrendo a farmaci spesso senza ricetta e
camuffati nei modi più ingegnosi (come la bustina di dolcificante
per il caffè). Un giorno una suora le aveva detto che gli esseri
umani con grande propensione al Bene probabilmente avrebbero
utilizzato la stessa indole verso il Male. Con una premessa del
genere c’è da aspettarsi di tutto. E infatti Jackie non ci pensa due
volte ad operare scelte “d’emergenza” e moralmente discutibili per
aiutare quelli che ritiene in difficoltà quando un ventisettenne
perde la vita in un incidente non esita a falsificarne la firma per
donarne gli organi all’insaputa della famiglia.
A volte il cocktail di farmaci assunti porta a momenti di
distrazione, ma quando accadono si limita ad ammettere ad un
paziente incosciente: “Ti ho quasi ucciso”, non senza
accompagnare le parole con un bacio.
Rimedi estremi
Madre di due figlie, non dimentica mai di portare loro una brioche
quando rincasa di sera tardi, né di riempire di attenzioni –
nonostante la stanchezza – il marito barista (dopo averlo tradito
poco prima con un farmacista). La sua missione da crocerossina,
insomma, continua dopo il turno in ospedale e non stupisce che
esca dall’edificio senza togliere la divisa neppure in metropolitana.
Oltre a curare i pazienti ne giudica i familiari e anche se si
➔
Steel
Su Fox
La banalità con cui viene affrontata la ricerca del vero amore in questo telefilm farebbe venire l’orticaria
persino alla più scontata delle pellicole romantiche.
È ora di cambiare musica…
Being Human
Su Steel
Il dilagare della vampiro-mania e della licantropo-dipendenza non esclude la possibilità di raccontare
queste creature con acume e originalità. Lo dimostra
quest’eccellette serie british!
A guardarla sembra che sia impossibile compiere il proprio lavoro
senza ricorrere a scappatoie e compromessi, ma di fatto nessuno
spettatore riuscirebbe a rimproverarle qualcosa.
A fine puntata il pubblico è portato a giustificare e segretamente
ad applaudire il suo coraggio. Prima di farlo,
comunque, occorrerebbe porsi una
semplice domanda. Quale margine di
discrezionalità ha una persona – anche
se professionalmente molto capace – e
fin dove può spingersi se si crede al di
sopra delle leggi?
✖ Mi piace
Jackie Peyton
Showtime
➔
FOX
The ex list
considera un’amante del silenzio e una detrattrice delle chiacchiere,
non manca di rimproverare una madre.
La sua colpa è quella di aver tolto il casco al figlioletto per un book
fotografico in skate lasciando che si procurasse un gravissimo
danno in seguito ad una caduta. Rigido censore del comportamento
altrui, ma moderatamente indulgente verso il proprio, sopporta
l’inettitudine dei medici e le lamentele della libertina amica
dottoressa compensando ogni frustrazione con atteggiamenti
rischiosi e a volte ai limiti dell’incoscienza. Agisce d’impulso con
fermezza e senza ripensamenti, sicura di compiere il proprio dovere
di essere umano come una novella Robin Hood della corsia.
ZAPPING
il silenzio ✖
Non lasciatevi ingannare dallo sguardo materno e dal visino d’angelo di questa
infermiera. In corsia come nel privato, Jackie nasconde oscuri segreti. Non solo fa uso
di antidolorifici e tradisce il marito, ma usa la sua innegabile intelligenza per dividere in
maniera discrezionale i Buoni dai Cattivi. “I dottori – spiega – sono qui per
diagnosticare, non per curare. Siamo noi (infermiere) che curiamo”. Secondo questa
sua personale legge contraddice i pareri medici – spesso a ragione – e impone il
proprio giudizio sui più svariati casi clinici. Come Sant’Agostino anche lei ripete
spesso: “Rendimi buono, Signore, ma non subito” a dimostrazione del fatto che in
nessun campo permette che siano altri ad avere l’ultima parola. Non a caso subito
dopo un turno di lavoro massacrante si rifugia in chiesa sdraiandosi sul banco della
cappella per cercare una pausa e un po’ di pace dall’Inferno del reparto. La
tirocinante che le viene affidata le dice: “Penso tu sia una santa”, ma lei stessa la
guarda sorniona e non ci pensa due volte prima di scaricare su di lei la colpa di una
sua malefatta. Quando arriva infatti al pronto soccorso una prostituta
“tagliuzzata” per cui sono stati necessari 287 punti di sutura Jackie non esita a
“punire” il colpevole. L’uomo, protetto dall’immunità diplomatica, avrebbe infatti
evitato qualunque condanna, così lei decide di gettare nel water l’orecchio che la
vittima gli aveva reciso. Quando viene letteralmente “a galla” la nostra protagonista
ipotizza appunto una svista da parte dell’ultima arrivata. Nessuno, finora, ha notato che
Jackie “amministra” la porzione di ospedale in cui lavora come se fosse un giudice divino:
decide chi merita di essere aiutato e chi no e si prodiga per risarcire i più sfortunati con
aiuti spesso anonimi. Per alcuni versi ricorda “Dexter”, il serial killer dei serial killer,
perché si sostituisce alla Giustizia mettendo in pratica la propria filosofia di vita. In
cuor suo, dopo tutto, è convinta di operare in buona fede e in qualche modo giustifica il
proprio operato. A fine giornata, però, non riesce a perdonarsi fino in fondo. Il bene
compiuto ha un prezzo molto (forse troppo) elevato e non le placa la coscienza. Le
scelte quotidiane pesano come un macigno. Fino a quando riuscirà a conviverci?
Warner Bros
mondovoc | 43
CINEMA
The last song
Arriva al cinema il viaggio
di Nicholas Sparks alla riscoperta
della famiglia e dell’amore.
di Alessandra De Tommasi
Miley Cyrus
Cosa succede quando ti senti tradito dai tuoi genitori da
adolescente? Una delle reazioni più tipiche – e non solo a
quell’età – è la ribellione. Scegliere qualsiasi strada possa
ferire mamma e papà come “risarcimento” nei loro confronti
sembra la soluzione ideale. La pensa così anche la
protagonista di “The Last Song” (in uscita nelle sale italiane il
30 aprile per Walt Disney). Veronica Miller, detta Ronnie, è
una diciassettenne carica di astio e rabbia da quando – tre
anni prima – i suoi si sono separati. Da piccola aveva sempre
manifestato un talento naturale per il piano, che gli aveva
insegnato il papà Steve, professore alla prestigiosa
accademia Juilliard. Ma poi tutto è cambiato e anche il
rapporto con la madre Kim ha subito una violenta incrinatura
che ha costretto la donna a mandare lei e il fratello minore
44 | mondovoc
Jonah in vacanza dall’ex marito nella tranquilla cittadina
della Georgia, Tybee Island. Quando la ragazza vi arriva
manifesta fin da subito ostilità e diffidenza, almeno fino a
quando non incontra un coetaneo, Will Blakelee, uno dei
ragazzi più popolari del posto verso cui lei nutre un’istintiva
avversione. Il rapporto tra i due porta Ronnie a sciogliere i
nodi del proprio cuore e recuperare un rapporto
all’apparenza perduto con il genitore attraverso il linguaggio
che entrambi padroneggiano, la musica. La sceneggiatura è
stata scritta da Nicholas Sparks in contemporanea con
l’omonimo libro, anche se ultimata prima della versione
letteraria (edito da Frassinelli in Italia). Lo scrittore, celebre
per “Le pagine della nostra vita” e “Le parole che non ti ho
detto”, ha creato il personaggio della protagonista su misura
per Miley Cyrus adattandone la storia a quella della popstar
che con questo film entra ufficialmente in una dimensione
artistica più matura. “Ronnie – spiega l’attrice – è la tipica
ragazza che era fan di Hannah Montana, ma ora non lo è più.
Tutto quello che renderebbe contenti i genitori è quello che
lei per spirito di contraddizione non ha intenzione di fare. Per
me questo ruolo ha rappresento un momento di grande
cambiamento oltre ad un’esperienza stupenda lontana da
casa. È tempo che io cambi rotta e scelga parti più adulte
con storie in cui il pubblico si possa relazionale. Tutto sembra
Destiny Hope Cyrus (detta Miley) è nata il 23
novembre 1992 a Franklin, Tennessee (USA).
Ha due fratellastri: Christopher Cody (nato da
una precedente relazione del padre Billy Ray,
famoso cantante country) e Trace (nato da
una storia precedente della madre, assieme ad
una sorellastra Brandi). Ha un fratello minore,
Braison Chance e una sorella più piccola, Noah
Lindsey. Celebre per la serie tv di Disney Channel, “Hannah Montana” (diventata anche un
film), l’attrice-cantante vanta già una autobiografia, “La mia strada”, svariati tour internazionali e un franchise recentemente stimato in
1 milione di dollari. Considerata una delle teen
star più potenti al mondo, ha di recente partecipato con un cameo nei panni di se stessa al
di Antonio Valente
MUSICA
Heligoland (Virgin)
Massive Attack
Disney
così drammatico al giorno d’oggi e per questo avverto la
responsabilità del mio ruolo di modello per le ragazze.
Comunque non rientra nel mio lavoro il compito di far loro da
genitore”. A chi le chiede quale sia il messaggio del film
risponde: “Mi sembra una pellicola molto intensa e
commovente. È la storia di come questa ragazza riesca a
trovare la propria strada di essere felice e di diventare una
persona migliore attraverso la fede, l’amore e l’amicizia, tutti
valori in cui credo moltissimo. Personalmente mi sento molto
arricchita da questa esperienza lontana dai riflettori di Los
Angeles. In California sono sempre gli altri a fare le cose per
me e fino all’inizio delle riprese – l’estate scorsa – non ero
neppure in grado di prenotare un volo via internet. Mi sentivo
come se vivessi in una bolla di sapone quasi irreale, protetta
da tutto e da tutti, continuamente al riparo dai paparazzi e
dalle ingerenze esterne, sempre accudita da tanti babysitter.
Oggi mi sento una giovane donna diversa, più sicura di me
stessa ma sempre con i piedi ben saldi per terra”. Mentre
questa farfallina ha già spiccato il primo volo in solitaria e
lontano da Hollywood in giro per il mondo sono ancora tante
le coetanee alla ricerca di una direzione. Questa pellicola non
si prefigge l’obiettivo di dispensare risposte, ma di dare un
po’ di serenità in un momento della vita che offre sempre
meno punti di riferimento.
film “Sex and the City 2”, oltre ad aver firmato una linea d’abbigliamento assieme allo stilista Max Azria ed essere stata ospite della Regina Elisabetta II. Fin da piccola ha seguito il
padre per i vari concerti e anche sul set del telefilm “Doc”, dove ha esordito con un cameo. A
12 anni ha imparato a suonare la chitarra e attualmente si diletta anche come cantautrice.
Sette anni dopo. Il tempo scorre lento come la preghiera per la
pioggia (“Pray for rain”) con la quale i Massive Attack aprono il
loro nuovo album “Heligoland”, affidandola alla voce di Tunde
Adebimpe dei newyorkesi Tv on the
Radio. Voce intensa, percussioni
ossessive e scarni accordi di pianoforte:
la magia del suono di Grant Daddy G
Marshall e Robert 3D Del Naja, i due ex
ragazzi trip-hop di Bristol (nella quale
non ci sarebbe davvero bisogno di una
preghiera per la pioggia…) è sempre
coinvolgente. O avvolgente, fate voi,
come nel caso di “Splitting the atom”,
che avevamo avuto modo di ascoltare
un po’ di tempo fa sull’ep che ha fatto
da anticipazione a “Heligoland”.
Proprio come “Pray for rain”. Sette anni anni sono tanti, ma
l’attesa a volte paga. Così si può finalmente riporre l’ultimo
lavoro in studio, “100th window”, e dedicarsi al nuovo
capolavoro. E allora, eccoci tutti proiettati ad Heligoland,
arcipelago a nord della Germania, che sembra essere proprio il
non-luogo ideale per la musica dei Massive Attack. Dove
ascoltare la veloce e sincopata “Babel”, con suoni oscuri e
industriali in sottofondo, atmosfera cupa e la splendida Martina
Topley Bird alla voce. Oppure “Girl I love you”, dominata dalla
voce di Horace Andy, che ricorda i migliori episodi dei Massive
Attack: alternanza di tempi ed atmosfere, giorno e notte che si
abbracciano amorevolmente. O ancora “Psyche”, uno dei pezzi
più elettronici e claustrofobici dal ritmo tranquillo ma
incessante e ripetitivo che sorregge la voce di Martina Topley
Bird. “Saturday come slow” spicca per la presenza di Damon
Albarn, frontman dei Blur e Gorillaz: un brano lento e
malinconico, con la voce di Damon che riesce a catalizzare su di
sé tutta l’attenzione. Si chiude con “Atlas air” e Del Naja, che è
di origini napoletane, alla voce: partenza con il caro veccho synt,
poi ritmo tirato e suoni della nuova psichedelia su cui qualcuno
può provare perfino a ballare e a sognare.
Le vie del rock
sono infinite
Edoardo Bennato
Torna alla musica dopo 5 anni di silenzio Edoardo Bennato,
torna per comunicare contenuti importanti come le
conseguenze della guerra in Afghanistan, l’ipocrisia e molto di
più. Il nuovo album Le vie del rock sono infinite contiene 13
canzoni inedite, tra riflessioni private e memorie di viaggio
(Cuba ed Afghanistan). L’artista non rinuncia però, come
sempre, ad un ritratto spietato dell’Italia di ieri e di oggi. Due in
particolare i brani che inducono a ragionamenti duri, impietosi:
«Il capo dei briganti» e «C’era un re» dove, partendo da
riferimenti alla storia del regno delle due Sicilie, si giunge alle
mafie. Quanto alla formula scelta per comunicare contenuti o le
conseguenze della Guerra in Afghanistan o l’ipocrisia di un
sistema rappresentato in «WannaMarchilibera» le idee sono
chiare: «Non faccio lezioni di geopolitica e non parlo in aule
universitarie: io scrivo canzonette e devo divertire un pubblico
che va dai bambini di cinque anni in su» ha dichiarato il
cantautore. Largo al rock and roll, dunque.
mondovoc | 45
PAROLA PER VIVERE
Dalla Chiesa saliva
incessantemente a Dio
una preghiera
di Marinella Perroni
G
Guardare la storia degli uomini con gli occhi della fede significa accorgersi che, sempre, alla banalità del
male fa da controcanto la straordinarietà dell’intervento di Dio. Se Erode perseguita la Chiesa infliggendo
il martirio a Giacomo, il figlio di Zebedeo, e facendo imprigionare Pietro, Dio opera la sua liberazione in
modo prodigioso inviando il suo angelo. Per questo Luca incastona il racconto della miracolosa liberazione di Pietro dal carcere all’interno del racconto delle nefandezze di Erode: i crimini di Erode nei confronti dei cristiani e perfino delle sue stesse guardie, come anche la sua morte orribile, fanno parte di una storia che tutti possono vedere e conoscere, mentre le azioni straordinarie di Dio sono visibili solo agli occhi
della fede. Iscritte dentro quella storia di sopraffazione e di violenza, esse tengono alta la speranza. Anche
al prezzo di risultare creduloni e sognatori, i credenti in colui che è risorto e non muore più sanno che il
male non ha né potrà mai avere l’ultima parola perché mai Dio ha abbandonato il suo popolo. Pietro stesso crede di avere una visione, obbedisce senza capire, e solo quando l’angelo lo lascia, libero fuori dal carcere, capisce che la sua liberazione dalla violenza del faraone di turno non fa che replicare, ancora una volta, quanto Dio ha fatto per il popolo che si è scelto lungo il corso della sua storia plurisecolare. C’è qualcosa, all’interno del racconto dell’incarcerazione e della liberazione di Pietro, che chiede attenzione. Tutto avviene, è vero, per intervento miracoloso di Dio. Eppure, Luca ci tiene a sottolineare che l’intervento
straordinario di Dio si compie dentro una precisa cornice: mentre Pietro è tenuto in carcere, la comunità
prega incessantemente per lui e, dopo la sua liberazione, egli stesso decide di andare lì dove la comunità
è riunita per pregare, in casa di Maria. Questo significa che, proprio mentre Erode si ingrazia il popolo operando il male, nella città di Gerusalemme va avanti l’“altra storia”, cresce e si radica in profondità la fede
della comunità dei credenti in Gesù. Ormai non c’è più soltanto il gruppo che fa capo a Giacomo, il fratello del Signore, e agli altri discepoli, c’è anche quella che fa capo a Maria riunendosi nella sua casa. E
Pietro decide di ricominciare proprio da quella casa. Il racconto dell’apparizione di Pietro alla comunità
riunita in preghiera, ricalca, sia pure rinunciando ad ogni solennità e scegliendo un tono quasi comico, i
racconti delle apparizioni di Gesù alla comunità dei discepoli dopo la risurrezione. La reazione della comunità all’annuncio della serva di nome Rode, che viene considerata fuori di testa, è del tutto corrispondente a quella di Pietro stesso e degli altri discepoli di fronte alla testimonianza della risurrezione di Gesù
da parte di Maria di Magdala e delle altre discepole il mattino di Pasqua, che essi considerano un vaneggiamento (Lc 24,10). Luca sa molto bene che il modo di agire di Dio non è né evidente né scontato e che
la comunità ha bisogno dei suoi tempi per riuscire a vedere e a credere all’“altra storia”, quella cominciata all’alba della risurrezione. Pietro, d’altra parte, come anche Barnaba e Saulo che, come sembra, facevano parte anch’essi della comunità che si riuniva a casa di Maria, capiscono che è ormai tempo di andare da un’altra parte. Non per paura, ma perché la Parola di Dio, che cresce e si diffonde, li chiama a una responsabilità missionaria. Luca sa che la nascita del vangelo è legata a Gerusalemme come a quella città santa e al suo tempio erano in qualche modo legate la nascita e la morte del Messia. Sa anche,
però, che l’annuncio della risurrezione di Gesù ha chiesto ai
suoi discepoli di andare,
incessantemente,
verso “un altro
luogo”.
“Pietro, dopo aver riflettuto, si recò alla casa
di Maria, madre di Giovanni, detto Marco,
dove molti erano riuniti e pregavano” (At 12,12).
46 | mondovoc
di Marinella Perroni
LIBRI
di Luciano Cabbia
Uno strumento utile e aggiornato
per non inchinarsi, in sottomessa adorazione,
al dio-digitale e alla sua furia espansionistica.
Giulio Meazzini, La famiglia e i nuovi media. Manuale di sopravvivenza, Città Nuova Editrice,
Roma 2009, pp. 176.
I nuovi media:
se li conosci non li eviti
Il rapporto tra giovani, adulti,
nuovi media e futuro è segnato
dalla velocità con cui le tecnologie
cambiano e i comportamenti si
evolvono, specialmente tra i ragazzi. È necessario confrontarsi su
questo argomento tra genitori, e
tra genitori e figli, perché oggi
l’educazione passa sempre più attraverso i media, anziché tramite
famiglia e scuola, come una volta.
Media che hanno grandi potenzialità per la crescita delle nuove
generazioni e non vanno quindi rifiutati solo perché è faticoso stare
dietro a tutte le novità che i ragazzi imparano velocemente, e meglio degli adulti. Il libro è diviso in
quattro sezioni: Tendenze; Salvagenti; Segnali; Approdi. Sono brevi spunti e situazioni, prese principalmente dalla vita di famiglia e
dall’esperienza quotidiana, trattati volutamente senza eccessivi approfondimenti tecnici. Il libro è
indirizzato ai genitori, per continuare a stare accanto ai loro ragazzi in questo mondo sempre più
tecnologico; ma è rivolto anche ai
giovani, soprattutto quelli che
hanno voglia di riflettere e confrontarsi con la realtà della comunicazione (di oggi e di domani) per
provare a gestirla da protagonisti.
Vuole essere un invito al “dialogo
tra generazioni” in un mondo tecnologico troppo complesso per
una sola generazione.
Infanzia, educazione
e nuovi media
Philippe Meirieu e Jacques Liesenborghs, Edizioni
Erickson, Gardolo (TN) 2008, pp. 148.
Sotto forma di intervista tra due esperti mondiali di
Scienze dell’Educazione, il libro rivisita le tappe
decisive dell’educazione, prendendo in considerazione
non solo la famiglia, la scuola e il tessuto sociale, ma
anche i nuovi ambiti rappresentati dal mondo dei
nuovi media e della cultura visuale.
Guida la TV. Grandi e piccoli
davanti alla televisione
Lucio D’Abbicco, Guida la TV. Paoline Editoriale
Libri, Milano 2008, pp. 240.
Curato da MED – Associazione italiana per
l’educazione ai media e alla comunicazione – il libro è
un prontuario di riflessioni, consigli per l’uso,
recensioni di programmi…, per “governare i media”
con intelligenza e responsabilità, per “guidare la TV (e
non farsi guidare passivamente da essa).
La TV in mano.
Riflessioni in punta di dita
Giovanni Anversa – Antonio Mazzi, Edizioni San
Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2008, pp. 144.
Il titolo non nasconde la presunzione di possedere la
conoscenza totale del mezzo TV, bensì la
consapevolezza di avere tra le mani un oggetto
familiare e, insieme, soverchiante ed estraneo. Una
riflessione intorno a qualcosa che sta determinando
il futuro delle coscienze e delle società.
Nota biografica
Giulio Meazzini, è ingegnere nucleare con studi in
bioingegneria. Ha lavorato per molti anni nel campo
dell’Information and Communication Technology, in
progetti italiani ed europei. È padre di famiglia. Fa
parte di NetOne. È uno dei più acuti osservatori
dell’influenza dei nuovi media sulla vita quotidiana
degli adulti, ma soprattutto dei giovani. Numerose
sono le conferenze che ha tenuto e tiene in tutta
Italia per spiegare cosa è “la pedagogia nei tempi
del digitale”.
mondovoc | 47
RISPONDE
Lettere
Padre Sandro Perrone
Mio figlio
e il “Grande Fratello”
Caro Padre, in parrocchia ho trovato casualmente il suo giornale
e ho dato un’occhiata incuriosita.
Poi ho pensato di scriverle per un
problema che mi angustia da
tempo. Certamente ha sentito
parlare e forse anche ha visto il
“Grande Fratello”. Alla televisione hanno anche passato un trailer di un film in cui un padre e un
figlio si scontrano proprio su
questa trasmissione. In casa viviamo oggi come un inferno perché mio figlio si è letteralmente
infatuato di questo programma
diseducativo che io detesto per
tutti i motivi di questo mondo; lui
invece vive in attesa della trasmissione, si collega continuamente su internet, ne discute a
scuola con i compagni, per strada con gli amici, ci assilla in famiglia; parla ed agisce come i
concorrenti, smania di parteciparvi, litiga con noi genitori appena ci permettiamo di dissentire su questa sua “pazzia”. Cosa
dobbiamo fare?
(Una “mamma disperata”, Milano)
Cara “mamma disperata”, credo
che ci sia ben poco da fare a questo
punto. Se non vado errato, la trasmissione è terminata ed avrete
una tregua di quasi un anno. Tuttavia, vorrei fare una considerazione
di carattere generale: mi sembra
che nelle famiglie sia scomparsa la
cultura del “no”. Sembra che tutto
sia dovuto, tutto permesso, tutto
consentito. I genitori non riescono
più a negare nulla ai propri figli.
Forse si sentono in colpa per qualche “assenza” (materiale, morale,
spirituale) e allora “cedono” su tut-
48 | mondovoc
Mio figlio e il “Grande Fratello”.
Come si fa a pregare? Io non sono proprio
capace! Mio fratello è andato a vivere
insieme con la sua ragazza.
ti i fronti: ogni richiesta è accordata, ogni domanda esaudita, ogni capriccio diventa legge e non si riesce
ad imporre un minimo di regole e di
disciplina, salvo poi lamentarsi che
“questa casa è diventata un albergo” o “noi non siamo i tuoi servitori” e via cantando. Un bambino che
cresce senza regole è un “bambino
sbagliato”, convinto che tutto il
mondo sia a sua disposizione e a
suo servizio: si accorgerà presto che
non è così, ma lo farà a danno dei
suoi genitori, che “schiavizzerà”
sempre di più, fino a diventare un
“bamboccione” di 35 o 40 anni (e
anche di più, come la cronaca di
questi giorni ci ha insegnato).
Quando poi si vuole ricorrere ai ripari, in genere è troppo tardi: ci sono le situazioni come quelle della
“mamma disperata” o quelle più tragiche di ragazzi suicidi, perché incapaci di accettare un “no” per loro inspiegabile ed assurdo. L’educazione
è un fatto serio: non va lasciata in
mano ai dilettanti!
Matrimonio e convivenza?
Caro Padre, mio fratello è andato a vivere insieme con la sua ragazza (lui dice “la mia compagna”) e non le dico che cosa è
successo in famiglia. I miei genitori sono dei bravi cristiani, anche se non praticanti, e non
hanno accettato questa scelta.
Io francamente non so che cosa
pensare, sono indecisa fra le ragioni di mio fratello e le lamentele dei miei genitori. Chi ha
ragione?
(Donatella, Borgo alla Collina,
Arezzo)
Cara Donatella, non si tratta di chi
ha ragione e chi torto, ma di scelte
di vita sulla base delle proprie convinzioni morali e religiose. Su quali
motivi religiosi i tuoi genitori si oppongono se, come tu stessa scrivi,
sono “bravi cristiani ma non praticanti” (aspetto ancora il giorno in
cui qualcuno mi spiegherà che cosa significa questa formula che sento un po’ troppo spesso)? L’autorità
non è sinonimo di autorevolezza; la
prima è facile averla, basta anche
un piccolissimo piedistallo (anche
autofabbricato), la seconda si conquista giorno per giorno con la coerenza della vita, la testimonianza
limpida, lo sforzo costante di adeguarsi ai grandi principi ispirati al
Vangelo. Qualcuno diceva che se
non si vive come si pensa, si finisce
per pensare come si vive. Secondo
me, aveva ragione.
Non so pregare
Caro Padre, vorrei tanto farle una
domanda che mi vergogno di porre al
mio parroco: come si fa a pregare? Io
non sono proprio capace!
(“Incapace” di Taormina, Messina)
Caro “incapace”, pregare significa
parlare con Dio nella maniera più
semplice possibile, come si parla alla
persona che si ama, come si parla
all’amico, al papà o alla mamma. Le
“formule” aiutano a pregare, ma
possono portare anche alla distrazione
(la bocca dice una cosa e la mente è
altrove…). La “preghiera del cuore” è la
formula più facile e più famosa: “Gesù,
figlio di Davide, abbi pietà di me”; il
resto dipende dalla fantasia e
soprattutto dall’amore.