rivista di informazione e orientamento
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4 - 2010 ATTUALITÀ PERSONAGGIO STORIE DI VITA Digitalnatives.org ovvero i giovani raccontati Daniele Zaffiri: vivere di pane e musica The Priests Le popstar col collare bianco MONDOVOC Poste Italiane S.P.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma - Aprile 2010 RIVISTA RIVISTA DI DI INFORMAZIONE INFORMAZIONE E E ORIENTAMENTO ORIENTAMENTO FIGLI DEI NUOVI MEDIA LA RIVISTA DI ORIENTAMENTO PER I GIOVANI Mensile di: - Attualità - Informazione - Cultura religiosa e sociale - Formazione giovanile In ogni numero: - Notizie dal mondo giovanile - Incontri con i protagonisti - Interviste - Documentazione e analisi - Testimonianze e storie di vita - Sussidi per gli animatori - Novità multimediali MONDOVOC RIVISTA DI INFORMAZIONE E ORIENTAMENTO Mensile di orientamento giovanile pensato per gli animatori e per i giovani che sono alla ricerca del senso della vita come vocazione, per costruire il proprio futuro e quello del mondo. Quota abbonamento 2009: Italia (ordinario) € 28,00 - Estero (via aerea) € 55,00 Peer abbonarsi: Conto Corrente Postale n. 77389005 intestato a “Libreria Editrice Rogate - Via dei Rogazionisti, 8 - 00182 Roma”. oppure chiama il numero 067023430 - Fax 067020767 - Email: [email protected] - www.vocations.it SOMMARIO ATTUALITÀ Nuovi media: una rivoluzione antropologica e culturale di Stella F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4 Le popstar col collare bianco di Vito Magno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28 Chiamati ad essere “testimoni digitali” ANNO SACERDOTALE La rete delle reti di Domenico Pompili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 di Paolo Fucili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .30 Digitalnatives.org ovvero i giovani raccontati di Adamo Calò . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10 INCONTRAGIOVANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32 La comunicazione è un dono e un compito di Aldo Maria Valli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12 I figli del calendario TESTIMONI Sandra Sabattini. Questa vita non è mia di Carlo Climati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14 di Gianni Epifani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34 DIVERSO PARERE Malati di Facebook MEDIAEDUCATION E-book di Catena Fiorello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16 di Stella F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .36 FRATELLO WEB Twitter, Facebook, msn, iphone, sms… NEWS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38 di Luca Cilento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18 VOCAZIONE E DINTORNI Benedetto… il silenzio GIOVANIMISSIO Il risveglio dopo il click del mouse di Massimiliano Nobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40 di Michele Pignatale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .20 TELEFILMITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .42 PERSONAGGIO Daniele Zaffiri: vivere di pane e musica CINEMA/MUSICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44 di Antonella Prenna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22 PAROLA PER VIVERE Dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera MODA E TENDENZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25 di Marinella Perroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .46 ORIENTARSI Mosè, l’amico di Dio LIBRI di Amedeo Cencini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26 di Luciano Cabbia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .47 STORIE DI VITA The Priests. Risponde Padre Sandro Perrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48 LETTERE mondovoc | 1 NOVITÀ GESÙ MAESTRO PAGINE DI VOCAZIONE NEI VANGELI Carlo Ghidelli Editrice Rogate, Roma 2010, pp. 132, € 10,00. Un indovinato e assai utile sussidio per la pastorale vocazionale. Sulla scorta dell’urgenza del tema educativo nell’agenda della pastorale della Chiesa italiana per il prossimo decennio, Mons. Ghidelli riflette sull’idea che non si può ipotizzare alcuna opera educativa senza passare attraverso la testimonianza dei Vangeli dove viene presentato Gesù il Maestro, l’educatore numero uno, e il suo “metodo” dal quale nessun vero educatore può esimersi. Così viene illustrata la chiamata di Giuseppe, lo sposo di Maria; la vocazione dei Dodici; la chiamata di Levi-Matteo; la chiamata di Pietro; l’incontro di Gesù con il giovane ricco; la chiamata di tre personaggi anonimi raccontata nel vangelo di Luca; e poi, ancora: Gesù e Nicodemo; Il Risorto e i discepoli di Emmaus; Maria, ancella della Parola… Con queste meditazioni l’Autore presta un valido sevizio a quanti, soprattutto giovani, sono desiderosi di conoscere la volontà del Signore sulla loro vita. Carlo Ghidelli, ha conseguito la Laurea in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. È stato docente alla Facoltà Teologica di Milano. Ha collaborato alla traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente (Ldc-Abu) e alla revisione della Bibbia CEI. Dal 2001 è vescovo della diocesi di Lanciano-Ortona. È l’attuale presidente della Conferenza Episcopale AbruzzeseMolisana. È socio fondatore della Società Biblica in Italia. Nel campo degli studi biblici è specializzato negli scritti lucani: Terzo Vangelo e Atti degli Apostoli. È autore di numerose pubblicazioni. In questa Collana ha pubblicato: Secondo la tua Parola. Pagine bibliche di vocazione (2009). Richiedilo a Editrice Rogate Via dei Rogazionisti, 8 - 00182 Roma - 06/7023430 - Fax 06/7020767 Anno 18 • n°4 Aprile 2010 DIRETTORE RESPONSABILE Antonella Prenna DIRETTORE EDITORIALE Adamo Calò REDATTORE CAPO Gianni Epifani CONSIGLIO DI REDAZIONE Pasquale Albisinni, Luciano Cabbia, Luca Cilento, Carlo Climati, Alessandra De Tommasi, Marinella Perroni, Michele Pignatale, Giovanni Sanavio, Aldo Maria Valli COLLABORATORI Amedeo Cencini, Stella F., Catena 2 | mondovoc Fiorello, Tonino Lasconi, Vito Magno, Enrico Papi, Antonio Valente PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Giada Castellani FOTO Gianni Epifani, Roberto Gregori, Viviani, Luciano Cabbia, Romano Siciliani, Giorgio Nalin, Vision, Fotolia DIREZIONE, AMMINISTRAZIONE, REDAZIONE Via dei Rogazionisti, 8 00182 Roma Tel. 06 7023430 - 06 7022661 Fax 06 7020767 E-mail: [email protected] EDITORE Libreria Editrice Rogate Via dei Rogazionisti, 8 00182 Roma Il versamento deve essere effettuato tramite Conto Corrente Postale N° 77389005 intestato a: PUBBLICITÀ Publirog Via dei Rogazionisti, 8 00182 Roma Tel. 06 7023430 - 06 7022661 Fax 06 7020767 Libreria Editrice Rogate Via dei Rogazionisti 8 - 00182 Roma STAMPA Litografia Cristo Re Via Flaminia, 77 Morlupo - Roma Tel. 06 9071440 Una copia Questo periodico è associato all’U.S.P.I. Unione Stampa Periodica Italiana QUOTE DI ABBONAMENTO Italia € 28,00 Estero € 55,00 (VIA AEREA) MondoVoc è una espressione del “Centro Internazionale Vocazionale Rogate” di Roma dei Padri Rogazionisti Aut. Trib. di Roma N° 164/94 del 18/4/94 € 2,80 2 2,80 liana EDITORIALE La giungla virtuale dei nuovi linguaggi YouTube, Facebook, dvd, cellulari, blog, providers sono solo alcuni dei termini che compongono l’universo in continua, rapidissima espansione delle nuove tecnologie. Giovani e adolescenti sono tutti ormai esperti fruitori, e a noi, ‘vecchia generazione’, non resta che adeguarci ai tempi se non vogliamo rimanere tagliati completamente fuori. Internet ha modificato il modo di comunicare ma anche la natura dei rapporti interpersonali nella nostra società, allargando all’infinito la rete dei contatti che diventano di conseguenza superficiali, fluidi, e instabili. Non è purtroppo una novità che negli ultimi tempi la diffusione di questi media sia cresciuta al punto tale da sviluppare a volte le caratteristiche della dipendenza. Tale mondo attrae in particolare gli adolescenti che lo utilizzano per nuove forme di comunicazione o socializzazione attraverso forum, email, giochi, film e musica. Ma come riuscire a districarsi in questa oscura selva della società contemporanea? Soprattutto per i meno giovani può essere difficile stare al passo con i tempi. Conoscere però tutte le implicazioni di questo fenomeno è fondamentale, in particolare per quanti (genitori, nonni, insegnanti, educatori) operano nel delicato mondo della formazione, per aiutare i più piccoli ad un uso responsabile e critico del “giocattolo” tecnologico. La sfida è quella di educare/educarci da un uso ‘individuale’ dei nuovi media ad un uso “personale” che ne rispetti cioè la “persona”. Bisogna entrare in possesso di questi linguaggi per interagire e dialogare con i giovani anche nell’ambito delle reti sociali. Nella rete i giovani, pre-adolescenti e adolescenti, portano tutto il loro mondo. Non soltanto amici e amicizia, intrattenimento e relax, informazione e notizie di musica, moda, sport, senza risparmiarsi nessuna esperienza, a dispetto dei rischi. La rete raramente diventa oggetto di dialogo costruttivo all’interno della famiglia, anzi i giovani tendono piuttosto a costruirvi intorno una barriera per evitare divieti e censure da parte degli adulti. Non si può lasciare uno strumento così prezioso per la conoscenza come sostituto della presenza dell’adulto, a completare ruoli educativi carenti o inadeguati. Essere educatori di buoni cristiani e onesti cittadini significa entrare nel mondo virtuale che i giovani frequentano. Sta agli adulti essere sempre più vicini agli ambienti virtuali pur rimanendone vigili. Nonostante nei nuovi media tutto sia passeggero, è importante ricordare che internet offre molte possibilità per nuove forme d’interazione, influendo sul comportamento e sui valori. Compito degli educatori è chiedersi cosa fare in questo nuovo ambiente di comunicazione e come interagire con gli altri soggetti ricordandosi che al centro di questo ambiente virtuale c’è l’essere umano. Antonella Prenna a mondovoc | 3 ATTUALITÀ RAGAZZI E NUOVI MEDIA. NUOVI ABITUDINI, NUOVI STILI DI VITA, NUO Nuovi media: una rivoluzione an Chiamati “digital natives”, i ragazzi d’oggi vivono in un mondo in cui imperano i nuovi media e sono figli di una cultura veloce, globale, generazionale che ha modificato, stravolgendoli, stile di vita, linguaggio, abitudini. Niente di preoccupante, purché l’approccio sia responsabile. C Campeggiava sul diario di una quindicenne l’espressione “xke nn c6”. A prima vista poteva sembrare un geroglifico di quelli da tradurre con la stele di Rosetta alla mano. Invece era una semplicissima frase scritta nel gergo degli adolescenti e stava a significare “perché non ci sei”. La cosa probabilmente sorprende e lascia basiti gli over cinquanta, fa sorridere quelli che hanno più di trent’anni, è normalissima per i “figli dei nuovi media”, per quei ragazzi che in sintesi possiedono l’ultimo modello di cellulare, che scaricano la musica da internet e la passano sull’Ipod, che hanno il profilo su Facebook e l’album fotografico su Flicker, che condividono video con Youtube. Sono i ragazzi definiti, per usare un’espressione davvero indovinata di Mark Prensky, “digital natives” ossia i nati nell’era digitale, quelli venuti al mondo e cresciuti in una società altamente tecnologica. Per loro sono naturali l’uso della webcam, l’ascolto degli mp3, l’accesso a Twitter; per loro è scontato scrivere risparmiando sui caratteri, oltre che necessario; certo, comunicano principalmente con gli sms o attraverso le chat, strumenti che richiedono elevate (eccessive) doti di sintesi, i primi per ragioni economiche (superato un certo numero di caratteri si paga il costo di un ulteriore messaggino), le seconde per la rapidità tra il ✖ Sono definiti “digital natives” i ragazzi nati nell’era digitale. Per loro sono naturali l’uso della webcam, l’ascolto degli mp3, l’accesso a Facebook, le chat e gli sms ✖ 4 | mondovoc botta e risposta che deve simulare una conversazione orale (basti pensare quanto tempo ci vuole per scrivere “perché non ci sei” a confronto della sua versione telegrafica “xke nn c6”). Viviamo insomma in una società governata dai nuovi media: siti web, chat, social network, blog, cellulari, dvd, lettori mp3, cioè da quegli strumenti di moderna invenzione che traducono la realtà attraverso l’uso di supporti digitali o informatici e che condizionano fortemente il modo di vivere, specialmente dei più giovani. La cultura nella società dei nuovi media Questa nuova cultura che ha permeato di sé la nostra società ha dei caratteri peculiari. Innanzitutto è familiare. Viene fruita quotidianamente, in modo sempre più naturale, tanto che i nuovi media fanno ormai parte di noi e delle nostre vite. È veloce. Si innova a ritmi vertiginosamente serrati e richiede continue capacità di adattamento. È elastica. Favorisce il passaggio da uno strumento all’altro in modo semplice (dal telefono scarichiamo foto sul computer, dal computer passiamo mp3 sull’Ipod, dal cellulare leggiamo le e-mail). È partecipativa. Richiede una fruizione attiva da parte dell’utente, la sua continua interazione con lo strumento e con altri utenti, così da dare vita al paradigma della rete, in cui le relazioni tra i soggetti si intrecciano all’infinito. È democratica. Tutti possono contribuire a crearla, ma proprio per questo è al tempo stesso poco autorevole; non sempre infatti le informazioni che circolano sono veritiere e attendibili. È globale. Travalica confini spazio temporali. È generazionale. Ci si sentono a proprio agio le nuove generazioni, quei “digital natives” così naturali nell’approccio ai nuovi media e così distanti dai “digital immigrants” che invece i nuovi media devono imporseli, familiarizzandoci il più in fretta possibile per non essere tagliati fuori dalle comunicazioni, dall’informazione, dalla società. Infine è ineguale. Per tante ragioni. Per le distanze generazionali di cui si parlava poc’anzi, perché non tutti hanno possibilità di accedervi (solo il 23,8% della popolazione può disporre di mezzi digitali e strumenti tecnologici), perché non tutti quelli che vi hanno accesso usano i nuovi media nello stesso modo o approfittano pienamente dei vantaggi ad essi legati. VITA, NUOVI PROBLEMI IN UNA SOCIETÁ CHE STA RAPIDAMENTE CAMBIANDO ne antropologica e culturale di Stella F. ✖ I nuovi media stanno rivoluzionando modi di fare, pensieri, azioni e comportamenti nella società ✖ I limiti della cultura nuovo-mediale I nuovi media per molti versi facilitano sicuramente la vita, ma stanno anche rivoluzionando modi di fare, pensieri, azioni e comportamenti nella società al punto che i problemi che portano con sé sono almeno pari ai benefici. Punto primo: l’approccio alla realtà è “mediato” prevalentemente dalle immagini/icone. Questo comporta alcune conseguenze, nemmeno tanto ovvie, che è bene considerare specialmente se si è educatori; e determina altresì lo sviluppo di percorsi mentali diversi da quelli a cui sono abituati gli adulti, che è bene conoscere per non restare spiazzati, ad esempio, di fronte alle frasi crittografate come “xke nn c6”. Chi è abituato a ve- dere e vivere il mondo attraverso i monitor o i lettori digitali è poco avvezzo ad esempio alla lettura. Fa fatica a concentrasi sui testi e sulle parole scritte. Ragiona e apprende molto più velocemente attraverso processi mentali visivi e tattili. Questo spiega ad esempio le difficoltà di molti ragazzi ad usare i tradizionali libri di testo nelle scuole e le sperimentazioni di didattica digitale, alle quali si guarda con sempre maggiore interesse, che rappresentano esperienze molto più vicine al vissuto quotidiano, alle pratiche e al linguaggio dei giovani. E anche sul linguaggio c’è da soffermarsi; siamo al punto due. Si ricordava prima che i ragazzi hanno modificato il loro modo di esprimersi, specialmente in forma scrit- mondovoc | 5 ATTUALITÀ Glossario ta, a detrimento della lingua italiana. Si economizza sulle vocali, si usano la k al posto della sillaba ch, la x al posto del per, il simbolo matematico > invece di scrivere maggiore e così via. I ragazzi ormai scrivono così (ahinoi!) non solo quando inviano un messaggino o chattano (cosa che sarebbe anche accettabile e che perfino l’Accademia della Crusca ha sdoganato, purché circoscritta come pratica agli ambiti su indicati), ma anche quando svolgono un compito in classe o quando leggono. Resta tra i più esilaranti e significativo questo breve aneddoto. Esame di maturità; l’insegnante chiede al candidato chi fosse il luogotenente di Garibaldi e il ragazzo risponde “Biperio”. Dopo concitate indagini la commissione scopre che si trattava, correttamente, del generale Bixio, il cui nome però era stato letto e memorizzato dallo studente sostituendo la x con il per. Punto tre: la metamorfosi antropologica. I giovani stanno cambiando e affermano la propria identità nell’inconsistente mare magnum dell’etere. Superficialità, approssimazione, rapidità sono le peculiarità di questa mutazione. Provate a commissionare una ricerca ad un ragazzo. State certi che non userà mai l’enciclopedia tradizionale, ma copierà interamente da Wikipedia le informazioni relative all’argomento che ne è oggetto, senza chiedersi quanto attendibili siano e senza porsi minimamente il problema della violazione di diritti d’autore. Punto quattro: la dipendenza. Un tempo la peggiore punizione che si potesse infliggere ad un adolescente era quella di segregarlo in casa per settimane. Oggi gli si tolgono cellulare e computer, da cui i ragazzi hanno una dipendenza patologica. Non riescono a stare senza collegarsi a Facebook o senza messaggiare. Uno studio condotto sui ragazzi delle scuole superiori e sugli universitari dimostra che, durante le pause dalle lezioni, gli studenti si precipitano al computer per scaricare la posta, aggiornare il proprio profilo, comunicare con gli amici dislocati ovunque, con maggiore urgenza rispetto ad al- 6 | mondovoc Social network o rete sociale: gruppo di persone collegate tra loro da legami di vario genere (amicizia, lavoro, conoscenza casuale ecc.). In internet rappresenta una delle forme più riuscite di comunicazione in rete, che permette di incontrare vecchi e nuovi amici, presentare il proprio profilo, condividere foto, immagini, video, opinioni, gusti. Facebook: social network creato nel 2004 da uno studente di Harward, Mark Zuckerberg, per mettere in contatto tra di loro, via internet, gli studenti e gli ex studenti dell’Università più prestigiosa d’America. Ad oggi vanta 400 milioni di utenti registrati che pubblicano foto, si scambiano messaggi, si iscrivono a gruppi che condividono interessi comuni, ampliano la lista dei propri contatti. Twitter: social network creato nel 2006 che permette di crearsi una pagina personale da cui inviare messaggi (massimo 140 caratteri) a tutti gli utenti che si sono registrati per riceverli. Ha dimostrato la sua utilità in varie occasioni, come ad esempio i terremoti in Abruzzo o ad Haiti per i quali l’aggiornamento in tempo reale su quanto accadeva nei luoghi del disastro è stato condotto prevalentemente tramite questo strumento. Wikipedia: enciclopedia multilingue on line, realizzata con i contributi degli utenti (enciclopedia collaborativa). Flicker: software multilingue che permette di creare album fotografici on line e pubblicare foto da condividere con chiunque abbia accesso a internet. Youtube: software per la condivisione di video, creato nel 2005, a cui accedono oltre 20milioni di visitatori al mese. tre esigenze (mangiare, recarsi ai servizi, perfino fumare). Da qui un altro problema tipico della cultura dei nuovi media: la sicurezza dei dati. Pochi sanno che qualunque interazione con le moderne tecnologie lascia tracce. Esiste quindi una sorta di memoria in cui sono registrate tutte le nostre azioni: dove ci troviamo, con chi stiamo parlando o messaggiando, cosa pensiamo, quali sono le nostre abitudini, i nostri gusti. Spesso poi queste informazioni o i dati che pubblichiamo o lasciamo inavvertitamente nella rete vengono usati in modo irresponsabile, con grave pregiudizio per la nostra privacy. Infine, per citare solo i casi più macroscopici, non dimentichiamo i problemi legati all’abuso dei nuovi media, come luogo di propaganda razzista o di incitamento alla delinquenza. Vivere i nuovi media con responsabilità L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dai tanti aspetti positivi che le nuove tecnologie offrono, semplificando la vita, divulgando conoscenza e informazione, offrendo opportunità prima impensabili. Basta viverle con responsabilità. È l’appello lanciato dalla Chiesa ed è la sfida della nostra epoca. Nel documento Etica delle comunicazioni sociali (Conferenza Episcopale Italiana – 2000) si legge: “la persona umana e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale”. Da qui l’invito ai genitori perché controllino e guidino i figli nel complesso processo di integrazione tra vecchi valori e nuovi linguaggi e agli educatori perché insegnino la facoltà di discernere e l’uso appropriato dei nuovi media. Oggi non basta più soltanto “stare” dentro il mondo dei nuovi media e “occuparlo”; bisogna starci con un profilo riconoscibile, da “cristiani”, cioè da soggetti che siano in grado di far risuonare la parola del Vangelo. Chiamati ad essere “testimoni digitali” di Domenico Pompili mondovoc | 7 ATTUALITÀ LA CHIESA È CHIAMATA A COMUNICARE E AD EVANGELIZZARE U Un nuovo continente da evangelizzare: ecco come la Chiesa guarda ad Internet. Bendetto XVI lo ha ripetuto più volte invitando i giovani prima e i sacerdoti poi ad “abitare” la rete e ad essere anche lì araldi del Vangelo. Quello delle comunicazioni sociali è un mondo in costante, rapidissima evoluzione. Mentre prima i mass media erano ben definiti nella loro individualità, ora si sono come liquefatti nel nuovo ambiente tecnologico. Internet e i social network, in un modo che per certi aspetti può essere percepito quasi come “magico”, rappresentano degli straordinari catalizzatori di rapporti, capaci di azzerare le distanze spazio-temporali tra le persone. Allo stesso tempo, però, possono anche mettere in crisi il significato della “presenza”, nella misura in cui la semplice connessione non riesce a compiere il decisivo salto di qualità che la trasforma in una relazione interpersonale. In questo panorama anche la missione della Chiesa si sta rapidamente evolvendo. Oggi non basta più soltanto “stare” dentro il mondo dei nuovi media, “occuparlo”; bisogna starci con un profilo riconoscibile perché il contesto pluralistico nel quale ci troviamo esige che siamo chiaramente riconoscibili. La Chiesa è chiamata a comunicare, anche attraverso le nuove tecnologie, il suo sguardo assolutamente originale sulla realtà: lo sguardo della fede. Internet diventerà sempre più un luogo in cui l’annuncio del Vangelo trova cittadinanza, oltre che un “cortile dei gentili” per incontrare i lontani, nella misura in cui noi cristiani sapremo starci “da cristiani” e sapremo passare dallo stare in rete all’essere rete, prima di tutto tra di noi. Il primo passo però, rimane quello di capire in che modo la prassi pastorale debba essere incarnata nei nuovi media, valutando potenzialità e rischi di questa commistione. Internet e pastorale: tra rischi e potenzialità… Un primo ambito da considerare è l’impatto di internet sulla concreta recezione del dato di fede nelle comunità. L’ampia possibilità di “personalizzare” il messaggio religioso offerta dal web non deve essere necessariamente percepita come un ostacolo pastorale. Scongiurato il pericolo di relativizzare l’assunto di fede, è senza dubbio positivo che la rete agevoli di molto l’approccio personale al dato religioso. Allo stesso modo, internet può incentivare lo scambio di esperienze e la elaborazione di progetti pastorali in comune tra fedeli, o tra preti e laici. Altro aspetto da considerare è la solidità 8 | mondovoc del legame sociale nella rete. Si tratta di una realtà che lascia spesso discutere. Se ne parla sovente in relazione alle cosiddette comunità virtuali, e non manca chi, ottimisticamente, vi veda una garanzia per la reinterpretazione degli stessi rapporti della vita reale: un’occasione, ad esempio, per la ricomposizione dei legami di etnicità oltre ogni barriera; o, pastoralmente, un’esaltante modalità o estensione del concetto di comunione ecclesiale. Rovescio della medaglia, però, è che lo straniamento delle relazioni sociali on line contribuisce, talvolta, al progressivo sradicamento del singolo dalla comunità territoriale, connettendolo ad altre cerchie sociali senza che però possa stabilire con esse un legame di intensità pari a quelli vigenti nelle comunità tradizionali. In ogni caso il moltiplicarsi delle esperienze di comunità in rete non significa, al momento, un automatico tracollo dell’aggregazione radicata sul territorio. Rispetto ad essa tale proliferare costituisce una sfida e una proposta di pensiero, se non altro come stimolo a riconsiderare il valore essenziale e le dimensioni fondanti del creare comunità, prima e oltre le sue stesse modalità di esercizio. … e alcune sfide da raccogliere Legata alla percezione della dimensione ecclesiale è, immancabilmente, la sfida pastorale della preghiera e della mediazione cultuale in rete. L’eventualità di un contesto liturgico-celebrativo che impegni intensivamente internet e gli ambienti virtuali interpella già da tempo la riflessione teologica e pastorale. È possibile e anzi doveroso affermare quanto di positivo internet possa offrire per l’ideazione e l’arricchimento di contesti di preghiera alternativi alle modalità tradizionali. Il web è un linguaggio di linguaggi, un ambiente strutturale, un meta-codice. In questo senso, la sua “virtualità” è più vicina al reale di quanto si possa ipotizzare. Proprio nel suo fascinoso approssimarsi al mondo come totalità di senso globale – fatto da tutti i linguaggi parlati dall’uomo, mediato dalla più ampia accezione possibile di multi e polimedialità – internet potrebbe offrire un valido aiuto nel rimandare al contesto celebrativo reale come totalità esperienziale complessa. In questa maniera, più che astrarre e differire il contatto col reale, la rete finirebbe per custodirlo e anzi garantirlo. In altre parole: nel riconoscere e accompagnare la bellezza di momenti aggregativi che si avvantaggino della virtualità, non può comunque venir meno la consapevolezza che la pienezza della comunione ecclesiale in praesentia carnis rappresenta quell’orizzonte ultimo di cui internet e le sue immagini sono, per così dire, solo riflesso e promessa. La riflessione teologica, insomma, non ha nulla da temere dal confronto con i nuovi media, anzi. Può lasciarsi provocare a rileggere ed attualizzare alcune sue categorie comunicative: riformulare, ad esempio, il dentro e il fuori della fede senza creare ghetti e barriere; o ancora evitare di moralizzare a priori gli spazi comunicativi – e quindi predefinire un dentro “buono” e un fuori “cattivo” –, se è vero che tali spazi sono oggi quanto mai fluidi. E poi ANC RE ANCHE ATTRAVERSO LE NUOVE TECNOLOGIE la leggerezza della comunicazione digitale può mettere in discussione un certo stile un po’ stantio dell’annuncio evangelico, stimolando la comunità cristiana a superare l’esteriorismo e il monodirezionalismo comunicativo e a vincere quell’immobilismo tipico di certi nostri ambienti. L’importanza dell’appuntamento di Roma C’è anche tutto questo nell’orizzonte del prossimo grande appuntamento che attende la Chiesa Italiana nell’ambito delle comunicazioni sociali: il convegno nazionale “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”, promosso dalla Cei, che si terrà a Roma dal 22 al 24 aprile 2010 e chiamerà a raccolta quanti si occupano di comunicazione e cultura nel nostro Paese. L’obiettivo che il convegno si prefigge è racchiuso già nel titolo che è stato scelto. “Testimoni digitali”: un sostantivo e un aggettivo. Partiamo dall’aggettivo “digitali”: la tecnologia digitale, infatti, sta ridefinendo i vecchi e i nuovi media, cambiando anche la nostra vita quotidiana e relazionale. Il convegno intende mettere a tema questa nuova condizione culturale. L’aggettivo, però, è preceduto dal sostantivo ‘testimoni’, che è l’elemento fondamentale: dentro questa nuova condizione noi dobbiamo essere dei testimoni, cioè dei soggetti che siano in grado d’interpretarla facendo risuonare la parole del Vangelo. Il convegno sarà articolato in quattro fasi. In un primo momento, introdotto da mons. Crociata e centrato sulla relazione di Nicholas Negroponte (uno dei massimi esperti mondiali di media), si cercherà un’analisi tecnologica dei nuovi scenari mediatici, che in un secondo momento saranno invece esaminati da un punto di vista antropologico (con la presentazione di una ricerca curata appositamente per “Testimoni digitali” dall’Università Cattolica). L’obiettivo si sposterà poi su come i volti e i linguaggi dell’era cross-mediale interpellino l’annuncio del Vangelo da un punto di vista teologico, pastorale e pedagogico: a tirare le fila di questo momento sarà la relazione del cardinal Bagnasco. In conclusione, infine, Benedetto XVI riceverà in udienza i partecipanti al convegno nell’aula Paolo VI e conferirà loro il mandato di evangelizzare il continente digitale. Durante tutto il convegno (e fin da ora attraverso il sito www.testimonidigitali.it) tutti siete invitati a contribuire in modo interattivo alla riflessione. ✖ Internet diventerà sempre più un luogo in cui l’annuncio del Vangelo trova cittadinanza ✖ mondovoc | 9 ATTUALITÀ L’EDUCAZIONE NON PASSA PIÙ DA PADRE IN FIGLIO Digitalnatives.org ovvero i giovani raccontati di Adamo Calò The X generation Ve la ricordate? La generazione dei nati tra gli anni sessanta e ottanta, battezzati come baby busters, ad indicare una generazione senza identità, senza nulla di rilevante da dire in contrasto con i baby boomers, i sessantottini figli della silent generation? Sembra preistoria. Tutto è ormai alle spalle! Negli ultimi anni le nuove generazioni sono cambiate, arricchite e condizionate da una tecnologia sempre più avanzata. È il tempo dei digital natives perché nati e cresciuti in un mondo in cui la tecnologia e il computer sono la vita. Il 75% dei giovani tra i 16 e i 24 anni non potrebbero vivere senza il web. È questo il risultato di una ricerca pubblicata da YouthNet, un’associazione che si occupa di promuovere un utilizzo sicuro della rete. Quattro giovani su cinque ricorrono ad Internet per chiedere consigli di varia natura. Un terzo di questi ha ammesso di trovare molto più semplice rapportarsi con il Web che non con una persona con cui parlare. Il web è parte integrante del loro mondo e deve essere considerato come tale, non come qualcosa di esterno a loro. Il 71,1% di questi ragazzi possiede un profilo su Facebook, il social network più diffuso. The now generation Descrivendo l’età del disagio, l’Eurispes in un Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza aveva rintracciato i segni del cambiamento della condizione giovanile nei primi anni novanta. Una gioventù che a causa della velocità delle trasformazioni sociali e tecno-economiche, enfatizzava l’immediatezza ed il presente, poiché il futuro sembrava incerto e nebuloso. La comunicazione tra le generazioni soffre sempre di più del divario ampio nei linguaggi usati e nelle conoscenze. Si segnalava allora la forte tendenza giovanile verso comportamenti consumistici, improntati ad un eccessivo pragmatismo e ad un miope senso dell’im- mediatezza. Una generazione del tutto e subito, figli padroni sedotti dal consumismo e dai mezzi della comunicazione a loro disposizione, aggressivi con il gruppo dei pari, con i professori e con gli stessi genitori. The bedroom generation Una espressione coniata in Inghilterra nel tentativo di descrivere il cambiamento in atto nel mondo dei giovani. Un mondo giovanile oggi racchiuso tra le quattro mura della loro cameretta, dalla quale con un computer possono raggiungere e comunicare, anche se solo virtualmente, ogni angolo del mondo. Un comunicare spesso senza parlare. Intromettersi in questo universo angusto e ristretto non è impresa facile. Forse solo la pubblicità riesce a infiltrarsi e a stimolarli. I giovani diventano sempre meno interessati ad approfondire gli argomenti quanto sarebbe invece necessario e rischiano di affrontare tematiche con approccio scandalistico, con una visione delle cose e della vita incompleta, superficiale e stereotipata. La bedroom non risulta l’ambiente Un comunicare spesso senza parlare. Intromettersi in questo universo angusto e ristretto non è impresa facile. 10 | mondovoc giovanile ideale per imparare ad assumersi le responsabilità del lavoro e soprattutto per portare a termine nel migliore dei modi quello che è il mestiere più difficile ed al medesimo tempo più bello ed importante, quello di crescere e diventare adulti. Generazione Y Cos’è la Generazione Y ovvero i technosexual, come li definisce un marchio pubblicitario? È una denominazione per identificare i giovani di oggi dai 18 ai 25 anni svezzati a personal computer e cellulare. Un’espressione studiata apposta per identificare quei giovani legati ad Internet e ad altre tecnologie, chat e sms, iPod, blog, BlackBerry, webcam, Skype, peer-to-peer, video-sharing che li fanno sentire connessi, inseriti, padroni di se stessi, audaci e curiosi. Ragazzi che hanno dimenticato però il gusto di un biglietto scritto a mano e che si affidano a un modo di comunicare tecnologico, fatto di abbreviazioni, segni ed emoticon. Ragazzi e giovani considerati e descritti assolutamente in pace con se stessi, non turbati ma diversamente pronti e informati per il futuro lavoro. Non tutti però sono d’accordo su questo ultimo giudizio. Per alcuni pare che questo continuo afflusso di informazioni produca una pressione psicologica che sfarina la loro identità e impedisce un vero contatto con gli altri. I rapporti umani si trasformano in una mescolanza di reale e virtuale. Generazione E I figli del disincanto. Poco partecipativi ma attenti ai cambiamenti. Idealisti. Rivolti all’etica più che alla politica. Incapaci di dichiarare un’appartenenza di destra o di sinistra. Eredi di un disincanto trasmesso loro forse da genitori delusi dai partiti e dalla vita sociale. Questo il ritratto della «generazione E», i giovani europei nati dopo il 1980 (M. Bontempi e R. Pocaterra, I figli del disincanto, Mondadori). Il volume raccoglie e commenta i dati di Euyoupart (Political participation of young people in Europe), un’indagine sulla partecipazione politica giovanile. I risultati sfatano una serie di luoghi comuni che si sono andati affermando in questi ultimi anni su giovani e giovanissimi: disimpegno, incapacità di analisi della situazione politica, inattività, poca coscienza critica. Sono i figli di una generazione che ha visto, con la caduta del muro di Berlino, la fine di un certo modo di vivere, fatto di passione e di ideali. Il disincanto dei genitori ha determinato il nuovo atteggiamento dei figli. Le istituzioni, i partiti, la classe politica non sono più centrali. L’impegno si è spostato in altre aree della vita sociale. Sono sparite le attenzioni a lotte sindacali o a movimenti politici e si affacciano nuove forme di attivismo, interessi precisi legati alla vita sociale, la discussione su temi etici come la manipolazione genetica o la pena di morte, l’associazionismo, la religiosità, la disoccupazione e la precarietà, l’inquinamento e le tematiche ambientali, la violenza e la povertà. Cyber bullying Il mondo dei nuovi media intercetta sicuramente alcuni bisogni dei giovani e adolescenti di oggi sentiti come urgenti quali, ad esempio, la riconoscibilità entro il gruppo dei pari o il bisogno di comunicare e confrontarsi su stati d’animo, pensieri ed emozioni. Divertimento, espressione creativa e comunicazione rientrano anche tra le esperien- ze virtuali positive. I ragazzi sono consapevoli e lo sono in maniera più informata e profonda di quanto non lo siano gli adulti. Altri parlano di rischi riferiti all’utilizzo delle nuove tecnologie, che possono essere impiegate anche come strumento di violenza. Le cronache, parlano spesso ormai di filmati girati da adolescenti con il telefonino e diffusi via Internet, con scene di violenza all’interno e fuori dalle scuole. L’invio di sms, e-mail o la creazione di siti Internet che si configurano come minaccia o calunnia ai danni della vittima e la diffusione di immagini o di filmati compromettenti, che mostrano atteggiamenti di disprezzo verso stranieri e disabili. È necessario educare e formare i giovani al rapporto con le tecnologie senza trascurare gli aspetti relazionali ed umani, valori che possono veramente prevenire episodi estremi. Di sicuro oggi la conoscenza e l’educazione non passa più di padre in figlio, anzi accade sempre più spesso che siano proprio i figli ad insegnare ai padri come orientarsi tra i meandri della Rete e ad informarli sull’evoluzione delle apparecchiature informatiche e sulle nuove modalità di comunicazione. Sexting generation Per i giovani e molti ragazzi le nuove tecnologie non hanno segreti. Sexting si riferisce alla tendenza ormai diffusa tra i giovani di scambiare sul web immagini e video a sfondo sessuale, con immagini personali di nudo o in atteggiamenti ambigui. Tutto ciò fa sì che il mostrarsi nudi sul web è un fenomeno di curiosità, per loro simpatica e divertente, e non percepita come fonte di rischio o potenziale pericolo. Secondo un’indagine realizzata da Ipsos per l’organizzazione umanitaria Save the children, i ragazzi sentono il desiderio di esprimere la loro sessualità attraverso la rete, stringere contatti e relazioni con utenti del web. Il rapporto prende in considerazione ragazzi tra i dodici e 19 anni. Il 43% degli intervistati confessa di inviare messaggi a sfondo sessuale; guardare video e immagini a sfondo sessuale (41%); ricevere messaggi con riferimento sessuale e avere rapporti intimi con qualcuno incontrato su Internet. Lo slogan del Safer Internet day 2010 era incentrato su questo concetto: Think B4 U post! Pensaci prima di pubblicarlo. Youthtopia Una ricerca realizzata da Mtv International verso l’agosto dello scorso anno, ha preso in considerazione il mondo dei giovani di età compresa tra 16 e 34 anni nei paesi europei. Per ottenere un risultato il più possibile diretto e veritiero, la ricerca ha utilizzato gli stessi strumenti tecnologici che i teenager usano ogni giorno per comunicare tra di loro, dunque internet, i blog, le webcam e i video uplodati. La ricerca ha evidenziato le divergenze tra il modo in cui i giovani d’oggi vengono ritratti dai media e il modo in cui loro stessi si vedono. Dalla ricerca emerge che i giovani europei vogliono vivere una vita tutt’altro che spericolata, senza sballi dovuti ad alcol e droga e soprattutto con un’attenzione particolare all’amicizia e all’onestà. Sono motivati guardando al futuro: il 66% infatti si sente protagonista del proprio futuro ed è pronto ad agire in prima persona per raggiungere i propri obiettivi, anche se mai a scapito degli altri. Questa generazione pensa sia fondamentale essere felici e positivi nella vita. Viverla con pienezza e passione, assumendosi le proprie la responsabilità. mondovoc | 11 ATTUALITÀ IL GRANDE RICHIAMO ESERCITATO DAI NUOVI MEDIA È QUELLO DELLA FAC La comunicazione è un d I I nuovi media in casa nostra sono stati accolti con fiducia e gratitudine. I dvd, per esempio, ci hanno permesso di affrancarci sempre di più dalla dittatura dei programmi televisivi, i siti web ci tengono aggiornati con rapidità e in modo personalizzato molto più di quanto non possano fare i vecchi giornali di carta, la posta elettronica ci dà la possibilità di comunicare con una velocità e una facilità impensabili solo fino a pochi anni fa, i gruppi di discussione rappresentano momenti di confronto vivace, i blog e i social website sono fonti alternative che consentono di allargare gli orizzonti conoscitivi oltrepassando le barriere e le rigidità imposte per vari motivi dai media tradizionali, e la telefonia mobile comporta vantaggi che sono sotto gli occhi di tutti. L’altra faccia della medaglia Come sempre accade nel mondo della comunicazione, c’è però anche un’altra faccia della medaglia, rap- 12 | mondovoc presentata in questo caso da tre rischi: quello di sostituire la realtà fisica e materiale con la realtà virtuale e digitale, quello di contribuire alla formazione di un’identità immaginaria che non è più la propria e che corrisponde a una fuga da se stessi (l’uso dei nicknames, il mondo degli avatar), e quello di finire omologati dentro un sistema globalizzato che alla lunga impone ancora una volta alcuni modelli lasciando ben poco spazio all’autonomia e al giudizio critico. Gli educatori devono fare i conti con gli aspetti più costruttivi dei nuovi media e con quelli più deleteri, cercando un equilibrio che torni a vantaggio della formazione e della crescita di ogni persona così come del gruppo e della comunità. In questo lavoro educativo inevitabili sono alcuni conflitti, specie tra generazioni diverse, ma il conflitto spesso è di per sé un momento di crescita e di scelta. Quindi meglio non evitarlo, ma riconoscerlo e trovare i modi per ricomporlo in una sintesi che rappresenti un passo avanti per tutti. LLA FACILITÀ n dono e un compito Gli educatori devono fare i conti con gli aspetti più costruttivi dei nuovi media e con quelli più deleteri. di Aldo Maria Valli Un’isola che separa le persone In famiglia è facile verificare che l’ambiente mediatico può trasformarsi in un’isola che separa le persone, il che è paradossale per strumenti che nascono per facilitare l’incontro, la conoscenza e la socializzazione. Forte è anche il rischio che questi strumenti creino forme di dipendenza, dalle quali può essere molto difficile uscire. È sempre più importante quindi elaborare una vera e propria cultura della comunicazione, ben sapendo che il confronto con i nuovi media e con le loro continue trasformazioni mette in discussione la nostra libertà. La Chiesa già dal Concilio Vaticano II, con il decreto conciliare Inter mirifica, chiede a tutti di assumere questa responsabilità. La stessa intelligenza umana che rende i mass media ogni giorno più perfezionati va messa in campo per riuscire a gestirli con sapienza. Giovanni Paolo II ha chiesto a più riprese di “prendere il largo” con coraggio nel mare del web (si pensi al messaggio Internet, un nuovo forum per proclamare il Vangelo, per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2002) e dunque la sfida va accolta con spirito di fiducia. Benedetto XVI propone di portare la testimonianza della fede nel mondo digitale e invita soprattutto i giovani, che con questi mezzi hanno più dimestichezza, a introdurre nel nuovo ambiente comunicativo i valori su cui poggia la vita cristiana (Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia, messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2009). Un cambio di prospettiva radicale Il paragone proposto da papa Ratzinger è efficace e affascinante: come gli apostoli, nei primi tempi della Chiesa, per portare la buona novella nel mondo grecoromano si impegnarono a comprendere la cultura e i costumi di quei popoli, così ora l’annuncio di Cristo dentro l’universo caratterizzato dai nuovi media deve partire da una conoscenza attenta delle tecnologie e dei cambiamenti che esse determinano per la singola persona e per le società. Soprattutto, ciò che oggi viene chiesto è di pensare gli individui e le comunità proprio in termini di comunicazione. La comunicazione, quindi, non più come un’appendice e un’opportunità più o meno importante, ma come ciò che propriamente caratterizza i soggetti. È un cambio di prospettiva radicale, al quale gli educatori sono chiamati in modo speciale. Questo percorso di conoscenza e di crescita ha bisogno di un lavoro educativo circolare, all’interno del quale il giovane è sia educando sia educatore, perché la sua prontezza nel cogliere le opportunità delle trasformazioni è un patrimonio da valorizzare e da mettere a disposizione di tutti. Da parte dell’adulto è importante non mostrare un pregiudizio che può essere facilmente percepito come ostilità o come paura. Offrire vere alternative In quanto genitore ho potuto verificare che i miei figli non vengono fagocitati dai nuovi media se dispongono di vere alternative. Lo sport, in questo senso, esercita una funzione importante. Spesso lo schermo del computer diventa il compagno più invadente ed esclusivo soltanto perché riempie un vuoto e risponde a un senso di noia. Quando invece la vita, con i suoi vari momenti, è ricca, è più agevole trovare un equilibrio. Il grande richiamo esercitato dai nuovi media è quello della facilità. Nel loro mondo tutto sembra più rapido, più accessibile, meno faticoso, meno stancante, il che riguarda anche i rapporti umani. Da parte dell’educatore è importante richiamare alla dimensione della realtà, nella quale non basta premere un tasto o agire su un mouse per uscire da una situazione sgradevole o per evitare di rispettare un impegno gravoso. Un altro rischio che vedo per i nostri ragazzi è quello della confusione. Quando la mole dei messaggi diventa eccessiva e quando le chiavi di lettura si moltiplicano, ecco che l’opportunità di conoscenza offerta dai nuovi media può trasformarsi nel suo contrario, in qualcosa che non ti rende più cittadino del mondo ma più spaesato. In questo caso all’adulto spetta il compito di aiutare il giovane a “mettere ordine” fra i dati e i valori, spiegando che esistono gerarchie, che non tutto è uguale e che non tutto merita di essere acquisito solo perché è disponibile. Benedetto XVI ci è di grande aiuto quando ricorda che la nostra capacità di comunicare, con ogni mezzo, non è il prodotto del caso. Alla luce del messaggio biblico essa infatti “riflette piuttosto la nostra partecipazione al creativo, comunicativo e unificante Amore trinitario che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo” (messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2008). Per il cristiano, sale della terra e luce del mondo, la comunicazione è un dono e un compito. mondovoc | 13 ATTUALITÀ L’INVASIONE DEI NUOVI MEDIA I FIGLI DEL CALENDARIO Bisogna aiutare i giovani a non “bere” passivamente tutti i messaggi che vengono loro proposti. di Carlo Climati A Alle soglie del terzo millennio, ci accorgiamo di vivere in un mondo che cambia sempre più rapidamente. All’origine di questo mutamento c’è un dato essenziale, che deve farci riflettere: l’influenza schiacciante dei mass media sulle nuove generazioni. I giovani d’oggi, a volte, sono più “figli dei mass media” che dei loro stessi genitori. Un tempo, l’educazione dei ragazzi era il frutto di tre fonti fondamentali: la famiglia, la scuola e la religione. Oggi non è più così. I giovani sono “educati”, nel bene o nel male, dai milioni di messaggi che ricevono attraverso i mezzi di comunicazione: televisione, Internet, giornali, riviste, chat, gruppi di discussione, telefonini, canzoni, video musicali… Ognuno di questi strumenti propone dei messaggi. Possiamo, perciò, immaginare quale straordinario bombardamento di notizie e opinioni raggiunga costantemente le nuove generazioni. Un salto in edicola Per affrontare questo tema, non voglio parlare ancora di Internet e delle “piazze virtuali”. Si tratta di un argomento già abbondantemente trattato nei numeri precedenti di Mondo Voc. Voglio prendere spunto, invece, da uno di quei “nuovi media” di cui si parla poco: il calendario. Proprio così. Il calendario, da alcuni anni a questa parte, è diventato, a tutti gli effetti, un nuovo “mezzo di comunicazione”. Proviamo a fare un esempio concreto. Una ragazza si reca all’edicola per comprare una rivista e si trova di fronte tre o quattro calendari con donne nude, reduci dai soliti reality show. Questo impatto avrà sicuramente un effetto devastante sulla mente di questa ragazza, per varie ragioni. Prima di tutto occorre ricordare che, in molti casi, le immagini di certi calendari sono ingannevoli. Sono ritoccate al computer, con il chiaro obiettivo di proporre esempi di bellezza irreali, irraggiungibili. 14 | mondovoc Questi calendari non fanno altro che generare stati di insicurezza nei giovani. Chi non assomiglia a certi modelli rischia di sentirsi diverso, inferiore, limitato. Fragilità e debolezza Viviamo nell’era dell’apparenza e dell’immagine. Nei calendari ogni cosa sembra perfetta. Ed è costruita per sembrarlo. Così, chi non assomiglia alla fotomodella di turno va inevitabilmente in crisi. Comincia a guardarsi allo specchio e a provare una sensazione di fragilità e debolezza. Forse è proprio per questa ragione che tanti ragazzi, invece di vivere un’esistenza reale, preferiscono tuffarsi nella realtà mascherata e virtuale delle “chat”. Hanno paura di essere giudicati, di non essere sufficientemente belli e perfetti come i personaggi irreali e ritoccati al computer. Vediamo, perciò, che attraverso uno strumento apparentemente banale ed innocuo, come il calendario, i giovani finiscono per ricevere pressioni molto forti. Un altro effetto devastante di certi calendari è la “rottamazione del senso del pudore”. Il corpo della donna diventa un oggetto, una “merce” esposta in vetrina. Non esiste intimità. Tutto viene assolutamente svelato, esposto, regalato agli occhi delle persone. Ed è questo il messaggio che viene comunicato alle nuove generazioni: il tuo corpo non conta nulla. Può essere usato, strumentalizzato, “urlato”, ridotto ad uno stato di pura schiavitù. Le tappe bruciate Mi viene da pensare ad un bellissimo film di Ermanno Olmi: “L’albero degli zoccoli”. Interpretato da contadini della campagna bergamasca, racconta la vita di alcune famiglie lombarde, alla fine del secolo scorso. È la toccante fotografia di un’epoca. Un affresco ricco di emozioni, dall’inizio alla fine della pellicola. All’inizio della storia, c’è una scena che esprime pie- namente la poesia di quel tempo lontano. Un giovane saluta una ragazza, mentre cammina su un viale di campagna. Lei gli risponde, senza voltarsi completamente. Solo per un attimo gli rivolge uno sguardo, per poi abbassare immediatamente gli occhi e riprendere il cammino verso casa. In quel breve e timido dialogo, quasi sussurrato, c’è tutta la bellezza di un tempo in cui gli esseri umani riuscivano a rispettarsi e a guardarsi nella profondità dell’anima. Queste immagini, oggi, sembrano davvero lontane. I due contadini appaiono ai nostri occhi come bizzarri extraterrestri, che si comportano in modo strano. Nell’epoca dei “nuovi media” l’imperativo è esattamente l’opposto: tutto deve consumarsi rapidamente. Anche l’amore. Anche il corpo. I giovani d’oggi, figli del calendario, non sono più capaci di vivere a poco a poco le tappe fondamentali della vita. Il calendario, cattivo maestro, ha insegnato loro che il corpo può essere tranquillamente consumato a tempo di record. Gli alleati del calendario “L’amore è una cosa meravigliosa”, diceva il titolo di un vecchio film. E lo sarebbe davvero, se tutti lo vivessero nel modo più giusto e naturale, come autentico dono di se stessi. Ma, come abbiamo visto, i gio- vani sono bersagliati da un certo tipo di non-cultura che tende a ridurre questo stupendo sentimento ad una dimensione egoistica, superficiale, priva di senso. Il calendario, nella diffusione di questa non-cultura, ha tanti pericolosi alleati. Per accorgersene, basta accendere la televisione e dare un’occhiata a certi programmi dedicati ai ragazzi. Si parla sempre meno d’amore, e sempre più di sesso. Si moltiplicano i cosiddetti “esperti di sessualità”, che dovrebbero avere il compito di dare risposte agli interrogativi degli adolescenti. Ma quali sono queste risposte? In molti casi si tratta di banalizzazioni, di affermazioni senza etica in cui il rapporto personale tra due persone sembra ridursi ad una forma di “ginnastica”. Nell’era dei calendari siamo tutti chiamati ad una nuova sfida educativa: quella di aiutare i giovani a non naufragare nel vastissimo mare dei nuovi mezzi di comunicazione. I nuovi mass media non sono strumenti da demonizzare. Bisogna semplicemente utilizzarli nel modo giusto, stimolando i ragazzi a non “bere” passivamente tutto ciò che viene loro proposto. È importante essere vicini ai giovani ed insegnare loro come vivere serenamente il rapporto con i nuovi media, senza paura. Con gioia e buon senso. mondovoc | 15 DIVERSO PARERE SEMPRE PIÙ PERSONE PREFERISCONO RIMANERE DIETRO di Catena Fiorello ✖ [email protected] I Malati di Facebook Il 17 Gennaio 2010 il telegiornale di RaiUno ha mandato in onda un servizio intitolato “Malati di Facebook”, dove si parlava di persone che invaghite dal nuovo social network di Internet, ne diventano a tal punto dipendenti da dover ricorrere nei casi più gravi (pochi credo, almeno lo spero!) alle cure di uno psicologo o, come nel caso di un ospedale del nord Italia, che si è attrezzato per la nuova patologia, di uno staff specializzato per le cure del caso. Anche io uso Facebook (FB per i frequentatori) da un anno circa, e lo trovo un modo carino, veloce, divertente e se vuoi anche disinvolto, senza tanti fronzoli, per fare nuove amicizie, ritrovare vecchi amici o semplicemente per comunicare agli altri quello che sentiamo, pensiamo, o che vogliamo far sapere al mondo. Una persona prende una pagina virtuale (gratuitamente, almeno per ora… basta iscriversi), nello spazio infinito di Internet, la fa diventare propria, apponendo il proprio nome, o la propria sigla, o un nomignolo simpatico con cui si è conosciuti, aggiunge poi, ad iscrizione avvenuta, foto, immagini, scritte ed il gioco è fatto. Poi, liberamente, questa persona potrà decidere con chi condividere queste sue proprietà del pensiero ed esperienze, e se, quando vorrà, sempre in totale libertà, potrà decidere di chiudere quella pagina e dire “Basta!”. Dipende, dipende da quello che si desidera o da quello che ci si aspettava… In questo modo (spero sintetico e lineare) ho cercato di spiegare quello che è FB per me, vale a dire un gioco. Certo, a volte anch’io mi ritrovo a scrivere di argomenti seri, importanti, con gli amici della mia rubrica. Mi sembra anche giusto “chiacchierare” virtualmente del mondo che ci circonda; però non ho mai pensato che Facebook possa sostituire la mia vita reale, né che oltre Facebook non ci sia altra possibilità per fare nuove conoscenze o possibilità di comunicare. Posso dire che questo “posto virtuale”, che io ho chiamato il mio “Condominio” (chiunque volesse vederlo basta che scriva il mio nome sulle ricerche di FB e mi cerchi con nome e cognome, senza nomignoli aggiuntivi…) è una possibilità in più, tutto quì, come lo sono stati, ma lo sono ancora, MSN, MySpace e altri posti in Internet che permettono a noi utenti di conoscerci e comunicare. Ma… Come sempre c’è un “MA” per tutto, basta dargli il giusto valore, la giusta considerazione, fare quattro 16 | mondovoc I social network sono certamente una grande risorsa che consente di comunicare e fare nuove conoscenze ma rischiano di sostituire la vita reale. Impariamo a vivere il mondo, ad uscite, a viaggiate, a comunicare con tutti i nostri sensi, sempre in presa diretta, per apprezzare veramente la vita reale. conti, e il resto vien da se. Mi chiedo, ma perché attecchiscono con così grande successo questi social network? C’è un motivo per cui le persone preferiscono rimanere dietro lo schermo asettico e impersonale di un computer e non hanno più il coraggio o la voglia di interfacciarsi con gli altri? Non sto descrivendo la scena di un film di fantascienza, credetemi, descrivo semplicemente quello che i miei occhi vedono, e quello che le mie orecchie, sempre tese a recepire notizie, per imparare, per apprendere, ascoltano. Anche al ristorante, e mi capita spesso, o in metropolitana, o dal parrucchiere, è visibile, agli occhi di tutti noi, qualche scena che racconta quello che vi scrivo. Persone in compagnia di altre che, invece di guardare l’interlocutore negli occhi e ascoltare quello che sta dicendo, o che potrebbe dire, giocherellano con il loro telefonino, applicate come scienziati a una formula segreta, al loro apparecchio, o completamente isolate dal resto del mondo, a tal punto da non rendersi conto che, per esempio, sedute in metropolitana, è arrivato il loro turno, dovrebbero scende- LO TRO LO SCHERMO ASETTICO E IMPERSONALE DI UN COMPUTER ✖ Nessun Facebook potrà riprodurre le emozioni del vostro cuore ✖ sa re, e invece, avendo perduto la cognizione del tempo e del luogo dove si trovano, si trascinano distratte fino alla fermata di “Cinecittà” (è una fermata della Metro di Roma!) e stralunati dal loro display, bello fiammeggiante, si trovano costrette a rifare la corsa al contrario per ritornare alla fermata di “Termini” che era la destinazione finale del loro viaggio. Oh mio Dio, aiutaci! Un altro piccolo aneddoto al riguardo: giorni fa, una signora che conosco molto bene, Rosa, mi raccontava di quanto oramai suo marito sia assorto totalmente dal suo computer. La poveretta, che non è esperta di nuovi fenomeni dei media, cercava una spiegazione, una risposta da me, e mi informava, con gli occhi pieni di domande, di come suo marito passi tutte le notti davanti al computer, e che, sempre questo bravo uomo, abbia fatto tante amicizie in questo posto misterioso (parole sue!), e che spesso esce in compagnia di questi amici (tutti uomini, dice lui!) che come lui amano il calcio e la musica. Io ho risposto a Rosa che forse è arrivato il momento che lei chieda a suo marito di vedere in faccia questi amici e, nel caso, di chiedergli di interrompere questa attività frenetica notturna in cambio di un po’ di pace familiare e di attenzione verso una moglie che è vera, esiste, in carne e ossa, e ha bisogno del suo affetto. Vi ho raccontato questo perché secondo me FB, così come gli altri social network, non sono un problema fine a se stesso, nel senso che dipende da noi non farli diventare tali, ma soprattutto che in ogni caso non riguardano solo i giovani, e menomale, una volta tanto c’è qualcosa su cui i giovani non hanno tutte le colpe del mondo, però ai giovani, e solo a loro, mi permetto di rivolgere il mio messaggio al riguardo: imparate a vivere il mondo, uscite, viaggiate, comunicate con la vostra voce, con i vostri occhi, usate le mani, le braccia, i gesti, camminate, correte, piangete, sorridete, ma sempre in presa diretta. Fate diventare il film della vostra vita, unico, irripetibile, e siatene i protagonisti. Nessun FB potrà riprodurre le emozioni del vostro cuore, al massimo comunicarle con qualche ora di ritardo a chi vi sta a cuore, ma prima, sempre prima, è stato il vostro cuore a produrle. E del cuore vostro nessuno può farsi padrone, se non voi stessi. Felice e sereno FB & C. a tutti! mondovoc | 17 FRATELLO WEB INTERNET È IL MASS MEDIA PIÙ ADERENTE ALLA VITA QUOTIDIANA TWITTER, FACEBOOK, MSN, IPHONE, SMS… I Il terremoto di Haiti è stato uno degli avvenimenti che negli ultimi anni ha scosso maggiormente l’opinione pubblica. Bombardati da immagini e commenti ventiquattr’ore su ventiquattro. Prima lo choc, poi l’angoscia per la sorte dei terremotati, infine la corsa agli aiuti seduti comodamente sul divano di casa e mandando un sms o facendo una semplice telefonata. Soltanto venti o trent’anni fa la notizia dello stesso avvenimento, sarebbe arrivata in Italia un paio di giorni dopo e non con tutto il suo contorno di immagini drammatiche. Twitter, Facebook, msn, iphone, sms. La parola d’ordine per la società moderna è immediatezza e i new media sono parte integrante e dominante del rapporto con la società e i giovani. “Il mezzo che più di tutti suscita paure e perplessità sulla qualità del ruolo educativo è ancora la televisione – spiega Daniele Damele, docente di etica e comunicazione all’Università di Udine e Gorizia –. Rispetto alle generazioni precedenti, i bambini d’oggi nascono già con un televisore dentro casa, e, quindi, si abituano sin da piccoli sia all’oggetto, dal quale sono molto attratti, sia ai programmi televisivi proposti. Per i più piccoli, che non hanno ancora la capacità di capire che cosa rappresentano le diverse immagini colorate che si muovono all’interno dello schermo, la televisione, peraltro, è percepita quasi come una vera e propria persona”. Il passo successivo è l’apertura al mondo attraverso internet che fornisce la maggior parte dei new media. Un’informazione fai da te, fatta di blogger e condivisione di notizie che spesso supera e bypassa quella più tradizionale di quotidiani e televisioni che ripetono sulla rete le impostazioni della tradizione cartacea. I quotidiani La rilevazione sul gradimento dei quotidiani è curata dall’audipress (www.audipress.com). E si scopre che dall’edicola al web, si ribaltano le posizioni dei quotidiani più seguiti d’Italia. Mentre nelle edicole il Corriere della Sera continua ad essere il quotidiano più venduto e La Repubblica si deve ‘accontentare’ del secondo posto, lo stesso non si può dire delle rispettive versioni online. Su web infatti i due giornali si ritrovano a dati invertiti. Repubblica.it, la versione online del quotidiano La Repubblica, secondo i dati pubblicati dal settimanale L’Espresso su base Audiweb/Nielsen, a gennaio ha avuto ben 1.416.000 visitatori unici al giorno e 21.007.000 pagine visualizzate (sempre al giorno), classificandosi come il quotidiano online più seguito. Al secondo posto troviamo Corriere.it, la versione online del Corriere della Sera, con 1.250.000 visitatori unici e 11.323.000 pagine visualizzate (quasi 10 milioni in meno di Repubblica.It). Al terzo posto, la Gazzetta dello Sport: 851mila visitatori unici e 11.638.000 pagine visualizzate. A debita distanza dai primi due quotidiani online, Libero News con 571.000 visitatori unici e 10.642.000 pagine visualizzate. Seguono TgCom (465mila visitatori unici), IlSole24Ore.com (292.000), Corrieredellosport.it (277mila), LaStampa.it (255mila), Tuttosport.it (190mila) e IlGiornale.it (130mila). Lo scorso autunno illustri anchormen si sono chiesti a New York se Twitter fosse la Cnn della Generazione dei 18 | mondovoc DEL ANA Home information Contact I nostri siti preferiti DELLE PERSONE La parola d’ordine per la società moderna è immediatezza e i new media sono parte integrante e dominante del rapporto con la società e i giovani. di Luca Cilento Repubblica.it New Media. Il servizio di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri, www.twitter.com, ha una curva di crescita vertiginosa: in un solo anno impennata del 1.400%. Gli utenti, che al lancio del social network, nel 2007, postavano in tutto 5mila messaggi al giorno, si sono moltiplicati velocemente e oggi i numeri parlano di una crescita con 50 milioni di tweets messi in rete ogni giorno. Il servizio è diventato estremamente popolare, anche come avversario di Facebook, l’altro social network del nuovo millennio, grazie alla semplicità ed immediatezza di utilizzo. Informazione sempre più che sfugge ai canali tradizionali. I blog personali Un esempio sono i blog personali. Secondo l’ultima indagine Eurisko New Media il 2% degli utenti internet possiede/gestisce un blog personale, ciò significa che in Italia ci sono circa 350.000 blog. Proprio questa indagine visibile su www.gfk.com/gfk-eurisko, serve un pò a smitizzare internet come mondo del falso e del virtuale. Internet è profondamente concreto per le persone che lo usano. La loro vita e le loro azioni si esprimono, passano anche attraverso Internet. Si usa per la vita quotidiana, il lavoro, lo studio, il tempo libero, la comunicazione, le vacanze. L’utilizzo fine a se stesso è solo uno dei vari aspetti, ma non il principale. Il più delle volte Internet si affianca, e si integra potenziandole, alle attività umane pre-esistenti. Quando pensiamo a Internet come a un mass media, siamo costretti ad ammettere che è quello più aderente alla vita quotidiana delle persone. Sono semmai altri i media che vivono in un tempo differente da quello attuale. E nell’integrazione televisione-computer-telefono destinati sempre di più a diventare un unicum, l’avvento dell’iphone ha cambiato ancora di più il modo di considerare l’informazione. Gli ultimi tipi di palmari, infatti, permettono di usare Facebook, YouTube, Last.fm e tutti gli altri social media che stanno su Internet, senza dover stare davanti a un computer. www.twitter.com www.gfk.com/gfk-eurisko mondovoc | 19 GIOVANIMISSIO DAL RIFUGIO DI “SECOND LIFE” ALL’APPRODO AD UNA TERZA VITA Il risveglio dopo il click del mouse S Sedici ore al giorno di lavoro durante i mesi estivi e tante altre durante il periodo invernale. Era la vita di ogni giorno che faceva fino all’anno scorso Luciano, un giovane di Senigallia di 26 anni impegnato durante il periodo estivo a gestire con i genitori un lido sulla bellissima spiaggia marchigiana e durante l’inverno a portare avanti un pub che i genitori avevano rilevato pensando al futuro dei figli. Ogni giorno della stagione balneare il lavoro cominciava molto presto nella cura della spiaggia, nell’accoglienza dei bagnanti, nella disponibilità al bar e alla mensa. Un lavoro che non lasciava spazio nemmeno per respirare. L’unico rifugio era rappresentato dalla sua ormai riconosciuta malattia di navigare in internet. Per lui la nuova tecnologia non aveva segreti ed era sempre attento alle novità che lo sviluppo tecnologico sfornava nel campo dei media e della telefonia. Erano i momenti in cui riusciva a rilassarsi, a dimenticare per quanto possibile tutte le fatiche e le incombenze della giornata. Certo l’attività lavorativa gli permetteva di godere di tante cose. Non aveva problemi di spesa. I suoi guadagni erano sudati e si sentiva libero di spenderli come desiderava perché dentro sentiva che quello che faceva non lo soddisfaceva al massimo se non altro per il motivo che mentre i suoi amici erano in spiaggia per divertirsi lui doveva lavorare sodo e questo non gli garbava tanto. 20 | mondovoc La storia di Luciano, un giovane di Senigallia, che alla vita virtuale vissuta in rete ha preferito quella reale della gente povera e malata di Aids del Madagascar. di Michele Pignatale Catturato da Second life Aveva dentro un desiderio di vivere un’altra vita in cui poter gestire in prima persona le scelte e concretizzare i sogni che si affacciavano di volta in volta. Si portava dentro un desiderio di felicità legato anche ad un lavoro di successo dove poter mettere in atto le sue capacità che tante volte i genitori, non volendo rischiare, avevano contribuito a mortificare. Così quando è scoppiato il fenomeno di “Second life” lui si è buttato a capofitto. “Sono capitato per curiosità – ci racconta Luciano – e in un momento in cui quello che facevo mi pesava molto. Sedici ore al giorno di lavoro non sono uno scherzo e lasciano il segno se non puoi avere uno svago o un tempo per pensare a te stesso, a quello che desideri, ai progetti che puoi aver in testa. Allora prendi come un’occasione la promessa del raggiungimento della vera felicità, anche se virtuale, perché quello che stai vivendo non ti soddisfa e cominci a gustare dentro questa realtà virtuale, il fatto che sei tu stesso che crei ciò che desideri, dando vita ad una nuova realtà che sarà la proiezione dei miei desideri. E così ho cominciato a giocare sollecitato da tutto ciò che mi portavo dentro. Sono diventato un imprenditore alberghiero, ho investito dei soldi, ho acquistato un’isola e per quasi un paio d’anni sono stato avvinto da questa seconda vita in cui io mi ritrovavo come reale pur essendo in un mondo virtuale”. Era chiaro che il gioco non poteva continuare all’infinito perché un mondo del genere non può essere realmente in grado di mantenere le promesse di felicità e di successo che dichiara. Come si può trovare soddisfa- CON ITA CONDIVISA CON CHI SOFFRE zione in un mondo che non esiste? Se la realtà non soddisfa, può farlo un surrogato virtuale di questa? Davanti al mare elettronico di “Second life” forse ci si aspetta qualcosa di più da questa seconda vita perché creata da noi stessi, sulle ali dei nostri desideri. Poi basta pensare e fare l’esperienza di come, pochi bit più in là dalla propria isola, una umanità si rincorre e schiamazza, crea legami di una sera e ne distrugge altri con la stessa leggerezza. E ci si può interrogare sul senso di questo fiume infinito che attraversa le nostre vite di figurine di carta destinate a perdersi nel suo fluire. Il risveglio e la terza vita È la sensazione che ha provato Luciano dopo che nell’estate di due anni fa ha conosciuto nel proprio lido una giovane coppia francese approdata in vacanza a Senigallia per un meritato riposo dopo due anni di permanenza in Madagascar al servizio di un Organismo di Volontariato francese. “Per me è stato un incontro miracoloso – continua a raccontare Luciano – perché attraverso la loro vita semplice e la loro gioia di comunicare ciò che stavano vivendo, mi hanno letteralmente strappato da quel mondo virtuale in cui dimoravo e dove cominciavo a sentire la stessa insoddisfazione pur essendomi rifugiato per scappare da quella che provavo nella vera realtà. Ho scoperto che era una illusione perché mi sono accorto che tutto nasceva dal sogno di poter realizzare il proprio desiderio attraverso qualcosa che non è in grado di soddisfarlo. Ho preso coscienza di quanto sia importante per l’uomo il legame con la realtà e quanto più questo legame è debole tanto più siamo facili ad essere manipolati e illusi dalla possibilità di crearsi una nuova vita in un luogo che non c’è. Al risveglio, quando con un clic del mouse esci da questo mondo virtuale, è la realtà che, testarda, torna ad invadere l’esistenza cer- cando ancora una volta qualcosa nel mondo reale, fatto di oggetti veri e di persone di carne più attrattivo di una seconda vita alla Second life”. La conoscenza di Anne e Paschal ha aperto una terza vita a Luciano. Infatti nel settembre dello scorso anno ha raggiunto i suoi amici francesi in Madagascar. La decisione è stata presa dopo un anno di contatti con Paschal ed Anne e un corso più approfondito di francese e di lingua malgascia. “Sono arrivato in questa isola vera e meravigliosa – ci dice Luciano – con uno stato d’animo che fino a quel momento non avevo mai provato. Gran parte di queste sensazioni erano dovute al fatto di stare insieme ad Anne e Paschal, ragazzi davvero speciali e all’accoglienza che la gente del luogo mi ha riservato. A poco a poco ho preso coscienza della realtà in cui mi trovavo e soprattutto della situazione del territorio della parrocchia che ci ospitava. La nostra attività consisteva nel fare dei corsi d’informatica e per le donne dei corsi di cucina e di igiene. Inoltre abbiamo scoperto la triste realtà dei malati di AIDS e abbiamo cominciato a collaborare con un movimento locale di sensibilizzazione e di lotta contro l’indifferenza della popolazione verso tale problema. Abbiamo dato disponibilità a dei giorni di presenza nella Casa di accoglienza per malati terminali di AIDS con lo scopo soltanto di ascoltare, essere vicini passando delle ore con loro, insegnando l’uso del computer e di internet. Ho scoperto quanto sia importante per queste persone vittime di questa tragedia, allontanati dalle loro famiglie, avere qualcuno che li ascolti senza essere giudicati, di poter essere riconosciuti nella loro dignità di persona malgrado le loro sofferenze. Ecco anche qui lavoro sedici ore al giorno come facevo a Senigallia. Potrebbe sembrare che non sia cambiato nulla nella mia vita ed invece sono rinato alla mia terza vita più leggera, più affascinante, perché condivisa con i bisogni e le sofferenze degli altri”. mondovoc | 21 PERSONAGGIO Daniele Zaffiri: vivere di pane e m D Daniele Zaffiri è un giovane tanto talentuoso quanto ostinato. Ed è per questo che, nonostante la sua giovane età, è sulla cresta dell’onda dal 1994 come Dj e dal 2003 anche come produttore. Ai vertici del classifiche con Il Gioco dell’Amore, suo primo CD singolo e vinile dance tra i più venduti del 2003, nel 2008 pubblica Plug & Play: 31 canzoni per le quali per la prima volta in assoluto viene utilizzato un lettore audio-video come supporto, al posto del CD! Il lavoro fatto finora è stato tanto ma lui non intende certo fermarsi sul più bello… Leggiamo cosa ha da dire ai nostri lettori Come è nato Danijay? Ho iniziato molto giovane a suonare nei locali genovesi intorno alla metà degli anni ‘90 partendo da zero, nessuno mi ha mai insegnato nulla in questo lavoro... ma per me è sempre stata una passione così forte che sembrava lo facessi da una vita; non sentivo stanchezza o affaticamento ma soprattutto sapevo sempre cosa fare e come farlo. Gli anni di “gavetta” mi hanno permesso di accumulare moltissima esperienza che poi mi è servita quan- 22 | mondovoc di Antonella Prenna È uno dei DJ più conosciuti e talentuosi del panorama italiano e non solo. Suona nelle discoteche e nei locali più importanti d’Italia, Spagna, Francia, Germania, ecc. do dal 2003 sono diventato anche produttore; i miei dischi erano studiati in modo da avere la massima resa in pista e per radio e il mercato reagiva sempre positivamente. Anche in questo caso sapevo sempre cosa fare: i e musica suoni da utilizzare, lo stile da adottare erano tutte cose che avevo già dentro. Raccontaci come si svolge il tuo lavoro Il mio è un lavoro diviso in due principali settori: la produzione e gli spettacoli. Da una parte il lavoro in studio è un pò il lato negativo del progetto in cui si passano giornate e nottate davanti ai computer senza pausa per sfruttare al massimo i momenti creativi, che purtroppo non sono controllabili a piacimento! Dall’altra invece ci sono le serate dove vengo chiamato come ospite per suonare dal vivo le mie canzoni e per fare il mio show del tutto inedito e di grande impatto scenico. Questo invece è il lato positivo! Il contatto con il pubblico e i miei fans mi da’ un’energia indescrivibile, mi permette di ricaricare le batterie dopo durissime giornate in studio e mi da’ il carburante necessario per continuare con ancora maggiori motivazioni. Sentire cantare le mie canzoni da migliaia di ragazzi nei più prestigiosi locali in tutta Europa è una sensazione unica! L’effetto di questa energia è veramente speciale e mi trasforma sia psicologicamente che fisicamente nel momento in cui salgo sul palco: il mio umore cambia, la stanchezza sparisce ed è solo energia, e più ne trasmetto e più mi ritorna dalla gente! Sono momenti speciali! Questo numero della Rivista è dedicato ai Figli dei nuovi media, tu ti ritieni tale? Si! Cerco di essere sempre aggiornato sulle ultimissime tecnologie e di sfruttarle al meglio. Il mio staff per esempio è composto, tra gli altri, da tre informatici pronti sempre a sfruttare qualsiasi canale comunicativo. Credi che i nuovi media possono essere di aiuto? Sicuramente sì, ma in questo caso dipende molto dall’utilizzo che se ne fa e soprattutto dai soggetti che se ne servono. Internet per esempio è tanto utile e fondamentale per il miglioramento della vita e della società quanto pericoloso covo di malintenzionati il cui raggio d’azione può essere infinitamente superiore a prima. Nel mio caso i nuovi media mi hanno permesso di avere una visibilità superiore rispetto a prima, il che è positivo ma purtroppo ciò alla lunga ha anche portato a un livellamento sullo stesso piano di tutti coloro che lo utilizzano, siano essi meritevoli o meno dal punto di vista artistico. Il tuo lavoro ti porta spesso fuori casa, come vivi il distacco dalla famiglia? Io sono molto legato a tutta la mia famiglia e anche se quasi ogni fine settimana lo trascorro all’estero a suonare, il contatto non si interrompe mai. Spesso ci sentiamo appena prima dello show e comunque durante tutte le tappe del viaggio. È l’unico modo per rimanere sempre coi piedi per terra, per avere sempre coscienza delle proprie azioni e comportarsi di conseguenza. Cosa pensi dei giovani che vanno a sballarsi nelle discoteche? Potrà sembrare strano ma al di fuori degli spettacoli che faccio io non sono un frequentatore di discoteche. Detto questo bisogna fare una profonda distinzione che spesso i media non fanno tra i giovani e le discoteche in generale e quei casi estremi che si vedono nei notiziari. Penso che in qualsiasi settore, luogo pubblico o ricreativo ci sia del marcio; pensiamo allo stadio dove la stragrande maggioranza del pubblico va per vedere la propria squadra del cuore e solo una piccola parte invece combina i disastri che sappiamo. La discoteca che conosco io non è un luogo di perdizione per definizione ma un locale dove ci si diverte fino a tardi ballando con gli amici. Diversa cosa sono i “rave” o certi locali di tendenza dove ci si reca appositamente per “sballarsi” facendo uso di droghe e alcol quasi fossero requisiti minimi per parteciparvi ma questi riguardano una ristretta clientela, che forse coincide con quella sopra citata degli stadi. Pensi che la Chiesa sia lontana dai giovani che vanno in discoteca? Discografia 2003 Il Gioco dell’Amore (New Music International) 2004 I Fiori di Lillà (CDS) (Universal) 2004 Luna Nera (CDS) (Universal) 2005 Say Me & Condition (CDS) (Universal) 2006 Dance & Breakfast (ALBUM) (Universal) 2008 Plug&Play (ALBUM) (Danijay PML) Tra le produzioni più recenti più importanti figurano anche: Provenzano DJ - Vibe (Danijay Remix) Luca Zeta - My Angel (Danijay Remix) Dance Passion Vol. 1, 2, 3 (Selezionata e Mixata da Danijay e Luca Zeta) Dance Essence 2008 mondovoc | 23 PERSONAGGIO Daniele Zaffiri Credo di sì, credo che la Chiesa rispetto ai giovani debba aggiornare i metodi e i canali comunicativi. I giovani che vanno in discoteca non sono anime perse che si recano nell’oblio della perdizione ma sono ragazzi normali con la stessa normale voglia di divertirsi di tutti i giovani di tutte le epoche; siamo sempre gli stessi cambiano solo i tempi. Quali sono per te i valori che contano di più nella vita? Come ho detto prima la famiglia per me è sempre il punto di riferimento. La nostra unione è forte ed è sempre presente, ovunque. Credo anche che quando se ne ha la possibilità si deve pensare anche agli altri, non intendo solo attraverso la carità ma spesso una parola, un gesto fa molto di più. Il tuo rapporto con la fede? Sono credente e provengo da una famiglia cattolica, molti valori della Chiesa mi hanno accompagnato naturalmente nel corso della vita. Un messaggio per i tuoi coetanei. Ai miei coetanei posso solo dire di comportarsi sempre con coscienza e di dare il 100% in quello in cui credono perché è il solo modo di ottenere dei risultati e delle soddisfazioni. Riuscire ad esprimere quello che si fa con vera passione significa arrivare direttamente al cuore di chi hai davanti. A cosa ti stai dedicando in questo periodo? Ultimamente sto sviluppando un progetto insieme al celebre cantautore Alberto Fortis. Si tratta di uno show con l’inedita accoppiata tra il “classico” del pianoforte-voce e il “moderno” mixaggio video che uniti insieme danno un effetto molto coinvolgente e interattivo. Portiamo questa formula nei teatri in giro per l’Italia e siamo molto contenti della resa che abbiamo ottenuto. Ovviamente non ci fermiamo mai e pensiamo sempre a nuovi innesti per migliorare ulteriormente lo spettacolo. Biografia Danijay è nato a Genova nel 1977. DJ dal 1994 e produttore dal 2003, ha iniziato la sua carriera con il singolo Il gioco dell’amore. CD singolo e vinile dance tra i più venduti del 2003, entra nei primi 10 nella classifica generale di vendite (CD singoli, album nazionali ed internazionali) e arriva ai primi posti in Spagna nelle vendite di vinili e CDS. N.°1 nelle classifiche radiofoniche Dance italiane ed europee, arriva al terzo posto nella DJ Parade di Radio Deejay. Dopo il debutto sulle scene della musica dance con questa hit, pubblica il suo secondo singolo, I Fiori di Lillà, che vanta la collaborazione del celebre cantautore Alberto Fortis e viene suonato come “stacchetto” nel popolare programma Passa Parola (Canale 5). Nel 2004 il terzo singolo, Luna Nera. Say Me & Condition, uscito nel 2005, entra nella top 10 delle vendite nei megastore in Italia, e in diverse compilation europee. Le due canzoni diventano un punto di riferimento della dance Europea. Lo stesso anno, L’Impazienza rappresenta l’Italia nel più importante concorso europeo di musica dance. Il 20 gennaio 2006 la sua passione per la musica Dance lo porta a realizzare il più grande sogno 24 | mondovoc nella carriera di un artista: l’uscita del suo primo album Dance & Breakfast, su etichetta Universal. È il progetto sul quale la Major ha puntato maggiormente per rilanciare la Dance commerciale Made in Italy. 17 tracce che contengono tutta la storia di Danijay - Passato Presente e soprattutto Futuro: da I Fiori di Lillà ai successi dell’estate seguente, insieme a remix straordinari in collaborazioni famose, nuove canzoni in italiano, inglese e spagnolo, e un inedito con Roby Rossini dal titolo “Arcobaleno”. Dopo pochi giorni dall’uscita Dance & Breakfast è entrato nella classifica assoluta di vendite di album in Italia, ufficialmente divulgata dalla F.I.M.I, arrivando a fino al 63° posto. Un risultato eccezionale soprattutto per un album Dance. Il successo dell’album e l’amicizia con i DJ della radio, hanno portato Danijay al debutto radiofonico su M2O il 9 febbraio 2006 con il programma TRIBE, che lo vede ospite fisso ogni mese. Nella tracklist ufficiale (100% Danijay) risultano nuovi remix e brani inediti, nonché nuove versioni delle canzoni contenute nel suo album Dance & Breakfast. ll sito www.danijay.com è molto popolare (con una media di 15.000 visite al mese) e il suo forum (www.danijay.com\forum) è cresciuto fino ad ospitare circa 1500 iscritti (da tutto il mondo) ed è sempre più attivo e frequentato. Danijay Live: É il testimonial del più avanzato sistema di mixaggio su computer. Ha suonato nelle discoteche e nei locali più importanti in Italia, Spagna, Francia, Slovenia, Danimarca, Germania e Austria. I suoi DJ set sono una fusione di istinto e precisione tecnica, mentre i suoi live show combinano il suo talento come DJ con le doti vocali dei suoi cantanti. MODA&TENDENZE Intercultura: incontri che cambiano il mondo C Ci siamo. Con i primi caldi di primavera entrano in casa brochure e preventivi per pensare ad una vacanza studio all’estero. O meglio a uno scambio interculturale. Il che non riguarda esclusivamente gli universitari e l’ormai ultraventennale progetto Erasmus nato nel 1987 che fino ad oggi ha fatto viaggiare circa 2 milioni di studenti. Ma centinaia di migliaia di ragazzi che si spostano grazie ad agenzie specializzate per studiare ed immergersi in una cultura differente dalla propria. Intercultura è un ente morale posto sotto la tutela del Ministero degli Affari Esteri. Dal 1 gennaio 1998 ha status di ONLUS, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, iscritta al registro delle associazioni di volontariato del Lazio: è infatti gestita e amministrata da migliaia di volontari, che hanno scelto di operare nel settore educativo e scolastico, per sensibilizzarlo alla dimensione internazionale. Intercultura invia ogni anno quasi 1500 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro paese altrettanti giovani di ogni nazione che scelgono di arricchirsi culturalmente trascorrendo un periodo di vita nelle nostre famiglie e nelle nostre scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari, conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per presidi, insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo. Ma non si deve pensare soltanto a partire. Sono oltre ventimila le famiglie italiane che accolgono studenti stranieri. Ospitare un giovane di un altro Paese significa educare i propri figli e se stessi a convivere con stili di vita, mentalità, culture diverse; significa confrontarsi con qualcuno che ha Favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo. di Luca Cilento abitudini differenti dalle proprie, sorprendersi a guardare da una prospettiva diversa ciò che prima poteva apparire strano o addirittura sbagliato. Per i giovani sarà come avere un fratello o una sorella in più. Per i genitori sarà un modo per osservarsi attraverso gli occhi di un nuovo figlio e apprezzare in maniera diversa il proprio ruolo di educatori. Ma ci sono anche aziende private che propongono viaggi studio per ragazzi dagli 11 anni. Non è mai troppo presto, infatti, per imparare una lingua, anzi. In linea con i programmi ministeriali, sono strutturate vacanze studio per gli studenti della Scuola Secondaria di 1° grado e della Scuola Primaria, con soggiorno in centri accoglienti ed una didattica specifica, che tiene conto delle esigenze dei giovanissimi per viaggiare, imparare e divertirsi in tutta tranquillità e sicurezza. L’ultima novità? Imparare una lingua giocando a calcio. Lo sport può essere la carota che convince il ragazzo a fare la vacanza studio, può essere un premio, può essere il motivo principale per partire. Ma la cosa più importante è che chi si sente al proprio agio e si diverte, impara meglio la lingua. Bolton, Manchester City, Real Madrid sono soltanto alcune delle società che offrono questo tipo di college. La mattina si studia, il pomeriggio ci si allena con tecnici professionisti e per forza di cose si dovrà imparare una lingua. L’ultimo nato è il Chelsea Football camp con i ragazzi che potranno allenarsi direttamente con le giovanili della squadra diretta da Ancelotti e perché no andare ad assistere anche a qualche partita nel mitico stadio di Stanford Bridge. mondovoc | 25 ORIENTARSI LA VOCAZIONE: SOSTANTIVO “PLURALE” MOSÈ, L’AMICO DI DIO L La storia dei chiamati alla salvezza trova in Mosè un personaggio assolutamente centrale, anzi il più grande dei profeti, colui che con Dio poteva parlare senza intermediari, faccia a faccia, lungo una storia vocazionale infinita, o lungo un’esistenza fatta di continue chiamate, inedite e improvvise, sorprendenti e a volte incomprensibili, di fronte alle quali l’uomo non solo resta dubbioso e scettico, ma anche a volte recalcitrante e stanco di stare al passo di questo Dio che non si stanca di chiamarlo. La vita di Mosè sembra un romanzo vocazionale, o contiene una sorta di grammatica della vocazione. La vita di Mosè sembra un romanzo vocazionale, e contiene una sorta di grammatica della vocazione nei suoi elementi essenziali. di Amedeo Cencini Salvato dalle acque Mosè è anzitutto colui che è salvato in modo prodigioso da morte sicura, come quella decretata dal Faraone per tutti i nati maschi ebrei. Appare subito nella sua vita – assieme alla furbizia umana – l’intervento decisivo di Dio, colui che chiama alla vita, e si oppone a tutte le forze contrarie, a quelle tante voci di morte, che attraggono come sirene ancora oggi troppi giovani nelle acque del nulla, della vita stupidamente spensierata e anche vuota, della falsa libertà che rende ebeti, addirittura incapaci di saper godere, di godere della vita. Il nostro Dio non sopporta di essere solo, ma vuole la vita, ed è Dio dei vivi nella misura in cui i suoi figli accolgono dalle sue mani la vita come dono, ne godono con intelligenza, lo vivono in pieno, lo trasmettono a loro volta ad altri assieme al gusto di essere vivi. Come Mosè che condurrà poi Israele attraverso il mar Rosso, perché gli Ebrei sperimentino la potenza del Dio vivo. In quelle stesse acque troverà la morte il Faraone col suo esercito di morte. C’è qui una contrapposizione netta tra la vita e la morte, tra Mosè, salvato dalle acque, e il Faraone, travolto dalle acque. È la differenza tra l’uomo che si sente chiamato e chiama altri, e l’uomo senza vocazione, che annega nel non senso esistenziale normalmente trascinandovi anche altri. Sorpreso dal fuoco La ricca vicenda di Mosè trova il suo punto di svolta sul monte di Dio, dinanzi a uno spettacolo insolito: un roveto che arde di fuoco senza consumarsi. È rivelazione di Dio, ma ancor prima è svelamento del vivere umano e poi dell’uomo stesso. Quel roveto che il fuoco non di- ✖L’inadeguatezza umana come paradigma di ogni vocazione ✖ 26 | mondovoc strugge, infatti, è l’esistenza umana, piena di una presenza di Dio così ricca e intensa che mai potrà essere del tutto scoperta, e oggetto di una chiamata costante, cui non basta rispondere una volta per tutte; vita, dunque, che l’uomo deve maneggiare con cura: è terra santa! Ma quel roveto in fiamme è anche Dio, quel Dio che è passione infinita d’amore, che ha visto la sofferenza del suo popolo e ne ha udito i lamenti, quel Dio dei vivi che non sopporta che i suoi figli soffrano. E allora interviene, cioè chiama. La vocazione di Mosè, ecco la grammatica vocazionale, non è mai un progetto che si riferisce al singolo chiamato e alla sua personale salvezza, ma parte da lontano, coinvolge altri, è in funzione del bene di molti. Nessuno troverà mai la propria vocazione né si sentirà mai chiamato se pensa solo a sé o alla propria personale salvezza. Sconvolto dalla chiamata Ma proprio qui viene il bello o il difficile. Quel cuore di Dio che arde di amore e compassione per i suoi pone Mosè, pastore in esilio che già un bel po’ di volte è scampato per un pelo alla morte e che ora guida un gregge neanche suo, dinanzi all’impossibile: lo invia, infatti, a convincere gente che a suo tempo lo ha respinto; lo incarica di riferire il volere di un Dio di cui non si sa neppure il nome; chiede di parlare a un uomo che non sa parlare, “impacciato di bocca e di lingua”. Mosè ne è sconvolto: non sarò mai capace di fare tutto ciò! In realtà siamo di fronte a una caratteristica fondamentale della chiamata divina: il fatto di apparire umanamente impossibile, troppo al di là delle capacità del chiamato. Qui la grammatica vocazionale si scontra con la dinamica normale della vita umana o con quel “buon senso” che raccomanda di non fare il passo più lungo della gamba, di calcolare bene, di essere prudenti… In verità non ne possiamo più di questo “buon senso” che è puro distillato di mentalità pagana; sarà anche buono, ma è stolto lasciarsene condizionare perché antivocazionale, dunque contro tutti i nostri interessi. Con quella paura O ne ✖Quando è in gioco la vocazione di tutto un popolo ✖ uno non realizzerà mai nulla nella vita, e starà sempre lì a calcolare e preoccuparsi che le sue scelte non oltrepassino il confine strategico delle sue capacità. E magari finirà per ripetersi come una triste fotocopia di sé e fare sempre le stesse cose. Che miseria! Sicuro della sua presenza Alle titubanze del chiamato il Signore risponde in sostanza con due affermazioni in cui si impegna in prima persona: “Io ti mando”, e poi: “Io sarò con te”. Che sono come due rocce granitiche su cui è scolpito il senso di ogni vocazione, la sua grammatica. Prima “roccia”: il chiamato è un mandato, mandato da Dio. Tale certezza gli dà un’enorme forza, ma lo rende anche responsabile di una missione da compiere in nome di Dio, di una parola da dire che non viene sempli- cemente dall’uomo. La vocazione, ribadiamolo con forza, non è semplice e pagana autorealizzazione o annuncio di sé, ma coscienza di essere inviato dall’Altissimo per compiere qualcosa di grande, di divino. Seconda certezza “rocciosa”: il Signore sarà sempre a fianco di colui che ha inviato, non potrà mai abbandonarlo. Soprattutto quando costui si troverà nelle difficoltà o avrà l’impressione che il compito lo supera da tutte le parti o che il suo annuncio non susciti interesse e accoglienza. Com’è successo a tutti gli inviati da Dio: da Geremia a tutti i profeti, da Gesù stesso, il mandato dal Padre, ai suoi discepoli. Il chiamato non ha garanzie legate alle proprie capacità e competenze, ma molto, molto di più: la certezza della presenza costante di colui che lo ha inviato. È la forza di Mosè! mondovoc | 27 STORIE DI VITA LA LORO PASSIONE PER LA MUSICA È NATA IN SEMINARIO THE PRIESTS Le popstar col collare bianco di Vito Magno S Si tratta di tre parroci irlandesi: padre Eugene O’Hagan, padre Martin O’Hagan (suo fratello) e padre David Delarg, meglio noti come The Priests. Non sembrano minimamente scalfiti dal successo; questo se mai li aiuta ad avvicinare persone lontane. La loro passione per la musica è esplosa durante gli studi in seminario. Finora hanno inciso due CD di arie sacre. Con il primo hanno scalato le classifiche di mezzo mondo finendo nel Guinness dei primati; con il secondo sono in lizza per i Brit Awards 2010. The Priests. Preti, ma anche parroci? Sì, siamo responsabili di tre parrocchie vicino a Belfast. Preti, ma anche Stelle del pop? 28 | mondovoc Sacerdoti, innanzitutto, con l’opportunità di usare il dono della voce che Dio ci ha dato. Cerchiamo l’equilibrio programmando i concerti live durante l’anno, due o tre settimane ogni sei mesi. Condividono la vostra scelta i parrocchiani? Sì, siamo sacerdoti da 20 anni e i nostri fedeli sanno bene che siamo preti e cantanti. Anche il vescovo la pensa così? Il vescovo vede il nostro lavoro come un’opportunità di evangelizzazione attraverso il dono della musica, come aiuto all’uomo per incontrare Cristo e la Chiesa. “Armonie”, il vostro nuovo disco cosa contiene? Contiene pezzi classici, come lo “Stabat Mater”, mu- Hanno venduto due milioni di dischi. Tv e giornali se li contendono, il pubblico fa la fila per ottenere i loro autografi. Tutto normale per tre stelle della musica, se non fosse che le stelle in questione indossano abito scuro e collare e più che alla casa discografica rispondono a Dio. siche di Pergolesi e Vivaldi, “Astro del ciel” in italiano. Di originale c’è un nostro pezzo chiamato “Padre nostro”. A chi vi rivolgete con le vostre canzoni? Il nostro è un messaggio di speranza, quindi per tutti. Per coloro che hanno la fede e per coloro che non ce l’ hanno. Dove avete cantato negli ultimi mesi? Abbiamo tenuto concerti in Australia a Sidney, in America a New York, in Canada nelle città di Montreal e Toronto, in Irlanda, in Inghilterra, Francia, Spagna e Italia. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare cristiani e non, soprattutto persone in ricerca. Per molti di loro era la prima volta che venivano a contatto con un prete. In parrocchia che uso fate delle canzoni? Usiamo il nostro disco durante alcune celebrazioni liturgiche per riflettere e per pregare. Non avete avuto mai modo di cantare con Bono degli U2, vostro conterraneo? Non ancora. Chissà nel futuro! Sarebbe bello discutere con loro. Bono ha una visione della natura, dell’ecologia, molto vicina al Vangelo. Dei cantanti italiani del passato quali preferite? Lucano Pavarotti, Beniamino Gigli, Caruso. Vi aspettavate tanto successo in un anno? Assolutamente no! È stata una sorpresa. All’inizio pensavamo di raggiungere soltanto qualche vicino. Invece la Sony quanti dischi ha venduto? Circa due milioni in 32 Paesi. Chi è il vostro santo protettore? Dieci anni fa abbiamo formato un coro e lo abbiamo intitolato “Santa Cecilia”, patrona della musica. Penso che sia stata lei a parlare di questo nostro progetto con Qualcuno più in alto! A chi pensate di devolvere i profitti? Stiamo progettando di aiutare chi non ha casa, i ciechi, i ragazzi che non hanno la possibilità di comprare i libri per andare a scuola. Come mai parlate italiano così bene? Tutti e tre abbiamo studiato a Roma negli anni ‘70 presso l’Università Gregoriana. Quegli anni sono stati per noi un dono. Siamo stati nel cuore della Chiesa, accanto alla tomba di Pietro. Tante volte abbiamo cantato davanti al Papa. È stato a Roma che vi è nata la passione per il canto? Veramente l’avevamo fin dai tempi del collegio ad Autrim. Il seminario e le visite ai parrocchiani distrutti dalla guerra tra cattolici e protestanti hanno reso il nostro canto uno sfogo. Abbiamo capito che la musica è la forma di comunicazione più efficace, arriva simultaneamente al cervello e al cuore. La musica come ponte di pace! Non abbiamo ambizioni, pensiamo solamente che la nostra è un’avventura che può sconfiggere pregiudizi attraverso la musica, che fornisce punti d’incontro tra realtà diverse. mondovoc | 29 ANNO SACERDOTALE A COLLOQUIO CON L’ARTEFICE DI “PRETI ONLINE” Don Giovanni Benvenuto è l’ideatore di www.pretionline.it, un sito nato per dare visibilità, favorire il contatto e offrire alla gente la possibilità di contattare i sacerdoti. di Paolo Fucili La rete delle reti U Un archivio digitale di profili e recapiti e-mail di quasi 1.000 tonache dislocate lungo tutto il nostro stivale. Basta sceglierne uno a piacimento, inviare un messaggio e l’interessato risponderà entro un termine da lui prestabilito. Si va da due o tre giorni dei più veloci alle due settimane dei più richiesti o indaffarati. Ecco in soldoni come funziona www.pretionline.it, indirizzo che ha fatto la storia del web cattolico. Qualcuno sorriderà beffardo al pensiero delle più modaiole, agili chat, dove il ‘dialogo’ telematico si dipana quasi vorticoso, tempo una manciata di secondi e l’interlocutore ribatte, in un inesausto, frenetico picchiettar la tastiera. Ma per comunicare cosa, davvero? Conciliare velocità e immediatezza dello strumento con la profondità della comunicazione stessa è tutt’altro che scontato, a giudicare ad esempio dallo scialbo profluvio di banalità di tanti profili e bacheche su facebook (dove pure abbondano preti, suore, giovani seminaristi...). La formula a cui invece www.pretionline.it si attiene “magari è un pò antica”, riconosce l’ideatore di 30 | mondovoc questa piazza virtuale, don Giovanni Benvenuto, genovese, 38 anni. “Così però c’è anche tempo per riflettere, perché quando problemi o questioni da affrontare sono complesse non si risolve tutto subito”, aggiunge. Era il lontano 1997, quando don Giovanni, fresco di ordinazione sacerdotale ricevuta l’anno prima, partì per una nuova, sconosciuta eppur promettente terra di missione; la rete delle reti. Ragioniere col pallino innato del computer, una fede respirata da sempre come valore fondamentale in famiglia, dove pure un fratello, Paolo, aveva imboccato in precedenza la strada del seminario. La stessa che Giovanni, assiduo frequentatore della parrocchia, si risolse ad intraprendere con naturalezza terminati gli studi superiori, ma senza abbandonare l’hobby dell’informatica, né i suoi superiori pretesero mai questo. Internet, a quei tempi, era pane per denti da pionieri o quasi, tra i quali tuttavia i sacerdoti già non eran pochi. E fu così che “pensai ad un sito che desse loro visibilità, favorisse il contatto tra loro e desse anche alla gente la possibi- re lità di contattarli”, era l’intento originario, non altri. L’idea si rivela da subito azzeccata, e l’impegno richiesto per darle gambe travalica ben presto i limiti di quella che all’inizio era “una passione personale o poco più. Perciò andai a parlarne al mio vescovo, il cardinal Tettamanzi (ora arcivescovo di Milano, ndr), che mi accolse con atteggiamento aperto e sereno e mi incoraggiò a continuare. Tanto meno ho incontrato resistenze in seguito”. Un approdo sicuro tra le tempeste della vita Nel frattempo, infatti, la rete delle reti ha ricevuto tante e solenni ‘benedizioni’, l’ultima il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2010. Non solo “utili”, scrive Benedetto XVI, sono “le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche”, strumento addirittura “indispensabile” per gli evangelizzatori. Perché lungo queste vie, è l’esperienza di don Giovanni, anzitutto si incontra gente di tutti i tipi: “difficile tracciarne un profilo. Si va dal giovane che avverte una vocazione e si chiede come verificarla all’adulto con una situazione affettiva e familiare ingarbugliata, che chiede se e come può avere un rapporto con Dio e la Chiesa; dalle coppie avviate al matrimonio, in cerca di consigli, all’anziano che, con alle spalle qualche prova dolorosa della vita, desidera riscoprire la spiritualità”. Così è successo ad un anziano affetto da una malattia incurabile, un ex sindacalista vissuto una vita lontano dalla Chiesa, prima di un contatto con un sacerdote di www.pretionline.it, da lì l’amicizia con alcune suore di clausura, infine un’intervista ad un’importate testata nazionale cui raccontò della fede ritrovata e della serena attesa della morte. L’episodio, risalente ai primi anni di attività, don Giovanni lo ricorda ancora come conferma, a suo tempo, di avere imboccato la giusta strada, lungo la quale è stato quindi affiancato, nella gestione del sito, dall’amico bergamasco trapiantato in Svizzera don Gianfranco Falgari. Oppure andate a leggervi, sull’home page di www.pretionline.it, una storia che è una struggente dichiarazione di amore al sacerdote e ad internet insieme, un’appassionata testimonianza di quali ‘miracoli’ Dio sa compiere tramite un prete armato di computer. L’autrice è una moglie e madre di famiglia con un ingombrante passato da suora di clausura, tanto da “sospendere la ‘questione’ Dio” per ben 10 anni in cui comunque non sono mancati incontri con più di un prete. Ma “chi ha fatto finta di nulla, chi il severo confessore, chi mi ha ignorato, chi l’amicone, chi il prezioso, il giudice, lo psicologo, il teologo, chi il datore di lavoro...”. Solo uno mai visto né conosciuto, interpellato sul web, ha trovato il bandolo di una matassa vieppiù ingarbugliata. “So solo che Dio mi ha ripreso in braccio sconvolgendomi ancor la vita” termina questo straordinario racconto. Su internet non è possibile la confessione sacramentale Tutti i social network prevedono la possibilità di celare, se non camuffare addirittura, la propria identità. “Prendiamo ad esempio quanto avviene in un santuario”, prova a spiegare don Giovanni, “che non è come in parrocchia. In un santuario capitano persone di ogni genere, magari un pò acciaccate o tormentate nello spirito, an- che chi in Chiesa di norma non va, ma tutte sono di passaggio. Ecco, internet è una sorta di confessionale, tipo quelli dei santuari, con la grata e la penombra che ti permettono di non farti riconoscere e di esprimerti con più libertà”. Un paragone che si presta nondimeno ad un equivoco che i preti online sono i primi interessati a fugare: “su internet non è possibile la confessione sacramentale, abbiamo detto e ridetto! Se però tu, prete, sei stato capace di un feedback significativo, allora sai che la grazia di Dio in qualche modo ha toccato quella persona. Con la quale magari non avrai più contatti, tantomeno la vedrai. E magari ti sei scambiato con lei paginate di lettere, e ti chiedi a cosa è servito. Ma il Signore parla anche tramite parole digitate sulla tastiera, se lo scambio è stato autentico”. Perché trascurare internet? Poi, naturalmente, oltre allo spazio virtuale da presidiare c’è anche quello fisico della parrocchia di Genova a lui affidata, dove incontrare uomini e donne senza il tramite di computer e telefono. E non è meglio così, in carne ed ossa, viene da chiedere? “Certo che il contatto personale è il più importante” risponde don Giovanni, “ma non sempre è possibile” aggiunge con realismo: “un pò per il calo delle vocazioni, un pò perché noi preti siamo pieni di impegni e in parrocchia e in confessionale si sta molto poco...”. Perché allora, è la logica conclusione, trascurare internet se tante persone, per avviare un contatto, scelgono di servirsi di esso? “Magari fanno così perché preti non ne conoscono, oppure per curiosità, o perché all’inizio preferiscono farsi avanti in forma anonima...”. In ogni caso, “aprite le vostre mani, i vostri occhi, le vostre labbra, verso quanti hanno fame e sete di Dio. C’è una folla immensa che gira attorno alla vostra mensa. Lasciate cadere da questa anche solo le briciole, ma lasciatele cadere”, scriveva la donna che abbiamo già menzionato, idealmente rivolta a tutti i preti del mondo, online o offline che siano. “Non tutti hanno il coraggio di dire ‘ho fame’, ma voi chiedete, chiedete senza paura: ‘hai bisogno di Dio?’“. Perché il sacerdote, conclude don Giovanni con lo sguardo rivolto indietro all’esperienza fatta, rimane per la gente, nonostante tutto, “la persona di cui sai di poterti fidare, che ti ascolta in modo gratuito e disinteressato, a cui puoi affidare quello che non diresti neppure al coniuge o ad un amico fidato. Un approdo sicuro tra le tempeste della vita”. mondovoc | 31 INCONTRAGIOVANI Scheda di animazione giovanile “Fate agli altri la carità d La presente scheda di animazione giovanile è un incontro da realizzare con persone che lavorano nel mondo dei media, in particolare con coloro che utilizzano gli strumenti di comunicazione sociale per diffondere il Vangelo. L’animatore del gruppo prepari per tempo l’incontro, prendendo contatto con qualcuna di queste persone che offre quotidianamente la propria testimonianza di fede nel grande villaggio globale dei media. Il titolo della scheda è preso da una 32 | mondovoc celebre espressione pronunciata dal grande apostolo delle comunicazioni sociali: il Beato Giacomo Alberione. L’incontro prevede: ● Canto iniziale ● Lettura di alcuni numeri del documento del Concilio Vaticano II sugli strumenti di comunicazione sociale ● Una o più testimonianze degli operatori della comunicazione sociale ● ● Un momento di confronto con domande da parte dei giovani Preghiera e canto conclusivi Canto iniziale L’incontro comincia con un canto di gioia. Lettura del documento conciliare Uno o più giovani leggono con calma queste parti del documento che esprimono il pensiero ufficiale della Chiesa sui mezzi di comunicazione sociale. di Pasquale Albisinni à della verità” DAL DECRETO “INTER MIRIFICA” DEL CONCILIO VATICANO II SUGLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE “Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti. Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale. La Chiesa nostra madre riconosce che questi strumenti se bene adoperati, offrono al genere umano grandi vantaggi, perché contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il regno di Dio. Ma essa sa pure che l’uomo può adoperarli contro i disegni del Creatore e volgerli a propria rovina; anzi, il suo cuore di madre è addolorato per i danni che molto sovente il loro cattivo uso ha provocato all’umanità. Perciò questo sacro Concilio, perseverando nelle sollecitudini dei sommi Pontefici e dei vescovi in un argomento di sì grande importanza, ritiene suo dovere trattare dei principali problemi relativi agli strumenti di comunicazione sociale. Confida inoltre che questa esposizione dei suoi principi dottrinali e delle sue norme non solo sarà di giovamento spirituale ai fedeli, ma contribuirà anche al progresso di tutta l’umanità. La Chiesa cattolica, essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini, ed essendo perciò spinta dall’obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso di questi strumenti. Compete pertanto alla Chiesa il diritto innato di usare e di possedere siffatti strumenti, nella misura in cui essi siano necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale. Così pure è dovere dei sacri pastori istruire e guidare i fedeli perché essi, anche con l’aiuto di questi strumenti, perseguano la salvezza e perfezione propria e di tutta la famiglia umana. Peraltro è compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani tali strumenti, affinché rispondano pienamente alla grande attesa dell’umanità e ai disegni di Dio. [….] Del resto il sacro Concilio confida che [….] tutti i figli della Chiesa, servendosi anche di questi strumenti, non solo non ne riportino danno, ma come sale e luce fecondino e illuminino il mondo. Inoltre esso rivolge la sua esortazione a tutti gli uomini di buona volontà, specialmente a quanti hanno nelle loro mani questi strumenti. Li invita a impiegarli unicamente per il bene dell’umanità, il cui avvenire dipende ogni giorno di più dal loro retto uso. Pertanto, come già avvenne con i capolavori delle arti antiche, così anche da queste invenzioni recenti sia glorificato il nome del Signore, secondo il detto dell’Apostolo: « Gesù Cristo, ieri e oggi e per tutti i secoli» (Eb 13,8)“. (Numeri 1-3.24; 4 dicembre 1963) Testimonianze A questo punto, seguono alcune testimonianze di uno o più operatori mediatici. Ascoltando le loro storie, deve comprendersi come il linguaggio della comunicazione è essenziale alla fede. Confronto Segue il confronto con i giovani che possono suscitare il dialogo attraverso domande o esperienze. Preghiera finale Al termine dell’incontro si può concludere con questa preghiera e con un canto di gioia o fraternità. PREGHIERA PER L’APOSTOLATO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI O Dio, che per comunicare agli uomini il Tuo Amore hai mandato sulla terra Tuo unico Figlio, Gesù Cristo, e lo hai costituito Maestro di Via, Verità e Vita dell’umanità, concedi che gli strumenti della comunicazione sociale: stampa, cinema, televisione, radio, dischi, informatica e telematica siano sempre utilizzati per la Sua gloria e per il bene delle anime. Suscita vocazioni per questo multiforme apostolato e ispira tutti gli uomini di buona volontà a contribuire con la preghiera, con l’azione e con l’offerta, perché la Chiesa possa predicare, con questi mezzi, il Vangelo a tutte le genti. BEATO GIACOMO ALBERIONE mondovoc | 33 TESTIMONI I SEGRETI DEL SUO CAMMINO SPIRITUALE RIVELATI Sandra Sabattini Questa vita non è mia «C’è l’inflazione di buoni cristiani mentre il mondo ha bisogno di Santi!» ha scritto a ventidue anni. Con questo spirito, determinata ad incarnare intensamente il Vangelo, ha vissuto la sua breve vita. Aveva 23 anni quando fu uccisa da un’auto. Era volontaria della Comunità Papa Giovanni e ha lasciato un esempio eccezionale. di Gianni Epifani S Sono circa le 9 di mattina del 29 aprile 1984 quando Sandra arriva ad Igea Marina in macchina con il fidanzato Guido e l’amico Elio, per un incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui fanno parte. Scendendo dalla macchina, un’auto, guidata da un ventitreenne, la prende in pieno catapultandola sul cofano e ferendo anche Elio. Da quel momento entra in coma profondo. Si spegnerà due giorni dopo in ospedale. Andandosene così in fretta ha conservato tutta la purezza di cuore riservata ai santi. A quel genere di persone che hanno capito, con chiarezza, quale direzione prendere: lei aveva scelto quella dell’amore che conduceva dritta verso Dio. Se già chi l’aveva conosciuta aveva percepito in lei qualcosa di speciale, dopo la sua morte si è svelata totalmente la sua grandezza. Appunti, pensieri, riflessioni, scritti qua e là su fogli, agende, quaderni, diventati poi un libro, Il diario di Sandra (Ancora), svelano il percorso personale che stava compiendo, teso verso l’infinito, immerso nella fede. Sandra Sabattini nasce il 19 agosto 1961 a Riccione e vive con la famiglia, profondamente cristiana, a Misano Adriatico. All’età di 4 anni la famiglia, si trasferisce presso la canonica della Parrocchia di San Girolamo in Rimini, dove è parroco lo zio Giuseppe, fra- 34 | mondovoc tello della madre. Il 24 gennaio 1972 all’età di 10 anni, Sandra inizia a scrivere un diario: «La vita vissuta senza Dio è un passatempo, noioso o divertente, con cui giocare in attesa della morte». A 12 anni, conosce don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, grazie ad alcuni incontri organizzati dallo zio parroco a San Girolamo. IN U ATI IN UN DIARIO Nell’estate 1974 partecipa al soggiorno estivo per adolescenti alla Casa Madonna delle Vette a Canazei, insieme a ragazzi con disabilità anche gravi. Rimane entusiasta di quell’esperienza e tornata a casa afferma con decisione alla madre: «Ci siamo spezzate le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai». Sandra inizia così un serio cammino di ascesi, scavando in se stessa per eliminare difetti e limiti. «Signore sento che Tu mi stai dando una mano per avvicinarmi a Te; mi dai la forza per fare un passo in avanti. Accettarti io vorrei, prima però devo sconfiggere me stessa, il mio orgoglio, le mie falsità. Non ho umiltà e non voglio riconoscerlo, mi lascio condizionare terribilmente dagli altri, ho paura di ciò che possono pensare di me. Sono incoerente, con una gran voglia di rivoluzionare il mondo, e che poi si lascia assoggettare da questo. Dio, mi sai accettare così come sono, piena di limiti, paure, speranze?». Vive dentro i fatti della vita, intensamente. Gli esami di maturità, l’esperienza dei campeggi, la vita sociale. Ha la certezza che nulla venga a caso: «Signore, sto aspettando, aspetto che mi indichi la scelta concreta definitiva, che possa fare di me “uno strumento del tuo Amore”». «Sento sempre più la necessità di una scelta radicale, ma non so in che senso e come operare questa scelta (che fare: andare o no all’Università?)». Si iscrive a Medicina. Si divide tra studio, famiglia e condivisione con i poveri. Come tutti i giovani, anche lei vive i suoi momenti di contrasto in famiglia. Non, però, perché desidera andare in discoteca, ma per troppa dedizione ai poveri. Non trascura mai gli studi: ad ogni esame riporta ottimi voti. Fra i suoi sogni quello di essere medico missionario in Africa. Ama la natura, lo sport. Corre, è forte e fa anche delle gare. Ha lo stupore di un bambino. A volte la sentivano pregare cantando in mezzo ai prati. «Bisognerebbe avere tutti i giorni un’anima stupefatta, poiché la libertà vera è uno spazio infinito dello spirito. Colui che è pieno di sé è già vecchio, perché non ha più spazi liberi nell’animo». Nei fine settimana e durante le vacanze estive del 1982 e 1983 condivide la vita con i tossicodipendenti, nelle strutture di recupero della Comunità Papa Giovanni XXIII. I ragazzi in recupero terapeutico si sentono da lei amati di un amore puro e disinteressato e pian piano riscoprono il senso della loro vita. L’amore di Sandra per il Signore si riflette in tutti coloro che vengono a contatto con lei: la sua persona emana gioia ed entusiasmo che conducono a Gesù. Le piaceva vivere in silenzio il suo rapporto con Dio, perciò si alzava presto di buon mattino, per rimanere in meditazione al buio, in Chiesa, davanti al Santissimo Sacramento. Passa molto tempo in preghiera. Quando lo zio prete andava ad aprire la Chiesa, la trovava stesa per terra davanti al Santissimo. Anche la sera a qualsiasi ora rientrasse, trascorreva un’ora in preghiera davanti a Gesù. Amava pregare e meditare sempre seduta in terra, in segno di umiltà e povertà. «La verità è che dobbiamo imparare nella fede l’attesa di Dio, e questo non è un piccolo sforzo come atteggiamento dell’anima. Questo attendere, questo non preparare i piani, questo scrutare il cielo, questo fare silenzio è la cosa più interessante che compete a noi. Poi verrà anche l’ora della chiamata, ma ciechi se in tale ora penseremo di essere gli attori di tali meraviglie: la meraviglia semmai è Dio che si serve di noi così miserabili e poveri. La carità è la sintesi della contemplazione e dell’azione, è il punto di sutura tra il cielo e la terra, tra l’uomo e Dio». Quattro giorni prima dell’incidente racconta alla mamma di aver visto in sogno il suo funerale e la sua tomba piena di fiori. Amava i cimiteri. La prima volta che lei e Guido erano usciti insieme è proprio lì che lo aveva portato: ci andava per pregare e ricordare il senso della vita. Il 27 aprile 1984, ci regala questa riflessione: «Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c’è nulla a questo mondo che sia tuo. Sandra, renditene conto! È tutto un dono su cui il “Donatore” può intervenire quando e come vuole: Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora». mondovoc | 35 MEDIAEDUCATION UN TESTO MULTIMEDIALE CHE COINVOLGE IL LETTORE IMPEGNANDOLO E-BOOK Il futuro del libro o un libro del futuro? di Stella F. tivo di lettura digitale che può essere un ebook reader (lettore di e-book, come la lavagnetta digitale di cui si parlava prima per capirci) oppure un palmare, un Ipad, un I-touch ma anche un semplice computer. Come un libro cartaceo, se non è stampato, rilegato, fornito di copertina non può definirsi tale, così un testo elettronico di un libro se non ha un’interfaccia di fruizione specifica (pc, e-book reader, palmare ecc.) non può definirsi a rigore un e-book. Il libro magico del cancelliere Tusmann I Immagino una scuola in cui i ragazzi non abbiano più gli zaini in spalla (pesanti peraltro) ma una leggera lavagnetta elettronica sotto il braccio nella quale siano contenuti tutti i libri di testo, gli eserciziari, i volumi della biblioteca scolastica, il blocco note per gli appunti. Utopia? Chissà! Al momento è poco diffuso, è una sorta di prototipo futurista di libro dal nome ebook ovvero libro elettronico. Ma cosa è esattamente un e-book? Non esiste una definizione universalmente condivisa. Non lo si può identificare soltanto come strumento digitale di lettura (ad esempio la lavagnetta di cui sopra) né lo si può definire semplicemente il formato elettronico di un libro tradizionale (ad esempio il pdf di un testo cartaceo). Facendo una sintesi delle più accreditate fonti, si può parlare di e-book come di un testo in formato elettronico supportato da un disposi- 36 | mondovoc Un libro elettronico è dunque un oggetto complesso, dato dall’unione di tecnologia digitale e contenuto elettronico, anche se materialmente si traduce in un quadretto digitale, leggero e maneggevole, che al suo interno può contenere migliaia di libri, milioni a dire il vero, una vera e propria biblioteca elettronica, disponibile in qualunque momento. Per rendere l’idea il prof. Gino Roncaglia, esperto di didattica digitale e responsabile scientifico di un corso universitario sugli e-book, racconta ai suoi studenti la storia del cancelliere Tusmann, un personaggio di una fiaba di Hoffmann intitolata “La scelta della sposa”. Tre pretendenti si contendono la mano della ✖ Un dispositivo digitale, leggero e maneggevole, che al suo interno può contenere migliaia di libri ✖ IN A OLO IN AZIONI DINAMICHE E INTERATTIVE giovane Albertina Vosswinkel. Uno è un barone, ricco e potente ma ripugnante, tale Beniamino; l’altro è un giovane, affascinante pittore, squattrinato, Edmondo Lehsen. Il terzo è appunto il cancelliere Tusmann, bibliofilo incallito, il terrore di tutti i bibliotecari perché sempre in cerca di libri introvabili e rarissimi. Come stabilire a chi andrà la mano di Albertina? Si decide di affidare la scelta alla sorte, consegnando a ciascun pretendente uno scrigno. Uno solo dei tre contiene il ritratto della fanciulla; chi lo troverà potrà sposare Albertina. La sorte favorisce il bel pittore, che in realtà è aiutato da una specie di mago il quale fa in modo che a lui tocchi lo scrigno con il ritratto. Il mago però, per non scontentare nessuno, pensa di lasciare un gradito dono anche ai perdenti. Così, dallo scrigno del barone viene fuori una lima fatata con la quale si possono limare le monete d’oro senza mai consumarle (figurarsi la gioia dell’avido Beniamino!). Nello scrigno del cancelliere Tusmann è contenuto invece un libricino dalle pagine bianche. Deluso il cancelliere domanda a cosa mai potrà servire un libro senza contenuto. Presto scopre che invece il libro è magico e che di contenuti ne ha un’infinità. Basta che lui pensi ad un testo, anche il più antico, il più raro, un testo introvabile nella biblioteche, che quello scritto si materializza nel suo libricino. Un piccolo libro che può contenerne milioni. In pratica la versione ante litteram di un e-book. ✖ Qualcosa di innovativo che affiancherà la tradizione, offrendo nuove opportunità ✖ re musica (con l’e-book si può vedere come si esegue ad esempio una diteggiatura su un piano, si possono ascoltare i suoni degli strumenti, le note di un pentagramma). La carta sopravviverà alle nuove tecnologie? Quello che spaventa molti oppositori dell’e-book è il pensiero che i libri tradizionali possano scomparire così come gli affezionati lettori dei quotidiani temono l’avanzata dei giornali on line. Ma l’e-book non è il futuro del libro tradizionale, ciò che ne decreterà la morte. È, più semplicemente, un libro del futuro; qualcosa di innovativo che affiancherà la tradizione, offrendo nuove opportunità. Sul tema recentemente il Corriere della sera ha pubblicato un’intervista a Derrick de Kerckhove, sociologo dei nuovi media, che alla domanda “La carta sopravviverà a internet?” ha risposto: “Penso di sì. I media non si eliminano l’un l’altro, c’è piuttosto concertazione tra loro. Il libro dà sostanza e conferisce autorevolezza a ciò che già esiste in rete. Ciò che passa velocemente nella rete si sostanzia nella carta che fissa il pensiero e lo approfondisce”. I vantaggi di un e-book Cosa ha di buono un e-book? Qual è il valore aggiunto e quale il suo fascino? Intanto un e-book è un “oggetto simpatico”. È sì un libro, ma si “usa” (non si legge semplicemente) attraverso un dispositivo digitale di quelli con cui i ragazzi oggi convivono. Immaginate di leggere la storia del cancelliere Tusmann su un tradizionale libro cartaceo o invece di averla in formato elettronico e leggerla (anche se il termine migliore per rendere l’idea in questo caso potrebbe essere “navigarla”) attraverso un dispositivo che permetta di ascoltare le voci dei personaggi mentre commentano quello che lo scrigno riserva loro o che permetta di collegarsi, cliccando su un link, alla biografia dell’autore o all’elenco delle sue opere. L’e-book insomma è un testo multimediale, che coinvolge il lettore nel processo di comprensione, impegnandolo in azioni dinamiche e interattive. Immaginate poi quanto efficace possa essere nella didattica e nell’apprendimento. A scuola con gli e-book significherebbe meno pesi sulle spalle, meno spreco di carta, meno costi di acquisto (un e-book si può aggiornare facilmente e l’aggiornamento si può scaricare da internet senza bisogno di ricomprare i libri ogni volta che cambia l’edizione perché viene modificata una sola pagina). Immaginate quanto utile possa essere un e-book per apprendere le lingue, visto che consente di ascoltare la pronuncia delle parole o per studia- mondovoc | 37 NEWS di Gianni Epifani In Australia boom di vocazioni. Un DVD per l’Anno sacerdotale. Sri Lanka: 4mila giovani pregano per la loro vocazione. ANNO SACERDOTALE “Alter Christus”, video in Internet e DVD In occasione dell’Anno Sacerdotale convocato da Benedetto XVI, la HM Television, attraverso la Fondazione E.U.K. Mamie, in collaborazione con la Congregazione vaticana per il Clero, ha prodotto un DVD dal titolo “Alter Christus: Fidelitas Christi, Fidelitas Sacerdotis” (“Un altro Cristo: fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”). “Questa produzione dà rapide pennellate sui molteplici aspetti della vita sacerdotale. Prendendo come centro la vita di San Giovanni Maria Vianney, i temi che tratta vanno dall’identità sacerdotale ai sacramenti, dal celibato alla missione”, spiegano i produttori in un comunicato. La produzione si presenta in due formati: uno completo, in DVD, di una durata di 180 minuti, un altro più breve su Internet, di una durata di circa 30 minuti. Il video può essere visionato e il DVD acquistato ai seguenti link: Italiano: http://www.eukmamie.org/it/alter/; Spagnolo: http://www.eukmamie.org/es/alter/ Francese: http://www.eukmamie.org/fr/alter; Inglese: http://www.eukmamie.org/en/alter SRI LANKA - 4mila giovani pregano per la loro vocazione Oltre 4mila tra bambini e giovani provenienti dall’intera arcidiocesi di Colombo hanno partecipato in questi giorni alla Giornata dal titolo “Eccomi, manda me”. L’incontro è stato organizzato presso il Santuario di Nostra Signora di Lanka, dal Centro catechistico dell’arcidiocesi. L’iniziativa si ripete ogni anno e ha lo scopo di aiutare i bambini e i giovani a comprendere la loro vocazione attraverso rappresentazioni teatrali e testimonianze di sacerdoti e religiosi. Per aumentare il senso di unità tra i bambini mons. Malcom Ranjith, arcivescovo di Colombo e altri tre prelati hanno celebrato la messa in tre diverse lingue: sinhala, tamil e inglese. Il prelato ha invitato i bambini a seguire l’esempio di Samuele, Santa Teresa del Bambini Gesù, Madre Teresa e San Giovanni Vianney, che hanno reso sante le loro vite rispondendo alla chiamata di Dio. “Questo è stato un grande giorno per noi – afferma uno dei ragazzi – stiamo prendendo importanti decisioni per la nostra vita e questa giornata ci ha aiutato a scegliere la strada giusta”. ASIA/HONG KONG Terzo incontro vocazionale giovanile “L’Amore… fa realizzare un sogno” è il tema del terzo incontro vocazionale giovanile nell’Anno della Vocazione Sacerdotale promosso dalla Commissione per le Vocazioni della diocesi di Hong Kong svoltosi nei giorni scorsi. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese), l’incontro ha voluto incoraggiare i giovani a realizzare il proprio sogno attraverso l’amore di Cristo. Circa 60 sacerdoti, seminaristi e giovani di Hong Kong hanno preso parte a questo incontro, che è stato guidato da don Benedict Lam, presidente della Commissione per le Vocazioni e Rettore del Seminario diocesano dello Spirito Santo. Un Frate francescano e le suore della congregazione del Buon Pastore hanno condiviso il loro cammino vocazionale con tutti i presenti. 38 | mondovoc AUSTRALIA Boom di vocazioni nell’Anno Sacerdotale Nell’Arcidiocesi di Sydney, si registra un autentico “boom di vocazioni” nella Chiesa locale: sei ordinazioni sacerdotali nel giugno prossimo, numerosi ingressi in Seminario e molti giovani che si interessano alla vita religiosa e al sacerdozio, iniziando un percorso di discernimento vocazionale. I responsabili diocesani sono molto felici di questa “spinta verso l’Alto” che si registra nell’Anno Sacerdotale e che affonda le sue radici anche nell’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, che ha avuto il merito sensibilizzare e scuotere le coscienze dei giovani, risvegliando il seme dello Spirito Santo nel loro cuore e il desiderio di rispondere alla chiamata di Dio. Sarà il Cardinale George Pell, Arcivescovo di Sydney, a ordinare sei nuovi sacerdoti l’11 giugno prossimo: si tratta del gruppo più numeroso da vent’anni a questa parte. Oltre ai sei, due diaconi ugandesi, che hanno studiato in Australia, saranno ordinati a luglio 2010 nel loro paese, per poi tornare in Australia a svolgere il servizio pastorale. Il Rettore del Seminario del Buon Pastore a Sydney, p. Fr. Anthony Percy, conferma questo rinnovato interesse, annotando che nel Seminario sono stati appena accettati 10 nuovi candidati, che hanno iniziato il percorso degli studi filosofici e teologici. Secondo il Rettore, “un influsso benefico è venuto dalla GMG”, mentre stanno dando il loro frutto altre moderne forme di evangelizzazione dei giovani, adottate in Australia, come l’uso delle nuove tecnologie, dei blog, degli incontri a sfondo religioso organizzati anche nei pub. VOCAZIONI NELLA CHIESA Una breve sintesi della situazione nel mondo Le più recenti statistiche sulle vocazioni nella Chiesa cattolica a livello mondiale parlano di oltre 406 mila presbiteri (dei quali il 48% in Europa), 116 mila seminaristi, oltre 36 mila diaconi permanenti. I religiosi sono in totale 170 mila, mentre le religiose sono 750 mila. A livello italiano si contano circa 89 mila religiose e 22 mila religiosi, suddivisi rispettivamente in 600 congregazioni femminili e 130 istituti maschili. Si devono anche considerare alcune migliaia di aderenti a 75 istituti secolari maschili e femminili, forma di consacrazione particolare, dove può non esserci la “vita comune”, oppure l’abito religioso, e gli aderenti conducono una vita lavorativa e sociale ordinaria; o ancora può mancare un’opera propria per l’istituto che ha lo scopo di sostenere il cammino spirituale dei suoi aderenti, lasciando a ciascuno la libertà e la responsabilità di compiere mestieri e servizi nei più diversi campi. Una realtà in crescita è costituita dall’Ordine delle Vergini, forma di vita consacrata presente nella Chiesa fin dai tempi di sant’Ambrogio; ripristinata dopo il Concilio Vaticano II, oggi conta alcune centinaia di aderenti. Si devono anche annoverare diverse migliaia di persone che, all’interno di associazioni e movimenti laicali, professano “voti privati” o “impegni evangelici”, secondo gli statuti di volta in volta riconosciuti a livello di Chiesa universale oppure delle Chiese particolari. HONG KONG - Pellegrinaggio nell’Anno delle Vocazioni Sacerdotali Consolidare la consapevolezza dell’identità e della spiritualità del sacerdote vivendo l’Anno Sacerdotale: questo il motivo del pellegrinaggio dei sacerdoti della diocesi di Hong Kong in Europa. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano), mons. Domenico Chan, Vicario della diocesi di Hong Kong e guida del pellegrinaggio, ha spiegato che questa iniziativa diocesana intende aiutare i sacerdoti, soprattutto i giovani sacerdoti, a vivere le tre dimensioni – di essere cioè guida, sacerdote e pastore – visitando Ars, la casa di Santa Teresina del Bambino Gesù, il monastero benedettino e i santuari presenti in Francia. Il pellegrinaggio, previsto dal 27 aprile al 13 maggio, si concluderà con l’incontro dei sacerdoti con l’Arcivescovo di Parigi e la comunità protestante locale. Mons. John Tong, Vescovo della diocesi di Hong Kong, darà la sua benedizione ai 22 sacerdoti pellegrini in partenza, provenienti da 17 parrocchie. Durante l’incontro preparatorio, mons. Chan ha presentato il programma, incentrato sul tema del pellegrinaggio e sul ritiro spirituale. CHIESA - Il sacerdozio è un dono Il sacerdozio è un dono di Dio, e quindi non si può esigere come un diritto, spiega il segretario della Congregazione per il Clero. Nel cuore dell’Anno Sacerdotale, l’Arcivescovo Mauro Piacenza ha inviato ai sacerdoti del mondo un messaggio per riflettere sulla preghiera di consacrazione che il Vescovo ha pronunciato su di loro in occasione della loro ordinazione sacerdotale. Guidato da questa preghiera, monsignor Piacenza mostra che il sacerdozio è “essenzialmente un dono” di Dio, e quindi comporta “una dignità che tutti, fedeli laici e clero, sono sempre chiamati a riconoscere”. “Si tratta di una dignità che non viene dagli uomini, ma che è puro dono di grazia, al quale si è chiamati e che nessuno può rivendicare come diritto”, spiega. “La dignità del presbiterato, donata dal ‘Padre Onnipotente’, deve trasparire nella vita dei sacerdoti: nella loro santità, nell’umanità accogliente e piena di umiltà e carità pastorale, nella luminosità della fedeltà al Vangelo e alla dottrina della Chiesa, nella sobrietà e solennità della celebrazione dei divini misteri, nell’abito ecclesiastico”. “Tutto, nel Sacerdote, deve ricordare, ad egli stesso ed al mondo, che è stato fatto oggetto di un dono immeritato ed immeritabile, che lo rende presenza efficace dell’Assoluto nel mondo, per la salvezza degli uomini”. ASIA/CINA La promozione delle vocazioni In occasione della solennità di S. Giuseppe, le comunità cattoliche del continente si sono impegnate a promuovere le vocazioni, nell’Anno Sacerdotale, perché tutti i genitori siano generosi come Lui. Il Gruppo vocazionale denominato “Amore per la Vigna del Signore” della Cattedrale della diocesi di Gui Yang, dedicata a S. Giuseppe, ha portato un caloroso saluto e il proprio ringraziamento ai genitori dei 53 sacerdoti diocesani, in occasione della festa di S. Giuseppe, per promuovere le vocazioni. Secondo il responsabile dell’iniziativa, la Cattedrale, che conta oltre 7.000 fedeli, “ha vissuto un anno meraviglioso per l’evangelizzazione e la pastorale. Tutto questo è merito dei sacerdoti e della loro dedizione, ma dietro a loro c’è anche il sostegno silenzioso dei propri genitori. Quindi nell’Anno Sacerdotale, per la solennità di S. Giuseppe, abbiamo voluto rendere omaggio a tutti i genitori che, come San Giuseppe, hanno sostenuto i figli con tanto amore e gratuità. Inoltre ci auguriamo che tutti i genitori siano generosi come San Giuseppe”. Il “Gruppo di promozione vocazionale” della diocesi di Xia Men della provincia di Fu Jian ha iniziato un campagna di promozione per le vocazioni intitolata “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!”. L’iniziativa si è svolta nella zona di Min Xi, dove da anni mancano i sacerdoti residenti. In cinque giorni, a partire dall’8 marzo, i membri del Gruppo hanno percorso cinque città e distretti, visitando le Comunità ecclesiali di base. Il sacerdote del Gruppo ha celebrato la Messa per i fedeli e i membri hanno condiviso con i fedeli locali l’importanza delle vocazioni per la vita della Chiesa, incoraggiando i giovani, ma anche i genitori, a rispondere alla chiamata del Signore. mondovoc | 39 VOCAZIONE E DINTORNI SOLO NEL SILENZIO E NELLA SOLITUDINE L’UOMO SCOPRE SE STESSO Benedetto… il silenzio di Massimiliano Nobile “Per amore del silenzio bisogna rinunciare anche ai discorsi buoni”. (Benedetto, La Regola, VI) S Se c’è una cosa davvero difficile da fare per l’uomo contemporaneo è il silenzio. Lo sviluppo tecnologico, il crescente aumento della popolazione, l’accrescersi a dismisura dei mezzi di trasporto e gli scambi relazionali sempre più frequenti e veloci hanno contribuito a creare una società del rumore e dalle “orecchie inquinate”. Siamo lontani mille miglia dalla raccomandazione di San Benedetto ai suoi monaci. Nella formazione del monaco, la solitudine e il silenzio sono dimensioni essenziali in cui l’amore può realmente attecchire. Il filosofo L. Lavelle ha trattato dell’intimo rapporto tra silenzio e amore rimarcando quanto le “parole possano distruggere la fragile delicatezza e la grazia sempre nascente dell’amore. Se la parola è come un fiume che porta la verità da un’anima verso l’altra, il silenzio è come un lago che la riflette e nel quale tutti gli sguardi vanno a incontrarsi”. È vero, non tutti siamo chiamati a una vita di contemplazione in cui il silenzio assume anche e soprattutto 40 | mondovoc una dimensione interiore. Ma è pur vero che anche chi fa una vita “normale” ha bisogno di ritagliarsi degli spazi solitari e momenti di silenzio che paradossalmente lo riempiano. Il silenzio non può essere solo esteriore. Non si tratta di escludere solo parole e rumori. Anche i pensieri, i sentimenti, il cuore devono essere in pace. Silenzio reale significa dominio dello spirito e discesa profonda nell’anima che apre alla pace della vita interiore. Nulla di oscuro nel silenzio, non è un viaggio verso l’ignavia ma è attesa vigile in cui tutto è desto e pronto. Già, il silenzio non è vuoto, assenza, impossibilità di comunicazione, paura di esporsi, claustrofobia verbale ma è valore, spazio sacro, nastro di incisione, fondamento e collante logico del linguaggio. È un valore da custodire come un tesoro: “Il silenzio è d’oro” ci ricorda un abusato ma pur sempre valido proverbio popolare. Anche negli scambi interpersonali il silenzio ha la sua importanza: ordina le parole, le frasi, alterna pensieri esposti a pensieri espressi da silenzi, sottolinea sguardi, EA SSO E APRE L’ORECCHIO E IL CUORE Il decalogo del silenzio Silenziosa sapienza atteggiamenti, espressioni del viso impercettibili, movimenti degli occhi che spiegano più di ogni parola. Il linguaggio dei giovani presenta un ricco repertorio di frasi che, in modo sagace e ironico, difendono la bontà del silenzio: “Prima di aprire bocca, azionare il cervello”, “Hai perso un’altra occasione per stare zitto”, “Chi tace acconsente” e “Prima pensa poi parla, perchè parole poco pensate pesano poco”. Se analizzati un po’ più a fondo, questi modi di dire rivelano un filo rosso comune: il silenzio come premessa al pensiero e alla parola. Anna Maria Canopi, una testimone dei nostri giorni, nel suo libro “Il Silenzio”, l’esperienza mistica della presenza di Dio, così afferma: “Il silenzio è quella realtà che rende bella la parola, che la rende viva, che la rende toccante, che la rende penetrante, capace di comunicare l’essere e di far sì che due persone si incontrino. La parola più piena coincide con il silenzio più profondo”. La musica e il cinema sottopongono alla nostra riflessione testi e pellicole in cui il silenzio diventa presagio di rivelazioni inattese. Paolo Limiti, autore di testi, ha scritto una canzone dal titolo “La voce del silenzio” portata al successo da Mina e recentemente ripresa da Andrea Bocelli. Questa canzone è un inno al silenzio: “E ho sentito nel silenzio una voce dentro me”, e ancora: “Ci sono cose in un silenzio che non mi aspettavo mai”. Il silenzio viene ossimoricamente presentato come rivelatore. In esso si avverte una voce interiore che parla rivelando cose inaspettate. Molte volte facciamo esperienza di silenzi che si rivelano più eloquenti di tante parole che non riescono a spiegare. Altre volte scegliamo il silenzio quale commento migliore a tante provocazioni. E poi, è faticoso a dirsi, il silenzio, tante altre volte ancora, gioca il ruolo di educatore perché mette a nudo la nostra coscienza permettendoci di maturare. Quando restiamo senza parole potrebbe essere segno che abbiamo commesso delle défaillances e il silenzio viene a svolgere il ruolo di arbitro nella partita con la verità. Chissà quante volte ci è capitato di sentirci dire dai nostri insegnanti di fronte ai silenzi di una interrogazione: “Il tuo è un silenzio eloquente” per stigmatizzare in modo retorico l’evidente impreparazione. In musica capire il valore del silenzio è una delle prime nozioni da imparare. La pausa nella musica è fondamentale. Ogni buona melodia deve avere un intervallo, un silenzio studiato, opportuno, importante come l’armonia delle note in una polifonia. Nel 2006 è uscito nelle sale cinematografiche il film “Die grosse Stille” (Il Grande Silenzio) di Philip Gröning. Si tratta di una pellicola girata nella Grande Chartreuse di Grenoble in Francia. Il protagonista del film è un attore inusuale: il silenzio. Il dialogo “muto” nel film avviene tra l’uomo e la natura scandito dalla preghiera liturgica dei monaci. Comunicare è sicuramente parlare, dialogare e interagire ma questa capa- 1. “Rigira sette volte la lingua per avere il tempo di tacere: il silenzio è forma di saggezza (A. Arnoux) 2. “La quiete ed il silenzio ordinano l’universo” (T. Te Ching) 3. “Il silenzio è un amico fedele che non tradisce mai” (Confucio) 4. “Soltanto bevendo dal fiume del silenzio tu potrai realmente cantare” (K. Gibran) 5. “Il silenzio è il linguaggio degli Dei” (Kuthuma) 6. “In una carestia di parole significanti, il silenzio è il terriccio umido in cui possono attecchire parole di vita” (Burton-Christie) 7. “Nel silenzio l’amore prende coscienza della sua essenza miracolosa” (L. Lavelle) 8. “Solo il silenzio apre il nostro orecchio” (R. Guardini) 9. “Fai silenzio: ritroverai la calma e la serenità” (R. Battaglia) 10. “Nel silenzio anche un sorriso può far rumore” (L. Battisti) cità può essere vanificata se non si crea l’ambiente per la comunicazione. L’ascolto è la casa della comunicazione. E la premessa all’ascolto è il silenzio attento. Senza il silenzio la comunicazione è falsata. Senza il silenzio tutto si sbiadisce. Lo stesso silenzio può essere la migliore forma di comunicazione. Ad avvalorare l’importanza del silenzio calza a pennello l’inizio del salmo 65 che la traduzione italiana ha così reso: “A te si deve lode, o Dio”. In realtà l’ebraico dice altro: “Il silenzio è lode a te, o Dio”. Sembra di sentire risuonare le parole di Gesù che ci mettono in guardia contro lo spreco di parole durante la preghiera (cfr., Mt 6,7). Romano Guardini, nel suo libro “Il testamento di Gesù” si chiede cosa sia in fondo il silenzio. E così risponde: “Silenzio significa riconoscere che le mie preoccupazioni non possono fare molto. Silenzio significa lasciare a Dio ciò che è oltre la mia portata e le mie capacità. Il silenzio è un umile ma sicuro cammino verso l’amore”. Nel prologo della sua Regola il santo monaco Benedetto richiama l’attenzione dei suoi novizi: “Ascolta o figlio i precetti del maestro e apri l’orecchio del tuo cuore”. Questa raccomandazione, che può avere la sua validità anche al di fuori delle quattro mura del monastero, vuol dire che: il silenzioascolto dà senso alle parole, ricerca l’essenziale, vuole la semplicità, insegna la docilità. Per entrare in una relazione profonda è necessario porsi in un sincero atteggiamento di silenzioso ascolto. Colui che sarà capace di silenzio saprà ascoltare e sarà in grado di comunicare. Cronologia essenziale di Benedetto da Norcia 480 nasce a Norcia 497/498 si ritira a Subiaco 525/529 fonda il monastero di Montecassino 21 marzo 547 muore a Montecassino mondovoc | 41 TELEFILMITÀ Showtime NURSE JACKIE Agisce con fermezza sicura di compiere il proprio dovere in corsia. SCHEDA Showtime Genere: medical Anno di nascita: 2009 Stagioni: 1 in Italia e in America Interpreti: Edie Falco, Peter Facinelli, Eve Best Creatore: Liz Brixius, Evan Dunsky, Linda Wallem Produzione: Showtime e Lionsgate Curiosità: L’attore Peter Facinelli veste il camice medico anche nella saga di “Twilight”, dove interpreta il di Alessandra De Tommasi Nurse Jackie è la risposta al vetriolo a Dr. House: chi vincerà la sfida tra camici, l’infermiera o il chirurgo? 42 | mondovoc Uno zelo di troppo Le vere trasgressioni televisive non riguardano le prostitute dalla doppia vita (“Il diario segreto di una squillo per bene”) o le casalinghe assassine (“Desperate Housewives”) ma hanno in comune con loro un’intera gamma di luci ed ombre. Il giorno e la notte le vede tutte protagoniste di comportamenti tra loro incostanti e incoerenti. L’immagine pubblica e quella domestica a volte viaggiano su binari inconciliabili. Nulla è mai quello che sembra. L’ultima serie a raccontarcelo è “Nurse Jackie” (in onda su Sky Uno), incentrata sulla vita e le opere di un’infermiera (interpretata da Edie Falco, reduce dal successo de “I Soprano”). Uno dei colleghi medici le dice: “Sei così zelante!”, etichettandola con un giudizio quasi sicuramente condiviso da tutti quelli che lavorano con lei. Professionale e impeccabile, si massacra di doppi turni (lavora 80 ore a settimana) e seda i vari dolori ricorrendo a farmaci spesso senza ricetta e camuffati nei modi più ingegnosi (come la bustina di dolcificante per il caffè). Un giorno una suora le aveva detto che gli esseri umani con grande propensione al Bene probabilmente avrebbero utilizzato la stessa indole verso il Male. Con una premessa del genere c’è da aspettarsi di tutto. E infatti Jackie non ci pensa due volte ad operare scelte “d’emergenza” e moralmente discutibili per aiutare quelli che ritiene in difficoltà quando un ventisettenne perde la vita in un incidente non esita a falsificarne la firma per donarne gli organi all’insaputa della famiglia. A volte il cocktail di farmaci assunti porta a momenti di distrazione, ma quando accadono si limita ad ammettere ad un paziente incosciente: “Ti ho quasi ucciso”, non senza accompagnare le parole con un bacio. Rimedi estremi Madre di due figlie, non dimentica mai di portare loro una brioche quando rincasa di sera tardi, né di riempire di attenzioni – nonostante la stanchezza – il marito barista (dopo averlo tradito poco prima con un farmacista). La sua missione da crocerossina, insomma, continua dopo il turno in ospedale e non stupisce che esca dall’edificio senza togliere la divisa neppure in metropolitana. Oltre a curare i pazienti ne giudica i familiari e anche se si ➔ Steel Su Fox La banalità con cui viene affrontata la ricerca del vero amore in questo telefilm farebbe venire l’orticaria persino alla più scontata delle pellicole romantiche. È ora di cambiare musica… Being Human Su Steel Il dilagare della vampiro-mania e della licantropo-dipendenza non esclude la possibilità di raccontare queste creature con acume e originalità. Lo dimostra quest’eccellette serie british! A guardarla sembra che sia impossibile compiere il proprio lavoro senza ricorrere a scappatoie e compromessi, ma di fatto nessuno spettatore riuscirebbe a rimproverarle qualcosa. A fine puntata il pubblico è portato a giustificare e segretamente ad applaudire il suo coraggio. Prima di farlo, comunque, occorrerebbe porsi una semplice domanda. Quale margine di discrezionalità ha una persona – anche se professionalmente molto capace – e fin dove può spingersi se si crede al di sopra delle leggi? ✖ Mi piace Jackie Peyton Showtime ➔ FOX The ex list considera un’amante del silenzio e una detrattrice delle chiacchiere, non manca di rimproverare una madre. La sua colpa è quella di aver tolto il casco al figlioletto per un book fotografico in skate lasciando che si procurasse un gravissimo danno in seguito ad una caduta. Rigido censore del comportamento altrui, ma moderatamente indulgente verso il proprio, sopporta l’inettitudine dei medici e le lamentele della libertina amica dottoressa compensando ogni frustrazione con atteggiamenti rischiosi e a volte ai limiti dell’incoscienza. Agisce d’impulso con fermezza e senza ripensamenti, sicura di compiere il proprio dovere di essere umano come una novella Robin Hood della corsia. ZAPPING il silenzio ✖ Non lasciatevi ingannare dallo sguardo materno e dal visino d’angelo di questa infermiera. In corsia come nel privato, Jackie nasconde oscuri segreti. Non solo fa uso di antidolorifici e tradisce il marito, ma usa la sua innegabile intelligenza per dividere in maniera discrezionale i Buoni dai Cattivi. “I dottori – spiega – sono qui per diagnosticare, non per curare. Siamo noi (infermiere) che curiamo”. Secondo questa sua personale legge contraddice i pareri medici – spesso a ragione – e impone il proprio giudizio sui più svariati casi clinici. Come Sant’Agostino anche lei ripete spesso: “Rendimi buono, Signore, ma non subito” a dimostrazione del fatto che in nessun campo permette che siano altri ad avere l’ultima parola. Non a caso subito dopo un turno di lavoro massacrante si rifugia in chiesa sdraiandosi sul banco della cappella per cercare una pausa e un po’ di pace dall’Inferno del reparto. La tirocinante che le viene affidata le dice: “Penso tu sia una santa”, ma lei stessa la guarda sorniona e non ci pensa due volte prima di scaricare su di lei la colpa di una sua malefatta. Quando arriva infatti al pronto soccorso una prostituta “tagliuzzata” per cui sono stati necessari 287 punti di sutura Jackie non esita a “punire” il colpevole. L’uomo, protetto dall’immunità diplomatica, avrebbe infatti evitato qualunque condanna, così lei decide di gettare nel water l’orecchio che la vittima gli aveva reciso. Quando viene letteralmente “a galla” la nostra protagonista ipotizza appunto una svista da parte dell’ultima arrivata. Nessuno, finora, ha notato che Jackie “amministra” la porzione di ospedale in cui lavora come se fosse un giudice divino: decide chi merita di essere aiutato e chi no e si prodiga per risarcire i più sfortunati con aiuti spesso anonimi. Per alcuni versi ricorda “Dexter”, il serial killer dei serial killer, perché si sostituisce alla Giustizia mettendo in pratica la propria filosofia di vita. In cuor suo, dopo tutto, è convinta di operare in buona fede e in qualche modo giustifica il proprio operato. A fine giornata, però, non riesce a perdonarsi fino in fondo. Il bene compiuto ha un prezzo molto (forse troppo) elevato e non le placa la coscienza. Le scelte quotidiane pesano come un macigno. Fino a quando riuscirà a conviverci? Warner Bros mondovoc | 43 CINEMA The last song Arriva al cinema il viaggio di Nicholas Sparks alla riscoperta della famiglia e dell’amore. di Alessandra De Tommasi Miley Cyrus Cosa succede quando ti senti tradito dai tuoi genitori da adolescente? Una delle reazioni più tipiche – e non solo a quell’età – è la ribellione. Scegliere qualsiasi strada possa ferire mamma e papà come “risarcimento” nei loro confronti sembra la soluzione ideale. La pensa così anche la protagonista di “The Last Song” (in uscita nelle sale italiane il 30 aprile per Walt Disney). Veronica Miller, detta Ronnie, è una diciassettenne carica di astio e rabbia da quando – tre anni prima – i suoi si sono separati. Da piccola aveva sempre manifestato un talento naturale per il piano, che gli aveva insegnato il papà Steve, professore alla prestigiosa accademia Juilliard. Ma poi tutto è cambiato e anche il rapporto con la madre Kim ha subito una violenta incrinatura che ha costretto la donna a mandare lei e il fratello minore 44 | mondovoc Jonah in vacanza dall’ex marito nella tranquilla cittadina della Georgia, Tybee Island. Quando la ragazza vi arriva manifesta fin da subito ostilità e diffidenza, almeno fino a quando non incontra un coetaneo, Will Blakelee, uno dei ragazzi più popolari del posto verso cui lei nutre un’istintiva avversione. Il rapporto tra i due porta Ronnie a sciogliere i nodi del proprio cuore e recuperare un rapporto all’apparenza perduto con il genitore attraverso il linguaggio che entrambi padroneggiano, la musica. La sceneggiatura è stata scritta da Nicholas Sparks in contemporanea con l’omonimo libro, anche se ultimata prima della versione letteraria (edito da Frassinelli in Italia). Lo scrittore, celebre per “Le pagine della nostra vita” e “Le parole che non ti ho detto”, ha creato il personaggio della protagonista su misura per Miley Cyrus adattandone la storia a quella della popstar che con questo film entra ufficialmente in una dimensione artistica più matura. “Ronnie – spiega l’attrice – è la tipica ragazza che era fan di Hannah Montana, ma ora non lo è più. Tutto quello che renderebbe contenti i genitori è quello che lei per spirito di contraddizione non ha intenzione di fare. Per me questo ruolo ha rappresento un momento di grande cambiamento oltre ad un’esperienza stupenda lontana da casa. È tempo che io cambi rotta e scelga parti più adulte con storie in cui il pubblico si possa relazionale. Tutto sembra Destiny Hope Cyrus (detta Miley) è nata il 23 novembre 1992 a Franklin, Tennessee (USA). Ha due fratellastri: Christopher Cody (nato da una precedente relazione del padre Billy Ray, famoso cantante country) e Trace (nato da una storia precedente della madre, assieme ad una sorellastra Brandi). Ha un fratello minore, Braison Chance e una sorella più piccola, Noah Lindsey. Celebre per la serie tv di Disney Channel, “Hannah Montana” (diventata anche un film), l’attrice-cantante vanta già una autobiografia, “La mia strada”, svariati tour internazionali e un franchise recentemente stimato in 1 milione di dollari. Considerata una delle teen star più potenti al mondo, ha di recente partecipato con un cameo nei panni di se stessa al di Antonio Valente MUSICA Heligoland (Virgin) Massive Attack Disney così drammatico al giorno d’oggi e per questo avverto la responsabilità del mio ruolo di modello per le ragazze. Comunque non rientra nel mio lavoro il compito di far loro da genitore”. A chi le chiede quale sia il messaggio del film risponde: “Mi sembra una pellicola molto intensa e commovente. È la storia di come questa ragazza riesca a trovare la propria strada di essere felice e di diventare una persona migliore attraverso la fede, l’amore e l’amicizia, tutti valori in cui credo moltissimo. Personalmente mi sento molto arricchita da questa esperienza lontana dai riflettori di Los Angeles. In California sono sempre gli altri a fare le cose per me e fino all’inizio delle riprese – l’estate scorsa – non ero neppure in grado di prenotare un volo via internet. Mi sentivo come se vivessi in una bolla di sapone quasi irreale, protetta da tutto e da tutti, continuamente al riparo dai paparazzi e dalle ingerenze esterne, sempre accudita da tanti babysitter. Oggi mi sento una giovane donna diversa, più sicura di me stessa ma sempre con i piedi ben saldi per terra”. Mentre questa farfallina ha già spiccato il primo volo in solitaria e lontano da Hollywood in giro per il mondo sono ancora tante le coetanee alla ricerca di una direzione. Questa pellicola non si prefigge l’obiettivo di dispensare risposte, ma di dare un po’ di serenità in un momento della vita che offre sempre meno punti di riferimento. film “Sex and the City 2”, oltre ad aver firmato una linea d’abbigliamento assieme allo stilista Max Azria ed essere stata ospite della Regina Elisabetta II. Fin da piccola ha seguito il padre per i vari concerti e anche sul set del telefilm “Doc”, dove ha esordito con un cameo. A 12 anni ha imparato a suonare la chitarra e attualmente si diletta anche come cantautrice. Sette anni dopo. Il tempo scorre lento come la preghiera per la pioggia (“Pray for rain”) con la quale i Massive Attack aprono il loro nuovo album “Heligoland”, affidandola alla voce di Tunde Adebimpe dei newyorkesi Tv on the Radio. Voce intensa, percussioni ossessive e scarni accordi di pianoforte: la magia del suono di Grant Daddy G Marshall e Robert 3D Del Naja, i due ex ragazzi trip-hop di Bristol (nella quale non ci sarebbe davvero bisogno di una preghiera per la pioggia…) è sempre coinvolgente. O avvolgente, fate voi, come nel caso di “Splitting the atom”, che avevamo avuto modo di ascoltare un po’ di tempo fa sull’ep che ha fatto da anticipazione a “Heligoland”. Proprio come “Pray for rain”. Sette anni anni sono tanti, ma l’attesa a volte paga. Così si può finalmente riporre l’ultimo lavoro in studio, “100th window”, e dedicarsi al nuovo capolavoro. E allora, eccoci tutti proiettati ad Heligoland, arcipelago a nord della Germania, che sembra essere proprio il non-luogo ideale per la musica dei Massive Attack. Dove ascoltare la veloce e sincopata “Babel”, con suoni oscuri e industriali in sottofondo, atmosfera cupa e la splendida Martina Topley Bird alla voce. Oppure “Girl I love you”, dominata dalla voce di Horace Andy, che ricorda i migliori episodi dei Massive Attack: alternanza di tempi ed atmosfere, giorno e notte che si abbracciano amorevolmente. O ancora “Psyche”, uno dei pezzi più elettronici e claustrofobici dal ritmo tranquillo ma incessante e ripetitivo che sorregge la voce di Martina Topley Bird. “Saturday come slow” spicca per la presenza di Damon Albarn, frontman dei Blur e Gorillaz: un brano lento e malinconico, con la voce di Damon che riesce a catalizzare su di sé tutta l’attenzione. Si chiude con “Atlas air” e Del Naja, che è di origini napoletane, alla voce: partenza con il caro veccho synt, poi ritmo tirato e suoni della nuova psichedelia su cui qualcuno può provare perfino a ballare e a sognare. Le vie del rock sono infinite Edoardo Bennato Torna alla musica dopo 5 anni di silenzio Edoardo Bennato, torna per comunicare contenuti importanti come le conseguenze della guerra in Afghanistan, l’ipocrisia e molto di più. Il nuovo album Le vie del rock sono infinite contiene 13 canzoni inedite, tra riflessioni private e memorie di viaggio (Cuba ed Afghanistan). L’artista non rinuncia però, come sempre, ad un ritratto spietato dell’Italia di ieri e di oggi. Due in particolare i brani che inducono a ragionamenti duri, impietosi: «Il capo dei briganti» e «C’era un re» dove, partendo da riferimenti alla storia del regno delle due Sicilie, si giunge alle mafie. Quanto alla formula scelta per comunicare contenuti o le conseguenze della Guerra in Afghanistan o l’ipocrisia di un sistema rappresentato in «WannaMarchilibera» le idee sono chiare: «Non faccio lezioni di geopolitica e non parlo in aule universitarie: io scrivo canzonette e devo divertire un pubblico che va dai bambini di cinque anni in su» ha dichiarato il cantautore. Largo al rock and roll, dunque. mondovoc | 45 PAROLA PER VIVERE Dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera di Marinella Perroni G Guardare la storia degli uomini con gli occhi della fede significa accorgersi che, sempre, alla banalità del male fa da controcanto la straordinarietà dell’intervento di Dio. Se Erode perseguita la Chiesa infliggendo il martirio a Giacomo, il figlio di Zebedeo, e facendo imprigionare Pietro, Dio opera la sua liberazione in modo prodigioso inviando il suo angelo. Per questo Luca incastona il racconto della miracolosa liberazione di Pietro dal carcere all’interno del racconto delle nefandezze di Erode: i crimini di Erode nei confronti dei cristiani e perfino delle sue stesse guardie, come anche la sua morte orribile, fanno parte di una storia che tutti possono vedere e conoscere, mentre le azioni straordinarie di Dio sono visibili solo agli occhi della fede. Iscritte dentro quella storia di sopraffazione e di violenza, esse tengono alta la speranza. Anche al prezzo di risultare creduloni e sognatori, i credenti in colui che è risorto e non muore più sanno che il male non ha né potrà mai avere l’ultima parola perché mai Dio ha abbandonato il suo popolo. Pietro stesso crede di avere una visione, obbedisce senza capire, e solo quando l’angelo lo lascia, libero fuori dal carcere, capisce che la sua liberazione dalla violenza del faraone di turno non fa che replicare, ancora una volta, quanto Dio ha fatto per il popolo che si è scelto lungo il corso della sua storia plurisecolare. C’è qualcosa, all’interno del racconto dell’incarcerazione e della liberazione di Pietro, che chiede attenzione. Tutto avviene, è vero, per intervento miracoloso di Dio. Eppure, Luca ci tiene a sottolineare che l’intervento straordinario di Dio si compie dentro una precisa cornice: mentre Pietro è tenuto in carcere, la comunità prega incessantemente per lui e, dopo la sua liberazione, egli stesso decide di andare lì dove la comunità è riunita per pregare, in casa di Maria. Questo significa che, proprio mentre Erode si ingrazia il popolo operando il male, nella città di Gerusalemme va avanti l’“altra storia”, cresce e si radica in profondità la fede della comunità dei credenti in Gesù. Ormai non c’è più soltanto il gruppo che fa capo a Giacomo, il fratello del Signore, e agli altri discepoli, c’è anche quella che fa capo a Maria riunendosi nella sua casa. E Pietro decide di ricominciare proprio da quella casa. Il racconto dell’apparizione di Pietro alla comunità riunita in preghiera, ricalca, sia pure rinunciando ad ogni solennità e scegliendo un tono quasi comico, i racconti delle apparizioni di Gesù alla comunità dei discepoli dopo la risurrezione. La reazione della comunità all’annuncio della serva di nome Rode, che viene considerata fuori di testa, è del tutto corrispondente a quella di Pietro stesso e degli altri discepoli di fronte alla testimonianza della risurrezione di Gesù da parte di Maria di Magdala e delle altre discepole il mattino di Pasqua, che essi considerano un vaneggiamento (Lc 24,10). Luca sa molto bene che il modo di agire di Dio non è né evidente né scontato e che la comunità ha bisogno dei suoi tempi per riuscire a vedere e a credere all’“altra storia”, quella cominciata all’alba della risurrezione. Pietro, d’altra parte, come anche Barnaba e Saulo che, come sembra, facevano parte anch’essi della comunità che si riuniva a casa di Maria, capiscono che è ormai tempo di andare da un’altra parte. Non per paura, ma perché la Parola di Dio, che cresce e si diffonde, li chiama a una responsabilità missionaria. Luca sa che la nascita del vangelo è legata a Gerusalemme come a quella città santa e al suo tempio erano in qualche modo legate la nascita e la morte del Messia. Sa anche, però, che l’annuncio della risurrezione di Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di andare, incessantemente, verso “un altro luogo”. “Pietro, dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano” (At 12,12). 46 | mondovoc di Marinella Perroni LIBRI di Luciano Cabbia Uno strumento utile e aggiornato per non inchinarsi, in sottomessa adorazione, al dio-digitale e alla sua furia espansionistica. Giulio Meazzini, La famiglia e i nuovi media. Manuale di sopravvivenza, Città Nuova Editrice, Roma 2009, pp. 176. I nuovi media: se li conosci non li eviti Il rapporto tra giovani, adulti, nuovi media e futuro è segnato dalla velocità con cui le tecnologie cambiano e i comportamenti si evolvono, specialmente tra i ragazzi. È necessario confrontarsi su questo argomento tra genitori, e tra genitori e figli, perché oggi l’educazione passa sempre più attraverso i media, anziché tramite famiglia e scuola, come una volta. Media che hanno grandi potenzialità per la crescita delle nuove generazioni e non vanno quindi rifiutati solo perché è faticoso stare dietro a tutte le novità che i ragazzi imparano velocemente, e meglio degli adulti. Il libro è diviso in quattro sezioni: Tendenze; Salvagenti; Segnali; Approdi. Sono brevi spunti e situazioni, prese principalmente dalla vita di famiglia e dall’esperienza quotidiana, trattati volutamente senza eccessivi approfondimenti tecnici. Il libro è indirizzato ai genitori, per continuare a stare accanto ai loro ragazzi in questo mondo sempre più tecnologico; ma è rivolto anche ai giovani, soprattutto quelli che hanno voglia di riflettere e confrontarsi con la realtà della comunicazione (di oggi e di domani) per provare a gestirla da protagonisti. Vuole essere un invito al “dialogo tra generazioni” in un mondo tecnologico troppo complesso per una sola generazione. Infanzia, educazione e nuovi media Philippe Meirieu e Jacques Liesenborghs, Edizioni Erickson, Gardolo (TN) 2008, pp. 148. Sotto forma di intervista tra due esperti mondiali di Scienze dell’Educazione, il libro rivisita le tappe decisive dell’educazione, prendendo in considerazione non solo la famiglia, la scuola e il tessuto sociale, ma anche i nuovi ambiti rappresentati dal mondo dei nuovi media e della cultura visuale. Guida la TV. Grandi e piccoli davanti alla televisione Lucio D’Abbicco, Guida la TV. Paoline Editoriale Libri, Milano 2008, pp. 240. Curato da MED – Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione – il libro è un prontuario di riflessioni, consigli per l’uso, recensioni di programmi…, per “governare i media” con intelligenza e responsabilità, per “guidare la TV (e non farsi guidare passivamente da essa). La TV in mano. Riflessioni in punta di dita Giovanni Anversa – Antonio Mazzi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2008, pp. 144. Il titolo non nasconde la presunzione di possedere la conoscenza totale del mezzo TV, bensì la consapevolezza di avere tra le mani un oggetto familiare e, insieme, soverchiante ed estraneo. Una riflessione intorno a qualcosa che sta determinando il futuro delle coscienze e delle società. Nota biografica Giulio Meazzini, è ingegnere nucleare con studi in bioingegneria. Ha lavorato per molti anni nel campo dell’Information and Communication Technology, in progetti italiani ed europei. È padre di famiglia. Fa parte di NetOne. È uno dei più acuti osservatori dell’influenza dei nuovi media sulla vita quotidiana degli adulti, ma soprattutto dei giovani. Numerose sono le conferenze che ha tenuto e tiene in tutta Italia per spiegare cosa è “la pedagogia nei tempi del digitale”. mondovoc | 47 RISPONDE Lettere Padre Sandro Perrone Mio figlio e il “Grande Fratello” Caro Padre, in parrocchia ho trovato casualmente il suo giornale e ho dato un’occhiata incuriosita. Poi ho pensato di scriverle per un problema che mi angustia da tempo. Certamente ha sentito parlare e forse anche ha visto il “Grande Fratello”. Alla televisione hanno anche passato un trailer di un film in cui un padre e un figlio si scontrano proprio su questa trasmissione. In casa viviamo oggi come un inferno perché mio figlio si è letteralmente infatuato di questo programma diseducativo che io detesto per tutti i motivi di questo mondo; lui invece vive in attesa della trasmissione, si collega continuamente su internet, ne discute a scuola con i compagni, per strada con gli amici, ci assilla in famiglia; parla ed agisce come i concorrenti, smania di parteciparvi, litiga con noi genitori appena ci permettiamo di dissentire su questa sua “pazzia”. Cosa dobbiamo fare? (Una “mamma disperata”, Milano) Cara “mamma disperata”, credo che ci sia ben poco da fare a questo punto. Se non vado errato, la trasmissione è terminata ed avrete una tregua di quasi un anno. Tuttavia, vorrei fare una considerazione di carattere generale: mi sembra che nelle famiglie sia scomparsa la cultura del “no”. Sembra che tutto sia dovuto, tutto permesso, tutto consentito. I genitori non riescono più a negare nulla ai propri figli. Forse si sentono in colpa per qualche “assenza” (materiale, morale, spirituale) e allora “cedono” su tut- 48 | mondovoc Mio figlio e il “Grande Fratello”. Come si fa a pregare? Io non sono proprio capace! Mio fratello è andato a vivere insieme con la sua ragazza. ti i fronti: ogni richiesta è accordata, ogni domanda esaudita, ogni capriccio diventa legge e non si riesce ad imporre un minimo di regole e di disciplina, salvo poi lamentarsi che “questa casa è diventata un albergo” o “noi non siamo i tuoi servitori” e via cantando. Un bambino che cresce senza regole è un “bambino sbagliato”, convinto che tutto il mondo sia a sua disposizione e a suo servizio: si accorgerà presto che non è così, ma lo farà a danno dei suoi genitori, che “schiavizzerà” sempre di più, fino a diventare un “bamboccione” di 35 o 40 anni (e anche di più, come la cronaca di questi giorni ci ha insegnato). Quando poi si vuole ricorrere ai ripari, in genere è troppo tardi: ci sono le situazioni come quelle della “mamma disperata” o quelle più tragiche di ragazzi suicidi, perché incapaci di accettare un “no” per loro inspiegabile ed assurdo. L’educazione è un fatto serio: non va lasciata in mano ai dilettanti! Matrimonio e convivenza? Caro Padre, mio fratello è andato a vivere insieme con la sua ragazza (lui dice “la mia compagna”) e non le dico che cosa è successo in famiglia. I miei genitori sono dei bravi cristiani, anche se non praticanti, e non hanno accettato questa scelta. Io francamente non so che cosa pensare, sono indecisa fra le ragioni di mio fratello e le lamentele dei miei genitori. Chi ha ragione? (Donatella, Borgo alla Collina, Arezzo) Cara Donatella, non si tratta di chi ha ragione e chi torto, ma di scelte di vita sulla base delle proprie convinzioni morali e religiose. Su quali motivi religiosi i tuoi genitori si oppongono se, come tu stessa scrivi, sono “bravi cristiani ma non praticanti” (aspetto ancora il giorno in cui qualcuno mi spiegherà che cosa significa questa formula che sento un po’ troppo spesso)? L’autorità non è sinonimo di autorevolezza; la prima è facile averla, basta anche un piccolissimo piedistallo (anche autofabbricato), la seconda si conquista giorno per giorno con la coerenza della vita, la testimonianza limpida, lo sforzo costante di adeguarsi ai grandi principi ispirati al Vangelo. Qualcuno diceva che se non si vive come si pensa, si finisce per pensare come si vive. Secondo me, aveva ragione. Non so pregare Caro Padre, vorrei tanto farle una domanda che mi vergogno di porre al mio parroco: come si fa a pregare? Io non sono proprio capace! (“Incapace” di Taormina, Messina) Caro “incapace”, pregare significa parlare con Dio nella maniera più semplice possibile, come si parla alla persona che si ama, come si parla all’amico, al papà o alla mamma. Le “formule” aiutano a pregare, ma possono portare anche alla distrazione (la bocca dice una cosa e la mente è altrove…). La “preghiera del cuore” è la formula più facile e più famosa: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me”; il resto dipende dalla fantasia e soprattutto dall’amore.