L`astrofisica e la divulgazione
Transcript
L`astrofisica e la divulgazione
ricerca e risorse L’astrofisica e la divulgazione L’eclisse del 29 marzo 2006 Giuseppe Leto L a nostra società fa uso sempre maggiore di prodotti della scienza e della tecnologia. Si tratta di oggetti o servizi sempre più complessi e sofisticati di cui si apprezza con facilità l’aspetto funzionale senza percepirne appieno il valore in termini di prodotto dell’ingegno umano. Questa scarsa comprensione è alla base della “separazione” tra cultura scientifica e larghi strati di popolazione. Il solco che divide i pochi che hanno consapevolezza del valore della scienza e della ricerca scientifica e la parte maggioritaria, poco sensibile al ruolo che la scienza ha nella nostra società, appare oggi profondo. Ci chiediamo se la situazione sia modificabile o irreversibile, così come appare. È nostro convincimento che si possa fare molto e che l’iniziativa debba partire proprio da coloro che sono pienamente coinvolti nelle attività di ricerca. Questa convinzione non nasce solo da un atteggiamento positivista o semplicemente ottimista nei confronti dell’uomo, ma è concretamente fondata sull’esperienza di contatto diretto con il pubblico. Nell’organizzazione di eventi dedicati alla divulgazione dell’astrofisica, ogni volta che si riesce a rendere fruibile al vasto pubblico l’osservazione diretta di un fenomeno astronomico si ottiene la contemporanea sollecitazione di curiosità ed attenzione verso la scienza in generale. La risposta di pubblico risulta in questi casi sempre superiore alle aspettative e sempre con evidenti manifestazioni di interesse, che spaziano oltre l’evento in atto. Questo evidenzia in modo chiaro una forte e diffusa domanda di informazione e cultura scientifica. Il vero tema, dunque, non è la presunta insensibilità generalizzata verso la scienza e la ricerca, ma la difficoltà del mondo della ricerca a trovare le strade adeguate a raggiungere coloro che, per mancanza di occasioni o informazione, sono distanti. Da queste convinzioni nasce il forte impegno dell’Istituto nazionale di astrofisica ed in particolare dell’Osservatorio astrofisico di Catania che, di concerto con la sezione astrofisica del dipartimento di Fisica e Astronomia della nostra università, promuove iniziative ad ogni occasione possibile per attirare l’attenzione del pubblico sulla scienza e sull’astrofisica in particolare. All’osservatorio è stato costituito un ufficio il cui compito è di organizzare in modo sistematico la realizzazione di iniziative di divulgazione ([email protected]), grazie alle quali oltre 12.000 persone hanno partecipato ad attività curate da astronomi e docenti universitari nel solo anno 2005. L’ultima, in ordine di tempo, è stata l’apertura al pubblico del- Fig. 1 Immagine del Sole al momento del massimo dell’eclissi del 29 Marzo 2006. Osservazione Osservatorio astrofisico di Catania l’osservatorio astrofisico, all’interno della Città universitaria, in occasione dell’eclissi solare del 29 marzo scorso. L’eclissi è stata totale in una fascia del globo terrestre comprendente parte dell’Africa centrale, della Libia, il confine tra Libia ed Egitto, parte della Turchia e dell’Asia centrale. A Catania l’eclissi è stata parziale ed è stata visibile dalle 11:20 fino alle 13:48. Il massimo di oscuramento del disco solare, pari a circa il 65 %, si è avuto alle ore 12:33. 31 ricerca e risorse Fig. 2 Grafico ottenuto dalla tabella creata dai bambini della Scuola elementare S. Giuffrida di Catania milliVolts Eclisse 29 marzo 2006 1050.00 1040.00 1030.00 1020.00 1010.00 1000.00 990.00 980.00 970.00 960.00 11:00 11:30 12:00 12:30 13:00 13:30 14:00 Tempo Eclissi 29 marzo 2006 La manifestazione è stata pensata non solo per rispondere alle esigenze del pubblico locale ma anche per mettere a disposizione di tutta la comunità di internet le immagini dell’eclissi. Abbiamo sviluppato un servizio di diffusione delle immagini dell’eclisse via web in tempo reale (http://www.eclisse2006.it/) grazie al quale è stato possibile seguire l’evoluzione del fenomeno. Il sito ha avuto un riscontro di pubblico notevole: durante l’eclissi sono stati circa 200.000 gli internauti che hanno “partecipato” all’evento attraverso la rete (in Fig. 1 un immagine al momento della fase centrale dell’eclissi). Contemporaneamente i visitatori hanno potuto fruire di 32 Un giorno senza eclissi una breve presentazione multimediale, effettuata a cura di astronomi e docenti, propedeutica alla comprensione del fenomeno delle eclissi solari e successivamente hanno potuto effettuare osservazioni dirette al telescopio. L’iniziativa è stata molto gradita dalla cittadinanza e sono stati oltre 500 i visitatori, molti più di quanto ci si aspettasse. Il display dell’immagine del sole in diretta su un grande schermo posto all’ingresso dell’osservatorio, l’impegno del personale scientifico e tecnico nell’accogliere e seguire i gruppi di visitatori, ha permesso di chiudere la giornata di divulgazione raccogliendo apprezzamento e soddisfazione del pub- Fig 3 Sotto: un momento della registrazione dei dati dell’”esperimento scientifico” effettuato presso il Circolo didattico S. Giuffrida. blico, costituito da persone di ogni età e livello culturale. Erano presenti scolaresche organizzate ma anche famiglie e bambini: tutti hanno goduto dello spettacolo offerto dalla natura. L’Osservatorio aveva predisposto per la giornata anche un altro modo di “vedere” l’eclissi. Infatti in collaborazione con il Circolo didattico S. Giuffrida di Catania è stato organizzato un esperimento di misura della variazione di luce durante l’eclissi. I bambini della scuola hanno contribuito a creare il grafico di variazione di luce usando uno strumento appositamente predisposto. Su un supporto sono stati montati un piccolo pannello solare, un voltmetro ed un orologio, ogni variazione di luminosità sarebbe stata registrata, in prima approssimazione, come variazione della tensione misurata dal voltmetro. Il compito dei bambini è stato creare una tabella annotando il valore indicato dal voltmetro e l’orario della misura. I bambini, protagonisti di un esperimento scientifico, hanno condotto l’esperienza con successo come mostrato dal grafico riportato in Fig. 2. Anche in questo caso l’entusiasmo dei bambini e degli educatori è stato ricerca e risorse tale da portare ad un risultato finale estremamente positivo, ognuno ha potuto verificare nei fatti quanto discusso in classe nelle lezioni preparatorie. Inoltre, l’esperimento ha anche permesso ai bambini di toccare con mano la possibilità di utilizzare il sole come fonte di energia. Il pannello solare, infat- ti, è stato collegato anche ad un gioco meccanico (un’elica) che quindi è stato tenuto in movimento grazie all’energia solare prodotta. L’iniziativa del 29 marzo 2006 ha dimostrato che ci sono larghe fasce di popolazione, di vari livelli culturali che hanno voglia e piacere di essere in qualche modo avvicinati alla scienza. L’eclisse si è trasformata per tutti gli intervenuti in un momento di appagamento delle proprie curiosità con innumerevoli domande agli astronomi. Il bilancio di una giornata di pacifica invasione dell’Osservatorio può essere quindi considerato estremamente positivo. Per quanto detto, riteniamo che iniziative come “La città della scienza”, vedi articolo sul numero 1/2006 del “Bollettino d’Ateneo”, siano di grande rilevanza culturale e sociale e si inseriscono su una situazione culturale che appare sensibile agli stimoli. “La città della scienza” sarà certamente un’iniziativa di successo e l’INAF-Osservatorio astrofisico di Catania insieme alla sez. Astrofisica del dipartimento di Fisica e astronomia saranno ben lieti di potere dare un contributo di valore. Una galleria fotografica degli eventi organizzati in occasione dell’eclissi del 29 marzo 2006 ed informazioni generali sulle eclissi sono disponibili su http://eclisse.oact.inaf.it. Informazioni sulle attività divulgative possono essere trovate su http://www.oact.inaf.it/outreach_it.html. Fig. 4 Sopra: un momento della misura della variazione di luce durante l’eclissi solare, a turno tutti i bambini hanno potuto effettuare la “loro” misura Fig. 5 Un momento dell’invasione pacifica dell’Osservatorio durante l’eclissi 33 La bioetica: da dove e per chi Mario Alberghina L a bioetica è prepotentemente balzata alla ribalta come disciplina di insegnamento universitario nelle facoltà scientifiche a seguito dell’avvio del nuovo ordinamento didattico a Medicina. Il corso integrato di Scienze umane ed il core curriculum della laurea magistrale in Medicina e Chirurgia prevedono, infatti, unità didattiche elementari che ad essa fanno preciso riferimento. In alcune università italiane pionieristiche, anche la facoltà di Scienze ha inserito, in corsi di lauree magistrali di Biologia, crediti didattici che si rifanno ai principi della bioetica. Essendo quest’ultima una scienza molto giovane, come per tutte le discipline di nuovo ingaggio sul territorio universitario nazionale, la pratica del suo insegnamento nei corsi di bioscienze ha oggi caratteristiche di improvvisazione. Premesso che è ampiamente riconosciuta la necessità di dibattere con gli studenti i principi della bioetica, si pone il problema di chi deve insegnarla, se medici, filosofi o religiosi, o se l’indirizzo didattico deve essere laico ovvero confessionale (vedi il recente libro di G. Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica, Mondadori 2005). Per i primi possiamo dire che ancora oggi è presente nel medico la matrice sacerdotale ed è vivo il rapporto paternalistico col paziente; per i secondi e terzi, possiamo rimarcare che essi scono- 34 scono la pratica medico-biologica. La bioetica è una scienza storica; dipende dal contesto sociale e culturale in cui essa è definita. È nata a seguito del progresso tecnico e delle nuove possibilità da esso aperte. Queste ultime favoriscono l’affermazione di una nuova cultura di approccio all’uomo e alla sua corporeità. In quest’ultima accezione, forse vale la pena andare alla ricerca delle origini della bioetica, appunto storiche, e comprendere da quando datano e come possono aiutarci ad impostare il problema didattico di oggi. Tra gli argomenti di attualità bioetica possiamo citare: fecondazione assistita, trapianti d’organo, eugenetica, biotecnologie, ingegneria genetica, accanimento terapeutico, eutanasia, consenso informato, sperimentazione clinica, rapporto medico-paziente, inquinamento ambientale, limiti delle bioscienze. Alcuni di questi temi sono in parte antichi, altri sono decisamente moderni. La natura dell’ereditarietà ed il suo meccanismo sono rimasti a lungo avvolti nel mistero e solo nel XX secolo è stata trovata la chiave di lettura. La produzione di ibridi di piante da parte di J.G. Kölreuter (1733-1806) e G. Mendel (1866) poneva problemi etici? Certamente no. Ma è anche vero che il riconoscimento del ruolo della sessualità e dell’equivalente contributo genetico materno e paterno nelle piante entrò in conflitto con i dogmi scientifico-religiosi a suo tempo imperanti; bisognò aspettare la teoria cellulare e gli esperimenti di fecondazione di O. Hertwig (1875) per capirne di più sull’ereditarietà. Solo col microscopio elettronico (1940) si è svelato il contenuto di quello che era chiamato il “protoplasma” da Purkinje (1839) e l’importanza del nucleo cellulare. Questo solo per dire che l’avanzamento tecnologico necessita di una revisione culturale, di un riallineamento di comportamenti sociali e metascientifici. Dicevamo che le difficoltà attuali possono più facilmente essere comprese mediante un excursus storico, cioè di scoperta nel passato delle radici della bioetica moderna, che mostri in quale modo si è giunti alle problematiche odierne. Preoccupazioni etiche (non ancora bioetiche) permeano l’intera storia del sapere filosofico e medico occidentale a partire da Ippocrate, Platone, Aristotele. I tre concetti di epistéme (conoscenza), doxa (opinione), ethòs (comportamento) sono chiaramente elaborati dalla filosofia greca classica che li usa nella diffusione del sapere tecnologico. Il giuramento di Ippocrate della metà del IV sec a.C. è il primo codice deontologico in difesa della vita e dell’interesse la didattica del malato. Platone, che apprezza Ippocrate, sottolinea il rapporto tra sapienza-etica e sapere pratico. Ma l’eugenetica formulata da Platone nella Repubblica (è lo Stato a scegliere gli individui per una discendenza perfetta) pone problemi bioetici? Certamente si. Nello stesso mondo greco vive e fruttifica la medicina teurgica (sacerdotale o magica) che coltiva l’immagine di una guarigione proveniente dagli dei. Asclepio, comune mortale e archetipo della figura del medico, è mitizzato e deificato, e la medicina dei templi di Apollo ed Asclepio viene esportata nella stessa forma e contenuti a Roma. Qui la medicina greca arcaica e templare convive con una medicina laica in edifici iatreion (ambulatori) accanto ai templi o tabernae del suburbio. La subentrante medicina monastica, di matrice benedettina, ricalca la classicità, cioè la medicina greco-bizantina, e nella lunga notte medioevale, buia anche per la semeiotica medica e la terapia, la visione teologica e filosofica del cristianesimo domina l’insegnamento e la pratica della medicina fino al XVII secolo, ben oltre le scoperte rinascimentali della nuova anatomia e l’affermazione del metodo sperimentale di Galilei. Né saranno gli statutes dell’Inghilterra del XVI secolo, che codificano corporativisticamente la professione sanitaria, ad avere slanci bioetici. La Controriforma stabilisce ancora una volta il monopolio religioso sulla morale e sulla scienza. A nulla vale l’esercizio della filosofia della natura sostenuto dagli antiaristotelici nonscienziati, B. Telesio, G. Bruno e T. Campanella. Difenderanno la cosmologia copernicana, sosterranno che la natura ha un’anima, che solo l’esperienza e non i concetti precostituiti fanno progredire la scienza, che il fine del- l’uomo è la propria conservazione e non l’esercizio aristotelico della ragione, ma alcuni di loro finiranno davanti ai tribunali dell’Inquisizione. Sull’inutilità della conoscenza delle essenze dei fenomeni, sulla necessità della scoperta delle leggi che li regolano, sull’utile esercizio della matematica e sull’estraneità tra spirito e materia, fra anima e meccanica fisiologica, si baserà il meccani- la materia, seguita a ruota dall’antimeccanicismo di Leibniz: Dio ha creato il mondo e le sue leggi armoniche in un istante; la natura è continua e preformata. A questo punto del nostro percorso storico, con l’affermazione di tecniche più avanzate, che pur sempre è un processo più veloce del progresso filosofico, i problemi bioetici connessi, se esistono, non sono ancora problemi sociali e restano relega- Tavola tratta dall'opera di L. Spallanzani "Saggio di osservazioni microscopiche...", Modena 1765 ti nei laboratori e nelle accademie. Nel tardo Settecento si perviene alla laicizzazione della cultura biologica (fisiologica), medica e filosofica. Si discute accanitamente di preformismo del vivente (nell’uovo precostituito l’essere è presente in miniatura, o nell’ovaio di Eva sono tutti gli individui della sua discendenza), di creazionismo (atto divino creativo degli elementi e degli organismi della natura), di negazione della generazione spontanea. Su quest’onda, il preformista abate Spallanzani inizia gli studi sull’embriologia e sulla fecondazione artificiale nella rana e nei cani, mentre la vivisezione e l’elettricità animale sono strumenti diffusamente impiegati nelle ricerche fisiologiche del primo cismo cartesiano d’impronta antiaristotelica. A cui fa eco l’avvento del meccanicismo e della iatromeccanica nella fisiologia e medicina del XVII secolo (Harvey, Malpighi, Borelli, Redi, Boerhaave): la macchina come modello esplicativo della realtà e della concretezza empirica, Dio come il meccanico per eccellenza (il Divino Macchinista) e la natura come ineguagliabile perfezione meccanica matematizzabile. Principi e comportamenti destinati a cadere sotto i colpi dell’etica di Spinoza che rivendica nuovamente l’unità tra il mondo dello spirito e quello del- 35 la didattica Ottocento. Il microscopio acromatico di Amici consente infine la codificazione della teoria cellulare del botanico Schleiden, del biologo Schwann e del patologo Virchow. Gli studi sul naturalismo evoluzionistico e quelli a carattere geo-paleontologico dello stesso periodo vedono molti tentativi di inserimento dei risultati ottenuti ancora nel quadro del racconto biblico della creazione (ortodossia cattolica). La naturphilosophie ed il carattere mitologicoestetico della scienza romantica rallentano ogni afflato progressista e tecnicista delle nascenti bioscienze. La forte contrapposizione epistemologica tra La- 36 Renato Paresce, Natura morta meccanica, 1931, olio su tela marck, Geoffroy Saint-Hilaire e Cuvier non ha alcuna sfaccettatuta bioetica, ma resta un conflitto sull’interpretazione e strutturazione della conoscenza biologica nell’era pre-darwiniana. Dalla pubblicazione del Medical Ethics ad opera di Thomas Percival, nel 1794, alla formulazione del Codice etico della National Medical Convention di New York del 1874, codice intriso di considerazioni filantropiche e di appoggio morale al paziente, passano ancora ottanta anni privi di riferimenti e dibattiti bioetici. Quasi lo stesso nume- ro di anni passerà fino alla Dichiarazione di Ginevra della World Medical Association del 1948 (obbligo del consenso informato). Solo in tempi recenti si sono codificati i campi d’azione distinti tra etica medica e deontologia. L’etica medica è vista come morale professionale che si appoggia ad una filosofia morale applicata alla medicina, al rapporto medico-paziente; la deontologia come un insieme di doveri verso il paziente, di norme comportamentali insite in un contesto sociale e culturale. Nei 2000 anni successivi agli atomisti greci e ad Aristotele (De generatione) ben poco di significativo e di veramente nuovo è stato, dunque, aggiunto a proposito della generazione e dell’ereditarietà. Da Linneo a Mendel passa il percorso fondativo della scienza della genetica. L’embriologia ha preso il via solo nel 1828. La bioetica, pertanto, non affonda le radici nei grandi dibattiti etico-filosofici del passato, ma è il frutto contemporaneo dell’evoluzione tecnologica del secondo Novecento, quando siamo saltati dalla semplice osservazione scientifica alle manipolazioni biologiche (prima definizione di morte cerebrale, primi trapianti d’organo). L’oncologo americano Van R. Potter conia il termine bioetica = condotta umana nel campo delle scienze della vita e della salute (ecologia globale della vita) nel 1971. Se la storia del pensiero scientifico e filosofico poco ci aiuta a riconoscere gli odierni concetti bioetici, ciò nonostante le spesso inconciliabili posizioni rivali, scaturenti da differenti concezioni antropologiche, e la multiforme tipologia delle bioetiche moderne, vanno messe a confronto e illustrate agli studenti perché essi, nel futuro esercizio professionale, si troveranno quasi sicuramente su un terreno di scontro.