BRESCIAOGGI Recensione

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BRESCIAOGGI Recensione
 BRESCIAOGGI
Domenica 19 Ottobre 2008
RECITAL. ZANETTI, BETTINI E CINELLI Suoni e immagini La Chanson strappa emozioni Da Bruant a Brassens e Brel, così la Francia ha fatto scuola Emozione allo stato puro. Canzoni dolci e struggenti. Note ribelli e irriverenti. L’esistenzialismo e il cabaret, la Rive Gauche e i cafè concert, l’assenzio e le Gitanes: quando l’Europa non era ancora periferia Usa e Parigi era la capitale del mondo. C’è tutto il sapore di un’epoca, il rimpianto di un’innocenza perduta, il sapore di una trasgressione conquistata nello spettacolo «La chanson francaise» visto l’altra sera alla Biblioteca di Concesio, ma destinato a una (sperabile) circolazione sulle scene della provincia dopo il debutto estivo a Gardone Valtrompia. Lo spettacolo è un mix di immagini, parole e canzoni dal vivo. Non una banale «cover» ma un autentico viaggio a rebours alla scoperta di un filone (la canzone d’autore francese) che ha solide radici ottocentesche ma che ha conosciuto splendori assoluti nel secolo breve, quando -­‐ sotto la dittatura illuminata di Jacques Canetti alla Polydor -­‐ Brel, Brassens e Ferrè hanno dettato un gusto, uno stile, un paradigma musicale da un capo all’altro del globo, spaziando dal canadese Cohen all’italiano De Andrè, solo per citare i sommi. Flora Zanetti (ideatrice dello spettacolo, autrice dei testi, voce e cuore sulla scena) s’era misurata in passato con altri autori, da Dylan a De Andrè, sempre convincendo il suo pubblico. La «Chanson» spicca ora per misura e maturità, calore e ricchezza, complice la sintonia perfetta con gli estri e gli umori di Piergiorgio Cinelli (voce e chitarra) e Andrea Bettini (voce e fisarmonica). Il racconto -­‐ scandito da immagini che catturano ininterrottamente lo sguardo dello spettatore, e gli provocano lo choc del déja vu e della scoperta -­‐ muove dalla liberazione di Parigi, dalla voce di De Gaulle, evoca la febbre che pulsava attorno a Saint Germain des Pres, ai locali frequentati da Juliette Greco e Simon de Beauvoir, da Vian e Sartre. Poi c’è un rapido viaggio filologico (il Virgilio della situazione è il sacro testo di Guido Armellini) alla ricerca delle radici di tanto splendore: le canzoni di strada rivoluzionarie, i Cafè concert della Terza repubblica, i cabaret della Belle Epoque, le censure e i furori della seconda guerra mondiale. Da Pottier a Bruant, da Charles Trenet a Edith Piaf, dal «Chat noir» all’Olympia, un racconto tutto temperamento e cultura porta a scoprire il terreno da cui spuntarono i fiori di Brassens e Brel. L’irriverente e il maudit. In apertura c’erano state «Le feuilles mortes»: quelle musicali di Debussy, quelle poetiche di Prèvert. Parigi come mito. Parigi come luogo dell’anima. M.TE.