XXXVII CONGRESSO AIAS

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XXXVII CONGRESSO AIAS
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
44° CONVEGNO NAZIONALE, 2-5 SETTEMBRE 2015, – UNIVERSITÀ DI MESSINA
AIAS 2015 - 533
SUGLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI DI LUCE NELLA
CARATTERIZZAZIONE DI MATERIALI TRAMITE TECNICA DIC
M.Badalonia,b, A.Lattanzia
Università Politecnica delle Marche – DIISM ,via Brecce Bianche, 60100 Ancona, Italia, e-mail:
m.badaloni.univpm.it; [email protected]
b
KU Leuven – MTM, campus Ghent, Gebroeders de Smetstraat, 9000 Gent, Belgio, e-mail:
a
[email protected]
Sommario
È ben noto come la misura di campi di spostamento e deformazioni ottenuta tramite la correlazione di immagini
digitali (DIC) sia affetta da numerose fonti di errore che ne influenzano i risultati. Tra le più importanti vanno cit
ate: il rumore, i movimenti rigidi e l'illuminazione. In particolare, il presente contributo rivolge l'attenzione ai ca
mbiamenti di illuminazione. Per prima cosa, vengono presentati gli attuali metodi usati per correggere tale fonte
di errore, come l'uso di filtri e luci monocromatiche oppure l'uso di algoritmi di correlazione robusti. In aggiunta,
due nuovi metodi numerici sono proposti. Le varie soluzioni sono valutate in termini dell’errore ottenuto quando
le misure sono utilizzate per la caratterizzazione di materiali. Per questo, alla DIC è associato un metodo di ident
ificazione inverso, ovvero il metodo dei campi virtuali (VFM). In particolare sono stati eseguiti test di trazione s
u provini in alluminio 6061 T6. I risultati mostrano come i due nuovi metodi numerici introdotti garantiscano bu
oni risultati così come l'uso di opportuni algoritmi di correlazione, seppur con importante riduzione delle tempist
iche di calcolo.
Abstract
The awareness that Digital Image Correlation (DIC) is influenced by many error sources is increasing. Amongst
them there are: noise, rigid motions and lighting changes. In particular, the present work focuses on the changes
in the lighting conditions. The actual solutions are presented, such as the use of filters and monochromatic lights
or the use of robust correlation algorithms. Furthermore, two new numerical methods, therefore with no extra
costs in the set-up, are introduced. All the solutions are evaluated and compared in terms of material
identification. To do so, DIC is coupled with an inverse methodology such as the virtual fields method (VFM).
In particular, uni-axial tensile tests are performed on aluminum specimens. Results show that the two new
numerical methods can give results as using appropriate correlation algorithms, the computational times are
reduced though.
Parole chiave: DIC, identificazione di materiali, illuminazione, test sperimentali, metodi numerici.
1. INTRODUZIONE
Tra le molte tecniche presenti nei laboratori di meccanica per ottenere mappe di spostamento e
deformazione sulla superficie di provini sottoposti a carichi statici o dinamici, le tecniche ottiche si
stanno diffondendo molto velocemente. Una di queste, semplice da realizzare e con bassi costi, è la
correlazione di immagini digitali (DIC) [1]. Sebbene la DIC permetta di ottenere mappe anche molto
complesse, i risultati possono essere fortemente influenzati da numerosi fattori. Conseguentemente,
ottenere dati affidabili non è cosi scontato. Ad esempio, una semplice variazione dei parametri
caratteristici della DIC (es.: subset, stepsize e virtual strain gage) ne può variare i risultati. In
letteratura molti studi sono stati dedicati a questo argomento[2,3]. Oltre a tali impostazioni, anche le
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incertezze sperimentali sono molto importanti. Quelle che influenzano più i risultati sono il rumore, i
movimenti rigidi in piano e fuori dal piano e le variazioni di luce. Una procedura di simulazione,
verificata poi sperimentalmente, ha permesso in [4] di valutare l’impatto relativo delle differenti fonti
di errore. Tale contributo ha dimostrato che i cambiamenti nelle condizioni di luce durante un test
rappresentano una delle fonti di errore più importanti. Il presente lavoro verterà su tale fenomeno.
Alcune delle soluzioni esaminate sono già state proposte, come l’uso di filtri e luci monocromatiche
[5] e l’uso di algoritmi di correlazione appositamente sviluppati [6]. Nel presente contributo, due
nuove soluzioni sono proposte. L’idea è di modificare le immagini sperimentali prima che a queste
venga applicata la DIC, con lo scopo di rimuovere gli effetti indesiderati dovuti a cambiamenti nelle
condizioni di luce tra le immagini di riferimento e deformata. Queste nuove soluzioni sono comparate
con i metodi esistenti e sono mostrati i benefici e gli aspetti negativi dei vari metodi.
2. PROCEDURA
Il confronto è stato effettuato eseguendo dei test di trazione mono-assiale su provini in alluminio 6061
T6, rimanendo in campo elastico. I provini sono stati sottoposti a due livelli di carico, a valori di forza
pari rispettivamente a Fmin=100 N e Fmax=10100 N. Ogni livello di forza è stato mantenuto costante per
60 secondi nei quali sono state prese 50 immagini. Nel set-up due camere telecamere CMOS Pixelink
B361F model con risoluzione di 1280x1024 pixel con lenti da 25 mm sono state utilizzate. Come
banco di trazione è stata utilizzata una Zwick/Z050 con afferraggi a cuneo. Le condizioni di luce sono
state assegnate utilizzando due luci ottiche bianche e una luce monocromatica. In particolare, durante i
test, la posizione delle luci bianche è stata ripetutamente variata per riprodurre delle variazioni di
illuminazione, in modo simile a quello che può avvenire sperimentalmente, specialmente in ambienti
non controllati. Le immagini sono state elaborate tramite DIC per ottenere le mappe di spostamento e
deformazione, quindi è stato applicato il metodo dei campi virtuali (VFM) per identificare le proprietà
elastiche del materiale, ovvero il modulo di Young (E) e il coefficiente di Poisson (ν). La procedura di
identificazione tramite VFM su materiali lineari elastici è ormai consolidata e non verrà qui descritta,
si rimanda comunque a [7] per una lettura esaustiva a riguardo. Il confronto tra i diversi metodi per
compensare le variazioni di luce è stato fatto in base ai parametri del materiale identificati, in
particolare considerando i valori medi e di varianza di E e ν. I valori medi di riferimento per il
materiale scelto sono E=65000MPa e ν=0.33. Da come concluso in [4], le variazioni di luce
influenzano specialmente la varianza di tali valori lungo le 50 ripetizioni cicliche effettuate, per cui a
questa è stata dato il maggior peso nel seguito del lavoro. In Figura 1 è possibile osservare il set-up
sperimentale.
Figura 1: set-up sperimentale
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3. FILTRI E LUCI MONOCROMATICHE
I filtri ottici passa banda trasmettono selettivamente solo la luce emessa con determinate lunghezze
d’onda, filtrando le altre indesiderate. Associandovi una luce monocromatica adatta, si riescono ad
ottenere immagini nitide. Prima di utilizzare questi dispositivi nei test, alcune prove preliminari sono
state svolte per individuare il miglior filtro da usare (in termini di lunghezza centrale d’onda, CWL, e
larghezza intera a metà massimo, FWHM). In particolar modo, si è scelto un filtro con 540nm di
CWL, per cui si è utilizzata una luce monocromatica con uno spettro di intensità tra i 520 e i 540nm.
Le stesse telecamere utilizzatevpresentano un picco di efficienza per il verde alla stessa lunghezza
d’onda del filtro. In tabella 1 è riportato lo schema del test fatto.
Test 1
Test 2
Test 3
Tabella 1: schema riassuntivo dei test relativi ai filtri e luci monocromatiche
Set-up DIC tradizionale
Set-up standard e variazioni di luce
Set-up DIC con filtro e luci monocromatica
Luci bianche accese
Set-up standard e variazioni di luce
I risultati relativi sono riportati in tabella 2
Test 1
Test 2
Test 3
Tabella 2: risultati test filtri e luci monocromatiche
Deviazione standard E [MPa] Deviazione standard ν
323
0.0083
303
0.0063
1338
0.0157
Si può osservare come l’uso di luce monocromatica e del filtro non migliori la deviazione standard sui
parametri identificati (vedasi test 1 e 2). In aggiunta, quando i cambiamenti di luce sono forzati (test
3), sebbene siano utilizzati il filtro e la luce monocromatica, le deviazioni standard aumentano
fortemente, mostrando come tale soluzione non riesca a risolvere il problema. Ciò può essere
confermato guardando alla Figura 2.
4
4.5
x 10
4
No filter
Filter
4
3.5
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
0
50
100
150
Grey levels
200
250
0.5
Figura 2: istogrammi delle immagini e relative deviazioni standard
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Figura 2 mostra gli istogrammi di due immagini (di riferimento e deformata) considerate per l’analisi
DIC assieme ai relativi andamenti di deviazione standard in funzione dei livelli di grigio delle
immagini stesse. È evidente come l’uso del filtro e della luce monocromatica portano effettivamente
dei benefici ma solamente oltre un certo valore di livelli di grigio (intorno a 100), mentre le immagini
sperimentali considerate hanno l’istogramma prevalentemente sotto questa soglia. I risultati mostrati in
Tabella 2 sono dunque coerenti con quanto appena osservato.
4. ALGORITMI DI CORRELAZIONE
La soluzione attualmente più diffusa nella comunità scientifica e in campo commerciale per risolvere
il problema dell’illuminazione è quella di utilizzare algoritmi di correlazione più robusti nell’analisi
DIC [8]. Con particolare riferimento alla DIC locale, per un subset di (2N+1)×(2N+1) pixel centrati in
un punto P(x0,y0), l’algoritmo cerca di valutare un subset che nell’immagine deformata g, con centro
P’(x0’,y0’) sia il più simile possibile, in termini di livelli di grigio, a quello dell’immagine di
riferimento f. In questo lavoro vengono confrontati due tra gli algoritmi presenti in letteratura, il
“normalized sum of squared differences “(NSSD) e il “zero-normalized sum of squared differences“
(ZNSSD). In taluni casi l’NSSD viene considerato come ANSSD (approssimated NSSD), tuttavia
questa ne è solo una differente denominazione. In formule:
N
 f ( xi  y i )
N

C NSSD 
i  N j  N

f
g ( x' i  y ' i ) 

g


(1)
Dove
f 
N
N
2
   f ( x i  y i )
g
N
N
  g ( x'  y' )
2
i
i  N j  N
i  N j  N
(2)
i
Mentre lo ZNSSD può essere espresso come
 f ( x i  y i )  f m g ( x' i  y ' i )  g m 
C ZNSSD    


f
g
i  N j  N 

N
N
2
(3)
Dove
N
1
N
fm 
  f (x , y )
2 N  1
f 
   f (x , y )  f 
2
N
i  N j  N
i
N
i  N j  N
i
2
i
i
m
gm 
g 
N
1
N
g ( x'
2 N  1  
2
N
i  N j  N
N
  g ( x'
i  N j  N
i
, y' i )
, y' i )  g m 
2
i
(4)
(5)
Sostanzialmente i due metodi variano nel modo in cui gestiscono i cambiamenti di luce. Con l’NSSD
sono corretti solo cambiamenti lineari di illuminazione, mentre lo ZNSSD riesce a correggere anche
fluttuazioni più complesse. I risultati sono riassunti in Figura 3.
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7.4
6
-0.5
E
[Mpa] 4
ν
-1
2
-1.5
0
-2
-2.5
E
Experimental correlation using ZNSSD algorithm
x 10
0.38
7.2
0.36
E 7
[Mpa]
0.34
6.8
0.32
6.6
0.3
Young modulus [MPa]
0
Poisson ratio 
Young modulus E [MPa]
0.5
8
-2
(a) ZNSSD
4
Experimental correlation using ASSD algorithm
x 10
0.28
6.4
E


-4
0
5
10
15
20
25
Cycles
30
35
40
Cicli
45
-3
50
6.2
0
5
10
15
20
25
Cycles
Cicli
30
35
40
45
0.26
50
Figura 3: risultati del test relativo agli algoritmi di calcolo
Dai risultati è possibile vedere come in alcuni cicli la correlazione fallisca utilizzando l’algoritmo
NSSD e la deviazione standard sia molto elevata. Utilizzando invece lo ZNSSD la deviazione standard
viene fortemente ridotta, confermando la bontà della soluzione e giustificandone la diffusione come
attuale metodo risolutivo per i cambiamenti di luce. Tuttavia l’uso di un algoritmo più robusto come lo
ZNSSD non è libero da aspetti negativi, quello più gravoso è un aumento evidente nei tempi di calcolo
necessari alla correlazione. Questo aumento è attestabile attorno al 40% in più rispetto al tempo
necessario ad algoritmi più semplici come l’NSSD.
5. NUOVI METODI NUMERICI
L’idea alla base dei metodi che verranno presentati è quella di analizzare le immagini che devono
essere elaborate con la DIC, modificandole prima che le stesse vengano correlate, rimuovendo per
quanto possibile contributi non voluti dovuti a cambiamenti nelle condizioni di luce. Per fare questo,
vengono confrontati gli istogrammi delle immagini, le quali vengono poi corrette secondo due metodi
di seguito illustrati. È importante sottolineare che, sebbene le immagini vengano interamente
modificate, le correzioni vengono fatte basandosi solamente sulla regione dell’immagine dove è
presente il provino e dunque non considerando lo sfondo dietro di esso. I due diversi metodi verranno
presentati e poi i risultati di entrambi riportati alla fine del capitolo.
5.1 Metodo dell’indice di contrasto (CIM)
Nella pratica di chi lavora con la DIC, è noto che immagini il cui istogramma copra tutti i livelli di
grigio disponibili (256 per immagini ad 8 bit) garantiscano in genere un errore minore. Tuttavia non è
ovvio quantificare qualora le immagini siano troppo chiare o scure nelle diverse applicazioni. Ciò
potrebbe nel peggiore dei casi comportare un basso contrasto nelle immagini che si tradurrà in
mancate correlazioni e risultati errati provenienti dalla DIC. A questo proposito, è stato introdotto per
prima cosa un indice di contrasto definito come
Cindex  pct 95%  pct 5%
(6)
Questo indice fornisce una idea del contrasto nelle immagini rimuovendo gli estremi livelli di grigio
nelle immagini dovuti a pixel morti o saturati, considerando percentili (pct) del 95% e del 5%. Grazie
a questo indice, le immagini sono state modificate come segue
I 
*
CIM

I 0   pct 5%  n
Cindex
GL
(7)
ν
Poisson ratio 
(a) NSSD
4
10
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 
Dove I * CIM rappresenta l’immagine normalizzata mentre I 0  rappresenta l’immagine acquisita
sperimentalmente. Tale correzione viene effettuata sia sulla immagine di riferimento che sulla
deformata. In Figura 4 è possibile visivamente confrontare le immagini sperimentali “grezze” e le
immagini modificate con i rispettivi istogrammi. È ben visibile come le immagini subiscano una forte
variazione, tuttavia si può notare come ci sia meno differenza tra l’immagine di riferimento e la
deformata dopo l’applicazione del metodo.
10
4
x 10 Original histograms
ref
def
8
8
7
7
6
6
5
4
3
3
2
2
1
1
0
100
200
Grey Levels
ref
def
def
refnorm
defnorm
defnorm
refnorm
defnorm
5
4
0
x 10 Normalized histograms
9
Points
Points
9
ref
4
10
0
refnorm
0
100
200
Grey Levels
Figura 4: istogrammi delle immagini prima e dopo la modifica e corrispondenti immagini
5.2 Metodo dell’indice dell’istogramma (HIM)
Un secondo metodo proposto valuta la differenza degli istogrammi in termini di distanza euclidea,
essa rappresenta sostanzialmente la differenza tra gli istogrammi delle immagini e viene presa come
un indice di confronto tra gli istogrammi. Per via del carico applicato e dunque della deformazione
dello speckle, le immagini di riferimento e deformata non potranno essere esattamente uguali. Tuttavia
si prende un valore di soglia dell’indice, oltrepassato il quale le immagini vengono corrette. Questo
valore di soglia è preso sperimentalmente come la minima differenza rilevata lungo i 50 cicli
performati. La correzione viene effettuata in tal modo
I 
*
HIM
 I 0  B1  B2
 
Dove I *
HIM
(8)
rappresenta le immagini modificate e I 0  le iniziali immagini sperimentali. B1 e
B2 sono matrici che compensano le variazioni di luce. In particolare B1 scala gli istogrammi
mentre B 2 li trasla lungo i livelli di grigio. Queste matrici vengono aggiornate in un processo
iterativo che termina solo se l’indice dell’istogramma diventa inferiore alla soglia pre-impostata,
oppure dopo un certo numero di iterazioni qualora non si raggiungesse una convergenza dei valori.
Il processo iterativo è mostrato in Figura 5. È bene sottolineare come tale processo venga fatto solo se
le immagini risultino essere particolarmente differenti, altrimenti l’analisi avviene nella modalità
standard.
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Test sperimentale
Histograms best fitting with = 0.81912
14000
Aggiornare l’indice di
differenza degli
istogrammi
ref
def
defsim
12000
10000
8000
6000
4000
]+
2000
0
Immagini acquisite
Ref
Def
0
50
100
150
200
]
250
Confronto istogrammi
No
Experimental histograms
9000
ref
def
8000
7000
6000
Differenza < Soglia
5000
4000
3000
2000
1000
0
0
50
100
150
200
250
300
Si
Processo Iterativo
DIC
Parametri del materiale
VFM
Figura 5: schema seguito nel metodo dell’indice degli istogrammi
I risultati ottenuti mediante l’uso dei due nuovi metodi introdotti sono riportati in Tabella 3. Le
immagini corrette con i due metodi sono state poi elaborate utilizzando entrambi gli algoritmi di
correlazione i cui risultati sono riportati per completezza.
no mod
CIM
HIM
Tabella 3: risultati sui parametri ricercati utilizzando i due nuovi metodi introdotti
NSSD
ZNSSD
medie
deviazioni standard
medie
deviazioni standard
E [MPa] ν
E [MPa]
ν
E [MPa] ν
E [MPa]
ν
64125
0.2295 1318
0.0292
64449
0.2277 699
0.0098
64513
0.2230 702
0.0139
64443
0.2270 674
0.0093
64283
0.2317 629.
0.0103
64447
0.2277 694
0.0098
Riassumendo quanto mostrato nella Tabella 3, i due metodi correttivi (CIM e HIM) riescono a ridurre
i valori di deviazione standard rispetto al caso standard (no mod). In particolar modo anche utilizzando
algoritmi di correlazione che normalmente soffrono i cambiamenti di luce, come l’NSSD, i due metodi
forniscono risultati ben paragonabili a quelli ottenibili con algoritmi più avanzati, come lo ZNSSD.
Questo conferma la bontà delle metodologie introdotte. Tuttavia i metodi proposti presentano un
vantaggio non di poco conto, ovvero permettono di ottenere risultati validi come quelli ottenuti
utilizzando lo ZNSSD in tempi paragonabili all’uso di algoritmi più leggeri come l’NSSD. Ciò è
evidenziato in Figura 6.
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Confronto su  e sul tempo di correlazione utilizzando
(a) NSSD
(b) ZNSSD
1500 0.3
0.3
1500

tempo
0.1
500 0.1
puro
HIM
CIM
0
tempo [s]

0
1000
tempo [s]
1000 0.2

0.2
0
500
puro
HIM
CIM
0
Figura 6: confronto tra tempi e coefficienti di Poisson per le metodologie introdotte
6. CONCLUSIONI
In lavori precedenti è stato dimostrato come i cambiamenti di luce influenzino notevolmente la tecnica
DIC. In particolare gli effetti sono visibili sulle deviazioni standard delle misure, che si ripercuotono
sulle deviazioni standard dei parametri costitutivi del materiale identificati qualora alla DIC venga
associata una metodologia inversa come il VFM. Idealmente la DIC deve essere applicata in set-up
con illuminazione costante e buon contrasto (50 GL). Tuttavia nella pratica comune ciò non sempre è
possibile per cui si sono dovute trovare delle soluzioni a tale problema. Relativamente alla prima
soluzione proposta, ovvero l’uso di filtri e luci monocromatiche, tale soluzione non ha portato a
particolari benefici in questo caso specifico. In aggiunta essa comporta costi aggiuntivi dovuti
all’equipaggiamento da comprare. Ciò rende la DIC meno attrattiva dal punto di vista economico, il
quale è sostanzialmente uno dei punti di forza della tecnica. Inoltre, tale soluzione non può essere
utilizzata in ambienti non controllati. La seconda soluzione, quella più diffusa, ovvero l’utilizzo di
algoritmi di correlazione robusti come lo ZNSSD riesce a ridurre fortemente il problema senza costi
aggiuntivi. Tuttavia questi algoritmi comportano tempi di calcolo più lunghi. Due nuovi metodi
numerici sono stati qui presentati quali il metodo dell’indice di contrasto (CIM) e il metodo dell’indice
dell’istogramma (HIM). Tali metodi, in modo differente, agiscono sulle immagini rimuovendone i
contributi non voluti dovuti a variazioni di luce. I risultati sono incoraggianti in quanto essi
permettono di ottenere valori confrontabili con quelli ottenuti con lo ZNSSD ma con ridotti tempi di
calcolo.
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