Il chirurgo filosofo che inventò il ritocco estetico per curare l`anima
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Il chirurgo filosofo che inventò il ritocco estetico per curare l`anima
di Matteo Persivale Il chirurgo filosofo che inventò il ritocco estetico per curare l'anima Rio de Janeiro, Ivo Pitanguy aveva 93 anni r 1 chirurgo plastico più famoso del mondo rispondeva con infinita cortesia e voce melodiosa «no» in cinque lingue diverse, oltre al portoghese - a tutti i pazienti che gli chiedevano di farli tornare giovani. Il brasiliano Ivo Pitanguy, morto ieri a Rio de Janeiro a 93 anni, 24 ore dopo aver portato - seduto sulla sedia a rotelle - la fiamma olimpica verso lo stadio, spiegava che la macchina del tempo non era ancora stata inventata, che voler tornare giovani era una condizione psicologica che lui, con il bisturi, non poteva curare. Pitanguy poteva rendere uomini e donne «più simili all'immagine che hanno di sé», correggendo i difetti che vedevano riflessi nello specchio, per farli diventare a pieno titolo sé stessi, non per trasformarli: «Sono uno psicologo con il bisturi». Dopo la laurea a Rio e la specializzazione negli Stati Uniti era tornato a casa per diventare famoso, a quarant'anni non ancora compiuti, grazie al lavoro per ricostruire i volti delle vittime di un terribile incendio. Pitanguy fu sì un milionario festaiolo e poliglotta, con chalet a Gstaad e appartamento parigino nel sedicesimo arrondissement, fu sì il confidente - in abito su misura sotto il camice - di un esercito di divi e dive del cinema, politici, industriali, sceicchi, perfino dello sciamano d'una tribù amazzonica che si rivolse a lui perché «sto diventando vecchio e sembro meno autorevole». Fu proprietario di un'isola tutta sua, Ilha dos Porcos Grande a Angra dos Reis dove accoglieva gli amici famosi. Ma fu anche il teorizzatore della chirurgia estetica non come disciplina per i ricchi e famosi ma per tutti coloro che non si sentivano a proprio agio con sé stessi. Ai ricchi, negli anni 70, chiedeva 1o mila dollari per un ritocco (oggi, calcolando l'inflazione, sarebbero 44 mila) ma operava gratis i bambini con malformazioni al palato. E all'ospedale pubblico Santa Casa Misericórdia di Rio, la Fondazione Pitanguy garantisce da decenni interventi gra, tis per i pazienti poveri («E l'iniziativa più importante del la mia carriera, quella di cui sono più orgoglioso»). La seconda soddisfazione più grande? L'omaggio, nel 1999, di una scuola di samba che lo volle protagonista, al Carnevale, di un'allegoria nella quale lui rappresentava l'ideale della Bellezza: «Una gioia speciale, l'omaggio della gente semplice». La lista dei pazienti famosi? Spiegava di non divulgare mai nomi «perché chi è stato da me lo nega, e quelli che dicono di esserci stati io non li ho mai visti in vita mia». Però nel corso dei decenni si fecero i nomi - da lui mai smentiti - di Jacqueline Kennedy Onassis, Wallis Simpson, François Mitterrand, re Hussein di Giordania, Joan Crawford, e Brigitte Bardot. «La storia della chirurgia plastica - spiegò alla rivista americana di moda «W» otto anni fa - ha origine dal trau- ma: dalla distruzione nasce la ricostruzione». Ricordava ai colleghi più giovani che la chirurgia plastica è nata durante la Prima guerra mondiale per aiutare tutti quel soldati rimasti sfigurati. Quello che non tollerava è che qualcuno si riferisse alla chirurgia estetica come a una branca «superficiale» della medicina: «Essere felici con se stessi non è per nulla superficiale. Le mie operazioni non sono destinate Glí annii Settanta Chiedeva migliaia di dollari ai vip ma operava gratis i bimbi con le malformazioni soltanto al corpo dei miei pazienti, ma anche alla loro anima». Perché se la rivoluzione scientifica di Pitanguy è stata quella di importare nella chirurgia estetica le tecniche ricostruttive, una rivoluzione ancora più importante l'ha fatta nella creazione della moderna figura del chirurgo estetico. Il comandamento più importante: «Non strafare». Perché se Pitanguy ebbe un segreto, fu quello di «non strafare, perché significherebbe creare una finzione, una maschera senza espressione: l'espressione è vita». Chiamava il volto di una persona eccessivamente ritoccata dal chirurgo «la maschera della morte». RIPRODUZIONE RISERVATA RUA DUNA MARIANA 65 È l'indirizzo della clinica di Rio de Janeiro dove Pitanguy - fra foglie di banano e una architettura anni 6o - ha ricevuto migliaia di pazienti e protagonisti del jet set internazionale, che negli anni 7o brillavano sulle pagine dei giornali (a sinistra tre giorni fa mentre porta la fiaccola olimpica). C R,PRoouziovE z!SEZVnra Si sarebbero rivolti a Pitanguy (dall'alto): Jacqueline Kennedy Onassis, re Hussein di Giordania, François Mitterand e Wallis Simpson do, Nella struttura II famoso chirurgo plastico brasiliano Ivo Pitanguy all'ingresso della sua clinica a Rio de Janeiro (roto d' Paulo Frldman/Cor'ois v'ia Getty rnages)