Cambi automatici per Pale Caricatrici fino a circa 250

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Cambi automatici per Pale Caricatrici fino a circa 250
Cambi automatici per Pale Caricatrici fino a circa 250 kW di
Potenza motore (benna da 5,5 m3) con trazione idrostatica.
Fra le macchine movimento terra la pala caricatrice (FEL con acronimo inglese) serve per caricare
tramite la benna anteriore ad esempio il cassone di un Dumper (autocarro da fuoristrada) posto ad una
ventina di metri di distanza dal punto di carico, il tempo del ciclo di lavoro è normalmente di circa
mezzo minuto.
In questo tempo la pala deve entrare nel mucchio del materiale facendo strisciare la benna anteriore e
spingendo sulle ruote posteriori (le ruote anteriori sono normalmente sollevate), all’arresto per il
riempimento della benna questa deve essere sollevata sempre effettuando la massima spinta in avanti
e facendo perno sulle ruote anteriori (quelle posteriori sono spesso sollevate in questa fase): situazione
detta di Break-Out.
Quando la benna è piena ed alzata occorre arretrare il più velocemente possibile invertendo il senso di
marcia e poi avanzare il più velocemente possibile verso il Dumper arrestandosi alla giusta distanza e
scaricando la benna ad un altezza di circa 2,5 metri di altezza (riferimento all’esempio allegato).
Per far questo ciclo di lavoro alla Pala occorre dunque disporre di un cambio, possibilmente
completamente automatico per facilitare il conducente, che permetta di spingere fino allo slittamento
delle ruote (tiro massimo allo slittamento > 0,8 x peso) con una velocità residua (1-2 km/h) anche se
parte della potenza del motore termico viene richiesta dall’utilizzo della benna (fino ad un massimo del
50% della Potenza disponibile), invertire istantaneamente il moto accelerando velocemente sul primo
ramo fino al vertice del percorso a “V” da effettuare, frenare invertendo il moto ed accelerare
velocemente sul secondo ramo per portarsi vicino al Dumper ove frenare fino a fermarsi alzando la
benna per scaricare e ripetere il ciclo a “V” per un nuovo carico.
Inoltre il cambio deve poter accelerare la pala fino alla velocità massima di trasferimento su strada.
Per cicli corti la velocità massima raggiungibile è di circa 10-12 km/h, per quelli più lunghi si possono
raggiungono anche i 18-20 km/h ma per il trasferimento su strada è meglio poter raggiungere velocità
vicine i 40 km/h massimi legali.
I cambi automatici più utilizzati sono normalmente quelli con innesti a frizione per inserzione delle
marce sotto sforzo tipo “power-shift” (senza interruzione della potenza da trasmettere, vedi uno
schema alla pagina successiva) e dotati di un convertitore di coppia in ingresso che altro non è che un
ulteriore cambio automatico con fattore di conversione R (Velocità massima su velocità minima in piena
potenza) abbastanza limitato ed uguale a circa due e mezzo (rapporto uscita/entrata del convertitore di
coppia pari al minimo di circa 0,4 se si vogliono mantenere rendimenti accettabili >65%, vedi sotto).
Da notare che per diversi convertitori con maggiori rapporti di coppia allo stallo (circa 3 al massimo) i
rendimenti peggiorano, mentre per altri con bassi rapporti di coppia allo stallo (circa 2) i rendimenti
aumentano anche oltre l’80% e si spostano verso rapporti più lunghi.
L’ultima fase (non sempre presente) detta di innesto è possibile quando il distributore non è
rigidamente bloccato ma è montato su ruota libera ed a bassi scorrimenti può ruotare con la pompa ed
il convertitore, ridotto ad un giunto idrocinetico, presenta un rendimento di poco inferiore al rapporto di
trasmissione istantaneo per crollare poi al sincronismo.
Per le applicazioni a maggior potenza si hanno spesso fino a 4 velocità in avanti ed altrettante indietro
(velocità massime standard sono di solito circa 40-20-10-5 km/h) proprio per poter rispondere alle
richieste sopra espresse. Di seguito si allega lo schema di un tipico cambio ZF 3 WG 100 a tre velocità.
Gli automatismi, il convertitore di coppia e soprattutto i passaggi marcia con trasmissione della potenza
di questi cambi “power-shift” aiutano molto dando una sufficiente continuità di moto alla Pala
caricatrice compresa l’inversione ma non hanno alcun effetto frenante (a meno di non innestare la
marcia avanti quando ancora si procede in retromarcia e viceversa) e soffrono l’utilizzo della potenza
da parte degli accessori (utilizzata ad esempio dai cilindri idraulici per la movimentazione della benna
anteriore sotto sforzo) in quanto a parità di regime del motore termico principale se una buona parte
della coppia viene usata per questo uso, solo quella rimasta può essere utilizzata dal convertitore: in
pratica se il tiro a bassa velocità (1-2 km/h) può facilmente far slittare le ruote a piena potenza alla
massima spinta, con un utilizzo di metà della potenza per movimentare la benna anche il tiro di
trazione viene dimezzato portando ad un arresto del moto pur mantenendo la spinta residua.
Per meglio comprendere occorre ricordare che il convertitore di coppia è una macchina idraulica che
una volta fissato il rapporto fra la velocità di uscita e quella ingresso (TAU) presenta angoli fissi di
incidenza ed uscita dell’olio in circolo rispetto alle palettature delle tre giranti (pompa, turbina e
distributore) e quindi sia la moltiplica di coppia (MU) che il rendimento (ETA) fra gli alberi di uscita ed
entrata sono costanti mentre la coppia assorbita ha il tipico andamento parabolico.
Questo significa che il motore termico è obbligato a seguire questa parabola nel campo regime/coppia
e l’incrocio è determinato dalla massima coppia disponibile all’uscita del motore in quel momento.
In realtà se le resistenze all’albero di uscita sono minori, come normalmente avviene, tranne nel caso
della fase di stallo al “Break-Out” prima descritta, il veicolo ed il motore termico accelerano ed il
convertitore cambia rapporto automaticamente andando verso scorrimenti e moltipliche di coppia
minori fino a quando si può anche arrivare nel campo di innesto ove la coppia uscente è sempre uguale
a quella entrante ed il convertitore può funzionare come un giunto idraulico, sempre che il distributore
(che è la terza girante del convertitore) sia fissato tramite una ruota libera che lascia ruotare solo nel
verso di rotazione del motore e non rigidamente connesso come nel precedente schema di cambio.
Altra considerazione che si può fare è la scelta del tipo di accoppiamento fra motore e cambio: il
motore A) è quasi libero (funzionerà spesso in regime di scarto regolatore a coppie minori della
massima possibile), il motore B) ha un accoppiamento più rigido ed il C) darà le migliori prestazioni in
trazione (tipica soluzione di accoppiamento motore-convertitore per trazioni automobilistiche).
Le pale caricatrici però non sono autocarri ed oltre che alla trazione la potenza del motore termico
serve a movimentare velocemente la benna sotto sforzo pertanto l’accoppiamento tipico per pale
caricatrici sarà intermedio fra quelli del motore A) e di quello B) del precedente schema.
L’alternativa tecnicamente disponibile all’utilizzo dei cambi “power-shift” per le pale caricatrici è utilizzo
di una trasmissione idrostatica (pompa + motore ambedue a cilindrata variabile) che per le basse
velocità è molto favorevole perché se ad esempio è richiesta la metà della potenza del motore termico
dagli ausiliari per la movimentazione della benna od altro, semplicemente si dimezza la velocità
(proporzionale alla portata dell’olio) ma non la spinta (proporzionale alla differenza di pressione) che
rimane invariata e massima, proprio perché a differenza del convertitore di coppia che è una macchina
idraulica a palettatura fissa, i componenti idrostatici possono variare la loro cilindrata sotto controllo
idraulico od elettronico.
Il sistema di trasmissione poi non solo accelera ma frena anche ed inverte il moto semplicemente
invertendo il flusso della portata nella pompa ma con spinta sempre massima da cui deriva una
estrema facilità di controllo della velocità pur con elevate spinte.
Il sistema è un poco complicato perché occorre trasformare la potenza del motore termico in pressione
e portata da parte della pompa a cilindrata variabile, portare con tubazioni questo olio in pressione al
motore idraulico a cilindrata variabile ove viene trasformata in potenza all’ingresso del cambio che in
uscita è collegato con i due ponti da alberi cardanici per cui la potenza viene poi trasmessa alle quattro
ruote motrici attraverso i differenziali spesso autobloccanti (vedasi schema sottostante).
Naturalmente la temperatura dell’olio idraulico deve essere controllata (intorno ai 90°C) da un grosso
radiatore che è molto più grande di quello che deve controllare le temperature dei cambi “power-shift”
ove le temperature dell’olio del convertitore possono raggiungere anche i 120 °C.
Oltre ai rendimenti meccanici (ogni coppia di ingranaggi nel cambio e nel ponte sotto coppia con
relativi cuscinetti e con lo sbattimento dell’olio assorbono poco meno del 3% della potenza transitante)
ed a quelli dei servizi idraulici o circuito di lavoro (corrispondenti mediamente ad un 9% della potenza
motore), vi è dunque nella trazione idrostatica anche un rendimento volumetrico (anche se l’olio è
quasi incomprimibile vi sono sempre perdite evidenziate dalla differenza di pressione e dalle basse
portate) ed un rendimento meccanico sia per pompa che per il motore idraulico che devono essere
confrontati con i rendimenti del convertitore di coppia (65%-80% e più) del cambio “power-shift”.
Da tempo nei convertitori di coppia idrocinetici il distributore è spesso montato su ruota libera proprio
per aumentare il rendimento nel campi dei piccoli slittamenti ma proprio l’uso di inserire la marcia
avanti mentre la pala retrocede e viceversa per aggiungere un effetto frenante ed accelerare il
particolare ciclo di lavoro porta ad urti continui sul distributore che quindi è meglio abbia un
collegamento fisso e non a ruota libera, innesto che potrebbe venir presto danneggiato nel tipico uso.
Posto quindi in questi termini un raffronto fra l’efficienza (e dunque in prima approssimazione fra i costi
di esercizio) ed i costi di impianto di una pala a trazione idrocinetica rispetto a quelli valutati per una a
trazione idrostatica sembrerebbe senza storia a favore della prima.
In realtà le cose non stanno proprio così: non solo non bisogna confondere l’Efficienza (Potenza
utilizzata / Potenza spesa) con l’Efficacia (Risultato ottenuto / costo totale impiegato) per cui quello che
interessa sono in realtà i metri cubi di materiale caricato rispetto ai costi totali sostenuti che sono
anche proporzionali al tempo impiegato (un cambio tradizionale, tipo quello di un autocarro o di un
trattore agricolo, sarebbe efficientissimo, fino ad oltre il 95%, ma otterrebbe tempi ciclo lunghissimi e
quindi costi totali improponibili), ma nei costi totali giocano altri fattori oltre che il tempo ciclo (spesso
pure a favore dell’idrostatica per un più facile controllo di guida del mezzo) come ad esempio il costo
del rinnovamento dei pneumatici che risultano meno sollecitati dalla soluzione idrostatica per una
minor coppia alle bassissime velocità (non vi è infatti il picco di coppia presso la condizione di stallo ma
la massima trazione è già verso i 2 km/h) e per il miglior controllo durante il moto con conseguenti
minori inutili accelerazioni e quindi usure.
Sulle pale di piccola potenza infatti la soluzione idrostatica è universalmente la più utilizzata, anche se
più costosa, proprio perché la facilità di guida non richiede piloti super specializzati.
Vi è però un secondo aspetto che potrebbe facilmente sfuggire.
Tutti sanno che i consumi specifici di un motore tipo diesel rispetto al piano cartesiano regimi / coppie
assume la forma di una cipolla sezionata con il centro a circa la metà del regime massimo ed in
corrispondenza ad una coppia che è fra i 3/4 ed i 4/5 di quella massima (vedi allegato).
La conseguenza ovvia è che per ottenere la potenza richiesta col minimo consumo di carburante
bisognerebbe far funzionare il motore termico all’intersezione fra la potenza costante richiesta (iperbole
equilatera nel piano regimi / coppie o Pressioni medie effettive nel motore) con la linea chiusa di minor
consumo specifico e questo è possibile con la trazione idrostatica proprio perché si può variare la
cilindrata della pompa ma non lo è per il convertitore che ha palettature fisse e sempre funziona sulle
parabole di accoppiamento (la situazione è evidenziata nello schema seguente).
Tutto questo è vero però in realtà molto spesso il fattore tempo è così determinante che si usa il
motore a tutta manetta: anche qui però il convertitore spesso non può assorbire tutta la potenza del
motore per bassi scorrimenti mentre la soluzione idrostatica può lasciar funzionare il motore termico
sempre nel punto di potenza massima e regolare le cilindrate di pompa e motore secondo le necessità.
Tuttavia vi sono però dei limiti oggettivi all’uso della trazione idrostatica, vediamone i principali:
La Pala caricatrice per poter ben lavorare deve disporre di una velocità minima con sforzo massimo di
circa 2 km/h ma con sistemi di trazione dotati di pompe e motori idrostatici direttamente connessi a
motore ed alle ruote la velocità massima è sempre limitata perché la variazione di sia della pompa che
del motore sono al massimo di 3 volte (sempre per mantenere una efficienza totale maggiore del 65%)
e quindi il rapporto di conversione massimo del gruppo pompa + motore è di conseguenza di circa 9
volte e perciò la velocità massima sarà di 18-20 km/h circa: accettabile solo fino a Pale di circa 7 ton di
peso a vuoto con benna da 1,25 m3 e potenza motrice di 60 kW (mediamente, pur nella relativa
variabilità, i vari costruttori si attestano a circa 47 kW e 5,4 ton per ogni m3 della benna).
Pale più grandi o usano due motori idrostatici in ingresso al riduttore in modo da portarne uno in
cilindrata nulla ad alta velocità e raggiungere almeno i 30 km/h, il che è accettabile solo fino a pale da
circa 8 ton di peso, 72 kW e benna da 1,5 m3 o bisogna aggiungere un cambio “power-shift” a due
marce eliminando il sistema di inversione e pure il convertitore di coppia.
L’apertura fra le marce deve essere di almeno di 2,25 in modo che il rapporto di conversione totale del
sistema possa essere R = 3 x 3 x 2,25 > 20 ottenendo velocità di lavoro della Pala fra 2 e 40 km/h.
Un’altra questione altrettanto importante da ricordare è però quella che in un normale cambio “PowerShift”, a causa dell’inerzia totale del veicolo, tramite le frizioni si riesce facilmente a far variare la
velocità della turbina del convertitore durante il passaggio di marcia (poi il motore termico segue
proprio perché il convertitore di coppia cambia automaticamente il rapporto fra entrata ed uscita in
funzione delle richieste).
Con un cambio “power-shift” a valle di un sistema pompa + motore idrostatici invece, se non vengono
variate le cilindrate della pompa e del motore, l’incomprimibilità dell’olio rende molto difficile un
analogo cambio marcia perché il motore termico con la sua inerzia verrebbe direttamente trascinato a
meno di non progettare un controllo molto complesso fra l’elettronica di governo della parte idrostatica
e quella del cambio power-shift che sono in realtà sempre prodotte da ditte diverse e tutte molto
gelose del proprio know-how.
Altro limite: anche se sul mercato esistono pompe e motori idrostatici di cilindrata molto grande in
realtà vengono normalmente usate pompe di cilindrata massima al giro fino a 90 cc e motori di
cilindrata massima al giro fino a 160 cc che sono prodotti in grandi serie e quindi con prezzi adeguati.
Questa situazione limita di fatto la possibilità di utilizzo di elevate potenze perché anche se il motore da
160 cc potrebbe sopportare una potenza massima di circa 300 kW (vedi foglio pdf delle prestazioni di
pompe e motori della ditta Rexroth Hydromatic allegato per puro riferimento) riducendo di un terzo la
sua cilindrata la potenza non può superare i 120 kW e lo stesso vale per la pompa.
Identici gruppi idrostatici possono trasmettere più potenza solo se si riduce il loro campo di
conversione proprio perché funzionano con cilindrate maggiori ma oltre ai limiti sulla differenza di
pressione massima accettabile (400 bar circa) vi sono limiti sulla massima velocità di rotazione in
funzione della cilindrata (vedi sempre lo schema dei limiti tecnici dei vari prodotti allegato).
L’ideale è quindi quello di progettare un cambio dotato di ampio fattore di conversione (molto maggiore
del 2,25 dei cambi “Power-Shift” con pompe e motori idrostatici utilizzati nel modo tradizionale) per
poter ridurre quello dei componenti idrostatici in modo da poterne contenere le dimensioni anche per
alte potenze del motore termico della Pala (fino a 250 kW perché oltre persino la Caterpillar che è il più
grande produttore di pale caricatrici produce solo enormi Pale con bassi quantitativi e non vi sarebbe
alcuna convenienza economica); questa nuova soluzione però deve poter anche superare il secondo
problema del cambio marcia sotto trasmissione di potenza senza necessitare di un sistema elettronico
troppo complicato che governi insieme i due sistemi di controllo dell’idrostatica e del cambio
automatico (riferimento all’allegato documento dei primi anni ’90 della stessa ditta Rexroth Hydromatic
in cui per le grandi potenze si ipotizzava l’uso di due motori a monte di un cambio a rapporti variabili).
Questo nuovo tipo di cambio automatico per trazioni idrostatiche è stato da me sviluppato nei primi
anni ’90 e messo in produzione dalla ditta “Clark-Hurth” (oggi Dana) insieme al costruttore di Pale
tedesco Liebherr e chiamato cambio idrostatico “2 plus 2”.
L’idea di fondo è la stessa dei recenti cambi automatici per automobili a doppia frizione, l’una che
collega il motore con l’albero per le marce pari e l’altra con un altro albero per le dispari, ma al posto
delle frizioni in ingresso vi siano due separati motori idrostatici.
I rapporti del cambio sono stati studiati in modo da permettere, partendo dalla minima velocità di 2
km/h con entrambi i motori nei rapporti meccanici più corti ed in cilindrata massima con pompa in
cilindrata minima (minima portata e massima pressione), ad un motore di ridurre la sua cilindrata di
tre volte mentre la pompa va in cilindrata massima in modo che quasi tutta la potenza fluisca
attraverso l’altro motore, poi se ne porta a zero la cilindrata mentre tutta la potenza fluisce totalmente
dall’altro e la pompa riduce la sua cilindrata aumentando la pressione in modo da non variare la
velocità del motore (potenza uguale portata per pressione) e quindi non avere urti o scosse.
Dato che in cilindrata nulla il regime di un motore idrostatico è qualsivoglia, se ne approfitta per
cambiar marcia sul ramo non attraversato dalla potenza e successivamente si riporta il motore in
cilindrata massima col rapporto meccanico più lungo lasciando che la pompa si assesti alla cilindrata
necessaria per non variare le velocità dei due motori e quella di uscita.
Il sistema si ripete con l’altro motore permettendo di ottenere in totale una prima fase con i due
rapporti più corti, una seconda con uno lungo ed uno corto, una terza con tutti e due lunghi ed una
quarta con il solo rapporto più veloce inserito senza scosse od urti.
Si può portare ad esempio le prestazioni allora calcolate relativamente alla Pala Liebherr degli anni ’90
tipo L 562 da oltre 21 tonnellate di peso, dotata di una benna da 4 metri cubi di volume e di un motore
Diesel da circa 180 kW a 2000 rpm, ricordando però che in quel caso il rendimento di cambio più ponte
si era assunto come pari al 90% invece che un più realistico 85%.
Il motore Diesel era collegato tramite un moltiplicatore (Pump Drive con rapporto meccanico da 0,8:1)
sia alla pompa a cilindrata variabile per il comando degli ausiliari (cilindri di governo della benna e
quant’altro) sia con la pompa a cilindrata variabile di trazione: si usa moltiplicare i giri in uscita perché
i moderni motori Diesel sono normalmente a basso regime massimo (intorno ai 2000 rpm) mentre la
pompa scelta da 125 cc ha come limite massimo di regime 2850 rpm (a cilindrata massima).
Per poter facilmente ricostruire tutto quanto avviene durante la marcia è stato necessario mettere a
punto in un foglio Excel allegato un semplice programma di calcolo dei componenti idrostatici tenendo
conto dell’andamento dei rendimenti sia volumetrici che meccanici di pompe e motori.
Dal precedente diagramma si può notare che il rendimento totale parte con pompa in cilindrata minima
e motore in cilindrata massima da circa il 75%, sale ad 80% per poi scendere a 65% con pompa in
cilindrata massima e motori a circa un terzo della cilindrata massima in funzione del rapporto di
conversione R.
Senza pretendere con semplici formule di ben interpolare dati sperimentali che sono comunque diversi
per le singole grandezze fisiche dei componenti idrostatici ed in funzione della differenza di pressione,
si è comunque riusciti ad approssimare abbastanza bene almeno i due punti estremi.
Nell’allegato foglio Excel si è riprodotto il caso più vicino a quello di cui ho allegato i risultati attesi,
l’attuale pala della ditta Liebherr L 556 da 22,5 tonnellate con benna da 4 m3 e motore da 190 kW a
2000 rpm insieme al caso della attuale massima applicazione la pala Liebherr L 585 con benna da 5,5
m3 e 250 kW di potenza sempre a 2000 rpm ed un possibile sviluppo con un nuovo cambio.
Nel primo caso per poter assorbire la potenza del motore termico con una differenza di pressione di
385 bar massimi ed un fattore di conversione maggiore di 1,35 occorre la pompa da 125 cc che a
causa del Pump Drive da 0,8 ruota a 2500 rpm rispetto ai 2000 rpm del motore principale; a causa
degli assorbimenti degli ausiliari il rendimento in ingresso è di 88% (perdite stimate del 9% per
ausiliari + 3% per ingranaggi del Pump Drive) e la potenza totale alla pompa di 167,2 kW.
In partenza per ottenere la spinta massima vanno innestati i rapporti più corti e tutti e due i motori da
107 e da 160 cc girano in cilindrata massima e la pompa da 125 cc è in cilindrata minima (92,49 cc)
per dare la massima differenza di pressione (385 bar): questa è la condizione che corrisponde alla
velocità di lavoro di circa 2 km/h.
Il motore da 160 cc viene poi portato alla cilindrata minima (160/3) con rendimenti ancora accettabili,
in tal modo la potenza che passa dal motore lento si riduce da 38% al 16%), mentre la pompa va in
cilindrata massima in tal modo si abbassa la pressione e si aumenta la portata e dunque la velocità
sale a circa 4 km/h
Sempre a parità di velocità del veicolo e del motore veloce sempre in presa (84% della potenza), il
motore lento viene portato in cilindrata nulla e tutta la potenza passa per l’altro (84% -- >100%)
senza variarne il regime ma attraverso la pompa che riduce la sua cilindrata a 105,5 cc aumentando la
pressione e dunque la coppia sull’unico motore in trazione.
Sempre a parità di velocità della pala, dato che la potenza passa tutta dal motore veloce e quello lento
è in cilindrata nulla, è facile abbassarne il regime da 900 rpm a 600 rpm cambiando marcia sul suo
albero dove non transita né coppia né potenza e successivamente portarlo in cilindrata massima
ottenendo una riduzione della pressione tramite aumento di cilindrata della pompa senza disturbare il
transito della potenza.
A questo punto la pompa può portarsi alla cilindrata massima i motori in cilindrata minima e la velocità
sale a circa 8,4 km/h, velocità a cui inizia il cambio marcia sul motore da 107 cc che si conclude ad
11,5 km/h, poi il successivo avviene a 20 km/h, infine solo con l’uso del motore da 107 cc fino a 40
km/h con il motore da 160 cc scollegato.
Utilizzando quindi come componentistica idrostatica una pompa da 125 cc e due motori uno da 107 cc
ed uno da 160 cc di tipo commerciale molto diffusi ed il cambio “2 plus 2” come quello descritto si
possono gestire in modo automatico e continuo grosse pale per velocità da 0 ad oltre 40 km/h senza
nemmeno le scosse e le esitazioni dovute ai cambi marcia “power-shift” in avanti ed in indietro con
tutti i vantaggi della trazione idrostatica.
Per valutare le prestazioni ottenute occorre ricordare quelli che normalmente sono i fattori ottimali fra
le richieste del mercato per questo tipo di macchina operatrice:
-
Velocità massima 35 - 40 km/h a cui deve corrispondere una pendenza percorribile di almeno il
2% con benna scarica e su asfalto (resistenza all’avanzamento 20 daN per tonnellata di peso).
Nel caso esaminato si arriva al 3% a 40 km/h.
Velocità di trasferimento in cantiere 18 - 20 km/h a massimo carico su pendenza del 5% e con
fondo sterrato (resistenza all’avanzamento 30 daN per tonnellata di peso).
Nel caso esaminato si arriva a circa il 4% a 20 km/h.
Velocità di movimentazione in cantiere circa 8 -10 km/h a massimo carico su pendenza del 15%
e con fondo sterrato.
Nel caso considerato si arriva al 13% ad 8,4 km/h.
Sforzo trattivo corrispondente alla velocità di 1 – 2 km/h vicino allo slittamento delle ruote
(Fs = 0,8 del peso a vuoto).
Nel caso considerato si arriva al 78% alla velocità di 2,14 km/h.
Globalmente si ritiene dunque che la soluzione soddisfi le richieste.
Per l’uso della pala più grande Liebherr L 586 da 31,4 ton, 5,5 m3 di benna e 250 kW di potenza è però
necessario per l’utilizzo del cambio “2 plus 2” variare i due rapporti più corti (da 7,47 a 5,77 e da 3,06
a 4,8) per evitare sovra regimi dato che in questo caso si utilizzano due motori da 160 cc ed una
pompa da 180 cc (riferimento all’allegato foglio di calcolo Excel).
Il cambio “2 plus 2” sarà dotato di quattro innesti o a sincronizzatori o a frizioni due per ogni albero
collegato al singolo motore per ottenere il passaggio marcia alte-basse più un innesto sull’ultimo albero
(non presente nel precedente schema) per evitare sovra-regimi indesiderati nei rapporti corti quando si
viaggia alle massime velocità.
Nel foglio Excel allegato vi sono tutti i calcoli che permettono di seguire tutte le diverse varie fasi.
Alla distanza di una ventina di anni dallo sviluppo del cambio “2 plus 2”, ancor oggi ben protetto dai
brevetti congiunti delle ditte Dana e Liebherr a cui ho dato un contributo essenziale, penso che si
poterebbe facilmente procedere nello sviluppo dell’idea non tanto come ha già fatto al Dana col suo
HSE 2+3 (2 motori – 3 velocità vedi schema allegato) dato che semplicemente elimina un rapporto
(due ingranaggi ed una frizione) e lasciando che nella prima fase lavorino i due motori, nella seconda
solo il secondo e nella terza solo il primo con rapporto più veloce.
La mia adduale idea è che il concetto del cambio “2 plus 2” possa prima almeno essere portato alle sue
estreme conseguenze con una diversi rapporti che lo facciano funzionare in modo leggermente diverso.
Parto pertanto dalla applicazione nota più gravosa (la pala Liebherr L 585 con benna da 5,5 m3 e 250
kW di potenza sempre a 2000 rpm) e cerco di migliorare il cambio con lo scopo di poter utilizzare
componenti idrostatici più piccoli e meno costosi ed un cambio di costo non dissimile dal precedente.
Il più piccolo motore utilizzabile con una potenza di 250 kW ed un rapporto di conversione utile di 1,34
è quello da 107 cc che però non può superare la velocità massima di 3300 rpm in cilindrata massima e
5000 in quella minima (5600 in cilindrata nulla).
Intorno a questi limiti ho ipotizzato un cambio simile al precedente che però abbia dei rapporti tali da
avere sempre un motore con velocità Rp volte più dell’altro in ogni fase (rapporti di Rp3 – Rp su di un
albero ed Rp2 - 1 sull’altro) in questo modo messa a punto la regolazione delle pompe e dei motori ai
valori massimi ammissibili una prima volta, essa si ripete sempre identica semplicemente scambiando
di volta in volta il motore veloce con quello più lento.
Dato che un cambio con un doppio salto di ingranaggi può avere un’apertura massima ragionevolmente
ottenibile da 9:1 a 0,8:1 circa, il valore massimo di Rp potrebbe essere 2,25 ed i rapporti potrebbero
essere 9 – 1,778 sul primo asse e 4 – 0,79 sul secondo.
Tuttavia quando il motore da 107 cc è in cilindrata massima e le pompe in cilindrata minima per
realizzare la massima differenza di pressione di 385 bar, con 250 kW di potenza motore totale (220 kW
alle pompe) la velocità del motore stesso è di circa 2500 rpm e dato che al massimo un ugual motore
può girare a 5000 rpm il rapporto Rp massimo non può che essere necessariamente di 2.
Definito così il rapporto di base Rp = 2, il cambio risulterà di quattro marce con rapporti reali di 9 –
2,25 sul primo asse e 4,5 – 1,125 sul secondo.
Però dato che gli alti regimi di rotazione dei motori idrostatici non possono essere ridotti solo del
12,5% e così trasmessi agli alberi cardanici che normalmente ruotano verso i 2000 rpm massimi,
occorre una ulteriore riduzione di almeno 2:1 e lo schema di massima potrebbe essere simile a quello
sotto esposto.
Nell’allegato foglio Excel vi sono le successive fasi dalla velocità di 2 a 40 km/h con portate e pressioni
dell’olio circolante ed i regimi dei motori idrostatici da comparare con la precedente versione del
cambio “2 plus 2” tradizionale rispetto al quale può utilizzare due pompe da 71 cc invece che una
pompa da 180 cc utilizzando un Pump Drive da 0,607:1 e regimi massimi da 3300 rpm e due motori da
107 cc invece che due da 160 cc con una riduzione di costo abbastanza sensibile.
Su un separato foglio Excel vi sono i calcoli del cambio come scelta dei rapporti e calcolo degli interassi
necessari come pure la definizione dei ponti con riduzione alle ruote.
Un ulteriore possibile questione è quella relativa al tipo di motore idrostatico che potrebbe essere un
Linde od un Volvo o quello di un altro costruttore che non preveda la possibilità di arrivare alla
cilindrata nulla come i motori della ditta Hydromatic Rexroth e per questo motivo nello schema
precedente sono stati previsti due freni ausiliari uno sull’asse di ogni motore idrostatico in modo che il
motore più veloce dalla cilindrata di 1/3 di quella massima possa essere disinserito e trattenuto dal
freno in modo da non aver perdite nella portata dell’olio e lasciar fluire tutta la potenza sull’altro ramo.
All’atto del cambio marcia l’innesto può essere bloccato ed il freno rilasciato: tuttavia in questo caso i
quattro innesti dovranno essere necessariamente a frizione per poter rilasciare o bloccare il motore
sotto carico, dei semplici sincronizzatori non poterebbero funzionare.
Se invece si utilizzano dei motori che possano andare in cilindrata nulla, allora si possono usare anche
dei sincronizzatori doppi al posto delle frizioni che richiedono un circuito olio di comando separato.
Da notare che in questo caso non sono necessari controlli elettronici particolarmente sofisticati né una
particolare interazione con sistema di controllo dell’idrostatica che reagisce in modo automatico proprio
come il convertitore di coppia.
Tuttavia sarebbe teoricamente anche possibile avendo un buon controllo elettronico e dei sensori di
velocità sia in uscita che sugli alberi dei motori come nel precedente schema dotare il cambio in
questione solo di innesti meccanici ad imbocco facilitato e comando tramite attuatori idraulici e forcelle
in modo da evitare gli innesti a frizione ed il necessario circuito idraulico con relativa pompa aggiuntiva
per dare pressione e portata agli innesti a frizione e far fare la “doppietta” necessaria sia per cambi
marcia ascendenti che discendenti ai componenti idrostatici.
Questo sarebbe possibile solo con un controllo piuttosto sofisticato, con tempi totali abbastanza dubbi e
con possibili interruzioni di potenza durante il cambio fase: in altre parole tutto da sperimentare.
Altra strada che si può analizzare sempre con l’obbiettivo di minimizzare i costi totali riducendo quelli
dei componenti idrostatici senza aumentare troppo quelli per una nuova trasmissione, è quella di
ipotizzare un vero cambio a due frizioni in ingresso che utilizzi un grande rapporto di conversione per
ridurre le dimensioni ed i costi dei componenti pompa e motori idrostatici.
Lo schema è simile al precedente ma l’unico motore idrostatico è selettivamente collegato con l’albero
delle marce pari da una frizione ed a quello delle marce dispari da un’altra che andrebbero poste ove
nel precedente schema vi sono i due motori idrostatici. (allegato uno schema di massima)
Dai calcoli precedenti si è visto come sia possibile far transitare tutta le potenza di 250 kW dei motori
di 107 cc e come anche uno solo ne sia in grado.
Nel secondo foglio Excel allegato del nuovo cambio chiamato “Twin Clutch” portando alla massima
applicazione possibile lo schema è dimostrato come anche un motore da 80 cc lo potrebbe fare con
limitazioni soprattutto negli alti regimi (si è spinto lo schema proposto al massimo).
Il cambio avrebbe a 6 velocità e dato che la ragione (rapporto fra le successive marce pari e dispari) è
sempre costante si possono usare sempre terne di ingranaggi per le marce basse, medie ed alte con
solo i due rapporti sempre in presa diversi fra i due alberi: dato che piccoli motori con elevate potenze
sono indice di regimi molto alti sembra comunque necessaria una riduzione finale che lasci il regime
degli alberi cardanici a circa 2000 rpm al massimo.
La pompa idrostatica potrebbe essere una da 125 cc spinta al massimo del regime possibile ed il
motore girerebbe molto vicino al suo regime massimo di 5600 rom.
Tuttavia la differenza di costo fra un motore da 80 cc ed uno da 107 cc è irrilevante proprio perché è il
più grande ad essere prodotto in maggiori quantità e quindi ho studiato una diversa ipotesi che parte
dalla considerazione che per tutti i componenti idrostatici è bene che ruotino a regimi lontani almeno
un 150 – 200 rpm rispetto al loro limite massimo, inoltre il passaggio ad un motore da 107 cc aumenta
il grado di ricoprimento fra le marce ed è questa mi sembra essere l’idea vincente.
Nel nuovo cambio “Twin Clutch” i regimi di passaggio marcia sono calcolati in modo che la velocità
massima con la marcia inferiore (con pompa in cilindrata max. e motore in cilindrata min.) corrisponda
non alla velocità minima della marcia superiore ma a quella corrispondente a pompa e motore in
cilindrata massima.
Questo fatto ha una conseguenza importante perché il solo rapporto di conversione del motore è in
grado di assorbire il salto marce senza disturbare la regolazione della pompa e quindi si può agire solo
sulla regolazione del motore lasciando il rapporto di conversione della pompa come sovrapposizione
dopo il cambio marcia, atta ad assorbire eventuali possibili rallentamenti per un ulteriore 5-9%.
Dunque il cambio avrebbe le due frizioni in ingresso e dei sincronizzatori sugli alberi per poter
preselezionare le varie marce più un innesto sul penultimo albero per evitare sovra regimi alle alte
velocità.
Da notare che i comandi idraulici con forcella dei sincronizzatori non possono essere tutti della più
semplice forma (tutto avanti o tutto indietro) proprio perché avendo tre gamme di velocità (bassa –
media – alta), occorre prevedere anche la posizione bloccata in folle almeno per i due doppi
sincronizzatori dei ranghi alto e medio quando si usano quelli del rango basso (che ha già l’innesto
sull’albero centrale di disinnesto contro i sovra regimi) e prevedere l’inserzione di tutti gli innesti del
gruppo rango basso dalla stessa parte.
Normalmente per pale caricatrici il gruppo di pompa più motore idrostatico pur avendo una svariata
possibilità di sistemi di regolazioni sia idraulici che elettronici, nella sua forma più semplice e
puramente idraulica presenta la regolazione della cilindrata della pompa in funzione del regime del
motore (come i cambi automatici a cinghia che allungano il rapporto con la stessa logica), presentando
quindi un buon controllo della velocità già solo in funzione della posizione del pedale dell’acceleratore
(ottimo sistema per facilitare il controllo durante la guida).
La regolazione della cilindrata del motore è invece in funzione della differenza di pressione massima
raggiunta che si è anche conseguenza della velocità del motore termico (a maggiori regimi si ottengono
più elevate cilindrate nella pompa e quindi la differenza di pressione diminuisce), ma soprattutto offre il
significativo vantaggio che a fronte di una forte richiesta di coppia a valle la pressione sale ed il motore
passa automaticamente a cilindrate più grandi riducendo il rapporto totale (funzionamento
automatico).
Il cambio marcia del nuovo cambio chiamato “Twin Clutch” viene dunque già preselezionato sui
sincronizzatori ed attuato dalle due frizioni in ingresso e, per sopperire alla “rigidità” della trasmissione
idrostatica, basta inserire una elettrovalvola idraulica a tre posizioni sul canale dell’attuatore idraulico
integrato della regolazione della cilindrata del motore (riferimento allo schema dei gruppi idrostatici
prima illustrati ed in particolare ai tubi più piccoli che dalla pompa idrostatica vanno al motore).
Nella posizione centrale di riposo (senza segnali elettrici) il flusso dell’olio idrostatico di governo della
cilindrata del motore procede indisturbato, un canale parallelo in pressione è bloccato e le eventuali
perdite vengono convogliate ad uno scarico collegato con lo scambiatore di calore ed il serbatoio per
evitare perdite nel circuito chiuso dell’olio idrostatico.
Nella posizione forzata da un primo solenoide viene intercettato il canale di governo e mandato in
scarico a valle, nella posizione forzata da un secondo solenoide viene sempre intercettato il canale a
monte e messo in pressione quello a valle.
In questo modo si può controllare per via elettrica la cilindrata del motore idrostatico nelle sue
posizioni di massima e di minima ed attuando il segnale elettrico durante il cambio marcia ascendente
o discendente fra le frizioni in ingresso al cambio se ne allevia grandemente il lavoro, senza perturbare
minimamente il sistema di regolazione dei componenti idrostatici, né dover inserire complessi sistemi
elettronici che debbano parlare fra loro con protocolli di trasmissione tipo “can-bus”.
Il tutto secondo l’allegato schema brevettuale presentato alla fine degli anni ’80 e testato per una Pala
caricatrice della ditta Hanomag da 8 ton con trazione idrostatica e cambio “Power-shift” da due velocità
(concettualmente identico ad un cambio a due frizioni in ingresso) in cui dato che le velocità massime
in I° velocità ed in II° erano di 18 e 40 km/h (salto marcia 2,25 come precedentemente esposto) la
richiesta era di poter tranquillamente effettuare il cambio marcia dalla II° alla I° velocità con pala in
movimento ad almeno 17 km/h senza essere sbalzati in avanti per il contraccolpo dato dalla “rigidità”
del sistema idrostatico: il tutto è stato regolarmente messo a punto e testato senza problemi.
Tuttavia da una analisi dei possibili rapporti del cambio (vedasi allegato foglio Excel) si può vedere che
per evitare i sovra regimi senza inserire ulteriori innesti nello schema del cambio si è scelto come
rapporto di gamma media circa un 1:1, questo fatto però obbliga ad avere una coppia sempre in presa
ad altissimo rapporto 3,3:1 che è già massimo per una prima ridotta e per evitare tutte le possibili
conseguenze si è studiato anche una versione più economica.
L’idea è quella di partire da un 5 velocità eliminando rispetto allo schema precedente la marcia più
veloce come ingranaggio, sincronizzatore, forcella e relativo comando il che non è poco come
complessità e costi. La ragione dei salti marcia sale ad 1,8:1 ma avendo 5 velocità i rapporti restano
entro valori fattibili (9:1 e 0,85 con rapporto medio di circa 1:1 per evitare sovra regimi). in più si è
ipotizzato di valutare anche l’ipotesi di poter avere una doppia frizione in ingresso invece che due
frizioni separate una per contralbero.
A livello costi vi è un certo guadagno ma vi sono pure dei sovra regimi in quanto alla velocità massima
di poco meno di 5000 rpm del motore idrostatico, con un rapporto di 1,8 fra le due sempre in presa,
questo significa che l’albero della frizione lenta sfiora i 9000 rpm che è proprio il massimo possibile
anche se la reale velocità relativa sulle frizioni è di 4000 rpm (9000 – 5000).
Vi potrebbe essere anche l’illusione di poter risparmiare un innesto dato che la prima velocità deve
necessariamente averne uno in uscita per evitare sovra regimi e quindi si potrebbero affiancare 2^-3^
e 4^-5^. Peccato che la 1^ debba essere necessariamente sull’albero della 3^ e 5^ e quindi in questo
caso sotto la coppia di ingranaggi sempre in presa di rapporto minore (2,78/1,8 = 1,54): in questo
caso infatti il rapporto di 1^ dovrebbe avere un rapporto non realizzabile (1,54 x 5,83 = 9).
Se fosse alla fine, considerato lo schema possibile, lo si potrebbe testare e se risultasse impossibile si
potrebbe tornare allo schema precedente con due frizioni su alberi separati accontentandosi di aver
riportato i rapporti del cambio a livelli accettabili (massimo rapporto della coppia di ingranaggi di
2,74:1) e di aver eliminato una marcia e le complicazioni annesse.
COPY RIGHT – ALBERTO BRAMBILLA – GENNAIO 2011